primo capitolo
Disclaimer:
-Shiryu, Shunrei e Camus appartengono a Masami Kurumada così
come tutti i
personaggi facenti parte di Saint Seiya.
Tuttavia Mei-Yin,
Lixue e
i personaggi non inclusi nell'opera originale sono miei (salvo
diversamente indicato).
Ovviamente
questa fic non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro
divertimento.
-La canzone che da' il titolo alla storia e che è citata
nell'intro è di Gianni Morandi.
Lady Aquaria.
˜ La
Storia mia con Te ˜
[...ma c’è una
storia che non trova pace, la
storia mia con te tra buio e luce, che vive
di ogni cosa che fai, è una storia che ci divide e poi ci
prende con sé…
La storia mia con te –
Gianni Morandi]
1.
Per te, qualcosa ancora.
Tra il lavoro, la casa e una bambina di sette anni alla
quale badare, di tempo libero Mei ne aveva poco.
Molto poco.
Appoggiata pigramente al davanzale, si godeva una tazza
di oolong e il silenzio –raro, in quella casa- dei minuti
immediatamente prima
di cena. Momenti rari, quindi preziosi,
quando poteva rimanere sola con sé stessa, quando poteva pensare un po’ senza il
cicaleccio tipico di una
famiglia, e tirare un sospiro di sollievo:
di solito a quell'ora , Shiryu doveva ancora tornare dai campi, dove
amava
tenersi in forma nei pomeriggi dopo gli studi universitari, e Lixue si
faceva il
bagno reduce dalla scuola materna e i giochi. Shunrei, invece, la
maggior parte
del tempo lo trascorreva in giardino, a vegliare
su Shiryu. Anche su di lei gli avvenimenti accaduti sei anni prima
avevano
avuto un brutto effetto: la costante preoccupazione per Shiryu non solo
non si
era placata, era persino aumentata.
"Shiryu! E' tardi, non dovresti rientrare?" la
sentì. Appunto.
C'erano giorni in cui non aveva quasi tempo per
respirare, giorni in cui rimpiangeva quei lunghi nove mesi di
gestazione nei
quali anche Shiryu stranamente si
era
rimboccato le maniche e aveva collaborato al ménage
familiare, quando le aveva
vietato anche solo di alzarsi dal letto –salvo poi tornare a salvare il mondo come sempre, -a suo
avviso una mera scusa per non alzare un dito-:
"Per tutti gli Dèi, Shiryu sono
solo incinta, non sono moribonda!"
"Aspetti un
bambino!"
"Ma sai che
non ci avevo fatto caso?" aveva protestato, e più
di una volta, non
essendo abituata a essere servita e trattata come una bambolina di
vetro, men
che meno dal fratello minore.
"Non puoi fare
sforzi!" aggiungeva di solito Shunrei, spalleggiando Shiryu.
"…ma…volevo
solo farmi un tè!"
"Non fare di
testa tua, siediti e lascia fare a noi."
Lasciare la casa in mano a due ragazzini per tutto quel
tempo era stata una pessima idea, e Mei se n'era accorta troppo tardi.
Quella parentesi era comunque durata troppo poco, ed era
tornata ad occuparsi di tutto non appena si era ripresa dal parto.
"Vado a chiamare Shiryu." la distrasse Shunrei,
lasciando gli attrezzi da giardinaggio a terra.
A proposito di Shiryu.
A ripensarci, aveva il lavoro, la casa, la figlia e due piccioncini
cui badare: da quando il
fratello era tornato dalla guerra contro Hades, i due ragazzi facevano
un
tutt'uno, non si separavano quasi mai.
Non c'erano più Shiryu e Shunrei, due entità
separate,
c'era Shirei.
"Fate con calma, la cena non è ancora pronta." le
disse, controllando l'ora e corrugando la fronte: aveva perso tempo,
doveva
ancora asciugare Lixue e vestirla per la notte.
Lixue intravide Shunrei e Shiryu tornare in casa,
abbracciati e sorridenti.
"Mamma, perché zio e zia sono strani?"
Alzò lo sguardo sulla figlia, mentre le abbottonava la
casacca del pigiama.
"Strani?" ripeté. "Cosa vuoi dire?"
D'accordo, Shunrei e Shiryu non erano proprio due zii
come tanti, ma non erano così strani. Non troppo, almeno.
"La zia lo è, guarda zio in un modo strano."
Lixue le indicò i due con un cenno.
Sì, capiva bene che cosa intendeva sua figlia, conosceva
lo sguardo col quale Shunrei guardava suo fratello.
"Sono strani perché sono innamorati." rispose
Mei.
"E cosa vuol dire?"
Le appuntò i capelli con il suo fermacapelli preferito,
uno spillone intarsiato a motivi di farfalle che Camus le aveva portato
da uno
degli innumerevoli viaggi per conto del Grande Sacerdote, e
sospirò.
"Vuol dire che si vogliono tanto bene." rispose.
"Vuol dire che non possono fare a meno l'una dell'altro."
"Anche tu e papà?"
"…sì."
disse Mei-Yin.
Voler bene era
riduttivo, però.
"Come gli zii?" la distrasse Lixue.
"Non proprio. Ci sono diversi modi per volersi bene,
tesoro, e io e tuo padre…" tentò di spiegarle,
non sapendo come spiegare a
sua figlia qualcosa che non riusciva a spiegarsi nemmeno lei. Le
infilò le
calze antiscivolo quindi aiutandola a scendere dal piano del bagno. Non
era
proprio necessario farle capire che lei e suo padre avevano condiviso
qualcosa
di molto bello, ma che era terminato bruscamente, e che la loro
famiglia non
era esattamente come quelle delle riviste patinate, perfette e senza
problemi.
Lixue la guardò per un tempo che le parve infinito; di
sottecchi
Mei si accorse dello sguardo.
Sua figlia aveva inclinato la testa di lato e continuava
a guardarla con occhi curiosi, con lo stesso sguardo penetrante di suo
padre… ma
stava anche pensando, e a Mei la
cosa, in quel momento, non piaceva particolarmente. Da quando Lixue
frequentava
la scuola, più di una volta era scesa in argomenti che lei
non voleva e non
poteva affrontare.
Si ritrovò quindi a sperare che la figlia non andasse a
parare su un certo argomento. Per
quello, se lo sentiva, non era ancora pronta.
"Ma allora, se non vi volete bene, io come sono
nata?"
Appunto.
"Volevo un
figlio, ma senza troppi coinvolgimenti sentimentali. Tuo padre faceva
al caso
mio e…puff! Eccoti!"
No. Certo non poteva risponderle così, anche
perché non
era affatto vero.
Esortò Lixue a sedersi a tavola, schiarendosi la voce.
"Non è proprio vero, io e papà ci vogliamo ancora
bene…"
"Devi sapere, Lixue, che i bambini non nascono sotto
i cavoli …" interloquì Shiryu che aveva seguito
l'ultimo scambio di
battute fermo sulla porta della cucina. "… e
altresì, non li porta la
cicogna."
Mei trasse un lungo sospiro.
"Shiryu…" l'ammonì. Ci mancava solo che fosse
suo fratello a spiegare a sua figlia le origini della sua nascita.
"Non inizierai con la storia dell'ape e del fiore,
vero? Era una storia poco credibile già ai tempi di Dokho."
disse Shiryu. "Non
ci crede più nessuno, figurati se ci casca Lixue."
Anche fosse, non erano affari suoi.
"Fossi Dokho, ti fulminerei sul posto."disse
Mei, schiarendosi la voce e sperando vivamente che Shiryu si decidesse
a
tacere.
"Hahaha, non può. Vive ad Atene." ribatté
Shiryu.
"E bè, ti invierei un Rozanhyakuryūha
via intercontinentale."
replicò
Mei. "Ne meriteresti uno."
Distratta dalle parole degli adulti, Lixue lasciò cadere
l'argomento, ma si sa, i bambini hanno un'ottima memoria, e Mei sapeva
benissimo che prima o poi sarebbe tornata sulla questione; come il
padre, era
nella sua natura insistere, trovare le risposte a quel che cercava in
un modo o
nell'altro.
Dopo cena, infilò i piatti nel lavello e mise Lixue a
letto.
"Wănān."
sorrise, rimboccandole le lenzuola.
Era arrivata alla porta, quando Lixue la chiamò indietro.
"Mamma…?"
"Sì?" rispose, fermandosi.
"Allora tu e papà vi volete ancora bene, o no? "
Socchiuse gli occhi.
Oh accidenti, ecco il discorso di quella sera, anche se
sapeva benissimo che non se la sarebbe cavata con poco.
Si sedette sulla sponda del letto, carezzandole i
capelli.
"Tesoro… le faccende dei grandi sono tanto difficili
…" iniziò, non sapendo come spiegare. Tra lei e
Camus erano state decisamente
difficili.
"… e quindi? " continuò Lixue, pressante.
"Perché
non potete stare insieme come i genitori dei miei compagni? Non vuoi
più
papà?"
Sospirò, sedendosi più comodamente.
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso
di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto;
anche se a sé stessa
lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo." iniziò,
cercando le parole più adatte. "Amare, Lixue, capisci?
È qualcosa di molto
più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne
a rivolgere fredde parole cariche di rancore all'altro. Un sentimento
così
intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono,
tanto
potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva
proposto di
abortire.
"Molto forte." rispose. "Non puoi capire
quanto, sei ancora piccola."
"Tanto forte da farmi nascere?"
Mei si schiarì la voce.
"Sì… tanto forte da farti nascere." rispose.
"Lixue,
è tardi, dormi ora."
Spense la luce e uscì dalla stanza.
Troppe domande, accidenti, troppi ricordi risvegliati di
colpo.
"Tutto bene?"
Sobbalzò spaventata, trovandosi Shiryu di fronte.
"Stavo meglio prima!" sbottò, accendendo la
luce del corridoio. "Santi numi, la smetti di comparirmi alle spalle o
no?"
"Qualcosa non va con Lixue?" domandò Shiryu,
dopo aver ridacchiato.
No, andava tutto bene, se si escludeva la mancanza che
Lixue avvertiva nei confronti di suo padre e i ricordi che
ciò aveva
risvegliato in lei.
"A parte la mancanza di suo padre, va tutto
bene." rispose, asciutta. "Tutto bene."
Shiryu sbuffò, levando gli occhi al cielo.
"Ancora con questa storia, Mei?"
"Lasciami passare."
"Non ne avevamo già parlato?"
"Lasciami passare, non te lo chiederò ancora."
replicò,
scocciata. Camus era un nervo scoperto, parlare di lui, soprattutto il
modo in
cui Shiryu ne parlava, le faceva male.
Shiryu alzò le mani in segno di resa.
"Non ti sopporto più, credimi. Ogni volta sempre la
stessa storia!"
"Avevamo già affrontato l'argomento Camus,
ricordi?"
"Sì? Non direi." replicò Mei, mentre il
fratello incrociava le braccia sul petto.
"Non voglio vedere Camus qui." disse Shiryu,
facendola bloccare sulla porta della sua stanza.
"Ah ma davvero? Sai che non sei tu a decidere qua
dentro, e soprattutto non sei tu a decidere se mia figlia
può vedere o no suo
padre?" sibilò Mei.
"Non farmi perdere la pazienza, Mei, fino a prova
contraria sono io l'uomo di casa."
"Sì? Non farmi ridere. L'unico che può definirsi uomo qui è il Maestro, non tu.
Fila a
dormire, hai già detto abbastanza sciocchezze per
oggi."replicò,
chiudendosi la porta della sua stanza alle spalle.
*
Atene, cinque ore indietro.
Camus posò la brocca del caffè, corrugando la
fronte nel
sentire il tipico rumore del vibracall del suo cellulare e chiedendosi
dove
accidenti l'avesse messo.
"Prova a guardare accanto alla tv." suggerì
Milo, bussando alla porta che separava gli appartamenti privati dal
resto del
tempio.
"Uhm… ottima idea." replicò, trovando il
telefonino dove aveva suggerito l'amico.
"Hehe, visto? Ti conosco troppo bene." ridacchiò
Milo. "Problemi?"
Camus corrugò la fronte, guardando il display.
"… è Mei." sussurrò, posando la tazza
sul
tavolino.
"Oh."
sorrise Milo. "Rispondi no?"
Chissà perché lo stava chiamando, non capitava
spesso.
Era forse successo qualcosa a Lixue?
"… Mei?" rispose, cauto.
Dall'altra parte, un attimo di silenzio.
"Papà?"
*
Non parlò a Shiryu per tutto il giorno, l'amarezza e la
rabbia era troppa, e non era affatto capace di dissimulare
ciò che sentiva: aveva
un carattere atroce forse, ma non riusciva a tenersi tutto dentro.
Chi si credeva di essere Shiryu, per parlarle a quel
modo? Ma ancora peggio, per credersi in diritto di poter decidere della
vita di
sua figlia?
Lixue aveva bisogno di suo padre allo stesso modo in cui Camus aveva
bisogno di
lei, non potevano fare a meno l'uno dell'altra, il loro legame era
molto forte.
Già lo sapeva, ma ne ebbe conferma quando, il pomeriggio
dopo, Camus apparve in cucina grazie al teletrasporto.
"Mei." s'annunciò Camus.
Fece un balzo, spargendo zucchero sul ripiano della
cucina.
"Per tutti gli Dei, Camus, che ci fai qui?" esclamò
Mei, girandosi mentre la solita strana sensazione che l'assaliva ogni
volta che
le era vicino si ripresentava. "Non ti aspettavo così
presto!"
Di solito quando arrivava, l'avvertiva per tempo.
"Tu mi aspettavi?!" fece Camus, inarcando un
sopracciglio.
Mei si girò di nuovo, per posare il barattolo e per
nascondere il rossore.
"No." rispose, frettolosa. Se lui era lì, era
per Lixue, non certo per lei.
"Bugiarda." le sussurrò, improvvisamente troppo
vicino.
Non gli permetteva di darle della bugiarda, né di
definirla in alcun altro modo.
Chi, tra loro due, aveva deciso di troncare sul nascere
qualsiasi cosa stesse nascendo tra loro? Chi aveva deciso che no, non possiamo stare insieme, sono un
cavaliere d'oro…?
Nonostante avesse da tempo perdonato Camus per quello,
sapeva che non avrebbe mai dimenticato quei momenti.
"Oh, sta' zitto." replicò, indispettita. "Bugiarda
io? Non ti permettere, non ho mai nascosto ciò che provo nei
tuoi
confronti."
Camus sorrise appena, per l'unica donna che era entrata
nella sua corazza di ghiaccio, Lixue a parte: era vero, non gli aveva
mai
nascosto nulla, tante volte Mei aveva provato a parlargli e s'era
interrotta
prima di dire qualunque cosa.
"Lo so." rispose, facendosi di colpo serio. "Lo
so bene perché è la stessa cosa per me. Sono qui
anche per questo."
Che cosa intendeva dire??!
Chiuse il rubinetto, voltandosi interrogativa.
"Come, scusa?"
"Papà!"
Mei sobbalzò, non sapeva se per via di Camus o
dell'interruzione improvvisa di sua figlia.
Lixue saltò in mezzo alla stanza con le braccia
spalancate, aspettando l'abbraccio del papà, che non si fece
attendere.
"Salut,
ma petite. Ça va?"
Mei ascoltò padre e figlia parlare tra loro, in francese
-non era gelosa, era un bene, per lei, che parlasse anche la lingua di
suo
padre- Lixue che spiegava in dettaglio tutta la sua giornata scolastica
e,
soprattutto, che aveva imparato a leggere e scrivere nuovi ideogrammi,
mentre
Camus l'ascoltava con attenzione.
"Posso farteli vedere?"
Camus le posò un bacio in fronte, mentre gli occhi gli
luccicavano, quindi annuì.
"Certo." annuì. "Frequenta ancora la
solita scuola?" domandò poi, quando la bambina si
assentò un attimo per
andare a prendere il quaderno con i compiti di cinese.
Mei gli mise davanti la tazza di caffè.
"La solita scuola materna, a Pechino." rispose.
"Sì. Dista solo quaranta minuti di auto da qui, e Shiryu
l'accompagna e la
riporta a casa ogni giorno, quando lui va e torna dalla
facoltà."
Camus sorseggiò il suo caffè.
"Shiryu frequenta l'università? Davvero?!"
commentò
Camus, piccato. "Non l'avrei mai detto."
Mei socchiuse gli occhi.
"Va bene. Battuta stupida." concesse lui. "Mi
spiace."
"Ah-hem … filosofia. All'Università di
Pechino." aggiunse Mei.
Gli sfuggì una risatina ironica. Shiryu era sempre stato il
più saccente tra i Bronze Saint, quello che più
si soddisfaceva sciorinando
frasi di Sun Tzu, Confucio o le parole di Dohko.
Aveva di sicuro trovato la sua strada ideale.
"Che c'è da ridere?!" domandò Mei.
"Ehm … nulla, davvero." rispose, ricomponendosi.
Si riavviò i capelli, tentando di darsi un contegno. "Mi
sembra la scelta
più ovvia per tuo fratello."
"Ah, di sicuro." annuì Mei. "Insieme alla
squadra di arti marziali dell'ateneo. Già si credeva Bruce
Lee, da quando
gareggia si crede un Dio del karate. Comunque … che cosa
intendevi, poco
fa?"
Uh, allora l'aveva incuriosita.
Si rialzò, sorridendo, e si appoggiò al piano
cucina, poco distante da lei.
"Riguarda noi, e per la precisione, noi tre. Visto
che la guerra contro Hades è finita da un bel pezzo e che
Atena e Dokho non
prevedono altre guerre per i prossimi anni, ho deciso di tornare a
Parigi." annunciò.
Mei fece per rispondere, ma Lixue irruppe nella stanza
brandendo un quaderno, interrompendo i due.
"Visto, papà? Guarda!"
Camus si lasciò prendere per mano dalla figlia, che lo
scortò al divano.
"Riguarda noi tre?!" ripeté Mei, corrugando la
fronte.
"Une minute,
chérie. Mei, vorrei che tu e Lixue veniste a
Parigi con me."
***
Lady Aquaria's corner.
(Ri-ricontrollato il 18 settembre 2014)
Finora non l'ho mai specificato, ma essendomi tramutata
da lettrice a autrice/lettrice da poco, devo ancora capire bene come
funziona
la cosa....a parte questo…
Ebbene sì. È successo. Camus è OOC.
[schiva per un pelo
un'Aurora Execution] e credo che sarà OOC per tutta la
durata della fic. (e io
ti tumulerò nel ghiaccio, prima o poi… Nd.Camus
Massì, tanto mi vuoi bene lo stesso… n.d Lady
Aquaria)
Poi…essendo trascorsi anni dal diploma, nonostante debba
essere esperta di bambini dato il mio titolo di studi, non ricordo
perfettamente le varie tappe delle età
evolutive…perciò spero di non aver dato
a Lixue comportamenti troppo in là per i suoi sette anni.
-Rozanhyakuryūha, o Colpo dei Cento Draghi Nascenti, tecnica
di Dokho.
P.S. Non volevo cancellare le
vecchie postille, quindi avverto qui che i capitoli sono in fase di
riscrittura. Questo capitolo, invero, era stato pubblicato la prima
volta in
data 3 aprile 2011, e a distanza di un anno e più, ho deciso
di ampliarla e correggerla. Spero
vi
piaccia! :)
Vale^^
Edit aggiunto il
10 febbraio 2016: dopo un incredibile
pastrocchio col titolo, causato da problemini vari, il titolo
è tornato il suo originale :D
Lady Aquaria
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