Ciao a tutte!
Mi presento, mi chiamo Sabrina ed ho trent'anni.
Generalmente non frequento questo fandom del sito perchè
scrivo
nella sezione Twilight Cast (queste sono le mie storie per chi fosse
interessato: Improvvisamente tu e Sette giorni ),
ma dato che era da un pò che questa storia, in
parte
ispirata alla mia esperienza personale, mi girava per la testa, ho
provato a buttarla giù!
Non so cosa ne è uscito fuori e se vale la pena di portarla
avanti. Mi affido a voi e ai vostri pareri.
Grazie mille in anticipo a tutte e buona lettura!
Capitolo 1.
Primo incontro
Apro la
porta del mio nuovo appartamento
in una città sconosciuta che condividerò con
persone, al
momento, sconosciute.
A trent'anni non avrei mai creduto di ritrovarmi in una situazione del
genere. Ho accettato questo
lavoro per una finanziaria che però mi ha portato via dalla
mia
città natale e dalla mia bella Toscana, per approdare alla
capitale.
Ho fatto il concorso quasi per caso, non credevo di farcela. Quando
è arrivata la notizia con la destinazione però, i
miei
genitori sono rimasti basiti. Non credevano che avrei accettato,
pensavano che non avrei mai trovato il coraggio di mollare tutto e
andarmene. Invece li ho stupiti e, sinceramente ho stupito anche me
stessa ma si sono ripetuta in più di un'occasione che era la
mia
grande occasione e che non
potevo non provarci.
E' stata
dura trovare un appartamento in città che non costasse un
occhio
della testa, ma fortunatamente le vecchie amicizie coltivate
in tanti anni,
in questo caso in particolare, hanno dato i loro frutti. Devo
ringraziare una sola persona per questa casa: Silvia.
E' stata lei a trovarla. Ha la mia età e ci
conosciamo da quando avevamo quattordici anni. Ci siamo sempre
mantenute in contatto nonostante lei abitasse a Roma ed io in un
paesino vicino a Firenze. Ci siamo conosciute al mare, in campeggio,
dove sono sempre andata in vacanza con i miei genitori da quando sono
nata: a dir la verità non ho ricordi di aver passato vacanze
altrove con loro. Non mi è mai dispiaciuto però,
mi ero
fatta le mie amicizie e quindi il divertimento, non è mai
mancato.
Quando ho chiamato Silvia per dirle che mi sarei trasferita a Roma,
è impazzita dalla gioia e si è subito prodigata
affinchè trovassi una sistemazione decente. Alla fine mi ha
trovato questo appartamentino, in zona Eur e non molto distante dalla
finanziaria nella quale devo iniziare a lavorare, da condividere con
altre
due persone: Alessio, suo cugino, studente universitario anche lui
toscano, e Federica anche lei studentessa e originaria di Pesaro.
Queste sono le uniche informazioni che ho delle persone con le quali
condividerò la casa per i prossimi sei mesi almeno. Il
contratto
che mi è stato offerto ha quella durata, rinnovabile certo,
ma
non si sa se, eventualmente, sarà confermata la destinazione
Roma, oppure no. Lavoro moderno.
- Ciao! - Sento strillare da una voce femminile da dietro una porta.
- Ciao. - Rispondo.
Si affaccia una ragazza carina e con un gran sorrisone. - Io sono Fede,
tu devi essere Sabrina giusto? - Dice avvicinandosi.
- Già. Piacere di conoscerti. - Le porgo la mano e lei la
stringe caldamente e poi mi trascina con se continuando a parlare.
- Allora, questo è l'ingresso, quella è la
cucina, quello
è il salotto, questa è la mia stanza, quella di
Alessio,
il bagno e questa è la tua! - Esclama indicandomi una porta
dopo
l'altra e fermandosi davanti ad una bianca, diversa dalle altre.
- Sistemati pure. Hai bisogno di una mano con le valigie? - Chiede. Ma
io sono un pò frastornata e non rispondo subito. Il mio
sguardo
è stato catturato da quella che ha definito la mia stanza.
E'
piccola ma c'è un letto matrimoniale, un armadio grande, un
cassettone ed una scrivania. Non me l'aspettavo così
spaziosa,
credevo che avrei dovuto starmene in una specie di sgabuzzino.
- Ehi! Ci sei? - Mi domanda sventolandomi una mano sulla faccia per
farmi distogliere lo sguardo.
- Si scusa. Mi ero incantata. Non credevo.... non me
l'aspettavo....così.... grande ecco! - Dico trovando le
parole.
- Si effettivamente ci siamo sistemati bene. La ragazza che l'occupava
prima, si è laureata ed è tornata a casa poco
più
di dieci giorni fa. Quando Silvia ci ha detto di aver trovato un altro
inquilino per condividere nuovamente le spese, io e Alessio siamo stati
felicissimi. Soprattutto perchè lei ha garantito per te. Non
mi
andava di mettermi un altro estraneo in casa.... -
- Bè, comunque non ci conosciamo.... - Dico stringendomi
nelle spalle.
- Silvia ci ha parlato tanto di te e anche..... - Si ferma dubbiosa se
proseguire oppure no.
- Anche? - Chiedo invitandola a continuare.
- Antonio. - Risponde girandosi dall'altra parte e facendo per
andarsene. Istintivamente la blocco prendendola per un braccio.
- Antonio? - Quasi urlo. L'ultimo nome che avrei voluto sentire, o
anche il primo, dipende dai punti di vista.
- Antonio il fratello di Silvia e cugino di Alessio. Lui. - Risponde
togliendo la mano dal braccio che avevo afferrato per farla fermare.
- E' qui? - Domanda stupida.
- Come è qui? - Appunto.
- Cioè abita ancora a Roma? -
- Certo, viene spesso qua, esce con Alessio. - Risponde con fare ovvio.
- Oddio! - Dico buttandomi a sedere sul letto.
- Qualche problema con lui? - Domanda.
- Più o meno. E' una storia lunga e complicata. -
- Se hai voglia di parlarne..... - Scuoto la testa. Devo riprendermi
dallo shock.
- Come vuoi, allora ti lascio sistemare, se hai bisogno sono di la. -
Detto questo scompare dalla mia vista lasciando libero sfogo alla mia
mente di affacciarsi sui ricordi.
Era l'estate del 1994,
avevo
quattordici anni. Era l'estate del primo importante cambiamento: avrei
iniziato le superiori a settembre. Come ogni anno, ero in campeggio con
i miei genitori, era una consuetudine trascorre le vacanze estive
lì, nel solito campeggio che ormai loro frequentavano
già
da vent'anni.
Le vecchie amiche che avevo fino all'anno prima, avevano deciso di non
venire quell'anno al mare, o almeno, non nel solito campeggio ed io ero
un
pò triste proprio perchè, conoscendomi, ci avrei
impiegato un pò prima di rifarmi una compagnia. Non che non
fossi un tipo socievole, semplicemente non ero tipo da primo passo
nella conoscenza.
Poi, una ragazzina bionda e smilza, mi si avvicinò una
mattina
di metà luglio sulla spiaggia, chiedendomi se mi andava di
giocare a beach volley con lei ed altri ragazzi. Giocavo a pallavolo
già da quattro anni ed ero anche bravina, già che
ero il
capitano della squadra, quindi colsi l'occasione al volo.
Ci presentammo e, dopo aver chiesto il permesso ai miei genitori,
seguii Silvia alla volta del campo da beach.
Mi fu subito simpatica soprattutto perchè tentò
immediatamente di
mettermi a mio agio. E poi, quel suo accento romano, mi stava
già troppo simpatico. Quando arrivammo al campo, poco
distante
dalla spiaggia dove ero fino a poco fa con i miei, lo vidi. Bello come
il sole, moro, occhi verdi e fisico appena un pò palestrato.
Rimasi incantata a guardarlo mentre Silvia mi elencava tutti i nomi
delle persone che erano lì in attesa di iniziare a giocare.
Quando arrivò il suo turno, scoprii che era il fratello di
Silvia e che si chiamava Antonio.
- Sai giocare? - Mi chiese.
- Direi di si, gioco in una squadra a casa. - Risposi imbarazzatissima
e con una voce resa leggermente stridula dall'emozione. Non avevo
alcuna esperienza con i ragazzi. O meglio, avevo avuto qualche
corteggiatore, ma non ero mai stata interessata. Certo c'era stato
qualche ragazzo che mi piaceva ma, sfortunatamente per me, a nessuno di
loro
piacevo io. Erano sempre interessati a Lorenza, la più
formosa
della scuola ma anche mia amica da quando eravamo piccole.
- Allora lei gioca con me! - Esclamò contento e prendendomi
per un braccio attirandomi dietro di se.
- Giochiamo a coppie? - Domandai notando che in tutto eravamo in
quattro.
- Si due contro due. Volevamo fare maschi contro femmine ma poi sarebbe
durata troppo poco. -
- Come volete. - Lui mi guardò un attimo pensieroso.
- Ti consiglio di spogliarti però, altrimenti ti
resterà
il segno. - Mi guardai capendo immediatamente a cosa si riferisse.
Indossavo dei pantaloncini sotto al ginocchio e una t-shirt larga sopra
che arrivava fin sotto il sedere. Avrei avuto una perfetta abbronzatura
da muratore se non mi fossi spogliata.
- Certo si. - Risposi mentre mi sfilavo la maglia e i pantaloni. La
fortuna era dalla mia perchè, quella mattina, avevo scelto
il
mio costume preferito e che, secondo me, mi stava meglio. Era un
semplice bikini a triangolo nero, ma mi ci sentivo a mio agio
perchè le mutandine erano a vita bassa ma non molto
scosciate e
poi, conteneva abbastanza bene il mio seno che, specialmente
nell'ultimo
periodo, aveva subito una notevole, quanto gradita, trasformazione,
facendomi passare in poco tempo da una seconda scarza ad una terza
abbondante. I poteri della crescita!
Antonio mi osservò da capo a piedi e con un ghigno che non
lasciava presagire niente di buono, commentò la mia mise.
- Carino! Non credevo che ci fosse tutta questa mercanzia sotto! -
Inutile dire che io avvampai e mi stampai un sorrisino ebete sulla
faccia.
- Non me la fare scappare subito, scemo! - Silvia arrivò in
mia difesa.
- E che ho detto? - Chiese Antonio alzando le mani in segno di resa.
- Non ci fare caso, è un orco a volte ma devo sopportarlo,
è mio fratello! - Mi consolò Silvia.
- Tranquilla, è tutto a posto. Ma quanti anni ha? - Domandai
notando che lui si era allontanato un attimo e non poteva sentirci,
ero curiosa di sapere se sarebbe potuto essere alla mia portata.
- Diciotto ma ne dimostra tre di cervello! - Come non detto. Era
maggiorenne e non mi avrebbe mai degnato neanche più di
tanto
della sua presenza figuriamoci quello a cui avevo ambito dal primo
momento che lo avevo visto.
- Giochiamo? Tocca a noi! - Antonio venne a prendermi ed iniziammo la
partita.
Mentre giocavamo avevo avuto l'occasione di guardalo ancora
più
da
vicino. Era veramente carino, quei boxer neri con il classico
arcobaleno nel sedere poi, gli stavano benissimo. Il petto aveva un
piccolo accenno di peluria e i muscoli erano ben delineati ma non
abbondanti. L'abbronzatura era già ben presente, o forse
semplicemente aveva un colorito olivastro. I suoi tratti erano dolci e
decisi allo stesso tempo e i suoi occhi sarebbero diventati la mia
ossessione, ma quel giorno ancora non sapevo quanto mi avrebbero
perseguitato, quindi lo passai ad osservarli per cogliere ogni
sfumatura di colore possibile. Erano di un verde dorato assolutamente
unico.
Lui era entusiasta
del mio gioco, infatti vincemmo tutte le partite.
- La prossima volta cambiamo le squadre. - Si lamentò Fabio,
amico di Antonio e in squadra con Silvia. Lei era una vera schiappa ma
ci metteva tanta volontà.
- Potremo fare maschi contro femmine. - Proposi.
- Ma sei impazzita? - Urlò Silvia. - Hai visto come gioco,
ti
farei impazzire.... - Vidi comparire due sorrisini felici sulle facce
del duo maschile.
- Ho visto come giochi, certo. - Risposi io convinta. Adoravo le sfide
e comunque almeno, avrei avuto di nuovo la possibilità di
rivedere Antonio se fossi riuscita ad organizzare una nuova
partita. Anche se non avevo possibilità con lui, la mia
vista ne
avrebbe giovato senz'altro.
- Allora domani stessa ora? - Chiese Fabio.
- Certo. - Risposi. Silvia scosse la testa sconsolata ma gli feci cenno
di stare
tranquilla, credevo nelle sue potenzialità e poi avevo già una tattica
in mente: infondo era alta, bastava
solamente insegnargli a saltare al momento opportuno per fare il
muro.
- Stasera che fai? - Mi domandò poi Silvia.
- Niente, perchè? -
- Noi avremo organizzato un falò. Ti andrebbe di venire?
Passo a prenderti io alle nove. -
- Perchè no! - Riposi contenta. - Devo solo chiedere ai
miei. -
Antonio mi guardò nuovamente in maniera strana. Non sapevo
neanche se interpretare quello sguardo in maniera positiva o negativa.
Ero comunque felice, conscia di aver quantomeno attirato la sua
attenzione. I miei ormoni da quattordicenne, che ancora non aveva dato
neanche il primo bacio, si stavano prodigando in una danza al pensiero
che avrei potuto passare la serata con loro, in particolare ero
contenta di poter godere della presenza di Antonio naturalmente.
Mi preparai tutta felice e emozionata indossando un paio di jeans, una
maglia nera aderente che lasciava la schiena scoperta e le mie
affezionatissime Converse nere. Fortunatamente i miei non mi crearono
alcun problema, anzi, erano contenti che mi fossi rifatta subito delle
amicizie.
Silvia passò a prendermi puntuale e insieme ci dirigemmo
verso
la spiaggia dove gli altri, usufruendo delle ultime luci del giorno,
stavano preparando tutto l'occorrente per il falò.
- Vedrai ci divertiremo.. - Mi disse tutta sorridente.
- Chi c'è stasera? - Volevo avere la conferma che almeno lui
ci sarebbe stato.
- Noi, mio fratello, Fabio, Claudia e Simone. -
- Claudia e Simone non li conosco giusto? Cioè non erano con
noi oggi pomeriggio. - Dato che avevo fatto la domanda per
sapere
se continuare a sentirmi su di giri o no e non volevo che lei se ne
rendesse conto, dovevo dimostrarmi interressata il più
possibile
anche agli altri componenti del gruppo.
- No. Loro oggi erano in barca, sono fratelli come me e Antonio, anche
loro romani. Vedessi quant'è carino Simone.... -
- Ho capito, è off-limits! - Dissi ridendo.
- Hai capito l'antifona! - Rispose lei su di giri.
Quando arrivammo nel luogo adibito a falò, avevano
praticamente
finito di sistemare tutto: c'erano due legni grandi, che molto
probabilmente sarebbero serviti da appoggio o da panchina, attorno a
delle pietre sistemate circolarmente con dei pezzi di legno e delle
pigne sistemate all'interno.
- Alla buon ora! E' già tutto pronto e voi non avete fatto
niente! - Esclamò contrariato Fabio.
Silvia si limilitò a fargli linguaccia e a sussurrarmi di
non farci troppo caso perchè voleva solo farsi notare.
- Loro sono Claudia e Simone. - Disse indicandomi una ragazza bionda e
con gli occhi chiarissimi che sembrava tanto tedesca invece che
italiana, ed un ragazzo biondo anche lui con gli occhi chiari.
- Ciao Sabrina. - Mi presentai.
- Tu sei l'asso della pallavolo. - Commentò Simone. Io
abbassai
lo sguardo imbarazzata. - Me l'ha detto Antonio prima, dice che sei
davvero brava nonostante la tua altezza..... - A quel commento le mie
antenne da ragazzina indispettita, subito si alzarono e captarono
quelle parole dandogli un significato molto dispregiativo.
- Anche se sono alta solo 167 centimetri, alla rete ci arrivo e anche
bene, per cui mi accontento! - Risposi un pò stizzita. I
commenti sulla mia altezza mi avevano da sempre infastidita, certo
fosse dipeso da me mi sarei fatta sicuramente più alta. E
poi
pensare che comunque Antonio l'aveva commentata, mi dava ancora
più ai nervi. - E comunque, poi non è che anche
lui sia
una cima, mi pare! - Esclamai con una punta di acidità.
- No certo, però almeno al metro e settantotto ci
arrivo....e anche alla rete! -
Intervenne Antonio con il solito sorrisino idiota che aveva assunto
quel pomeriggio quando mi aveva vista in costume.
- Ahahaha divertente. - Continuai.
- Ok ragazzi sediamoci che io inizio a suonare qualcosa. - Si intromise
Simone prendendo la sua chitarra per spezzare quell'aria un
pò
elettrica che si era venuta a creare.
Silvia andò a sedersi immediatamente vicino a lui mentre io
mi
ritrovai seduta tra Fabio e Antonio. Solo in quel momento, quando notai
Claudia seduta vicino a Fabio, mi resi conto che eravamo in
sei e
quindi tre ipotetiche coppie. Simone iniziò a suonare La canzone
del sole ed io cercai di non farmi sopraffare dall'emozione,
di
ritrovarmi seduta vicino al primo ragazzo che aveva suscitato in me un
vero interesse.
Mi resi conto che spesso mi guardava ma poi, come me, distoglieva
subito lo sguardo.
La mia attenzione però, veniva continuamente messa alla
prova da
Fabio che, come una macchinetta, mi faceva domande a raffica.
Scoprii così che Antonio faceva il liceo scientifico e che
aveva, come già mi aveva anticipato Silvia, diciotto anni;
mentre Fabio, non ancora diciannovenne, aveva frequentato nuovamente il
quarto
anno di geometri dato che l'anno prima era bocciato e che abitava a
Pisa.
Notavo quanto Claudia, l'altra ragazza romana e sorella di Simone,
fosse interessata a tutti i discorsi che faceva Fabio.
Pensai immediatamente che a lei piacesse e quindi tentai in ogni modo
di farla partecipare attivamente alla conversazione. Fabio era un tipo
carino, biondo, occhi chiari, fisico asciutto, ma ormai i miei occhi
avevano già deciso di farsi piacere una sola persona quella
sera, quella stessa persona che, a distanza di anni, mi avrebbe
distrutto più volte il cuore; ma questo ancora non potevo
saperlo.
Fu così che riuscii finalmente a concentrarmi solo su
Antonio.
Aveva lo sguardo fisso sulle fiamme che si levavano alte davanti a noi
e sorseggiava una birra. Era seduto a terra con le gambe incrociate e
ogni tanto alzava la testa al cielo e si perdeva a contemplare le
stelle.
Anche quella sera mi feci incantare dalla sua bellezza: indossava una
t-shirt bianca e un paio di jeans che facevano risaltare perfettamente
il suo fisico.
Più di una volta mi scoprì mentre lo osservavo,
facendosi
comparire un sorrisino compiaciuto sul volto. Io, assolutamente
imbarazzata e lievemente a disagio, distoglievo immediatamente lo
sguardo.
Poi come se la cosa fosse normale, mi posò un braccio sulla
spalle e si voltò a fissarmi.
- Quanti anni hai? - Mi chiese a bruciapelo.
In quel momento ringraziai tutti i Santi del Paradiso della scarsa
luce, perchè mi sentii avvampare. Quel contatto, il suo
contatto, aveva fatto incespicare più volte il mio cuore
prima
di fargli iniziare una corsa impazzita.
Mi costrinsi a non ditogliere lo sguardo e a parlare.
- Quattordici. - Risposi rendendomi conto solo in quel momento che
avevo trattenuto il fiato.
Abbassò la testa sorridendo e tornò a fissare il
fuoco.
Il suo braccio poggiato alle mie spalle però, mi stava
facendo
vivere dei momenti di pura elettricità. Mi sentivo lo
stomaco
chiudersi e fare le capriole. Non riuscivo a muovermi e soprattutto,
non volevo farlo. Non sapevo il motivo per cui lui non togliesse il suo
braccio dalle mie spalle e neanche mi interessava più di
tanto.
Ero troppo presa dall'emozione per farmi delle domande.
La sua aria da strafottente, che aveva tenuto anche tutto il
pomeriggio, quella sera non riuscivo più a scorgerla.
Vederlo
così tormentato davanti al fuoco mi aumentò
notevolmente
lo stato d'ansia che già provavo.
Non ero mai stata in contatto con un ragazzo o almeno non in quel modo.
Lui sembrava non rendersi assolutamente conto dello stato d'animo che
mi aveva procurato, dato che non sembrava affatto intenzionato a
spostarsi da quella posizione. Il problema però, o comunque
quello che aveva iniziato ad infastidirmi dopo un pò, era
che
non sembrava neanche interessato ad intrattenere una conversazione,
come se, il fatto che io avessi quattordici anni, fosse l'unica cosa
che aveva voluto sapere da me.
- Tutto bene? - Feci quella domanda dopo aver trovato la forza e il
coraggio non so ancora dove, prima di porgliela.
Lui mi fissò, sempre più vicino. Quando
aprì bocca
sentii il profumo del suo respiro avvolgermi: sigarette e birra.
- No. Tu? - Chiese vicinissimo alla mia bocca.
Annaspai in cerca d'aria e mi voltai immediatamente verso il fuoco.
Neanche lo conoscevo e lui tentava di baciarmi. La cosa più
sconvolgente però, fu che io non mi infuriai alzandomi e
facendo
chissà quale scenata. No, rimasi seduta rigida nella stessa
posizione con il suo braccio sempre poggiato sulle mie spalle.
Come se la sua presenza non mi procurasse già abbastanza
agitazione, si spostò ancora più vicino a me
facendo
scontrare i nostri bacini. Tornai ad osservarlo e lo trovai a fissarmi
divertito.
- Che c'è? - Domandò sempre sorridendo. Quando
rideva
era, come se fosse stato possibile, ancora più bello e mi
ritrovai ad ingoiare più volte a vuoto prima di rispondergli.
- Hai freddo? -
- No. - Rispose lui aggrottando le sopracciglia.
- Ti sei avvicinato, pensavo fosse per quello. - Dissi ben conscia di
stare dicendo una cavolata bella e buona. Anche se non avevo
esperienza, non ero tanto stupida da credere che mi stesse
così
vicino solo perchè sentiva freddo. Volevo però
tentare di
metterlo in difficoltà in qualche modo. Il fatto che lui si
sentisse totalmente libero di comportarsi come voleva, un pò
mi
indisponeva.
- Ti do fastidio? - Ecco che con tre semplici parole, quella in
difficoltà ero io. Cosa avrei dovuto rispondergli? Non
volevo
sembrare nè troppo interessata nè totalmente
disinteressata.
- Non saprei. - Gli dissi infine.
- Cioè? - Chiese lui sempre più divertito dai
miei atteggiamenti.
- Tu perchè lo fai? - Domandai cercando di non fargli capire
quanto in realtà, fossi contenta di quella situazione.
- Mi piaci. Tu e la tua vicinanza. - Confessò ad un
millimetro
dal mio collo. Il leggero movimento d'aria che causarono le sue parole
a distanza così ravvicinata da me, mi procurò dei
brividi. Quella sua affermazione poi, contribuì notevolmente
a
farmi venire la pelle d'oca.
Rimasi impalata, quasi pietrificata non sapendo neanche cosa dire o
fare.
- Rilassati. - Mi sussurrò ancora prima di far poggiare
definitivamente le sua labbra sulla mia pelle. Quando lo fece, tutte le
sensazioni che avevo provato pochi secondi prima, mi sembrarono
insiginificanti per l'uragano che si stava scatenando dentro di me.
Non so quale oscura forza o spinta da chissà quale
reminescenza
di coscenza, mi fecero scansare da quel contatto tanto piacevole.
Mi spostai leggermente da lui che, evidentemente colto di sorpresa, per
poco non rischiò di cadere con la faccia a terra.
Sfilò il suo braccio dalle mie spalle e mentre tentava di
non sembrare troppo stupito, parlò.
- Ok. Scusa. - Disse tornando ad osservare il fuoco come se niente
fosse successo. - Ti va di parlare? - Aggiunse dopo un pò.
- Certo. - Risposi io, felice di quel suo cambio di rotta.
Desideravo ardentemente baciarlo o comunque anche solo toccarlo, ma
prima volevo almeno conoscerlo un pò. I miei ormoni si
lamentarono della mia scelta, mentre la mia coscenza esultava contenta
non sapendo però, che così avrebbe decretato per
molto
tempo, la mia assoluta convinzione che nessuno sarebbe mai stato come
lui.
Parlammo un sacco quella sera, e delle cose più disparate,
senza
sosta. Più lo conoscevo e più mi piaceva.
Più
parlava e più adoravo la sua voce. Più mi
raccontava di
sè e più desideravo sapere.
Mi raccontò della vita che faceva a Roma, di quello che
avrebbe
voluto fare una volta diplomato se la sua "carriera" calcistica glielo
avrebbe permesso. Giocava in una squadra che militava in eccellenza e
mi confidò che, proprio la prossima stagione, sarebbe stata
molto importante per lui, perchè degli esaminatori sarebbero
andati ad osservarlo. Non sembrava comunque molto interessato mentre ne
parlava, appariva più lievemente costretto a farsi piacere
la
situazione. Come se non riguardasse la sua vita. Mi parlò
dei
suoi genitori e di quanto, particolarmente suo padre, desiderasse che
sfondasse nel mondo del calcio. Fece anche un rapido accenno a quanto
gli piacesse anche poter diventare, un giorno, un vigile del fuoco.
Tutte cose che contribuirono, nel tempo, a rendermelo assolutamente
unico.
Non provò più a baciarmi quella sera e mi
accompagnò, insieme agli altri, fino alla mia tenda
presentandosi ai miei genitori. Loro rimasero talmente incantati dal
suo savoir faire, che, specialmente mia madre, non faceva altro che
ridere compiaciuta guardandomi ogni cinque secondi.
Il ricordo di quei primi momenti trascorsi insieme, mi fa
stringere il cuore.
Quando mi sono trasferita avevo pensato al fatto che comunque io e
Antonio saremo stati nella stessa città, finalmente. Ma
sapevo
anche che ormai erano già passati quasi tre anni dal nostro
ultimo incontro o contatto, e credevo comunque che avrei potuto
scegliere se vederlo o no. Invece la mia cara e dolce amica Silvia, mi
aveva giocato un brutto tiro.
Con questi pensieri afferro il cellulare componendo il suo numero.
- Sei già arrivata? - Mi risponde lei tutta contenta.
- Vieni. Immediatamente. Qui. - Le dico io agitatissima.
- C'è qualcosa con non va con la casa? - Mi chiede lei
spiazzata dalla mia reazione.
- Quando pensavi di dirmi che tuo fratello è in
città e
che frequenta abitualmente questa casa a quanto dice Federica? - Sputo
fuori acida.
- Ok, Sabry. Calmati e respira. Tra poco sono da te e comunque pensavo
che lo sapessi che aveva ottenuto il trasferimento circa un mese fa. -
Sbuffo.
- Dai ti aspetto. - Dico dopo aver ritrovato un minimo di calma.
Riattacca il telefono ed io mi ritrovo a fissare la mia immagine allo
specchio.
E adesso che faccio? Mi chiedo. So che non potrò in alcun
modo
evitare di vederlo e il solo pensiero mi fa di nuovo sanguinare il
cuore.
Troppo volte gli ho permesso di ferirmi, troppo volte gli ho creduto,
troppe volte ho pensato che sarei stata capace di vivere la mia vita
indipendentemente da lui. Sarò costretta a frequentarlo e
sono,
putroppo, consapevole che inevitabilmente mi trascinerà nel
turbine della passione.
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