La nave solca le gelide acque vicine all'artide, la neve
ricopre d'un candido manto ogni spiaggia, ogni scoglio. La
temperatura segna meno di quarantacinque gradi sotto lo zero,
ma l'imbarcazione pare resistere ad ogni intemperia. Il vento
soffia gelido verso nord e gonfia le vele della nave come i
palloncini con cui i ragazzi giocavano al tuo villaggio. Ma
tu, Cloud, tutto questo non lo puoi vedere. Ti trovi in
prigione, la porta è chiusa con un solido e pesante lucchetto.
Guardi con occhi vuoti le numerose sbarre coperte di ruggine e
sporcizia, trentadue in tutto, le hai contate mentalmente non
riuscendo a trovare nessun altro modo con cui occupare il tuo
tempo. Tempo, quest'ultima parola ti suona strana alle
orecchie, nonostante i tuoi sforzi non riesci a ricordare da
quanto ti trovi lì dentro: settimane, mesi, forse anni o,
magari, Cloud, non sono passati altro che una decina di
minuti. Il motivo per cui ti trovi in quella prigione,
anch'esso ti sfugge, solo una parola ti rimbomba nella testa:
traditore. Scuoti il capo sperando invano che così
potrai allontanare anche quell'inquietante senso di rabbia che
ti scuote il corpo in fremiti che non riesci a controllare. I
tuoi denti battono, mordono la gelida aria senza ricavarne
nutrimento, il tuo corpo è magro e spossato, il tuo fiato, che
si disperde in nuvole di vapore, si fa via via più
pesante.
Gli occhi azzurri, unico punto lucente del tuo viso,
appaiono ora spenti, privi di luce, come se tu fossi diventato
cieco e, invece, ci vedi benissimo. Riesci a vedere quelle
maledette sbarre che sembrano decadenti ma dalle quali, quando
hai cercato di sfondarle con una spallata, ne hai ricavato
solo un livido nero bluastro che ti fa gridare di dolore ogni
volta che le onde ti sbattono contro la parete in acciaio
della cella. Riesci a vedere fuori un lunghissimo corridoio in
penombra, che, se potessi percorrere, potrebbe forse portarti
alla libertà. Riesci, infine, a vedere la sagoma di un uomo,
in fondo al lato destro del corridoio, alto e slanciato, con
lunghi capelli che gli scendono sulla schiena ed, al fianco,
una katana lunghissima, riposta nel fodero.
Pensi a quell'uomo e rimpiangi di essere ancora mentalmente
sano, il che ti permette di ricordare perfettamente i dettagli
del viso dell'uomo e della sua spada: la Masamune; ma
soprattutto ti permette di ricordare che quella persona era
stata il tuo modello ed il tuo eroe.
Senza riuscire a controllare anche per un solo secondo di
più l'ira che pervade la tua mente ed il tuo corpo, lasci che
sia il tuo istinto a dominarti. Serri la tua mano destra in un
pugno e ti fiondi con violenza verso le sbarre e verso la
parete, e continui a riempire di pugni il metallo finchè non
ti senti più la mano; la guardi e noti con preoccupante
noncuranza che le nocche sono scorticate, perdi sangue e non
riesci più a muovere la tua mano, evidentemente fratturata a
causa dei colpi auto infertoti. Le goccie di sangue che stai
perdendo bagnano il tuo arto ed il terreno di rivoli cremisi,
che scorrono, mossi dal lento ondulare della nave, fin fuori
dalle sbarre, fino a bagnare il corridoio di tracce rosse,
chiaramente tue.
Pensi di aver finalmente perso il lume della ragione quando
ne sorridi e ti compiaci che, in qualche modo, almeno una
parte di te è riuscita ad evadere, ma già il fatto che lo stai
pensando ti indica che almeno un barlume di coscienza ti è
rimasto. Guardi nuovamente i rivoli di sangue e ti viene da
vomitare, ma questa volta, ne sei sicuro, non è a causa del
mal di mare. I tuoi occhi assumono nuovamente uno sguardo
vuoto mentre ti concentri su quella piccola pozzanghera
scarlatta, lì dentro i globuli rossi coagulati ti mostrano
delle immagini grottesche che paiono visi umani. I due volti,
uno femminile ed uno maschile, ti guardano: lei implora il tuo
aiuto, lui ti guarda con disapprovazione. Chiedi perdono alla
prima figura, gridi, ti contorci sul pavimento, le chiedi
scusa per non essere stato in grado di proteggerla; poi guardi
l'altra immagine e passi il tuo sguardo da quella, alla tua
mano ed, infine, alla figura femminile, non sai che dire e
rimani imbambolato, abbassi la testa e piangi. Le due immagini
che hai visto sono quelle delle due persone più care che hai:
Tifa e Zack. Forse sei davvero impazzito, ma la tua pazzia
dura ben poco e subito ti riprendi, vedendo solo una prigione
ed una macchia di sangue.
Sospiri e ti passi le mani sulla pelle nuda in un vano
tentativo di lenire il freddo, i tuoi vestiti sono fradici e
sporchi, non ti conviene indossarli. La tua pelle viene quasi
bucata dalle ossa del tuo corpo magro, i tuoi bronchi ed i
tuoi polmoni sono pieni di catarro, la tua fronte scotta e sei
febbriccicante; eppure di tutto questo non te ne importa.
Guardi il corridoio attraverso le linee grigio marrone che
sono le sbarre, e ti chiedi quando potrai essere libero.
Il freddo e la fame sembrano avvoltoi che ti volano sulla
testa, ma tu li scacci, a fatica, con quella curiosa miscela
di disperazione e speranza.
Fuori dalla tua prigione, fuori dalla tua visuale, il
ghiaccio e la neve giocano con il sole formando strisce di
colori di rara bellezza. La landa desolata è l'unico
spettacolo della natura che l'uomo e la Shinra non riescono
ancora a contaminare, e presto sarai arrivato.
Tu, invece, lì dentro non vedi più nulla, la tua vista si è
talmente offuscata da impedirti di scorgere anche la sagoma di
quell'uomo e, in fondo, ne sei contento; almeno, adesso, puoi
fingere che non esista, che non ci sia mai stato.
Nel delirio della febbre ti tornano i ricordi, seppure poco
chiari, di quanto accaduto. Ti sforzi per metterli in ordine,
crearne una storia comprensibile; quando, finalmente, ci
riesci ti è venuto un forte mal di testa, ma hai ricavato quel
che volevi.
E' andata così, quando Sephiroth ha incendiato il tuo
paese, Zack e Tifa si sono precipitati nel reattore di Mako.
Tifa, ovviamente, non ha potuto far nulla e anche Zack, seppur
combattendo, ha fallito. Poi, sei arrivato tu, hai combattuto,
ma la tua debolezza ti ha fatto fallire, in una sconfitta che
non potevi permetterti. Loro sono vivi, ma probabilmente
saranno finiti anch'essi in galera.
L'aver ricordato quanto accaduto fa aumentare la tua
rabbia, ma sei talmente debole da non riuscire nemmeno ad
alzarti. Vomiti, tossisci e sputi sangue, speri che la signora
ammantata di nero ti venga a prendere al più presto. Poi, la
nave si ferma.
Degli uomini vestiti di nero ti vengono a prendere, una
ragazza dai capelli rossi ti sussurra che Zack l'ha fatto
scappare, chiedi con flebile voce la sorte di Tifa e ti
risponde che ci sono solo i SOLDIER traditori sulla nave. Due
uomini ti afferrano, vorresti opporre resistenza ma non ci
riesci. Essi ti trasportano fin sul ponte della nave, il
freddo, qui fuori è ancora più pungente; gemi e starnutisci. I
due uomini ti afferrano per le spalle e ti lanciano in
acqua.
Lo schianto con la superficie del mare ti fa gridare di
dolore, l'acqua è gelida e la tua mano rotta ti impedisce di
tenerti a galla. Volgi lo sguardo verso l'alto e vedi una
ragazza che non conosci, ma che altri non può essere se non
Aerith, che getta piangendo un mazzo di gigli, rose e
ciclamini nell'acqua. Guardi quel mazzo e sfiori i lisci
petali della rosa, poi senti il ghiaccio liquido entrarti nei
polmoni e sai che la tua fine è vicina, poi, improvvisamente,
apri gli occhi.
Ti trovi in un canion roccioso, fa caldo e l'aridità del
paesaggio che a malapena riesci a vedere, ti mette sete. Sei
ancora stanco, il coma da cui sei appena uscito pesa ancora
sulle tue giovani spalle, il lungo sogno che ti ha
accompagnato, ti fa quasi tremare di paura.
E' un gesto a farti riprendere dai tuoi pensieri. Una mano
calda si posa sulla tua testa e ti scompiglia i capelli biondi
con una carezza. Volgi lo sguardo rassicurato in quella
direzione, ma vedi Zack allontanarsi. Alzi la tua mano destra,
liscia e perfetta, nella sua direzione, vorresti chiedergli
dove va, gridargli di aspettarti, ma dalle tue labbra non esce
alcun suono.
Ad ogni modo, la sua carezza è riuscita a tranquillizzarti,
ti appoggi al masso che hai dietro la schiena, chiudi gli
occhi e ti addormenti.
E' il rumore degli spari che ti ha svegliato, Cloud? O è
stata forse la pioggia che bagna il tuo viso e il tuo corpo?
Cerchi di alzarti, ma le forze ti vengono meno e cadi
nuoavamente a terra, seduto, la pioggia cade incessante e il
terreno è diventato fangoso. Ti butti in avanti con le poche
forze che riesci a trovare, ti bagni di fango e di pioggia,
ora sei disteso sulla pancia e muovi le mani, facendovi forza
per arrancare.
Non sai nè il tempo nè le forze che impieghi per
raggiungere il tuo migliore amico. Lui giace in terra,
sdraiato supino, il volto striato di sangue e il petto farcito
di proiettili.
Piangi, unendo alla pioggia le tue lacrime, lui ti sorride
e ti abbraccia. Senti sul tuo viso la carne tritata dai
proiettili e la loro consistenza dura e fredda. Poi, lui ti
parla, ma tu, sconvolto, non riesci a fare altro che ripetere
le parole che egli pronuncia, senza comprenderne nemmeno una.
Alla fine la sua mano, quella che ti aveva accarezzato, si
posa ormai quasi fredda sulle tue. Tra le tue mani ha messo la
sua spada e tutto quello che per lui voleva dire; vedi i suoi
occhi chiudersi e gridi la tua rabbia ed il tuo dolore al
cielo, che muto e sordo non pare ascoltarti.
Pensi che gli incubi peggiori sono quelli che si fanno da
svegli, pensi che il fatto di aver sconfitto Sephiroth non ha
fatto altro che peggiorare le cose, pensi che avresti
preferito essere tu a morire; ora che lui non c'è più ti senti
vuoto ed inutile. Ma non ti preoccupare, Cloud, presto, molto
presto, scorderai anche tutto questo.