A Valdemort: tanti auguri di
buon compleanno, zoccolona mia.
Hermione
era tornata verso la scuola qualche minuto dopo.
Aveva guardato
Malfoy dirigersi furente verso il Memoriale, macinando con passi
decisi lo stretto sentiero sterrato. Aveva stretto i pugni fino a
sentire le unghie conficcarsi nei palmi, guardando la sua nuca
allontanarsi. Insopportabile, borioso, arrogante Purosangue.
Riusciva
a ragionare soltanto in un verso, quello della sua spocchia, quello
del suo egoistico bisogno di protagonismo.
Aveva
sempre fatto di tutto per denigrarla, per farla sentire inferiore,
per apparire migliore agli occhi degli altri a discapito suo, di
Harry o di chiunque incrociasse la sua strada.
Non era altro che
un ragazzino con un patologico bisogno di attenzioni.
Era sempre
stato così, pronto a sputare veleno addosso a chiunque non
appartenesse alla sua esclusiva cerchia di privilegiati. Mai uno
sguardo o un'attenzione per qualcuno che non portasse una cravatta
verde e argento, mai un gesto cortese. A pensarci bene non l'aveva
mai nemmeno visto sorridere.
Probabilmente
sorrideva anche lui, come tutte le altre persone, non aveva certo la
presunzione di etichettarlo come una persona tanto malvagia da non
trovare mai un motivo di gioia, ma lei non l'aveva mai visto
sorridere, nemmeno da lontano, quand'era in mezzo ai suoi compagni di
Casa.
Eppure era un ragazzo anche lui, specialmente prima che la
guerra cambiasse le cose. Avrà avuto degli amici, una vita
normale.
Loro due erano persone che vivevano su due mondi diversi, ma Hermione
era certa che la vita, nella Sala Comune di Slytherin, non fosse
così
diversa da quella di chiunque altro. Avrebbe scommesso che tutte le
idee di cui Ron e Harry parevano tanto convinti, riguardo la perfidia
di Malfoy, la sua dedizione al male, fossero semplicemente delle
sciocchezze.
Non poteva immaginare che qualcuno avesse
scelto di stare dalla parte di Voldemort semplicemente
perchè
malvagio, se si escludevano lo stesso Oscuro Signore e magari anche
Bellatrix Lestrange e qualche altro Mangiamorte. Non credeva nel
bianco e nel nero, Hermione. Lei riusciva a vedere le sfumature che
stavano dietro le scelte delle persone, non soltanto gli effetti che
quelle scelte avevano determinato.
Forse,
allora, dietro tutta quella rabbia che lui le aveva riversato
addosso, si nascondeva dell'affetto per Tiger, una sincera
preoccupazione per lui. Ragionando a mente fredda, continuava a non
riuscire a giustificare quello scoppio, ma forse iniziava a
comprendere che cosa l'avesse portato a reagire in quel modo. Aveva
visto la sua espressione cedere, per qualche secondo e in quel
piccolo squarcio del velo, aveva intravisto un ragazzo addolorato,
colmo di nostalgia per un amico perduto.
Forse
quello era il suo modo di manifestare il dolore, forse non aveva mai
provato a sfogarsi altrimenti.
Stai
giustificando Malfoy?
Anche
se fosse non ci sarebbe stato niente di male. A
differenza sua, lei non si curava delle apparenze o delle
stupidaggini riguardo il sangue: sapeva che l'atteggiamento di Malfoy
non aveva nulla a che fare col suo essere Purosangue, quanto
piuttosto con il modo in cui era cresciuto.
Stava
trasformando mentalmente Malfoy in un povero ragazzino disadattato.
Hermione finiscila.
Non
lo era. Non era una vittima del sistema, non era un povero succube
poco amato. Malfoy era un adolescente cresciuto in fretta, come lo
erano loro, per via della guerra, ma niente di più. Restava
sempre
l'arrogante e viziato Purosangue che era sempre stato. Probabilmente
aveva degli amici, probabilmente voleva loro bene come lei ne voleva
a Harry o a Ginny, ma questo non lo rendeva certo una persona
migliore, lo rendeva soltanto una persona.
Un
ragazzo come lei, come tutti gli altri.
Era
un Mangiamorte.
Le
parole che Sirius aveva detto ad Harry tre anni prima le tornarono
alla mente:
“Il
mondo non è diviso in persone buone e Mangiamorte. Tutti
abbiamo sia
luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta
è da che parte
scegliamo di agire.”
Draco
Malfoy due anni fa aveva scelto .
Aveva quasi ucciso Silente. Era
salito in cima alla Torre di Astronomia, aveva disarmato il Preside e
aveva puntato la sua bacchetta contro di lui, un Avada Kedavra in
bilico tra le labbra.
Ma l'anno dopo aveva mentito, fingendo di
non riconoscere Harry al Manor, permettendogli, in un certo modo, di
fuggire e di portare a termine la sua ricerca.
Durante la
battaglia di Hogwarts non aveva combattuto per Voldemort, non se
l'era ritrovato contro, a bacchetta spianata, come questo
pomeriggio.
Cosa contava?
Forse
niente, forse non faceva differenza. Forse quello che contava davvero
era il Marchio Nero che probabilmente si stagliava sul suo braccio
pallido. O magari non era così, magari Sirius aveva ragione:
ciò
per cui ognuno doveva rendere conto erano le azioni compiute, alla
fine, e non le intenzioni, buone o cattive che fossero, con cui si
era partiti.
Stava
rimuginando troppo su quella faccenda.
Era solo un'altra lite con
Malfoy, l'ennesima scaramuccia che si ripeteva, anno dopo anni,
perchè tutte queste domande?
*****
Se
n'era andato verso il Memoriale a grandi passi, calpestando il
terreno con la stessa violenza che avrebbe usato se sotto i piedi
avesse avuto le vertebre della Sanguesporco. A ogni ogni passo
immaginava un piccolo scricchiolio e schegge di ossa che volavano nel
prato.
Era
un'assurdità, ma che lo faceva sogghignare compiaciuto come
quando
la prendeva in giro nei corridoi da ragazzino. Aveva sempre provato
un divertimento esaltante nel prendersela con lei, fin dal primo anno
di scuola, quando la vedeva incassare le sue battute senza ribattere.
Nel
tempo la ragazzina aveva poi imparato a rispondergli ed attaccarla si
era fatto quasi più divertente. Ci aveva rimediato uno
schiaffo, al
terzo anno, ma riuscire ad innescare la sua rabbia era una
soddisfazione che valeva anche quel prezzo.
Aveva raggiunto la
tomba di Vince in pochi minuti ed aveva preso la piccola candela
rossa tra le mani. Rossa, poi. Il massimo della beffa. Un bel
ricamino dorato sul contorno non sarebbe stato bene sulla tomba di
uno Slytherin?
Maledetta ragazzina. Come riusciva a fargli sempre
perdere le staffe?
Lui era sempre stato il calcolatore, quello
che non agiva per istinto, ma per piani.
Lui non era il tipo da
obbedire ad un impulso fino al punto da fare scenate, fino a perdere
ogni controllo; lui era quello che prendeva in giro con ironia
sottile, con insulti sibilati.
Lei era quella che si infuriava,
che perdeva il controllo davanti ai suoi insulti.
Draco era
sempre riuscito a mantenere una maschera di fredda indifferenza
davanti a tutto, o quasi, il massimo che si era concesso erano
sorrisetti di scherno.
Ma non con lei.
Lei riusciva a
destabilizzare i suoi punti fermi, l'aveva sempre fatto. Lo irritava
a morte, con quella sua aria perfetta, con quella mano sempre alzata,
con il mento alto e il portamento orgoglioso di chi è sempre
nel
giusto.
La odiava dal primo giorno, quando era salita sul treno
con quei suoi capelli scompigliati e i dentoni sporgenti. La
detestava fin quando l'aveva vista, sempre saccente, rispondere prima
di lui a tutte le domande a cui anche lui avrebbe saputo rispondere,
ma non ne aveva avuto l'opportunità perchè non
era stato abbastanza
veloce ad alzare la mano. Si era infine radicato al secondo anno,
quando aveva insinuato che lui non meritasse il posto di Cercatore in
squadra.
La
odiava per il suo sangue, certo, ma prima di tutto la odiava
perchè
lei era la Granger. Non per il cognome, non per le origini.
Perchè
sembrava che volesse a tutti i costi essere migliore di tutti.
Migliore di lui.
Si
rigirava la candela tra le dita, facendola passare da una mano
all'altra ed osservandola. Mandava piccoli riflessi perlacei, alla
luce del tramonto e sembrava un oggettino incredibilmente innocuo.
Una
piccola cosa, che poteva spezzare tra le dita, era riuscita a fargli
provare tante emozioni tanto sconvolgenti. Non era colpa della
candela, quella era solo una cosa, un niente.
Era lei, il
suo problema.
Aveva scagliato la piccola cera giù dalla
collinetta e l'aveva guardata atterrare in lontananza, tra la capanna
di Hagrid e la Foresta Proibita.
Erano sempre state così vicine?
Non si era mai soffermato a riflettere su quanto quell'idiota del
Custode abitasse vicino alla Foresta eppure gli sembrava di ricordare
che non fosse così tanto prossimo al limitare degli alberi.
Avevano
fatto lezione innumerevoli volte lì dietro e si ricordava un
paesaggio un poco diverso. Non si trattava di una differenza
abissale, ma qualcosa era cambiato.
Tutto
era vicino, troppo.
C'era
qualcosa di strano negli alberi della foresta. Li aveva guardati
distrattamente tutti i giorni, dall'inizio della scuola e c'era
qualcosa di anomalo rispetto ai primi di settembre. Sembravano
più
folti, più grandi. Sembravano anche di più, per
quanto possibile.
Non
dire scemenze, gli alberi non si moltiplicano.
Eppure
era quello che sembrava.
Aveva spostato lo sguardo verso il campo
di Quidditch e ora che guardava, gli alberi sembravano troppo vicini
anche lì e quella zona l'aveva vista moltissime volte negli
anni,
sorvolandola con la scopa alla ricerca del Boccino.
Qualcosa
non andava in quegli alberi.
*****
Hermione
aveva raggiunto la Sala Grande quasi di corsa, cercando di porre fine
ai continui dubbi e all'inquietudine che la lite con Malfoy le
avevano lasciato addosso.
Si era lasciata cadere accanto a Ginny
senza nemmeno guardare dove fossero gli altri, il fiato corto, i
capelli scompigliati per la corsa. L'amica l'aveva salutata con la
mano, mentre con l'altra si copriva la bocca piena e le faceva cenno
con la testa verso qualcosa dietro le sue spalle.
- Che ti prende, Gin? -
L'aveva
scrutata perplessa e l'amica aveva strabuzzato gli occhi per poi
riportare lo sguardo sul piatto, scuotendo la testa, probabilmente
per maledire la sua scarsa ricettività.
Una
mano sulla spalla. Una sensazione familiare e un odore
inconfondibile.
- 'Mione. -
Ron.
Ecco
cosa stava cercando di dirle Ginny con quelle facce incomprensibili.
- Ronald. -
Un
brivido le aveva attraversato tutta la spina dorsale ed aveva stretto
i denti fino a sentire dolore all'articolazione della mandibola.
Aveva raddrizzato le spalle e le sembrava che la mano di Ron pesasse
quanto un macigno. Con un piccolo passo in avanti ed un movimento
fluido l'aveva scrollata via.
- Sono giorni che non ti vedo, 'Mione. Riesco solo
a coglierti mentre scappi via dopo ogni lezione, dopo ogni cena. -
- Sono molto indaffarata, Ronald, ho lo studio, i
corsi per i ragazzi dei GUFO da preparare, sai com'è, non ho
tempo di stare a chiacchierare... -
Un'alzata
di spalle e lo sguardo puntato al di sopra della sua spalla.
Sei
una pessima bugiarda.
- Mi stai evitando? -
Eccoci
qui.
Non riusciva a
mentire nemmeno a Ron, che fino a qualche
settimana prima avrebbe creduto anche che un Vermicolo gigante stesse
invadendo Hogwarts, se lei l'avesse affermato con un minimo di
convinzione.
- No, non ti sto evitando. Sono molto occupata, te
l'ho detto. A proposito, Gin, devo andare, vado in Sala Comune a
stendere i programmi per i corsi. -
- Ma se non hai neanche mangiato! -
Ecco
Harry Potter, colui che ha salvato il Mondo magico con un
Expelliarmus, trasformatosi repentinamente in colui che non riesce
nemmeno a mangiare facendosi i fatti propri.
Ginny
si era voltata con uno scatto che avrebbe fatto invidia ad un
ghepardo, fulminandolo con uno sguardo gelido e pieno di sottintesi.
- Che ho fatto? -
Hermione
aveva semplicemente scosso la testa, abbassando gli occhi sulla
tavola imbandita.
Lo schiocco di uno
scappellotto le era
rimbombato nelle orecchie mentre scandagliava mentalmente le varie
possibilità che le erano state messe davanti per cenare.
Salmone,
aringhe, ali di pollo, del prosciutto, budino. Niente di
trasportabile.
O perlomeno niente
di trasportabile senza
trasformarsi in un uomo delle caverne che cammina mordicchiando ossa.
Aveva afferrato due
fette di pane tostato, per poi voltarsi verso
Harry, che si stava ancora massaggiando la nuca, guardando Ginevra
con aria contrita, con un sorriso forzato.
- Ora ho mangiato, Harry, sei più
sereno? A più tardi, ragazzi, ci vediamo di sopra. -
L'espressione
dell'amico le aveva fatto quasi tenerezza. Era pur sempre un maschio,
non si potevano pretendere grandi cose.
Più
tardi, quando
fossero saliti anche loro, gli avrebbe chiesto scusa per come si era
comportata con lui in questi giorni, era un momentaccio per lei,
questo era vero, ma di certo non poteva sfogare tutto sugli altri.
Si
era voltata e, dopo aver scansato Ron, che era ancora in piedi dietro
di lei, aveva provato ad allontanarsi dal tavolo.
- 'Mione, vengo con te, vorrei parlarti. -
La
voce di Ron l'aveva raggiunta, qualche passo più in
là.
- Ron, per Merlino, mangia. Parleremo in un altro
momento, io non scappo e tu non sei capace di stare senza mangiare. -
- Ma... -
Aveva
zittito le sue tiepide rimostranze con un cenno della mano, ad
indicargli la tavola.
- Mangia, Ron. Non c'è nulla di
così urgente, non credi? -
Il
ragazzo l'aveva guardata affranto, spostando poi lo sguardo verso il
piatto. Si era voltato verso di lei ancora una volta, poi, brandendo
un'ala di pollo, mentre si stava sedendo sulla panca, l'aveva
indicata.
- Parleremo più tardi però,
stavolta non mi eviterai! -.
Hermione
aveva annuito, quasi più a se stessa che a Ron, mentre
usciva dalla
Sala Grande, per dirigersi alla Torre. Avrebbero parlato, forse era
meglio così.
Prima o poi doveva
affrontarlo, non poteva
continuare a sgattaiolare via alla fine delle lezioni, a
sbocconcellare qualcosa in biblioteca con la scusa dello studio per
non vederlo in Sala Grande. Non poteva restare sempre china sui
libri, senza alzare mai gli occhi, per non incontrare il suo sguardo
nemmeno per un attimo, nel timore che cercasse di parlarle.
Era
un comportamento assai poco Grifondoro, l'aveva dovuto ammettere
più
volte a se stessa, ma non era stata capace di fare di meglio, in
quelle settimane. Il dolore per aver perso Ron, la sua amicizia, ma
soprattutto per non riuscire più a vedere in lui nemmeno
l'ombra del
ragazzo con cui era cresciuta era stato troppo intenso per lasciare
spazio al coraggio.
Coraggio che stava
raccogliendo a piccoli
passi, gradino dopo gradino, mentre saliva le scale che portavano
alla Torre di Gryffindor.
Lei e Harry erano
sempre stati i suoi
migliori amici, fin dal primo anno, da quando avevano affrontato il
Troll nel bagno delle ragazze, da quando lei era una insopportabile
So-Tutto-Io e Ron un bimbetto maldestro sempre alle spalle del
Bambino sopravvissuto. Le cose si sarebbero sistemate.
- Tinea solium.
La
Signora Grassa le aveva rivolto un'espressione sdegnata, per averla
interrotta dalla sua conversazione con Sir. Cadogan, che aveva tutta
l'aria di essere importante. Il cavaliere la attendeva al margine del
dipinto accanto, una mano coperta dal guanto dell'armatura, protesa
verso di lei fino a sbucare nella cornice della donna.
- Non poteva scegliere momento meno adatto,
Signorina Granger, ma sia. -
- Lady, avrebbe dovuto cambiare la parola d'ordine,
l'avrebbe messa in difficoltà, perlomeno. -
Aveva
sussurrato il cavaliere, mentre prendeva con grazia tra le sue la
mano grassoccia della donna.
- Ma in questo modo non ci avrebbe lasciati soli. -
La
Signora Grassa era avvicinata alla mano del cavaliere con una
guancia, mentre lasciava libero il passaggio per l'ingresso in Sala
Comune. Hermione aveva oltrepassato il varco ridacchiando per il
siparietto e si era ritrovata, in pochi passi, davanti a Neville,
spaparanzato comodamente su una poltrona.
Ai suoi piedi era
seduta una ragazzina mora, che a Hermione sembrava tanto una di
quelle che di lì a pochi giorni avrebbe frequentato il suo
corso per
i GUFO.
- Ciao Neville! -
Il
ragazzo aveva alzato la testa verso di lei, per rivolgerle un sorriso
luminoso.
Iniziava
a capire, in qualche modo, dove stesse il fascino con cui pareva
stendere tutte le ragazze più giovani. Da piccolo era sempre
stato
goffo, maldestro e timido, ma non si poteva dire che fosse brutto; in
realtà per anni non aveva mai permesso a nessuno di
guardarlo
davvero, con il viso sempre rivolto a terra, tentando di nascondersi
e di non dare nell'occhio.
Ma negli ultimi
anni, iniziando con
l'ES e finendo con l'uccisione di Nagini, Neville era cresciuto,
aveva conquistato fiducia in se stesso, aveva capito di valere
qualcosa, nonostante le disavventure dei primi anni e nonostante le
cattiverie cui Malfoy con la sua cricca Slytherin l'aveva sottoposto.
L'aveva
salutata con entusiasmo ed aveva accarezzato con una mano, quasi
distrattamente, i lunghi capelli scuri della ragazza seduta.
- Senti Neville, avrei bisogno di parlare con te di
una questione un po' delicata. Mi dici quando possiamo fare un giro? -
Il
ragazzo si era raddrizzato sulla poltrona, l'aveva guardata
perplesso, ma non aveva dato alcun segno di fastidio, quando le aveva
risposto.
- Herm, figurati, possiamo parlare anche ora.
Meredith, vado a fare una passeggiata con Hermione, ti dispiace se ci
rivediamo più tardi? -
Aveva
ricevuto in risposta uno sguardo quasi adorante, accompagnato da un
“Si”, appena accennato con un
filo di voce, dopodichè la
ragazza si era alzata in piedi ed Hermione l'aveva vista scomparire
su per le scale del dormitorio femminile, lasciando dietro di
sé
solo il rumore dei suoi passi affrettati.
- Cosa fai tu alle ragazze, Nev? -
Neville
era scoppiato in una risata, mentre uscivano dal buco del ritratto,
dirigendosi giù per le scale, verso il pianerottolo del
piano
sottostante.
- Non faccio proprio nulla alle ragazze, Herm,
pensa un po'. -
Aveva
abbassato gli occhi, arrossendo un po', lasciando intravedere una
parte del ragazzino che Hermione aveva conosciuto il primo giorno di
scuola, mentre andava alla ricerca di Oscar, il suo rospo.
- Se non fai niente per piacere a tutte allora
è ancora più stupefacente, perchè pare
che impazziscano tutte per te. -
- Sono solo sciocchezze, figurati. -
La
ragazza gli aveva poggiato una mano sulle spalle e lui le aveva di
nuovo sorriso.
- Nev, vuoi davvero passeggiare o va bene anche se
chiacchieriamo seduti qui? Non mi va di scendere di sotto, in
realtà. -
Neville
aveva sollevato un sopracciglio, voltandosi a guardarla.
- E' perchè non vuoi vedere Ron, vero? -
Era
stato il turno di Hermione per arrossire.
- In realtà ho deciso che
parlerò con lui, ma non mi andrebbe di incontrarlo adesso,
in effetti. Vorrei essere pronta e non vorrei che mi trovasse qui con
te. Sai quanto è suscettibile in questo periodo. -
Il
ragazzo aveva annuito, mentre si sedeva sul primo gradino della
scala, facendo segno ad Hermione di accomodarsi accanto a lui.
- Di cosa volevi parlarmi? -
Si
era schiarita la voce. Improvvisamente si stava domandando se fosse
davvero una buona idea mettersi a fare la predica a Neville su come
gestiva le sue relazioni con le ragazze.
Nel
giro di pochi secondi aveva però risposto a sé
stessa che lei non
era lì per fare la predica, ma semplicemente per raccontare
ad un
amico un fatto che poteva potenzialmente riguardarlo.
- Non so da che parte cominciare, Neville, ma penso
che forse dirtelo e basta possa essere una buona scelta. Ho conosciuto
Quinn Davies, qualche settimana fa, nel parco, in una circostanza
piuttosto particolare. Stava piangendo sotto un albero. -
- Hermione... -
Lei
l'aveva fermato con un gesto della mano, facendogli capire che non
aveva finito di raccontare.
Non voglio
rimproverarti nulla, Nev. Ma devo raccontarti tutta questa faccenda.
Il
ragazzo aveva lasciato andare un sospiro, facendole cenno di
continuare.
- Dunque, lei piangeva e io mi sono fermata per
vedere cosa non andava. Lei, dopo un pochino di insistenza, mi ha detto
che piangeva per colpa tua, perchè ti aveva visto con
un'altra ragazza. Ora, deduco che quella ragazza sia la Meredith di
poco fa, giusto? -
- Credo di si. -
Aveva
distolto lo sguardo da quello di Hermione, nel fallimentare tentativo
di nascondere la scarsa certezza che aveva sul fatto che si trattasse
di Meredith.
Evidentemente
Neville aveva molte più ragazze di
quante Hermione avesse sospettato e il fatto che non ricordasse con
chi fosse stato non gli faceva certo onore. A quel punto la ragazza
aveva fatto un sorrisetto, per dissimulare malamente una smorfia di
disapprovazione ed aveva continuato.
- Beh, lei ha detto che eri sul lago con una
Gryffindor e che ti ha riconosciuto. Ma non è per farti la
ramanzina su quante ragazze stai vedendo che ti ho chiesto di parlare.
Quella Quinn non mi piace, Neville. Ha detto delle cose che mi hanno
inquietata, quando la sua amica Liz l'ha raggiunta. Ho come la
sensazione che stia per tirarti qualche brutto scherzo, quindi stai
attento. -
- Cosa intendi, Herm? Quinn è una
ragazzina, cosa vuoi che possa combinare? -
- Temo che pensi di rifilarti
qualche filtro d'amore o qualche strano intruglio di quel genere,
magari fabbricato sotto il suo letto. -
Neville
non riusciva a credere a quelle parole. Quinn era una ragazzina tanto
dolce con lui, all'inizio del discorso di Hermione avrebbe scommesso
che lei fosse lì per intimargli di smetterla di fare il
farfallone e
di darsi una regolata, mentre adesso si trovava a doversi guardare le
spalle.
Sembrava
impossibile che potesse davvero essere in grado di fargli una cosa
del genere. Pareva così innamorata, quando stavano insieme.
- La credi davvero capace di una cosa del genere,
Herm? -
Hermione
aveva allargato le braccia, in un gesto che esprimeva tutti i suoi
dubbi.
- Non ne ho idea Nev, io non la conosco. Ma tu
sì. -
- Mi sembra molto strano, ma ti prometto che
terrò gli occhi aperti, non vorrei trovarmi con un bezoar
giù per la gola come il povero Ron. Sai, una cosa tira
l'altra... -
Per
un breve istante lo sguardo di Hermione si era indurito, al suono del
nome di Ron, ma dopo pochi istanti gli aveva sorriso.
- Comunque sarebbe il caso che avessi un po'
più di rispetto per queste ragazze, Nev. -
Gliel'aveva
detto mentre si stava già alzando dal gradino.
- Non sono giocattoli, hanno dei sentimenti, anche
se magari questi le portano a mettere in cantiere delle gran
sciocchezze, come sta facendo Quinn. -
Neville
si era alzato subito dopo di lei e aveva ridacchiato mentre si
spazzolava via la polvere dai calzoni.
- Sapevo che prima o poi saresti riuscita a
sgridarmi, durante questa conversazione. -
Le
aveva avvolto un braccio intorno alle spalle e posato un bacio sui
capelli.
Hermione si era appoggiata al fianco di Neville quasi
con sollievo. Erano settimane che non riceveva un abbraccio da
un amico e quella vicinanza la rincuorava.
Erano
risaliti in silenzio per le scale e al rientro avevano trovato la
Sala Comune piena di persone.
Hermione
si era guardata intorno e in fondo alla stanza, sotto la finestra
aveva visto Ron.
Stava per avvicinarsi, credendolo solo, per
chiarire una volta per tutte, ma una mano bianca, con le unghie
smaltate di rosso, era sbucata da dietro la tenda e si era posata in
una mossa apparentemente distratta sul suo avambraccio. Una cascata
di boccoli biondi nascondevano il viso della proprietaria dell'arto
in questione, ma Hermione non aveva alcun dubbio sulla sua
identità.
Ron, divertito da qualcosa che lei aveva detto, aveva
riso, illuminandosi di una gioia quasi fanciullesca.
Lavanda
Brown.
L'avrebbe
riconosciuta ovunque.
*****
Occhi
azzurri puntati su un calderone che bolle nella penombra, una ciocca
di capelli biondi che copre il profilo del viso di una ragazzina di
15 anni, impegnata a scrutare la riuscita del suo esperimento.
- E' quasi pronta. -
Un'altra
voce, un'altra persona lì presente.
Un
grosso mestolo mescolava la pozione con lentezza esasperante e le
ragazze osservavano i riflessi verdi e gialli sulla superficie del
liquido.
- Domani. -
Volute
di fumo si sollevavano dal calderone, a formare arabeschi nell'aria
che nessun altro avrebbe visto.
*****
Malfoy
si stava dirigendo verso la biblioteca, ancora incredulo all'idea di
essersi messo in piedi prima delle dieci di sabato mattina. Il motivo
per cui l'aveva fatto poi, lo rendeva ancora meno convinto della
sensatezza di quella decisione. Sarebbe potuto tornare
tranquillamente nel suo letto caldo, sarebbe potuto andare a volare al
campo da Quidditch, sarebbe anche potuto stare a fissare il muro
tutta la mattinata. Qualunque cosa, in quel momento, gli sarebbe
sembrata più intelligente e stimolante di ciò che
stava per fare.
La
sera precedente era seduto sul letto a parlare con Blaise, quando un
piccolo gufo grigio aveva picchiettato con il becco contro il vetro
della finestra. Draco gli aveva aperto sbuffando e la bestiola gli
aveva lasciato cadere tra le mani una piccola pergamena ripiegata.
Su
un angolo, vergato in una scrittura piccola e precisa, c'era il suo
nome. Aveva dispiegato il foglio senza riflettere e si era trovato
davanti un messaggio che mai avrebbe immaginato di ricevere.
“Lunedì
pomeriggio inizieranno le lezioni per i GUFO.
Siccome
non abbiamo alcuna alternativa e lavoreremo insieme, ti scrivo per
chiederti se saresti disponibile ad incontrarmi, più che
altro per
concordare il programma delle lezioni e per farci un'idea di come
gestire le ore che ci sono state concesse.
Domattina
sarò in biblioteca dalle otto; se non ci sono problemi,
raggiungimi
lì.
H.
G.”
Dapprima
Draco era rimasto pietrificato davanti al biglietto, tanto che Blaise
gli aveva passato una mano davanti agli occhi un paio di volte, per
accertarsi se fosse ancora presente, dietro lo sguardo scioccato, poi
gli aveva sfilato il biglietto dalle mani.
Draco
aveva cercato di recuperarlo, ma Blaise era stato troppo veloce e
pochi secondi dopo se la rideva beato, sdraiato sul letto.
Malfoy,
allora, si era avvicinato stizzito e glielo aveva strappato di mano
con un gesto brusco. Si era seduto alla scrivania, per rispondere
alla Mezzosangue e rimandarle indietro il biglietto con il suo stesso
gufo.
Le aveva scritto soltanto “D'accordo”,
senza
aggiungere altro che le sue iniziali.
Ecco
che ora si ritrovava a salire le scale dei sotterranei per andare in
Biblioteca, all'alba di sabato. Doveva essere impazzito, senza alcun
dubbio.
Ma se lui non fosse andato, quella Sanguesporco saccente
avrebbe potuto riferire a chiunque che lui le aveva lasciato fare
tutto il lavoro da sola, avrebbe detto ai professori che Draco Malfoy
non si era impegnato nel suo ruolo di Caposcuola e questo non avrebbe
potuto permetterlo.
Se l'era ripetuto ad ogni passo che lo
separava dall'ingresso della biblioteca, che si apriva sui banchi
allineati e sugli scaffali traboccanti di libri; lo faceva per non
perdere la faccia, di certo non perchè gliel'avesse chiesto
lei.
In
realtà nemmeno gliel'aveva chiesto, ad essere precisi: gli
aveva
scritto “Raggiungimi lì”
come se lui non avesse niente di
meglio da fare che stare lì a programmare in ogni piccolo
particolare delle lezioni di recupero per ragazzini. Presuntuosa come
pochi, la Granger, a supporre che lui fosse così disponibile
a
presentarsi con così poco preavviso.
Beh,
in fondo ci stai andando.
Certo
che ci andava, non poteva esimersi dal fare il suo dovere in modo
così plateale; gli sarebbe piaciuto non poco poterle
risponderle
male, dirle che non era a sua disposizione, ma la situazione non
glielo permetteva. Questo non significava che le avrebbe di certo
reso la vita facile quella mattina. Avrebbe contestato ogni sua idea,
avrebbe demolito ogni suo progetto. Sarebbe uscita da quella
Biblioteca distrutta, come meritava.
*****
Hermione
stava studiando su un tavolo accanto alla finestra, la luce che la
raggiungeva attraverso i vetri. Aveva costruito una specie di
muraglia, con i libri di Incantesimi, Trasfigurazione e Pozioni, i
più grandi di tutti, per proteggere le sue letture e gli
occhi dal
sole e non doverli strizzare per vederci qualcosa. Era china sul
libro di Antiche Rune, una spalla più sollevata dell'altra,
i
capelli che le coprivano buona parte del volto, a cercare di coprirsi
in ogni modo dal riverbero del sole.
Aveva
buttato uno sguardo all'orologio distrattamente più volte,
tra un
esercizio e l'altro ed ora che aveva finito di scrivere la prima
pagina dei suoi appunti aveva controllato l'ora per l'ennesima volta.
Erano le nove passate e Malfoy ancora non si vedeva.
Eppure le
aveva risposto che sarebbe venuto. Una replica piuttosto sgarbata e
sbrigativa, ma era pur sempre qualcosa e da Malfoy non è che
potesse
aspettarsi chissà quali moine e gentilezze. Almeno le aveva
risposto. Solo che era già da un'ora in Biblioteca e pensava
l'avrebbe raggiunta presto, per poter lavorare fin da subito e
sbrigarsela in fretta.
All'ennesima
occhiata verso la porta d'ingresso l'aveva visto comparire da dietro
il battente: una mano in tasca, l'altra a stropicciarsi gli occhi
con pollice e indice, i capelli che gli ricadevano scomposti sulla
fronte. Aveva la camicia, ma non la cravatta.
Da
quando noti tutti questi particolari di Malfoy?
Beh,
non è che stesse notando poi questi grandi particolari. Lo
stava
aspettando e l'aveva osservato mentre entrava. Non c'era nulla di
strano.
- Merlino, Mezzosangue, sembri un troll seduta
così storta. -
Il
tempo di perdersi in quei pensieri stupidi e lui aveva raggiunto il
tavolo e sputato la sua prima cattiveria. L'aspettava una mattinata
meravigliosa, in compagnia di un troglodita.
- Buongiorno Malfoy, vedo che ci siamo svegliati
con il piede giusto. -
- Come potevo svegliarmi con il piede giusto? Sono
dovuto saltare giù dal letto all'alba per arrivare qui a
programmare questa roba. Con te. -
Aveva
accompagnato la frase con un cenno della mano verso i libri di
Hermione, poi verso di lei, scocciato.
- Malfoy sono le nove e un quarto. L'alba
è ben lontana. -
- Granger, sono le nove e dieci. Di sabato. E'
ancora notte fonda, per la gente normale. -
La
ragazza aveva percorso con lo sguardo l'intera Biblioteca: era vuota,
ad eccezione di loro e di Madama Pince, che puliva i suoi occhiali
sospesi a mezz'aria davanti al suo naso, a colpi di bacchetta, con
una piccola pezzuola azzurra.
Hermione
aveva alzato distrattamente le spalle, per bofonchiare qualcosa che
somigliava a “Abbiamo molto da fare” e si era
girata a prendere
una pergamena dalla sua cartella poggiata sul pavimento.
- Dunque, io avevo ipotizzato un programma di
questo tipo. Ho già stilato la maggior parte degli argomenti
principali da trattare, consultando i programmi di tutti i corsi che
prevedono l'esame per i GUFO... -
Malfoy
le aveva sottratto la pergamena dalle mani, mentre stava ancora
parlando e adesso la stava scrutando attento, un sopracciglio alzato,
un mezzo ghigno sul viso.
- Mi stai dicendo che hai già fatto
tutto questo lavoro e che mi hai comunque fatto svegliare presto per
venire qui a dirti che sei stata brava? Scordatelo, Mezzosangue. -
Stava
tirando fuori la bacchetta dai pantaloni, probabilmente per far
evanescere la pergamena, ma Hermione si era girata di scatto e
l'aveva afferrata.
- Non mi interessa proprio nulla di sentirmi fare i
complimenti da te, maledetto sbruffone. Potessi lavorare senza la tua
fastidiosa presenza lo farei più che volentieri, ma dobbiamo
collaborare, quindi cerchiamo di farlo senza scannarci come due ragazzini. -
Hermione
lo fronteggiava, entrambe le mani sui fianchi, in una delle quali era
ancora stretta la pergamena. Madama Pince, nel frattempo, aveva
alzato lo sguardo dal suo lavoro di pulizia degli occhiali e la stava
osservando con evidente disapprovazione.
- Mi hai fatto anche alzare la voce in Biblioteca. -
Aveva
fatto un silenzioso cenno di scuse alla bibliotecaria, poi si era di
nuovo rivolta al ragazzo, che la guardava di sottecchi, come per
studiare quale sarebbe stata la prossima mossa.
L'avrebbe
strangolato, per quella capacità che aveva di farle perdere
le
staffe, ma non doveva dargli la possibilità di continuare
con
quell'atteggiamento. Dovevano portare a termine un compito e
l'avrebbero fatto.
- Avanti Malfoy, prima ci mettiamo al lavoro, prima
finirà questo strazio per entrambi. -
L'aveva
preceduto alla scrivania dove c'erano tutti i suoi libri e si era
seduta accanto alla finestra, poi aveva spinto con una mano la lista
degli argomenti davanti alla sedia accanto alla sua e l'aveva
guardato da sotto in su, come ad invitarlo a sedersi.
Malfoy
si era lasciato cadere accanto a lei con un sospiro estenuato.
- E sia, per Salazar. Facciamo questa cosa. -
*****
Avevano
lavorato bene. Sembrava assolutamente incredibile, ma dopo le prime
scaramucce infantili Malfoy si era seduto accanto a lei ed aveva
collaborato in modo eccellente.
Nemmeno per un secondo aveva
lasciato cadere la sua espressione spocchiosa ed irritante, ma aveva
proposto, si era impegnato ed avevano tirato fuori una scaletta per
le lezioni di tutto rispetto.
Inizialmente
l'idea era quella di occuparsi ognuno degli studenti della propria
casa, condividendo soltanto il programma, per dare l'apparenza di una
collaborazione alla McGranitt, dato che l'aveva richiesta. Ma alla
fine di quella mattinata di lavoro avevano raggiunto un accordo
diverso.
Avrebbero
insegnato ai ragazzi insieme, prendendo ognuno le redini delle
materie che gli erano più congeniali, ma sottoponendo sempre
all'altro qualunque decisione riguardo l'esclusione o l'aggiunta di
argomenti. Era surreale.
Ad
Hermione nemmeno sembrava possibile di essere riuscita ad ottenere
non solo il suo programma per la gestione di quei pomeriggi, ma di
averne ottenuto uno buono e per giunta di esserci riuscita grazie
all'aiuto di Malfoy.
Non aveva mai dubitato della sua
intelligenza, questo no. Per essere bravo com'era in Pozioni, specie
quando c'era Piton ad insegnare, doveva avere un gran talento, ma era
stata soprattutto la sua abilità in Occlumanzia, che era
arrivata
alle orecchie di Harry, una volta a convincerla delle sue
capacità.
Per essere bravi occlumanti bisogna essere degli ottimi maghi ed
evidentemente Malfoy lo stava diventando.
Quello
che non immaginava era che lui le avrebbe permesso di lavorare con
lui in quel modo. Si aspettava che la ostacolasse, che bocciasse ogni
sua idea. Non poteva dire che all'inizio lui non fosse stato
scontroso e assolutamente intrattabile, ma man mano che scorrevano
quella lista, mettendo mano ai libri degli anni precedenti, si era
rilassato ed aveva iniziato ad essere davvero utile.
L'aveva
osservato lavorare, mentre cercava questo o quell'incantesimo sui
libri e lei scriveva sulla pergamena l'elenco degli argomenti da
discutere. Si era ritrovata più di una volta a guardarlo
chino sulla
pagina, con una ciocca di capelli che gli ricadeva davanti all'occhio
destro e che lui spostava costantemente indietro con la mano, lo
sguardo concentrato e gli occhi grigi che saettavano da una riga
all'altra del testo, veloci come piccole schegge d'acciaio.
Quando
gli aveva proposto di non dividere i ragazzi nelle due case, ma di
insegnare a tutti insieme, entrambi, si era aspettata un netto
rifiuto, uno sguardo schifato e magari una cattiveria delle sue,
invece lui l'aveva stupita. Aveva scrollato le spalle e le aveva
detto che, dato che la McGranitt voleva collaborazione, avrebbero
collaborato, fino in fondo. Non si sarebbe tirato indietro.
Era
stata stranamente felice di quella risposta, quasi entusiasta.
Le
era davvero piaciuto lavorare con lui, in quel clima. Era un compagno
di studi intelligente e brillante, un ragazzo molto sveglio e
perspicace. Non aveva mai trovato nessuno di così
stimolante, sotto
quel punto di vista. Era quello il motivo per cui si sentiva
così
raggiante all'idea di lavorare ancora con lui, non certo
perchè lei
fosse contenta di dividere le sue giornate con quel borioso di
Malfoy.
Si
erano dati appuntamento in biblioteca per il lunedì
pomeriggio,
mezz'ora prima dell'inizio delle lezioni con gli studenti del quinto
anno, per preparare gli appunti per loro e cominciare a mettere a
punto la lezione prima che arrivassero.
Era colma di aspettative
per quel compito: era certa che le sarebbe piaciuto moltissimo
aiutare a studiare i ragazzi più giovani. Non vedeva l'ora
di
cominciare.
*****
Adorava
la domenica.
Poteva svegliarsi tardi, scendere a fare
colazione quando la Sala Grande era quasi deserta, mangiare toast
praticamente imbevuti nello sciroppo d'acero senza che nessuno lo
guardasse come se fosse impazzito ed andare ad allenarsi al campo di
Quidditch.
Adorava la domenica.
Quella
mattina, quando aveva aperto gli occhi si era ritrovato davanti la
camera illuminata dal sole già alto, il verde brillante del
suo
baldacchino che gli dava fastidio agli occhi appena aperti e aveva
sentito la voce di Blaise che chiacchierava con una ragazza, arrivare
dalla Sala Comune.
Si era guardato intorno, per capire se era
solo in camera, come sperava, ed aveva trovato soltanto letti sfatti,
camicie e calzoni sparsi ovunque.
Adorava
la domenica, l'aveva già detto?
Si
era alzato con tutta calma, infilato un paio di pantaloni comodi e
una felpa verde scuro, capo che aveva imparato ad indossare da
quando, con sua madre, aveva preso l'abitudine di passeggiare tra i
babbani. Non erano esteticamente un granchè quelle
“cose”, ma
erano davvero comode ed aveva scoperto che non c'era di meglio per
fare un bel volo sulla scopa, non volendo indossare sempre la divisa
da Quidditch.
Mentre
si allacciava le scarpe, Blaise era entrato in camera, assestandogli
una pacca sulla schiena.
- Buongiorno Malf. Mattiniero eh? Che ci fai
già in piedi alle dieci e mezza? -
Lo
prendeva sempre in giro per l'abitudine che aveva di dormire
più a
lungo di lui e in particolare, quel giorno, lo stava sfottendo
perchè
la mattina precedente aveva assistito alla sequela di improperi che
Draco aveva proferito al risveglio, prima di andare in Biblioteca
dalla Granger.
- Vado a fare un paio di voli allo stadio, mi
alleno un po'. Sai, io sono nella squadra, devo mantenere il mio posto.
-
Il
ghigno che gli era comparso sul viso aveva colpito nel segno.
Blaise
desiderava giocare a Quidditch dal primo anno, ma non aveva mai avuto
uno straccio di talento ed era sempre rimasto sugli spalti a
guardare.
-Devo forse provare a farti una qualche fattura
mentre dormi, così mi prendo il tuo posto di Cercatore? -
Il
ragazzo gli aveva puntato contro la bacchetta, che teneva con due
dita, con un'eleganza quasi sfagata, come se stesse giocando con un
innocuo bastoncino e l'aveva diretta verso la mano di Draco.
- Se anche io finissi stecchito giù
dalla scopa non prenderesti mai il mio posto Blaise. Prima di provare
anche solo a pensare di prendere te, avrebbero già messo
sulla scopa un troll con l'artrite. -
Blaise
gli aveva risposto con un gesto noncurante della mano, come se quello
che Draco pensasse riguardo il Quidditch non fosse niente di
importante.
- Non ci capisci nulla di queste cose, tu. -
Per
l'appunto.
- Infatti Blaise, gioco solo da sei anni, in fondo.
-
Ma
l'amico non lo stava più ascoltando. Si era rintanato in
bagno,
chiudendosi dietro la porta dopo una vigorosa scrollata di spalle.
Draco aveva scosso la testa, ridendo ed era uscito dai sotterranei,
Firebolt alla mano.
Stava
volando ormai da più di un'ora e mezza, in picchiate e
rapide
risalite, all'inseguimento di un boccino immaginario o soltanto per
il piacere di sentire l'aria sul viso e di assaporare quel senso di
libertà e spensieratezza che ormai sentiva soltanto quando
aveva la
sua scopa tra le mani.
Era
riuscito in un paio di schivate ad alcuni uccelli per cui si era
complimentato con se stesso ed ora stava volando piano sopra lo
stadio, quasi stesse facendo una passeggiata.
Il
giorno precedente aveva passato una strana mattinata.
Era
andato dalla Granger agguerrito più che mai, deciso a farle
sputare
sangue per ottenere la metà di ciò che immaginava
si fosse
prefissata. Era partito con l'idea di farle passare ogni voglia di
lavorare con lui, se mai ne avesse avuta e di renderle la vita
impossibile, ma non era riuscito a fare niente di meglio di qualche
battuta acida.
Perchè
non l'aveva trattata male come avrebbe voluto?
Probabilmente
era perchè gli era piaciuto quel lavoro. Si era concentrato
sulle
cose da fare, si era smarrito nell'enorme quantità di
argomenti di
cui discutere, nella programmazione di ogni piccolo dettaglio ed
aveva perso di vista l'obiettivo principale: umiliare la
Mezzosangue.
Era
partito bene, quando l'aveva vista in fondo alla stanza, piegata
scompostamente su un grosso libro. L'aveva attaccata subito con una
battuta maligna, ma poi lei gli aveva risposto, gli aveva messo
davanti tutto il lavoro da fare e lui si era distratto.
Lei
l'aveva distolto dai suoi programmi, con la sagacia con cui
rispondeva ad ogni sua critica, con l'intelligenza con cui gli aveva
tenuto testa su ogni materia di cui avessero discusso. Era sveglia,
per essere una Nata Babbana, era fuor di dubbio, ma restava sempre
una Sanguesporco.
Era
anche troppo arguta, tanto da essere riuscita a tenergli occupata la
mente con tante cose da fare, fino a fargli perdere lo stimolo di
schiacciarla, fino a fargli scordare che lei non era nemmeno degna di
parlargli, figurarsi di mettersi a lavorare con lui.
E
quando, mentre lui stava raccogliendo le sue piume e i libri che
avevano preso dagli scaffali, per riporli al loro posto, lei gli
aveva proposto di lavorare insieme anche durante le lezioni, quando
gli aveva detto di non dividere le due case, lui aveva accettato
senza pensare.
L'hai
fatto per non essere da meno, per dimostrare alla McGranitt che puoi
fare qualunque cosa, anche lavorare con lei.
Certo,
era una mossa tattica.
Se la vegliarda avesse visto quanto erano
bravi a collaborare e quanto poco lui fosse stato ostile, l'avrebbe
avuta dalla sua parte, anche più avanti. Forse,
chissà, avrebbe
potuto sperare anche in una parola buona al Ministero, se non per
evitargli il processo, almeno per guadagnare uno sconto
sull'eventuale pena.
L'aveva
vista illuminarsi, quando lui le aveva dato risposta affermativa e si
era sentito stranamente compiaciuto, davanti a quell'espressione. A
lei piaceva, lavorare con lui.
Forse
avrebbe potuto sfruttare in qualche modo questa piccola scoperta,
forse poteva approfittare di questa debolezza.
Mentre
si perdeva in queste riflessioni, cercando di trovare un modo di
colpire la Granger, Draco aveva sorvolato l'intero campo da Quidditch
ed ora si era ritrovato al di sopra della capanna di Hagrid, al
limitare della Foresta.
Gli
alberi erano ancora lì, sempre stranamente vicini all'orto
del
Custode, di nuovo così inusuali, anche da quel punto di
vista
sopraelevato.
Draco
era sceso lentamente di quota, sfiorando con i piedi le chiome degli
alberi più vicini al limitare della boscaglia, fino ad
arrivare a
terra, poggiando i piedi sull'erba umida.
Da
lì, guardandoli da più vicino rispetto all'ultima
volta, la Foresta
sembrava sempre più strana. Gli alberi sembravano
più affollati del
solito, ma in qualche modo ordinati, quasi come se fossero stati
posati lì intenzionalmente, secondo un progetto, non
seguendo la
natura.
Draco
si era avvicinato alla corteccia di uno dei tronchi e aveva sfiorato
le venature del legno con le dita. Era freddo, umido, quasi viscido,
come se avesse smesso di piovere da poco, ma non pioveva da due
giorni.
Si
era guardato intorno smarrito, pensando quasi di stare impazzendo, a
dare corda a quell'idea così strana riguardo agli alberi che
cambiavano. Gli serviva una prova: doveva dimostrare, anche soltanto
a se stesso, che non stava vaneggiando. La Foresta stava in qualche
modo mutando e lui voleva capirne di più.
Aveva
estratto la bacchetta dalla tasca dei pantaloni ed aveva mormorato un
incantesimo.
- Flagramus! -
Una
X rossa e fiammeggiante si era impressa sulla corteccia del primo
albero ed in pochi secondi aveva lasciato soltanto una cicatrice
brunita e tiepida.
Uno dopo l'altro aveva contrassegnato segnato
gran parte gli alberi dietro la capanna del Custode, per quattro file
verso l'interno della foresta. Li avrebbe tenuti d'occhio
periodicamente, per capire se effettivamente qualcosa stava accadendo
o se, come iniziava a sospettare, stesse davvero diventando un
pazzoide paranoico.
Note:
-
Quando Hermione pensa alla malvagità e
ai discorsi di Harry e Ron, si riferisce prevalentemente al discorso
che avevano fatto al sesto anno, quando Potter si diceva convito che
Malfoy fosse stato marchiato durante una cerimonia di iniziazione da
Magie Sinister.
-
Le parole di Sirius sono pronunciate durante una
conversazione con Harry a Grimmauld Place ne “L'Ordine della
Fenice”.
-
Gli avvenimenti che riguardano Draco sono
raccontati ne “Il Principe Mezzosangue” e in
“Deathly Hallows”.
-
Lo schiaffo in “Il Prigioniero di
Azkaban” è un momento epico, specialmente per noi
innamorate L&L, non azzardatevi a dimenticarlo, mentre
l'episodio in cui Hermione accusa Draco di essere comprato l'ammissione
è ne “La Camera dei Segreti”.
-
Hermione accusa se stessa di essere una pessima
bugiarda. Questa frase riprende, in un certo qual modo, alcuni scambi
di battute ne “La Bellezza del Demonio” di Poison
Spring. Non sia mai che si dica che cito senza creditare gli autori. XD
-
La battutaccia sull'Expelliarmus è ormai
un'evergreen delle storie nonché delle nottate su msn con le
mie amate vacche, la troverete un po' ovunque nelle storie di tutte e
quattro, se le leggete, quindi tant'è. Tutto sta nel fatto
che troviamo ridicolo che la Rowling abbia deciso di dare l'estremo
saluto al mago più potente di tutti i tempi con un
incantesimo che si impara al secondo anno di scuola di Magia, ma che a
Potter piace tanto. Diciamo che avremmo sperato in qualcosa di
più impegnativo, ma il re delle fortune, Pottah
può tutto, anche questo.
-
La parola d'ordine è una citazione
criptica di HBP capitolo 23, in cui viene usata la parola verme
solitario. La Tinea Solium è, per l'appunto il nome
scientifico dell'elminta che viene chiamato volgarmente
“Verme solitario”.
-
Meredith è un personaggio originale, di
mia completa invenzione. Non le ho ancora trovato un cognome, dato che
al momento non mi serve, ma lo farò quanto prima, promesso.
-
Lasciatemi gioire per il primo attimo Rovanda
(Ron-Lavanda) della storia, per favore.
Io amo loro due insieme. I loro due neuroni sono veramente meravigliosi
quando si uniscono... <3
-
La bravura di Draco
in Occlumazia è farina del sacco della Rowling, non sono io
che gli attribuisco pregi che non ha, per gli amanti del canon,
è stato dichiarato in un'intervista dall'autrice in persona.
u_u
-
Bene, bene, bene. Si inizia con le interazioni tra
i due, ma non mi sbilancio a dire nulla.
Piuttosto, ditemi voi che ne pensate dei loro discorsi, delle loro
reazioni. Stavolta io mi astengo dal commentare. :)
-
Gli alberi. Draco è paranoico come
Pottah o qualcosa sta succedendo veramente?
L'incantesimo usato da Draco sugli alberi
è stato utilizzato da Hermione ne “L'Ordine della
Fenice” per segnare le porte dell'ufficio misteri durante la
spedizione con Harry, Ron e gli altri membri dell'ES.
Eccoci
qui, dopo un'interminabile attesa.
Non mi metto nemmeno a fare le
solite scene, perchè è passato talmente tanto
tempo che se siete
ancora qui vi meritate una statua. Punto.
Il prossimo capitolo è
già tutto progettato nella mia mente e se il Salazar mi
assisterà
potrebbe anche arrivare in breve (relativamente in breve).
Colgo
l'occasione per comunicarvi che ho fatto un po' di
“pulizia”
nell'account FB, eliminando le persone con cui non avevo mai avuto
alcun contatto né scambio. Da ora in avanti, per alcune
questioni
personali, non accetterò più richieste di
amicizia se non
accompagnate da un paio di parole in cui mi si dica chi siete su EFP.
Ho però aperto una Pagina Autore, su cui convergeranno tutti
gli
spoiler, le notizie riguardo alla scrittura (e anche qualche
minchiata delle mie, quelle non mancheranno mai) e le mie storie.
Mi
farebbe davvero piacere trovarvi da quelle parti. La pagina la
trovate QUI.
Grazie
di tutto cuore a tutti: a chi recensisce, chi preferisce, ricorda e
segue. Anche a chi legge e basta. Mi trasformate sempre in una
gelatina rosa ed imbarazzante.
Un grazie speciale a Miki, che ha
segnalato la storia per le scelte, permettendole di essere inserita
con una velocità lampo. Gemellina, non ho parole. *-*
|