Okay, forse ci ho preso gusto. Ma solo un pochino.
Dovete sapere, sempre se mai qualcuno leggerà questa pazzia, che
sono un tipo molto romantico e non amo particolarmente i finali drammatici.
In poche parole, la fine che avevo dato alla mia shot, mi aveva
lasciata con l’amaro in bocca. Ovviamente ci terrei a precisare che quella
resta comunque la versione ufficiale.
Aria è morta e tanta pace all’universo.
Questa è un po’ un AU dell’AU. Sì, possiamo dire così.
Spero non la reputerete sciocca o infantile, lo spero tanto.
Beh, a presto!
A.
Together.
Per cosa vivevi, Peter?
Che motivo avevi di restare al mondo? In quel
mondo o in quell’altro?
Non avevi più nulla, in
nessuno dei due. Avevi sperato, quand’eri tornato lì, a casa tua, a Narnia. Ma
la speranza non era stata esaudita. Ti eri ritrovato in quello che era stato il
tuo regno e che non riuscivi a riconoscere.
Avevi visto le rovine del
tuo, del vostro castello. Ti eri
sentito male.
Cos’era successo? Dov’era
lei? Quanto tempo era passato?
E poi la rivelazione,
arrivata come una doccia fredda in una giornata invernale.
“Catapulte, questa non è l’usura del tempo. Cair
Paravel è stata attaccata”
Attaccata, da chissà
quanti secoli. E lei? Cosa le era successo? Come aveva potuto permettere una
cosa del genere?
La vera rivelazione era
arrivata poco dopo, però, quando avevi realmente compreso la cattiveria che il
tempo aveva mosso contro di te, di voi.
Lei era morta, come tutta
la vostra Narnia. Non c’era più. Tutto quello che poteva restare di lei giaceva
sepolto in chissà quale anfratto della terra, dimenticato anche dai suoi amici
alberi.
Non restava nulla dei suoi
capelli color dell’oro, dei suoi occhi di pervinca e fiordaliso. Non ti restava
che il ricordo della sua risata ed il vago sentore dei suoi baci sulle labbra.
Ti sentisti morire, trovandoti davanti alla sua statua, nella sala del tesoro.
Era bellissima, ma non quanto lei.
Il marmo pregiato non
poteva rendere il guizzo intelligente del suo sguardo o il dolce rossore delle
sue guance quando eravate da soli, a parlare del vostro futuro davanti al grande
camino della vostra stanza.
Ti aveva confessato di
voler chiamare vostro figlio James, come tuo padre, ed Alan, in onore del
grande e vero sovrano di Narnia. Le avevi risposto che prima avrebbero dovuto
provvedere a metterlo al mondo.
Aslan, che non aveva fatto
nulla per farti tornare indietro, da lei. Tu non volevi attraversare
quell’armadio, non volevi andare via da lei. Avresti preferito morire.
L’euforia della scoperta,
del ritorno a Londra, era durata pochi minuti. Quella sera stessa avevi cercato
il tutti i modi di tornare, attraverso l’armadio.
Avevi raschiato con le
unghie il fondo di legno, fino a riempirti le mani di sangue. Ma nessun dolore
era paragonabile a quello che il tuo cuore provava. Il tuo cuore, fra le
candide mani della tua sposa. Il professor Kirke ti aveva rassicurato, dopo che
gli avevi raccontato tutta la tua storia ed i tuoi timori.
“Il grande Aslan non permetterà di porre fine a
tutto, Peter”
Ma era successo. Al tuo
ritorno lei non c’era.
Avevi sperato di
riabbracciarla con tutte le tue forze, di dire quanto potesse essere forte ed
immutabile il tuo amore. Le avresti chiesto immediatamente di andare via, da
soli, nella vostra piccola casetta nascosta nel bosco. L’avevi fatta costruire
per avere un po’ di tranquillità dalla frenesia della corte. Avreste potuto lavorare per mettere al mondo il piccolo
James Alan.
E poi era arrivata l’altra
doccia fredda, a far crollare ulteriormente il tuo cuore.
Trumpkin non voleva
rivelarti la verità, avresti dovuto ascoltarlo, invece di insistere.
“Brutta storia quella della regina Aria, una di
quelle che speri non ti tocchino mai”
E già con quelle poche
parole, il tuo cuore aveva raddoppiato i suoi sforzi. Cos’era mai potuto
succedere?
“Il giorno della vostra scomparsa, Sua Altezza
aveva chiamato il medico di corte a causa dei suoi continui malori. La regina
era in dolce attesa e non vedeva l’ora di rivelarlo a tutti voi”
La tua Aria aspettava un
bambino. Il vostro bambino. Una creatura piccola e delicata, tutta vostra. Un
principino dai capelli color dell’oro e gli occhi di pervinca. Una principessa
dai capelli come il sole splendente e gli occhi color del cielo. Tu non
l’avresti mai visto, il tuo bambino.
Ma non era stato quello,
il vero male.
“Sua Altezza, dopo la vostra scomparsa, era caduta
in una forte depressione. Solo il suo bambino l’aiutava a proseguire. Un
giorno, però, a causa di una caduta tragica, anche lui l’abbandonò del tutto,
lasciandola sprofondare nell’agonia fino alla morte”
Lo avevi guardato per un
solo secondo, prima di chiuderti nel tuo mutismo. Avevi deciso di porre fine a
tutto, chiudendo i tuoi sentimenti in un piccolo angolo di cuore. Eri caduto in
un pozzo profondo e da lì non saresti più emerso.
Tornato a Londra, l’avevi
sognata. No, avevi avuto un incubo. Uno ogni notte. Lei, raggiante, i lunghi
capelli liberi sulla schiena ed un sorriso gioioso. Era seduta sulla sedia a
dondolo della vostra camera e teneva fra le braccia un fagottino. Un inizio
meraviglioso, se dopo il fagottino non fosse diventato incandescente e lei, la
tua unica ragione di sopravvivenza, si fosse tramutata in un cadavere
putrefatto, che sbraitava maledizioni contro di te.
Sapevi, nel tuo profondo,
di essere il vero colpevole per la sua morte. Se tu non fossi tornato a Londra,
sarebbe andato tutto bene. Non potevi perdonarti, lo sapevi bene.
La rivedevi sempre, la tua
Aria, per questo motivo evitavi ogni pervinca ed ogni fiordaliso come se
fossero portatori di morte. Infondo lo erano, per te. Ricordandoti la tua
amata, loro portavano alla tua dolorosa morte.
Ce l’avevi fatta a sopravvivere, fino a quel giorno. Quel
giorno in cui tua madre, senza troppi complimenti, ti aveva mandato dal fioraio
a prendere un bouquet per tua sorella Susan, che avrebbe compiuto diciotto
anni.
Ti eri rifiutato, appellandoti
al buon cuore ed alla conoscenza della tua cara sorella. Speravi che lei
comprendesse il tuo stato d’animo e decidesse di rinunciare.
Ma Susan era cambiata. Era
diventata una schiava di quel mondo orribile. Schiava della bellezza e delle
impure tentazioni. Non ricordava nulla di Narnia o del tuo dolore.
Lucy ci aveva provato, ed
anche Edmund. Ma non aveva funzionato.
Eri stato costretto a
soffrire.
Ogni passo verso il magazzino
poco lontano dal parco era come una pugnalata al cuore. Sapevi che avresti
visto quei fiori, sarebbe stato ridicolo il contrario. E con loro avresti
rivisto lei, la tua fonte di angoscia.
Ti sentisti morire,
notando che la maggior parte dei fiori presenti, fossero pervinche e
fiordalisi. Era il destino che ti andava contro? Era il tuo destino, soffrire
la minima parte di quello che aveva passato la tua sposa, abbandonata a Narnia?
« Cosa posso fare per lei?
» ti aveva domandato la giovane voce della commessa, alle tue spalle. Non ti
eri curato di voltarti per porre conferma al dubbio atroce che ti aveva
assalito. Non era possibile che fosse reale. Il tuo subconscio ti stava
tradendo, nuovamente.
« Si sente bene? » ancora
quella voce. Era insopportabile, un vero danno per la tua mente già distrutta.
Odiasti quella donna, senza neppure conoscerla.
« Posso fare qualcosa per
lei? Forse… » improvvisamente non ce la facesti più, ti infuriasti come mai in
vita tua avevi fatto.
« Basta! Zitta! » urlasti,
iracondo, voltandoti improvvisamente verso la donna e restandone folgorato.
Era molto bella, non si
poteva discutere, ma quello che ti colpì furono i suoi occhi.
Pervinca con sfumature di
fiordaliso.
Erano sgranati dalla
sorpresa o, forse, dallo spavento. Poi divennero iracondi e sdegnati,
scurendosi leggermente.
Quel cambiamento non ti sorprese,
perché troppo familiare.
« Ma come si permette! Lei
è un maleducato, lo sa? Oh, non solo io mi preoccupo per la sua salute, lei si
permette anche di urlarmi contro! Questo è un atto molto meschi… » non le
lasciasti finire la frase, troppo emozionato e stordito per ragionare
razionalmente e renderti conto che forse quello era solo un ulteriore segno
della tua pazzia, che forse stavi baciando una perfetta sconosciuta. Ma non
riuscisti a farne a meno, troppo estasiato per fare qualsiasi altra cosa. Era
un bacio dolce e coinvolgente, come quello che vi eravate scambiati per la
prima volta nella serra del castello.
Lei si staccò dopo poco,
troppo poco per i tuoi gusti, e ti schiaffeggiò, oltraggiata.
Come la prima volta.
Ed in un attimo in quegli
occhi tanto amati, ti sembrò di rivedere una scintilla familiare, la stessa
scintilla che ti aveva fatto impazzire.
L’osservasti sgranare gli
occhioni chiari e portarsi le mani sulla bocca per non urlare. Osservasti le
lacrime scenderle silenziose sulle guance pallide ed il corpo esile tramare.
« Peter » il suo fu solo
un sussurro, che ridiede vita al tuo cuore a pezzi. Era lei, non eri impazzito.
« Aria, amore mio » fu la
tua pronta risposta, prima che le tue labbra si ritrovassero troppo impegnate
in ben altre azioni, molto più piacevoli.
Ah, quanto ti era mancato
il sapore dei suoi baci! Quanto ti era mancato stringerla fra le tue braccia!
« C-Credevo… c-credevo che
n-non ti avrei più v-visto » sussurrò, staccandosi ed appoggiando il capo sul
tuo forte petto, che già tante volte l’aveva accolta.
« Amore mio… non ti
lascerò mai, mai più » mormorasti in risposta, stringendola ancora più forte.
Anche tu piangevi, senza
ritegno. Non ti importava di essere malgiudicato dai passanti, che ti vedevano
come un giovane uomo troppo debole. La tua Aria conosceva il tuo valore, e
tanto bastava.
« Ero morta, lo sapevo »
affermò, singhiozzante, guardandoti negli occhi, ancora scossa da forti
tremiti. Era incredula, anche più di te.
« Anche io lo ero, credimi
» dicesti, sorridendo nel modo più gioioso di cui eri capace, senza riuscire a
trattenerti dallo stringerla ancora a te. Quanto avevi agognato quel contatto,
negli ultimi tre anni? Tanto, forse troppo. Forse non eri impazzito perché
dentro di te sapevi che prima o poi sareste tornati insieme.
« Io… Peter, Aslan mi ha
fatta rinascere qui… io mi ricordo tutto della mia vita a Narnia… però prima
che io nascessi qui. Ricordo anche meglio della mia nuova infanzia. Certo, non
credo che dimenticherò mai il bambino ma… oh! » ti guardò, chiudendosi
improvvisamente le mani sulla bocca, per impedirsi di parlare. Credeva che tu
non sapessi il destino funesto che era toccato a voi ed al vostro erede. Ma tu
sapevi, sfortunatamente.
« Non preoccuparti, amore
mio, so tutto, anche se vorrei dimenticare » la rassicurasti, tristemente,
senza guardarla negli occhi. Se ci avessi trovato disprezzo? Cosa avresti
fatto? Di certo non avresti lasciato che lei ti abbandonasse, non più. A costo
di seguirla di nascosto.
« Peter, guardami » ti
costrinse ad abbassare lo sguardo ed incontrare il suo, straordinariamente
intenso e calmo « non sono arrabbiata con te, sappilo »
« Ma come… » iniziasti,
confuso, lasciandoti plasmare come creta fusa dai suoi occhi.
« Ti conosco bene, Peter
Pevensie e so cosa passa nella tua testolina bionda » ridacchiò, per poi
tornare immediatamente seria « quello che è successo a noi ed al… al bambino, è
stato qualcosa di imprevedibile ed inevitabile. Se non fosse successo nulla, se
io non lo avessi perso e non fossi morta,
forse adesso non saremmo qui, insieme »
La guardasti, aveva gli
occhi lucidi e la voce tremula. Però trasmetteva forza e sicurezza da ogni poro
della sua pelle. Era così la tua Aria e tu dovevi tornare ad essere il suo
Peter.
Non un ragazzino spaurito.
Non un uomo morto dentro.
Tu eri Re Peter, il
Magnifico, a prescindere dal luogo. E lei era la Regina Aria, l’Incrollabile.
“Quando si è re o regine di Narnia, si è sempre re
o regine”
Quella che stavate per
iniziare non era altro che una nuova ed emozionante avventura. Al posto di
cavalieri e creature fantastiche, c’erano militari ed automobili.
Non era altro che una
nuova avventura. Un’avventura da cominciare insieme.
« Sì, insieme. Questa
volta per sempre » affermasti, felice come non mai, chinandoti per baciarla
nuovamente. Era una droga, per te.
« Credo che dovremmo
risposarci, però. Anche se per noi non è cambiato nulla, dovremmo dare qualche
spiegazione alla burocrazia ed alle nostre famiglie » ragionasti, guardandola
come a farle sott’intendere la proposta.
« Mi stai chiedendo di
sposarti? » rise lei, infatti, guardandoti con un gran sorriso.
« Regina Aria,
l’Incrollabile, Regina Suprema delle Regine di Narnia e sovrana indiscussa del
mio cuore, sareste disposta a concedermi l’onore di diventare mia moglie? » chiedesti
con lo stesso sorriso esibito nella prima proposta. Sembrava di essere tornati
a quel giorno. Certo, senza gli abiti sfarzosi, il castello e gli invitati.
« Certamente » ti rispose,
gettandosi ad abbracciarti, emozionata. In un momento, però, un dubbio ti
colse.
« Aria, qual è il tuo
cognome? »