6-sechste
Titolo: Schützengraben, Capitolo 6 – Sechste
Graben
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland),
Francia (Francis Bonnefoy), Germania (Ludwig)
Genere: Storico, Drammatico, Guerra
Rating: Nc17, Arancione
Avvertimenti: Yaoi, Angst, Death, AU
Parole: 1,558 con Windows Office
Disclaimer: I personaggi della fanfiction
provengono da Axis Powers Hetalia che appartiene a Hidekaz Himaruya
Note:
1. Non ci
crederete, ma questa volta abbiamo la data storicamente corretta!
2. Questo capitolo è stato impostato
come un diario, poiché vi avevo avvertito che sarebbe stato una specie di
monologo interiore di Ludwig, non potendo più farlo interagire con gli altri
protagonisti, mi è sembrato più creativo e “leggero” scriverlo in questo modo
che mi permette di effettuare salti temporali e digressioni più profonde
riguardo ai pensieri di Ludwig. Spero che riusciate a leggere il font.
Sechste Graben:
Wahnsinn
Verdun, 20 ottobre
1916
Da quando ha avuto
inizio la mia carriera nell’esercito, sono sempre stato dell’idea che
trascrivere le proprie memorie fosse una futile perdita di tempo, capace solo
di distogliere l’attenzione dai propri doveri e dalle riflessioni più
importanti. Sono stato di quest’idea fino a oggi, ma adesso sento l’assoluto
bisogno di occupare il mio tempo, di
tenere la mia mente sveglia, di assicurarmi di essere ancora lucido.
Questa, che credo
sarà la mia ultima battaglia, ha avuto inizio nel mese di febbraio. Io e la mia
Armata siamo stati mandati qui a maggio per offrire supporto coloro che avevano
conquistato il forte Douaumont, sottraendolo ai francesi: si tratta di una
costruzione pentagonale, interrata e protetta da almeno quattro strati di copertura, una fortezza praticamente inespugnabile.
L’obiettivo dell’attacco erano il vantaggio strategico del forte e la
mitragliatrice pesante custodita al suo interno, un’arma alta 8 metri, forse di
più. Non lo so con esattezza. Mi rendo conto che si tratti di una grave
inadempienza ai miei doveri, ma saperlo non importa più: i francesi l’hanno
sabotata abbandonando il forte. Ora siamo intrappolati qui, con un’arma
formidabile inutilizzabile.
La conquista del
forte è sicuramente parsa agli uomini come una volontà divina o l’ennesima
dimostrazione dell’infallibilità dell’esercito tedesco. Il mio reggimento è
stato scambiato per un gruppo di francesi mandati a rinforzare le scarse difese
del forte, il Sergente Kunze è entrato, da solo, e ha fatto prigionieri gli
artiglieri di guardia. Tutto qui, un’operazione semplice e fortunata, che ha
portato alla conquista di questo favoloso punto strategico e alla totale
svalutazione dell’esercito francese. I soldati hanno iniziato a chiamarli
“poilu”, perché sono pelosi, perché trascorrono lunghi periodi in trincea senza
potersi radere o tagliare i capelli.
Ho sempre pensato
che sottovalutare il proprio nemico fosse l’errore più grande per un soldato.
Ora se ne sono resi conto tutti, dato che la nostra stessa tattica viene usata
contro di noi da sei mesi.
Inoltre io so perfettamente che alcuni francesi
utilizzano eccellenti set per la cura personale
.
Verdun, 21 ottobre 1916
Mi sono reso conto
di non essere stato preciso nella scorsa testimonianza: io non sto affatto
raccogliendo le mie memorie, poiché sono sempre più convinto di voler
dimenticare il prima possibile tutto questo. Sto soltanto facendo ordine nei
miei pensieri.
Inizio a temere di
non essere più in grado di eseguire le mie funzioni qui. Se ciò dovesse
accadere ovviamente mi ritirerei subito dalla mia carica e lascerei il posto a
qualcuno di più capace. Il vero problema sono i miei pensieri: sono sempre più
confusi, vagano sempre più lontano.
Ormai siamo rimasti
in pochi e inizio a chiedermi cosa stiamo difendendo. Se i rinforzi non
arrivano, rimanere qui a farsi bersagliare dalla granate dei francesi non ha
alcun senso. Rimanere qui è pericoloso. Alcuni mesi fa qualche soldato
incosciente ha acceso un fornello da campo troppo vicino all’armeria.
L’esplosione è stata enorme, ho visto la testa di un uomo volare, con tutto
l’elmetto, fino al condotto d’aria. Sono morti in centinaia. Ma la tragedia non
si è conclusa qui – questo forte sembra maledetto. I soldati che hanno
tentato di fuggire, anneriti dal fumo, sono stati scambiati per le truppe
marocchine francesi e sono stati spazzati dalle nostre mitragliatrici.
Non mi era mai
successo prima. Sento il mio orgoglio di ufficiale sprofondare. Le bombe
disgregano lentamente il mio autocontrollo. Gli scoppi rimbombano nelle viscere
e proseguono nella testa.
Ripeto ai miei
uomini che presto tutto questo finirà. Invidiano i morti.
Verdun,
22 ottobre 1916
Abbiamo conquistato
questo forte stremando il nemico a forza di bombardamenti. In questo momento mi
sembra assurdo non aver pensato che loro avrebbero potuto utilizzare questa
semplice tattica per riprenderselo.
Sento le granate
cadere sulla terra sopra di noi. Incessantemente. Una ogni dieci secondi. Il
rumore è assordante.
Sei mesi. Ancora
non riesco a crederci.
Vedo gli uomini
attorno a me impazzire lentamente. All’inizio io e gli altri pochi ufficiali
rimasti abbiamo tenuto alto il loro morale ricordando loro la schiacciante
vittoria. Sono quasi del tutto convinto che tutti ormai rimpiangano la
conquista di questo posto.
Lo spirito di molti
viene spezzato da questo incessante bombardamento, vengono colti da
convulsioni, movimenti incontrollati degli arti, tic nervosi.
Alcuni sono
talmente stremati che, non riuscendo più a impugnare un’arma, sono costretti a
chiedere aiuto agli amici per togliersi la vita.
La notte scorsa ho
ripensato a un episodio che in principio mi era sembrato del tutto irrilevante
– ma quando si è costretti in un bunker per sei mesi anche le cose più inutili
acquistano un diverso significato. Dopo la battaglia di Vauquais, e prima di Verdun,
mi sono spostato lungo il nostro fronte per stendere un rapporto sulla
situazione generale delle battaglie e l’avanzamento delle nostre truppe. Ad
aprile mi sono recato a Ypres a verificare lo stato in cui versavano gli
esperimenti con i gas al cloro: non spettava a me stabilire il metodo di
conduzione della battaglia, sebbene trovassi l’espediente del gas estremamente
pericoloso e assolutamente non onorevole.
I movimenti del
nemico erano pressoché nulli da settimane, così come i nostri, così uscii dalla
trincea e mi misi a osservare le linee degli eserciti dell’Intesa. Scrutai
l’orizzonte col binocolo, abbastanza sicuro di trovare il fronte tranquillo, e
difatti non vidi nessuno, eccetto una persona. Indossava l’uniforme degli
ufficiali inglesi e se ne stava in piedi, oltre la propria trincea,
completamente esposto, ma apparentemente calmo, come se stesse contemplando un
tranquillo paesaggio di campagna. Lui non aveva alcuno strumento per vedermi da
quella distanza, per cui mi presi tutto il tempo per cercare di capire le sue
intenzioni. Notai che era giovane, che era biondo e anche che aveva delle
sopracciglia sproporzionate – ma questo è un altro particolare irrilevante. Ciò
che mi colpì di lui fu l’espressione che celava nello sguardo. D’un tratto fui
colto da un’inspiegabile malinconia, poiché capii subito ciò che stava
pensando: stava guardando il campo di battaglia senza riuscire a scorgervi un
domani, senza riuscire a capire il motivo di quello scempio, sentendosi trite
di fronte ad un tale spreco di forze e di vite, ma rassegnato al suo dovere e
deciso a portare a compimento ciò che gli era stato comandato, perché amava il
suo Paese, perché voleva rimandare a casa più vite possibile.
Rimasi
profondamente toccato dalla mia abilità a cogliere tutto ciò, ma il motivo che
mi aveva spinto a tanto era che sentivo il suo turbamento estremamente vicino
al mio.
Non potei fare a meno di ripensare anche al francese e a
rattristarmi per il fatto che esistessero, in questa guerra, altre persone che
la ritenevano inutile, ma che fossero tutte così lontane l’una dall’altra, e
così piccole rispetto alla sua vastità, da essere totalmente impotenti.
Verdun, 23 ottobre 1916
Oggi ho fatto
qualcosa che non avrei mai creduto possibile. Sono stato colto da un’improvvisa
e sconosciuta ispirazione e mi sono puntato la pistola sotto il mento. In
quell’istante di follia mi è sembrata l’unica soluzione. Non so ancora bene
cosa mi abbia fatto cambiare idea, forse la vista di un uomo suicidatosi
qualche giorno prima. Per qualche motivo la sua espressione non mi sembrava per
niente sollevata.
Avverto un leggero
tremore alla mano, temo che non ci vorrà molto prima che mi riduca anch’io come
gli altri giovani che la maggior parte definisce “deboli”. Anch’io credevo di
avere un animo più forte. Ogni giorno scopro sempre più che questa guerra sta
distruggendo ogni mia certezza. Spero di essere ancora in grado di scrivere,
tra qualche giorno. Ma sono quasi certo che quest’assedio sia prossimo alla
fine.
Sentendo
continuamente i nemici che, dall’alto, tentano di sfondare le nostre difese, il
mio pensiero è andato nuovamente al francese di Vauquais. Mi chiedo cosa stia
facendo, mi chiedo se abbia trovato il suo uomo. Forse è uno di coloro che mi
sta bombardando. Se così fosse, sarei felice per lui.
Ora mi rendo conto
di non avere nulla. Avevo il mio Paese: forse tra qualche mese non esisterà
nemmeno più; avevo la mia carriera: appena i francesi riusciranno a penetrare
qui, sarà distrutta in pochi istanti; avevo i miei uomini: quelli che mi sono
rimasti sono impazziti o si sono tolti la vita.
Se il francese
avesse perso tutte queste cose, avrebbe avuto almeno il suo uomo. Quando sarò
io a perdere tutto ciò, credo che la mia vita perderà completamente
significato. È davvero triste sapere di non avere nulla di veramente
importante.
Nonostante tutti i miei sforzi e la mia intelligenza, mi
rendo conto di essere stato drogato dagli esaltati ideali del Kaiser. In fondo,
desideravo solo che il mio Paese diventasse adulto, ma non è questo il modo.
Verdun,
24 ottobre 1916
Tutto s—ta per
f˛–nire. Mi sen—to sollev-to, nonostaᴗnte
tutto..—
I tremori sono
aumen—taᴗti, non resco piu~ aᴗscrivere bene.
I fraᴗncesi stanno per entrar—.
L’unnuunica
cosa a cui reisco aa pens—are e~ la fine di quest’aᴗgoiia.
Non abbandonero~ la
Ggermania, affronteroo~ ogni conseuenzaᴗ come un
degno uıciale— tedesco. Non riesco a immaginare nuuuulla di peggio,
dopo i mesi trascorsi qui.
Non so— decidere se
coloro cheᴗentrerannn μ o qui per portarci
via – o ucciderci – saranno la nostra cond~anna o la nostra salvezzaᴗ
Non mı pento di nulla, hoo fatto semplicemente cıò che
ritenevo giusto. Ora de—sidero soltanto che ıl μ io Paese rinasca e che trovi
una ⌡uida capace¬
Fine
Finisce
un anno e finisce anche un'avventura. Carissimi voi tutti che avete
letto, recensito, seguito e odiato questa fanfiction, vi ringrazio
davvero tanto e spero di risentirci presto!
Siccome è stato un capitolo breve ne approfitterò per
dedicarmi un po' più spazio del solito pubblicizzando un libro
che mi ha aiutato molto in quest'ultimo periodo... anche se, in
realtà, se l'avessi letto prima di scrivere la fiction sarebbe
sicuramente uscito qualcosa di molto migliore!! Perciò, se vi
è piaciuta la mia storia, leggete il nuovo libro dello zio
Ken!!!! :D *ama la sua nuova scoperta letteraria "La caduta dei
giganti! di Ken Follett* Al momento sono ancora a metà del
romanzo ma più vado avanti e più rimango sconvolta per le
somiglianze con la mia fiction e ciò mi fa davveor fare i salti
di gioia e alza ulteriormente - e pericolosamente - il livello della
mia autostima! Ma apparte questo, sul serio, leggetelo! Offre uno
spaccato bellissimo sul periodo che ho trattato e parla anche di molte
battaglie e situazioni da me più o meno descritte... e se vi
può consolare è anche un tantino più positivo di
me, ma su questo non posso rassicurarvi perchè mi manca ancora
un bel po' per finire :)
Detto questo, interrompo le mie disquisizioni, vi ringrazio ancora immensamente e rispondo alle recensioni!
Risponderò a quelle che vorrete lasciarmi a questo capitolo in
via privata oppure aggiornando la pagina... probabilmente la seconda
opzione, quindi se vi interessano le risposte date un'occhiata qui in
fondo tra qualche giorno! (quando ci saremo tutti ripresi da
Capodanno...)
@Miristar: Ma
noooooo!!!! Io scrivo le risposte alle recensioni dando per scontato
che abbiate già letto la storia!! Vabbè dai, dopotutto il
mio era un finale abbastanza prevedibile.. Prometto che smetterò
di scrivere angst per un po', ma ho scoperto che i racconti di guerra
mi ispirano tantissimo e ho una gran voglia di scriverne un altro!!
Aspetterò in modo da farvi riprendere, nel frattempo Momoka
scriverà sicuramente qualcosa di più allegro e leggero :)
@Ginko Kite: Sai, credo proprio
di essere come te! Io adoro l'agst, soprattutto scriverlo con le mie
sadiche manine, ma quando leggo una storia divento irrimediabilmente
romantica e spero sempre nel lieto fine più sdolcinato.......
sniff... se non avessi scritto io questa storia, a quest'ora
progetterei di uccidere l'autrice
@Sunlight Girl: Ciao! Mi fa
piacere conoscerti! Ovviamente mi fa anche piacere ricevere tante
recensioni *l'ego malvagio cresceeeee*, ma ovviamente, oltre alla
questione del vanto personale, c'è soprattutto il fatto che
grazie a voi posso migliorare a mano a mano, quindi grazie per aver
commentato!
@Harinezumi: eheh..... continuo
a pensare di essere stata fin troppo buona con loro.. se fossero state
persone reali probabilmente sarebbero morti in un modo ancora
più brutto e lontani l'uno dall'altro... Comunque su con la
vita, è solo una fiction, tutti sappiamo che in realtà la
Francia e l'Inghilterra sono tanto felici e si amano immensamente :)
Grazie per i complimenti all'ambientazione e sia lode alla grammatica
italiana!!!!! (che svanisce nel momento in cui scrivo le risposte.....)
@Julia Urahara: Aaaaaaaah! Mi dispiace di averti fatto piangere!! Ma ogni tanto fa bene, no? :) Su su
@Kati07: Wow.... il tuo
è un vero complimento coi fiocchi, altroché. La mia
storia un capolavoro?? Non ne sono sicura ma non immagini quanto tu mi
faccia felice... tengo davvero tanto a questo mio pargoletto nato un
po' prematuramente.
Credo fermamente che tu abbia 10 in storia! Io non lo avevo... la
maggior parte delle cose che ho descritto mi erano totalmente
sconosciute fino a un paio di mesi fa... è nato tutto da un
semplice documentario che mi ha messo la pulce nell'orecchio e mi ha
spinto a cercare qualche informazione qua e là e a inverntarmi
il resto :)
Per quanto riguarda i gas, mi sono andata a informare un po' per te! Io
e Momoka siamo state al campo di sterminio di Auschwitz, ci hanno fatto
vedere le camere a gas e ci hanno anche spiegato che come veleno
venivano usate delle specie di pastiglie che evaporavano al contatto
con l'aria e si depositavano all'interno delle camere. Questo mi sembra
un metodo abbastanza diverso dall'iprite, ma cercando per il web ho
scoperto che all'epoca erano molto fantasiosi (per queste cose le idee
non mancano mai T_T) e usavano molti tipi di gas a seconda del periodo,
del luogo o di come girava loro: semplice vapore acqueo, monossido di
carbonio, ma anche gas al cloro, come l'iprite, e molto altri. Quindi
la mia risposta alle tue domande è un mezzo sì,
probabilmente hanno usato anche l'iprite, assieme a molte altre
sostanze.
Ti ringrazio tanto per l'interessamento e la recensione! Questo capitolo non è stato poi tanto sconvolgente, no? :)
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