Nell'attesa
di qualcosa di un po' più consistente, una banalissima
scemenza a
tempo perso.
Buona
lettura.
Aurora
Non
aveva potuto dirglielo.
Non
aveva potuto dirglielo e non avrebbe potuto mai più, forse,
e
continuava a concentrare il chakra nelle mani che tremavano, scosse
dai suoi singhiozzi accorati e da un tremito che le nasceva nel
centro dello stomaco e si irradiava dappertutto, impedendole persino
di respirare. Il suono dei suoi stessi singulti la assordava e il
terrore la intorpidiva velenoso, comprimendole il busto tanto da
schiacciarla.
“Res...pira..”
sussurrava Sakura implorante, tra i singulti spezzati.
“Res...pira,
ti...preg...o...”
La
polvere sollevata dalle esplosioni le bruciava la gola e le labbra, e
da qualche parte qualcuno lanciava ordini e urla e lamenti e
imprecazioni. Lei non badava a niente. Soltanto a cercare un alito di
vita, qualcosa, in quella che sembrava ormai una carcassa –
vita
mia, luce, alzati, cammina.
Chinò
la testa in avanti in un pianto disperato, squassante, mentre dai
suoi palmi continuava a irradiarsi l'energia che a Sasuke non serviva
più. Un corpo accartocciato per terra, gli occhi neri
immobili
puntati là in alto, dritto nel cielo tra le fronde degli
alberi.
Tutto quel sangue, ovunque, lo stesso che c'era sulle mani di Sakura,
sulle sue braccia, sui vestiti.
“Res...”
Il singhiozzo le strozzò la voce in gola, strappandole via
le ultime
energie.
Rimase
solo ferma a piangere, diffondendo quel chakra inutile, scrutando
straziata quel viso, quel naso, quegli occhi, i capelli, il sangue,
il fianco squarciato, e aveva lei stessa come un'emorragia che a
stillicidio che le risucchiava via tutto da dentro e la annientava di
dolore.
“Sakura.”
Era
la voce di Tsunade ma non le importava. Non le importava più
niente.
“Sakura,
fermati.”
Non
l'ascoltò neanche. Non le interessava, non contava. C'era
Sasuke.
“Sakura,
basta!”
Tremava
anche la voce di Tsunade, penosamente. E pure la sua mano che si
poggiava sulle sue con quella che forse voleva essere fermezza, ma
tremava anch'essa.
“No...
No!” singhiozzò lei.
“Sakura,
smettila!” Parole spezzate, la presa della shisho che
diventava
forte e le stringeva le braccia, tirandole via. “E' morto,
Sakura.”
E quelle parole quasi gutturali, e la forza dell'Hokage che la
staccava da lui e la allontanava, mentre tutto il suo essere si
spaccava a metà e sembrava esplodere.
“No!
NOOOOOOOOOOOOO...”
“OOH!...”
Sgranò
gli occhi nella penombra, respirando affannosamente. Le sue mani
erano strette spasmodicamente sul lenzuolo e la sua schiena percorsa
da un brivido gelato, il viso imperlato da sudori freddi.
Si
accorse di avere le guance bagnate di lacrime mentre ritornava in
sé
lucidamente e i suoi occhi scoprivano le sagome dei mobili della
camera, l'armadio, lo scrittoio, il letto vuoto e il profilo dei suoi
piedi sotto la coperta. Dalle imposte filtrava una luce debolissima,
doveva essere appena l'aurora.
Dalle
labbra le sfuggì un ultimo singhiozzo, liberandole i polmoni
contratti. Emise un lungo respiro, e un altro, frammisti a un gemito
per rilasciare la tensione.
“Cosa
succede?”
La
porta si era spalancata sulla figura tesa di Sasuke, in pigiama,
spettinato, che ora la stava guardando perplesso.
Sakura
si umettò le labbra.
“Eh?”
esalò confusa.
“Hai
urlato. Stai bene?”
Lei
sbatté gli occhi un paio di volte.
“Ho
avuto un incubo,” mormorò, deglutendo.
“Lo
vedo, questo,” constatò lui, sbrigativo, prima di
aggrottare la
fronte osservandola più intensamente. “Stai
piangendo,” osservò,
atono.
Sakura
scosse debolmente la testa.
“Che
ora è?” chiese tranquillizzandosi.
“Saranno
appena le cinque. Cos'hai sognato?” rispose lui, avanzando di
un
paio di passi nella loro stanza.
Sakura
scosse la testa di nuovo, cercando di rimuovere quelle immagini dalla
memoria. Rilassò la schiena ed accennò un sorriso
smortino.
“Come
mai sei già alzato?” chiese, vaga.
“Devi
finire un rapporto, non ti ricordi?” Sasuke si
corrucciò,
annoiato. “Vado a concluderlo, mi rimangono due ore.
Rimettiti a
dormire, magari.”
Esitò
per un secondo, sembrando incerto sul rimanere lì con lei,
allungare
la mano per accarezzarla o non fare proprio niente. Sembrò
optare
per quell'ultima ipotesi e arretrò lentamente, senza
smettere di
guardarla, fino a voltarsi indietro soltanto sulla porta.
“Sas'ke,”
lo richiamò lei.
“Dimmi.”
“Non...volevo
davvero ucciderti.”
Lui
sgranò gli occhi.
“Eh?”
sbottò, confuso.
“Quando
sono venuta a cercarti mentre eri con l'Akatsuki.”
Sasuke
sbuffò lievemente, scrollando le spalle.
“Lo
so. Che ti prende?”
Lei
piegò la testa di lato.
“Farti
del male era l'ultima cosa che desiderassi, in realtà.
Volevo...dirtelo.”
Lui
distese la fronte con eloquenza, sbuffando più apertamente.
“Non
te lo ricordi, vero?” borbottò, e l'occhiata
disorientata di lei
dovette sembrargli una risposta sufficiente. “Me lo hai
già
detto.”
“Cos...?”
farfugliò Sakura.
“La
sera della battaglia, quando mi hai soccorso. Mentre fermavi
l'emorragia.”
Sakura
rimase on la bocca semiaperta, stupita, cercando di fare mente
locale.
“Davvero?”
sussurrò, e Sasuke annuì. “Non me lo
ricordo. Ero piuttosto fuori
di me in quel momento.” Accennò una risatina
d'imbarazzo. “Tu te
ne ricordi? Come...”
“Beh,
sai com'è,” la interruppe Sasuke, ruvido.
“Non ero io quello che
frignava, delirando mentre tentava di curarmi. Io ero quello sdraiato
per terra che cercava di continuare a respirare.”
“...Già,”
bisbigliò lei, assorta.
Sasuke
tornò sui propri passi e raggiunse il letto, appoggiandovi
un
ginocchio per piegarsi verso di lei.
“Sì
può sapere che razza di sogno hai fatto?”
ripeté condiscendente,
mentre le scostava dalla fronte i capelli sudati con le punte delle
dita.
Ma
Sakura scosse di nuovo testardamente la testa, poi d'impulso
allungò
le braccia e gliele strinse forte intorno al torace, affondandogli il
viso contro. Era morbido, solido, caldo, anche da lì poteva
sentire
il suo cuore che batteva, regolare.
La
mano di Sasuke si allacciò delicatamente al suo collo e poi
le
scorse sulla nuca e sulle spalle, mentre lui si arrendeva con un
mezzo sospiro e si accucciava sul letto, per attirarla infine verso
di sé.
“Era
solo un incubo,” mormorò distrattamente, facendo
scivolare le dita
sul suo fianco fino a raggiungere l'orlo della sua camicia da notte.
Sakura
trattenne un sorriso, piegando il capo per andare a cercare le sue
labbra con le proprie. Lui le prese il volto nella mano e con
l'altro braccio le serrò la vita, per issarla su di
sé.
“Il
tuo rapporto...” sussurrò Sakura mordendogli un
labbro, mentre
chiudeva le ginocchia intorno ai fianchi di lui.
“Pazienza,”
concluse Sasuke serafico, insinuando le dita su per le sue cosce.
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