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Questo capitolo è dedicato a tutti coloro che hanno
seguito questa storia, incoraggiandomi sempre a continuare a scrivere con le
loro recensioni. Il vostro supporto, i vostri commenti, sono stati molto
importanti per me. Grazie di cuore.
29. Epilogue.
Buio. Voci lontane, rumori
confusi. Freddo nel corpo, che perpetrava nelle ossa indolenzite, gelo
nell’anima che l’avvolgeva e feriva con le sue spire, lasciandola vuota e
sofferente. Nessun ricordo. Solo dolorosa consapevolezza, sconosciuto male. E un
solo nome…il suo.
Shinichi
Aprire gli occhi con paura,
sotto quel cielo senza stelle che sapeva di nero e di solitudine. Non muoversi,
non comprendendone il motivo, quasi come un animaletto spaurito catturato da un
cacciatore, immobile nel timore di nessun futuro. Guardare, senza aspettarsi
nulla, ma con quella flebile fiducia che aveva sempre albergato dentro di lei, e
che sempre si era ribellata, feroce, e aveva morso e sbranato e l’aveva
lasciata sofferente e sola.
Anche stavolta.
Nessuno a vegliare il suo
risveglio in quel luogo ostile e gelido. Sola. Sulla sua bocca il calore
donatole da un bacio si stava dissipando, raffreddando le sue labbra. Nella sua
memoria, tre parole:
Ti amo, Ran
Vuote e senza senso. Mai
pronunciate. Frutto acerbo di una pianta mai sbocciata. Illusione del suo cuore.
Nella sua mente, un solo
pensiero, angoscia reale: Shinichi, perché mi fai questo?
Calde perle brucianti sulle sue
ciglia, scie di lacrime sulle guance. Voragine nel suo petto, martoriato e
stanco.
Dentro di sé, solitudine e
abbandono.
Sul suo viso, delicatamente la
sfiorò una mano. Asciugò le lacrime. Il suo sguardo la seguì, e si perse nel blu
di due oceani caldi e confortanti. Di un viso conosciuto. Di un familiare
sorriso disarmante.
“Non piangere, Ran” sussurro
carico di dolcezza. “Tu sai qual è la verità.”
In quel momento, si accorse che
era vero.
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La luce si diffondeva nella stanza filtrando attraverso i
vetri spessi della finestra, riscaldando la stanza di un tenero tepore; quella
era una delle poche giornate calde che quell’inverno stava regalando alla città
di Tokyo, e il sole di mezzogiorno brillava luminoso.
Heiji fissava assorto il pezzettino di cielo azzurro che
riusciva a scorgere dal letto dell’ospedale, nel cuore una sensazione di calma
sonnolenta, ma anche un po’ di malanimo per non poter essere là fuori a godersi
quella rara giornata di sole.
Magari con lei.
Sospirò lievemente, lisciando il
copriletto blu di lino: le ferite che quel criminale gli aveva provocato lo
avevano costretto a rimanere a Tokyo, poiché nelle sue condizioni un viaggio
fino a Osaka sarebbe stato ‘rischioso e imprudente’, a dire del medico. Beh,
Heiji da parte sua era sicuro che se il dottor Sozuma fosse diventato il miglior
amico di un certo Shinichi Kudo, avrebbe rivalutato il suo concetto di
‘rischioso’ e ‘imprudente’.
Proprio in quel momento, udì un
leggero bussare alla porta di legno bianco, e il ragazzo in questione, o almeno
la sua versione tascabile, entrò nella stanza, quasi si fosse sentito chiamare
nei suoi pensieri, seguito da una radiosa Mouri-kun in maglietta a maniche
lunghe bianca e minigonna bordeaux con in braccio un mazzo di variopinti fiori
di campo, e da un seccato investigatore con le mani in tasca.
“Ciao!” Esordì la ragazza,
fermandosi vicino al bordo del letto e porgendogli i fiori. Kudo gli fece un
lieve cenno di saluto con la mano, gli occhi socchiusi nella tipica espressione
annoiata che assumeva ogni volta che non c’erano misteri irrisolti su cui far
luce, o anche quando non era occupato a contemplare con lo sguardo la sua
adorata amica d’infanzia.
“Come ti senti oggi?”
“Sicuramente meglio di ieri, e
peggio di domani.” Rispose lui noncurante. Avrebbe anche scrollato le spalle, se
non fosse stato per il dolore pulsante che provava ogni volta che le muoveva.
Incredibile quanti danni provocasse un piccolo pezzo di piombo.
Ran gli sorrise:
“Kazuha mi ha raccontato tutto.
Sei stato molto coraggioso!”
Il piccolo detective lanciò uno
sguardo alla sua amica d’infanzia, con un cipiglio geloso e scocciato, ma non
disse nulla, appoggiando le braccia incrociate sul copriletto e posandovi sopra
il mento.
Heiji aveva sentito il calore
salirgli alle guance senza che potesse far nulla per fermarlo. Non che fosse a
causa di Mouri-kun - e Kudo poteva anche piantarla di fissarlo con gli occhi che
mandavano lampi-, certo, gli faceva piacere che lei gli facesse un complimento,
ma…non era il punto della questione. Almeno non per lui.
“Lei ti ha detto questo?”
domandò, e chissà per quale motivo la voce gli uscì più acuta del solito, mentre
il cuore gli martellava la cassa toracica.
Il sorriso della ragazza di
Tokyo si trasformò da cordiale in soddisfatto, con una lieve sfumatura da ‘Ah
quanto la so lunga’, e rispose: “Sì.” aspettando che il rossore sulle guance di
lui si intensificasse –cavolo, poteva sentirle bruciare- prima di
continuare:
“È dovuta tornare a Osaka. Suo
padre era preoccupatissimo, quando ha saputo cosa le era capitato!”
“E infuriato.” borbottò Kogoro a
bassa voce, facendo intendere a chi fosse toccato l’onere di informarlo.
“Comunque, Kazuha-chan era molto
di spiaciuta di non poter rimanere qui con te. Avresti dovuto vederla l’altra
notte, è stata sveglia per tutto il tempo che sei stato in sala operatoria! Era
così in ansia!”
Lui annuì, guardandosi le mani.
Non poteva mentire a se stesso: avrebbe voluto che lei fosse lì, al suo fianco,
e capiva bene Toyama-san: anche lui avrebbe voluto assicurarsi che stesse bene,
averla vicina, dopo aver saputo che un tesoro così prezioso aveva corso dei
gravi pericoli. Avrebbe tanto desiderato vederla vicino al letto, magari con la
gonna a pieghe della divisa scolastica che le accarezzava le cosce, la maglietta
che le scopriva la pancia ogni volta che alzava le braccia, i capelli che
ciondolavano dietro il collo ad ogni movimento, gli occhi verdi intensi su di
lui, quel sorriso radioso che le illuminava il viso…
Mouri-kun si mosse per sollevare
un vaso di ceramica lungo e snello che si trovava sul comodino accanto al suo
letto; lo osservò per qualche istante, poi si rivolse di nuovo a lui, gentile:
“Vado a riempire il vaso
d’acqua, così ci metto dentro i fiori.” Si voltò con un sorriso tenero verso il
padre: “Mi accompagni, papà? Resterà Conan a far compagnia ad Hattori-kun”.
Quando entrambi i Mouri furono
svaniti dalla stanza, Kudo cominciò, con tono distaccato e senza guardarlo:
“Mi dispiace che tu sia finito
qui. Non volevo che accadesse. Avremmo dovuto restare uniti.”
Ecco, il solito Kudo: si sentiva
in colpa per quello che gli era capitato, ma mai e poi mai avrebbe mostrato un
briciolo di emotività, davanti a lui. Razza di idiota, pensò con affetto.
“Lascia stare. Rischi del
mestiere.” Disse leggero, scrollando le spalle e provocandosi una fitta
lancinante di dolore che gli fece strizzare gli occhi. Accidenti.
“Non dovresti farlo.” Commentò
il detective dell’est, saccente, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Wow, Kudo, hai mai pensato di
iscriverti a medicina? Con questi pareri illustri!”
“Ah ah” commentò annoiato lui,
socchiudendo gli occhi e sedendosi sul letto con un balzo, per poi fissare con
amara rassegnazione e un sospiro i propri piedi che non toccavano terra.
“Risultati della nostra
avventura notturna di due sere fa?” chiese Heiji, con tono più professionale. La
postura del suo migliore amico cambiò, quasi si stesse mettendo sull’attenti, e
i suoi occhi blu luccicarono.
“La polizia è riuscita a
catturare uno degli Uomini in Nero. Corrisponde esattamente alla descrizione
fornita alle autorità dalla tua amica, perciò è di sicuro il tizio che vi ha
aggrediti.”
“È stato catturato!? Magnifico!”
Esultò Heiji, soddisfatto. Certo, avrebbe preferito mettere lui le mani su quel
maniaco, dopo quello che aveva fatto a lui e Kazuha, ma sapeva accontentarsi. Si
crogiolò per un attimo nel pensiero di quel bastardo dietro le sbarre, prima che
la voce fredda di Kudo lo riportasse bruscamente alla realtà.
“Non così in fretta, amico”.
Quando lui gli lanciò uno
sguardo interrogativo, il piccolo detective lo ignorò e proseguì come se niente
fosse con la sua esposizione dei fatti:
“Il suo nome era Tehi Tomaki.
Nel 1998 fu arrestato a Kyoto per reati di violenza su minori e pedofilia. La
giuria non poté condannarlo: le prove della sua colpevolezza scomparvero
misteriosamente, molti dei testimoni furono trovati morti e altri rifiutarono di
comparire in tribunale. Tehi fu rilasciato.
“Al momento dell’arresto, il suo
reddito a stento superava quello degli indigenti. Viveva in una catapecchia
fuori città, in condizioni pietose: c’erano scarafaggi e cimici ovunque,
tubature arrugginite, niente acqua corrente. Attualmente, alloggiava in una
suite di un albergo a cinque stelle, a 10 mila yen al giorno, trangugiando pasti
principeschi innaffiati di vini pregiati.”
Kudo sorrise, senza allegria,
rivolgendosi a lui sempre con la stessa scintilla negli occhi:
“Secondo te, com’è possibile? Ha
vinto alla lotteria?”
Heiji comprese senza difficoltà
dove voleva arrivare il detective dell’est. Gli rispose con un identico sorriso
carico di amarezza e rassegnazione.
“Certo. Una lotteria chiamata
l’Organizzazione”.
Il ragazzo di Tokyo annuì.
“L’hanno fatto uscire, in cambio
lui è entrato a far parte della loro grande famiglia, alternando ai suoi
passatempi” Kudo storse il naso, disgustato “qualche lavoretto per loro.
Fino a ieri.”
“Quando è stato preso?” domandò
Heiji, fiducioso.
“Quando è stato ucciso.”
Rettificò l’amico con voce piatta.
“Ma tu avevi detto che…”
“Infatti. La polizia l’ha
arrestato. Era ferito, non mortalmente, ma privo di conoscenza. Ieri notte, lui
e i due poliziotti che lo sorvegliavano, sono stati uccisi.”
Kudo s’incupì, abbassando gli
occhi.
“Bastardi!” Imprecò Heiji, con
voce sorda.
“Ora sappiamo che
l’Organizzazione non concede seconde possibilità. Se fallisci…addio suite, addio
caviale e addio vita.”
Sospirarono, all’unisono.
“Così, sfuma anche la
possibilità di interrogarlo sull’Organizzazione.” Disse Heiji, prendendo atto
della situazione, un sapore acido in bocca.
“Nessuna possibilità di
rintracciare il killer che lo ha fatto fuori?”
“Non credo.” Sospirò Kudo.
L’Organizzazione era abile a coprire le tracce. Probabilmente il suddetto
assassino era già stato messo a tacere per sempre.
“Lo immaginavo” ammise il
detective dell’ovest rassegnato, guardando di nuovo il pezzo di cielo azzurro
fuori dalla finestra. Possibile che in una giornata così bella e calda sentisse
tanto freddo dentro di sé?
“Altre buone notizie, Kudo?”
Domandò ironico, sperando
intensamente in una risposta negativa. Quando lo sguardo del suo interlocutore
si posò su di lui, attraverso le lenti degli occhiali di Conan Edogawa, Heiji
riconobbe gli occhi blu dell’amico, profondi e imperscrutabili come le acque del
Pacifico.
“No, nient’altro.”
Kudo esitò solo una frazione di
secondo nel parlare, un istante così breve che sarebbe sfuggito a chiunque. Beh,
chiunque tranne Heiji.
“Okay” annuì “Adesso dimmi la
verità.”
Il detective di Tokyo si
rabbuiò, assumendo un cipiglio seccato e infastidito che per un momento lo fece
sembrare davvero un bimbetto di sette anni imbronciato. Però, dietro
quell’espressione, Heiji scorse qualcos’altro, o almeno così credette. Difficile
dirlo con sicurezza, quando si trattava di Shinichi Kudo.
Quel qualcosa era…sollievo.
Sbuffò e si voltò, le lenti
degli occhiali che brillavano di luce riflessa, rendendo impossibile la vista
dei suoi occhi.
“Gin sa che Shinichi Kudo è
vivo. Sa del mio legame con Ai, o meglio, con Sherry. E anche…” Deglutì con
sforzo, come se avesse un sasso in gola che gli impediva di parlare “…del mio
rapporto con Ran. Capirà sicuramente che sono stato io a salvarla, quando
l’hanno catturata giorni fa.”
“Oh.” Heiji non riuscì a dire
altro, ancora impegnato ad assorbire la notizia e le sue terrificanti
conseguenze. Nulla sarebbe stato più come prima: il rischio era infinitamente
più alto, per tutti loro. Gin avrebbe cercato Kudo. Non trovandolo, non si
sarebbe fatto scrupolo di usare le persone che gli erano vicine per attirarlo,
ben consapevole che, con lui, avrebbe preso anche Sherry. Due piccioni con una
fava, niente male.
“Ma forse non sa di te.”
Aggiunse Kudo, a bassa voce.
Heiji lo guardò sgranando gli occhi: “Cosa?”
“Eri con me nella retata, è
vero; ma tu sei un detective, e non è la prima volta che vieni a Tokyo per un
caso. Conosci Megure e Kogoro. Non è detto che Gin concluda che sai qualcosa di
importante su di me, o che tu possa essergli utile in qualche modo. Se ti tiri
indietro adesso…”
Heiji sbuffò sonoramente,
esasperato, roteando gli occhi.
“Quante volte dovremo fare
questo discorso, Kudo?”
Lui aggrottò la fronte,
infervorandosi:
“Tu non capisci! Ora è tutto
diverso. Non è uno scherzo, Hattori!! L’Organizzazione è-“
“Potente, invincibile, diversa
da tutti gli altri criminali e bla, bla, bla…” lo interruppe Heiji, socchiudendo
gli occhi. “Lo so. Capisco tutto. Ma non lascerò perdere, e ti sarei
riconoscente se la smettessi di ripetermi sempre le stesse cose. Se tu fossi
davvero un bravo detective, ormai avresti dovuto capire che in nessun caso ti
lascerò solo in questa impresa. Per un’ottima ragione.”
“E quale sarebbe?” Chiese Kudo,
ancora visibilmente seccato, inarcando un sopracciglio.
“È semplice” affermò lui,
sorridendo “Tu saresti perduto senza di me”.
Kudo lo fissò in silenzio,
allibito. Poi sorrise a sua volta.
“L’importante è crederci,
Hattori.” Mormorò, scendendo giù dal letto, e prima che Heiji potesse replicare
la porta si aprì, e Mouri-kun entrò portando il vaso, da cui ora spuntavano
sgargianti gli splendidi fiori di campo.
Gli fecero compagnia ancora per
un po’. Dopodiché, lo salutarono più o meno calorosamente e lo lasciarono solo
nella stanza. Però, prima che se ne andassero, Heiji si accorse di una fugace
occhiata che il suo migliore amico gli scoccò da sopra la spalla, un momento
prima di scomparire dietro il legno bianco della porta.
Un’occhiata che lo fece
sorridere, benevolo, mentre si lasciava andare soddisfatto contro il cuscino, e
che lo costrinse a rispondere:
“Di niente, Kudo”.
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Aveva sempre pensato che, molti
dei programmi trasmessi dalla televisione, fossero la prova schiacciante del
ritardo mentale di molti dei suoi compatrioti giapponesi. Al momento si stava
‘dilettando’ con uno stupido reality show, in cui delle persone, apparentemente
in pieno possesso delle loro facoltà mentali, avevano deciso di trascorrere
cento giorni della loro vita rinchiusi in una casa, mentre settimanalmente
venivano sottoposti a varie prove e alle decisioni del pubblico.
A lei facevano venire in mente i
topi che usava nei laboratori dell’Organizzazione.
La cosa divertente era che
quelli, considerati comunemente bestie inferiori all’uomo per intelligenza,
erano stati costretti a fare da cavie, e non c’era giorno in cui non cercassero
di ribellarsi. Questi grandi uomini invece si sottoponevano a migliaia di
selezioni per entrare in gabbia a farsi torturare e deridere. Sciocchi. Le
facevano pena.
La sua attenzione fu spostata
dalla tv alla porta d’ingresso quando la sentì aprirsi. Prevedibilmente, fece la
sua entrata Shinichi Kudo, ora tornato Conan Edogawa, con un pacchetto
sottobraccio, avvolto in carta marrone. Spense il televisore.
“Ti aspettavo.” Disse con voce
incolore. Lui si stupì, ed inarcò le sopracciglia:
“Davvero?”
Stupido Kudo con la sua eterna
convinzione di essere un mistero imperscrutabile. In realtà, era più prevedibile
delle fasi lunari, almeno per lei. Sorrise sardonica pensando che probabilmente
aveva sviluppato quella certezza crescendo a contatto con Ran Mouri, Miss
Cecità.
Accorgendosi del suo sorriso,
lui la scrutò attentamente, corrugando la fronte mentre si avvicinava al letto
su cui giaceva, nella stanza che divideva con il dottor Agasa; come al solito,
il tentativo di intuire i suoi pensieri andò a vuoto e il detective sospirò,
lievemente seccato.
“Sei proprio strana, sai.”
Lei alzò cautamente le spalle.
Il foro che le aveva fatto il proiettile di Vermouth le doleva moltissimo,
nonostante i medicinali che il suo amorevole nonnino le somministrava con zelo.
Si riteneva più che fortunata ad essere sopravvissuta: la donna aveva una mira
infallibile, a quanto ne sapeva. Probabilmente era stata colpa del buio, o della
lontananza, o del fatto che Kudo fosse sulla traiettoria e lei avesse cercato di
non colpirlo. In ogni caso, la pallottola non aveva forato il cuore, e sebbene
avesse perso molto sangue, l’intervento dei medici l’aveva salvata. Agasa poi
aveva insistito con l’ospedale per farla dimettere al più presto, temendo che
gli Uomini in Nero risalissero a lei tramite la sua storia clinica e scoprissero
la sua doppia identità, e così eccola lì, in casa, sdraiata davanti al
televisore che il dottore aveva messo apposta nella stanza per intrattenerla.
“Come va la ferita?” chiese lui,
fissando il punto in cui era stata colpita, e Ai si accorse che era veramente
preoccupato: i suoi occhi erano velati, lo sguardo cupo, le labbra strette.
Questa considerazione le fece provare una particolare sensazione all’altezza del
petto, che di sicuro non era prodotta dalla lesione, e che si affrettò a
scacciare.
“Non è mortale. Guarirò.” Si
limitò a dire, indifferente. “Ma ti sarei grata se smettessi di fissarmi il
seno, Kudo.” Aggiunse con casualità, e lo vide sgranare gli occhi e diventare
color porpora.
“AI!! M-ma che t-ti viene in
mente!?!” balbettò, con voce stridula.
Lei sorrise diabolica e non
disse nulla.
Dopo qualche secondo, lui si
schiarì la gola, il rosso che ancora spadroneggiava sul suo viso, ed esordì,
abbassando lo sguardo:
“Comunque, mi dispiace per
quello che è successo. Avrei dovuto impedirle di farti del male.”
“Beh, io non avrei dovuto essere
lì. Siamo pari.”
Kudo alzò la testa, guardandola
fissa negli occhi, blu che si perdeva nel celeste:
“Come hai fatto a capire che ti
nascondevo qualcosa?”
Ed ecco di nuovo la certezza di
essere un enigma su due gambe. Le faceva quasi tenerezza.
“Cioè, ho dedotto che avessi
scoperto tutto dalla cassetta che non ho più trovato nel mio giubbetto, quella
con la registrazione della ricetrasmittente. Ma…come hai capito che c’era
qualcosa da scoprire?”
“Chiamami Jessica Fletcher.”
Esclamò lei, con voce piatta. Sapeva perfettamente che lasciarlo all’oscuro di
qualcosa lo avrebbe fatto irritare, e infatti lui socchiuse gli occhi,
guardandola male.
“Se sei così bravo come
detective, scoprilo tu, Kudo-kun.”
“Lo farò.” Grugnì lui sicuro,
sempre fissandola. “Sta’ tranquilla, lo farò.”
“Buon per te.” Concluse lei.
Kudo sbuffò e le porse il
pacchetto che teneva sottobraccio, senza dire una parola.
Lei lo prese, rispettando il
silenzio, e lo aprì. Il contenuto era un libro, piuttosto grande, con il disegno
di un volatile blu sulla copertina.
“Il Teorema del Pappagallo.
Wow.” Commentò con una palese affettazione di entusiasmo.
“È un libro sulla matematica.”
Disse lui, con gli occhi socchiusi e un’aria di sufficienza. “Pensavo che
l’avresti trovato più divertente di vegetare davanti alla tv.”
Di nuovo la colse quella
sensazione al petto, unita ad uno strano calore alle guance. Ancora una volta,
si costrinse a mandarla via: solo un’idiota ci sarebbe cascata, e lei non lo
era.
Sapeva che era un’illusione; e
le illusioni di quel genere ferivano, anche più della Calibro 38 di Vermouth.
Lo ringraziò solamente, e lui
parve soddisfatto.
“Bene” esordì, con il tono di
chi sta per congedarsi. “Ora devo andare. Ran stava già preparando la cena
quando sono uscito, e non vorrei trovare tutto freddo. O peggio, non trovare
nulla.” Si rabbuiò, stringendo le labbra, probabilmente pensando con irritazione
a Kogoro Mouri.
“Vai.” Lo esortò lei,
aggiungendo mentalmente: Va’ via da me e corri da lei. Non è quello
che fai sempre?
“Ci sentiamo, allora.”
Fece per andarsene, quando lei
lo bloccò:
“Kudo?”
“Che c’è?” Si voltò lui, ormai
sul ciglio della porta della stanza, sentendosi chiamare.
“Come faremo con
l’Organizzazione?”
Il tono era lugubre. La verità,
era che era davvero spaventata: adesso che Gin sapeva di Kudo, e dei suoi
legami, le cose si sarebbero complicate moltissimo, per entrambi. Il pericolo
era una cappa nera e pesante che li avrebbe soffocati lentamente, simile ad una
chiazza di petrolio in un oceano, che uccideva la fauna acquatica inghiottendola
nel buio.
Nera e Mortale. Come
l’Organizzazione.
“Quello che abbiamo sempre
fatto.” Rispose lui semplicemente, scrollando le spalle. “La combatteremo. Forse
avremo qualche difficoltà in più…ma alla fine la spunteremo, vedrai.”
Le sorrise tranquillo, un
luccichio determinato e sicuro nel blu dei suoi occhi.
“Come fai ad esserne tanto
convinto?”
“Beh, perché una persona che non
conosci, una certa Eri Kisaki, sostiene che per liberarsi di me non basterebbe
un intero esercito di carri armati.” Scherzò, poi aggiunse, più serio:
“E perché ti ho promesso che ti
avrei aiutata. E io mantengo sempre le promesse.”
“Non hai mantenuto quella con
Mouri, però.” Commentò lei, cupa.
E forse per la prima volta da
quando si conoscevano, Kudo riuscì a rivolgerle un sorriso enigmatico, che lei
non riuscì assolutamente ad interpretare.
“Verrò ancora a trovarti, Ai.
Spero di rivederti presto in piedi. Anche perché” aggiunse con uno sbuffo,
alzando gli occhi al soffitto “la scuola è un inferno senza di te: ieri ho
dovuto giocare con Ayumi a marito e moglie, ma ti rendi conto!?” espirò
rumorosamente, esasperato, e a lei affiorò alle labbra un piccolo, involontario
sorriso: immaginò Kudo prima alle prese con le attenzioni affettuose della
piccola Ayumi e poi con la gelosia furiosa di Genta e Mitsuhiko.
Doveva ammetterlo, si era persa
un bello spettacolo.
Conan sorrise rincuorato a quel
suo cenno di sollievo e se ne andò. Lei rimase a fissare la porta per qualche
minuto ancora, poi si lasciò andare contro i cuscini, aprendo il libro.
“Quel tipo è pazzo” disse fra sé
e sé, rassegnata. “e io che mi fido di lui lo sono ancora di più.”
Eppure, per qualche strana
ragione che la sua mente razionale e analitica non riusciva a comprendere, non
poteva farne a meno.
In fondo, quello era il
detective che le era stato segnalato dalla stessa Akemi; e se non si fidava di
sua sorella, in chi altri avrebbe potuto credere?
Sospirò, cominciando a leggere.
Il tragitto da compiere era
ancora lungo e tortuoso. Per ora, non le restava che sperare.
E credere in lui.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Stava per assopirsi, quando la
porta della sua stanza venne spalancata. Il cuore gli saltò in gola, battendo
furiosamente, mentre le ferite ricominciavano a bruciare, poiché per riflesso si
era alzato a sedere di scatto.
“Ops” Commentò la ragazza che
era entrata, vedendolo gemere e strizzare gli occhi. Heiji la guardò e, seppur
contento di vederla, non poté trattenersi dal gridare infuriato:
“Razza di idiota!! Perché cavolo
non bussi prima di entrare?!?”
Kazuha gli restituì il suo
stesso sguardo torvo, incrociando le braccia:
“Ti sei appena fatto male da
solo. Chi sarebbe l’idiota qui?”
Touché pensò lui,
sospirando. Lei chiuse la porta dietro di sé, e Heiji si ritrovò a sorridere
lievemente: non era niente male, quella sera. Indossava una maglietta piuttosto
aderente che metteva in risalto le sue curve e un paio di jeans attillati che
mostravano le sue bellissime gambe; fra i capelli, aveva il nastro color
mirtillo che lui le aveva regalato. Non sapeva perché l’aveva fatto, era stato
un gesto istintivo, del momento: lei ne era così affascinata, mentre lo
osservava attraverso il vetro, le brillavano gli occhi. Adorava vederla così
contenta, le guance rosee, il viso luminoso… non capitava spesso. Inoltre,
quella tonalità così particolare, gli aveva subito fatto venire in mente il
mirtillo.
Il suo profumo.
Il sapore delle sue labbra.
Sentì le guance diventare
bollenti e si costrinse a scacciare le immagini che si andavano formando nella
sua mente, prima che cominciasse ad arrossire, abbassare gli occhi e balbettare
come un cretino. Tutto ciò avrebbe portato ad un certo tipo di domande, che a
loro volta avrebbero implicato un discorso molto particolare, che non era sicuro
di voler affrontare. Okay, forse una parte di lui voleva affrontarlo,
ma…accidenti, non c’era mai qualcuno che gridava quando gli serviva un
diversivo?? Che ingiustizia, a Kudo succedeva sempre!!
Comunque, aveva avuto ragione a
comprare il nastro: le stava meravigliosamente.
“Qui c’è da mangiare” Esordì
lei, sorridente, estraendo un pacchetto celeste da una borsa molto grande, che
aveva a tracolla.
“In realtà, è da parte di tua
madre. Mi ha chiesto di portartelo, già che venivo qui, perché non si fida molto
della roba che potrebbero darti qui dentro.”
“Perché non è venuta lei invece
di mandare te?” Chiese lui, falsamente seccato. In verità, lo scambio gli
sembrava piuttosto vantaggioso: aveva davvero voglia di stare con Kazuha.
“Non poteva. È andata con tuo
padre ad una cena di lavoro.”
I suoi sensori da investigatore,
o piuttosto la sua profonda conoscenza delle fissazioni di sua madre, gli fecero
fiutare l’inganno all’istante. Di certo la cara mammina aveva approfittato
dell’occasione per farli stare da soli; non era un mistero la sua intensa
speranza che lui approfondisse la sua amicizia con Kazuha. Al prossimo incontro
con sua madre, le avrebbe dato un bacio!
“Comunque, verrà a trovarti
domani.” Concluse la ragazza, sedendosi sul bordo del letto come aveva fatto
Kudo quel pomeriggio e posandogli il porta-pranzo in grembo. Heiji lo aprì e
cominciò a mangiare il riso, con avidità, adorando sua madre con tutto il cuore:
la carne insipida e le gelatine mollicce che gli rifilavano lì non avevano
niente a che fare con la cucina straordinaria di Shizuka.
“Che c’è nella borsa?” domandò,
la bocca piena di gamberetti.
Kazuha storse il naso nel vedere
il gesto, e distolse lo sguardo.
“Una sorpresa. Ma prima di
vederla, devi dirmi una cosa.”
Il ragazzo inghiottì il boccone,
aggrottando la fronte, mentre una brutta sensazione gli affiorava alla bocca
dello stomaco.
“Cosa?” chiese, quasi con paura,
vedendo l’atteggiamento serio e solenne della sua amica d’infanzia.
“In realtà, più di una cosa.”
Okay, la situazione stava
diventando decisamente preoccupante. Kazuha stessa sembrava stesse cercando di
convincersi a parlare: teneva gli occhi fissi sulla parete, le mani che aveva in
grembo non la smettevano di stritolarsi a vicenda, tutto il suo corpo era teso.
Dopo qualche minuto, prese un respiro profondo, ed esordì:
“Come mai mi hai chiesto di
portare la ragazza svenuta al vicino di casa di Kudo? Insomma, la polizia
l’avrebbe aiutata ugualmente, e in questo modo hai impedito loro di interrogare
una testimone chiave.”
Heiji non si sorprese della sua
sagacia: in fondo, era la figlia del capo della polizia. Ora, come poteva
spiegarle la cosa senza tradire in alcun modo la fiducia del suo migliore amico?
Non poteva certo raccontare la vera storia di Haibara, e non aveva voglia di
mentirle spudoratamente; aveva visto Kudo mettersi nei guai più di una volta, a
causa delle sue frequenti bugie a Mouri-kun. Così, optò per la via di mezzo: la
verità selettiva.
“Beh, quella ragazza…ha una
storia molto particolare. Non la conosco nei minimi dettagli, ma so che sarebbe
stata in pericolo, se l’avessi lasciata portare via dalla polizia.”
“Come fai a saperlo se non la
conosci bene?” chiese lei, scettica.
“Lo so, perché me l’ha detto
Kudo, che la conosce.” Esclamò, sicuro che questo avrebbe chiuso la questione.
Evidentemente, la sua amica d’infanzia la pensava diversamente, perché si
accalorò:
“Ah, quindi tu hai sottratto una
testimone alla polizia, implicato me, la figlia di un poliziotto, nella
faccenda, solo perché Kudo” Heiji notò con disappunto la nota di
disprezzo sul nome del suo carissimo amico “ha detto così. Wow. Se lo dice lui,
allora…” concluse, con tono falsamente convinto.
Heiji si rabbuiò: “Infatti.”
Affermò brusco. “Mi fido di Kudo.”
“E fai tutto quello che dice.”
Aggiunse lei, con la stessa asprezza.
“Non è vero!”
Si sentiva piuttosto risentito.
Lui e Kudo erano detective alla pari, della stessa, identica bravura, era
normale che collaborassero! Ma da qui, ad affermare che lui gli obbediva
ciecamente…era un’altra storia!
“A me sembra di sì.” Insistette
lei, imbronciata.
“Ti sembra sbagliato. Kudo sta
passando un momento difficile, io sono suo amico, ed è normale che lo aiuti. Tu
non faresti la stessa cosa con Mouri-kun?”
“Ran non mi ha mai ordinato di
rischiare la galera o la vita per lei!”
“Nemmeno Kudo.” Affermò lui
deciso. “Anzi, non perde occasione per ripetermi che posso sganciarmi quando
voglio, che non gli devo niente. Stupido!” quasi non si accorse della punta di
affetto che trapelò dalla sua voce, ma Kazuha evidentemente sì, perché si
focalizzò su di lui, colpita.
“Come se potessi lasciarlo nei
guai dopo tutto quello che abbiamo passato insieme”.
L’ultima cosa l’aveva detta più
a se stesso che alla sua amica d’infanzia. Lei rimase a fissarlo per molto
tempo, poi sospirò:
“Lui è molto importante per te,
vero?”
“È il mio migliore amico.” Disse
Heiji, semplicemente.
Kazuha era impressionata suo
malgrado. Nonostante fosse un ragazzo allegro ed espansivo, Heiji non aveva mai
socializzato molto con i loro compagni di classe. Certo, rideva e scherzava con
molti, usciva a volte con i suoi compagni di kendo….ma non lo aveva mai visto
dimostrare un simile affetto per qualcuno, prima d’ora. Kudo doveva essere in
qualche modo speciale, se aveva conquistato a quel modo Heiji; forse avrebbe
dovuto rivalutarlo…
Fece un ennesimo sospiro ed
annuì.
“Che altro volevi chiedermi?”
Chiese lui, un po’ intimorito. Kazuha arrossì, distogliendo lo sguardo da lui,
sentendo il cuore andare a mille. Era arrivata la resa dei conti. Nonostante
avesse provato il discorso almeno una ventina di volte davanti allo specchio,
prima di partire per Tokyo, scoprì il suo cervello completamente vuoto, e la
cosa la fece agitare ancora di più. Non sapeva proprio come esprimere ciò che
voleva dirgli senza essere costretta in seguito a cambiare nome e ad arruolarsi
nella legione straniera. Accidenti!
“B-beh…ecco…volevo parlarti
del…” deglutì rumorosamente, si sentiva la bocca asciutta, le guance bollenti.
La sua mente, inceppata, sembrava incapace di formulare frasi di senso compiuto.
E dire che lei non era mai stata una ragazza timida, con Heiji men che meno.
“Di…quello che è successo
quando…quando sei…rinvenuto in quel postaccio.”
“Oh.” Fu il commento gutturale
che sentì provenire dal ragazzo. Certo lui non la stava aiutando per niente!
Stupido Heiji!
Tacquero entrambi per un tempo
soggettivamente lungo. Kazuha continuava a fissarsi le ginocchia, il petto che
probabilmente sarebbe crollato di lì a poco sotto i colpi violenti del suo
cuore. Alla fine, sentì lui balbettare, con una voce che a stento riconobbe come
sua:
“B-beh…è stato bello…no?”
“Direi di sì.” Confermò lei, con
una voce piccola piccola. “S..significa qualcosa..?”
“Non deve per forza!” esclamò
precipitoso lui, con una leggera sfumatura di delusione nella voce. “C-cioè, se
non vuoi…lo so che credevi fossi morto.”
Sembrava abbattuto. Kazuha se ne
sentì suo malgrado felice. Alzò timidamente gli occhi su di lui, lieta di vedere
lo stesso suo identico rossore dipinto sulle guance di Heiji, e disse,
sfoderando un coraggio che non sapeva nemmeno lei di possedere.
“Ma io voglio.” Subito abbassò
di nuovo gli occhi. “E tu?”
“Sì.”
Nonostante l’imbarazzo, entrambi
si sentirono piuttosto soddisfatti e felici. Incrociarono di nuovo gli sguardi,
e Heiji le sorrise, benevolo, costringendola a ricambiare, radiosa. La
temperatura della stanza sembrava essere salita di una quarantina di gradi.
“Okay, allora.” Concluse Heiji
impacciato. “Ehm…che cos’hai lì nella borsa?”
Kazuha fu sorpresa da quel suo
repentino cambio di argomento, ma allo stesso tempo ne fu risollevata. Riuscì a
calmarsi un poco, mentre rispondeva con voce di nuovo normale:
“Qualcosa che ti costringerà a
rispettare la promessa che mi hai fatto.”
Heiji la guardò senza capire. In
altre occasioni lei si sarebbe arrabbiata della sua dimenticanza, ma dopo quanto
appena successo fra loro, si sentiva bendisposta, l’ira completamente estranea
al suo animo.
“Non ricordi? Avevi detto che
una volta tornato dalla missione a Tokyo avremmo cenato insieme e visto un film.
Beh, la cena al momento riposa nel tuo stomaco, e siccome sei bloccato qui
dentro, ho pensato…” estrasse dalla borsa un computer portatile dall’aria
piuttosto costosa “di portare il film da te.”
“Dove hai preso quell’affare!?”
Esclamò con voce strozzata.
“Me l’ha prestato papà.” Disse
lei con una scrollata di spalle.
“Ora, avevi detto che potevo
scegliere io il film; ma siccome sono una persona gentilissima e dolcissima…”
Heiji fece una risatina,
guadagnandosi un’occhiataccia.
“…ho portato tre dvd, così
scegliamo insieme.”
“E che dvd sarebbero?”
Kazuha sorrise diabolica, e lui
capì che i suoi timori erano ben fondati. Estrasse dalla borsa le confezioni, e
lui ascoltò orripilato i titoli dei film che lei aveva portato, improvvisamente
pallido.
“C’è Titanic, Il Matrimonio
del mio Migliore Amico e Moulin Rouge. Allora, che preferisci?”
“Il suicidio è contemplato fra
le scelte?” domandò lui disperato. Per tutta risposta lei ridacchiò malefica.
Alla fine, Heiji sospirò,
sconfitto e demoralizzato.
“Vada per il secondo. Almeno fa
un po’ ridere.”
Kazuha infilò il cd nel
computer, soddisfatta, restando seduta sul bordo del letto.
“Non stai scomoda, così?” chiese
lui premuroso, mentre sullo schermo comparivano i titoli di testa. Aveva notato
che, in quella posizione, doveva voltare la testa per guardare.
“Uh?” fece lei, spiazzata. “No,
non preoccuparti!”
“Non staresti più comoda…”
insistette lui, un po’ imbarazzato “ehm…qui?”
Indicò lo spazio vicino a lui.
Kazuha lo guardò con gli occhi sgranati, improvvisamente rossa.
“Oh…beh…credo…di sì.”
Così, si sdraiò titubante vicino
a lui, contro i cuscini, in modo che potesse guardare lo schermo senza problemi.
Il letto era stretto, ma c’entravano entrambi senza difficoltà.
Soprattutto considerando che
buona parte della sua schiena era appoggiata al petto di Heiji.
“Sicuro che non ti faccio male?”
chiese lei, incerta e preoccupata.
“Oh, andiamo Kazuha!” esclamò
lui, con un sorriso forzato. “Sei grassa, ma non così grassa!”
“SCEMO!” sbottò lei, fingendosi
irritata. Ma non poteva mentire a se stessa: stava bene, adagiata in quel modo
contro Heiji; e sebbene all’inizio fossero entrambi piuttosto rigidi, col
passare del tempo e dei fotogrammi del film, cominciarono a rilassarsi.
Lei lasciò senza commentare che
lui le passasse un braccio intorno alle spalle, posando a sua volta la testa
sulla spalla di lui. Così rimasero, cullati entrambi dal calore del corpo
dell’altro, Kazuha che ascoltava il battito del cuore di lui, Heiji che sentiva
il profumo dolce e intenso di lei.
Per la prima volta dopo tanto
tempo, compresero cosa significasse davvero stare bene…ed essere felici.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Conan bussò alla porta, entrando
subito dopo. La stanza di Ran era calda e accogliente, non appena varcò la
soglia fu inondato da un profumo intenso e gradevole, un misto di fiori,
ciliegia e quello che dopo anni aveva imparato a conoscere come l’odore di lei.
Ran era sdraiata sul letto, la
cascata gloriosa di capelli bruni che si dipanavano sul cuscino, le gambe
sinuose e snelle accavallate, le braccia dietro la testa. Aveva già indossato il
pigiama, morbido e grande rispetto alla sua corporatura, con disegni di torte
guarnite sopra. Non si era accorta subito della sua presenza, poiché le orecchie
coperte dalle cuffie del walkman le avevano impedito di sentire il suo bussare;
quando se ne avvide sussultò lievemente, colta di sorpresa, spense il
registratore e lo ripose in fretta nel cassetto del comodino, poi lo guardò, con
i suoi bellissimi occhi color fiordaliso e le guance lievemente imporporate per
il calore della stanza -o forse per qualcos’altro- e gli sorrise. Era
eccezionalmente carina, quella sera.
“Conan! Che ci fai qui?”
Lui si strinse nelle spalle,
ricambiando il sorriso.
“Mi annoiavo, di là con lo zio,
e ho pensato di venire qui a vedere che stavi facendo. Ascoltavi della musica?”
domandò, in tutta innocenza, facendo cenno al cassetto del comodino. Le guance
di lei presero una sfumatura di rosso più accesa.
“Oh…beh, sì! In effetti è così.”
Conan annuì, sebbene
perfettamente conscio che, se fosse stata musica, lei l’avrebbe ascoltata dallo
stereo e non dal walkman.
“Posso restare un po’ con te?”
chiese con voce tenera. Voler stare con Ran per lui era normale, non c’era altro
passatempo che giudicasse più piacevole, ma quella sera aveva anche altre
motivazioni: una era che era stufo di vedere Kogoro sbavare davanti alla tv di
fronte alle selezioni di un concorso di bellezza, l’altra era scoprire come
avesse reagito, dopo tutto quello che era successo. Negli ultimi due giorni non
aveva mai trovato occasione
Oh andiamo! Dì che non hai
mai trovato il coraggio!
di parlarle della faccenda.
“Certo.” rispose lei,
tamburellando con la mano il posto sul letto vicino a lei. Conan si sedette,
incrociando le gambe sul copriletto. Dopo qualche istante, sentì che le dita di
lei cominciavano ad accarezzargli i capelli, e subito si sentì arrossire, il
cuore che martellava incessantemente, il corpo rigido come un ghiacciolo.
“Che hai fatto l’atra sera a
casa del professor Agasa?” domandò lei, come se niente fosse, continuando a
sistemargli i capelli. Sembrava stesse cercando di fargli stare giù i ciuffi
ribelli di capelli bruni sul davanti. Se non fosse stato così teso,
probabilmente l’avrebbe avvertita che combatteva una battaglia persa in
partenza: una certa Yukiko Kudo ne sapeva qualcosa.
“Oh, niente di speciale.”
Rispose, e pensò fra sé che era stata una fortuna che il suo ex vicino di casa
alla fine si fosse deciso a fare dietro-front e a tornare a prenderlo. Beh, più
che l’intervento della fortuna doveva ringraziare quello di Ai Haibara, che
riprendendo conoscenza per pochi istanti aveva mormorato a fatica ad Agasa di
tornare indietro immediatamente. Altrimenti non avrebbe saputo come giustificare
la sua presenza lì a Ran, Kogoro e a tutta la squadra di polizia. Era anche per
ringraziarla di questo che le aveva comprato il libro.
“Mi ha fatto provare un nuovo
videogioco!” Aggiunse, cercando di imprimere nella voce lo stesso entusiasmo che
aveva sentito ad Ayumi quando le aveva regalato la biglia di Masked Yaibar.
“Dev’essere stato divertente.”
Commentò lei condiscendente, rinunciando a cercare di sistemare il ciuffo e
spostandosi sulla frangetta. Conan sentiva le dita di lei sfiorare la sua
fronte, lievi come una carezza, e provò una strana sensazione di vertigine,
mentre il volto diventava rosso vivo.
“E tu invece?” chiese, la voce
tremula a causa delle sue attenzioni. Eccola, la domanda cruciale, il momento
decisivo.
Le dita di lei si bloccarono,
mentre tutto il corpo si irrigidiva. Conan stesso smise di respirare,
praticamente senza accorgersene, in attesa della sua risposta.
“Oh” esclamò lei dopo un tempo
che parve lunghissimo “Le solite cose”.
Il tono era noncurante,
distratto. In effetti, avere a che fare con criminali e armi da fuoco non era
un’esperienza nuova, per Ran. Lei era forte, molto più di quello che dava a
vedere, simili situazioni non riuscivano a turbarla davvero. Quello che Conan
voleva sapere, quello che Shinichi voleva sapere, non riguardava le sue
disavventure con l’Organizzazione. Quanto piuttosto…
Si sentì avvampare, mentre il
cuore si riempiva di calda gioia. Il bacio che si erano scambiati…era stato
meraviglioso. Fino a quel momento, al primo posto nei momenti più belli della
sua vita c’era stato il loro primo incontro, seguito a ruota dalla prima volta
che aveva risolto un caso di omicidio da solo, e sul gradino più basso del podio
il giorno in cui aveva vinto il campionato di calcio con la squadra della sua
scuola, tre anni prima. Quel bacio aveva stravolto completamente la scala dei
suoi valori, davvero, stracciando gli altri tre momenti e aggiudicandosi
prepotentemente il primo posto. Non aveva mai baciato una ragazza. Si sentiva al
colmo della felicità al pensiero che la prima fosse stata proprio Ran. Dio,
l’amava, profondamente, con tutto se stesso. Avrebbe voluto gridarlo al mondo,
ma soprattutto avrebbe voluto sussurrarlo a lei, in quel vicolo, mentre la
teneva stretta, mentre aveva ancora sulle labbra il sapore dolce di quelle di
lei.
Dopo che si erano divisi, mentre
la teneva fra le braccia, l’aveva contemplata… e in quei pochi istanti in lei
aveva visto qualcosa che non aveva mai notato. In tanti anni che la conosceva,
mai se ne era reso conto. Si era sentito così sciocco! Si era accorto di quanto
Ran fosse…bella…ma non della sua bellezza esteriore, quella l’aveva
notata già da tempo. Si era reso conto di quanto fosse meravigliosa…i suoi modi,
il suo carattere, il suo animo…
Aveva capito che Ran non era
solo la ragazza, era la persona più bella che avesse mai conosciuto. Il
suo aspetto era solo una minima parte dello splendore che lei emanava, limpido,
armonioso…abbagliante…
e aveva capito, aveva capito di
essersi davvero innamorato di lei. Perdutamente. In ogni fibra del suo essere.
In un modo così profondo e intenso che non credeva possibile; con un amore che
non credeva nemmeno di possedere. Ran…in quei pochi attimi in cui lei gli aveva
sorriso, aveva compreso che avrebbe voluto vedere quel sorriso tante altre volte
nella sua vita. Ed ora, seduto sul suo letto, con lei così vicina…
Capì di non poterne fare più a
meno.
Capì che lei era l’unica che
avrebbe mai potuto amare.
Capì che nessuna, nella sua
vita, avrebbe potuto scatenargli quelle stesse emozioni.
Capì che lei era la donna della
sua vita, l’unica, la sola… colei che avrebbe portato all’altare, un giorno. E
che avrebbe amato, con tutto se stesso, ogni momento della sua vita, ogni
attimo…per l’eternità.
“Ma, sai Conan…” disse lei,
strappandolo ai suoi pensieri. Lui si voltò verso la ragazza che amava,
incontrando il suo sguardo sincero e limpido, quegli occhi di quel colore così
particolare. “…quella sera, ho capito una cosa. Una cosa molto importante, per
me.” Le sue braccia lo circondarono, amorevolmente. “E anche se so che dovrò
aspettare chissà quanto…anche se so che dovrò sopportare tanti sacrifici…”
sospirò, sorridendogli:
“La mia risposta è sì. Sarà
sempre sì.”
Shinichi si sentì
improvvisamente pieno di felicità. Il sentimento dovette trapelare dai suoi
occhi azzurri, luminosi e sereni come l’oceano in una calda mattinata d’estate,
perché Ran parve compiaciuta e felice a sua volta.
“Per sempre?” chiese lui,
speranzoso.
Il sorriso e lo sguardo di lei
furono le uniche risposte di cui ebbe bisogno.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Ciao Ran.
Prima di tutto, voglio
chiederti scusa. Scusa per non essere rimasto, scusa per essere di nuovo
scomparso, lasciandoti sola. Per te sarà difficile credermi, e lo capisco…ma
sono sincero, quando dico che non ho avuto altra scelta. Come ti ho spiegato,
l’Organizzazione è sulle mie tracce…e non voglio metterti in pericolo. So che tu
saresti pronta a seguirmi, ad aiutarmi…lo so, perché sei la ragazza più leale,
sincera e coraggiosa che io abbia mai conosciuto. Ma io non ho il tuo coraggio,
Ran, la tua forza di spirito. Saperti in pericolo mi distruggerebbe, e non
voglio che accada, se posso evitarlo. Perciò, per ora, non posso tornare da te,
sebbene lo desideri intensamente, sebbene non ci sia altro nella vita che voglia
di più.
Ran, quello che è successo
stasera…non sai quanto mi hai reso felice. Sarebbe stato il momento ideale,
anzi, perfetto, per dirti quello che provo per te. Ma ora, sono contento di non
averlo fatto. Non fare quella faccia! Non volevo dire quello che pensi. Anche se
mi sarebbe piaciuto, è meglio così. Penso che ora come ora non sarebbe giusto.
Vedi Ran…quando ti rivelerò i miei sentimenti, non voglio che siano parole
buttate al vento. Vorrei potertelo dimostrare giorno per giorno, standoti
vicino, non lasciando passare nemmeno un istante senza che tu possa vedere
chiaramente quello che provo. Non sarebbe giusto adesso dirti quelle parole.
Sono solo cinque lettere, è vero, ma racchiudono dentro di loro una promessa che
io adesso non sono in grado di mantenere. Voglio che quel giorno, il giorno in
cui lo farò, sia speciale; non posso permettere che ci siano ostacoli alla
nostra felicità, e adesso, purtroppo, ce ne sono eccome.
Ma la domanda che mi sono
sempre posto, e a cui per timore non ho mai dato voce è: tu vuoi aspettarmi,
Ran? Lo so che non sono affidabile, so che ti ho mentito, in passato, e che ti
ho fatto soffrire, e sto male per questo. Quello che mi sta a cuore è la tua
felicità, e ti giuro che qualunque sarà la tua decisione, non ce l’avrò con te.
Non cambierà ciò che sento. Dunque, lascio a te la scelta.
Ora è meglio che smetta di
blaterare, prima di consumare tutto il nastro.
A presto, Ran.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Quando in seguito Shinichi
sarebbe tornato nella camera che divideva con Kogoro, avrebbe potuto andarsene
consapevole di aver reso felice la persona a cui teneva di più al mondo, senza
alcun rimpianto, pronto a tornare a recitare il suo ruolo certo di scorgere il
barlume di un sorriso sul suo volto, quando l’avrebbe guardata di nuovo. E lei…
Ran avrebbe sofferto un po’, ne
era certa, tuttavia, quando la sensazione di solitudine fosse divenuta quasi
insostenibile, le sarebbe bastato ricordare quella sera, quel messaggio, per non
sentirsi completamente abbandonata. Anche perché ora aveva una certezza…la
certezza che, quando tutto fosse finito, avrebbe potuto ricevere la sua
promessa.
La promessa di Shinichi.
Fine.
Note dell’Autrice: ciao a tutti! Lo
so, vi ho fatto aspettare un’infinità di tempo, ma questo capitolo ha richiesto
un sacco di sforzi, riscritture e modifiche! Davvero, è stato il capitolo più
difficile che abbia mai scritto, e adesso che è terminato non sono nemmeno certa
di essermela cavata bene. Sono insicura su un mucchio di cose, ma ci ho lavorato
su tanto che temo di impazzire, se ci rimetto le mani. In più, sono preoccupata
che possa non soddisfare e piacere a voi lettori, e siccome è l’ultimo, ci
rimarrei veramente male. Comunque, non fatevi condizionare da questo e, se
recensite, fatelo in tutta onestà, dicendomi quello che realmente pensate, anche
se è un parere negativo.
Allora, avrete notato che non ho
spiegato per filo e per segno tutto quanto, bensì ho lasciato molte cose
all’intuizione, seminando indizi qua e là. In fondo è un racconto che parla di
detective. Spero di non essere stata ostica e incomprensibile, e anche di non
aver commesso errori nell’intreccio: essendo l’epilogo c’erano molte cose da
ricordare, e sebbene abbia riletto i precedenti chap prima di scrivere, potrei
essermi sbagliata. In entrambi i casi, conto su di voi per farmelo notare, ok?
Detto questo, passo a rispondere
ai numerosi commenti che ho ricevuto. Siete davvero grandissimi, vi adoro!
Shin17: ciao! Mi fa davvero piacere essere riuscita a coinvolgerti
con lo scorso capitolo. La scena fra Ran e Shinichi era una delle più importanti
della ff, mi sarebbe dispiaciuto deluderti. Mi auguro con tutto il cuore di aver
soddisfatto le tue aspettative per quest’ultimo chap. Fammi sapere, va bene? Un
bacio, e grazie mille anche per la recensione di "A Very Important Gift".
Laira: Ciao! Tutti i complimenti che mi hai fatto mi hanno davvero
scaldato il cuore…grazie!^^ Sono felicissima che lo scorso capitolo ti sia
piaciuto tanto, e lusingata che tu abbia apprezzato la mia interpretazione dei
sentimenti dei due protagonisti; ho sempre pensato che Shinichi, per quanto
altruista e innamorato di Ran, tenesse nascosta la sua identità anche per paura
che lei lo lasciasse, e ho voluto esprimerlo nella ff. Comunque, spero di non
averti deluso con quest’ultimo capitolo, mi dispiacerebbe molto. Baci, a
risentirci!
Lore: ti ringrazio del commento! Eh sì, purtroppo siamo alla fine.
Non preoccuparti, però: come avrai notato ho lasciato parecchie cose in sospeso,
soprattutto con l’Organizzazione. Così, nel caso volessi scrivere un sequel… Un
bacio, dimmi le tue impressioni anche su questo chap, okay?
Miele: ciao carissima! Sono felice di aver ricevuto un tuo commento
positivo per lo scorso chap, mi auguro di non averti deluso nemmeno stavolta!
Comunque, dopo qualche riflessione, ho preferito non far rivelare a Shinichi la
sua doppia identità, nel colloquio con Ran del cap.28. Mi sembrava più giusto
così, non so spiegarti bene il perché (capisci a che livello è la mia follia?).
Quanto al dottor Agasa, e adesso ti parlo del manga e non della mia storia,
credo che Shinichi gli abbia detto subito la verità perché in quel momento era
davvero in crisi, aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno, e il suo vicino di casa
era lì, affidabile e pronto ad ascoltarlo. Insomma, il poveretto si era
ritrovato all’improvviso nel corpo di un bambino delle elementari, anch’io sarei
subito corsa a dirlo a qualcuno di fiducia. Riguardo alle altre tue domande,
spero di aver risposto nel capitolo…anche se, come ho già detto, ho lasciato
molte cose all’interpretazione. Infine, per quanto riguarda la tua e-mail (e mi
scuso per non averti risposto in fretta, ma non potendo usare la posta
elettronica ho dovuto aspettare questo aggiornamento), posso suggerirti vari
libri su Sherlock Holmes da leggere: “Uno Studio in Rosso” prima di tutto,
perché è la prima avventura dell’investigatore londinese, e narra anche del suo
primo incontro con l’inseparabile Watson. Io l’ho letto e mi è piaciuto molto.
“Il Segno dei Quattro” non è male (tra l’altro è anche il preferito di
Shinichi), così come “Il Mastino dei Baskerville”, anche se Holmes non compare
per buona parte della vicenda e personalmente ho trovato un po’ scontata la
scoperta del colpevole. Se poi invece di un romanzo intero vuoi dilettarti con
qualche racconto, ci sono varie raccolte: “Le Avventure di Sherlock Holmes”, “Le
Memorie di Sherlock Holmes”, “L’ultimo Saluto”, e di quest’ultima raccolta ti
consiglio “L’avventura del detective morente”, che ho apprezzato molto. Ce ne
sono molti altri, ma per ora ti consiglio questi, tutti di Arthur Conan Doyle.
Contenta? Un bacione, a risentirci!
Ruka88: ciao! Grazie infinite della recensione…mi auguro di non
averti fatta infuriare con il finale che ho scelto per la vicenda. Fammi sapere,
okay?
Ginny85: ciao Ginnuzza! Mi dispiace tanto averti dato un dolore con
l’annuncio della conclusione della fanfic, ma come vedi l’ultimo capitolo è
piuttosto lungo…sono perdonata? Quanto al sequel…mi sono lasciata parecchi
spiragli con questa storia, come avrai notato, proprio per avere spunti su cui
lavorare nella stesura di un eventuale seguito. Non prometto nulla, però…
Felicissima di averti regalato
quelle emozioni leggendo del bacio fra Shin e Ran. Spero di non essere stata
troppo smielata in quest’ultimo invece, il mio timore è lì (Sono insicura
soprattutto sulla scena fra i due protagonisti^^”). La tua ipotesi su quanto
aveva visto Conan si è rivelata giusta, hai visto? Della serie: anche Watson ha
i suoi momenti di gloria!^^ Anche se il piccolo detective ha pensato bene di
riciclare il nastro per altri fini. Comunque, non sei tu a dovermi ringraziare,
bensì io a dover ringraziare te. Le tue bellissime recensioni mi hanno aiutato
moltissimo, oltre a farmi un piacere immenso. Quell’immagine che hai creato per
la mia ff poi mi ha colpito dritto al cuore, mi hai fatta commuovere: sei un
tesoro, Ginny! Grazie, grazie mille. È per persone come te che ho creato questa
storia, il merito è anche di voi lettori. E poi, non rattristarti! Sentirai
ancora parlare di me, non preoccuparti. Ho in mente altre ff da dedicare a
questo manga, forse non lunghe quanto questa, ma pur sempre storie. Non lo sai
che l’erba cattiva non muore mai? Inoltre, commenterò capitolo per capitolo
l’attesissima “Still for your love”, quindi avremo ancora modo di
chiacchierare!^^ A proposito, scrivila presto, che voglio leggere! Un bacione, a
risentirci.
Akemichan: ciao carissima! Sono contenta che la mia storia ti abbia
appassionato tanto…insomma, sei una bravissima scrittrice, il tuo parere mi
lusinga. Mi auguro con tutto il cuore di non aver deluso le tue aspettative con
questa conclusione. Dimmi cosa ne pensi sinceramente, okay?
Ma…ehm…possibilmente, indora la pillola, va bene? Riguardo ad Agasa…mi
piacerebbe chiarire i tuoi dubbi, o nel caso ammettere le mie colpe, ma
onestamente non so davvero cosa intendi. Mettiamoci una pietra sopra, che è
meglio. Baci, a risentirci.
Kari1: ciao! Ti ringrazio di cuore dei complimenti, mi hai davvero
messo in imbarazzo!^//^ Comunque mi fa davvero piacere che la mia storia ti sia
piaciuta tanto, e come ho detto anche ad altri, non è impossibile che io scriva
un seguito, in futuro. Prima però fatemi riprendere fiato!^^” Mi auguro che
anche questo capitolo finale ti sia piaciuto, ho messo la tua cara coppietta di
Osaka, hai visto? Un bacio.
Alex ro: ciao, grazie della recensione! Ehm…scusami se non ho accolto
la tua richiesta di fare presto, per vari motivi non ho potuto. Spero di averti
almeno soddisfatto con l’aggiornamento, sebbene sia arrivato tardissimo. Un
abbraccio, e grazie ancora!
Vi-chan: ciao! Non sai quanto mi ha reso felice leggere il tuo
commento! Sei stata carinissima! Forse non la penserai allo stesso modo dopo
aver letto questa conclusione, ma…beh, meglio aver perduto che non aver mai
avuto (libera rielaborazione di Shakespeare). Sono anche contenta di averti
soddisfatta con l’ambientazione, visti i nostri trascorsi, ^^” e naturalmente
con la mia scelta di non far rivelare l’identità di Shinichi. La risposta alla
tua domanda si trova nel capitolo…e a proposito, fammi sapere cosa ne pensi, ok?
Un bacio.
Shaddy: grazie dal profondo del cuore per i tuoi complimenti, mi hai
fatto arrossire.#^^# Sono contenta di essere riuscita a trasmetterti tutte
quelle emozioni. Molto evocativa la tua immagine del filo traballante (“Che
cos’è? Una recensione alla recensione?” nd. Shaddy). Il particolare alla fine
ora dovrebbe esserti chiaro. Sono ansiosa di sapere cosa ne pensi di questo
finale, d’accordo? Un bacio grande.
Ersilia: wow! Grazie mille dei complimenti, sei davvero
gentilissima.^//^ La tua recensione mi è piaciuta molto. Spero che la
conclusione della ff abbia avuto lo stesso effetto su di te: sono parecchio
incerta su varie parti. Conto sul tuo parere, va bene? Baci.
Sita: ciao! Beh, stavolta non hai avuto modo di sorprenderti per la
mia velocità di aggiornamento, credo. Sono felicissima che il capitolo ti sia
piaciuto, mi hai davvero lusingata con le tue lodi, stranamente anche quando hai
detto che sono un mostro.^__- Anch’io ho esaurito il mio repertorio di
ringraziamenti, ma ti sono veramente riconoscente per tutti i commenti che mi
lasci e per tutte le cose carine che mi dici. Kiss.
BPM: ciao! Grazie della recensione. Il tuo commento era molto arguto
e interessante…hai detto un mucchio di cose vere. Onestamente non so se ti ho
soddisfatto con la mia soluzione dei fatti, anche se naturalmente spero di sì.
La situazione è molto sfumata per quanto riguarda i due protagonisti, ho
preferito farlo così perché una descrizione dei fatti esplicita e lineare mi
sembrava troppo finale da favoletta per bambini. Volevo che molte cose
restassero all’interpretazione del lettore, perciò ho solo seminato indizi.
Dimmi cosa ne pensi. A presto!
Vale-chan: oh, Vale! Non ho ricevuto il tuo pm di scuse, non so
spiegarmi il perché, comunque è logico che sono accettate! Anzi, devo chiederti
scusa io, quando ho lasciato il messaggio sono stata parecchio scortese e
sgarbata nei tuoi confronti, avrei dovuto essere più diplomatica. Spero davvero
che tu non ti sia cancellata dal forum a causa della nostra piccola vicenda. Nel
qual caso, inscriviti di nuovo, se ti va! Ne hai tutti i diritti, e niente di
cui vergognarti. Chiunque può commettere un errore, e sono certa che eri in
buona fede. Grazie dei complimenti sulla storia, comunque. Spero di rivederti
presto sul forum!
Giften: ciao! Grazie della recensione, l’ho letta con piacere. In
effetti seguo parecchio Detective Conan, mi sono scaricata anche dei numeri del
manga inediti in Italia, e conosco Shuichi Akai. Non ho avuto modo d’inserirlo
in questa fanfic, mi spiace, ma chissà…in futuro, e in altre storie, potrebbe
anche succedere. Ti ringrazio ancora dei complimenti.
Black Lady: ciao!^^ Ti ringrazio molto del commento, mi ha fatto un
piacere immenso. Thanks!
Mavi: ciao! Così tu saresti la sorella di Vi-chan!? Maggiore o
minore? (ßmia curiosità del tutto
immotivata). Sono stata contenta di leggere le tue impressioni, grazie molte dei
complimenti. Non posso che essere anch’io felice del fatto che tua sorella ti
abbia fatto leggere la mia storia! Un bacio.
Akira86: ciao! Grazie della recensione. Davvero stai scrivendo anche
tu una ff su Conan? Wow, se è così postala! Mi piacerebbe darci un’occhiata
(sono sempre aperta a nuove storie). Anch’io non vedo l’ora che Gosho concluda
il manga, ma purtroppo per noi credo che non abbia intenzione di farlo tanto
presto (e chi lo biasima?). Ho scritto di Heiji, hai visto? Credo che sia uno
dei personaggi più gettonati del manga (piace anche a me), come potevo non
farcelo stare? A risentirci!
Chiyo: ciao! Sono felicissima di aver ricevuto il tuo commento, mi
hai fatto arrossire.^//^ In effetti sono molto orgogliosa di questa storia
(almeno finora), e mi fa piacere che tu l’abbia apprezzata tanto, e di essere
riuscita a trasmetterti emozioni e voglia di leggere. Spero di non averti deluso
con questa conclusione (altro che fanclub, probabilmente dopo aver letto mi
vorrai a tiro di ortaggio-__-“). Mille baci anche a te, e ancora grazie dal
profondo del cuore per la recensione e le lodi. A risentirci!
Sailormeila: ciao! Sono lusingata da ciò che mi dici nella tua
recensione: wow, sono proprio contenta che la mia storia ti abbia appassionato
tanto! Grazie mille dei complimenti, sei stata dolcissima. La nota negativa che
avevi trovato dovrebbe essere stata risolta con questo aggiornamento. Spero
tanto di non averti deluso. Mi dispiacerebbe un sacco. Un bacione!
Questo è tutto. Nel caso avessi
dimenticato di menzionare qualcuno (sono parecchio sbadata), fatemelo notare e
rimedierò al più presto. Risponderò ai commenti che mi manderete postando un
altro ‘capitolo’, che intitolerò “Thanks”; in questo modo potrò comunicare con
ognuno di voi, rispondendo a perplessità, domande, curiosità ecc. Inoltre sarà
meglio per un fatto puramente estetico: i capitoli saranno 30, un numero che mi
piace di più rispetto a 29 (i pazzi vanno assecondati, siate clementi^^”).
Aspetterò con ansia le vostre impressioni sul finale, sono davvero sulle spine,
perché sul serio non so se ho fatto un buon lavoro.
A presto
-Melany
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