Questa è
dedicata a Nori-chan! Spero che ti piaccia, anche se non è
venuta proprio come volevo... la prossima volta scriverò
qualcosa di più bello, promesso! *_*
Care
Kame si svegliò con le prime luci dell'alba, quella mattina.
Era presto, ma si sentiva in gran forma. E il motivo era uno solo.
Richiuse gli occhi e sorrise, girandosi nel letto e coprendosi meglio,
ricordando il giorno precedente.
"Kaaaameeee, sei sicuro
di non voler venire con noi?" cantilenò Junno, col suo tono
di voce allegro.
"No." fece lui, secco,
scuotendo la testa. "Ci vediamo domani al lavoro." disse solamente,
prima di lasciare il camerino, dirigendosi verso la sua auto. Voleva
solo andare a casa, rannicchiarsi sul divano e non muoversi da
lì fino alla mattina dopo. Dentro di sè, era un
miscuglio di emozioni: provava nervosismo, rabbia, ansia, malinconia,
preoccupazione, e più di tutto... nostalgia. Quel sentimento
si faceva di minuto in minuto più struggente, ma non sapeva
come fare per scacciarlo. Era da molto tempo ormai che lo sentiva farsi
strada dentro di sè, era nato molto tempo prima e cresceva,
cresceva ogni giorno di più, fino a lacerargli quell'organo
che batteva nel petto a cui si attribuivano tante emozioni. Il suo, di
cuore, era ormai fragile e disastrato.
"Buongiorno..." si stiracchiò nel letto, abbracciando la
sagoma sdraiata di fianco a lui e sorridendo ancora di più.
Arrivato a casa si era
cambiato, infilandosi pantaloni da tuta e una vecchia maglietta, per
poi sedersi davanti alla tv, iniziando a fare zapping. Ma non poteva
fare a meno di lanciare occhiate all'orologio. Chissà se gli
altri... no, non li avrebbe chiamati... a che sarebbe servito? Ormai,
lui era solo, e solo sarebbe rimasto.
"Mmm... ancora cinque minuti..." una voce sonnacchiosa gli rispose,
mugugnando quelle parole così prevedibili da parte sua.
Stava decidendo se
andare a dormire o meno, nonostante fossero solo le nove di sera, ma fu
sorpreso dal campanello. Brontolando, andò a controllare.
Chi poteva essere? Se si trattava di nuovo del vicino che voleva
chiedergli di firmare autografi per la figlia e le amiche, lo avrebbe
mandato a quel paese. Ma rimase così stupito, quando
guardò attraverso lo spioncino, che gli cadde di mano il
cellulare. Aprì lentamente la porta. "Akanishi..."
"E dai, Jin... non devi venire anche tu in ufficio, oggi? Vorranno
vederti di sicuro... apri gli occhi, su..." Kame sfiorò le
clavicole del ragazzo, quel tanto che bastava per farlo saltare a
sedere nel letto. "AAAAH!" strillò Jin, con voce acutissima.
"Ti odio, Kamenashi!" protestò, guardandolo con gli occhi
aperti appena.
"Non è quello che dicevi ieri notte..." rise Kame,
baciandolo sulle labbra.
"Kazu... sono
tornato..." esclamò Jin, incerto, esitando sulla soglia.
Aveva con sè una grossa valigia e un capiente borsone,
pareva essere venuto direttamente dall'aeroporto. Aveva l'aria stanca,
i capelli in disordine, un paio di occhiali da sole pendevano dalla sua
maglietta, doveva averli tenuti per tutto il tragitto dall'aeroporto a
casa di Kame, conoscendolo. Era leggermente più in carne
rispetto a quando era partito per Los Angeles, sei mesi prima, i
capelli erano più lunghi, lui era un po' più
trasandato forse, ma la sua bellezza era immutata. Anzi, se possibile,
era ancora più bello. Le occhiaie, i vestiti larghi e
semplici, la stanchezza dipinta sul suo volto non potevano cancellare
il fatto che Jin Akanishi era sempre e comunque splendido.
"M-ma... come...
cosa..." Kame lo fece entrare, senza parole. Non si sarebbe mai
aspettato di trovarlo lì. In quel momento,
squillò il suo cellulare e rispose automaticamente, senza
leggere il display. Era Koki, che agitato stava dicendo che non avevano
trovato Jin in aeroporto, che era preoccupato. "Va tutto bene... mi
ha... contattato... è arrivato a casa." mormorò
Kame, prima di chiudere la chiamata e seguire Jin, che si era
accomodato in sala. "Perchè sei qui?" chiese, con tono
leggermente ostile. Si stava riprendendo dalla sorpresa e non era
sicuro che gli facesse piacere trovarsi Jin in casa, così
improvvisamente.
"Perchè...
io..." Jin chinò il volto, imbarazzato. "Non volevo,
Kazu..." sussurrò flebilmente. "Non volevo andare... e
lasciarti..."
"Ma l'hai fatto... che
vuoi da me, ora?" domandò, cercando di suonare freddo e
distaccato, quando voleva solo abbracciare Jin, stringerlo a
sè, respirare il suo profumo buonissimo che nessun altro al
mondo possedeva.
"Kazuya..." Jin
alzò lo sguardo, finalmente, e Kame vide che era sincero.
Jin non voleva andare in America. Lo conosceva e poteva leggerglielo
negli occhi. Lo conosceva meglio di quanto conoscesse se stesso.
"Kitagawa mi ha mandato, diceva che era meglio così... che
avrei messo nei guai anche te, rimanendo... e io non volevo dirtelo,
prima di partire, non volevo che ti sentissi in colpa,
perchè lo so che ti saresti preso anche le colpe che non
hai! Io ho preferito partire... piuttosto che causare problemi anche a
te... ma non volevo, non volevo andare là! Sì,
poi... poi ho cercato di approfittare del tempo lontano dal Giappone,
di conoscere gente, di dimenticare... ma come potevo dimenticare te?"
chinò il capo, a disagio. "Sono sincero, Kazu... io... non
vedevo l'ora di tornare... da te. Se tu mi vuoi ancora... questa volta
sarà diverso. Questa volta io non ti lascerò...
non mi farò più allontanare..."
Jin sembrava pronto a
continuare, a spiegare tutto nei minimi dettagli, ma quando
alzò una mano Kame notò il suo dito indice. O
meglio, l'anello che portava all'indice. Lo stesso anello dei tempi di
Gokusen, quando loro due portavano due anelli agli indici, quando Kame
aveva scritto Kizuna per parlare del loro legame...
"Sssh..." Kame
posò un dito sulle labbra di Jin. "Parleremo domani... io...
ti odio, Jin..." Kame vide Jin sgranare gli occhi, preoccupato, e si
affrettò a finire la frase. "Ti odio perchè mi
hai fatto innamorare troppo... e senza di te, niente aveva un senso,
qui! Non sai quante volte avrei voluto venire a Los Angeles,
raggiungerti... ma non avevo tempo... il gruppo aveva troppi impegni, e
io due drama, e... e me ne pentivo ogni giorno..." si morse un labbro.
"Ma mi mancavi ogni secondo, ogni istante! E ora... non ho voglia di
sprecare fiato... ora... voglio solo starti vicino..." piano, esitando
appena, lo baciò. E fu sollevato nel constatare che Jin
ricambiò subito il bacio.
"Mmm... è vero..." Jin si sfregò gli occhi, prima
di sorridere. "Vieni qui, Kamenashi!" lo abbracciò e lo fece
sdraiare sopra di sè. "E' solo l'alba... abbiamo tempo, no?"
sorrise malizioso, scalciando via le coperte che lo disturbavano.
Kame sorrise. "Perchè credi che ti abbia svegliato?"
bisbigliò nel suo orecchio, suadente, prima di avventarsi
sulle sue labbra. E Jin realizzò appieno, ancora di
più della notte precedente quando era sbarcato su suolo
giapponese, che finalmente era tornato, finalmente era a casa, e non
avrebbe più abbandonato le braccia del suo Kazuya per niente
al mondo.
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