Questa volta esordisco
con i ringraziamenti: grazie dunque a Urdi per aver betato
questa fanfiction correggendo qualche strafalcione che, puntualmente,
riesce a sfuggire alle mie innumerevoli riletture ^^
IL DONO
La stanza buia e spoglia, arredata unicamente dal pc e dalle
periferiche collegate, è l’ideale per concentrarsi
sul caso al quale sta lavorando. L non chiede di meglio che
quell’arredamento minimalista studiato appositamente per
evitare qualunque distrazione, in modo da focalizzare
l’attenzione esclusivamente sull’obiettivo.
L’unico lusso che si è concesso è il
pavimento di legno al posto delle piastrelle fredde, molto
più adatto ai suoi piedi scalzi.
Il ragazzo osserva le immagini delle vittime sul monitor. Gli schizzi
di sangue, il bianco dei tendini esposti e gli organi interni visibili
dagli squarci slabbrati non lo urtano minimamente; non è
quello il punto fondamentale. La sua mente razionale lo spinge a notare
solo gli aspetti essenziali per ricavare un quadro completo del modus
operandi dell’assassino.
Lavorare sui piccoli particolari è la chiave per giungere
alla soluzione, e lui ci riuscirà, come ogni volta. Anche
questa sfida sarà vinta. Questo è
l’unico obiettivo.
Gli aspetti etici e morali li lascia a giornalisti, psicologi,
criminologi e conduttori di talk-show che, a caso risolto, si
butteranno come avvoltoi per arraffare momenti di gloria insieme a
compensi ben più concreti, grazie ai ricavi dalle vendite di
libri, articoli su rotocalchi scandalistici e puntate su puntate di
trasmissioni televisive.
A lui tutto questo non interessa. Ha già tutto quello che
desidera: la soddisfazione personale di essere riuscito, ancora una
volta, ad arrivare alla soluzione prima di qualunque altro detective al
mondo.
L torna a studiare i tabulati con i dati sulle vittime, posati accanto
a lui. Le domande sui perché l’assassino abbia
agito ad intervalli regolari, perché con tanta efferatezza,
perché scegliendo proprio quelle persone, a poco a poco
hanno trovato le risposte. Nemmeno la pressione esercitata dal fattore
tempo – un solo giorno, manca un solo giorno al prossimo
delitto - ha incrinato la perfezione dei suoi ragionamenti. Ormai il
puzzle è completo.
Al 99%.
E ad L non piace lavorare senza la certezza assoluta. Non sarebbe una
vittoria schiacciante.
Torna a studiare per l’ennesima volta il file degli
indiziati, escludendo la possibilità di eventuali pecche nei
collegamenti logici che l’hanno portato a isolare, fra tutti
quei volti, l’autore degli omicidi.
Probabilmente è superfluo, ma per colmare quell’1%
di dubbio ricorrerà al parere dei ragazzi della
Wammy’s House. Servirà loro come esercizio.
L ha già in mente la persona adatta: tra gli allievi
dell’istituto esiste un individuo dalle straordinarie
capacità intuitive per quanto riguarda la comprensione della
mente umana. Se credesse nei fenomeni paranormali, sospetterebbe che si
tratti di un caso di telepatia. Ma la sua mente pratica si basa sui
fatti e sulle scienze esatte, non sulle superstizioni. La
realtà è che quella persona è dotata
di uno spirito di osservazione fuori dal comune; studiando il
comportamento e le reazioni altrui, riesce a scavare nei meandri della
mente in un modo che, L deve ammetterlo, ha dell’incredibile.
Un vero e proprio dono.
E’ grazie a questa peculiarità che quella persona
ha guadagnato l’ambìto premio di potersi fregiare
della diciottesima lettera dell’alfabeto, nonché
di poter conoscere il vero volto di L.
Il ragazzo preme il tasto di comunicazione del microfono posato sul
pavimento.
- Watari, mandami R. Ho bisogno di una sua consulenza -.
Un semplice “avanti” la invita ad entrare nella
stanza.
La ragazza rimane ferma sulla soglia per il tempo necessario ad
abituarsi all’oscurità. Poi si dirige
verso la figura accovacciata davanti al monitor, unico punto luminoso.
Niente convenevoli fra di loro. R non se la prende, sa che se L si
comporta così non è certo per superbia;
probabilmente, in quel momento la soluzione del caso è
l’unico fattore che catturi il suo interesse.
La ragazza si siede direttamente sul pavimento, a gambe incrociate.
Quella posizione la aiuta a concentrarsi, e in quel momento ne ha
davvero bisogno: essere al cospetto di L la mette sempre in soggezione.
Per fortuna il ragazzo non si volta nemmeno a guardarla. Meglio
così; in fondo lei, per lui, non è
nient’altro che uno strumento di lavoro.
- Watari ti ha già riassunto i punti principali del caso.
Queste sono le foto che la polizia ha scattato sui luoghi dei delitti -.
Dritto al punto. Come volevasi dimostrare.
R dà un’occhiata alle immagini agghiaccianti sul
monitor e deglutisce a secco; lei non è come Near e Mello,
non riesce a studiare le prove senza farsi coinvolgere emotivamente.
E’ a causa della sua indole passionale se, pur avendo
ottenuto il privilegio di quella lettera che sostituisce il suo vero
nome, non concorrerà mai alla gara per il posto di
successore di L.
- Vorrei che studiassi a fondo il modo in cui sono stati compiuti e,
incrociando i dati dei rapporti sui sospettati raccolti in questi
tabulati, mi dicessi quale di loro può essere
l’autore degli omicidi – prosegue lui, dedicandosi
a togliere la glassa da una ciambella a forza di leccate.
Niente pollice portato alle labbra a mordicchiare l’unghia
con aria meditabonda. Niente dondolarsi sui talloni. Insomma, nessun
atteggiamento caratteristico di lui quando è immerso nel
ragionamento. Al loro posto, un momento di relax in compagnia di un
dolce: il premio al termine della fatica.
La ragazza intuisce che L non le sta chiedendo veramente un aiuto. Lui
ha già fatto la propria scelta; quello che cerca
è una conferma alle proprie certezze.
- Farò del mio meglio – risponde, cercando di non
badare al turbamento che le provoca la lingua del detective che
lambisce la ciambella ricoperta.
E’ un controsenso, per una persona che riesce a cogliere
così bene gli aspetti più reconditi della mente
altrui, non essere riuscita a leggere la verità dentro di
sé, se non quando gliel’hanno sbattuta in faccia
gli altri.
Perché, no,
lei da sola non era davvero riuscita a dare una spiegazione
al rimescolio che provava in presenza di L. Non si era accorta che il
rispetto e la reverenza provati verso il più grande
detective del mondo si erano trasformati in qualcosa di molto diverso,
quando finalmente aveva potuto conoscerlo di persona. Forse era stato
il contrasto tra il come se lo era aspettato e chi si era realmente
trovata davanti a compiere la metamorfosi.
Fatto sta che aveva
cominciato a considerare in modo diverso il ragazzo allampanato che le
era capitato di incrociare più volte nei corridoi della
Wammy’s House, quando ancora ne ignorava la vera
identità.
“E’
naturale, la sua presenza mi fa uno strano effetto perché
è la persona che ci hanno spronato a raggiungere fin da
quando eravamo bambini, ed è così in gamba che
è l’unica che meriti il mio rispetto” si
era detta.
Era stata Linda a farle
notare la verità.
- Lo guardi con gli
occhi di un’innamorata persa! – le aveva detto per
prenderla in giro, senza immaginare la tempesta che quella frase senza
importanza aveva scatenato nell’animo di R.
Quelle parole
buttate lì per scherzo avevano aperto alla ragazza una
finestra sulla propria anima.
- Se reputi necessario un incontro diretto con quello che sospetti
possa essere il colpevole, te lo faremo avere – continua il
detective, senza distogliere l’attenzione dalla ciambella.
- Le foto lasciano già intuire abbastanza sulle
caratteristiche dell’assassino. Credo che per ricavare un
profilo psicologico e trarre delle conclusioni precise mi
sarà sufficiente basarmi sui dati in nostro possesso
– risponde la ragazza, imponendosi di mantenere un tono
professionale e di ignorare l’assurdo desiderio di trovarsi
al posto della ciambella.
“Sto peggiorando…adesso sono perfino invidiosa di
un impasto di farina e zucchero?”.
- Lo credo anch’io. Ho piena fiducia nelle tue
capacità – risponde lui, voltandosi a fissarla con
due occhi rotondi e sbarrati.
E questa volta R non riesce a mantenere un atteggiamento professionale.
Quello sguardo sembra volerle leggere dentro, capace di carpirle il
segreto che cerca di nascondergli in tutti i modi.
Si alza di scatto stringendo i tabulati al petto, sperando che la
penombra nasconda gli indizi del suo imbarazzo, quei segni del
linguaggio corporale che è tanto brava ad interpretare ma
che, al pari di tutti gli altri, non riesce a controllare.
Deve uscire al più presto da quella stanza, in modo da non
permettere che l’atmosfera raccolta e lo sguardo di lui la
facciano capitolare; sente che, se non se ne va immediatamente,
l’istinto prevarrà e finirà per
confessargli tutto quello che prova per lui. Sarebbe la fine della sua
collaborazione con L, lo sa fin troppo bene.
La colpa è del suo dono.
E’ grata al destino, che le ha fornito una tale
capacità. E’ grazie a quel dono se le è
stato permesso di risiedere alla Wammy’s House, ed
è sempre grazie ad esso se ha potuto elevarsi tra tutti gli
altri allievi fino ad arrivare a collaborare con L. Grazie a quel dono,
ha assaporato la felicità di poter incontrare la persona
amata.
Ma il suo dono è anche la sua condanna.
Al contrario delle altre ragazze, R non può crogiolarsi
nell’illusione di avere qualche speranza riguardo un amore
impossibile. Lei è conscia di
quell’impossibilità, ha solo certezze. Grazie al
suo dono, la persona da cui è attratta non ha segreti;
almeno, non dal punto di vista sentimentale.
Non ha avuto nemmeno bisogno di sforzarsi per capire che
l’unico sentimento che prova L nei suoi confronti, al di
fuori del lato professionale, è la totale indifferenza.
E’ un messaggio così chiaro che non le lascia
nemmeno il beneficio del dubbio. Il suo intuito non sbaglia mai.
La ragazza si allontana dal detective dopo un momento di incertezza,
rinunciando anche al breve contatto di una stretta di mano di commiato.
E’ palese che L non gradisca il contatto fisico, e lei non
vuole compiere nessun gesto che possa infastidirlo. Non vuole rischiare
di perdere l’occasione degli sporadici incontri di lavoro con
lui, che considera preziosi come appuntamenti fra innamorati.
Non si aspetta di più, ormai ha accettato la
realtà da tempo; o meglio, si è imposta di
accettarla. Tuttavia la portata del suo sentimento è tale da
non poter essere facilmente ignorata, e la rassegnazione forzata non fa
che logorarla ogni giorno di più.
Ma se lui sapesse…la allontanerebbe per sempre da
sé. A lei vengono richieste razionalità e
capacità deduttive, non baci e carezze.
E ad R, maledetta da un dono, non rimane che voltarsi e andarsene.
Spazio sproloqui:
sono caduta nuovamente nel mio tipico errore, ovvero inserire in Death
Note un personaggio estraneo. Purtroppo non sono riuscita a trovare il
modo di utilizzare uno dei personaggi di Ohba per esprimere il concetto
che è alla base della one-shot, così ne ho creato
uno nuovo (e questo scatenerà le ire di Shiru-chan, lo sento
XD ).
Ho volutamente esagerato all’esasperazione il dono di R, per
far risaltare il fatto che la sua dote è in
realtà la sua più grande disgrazia. Forse ho
spinto un po’ troppo…
Probabilmente i lettori non saranno d’accordo, ma rimango
dell’idea che uno come L non possa innamorarsi. E’
uno degli aspetti che ha in comune con Light.
Quando ho letto sul volume 13 di Death Note che L non ha mai avuto
donne, ho trovato l’affermazione piuttosto strana. Poi,
ragionandoci meglio, in effetti non sono riuscita ad immaginare quale
potrebbe essere la sua donna ideale. Forse non esiste.
In passato, io stessa ho scritto un paio di fanfics accoppiando il
detective a personaggi femminili, ma non hanno mai convinto nemmeno me.
In questa storia invece riconosco l’ L che vedo io, quindi mi
sono presa la libertà di non mettere
l’avvertimento OOC
^^’ Se invece ritenete che
dovesse esserci, fatemelo sapere; non immaginate quanto mi piaccia
discutere di Death Note! ^^
Ah, per la cronaca: R ha visto giusto, non ha speranze! XD
(Comunque,
comincio a ripetermi: di nuovo introspezione, di nuovo angst. Ma che ci
posso
fare? Io AMO trattare male le donne che si innamorano di L!)
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