Sihaya’s Wild West
(di _Sihaya)
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Riveduta e corretta -
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Questa
fanfiction risale al 2006.
Essendo
passato un po’ di tempo ed essendo il mio stile – spero - migliorato
almeno un
po’, ho voluto risistemarla perché ci sono molto affezionata. L’ho
scritta
divertendomi e forse, rivedendola, spero di ritrovare un po’ di serenità
in un
periodo non troppo bello della mia vita.
Ho
avviato questo lavoro anche per distrarmi un po’ (senza però togliere
tempo e
concentrazione) dalla stesura degli ultimi quattro capitoli di Lost
Memories,
che si stanno rivelando un’impresa ancora più ardua del previsto.
Quindi
non temete, non ne abbandonerò la pubblicazione, userò questa fic solo
come
valvola di sfogo.
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CAPITOLO
1 – JAGE TOWN
Era
pomeriggio inoltrato a Jage Town.
Il cielo
brillava dei colori del tramonto e i rintocchi della campana della chiesa
sancivano il termine della giornata lavorativa.
Lo
sceriffo scese da cavallo guardandosi intorno e salutando le persone di
ritorno
dai campi e dalle botteghe; i suoi stivali poggiarono pesantemente sulla
terra
arida. Legò il destriero alla ringhiera e salì i gradini di legno,
entrando
sicuro nel saloon.
Si
guardò intorno per controllare che tutto fosse tranquillo. Contrasse le
labbra
in una smorfia di disappunto riconoscendo il giocatore seduto al tavolo
da
poker, che più volte aveva visitato le sue celle, e la solita testa calda
ubriaca presso il bar, accanto al suo vice.
La
barista dietro al bancone gli sorrise da lontano e lo salutò con la mano:
“Ciao
sceriffo!”.
Lui si
avvicinò, prese uno sgabello e si sedette accanto al suo assistente.
Lei gli
versò un bicchiere di whisky. “Allora che cosa mi dite di nuovo? Avete
messo
dentro qualcuno oggi?” chiese appoggiandosi al bancone di fronte ai due
poliziotti.
“N-no…”
balbettò il vice sceriffo, imbarazzato dalla prorompente scollatura della
ragazza.
Lei gli
sorrise notando il suo bicchiere vuoto: “Ne vuoi ancora? ” chiese
facendolo
arrossire.
“Ho
chiesto se vuoi ancora un po’ di whisky, piccoletto,” ripeté divertita
perché
non aveva ottenuto risposta.
Lui
divenne ancora più rosso e scosse la testa: “No… grazie…”
“Danne a
me se t’avanza del whisky, baby!” accanto a loro un ragazzo dai capelli
rossi,
ubriaco, allungava impaziente il bicchiere.
“Fa’
attenzione a come ti comporti!” lo minacciò il vice sceriffo.
“Che
vuoi, nanerrrottolo?” fece l’altro alzandosi in piedi a sfidarlo e
dimostrandosi almeno una spanna più alto di lui.
“Dacci
un taglio Hanamichi! Hai bevuto abbastanza!” lo rimproverò la
barista.
“Non mi
dire così!” protestò in tono infantile il rossino, faticando a mantenere
l’equilibrio e ricadendo pesantemente sullo sgabello.
La
barista sbuffò scocciata appoggiando il mento sulla mano: “Vedi di
rimetterti
in sesto per questa sera Hana! Guai a te se mi rovini lo spettacolo,” lo
avvisò. Poi si volse verso lo sceriffo: “Voi ci sarete questa sera vero?”
“Certo
Ayako!” rispose il giovane assistente con entusiasmo.
Lei gli
sorrise e lui sentì il cuore balzargli nel petto.
“Ottimo.
Temo che Hanamichi possa combinare uno dei suoi soliti casini, lo fa
sempre
ogni volta che invito quella soubrette a cantare da noi. Questa
sera non
voglio che rovini tutto, mi aiuterai Ryota?” chiese fissando con i suoi
grandi
occhi neri il povero vice sceriffo che, tutt’a un tratto, sentì la terra
mancargli sotto ai piedi.
“S-sì
Aya, puoi contare su di me,” rispose e lei lo ringraziò regalandogli un
altro
dei suoi splendidi sorrisi.
“Ah-Ha!
Ho vinto ancora una volta! Nessuno mi può battere!”
Una
risata fragorosa scosse all’improvviso il saloon: un giocatore seduto al
tavolo
del poker era balzato in piedi esultante.
Il suo
avversario sbatté le carte sul tavolo, ma non volle ammettere la
sconfitta:
“Hai barato!” gridò.
Sul
volto del vincitore si dipinse un sorriso beffardo: “Che cavolo dici! Io
non
baro, sono un professionista!” si difese.
L’altro,
provocato dall’arroganza del ragazzo, saltò su tavolo e si gettò su di
lui
facendolo rotolare in terra. Il tavolo si ribaltò, i bicchieri si
frantumarono
in terra e le carte si sparsero per tutto il locale.
Ayako,
disperata, si coprì gli occhi: “Oh no! Il mio bar! Vi prego ragazzi non
questa
sera!”
Il vice
sceriffo, scosso più dalla disperazione della ragazza che dal senso del
dovere,
corse a fermare la rissa appena scoppiata.
“Akagi
vieni ad aiutarmi!” chiamò mentre cercava di bloccare il baro dai capelli
corvini.
Lo
sceriffo abbandonò a malincuore il proprio bicchiere di whisky e si mosse
per
aiutare l’assistente. Con la forza di un solo braccio sollevò l’uomo che
si era
avventato sul vincitore e lo portò fuori dal saloon, gettandolo nella
polvere.
“Vattene
o ti farò passare una notte in gattabuia!”, gridò minaccioso, rientrando
poi
nel locale per occuparsi dell’altro rimasto.
“Hisashi
Mitsui! Non credi di averne avuto abbastanza della mia galera!! Se ti
becco
ancora una volta a derubare un pover’uomo finisci dentro seduta stante e
rimani
a marcire nella cella sotto ai miei occhi!” tuonò lo sceriffo
rivolgendosi al
ragazzo, che reggeva il suo sguardo con impertinenza.
“Ok
sceriffo! Come sempre ai tuoi ordini!” ribatté alzandosi in piedi e
trattenendo
a stento un sorriso.
“Levati
quel sorriso idiota dalla faccia e guarda quello che hai combinato! Hai
distrutto parte del bar e questa sera dev’esserci lo spettacolo! Non hai
alcun
rispetto per il lavoro di Ayako!” gridò indignato il vice sceriffo che
gli
stava di fronte. Lui lo guardò con aria di superiorità e gli mise una
mano
sulla testa, per sottolineare la sua misera statura. “Hey Ayako! Ma come
fai a
riporre la tua fiducia in un nanerottolo del genere?” domandò.
Il vice
sceriffo, furioso, cercò di colpirlo più volte allo stomaco, ma il
giocatore
d’azzardo si spostò abilmente schivando i colpi rabbiosi.
“L’altezza
non conta! E’ onesto e veloce con la pistola, ce ne sono pochi come lui
di
questi tempi!”, rispose Ayako da dietro al bancone.
“Mhh…
può darsi…” fece l’altro, sempre tenendo la mano sulla testa del vice
sceriffo,
“ma la velocità non è tutto, serve anche una buona mira! E in questo io
sono il
migliore!”
“Senza
dubbio Hisashi!”, disse Ayako sorridendogli e facendo letteralmente
impazzire
di gelosia il vice sceriffo.
“Vi
sballiate tuutti quuanti! Sono io il migliorrr piscitollero del wescit!
”
s’intromise il ragazzo dai capelli rossi, ormai ubriaco fradicio, tenendo
in
aria il bicchiere in segno di sfida. “Vollete forsce metterrmi alla
prrova!?
Vi sffido entrrambi! Posscio batterrvi anche a… ad occhi chiu…”, non
fece
in tempo a terminare la frase che i sensi lo abbandonarono e cadde
pesantemente
a terra con un grosso e sordo tonfo.
Il
bicchiere che teneva in mano si spaccò e il liquido si sparse sul
pavimento di
legno.
Ayako si
batté una mano sulla fronte, rassegnata, guardando il rossino che ora
dormiva
gustosamente in terra, avvolto dall’inebriante profumo dell’alcool che si
sollevava dal legno umido.
“Mpf,
idiota.”
Una
figura alta ed elegante entrò spalancando davanti a sé le porte del
saloon. La
sua voce colse tutti di sorpresa.
Ayako
alzò lo sguardo e si portò una mano alla bocca per trattenere un grido.
L’uomo
avanzò evitando con cura che i suoi stivali di cuoio calpestassero le
gocce di
whisky sparse in terra. Lento e deciso, si fermò nel centro del locale ad
un
passo dal ragazzo disteso sul terreno; il lungo mantello bianco-avorio
assecondò
i suoi passi sfiorando il pavimento.
Si fermò
a guardare con disappunto l’ubriaco ai suoi piedi, poi alzò gli occhi
incrociando quelli della ragazza.
Scavalcò
l’ostacolo, ancora profondamente addormentato, e si avvicinò al bancone
del
bar.
“Dammi
qualcosa di forte,” ordinò arrogante.
Ayako
obbedì silenziosa cercando di nascondere l’emozione, ma le sue mani
tremanti la
tradivano.
Perché
sei tornato Rukawa?
Continua…