7-Sole levante
Titolo: Ars Moriendi, Capitolo 7 - Sole levante
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland),
Francia (Francis Bonnefoy), America (Alfred F. Jones), Austria (Roderich
Edelstein), Ungheria (Elizabeta Hédervàry), Prussia (Gilbert Beilschmidt),
Germania (Ludwig), Nord Italia (Feliciano Vargas), Russia (Ivan Braginski),
Bielorussia (Natalia Arlovskaya), Svizzera (Vash Zwingli)
Genere: Mistero, Dark,
Suspence
Rating: Giallo
Avvertimenti: AU, Yaoi, Shonen-ai, Het
Parole: 3,907 con Windows Office
Disclaimer: I personaggi della fanfiction provengono
da Axis Powers Hetalia che appartiene a Hidekaz Himaruya
Note: 1. In
questo capitolo verrà spiegato tutto, o almeno ci
proverò. Non è stato per nulla facile condensare tutto in
queste righe, per cui e avessi dimenticato qualcosa niente paura e
chiedetemi! C'è una spiegazione per ogni cosa, è solo che
potrei aver dimenticato di scriverla.
2. Poiché ogni mio
tragico finale deve essere accompagnato da una colonna sonora adatta,
questa volta vi lascio questo video Cherish.
Purtroppo quei robosi del Tubo hanno rimosso tutte le copie di questa
canzone da tutti i video che l'avevano, perciò io faccio
l'hacker e vi passo il video in Mediafire, perchè merita tanto.
Qui---> Mediafire
VII. Sole levante
Arthur
arrivò in cima alle scale praticamente assieme agli altri: ciò che aveva visto
lo aveva privato di tutte le sue certezze. Scalò la torre e si ritrovò in uno
stretto ambiente costipato di persone. In quel momento riconobbe anche il
rumore di colpi che avevano udito dal piano di sotto: era Ludwig che batteva
sulla porta in legno della stanza di Feliciano. Quindi era ancora fuori? Non
aveva spinto lui l’italiano dalla torre? Chi c’era lì dentro?
“Aprimi,
Feliciano!” gridava Ludwig picchiando sulla porta, ma Roderich lo spinse da
parte.
“È inutile chiamarlo,
sfondiamola.”
“Come
sarebbe che è inutile chiamarlo?!” volle sapere il tedesco, ma nessuno si fece
avanti per rispondere.
La
vecchia serratura cedette e ad un tratto furono tutti nella stanza. La finestra
era aperta, le tende svolazzavano al vento, non c’era alcuna traccia di una
qualsiasi presenza umana, eccetto una scarpa solitaria rimasta ai piedi della
finestra.
Ludwig
sembrò capire al volo, si affacciò verso il precipizio, guardò giù. Senza
sapere il perché, Arthur trattenne il respiro fin quando il tedesco non si
ritrasse, inginocchiandosi di fronte al davanzale, come se si fosse genuflesso
al cospetto di un altare. Perdere il fratello e l’amante in una notte,
l’inglese poteva immaginare come si sentisse, ma non c’era tempo da perdere e
infranse l’immobilità generale iniziando a ispezionare la camera.
Da
sotto il letto sporgeva una valigia aperta, i vestiti sembravano essere stati
messi dentro alla rinfusa e in tutta fretta. Eccetto quello, tutto sembrava
trovarsi al proprio posto.
Alfred
formulò un’ipotesi sottovoce. “Se Ludwig era chiuso fuori dalla stanza, allora
Feliciano… potrebbe essersi buttato? Piangeva…”
Non
fece in tempo a terminare la frase che il tedesco gli era già addosso con la
stessa espressione di chi sarebbe stato pronto a seppellirlo vivo.
“Vai
fino in fondo!” lo provocò. “Cosa stavi insinuando? Pensi che l’abbia ucciso
io?!” Lo afferrò dal colletto, a momenti lo avrebbe sollevato da terra e
scaraventato dalla finestra. “Per me ognuno di voi potrebbe essere l’artefice
di ciò! Cosa pensi che voglia farti, in questo momento? Riesci a immaginarlo?!”
Arthur
doveva fare qualcosa, non era il momento di distrarsi. “Beilschmidt, lei ha
ragione, ma si calmi, ha già preso abbastanza pugni per oggi!”
“Sono
in grado di difendermi da solo!” replicò Alfred e l’inglese ci ripensò: un
altro pugno gli avrebbe fatto bene.
“Ludwig
ha ragione: chi si suicida non grida e non perde le scarpe. È evidente che sia stato
spinto contro la sua volontà.”
Il
tedesco perse interesse per Alfred. “Feliciano mi ha preceduto qui e si è
chiuso a chiave. Io non ho fatto altro che bussare e chiamare, poi l’ho sentito
gridare e basta. Ora spiegatemi perché Edelstein è slegato e perché diamine
Feliciano si trova improvvisamente su quelle rocce!”
Arthur
fece un passo indietro per uscire dal raggio di un probabile pugno di Ludwig.
“Lo chiederemo all’assassino.”
“Quale
assassino?” chiese Roderich. “La porta era chiusa a chiave e qui non c’è! È fuggito, ma come
poteva uscire dalla finestra senza cadere?”
“Non
l’ha fatto.” Arthur si girò verso il vecchio armadio in legno che stava dritto
in un angolo. “Non è mai uscito.”
Tutti
si voltarono increduli verso le due ante che persistevano a rimanere immobili e
mute, come aspettando che queste prendessero vita. Ma Ludwig non perse tempo,
afferrò saldamente i pomelli e spalancò l’armadio.
L’interno
era in ombra, molti vestiti erano appesi male oppure, caduti, si erano adagiati
su quello che appariva come un corpo umano. Ludwig indietreggiò lentamente,
consentendo alla luce di illuminare i lineamenti di colui che si trovava semi
nascosto dai panni e che li guardava, inespressivo, dalle profondità dei suoi
occhi vermigli.
“T-Tu…”
Elizabeta allungò una mano tremante. “Come…?”
“Perché?”
sospirò piano Ludwig.
Lui
non rispose, con un passo elegante uscì dall’armadio, lasciandosi dietro una
scia di vestiti.
“Sono
già finiti i giochi?” domandò Gilbert con un sorriso tagliente sul volto cereo.
Nessuno
trovò le parole né il fiato per rispondere, neppure Arthur.
“Dalle
vostre espressioni deduco che nessuno di voi fosse arrivato a sospettare di
me.” Gilbert li sfidava apertamente con la sua sfacciataggine.
Ma
Roderich accettò la provocazione. “Io l’ho sempre saputo, l’ho sempre
sostenuto. Una persona come te non poteva essere altri che un infame
assassino.”
L’albino
accettò quell’insulto senza reagire, togliendosi una cravatta che gli si era
adagiata sulla spalla.
“Gilbert…”
Ludwig ritrovò la voce, “ora mi dirai cosa ci fai qui, e pretendo che la tua
spiegazione non abbia niente a che vedere con i morti che ci sono stati.”
“Rimarrai
deluso, fratellino. Anche se mi rammarico fortemente che tu non sappia cogliere
la magnificenza della mia opera d’arte. È
andato tutto alla perfezione e gli errori sono stati sfruttati a mio vantaggio.
Sarebbe finito tutto e voi non vi sareste accorti di nulla. Peccato per
Feliciano…”
Ludwig
scosse la testa incredulo.
“Mi
spiace davvero” confessò Gilbert. “Lui non era nei miei piani, è solo stato
sfortunato.”
“Spiegaci
tutto, Beilschmidt, o ti faremo parlare con la forza!” lo minacciò Roderich.
L’albino
sollevò le mani di fronte a sé. “Tranquilli, non ho intenzione di farmi
torturare. Vi spiegherò tutto, era già nelle mie intenzioni. D’altronde è stato
tutto talmente ben studiato che sarebbe un peccato non vantarmene.”
“Perché
l’ha fatto?” domandò Arthur per primo.
Gilbert
scoppiò a ridere. “Ma come perché? È
tutto talmente ovvio che sono davvero stupito che non ci abbiate pensato
subito! Per i soldi, no? Alla fine avete tutti sospettato di Edelstein… beh,
era proprio quello il mio scopo. Sarebbe caduto in rovina se nel suo bel
castello si fossero consumati tutti questi efferati omicidi, avrebbe finalmente
perso quella sua insopportabile sicurezza e quell’orgoglio da nobile che non
gli consentivano nemmeno di abbassare la sua regale testa verso noi comuni
mortali!”
Roderich
ascoltava a braccia conserte e gli occhi stretti in segno di disprezzo.
“E
tutto questo grazie a lei, caro ispettore” disse Gilbert, inchinandosi
platealmente davanti ad Arthur e facendo risuonare la parola ispettore come se fosse un insulto.
“Grazie alle sue brillanti conclusioni stavo per realizzare pienamente il mio
piano.”
Umiliato,
di nuovo. Arthur strinse i denti e non rispose alle provocazioni.
Infine,
fu a Francis che l’albino si rivolse. “Ma soprattutto, grazie a lei, signor
prestigiatore, e al suo filtro miracoloso.”
Francis
appariva incredulo e sorpreso. “Il mio filtro? L’ho controllato, le ampolle
c’erano tutte! Non lo lascerei mai incustodito. Ma soprattutto, come potevi
sapere che lo avevo con me? Nessuno lo sapeva.”
La
risposta di Gilbert fu breve, ma Francis comprese al volo: “Berlino.”
Gli
occhi del francese si illuminarono. “Oh… come ho fatto a dimenticarlo. Eri tu
quello che è venuto a farmi tutte quelle domande e a tempestarmi di critiche
dopo lo spettacolo!”
“Ma
in fin dei conti gliel’ho ricordato anche ieri sera, no? Non credo ai suoi
trucchetti, ma li trovo comunque utili. Dopo lo spettacolo sono venuto a farle
delle domande su quella donna che lei diceva di aver resuscitato e allora l’ho
visto, il suo filtro, e ho capito che era quello l’artefice del suo miracolo.
Sono bastate alcune brevi ricerche su di lei per scoprire che girava tutta
Europa e che presentava sempre gli stessi spettacoli. Era chiaro che si sarebbe
portato le sue pozioni anche qui, no?”
“Ma
le ampolle c’erano tutte” ripeté Francis iniziando a spazientirsi.
“È vero, ma se da ognuna
di quelle io prendessi qualche goccia, fino ad ottenerne la quantità
sufficiente, nessuno se ne accorgerebbe, vero? È stato un bel trucco, no?”
Elizabeta
si fece avanti verso Gilbert, quasi come se volesse abbracciarlo, in realtà
all’ultimo momento gli depositò sul viso un potente schiaffo.
“Mi
hai fatto credere di essere morto! Non ti importava niente di me?! E di tuo
fratello?”
Era
sul punto di sferrargliene un secondo, ma Gilbert le afferrò il polso
bloccandolo a mezz’aria. Improvvisamente Elizabeta parve ricordarsi che di
fronte a lei si trovava un pluriomicida e mostrò paura. L’albino le lasciò
bruscamente il braccio spingendola via.
“Di
te non avevo alcun motivo di preoccuparmi.”
“Cosa
intendi?” domandò Elizabeta tenendosi stretta il polso.
“Non
mi interessa quello che pensi, né quello che provi. Mi sei stata utile per
arrivare ai soldi di tuo marito e un divertente passatempo, ma niente di più.”
Elizabeta
non poteva credere a ciò che stava sentendo.
“Vuoi
sapere altro?” continuò Gilbert insensibile.
“Stai
zitto! Sarei stata capace di perdonare i tuoi omicidi, perché in fondo aveva i
tuoi motivi, ma questo… La tua è solo crudeltà!”
Gilbert
alzò leggermente il mento, come se ciò gli permettesse di fronteggiare meglio
le persone che lo accusavano. “Voi tutti credete che io sia crudele… ma nessuno
qui sa cosa sia davvero la crudeltà. Non
è vero, Ludwig? A te ne serviva una bella dose d’assaggio per uscire dal
tuo mondo di illusioni.”
“Non
spacciare i tuoi delitti per un favore fatto a me!” ribatté Ludwig.
Nel
frattempo Arthur fremeva. Nonostante la profonda umiliazione che stava
ricevendo, il suo desiderio di scoprire come Gilbert avesse potuto compiere
tutti quegli omicidi passando inosservato era irresistibile.
“Lei…
lei si ritiene responsabile di tutte le morti?” iniziò Arthur per indurlo a
parlare. “Davvero li ha uccisi tutti senza mai farsi vedere, riuscendo sempre a
far ricadere la colpa su qualcun altro?”
Gilbert
era impaziente di potersi vantare del suo successo. “Che proprio lei sia
incredulo mi delude, ma sicuramente un’impresa come la mia va spiegata a delle
menti semplici come le vostre. In realtà è bastato farvi credere che fossi
morto per mettermi al sicuro, anche se aveste pensato che sarei potuto essere
l’artefice di uno degli omicidi, avreste semplicemente pensato che il vero
assassino avesse cercato di incastrarmi. Già semplicemente con l’omicidio di
Zwingli l’unico a sospettare di me era stato Edelstein, ma nessuno gli aveva
creduto poiché l’avevo provocato baciando Elizabeta. Proprio come, poco prima,
avevo provocato Zwingli per spingerlo a usare il suo fucile. Chi avrebbe potuto
pensare che mi sarei messo proprio in mezzo alla sua linea di fuoco? Che atto
sconsiderato, non è vero? Tuttavia geniale. Eliminando il notaio avrei
eliminato anche il mio problema più urgente, quello del risarcimento. Ma non
era abbastanza.”
Fece
qualche passo verso Arthur. “Lei invece è stato una sorpresa. Non pensavo che
fosse un poliziotto, ma avrei potuto sfruttare le sua abilità a mio vantaggio.
Quella di andare a rinfrescarmi dopo aver rischiato di morire era una scusa
perfettamente plausibile per permettermi di andare ad avvelenare il suo
brandy.”
“E
se non l’avessi bevuto?”
Gilbert
rise. “E se il sole non sorgesse più? E se gli alberi crescessero a testa in
giù? Per favore, per tutta la sera si è aggrappato ai bicchieri di alcool come
se fossero il suo ossigeno, ovvio che l’avrebbe bevuto, prima o poi.”
Arthur
doveva smettere di spingere la gente a parlare del suo alcolismo.
“Ma
ha davvero previsto tutto ciò che sarebbe successo?” domandò Alfred incredulo.
“Assolutamente
no, mi sono limitato a prevedere le vostre azioni logiche e a sfruttare il caso
a mio vantaggio. Per esempio, non immaginavo che mi avreste imprigionato in
camera così presto, credevo che avreste pensato a un incidente, oppure che
avreste incolpato Edelstein! Tuttavia quello si è rivelato essere il momento
giusto per mettere in scena la mia morte. E Natalia… devo ringraziare anche lei
e la sua fame insaziabile che l’ha spinta a mostrarmi il suo coltello. Non si è
accorta di niente mentre glielo sfilavo dato che la stavo intrattenendo anche
da qualche altra parte.”
Elizabeta
si voltò dall’altra parte.
“Ovviamente
mi ero procurato un coltello per tagliarmi i polsi, ma usando il suo avrei
potuto confondervi di più.”
“Allora
si è tagliato davvero i polsi? Come ha potuto sopravvivere?” chiese ancora Alfred.
Gilbert
sollevò le braccia e mostrò a tutti i segni dei tagli.
“È sufficiente non andare
troppo a fondo e fasciare subito per fermare il sangue. A questo ci hanno
pensato le bende con cui mi sono legato alla sedia, e se ancora non vi fosse
chiaro ho usato i denti per stringere i nodi, non è difficile. Nel frattempo il
filtro ha fatto effetto. Natalia mi aveva chiuso dentro, è vero, ma ci avreste
pensato voi a farmi uscire e a portarmi in cantina. Ho anche nascosto la chiave
della camera in modo che poteste sospettare di tutti. In verità, ho gettato
anche quella dalla finestra.”
“Il
sangue… non era il tuo. Da dove veniva allora?” chiese Roderich.
Ma
Arthur aveva finalmente capito. Era così facile! Proveniva…
“…dal
cadavere dissanguato all’obitorio! Non è fenomenale?” si vantò Gilbert. “Avete
sempre avuto la soluzione sotto al naso ma nessuno di voi è riuscito a mettere
assieme tutti i pezzi. L’ho trasportato qui in vasi di vetro e l’ho usato per
sporcare le pareti e rendere tutto più deliziosamente inquietante. Poi i vasi
li ho…”
“…gettati
dalla finestra!” indovinò Arthur. “Erano quelli i frammenti di vetro che ho
trovato vicino a Feliciano.”
“Si merita un applauso per questo” lo derise
Gilbert. “In realtà speravo che finissero nel precipizio, ma devo aver
sbagliato la mira. Però ho avuto l’accortezza di lasciare in bella vista il
gemello di Edelstein. L’avete trovato? Gliel’ho rubato all’inizio della serata,
quando gli ho stretto la mano. A chi tocca ora? Ah, Natalia. Mi è dispiaciuto,
ma ho trovato particolarmente eccitante vederla dissanguare. Anche nella morte
quella donna ha conservato talmente tanta freddezza e nobiltà da affascinarmi.”
“Che
motivo aveva di uccidere anche lei?” volle sapere Arthur.
“Nessuno.
Ovviamente durante la notte non potevo rimanere sempre nello stesso posto, dato
che voi vi muovevate di continuo. Mi sono spostato di stanza in stanza…”
“Era
lui!” Alfred lo indicò all’improvviso. “Era lui il fantasma che ho visto in
corridoio! Era tutto bianco…”
“Oh
sì, mi è sembrato che ci fosse qualcuno, ma mi sono nascosto in bagno. Peccato
che Natalia sia entrata proprio lì. Non avevo molte alternative… Ciò che mi ha
davvero colpito è stato il fatto che non si sia sorpresa vedendomi. In ogni
caso una morte in più avrebbe solo gettato più fango su Edelstein.”
“E
a questo punto” si intromise quest’ultimo, “ci tengo a precisare che le
banconote russe ritrovate nel mio studio erano quelle con cui sono stato pagato
per l’affitto del mio atelier.”
“Cosa
sarebbe successo se non ti avessimo fermato?” chiese Ludwig al fratello. Anche
se era furioso, lasciava comunque trapelare un grande dolore. “Quanti ancora ne
avresti uccisi?”
“In
realtà ero venuto in questa stanza proprio per andarmene. Ero venuto a prendere
i soldi che avevi dato a Feliciano prima di venire qui, perché volevo tornare
in Germania e attendervi lì. Non mi sarei mai aspettato di vedere Feliciano
entrare di corsa. Mi sono nascosto nell’armadio, lui non mi ha visto. Piangeva
e so anche il perché.”
“Lo
sospettavo” ammise Ludwig amareggiato. “Sapevo che l’idea improvvisa di
lasciarmi non poteva provenire da lui.”
“Già.
Sono stato io a costringerlo.”
Ludwig
scosse la testa. “Perché hai fatto una cosa del genere?”
“E
me lo chiedi?” Gilbert si stava spazientendo di fronte alla cecità del
fratello. “Come avremmo potuto tirarci fuori dalla nostra situazione economica
se avessi continuato a pagarlo e a mantenerlo? Ho chiuso un occhio all’inizio,
perché vedevo che ti faceva felice, ma poi le cose hanno iniziato ad andare
male. Hai ricevuto una proposta di matrimonio dalla figlia di un ricchissimo
imprenditore… e l’hai rifiutata! Colpa di quell’italiano… Quando gli ho detto
che avrebbe dovuto andarsene lui ha capito, ha accettato tutto, per il nostro
bene. Era il minimo, dopo tutto quello che abbiamo fatto per lui. Ludwig, tu
hai sempre pensato di poter diventare una persona grande e potente grazie alle
tue forze e alla tua personalità, ma la vita non è così! La grandezza delle
persone nasce dalle loro azioni. Non volevo uccidere Feliciano, aveva accettato
di uscire dalle nostre vite. Quando è venuto qui piangeva, ha aperto la
finestra e ha guardato la luna a lungo. Poi, all’improvviso, ha preso la
valigia e si è messo a riempirla, voleva fuggire in fretta. Però ha aperto
l’armadio.”
Ludwig
era furioso.
“Devi
capire che era l’unica soluzione” insistette Gilbert. “Sapevo che tu eri fuori
dalla porta, ti sentivo bussare. Quando ha aperto l’armadio e mi ha visto gli
ho tappato la bocca. Lo ammetto, non è stato facile, mi guardava supplice. Ma
io l’ho spinto giù. Almeno non ha sofferto, non pensi? So che non vuoi
sentirtelo dire, ma te lo ripeterò. Tutto questo l’ho fatto per te, per uscire
da questa situazione senza fine, per impedire ad Edelstein di continuare a
importunarci fino all’ossessione, per garantirti un futuro!”
“Che
futuro potrei avere, adesso?” Ludwig aveva tutti i motivi per essere in
collera. “Mio fratello è un assassino! Che bisogno c’era di fare tutto questo?
Pensi che le cose andranno meglio ora che la nostra famiglia è distrutta?”
Per
un attimo sul volto di Gilbert passò un’ombra di dolore. Era ancora convinto di
essersi sacrificato per il fratello e sapeva che i suoi sforzi non sarebbero
stati celebrati. Ma lui sembrava preparato a questo.
“Non
temere” lo rassicurò, usando per la prima volta un tono gentile. “Lo sai che
non lascio mai le cose incompiute. Ho pensato a tutto.”
Lentamente
sollevò la mano stretta a pugno e la aprì, mostrandola direttamente a Ludwig.
Reggeva una piccola boccetta semi piena contenente una sostanza bianca.
“Cos’ha
intenzione di fare?!” gridarono tutti in coro, poiché la risposta era già
chiara.
“Uscire
di scena con stile, naturalmente.”
In
un solo, veloce gesto, si portò la boccetta alle labbra e bevve tutto il
contenuto, poi la fece cadere a terra, vuota.
Arthur
osservò il contenitore rotolare sul pavimento con lentezza estenuante, mentre
anche le sue ultime certezze, quelle sul veleno utilizzato da Roderich,
andavano in fumo.
“Si
può ancora fare qualcosa!” disse Alfred.
Gilbert
rise di nuovo. “Non pensate di potermi salvare. All’ispettore non ho dato che
una minima parte di questo veleno, perché tutto sommato mi andava bene che
sopravvivesse, ma qui ce n’era una dose sufficiente a uccidere cinque uomini!
Non potete fare… proprio niente…”
L’azione
del veleno fu davvero veloce. Arthur sapeva bene ciò che sarebbe successo di lì
a breve. Gilbert si trovava già con un ginocchio a terra. Quando non ebbe più
forze per reggersi, fu Ludwig a sostenerlo.
“Non
farlo, Gilbert… non farlo!” lo minacciò il tedesco, come se quell’ordine
potesse fare la differenza.
L’albino
rise ancora debolmente. “Ti faccio sempre arrabbiare. Ma è così che deve
andare. Non vorrai certo vedermi marcire in una cella, o peggio vedermi
impiccato in piazza, vero?”
Ludwig
ora gli reggeva la testa per permettergli di parlare. “Perché l’hai fatto?”
“Perché
il fratello più grande deve sempre prendersi cura del più piccolo. Questo… è il
modo in cui lo so fare…”
Arthur
e gli altri osservavano quella scena straziante senza poter muovere un dito.
Elizabeta piangeva silenziosamente, Ivan contemplava quel sacrificio con una
luce di ammirazione negli occhi, Arthur semplicemente si sentiva colpevole di
ogni cosa che era successa e si chiedeva come potesse Gilbert essere ancora in
grado di parlare.
“Ora
che ti guardo…” disse l’albino, nella sua voce si sentiva un’estrema fatica,
“però… mi sento un po’ in colpa. Perché sei così triste? Volevi forse…
seguirmi? Vorresti… stare con me… e Feliciano?”
Ludwig
non rispose. Era rivolto di spalle, Arthur non poteva vedere la sua
espressione. Non era sicuro di volerla conoscere.
“Tutto
ciò che… posso fare per te… è donarti il veleno… che mi rimane.”
Con
le sue ultime forze alzò leggermente la testa, chiudendo gli occhi sfiorò con
la propria lingua le labbra del fratello.
“Tutto…
per te.”
Dalla
piccola finestra aperta entrò il primo raggio di sole che poneva fine alla
notte e a quella vana tragedia.
***
Arthur
gettò sul tavolo il giornale aperto. Si era stufato delle notizie montate,
esagerate e camuffate: Un castello
dell’Austria infestato dai fantasmi; Cinque omicidi d’amore; Inspiegabili
suicidi a Graz; Ispettore londinese smaschera serial killer…
Non
si poteva pretendere di saper raccontare la verità su un caso talmente inspiegabile.
Alcune testate raccontavano persino di un conte arrestato per riti oscuri.
Arthur, invece, sapeva benissimo che Edelstein si era trasferito nella sua
villa di campagna con la moglie e che era tornato alla sua vita di prima, come
se niente fosse successo, tenendosi lontano dalle invasioni dei giornalisti.
Non
c’era niente da raccontare su quella storia, ognuno aveva cercato di
lasciarsela alle spalle come poteva, tornandosene da dove era venuto o, nel
caso di Alfred, andandosene a visitare luoghi ancora più lontani. Da quello che
sapeva Arthur, se n’era andato in Egitto, ma forse a quell’ora poteva essere
addirittura arrivato in Cina. Gli era arrivata una sua lettera con una foto
piegata dall’umidità direttamente dal Mar Rosso, con scritto tutto ciò che
aveva visto, fatto, mangiato, cose che ad Arthur non interessavano minimamente
ma che dimostravano che l’americano aveva imparato la lezione: trattarlo come
un amico, non come una prostituta.
L’ultima
volta che aveva visto Ludwig, alla stazione di Vienna, se ne stava tornando in
Germania. Arthur non aveva idea di cosa avrebbe fatto allora, sapeva solo che,
assieme alla sua valigia, aveva fatto caricare nella carrozza bagagli anche due
bare di legno.
Invece,
quando aveva saputo della sorte di Ivan, non aveva potuto fare a meno di
ridere. Era stato subito arrestato dalla polizia austriaca, ma c’era voluto
meno di un giorno perché, grazie a una misteriosa telefonata dalla Russia,
tornasse in libertà e fosse scortato fino a San Pietroburgo, e quando la polizia
aveva fatto rapporto sulle vittime di casa Edelstein, nel conteggio mancava
indubbiamente il cadavere di Natalia, del quale nessuno ebbe mai notizia.
Arthur
era a Londra e aveva intenzione di restarci per molto, molto tempo ora che
finalmente aveva riavuto il suo ruolo da ispettore, sebbene basato sulla poco
corretta certezza che fosse stato lui a smascherare il vero colpevole del
massacro alla villa. Certo, non si poteva nemmeno dire che avesse fatto un
cattivo lavoro, ma certamente aveva imparato a non dare per scontato nulla,
nemmeno i morti.
Riguardo
a Francis, infine, Arthur sapeva perfettamente dove si trovava: di fronte alla
sua porta di casa, in procinto di suonare il campanello. Negli ultimi tre giorni
si era sempre presentato alle 18 in punto con un mazzo di rose. Arthur non gli
aveva mai aperto, limitandosi a cacciarlo affacciato alla finestra.
Anche
quel giorno, quando sentì suonare il campanello, sbirciò oltre le tende,
notando con gioia che quella sera non portava con sé rose, cioccolatini o altri
generi di carinerie effeminate, quindi decise di concedergli almeno di mettere
un piede oltre la soglia.
“Sei
ridondante” lo accolse Arthur aprendo la porta che dava direttamente sulla via.
“Si
dice costante” puntualizzò Francis,
levandosi il cappello.
“Perché
stasera dovrei cambiare idea?”
“Perché
non dovresti farlo? Voglio solo risparmiarti un’altra serata a fare il gufo
rintanato e a mangiare orribili pietanze inglesi.”
Non
era un invito abbastanza allettante per Arthur, il francese avrebbe dovuto
impegnarsi di più. Richiuse la porta senza aggiungere altro, ma questa volta
Francis fu veloce e la bloccò con la punta del piede, spalancandola di nuovo.
Appoggiò
il proprio cappello sulla testa di Arthur, lo calcò finché non gli coprì gli
occhi e iniziò subito a fare i suoi comodi con la bocca dell’inglese. Il bacio
fu breve, ma estremamente convincente.
“Vieni
a cena, o no?” gli domandò ancora Francis.
Arthur
si ritrovò leggermente confuso dall’improvvisa ondata di viziosità. “Non ho
fame.”
“Perfetto,
passiamo subito al dessert.” E con una spinta del piede Francis richiuse la
porta alle sue spalle.
Fine
Ooooh, bene bene. "Finalmente" diranno tutti, "così
possiamo smetterla di aspettare che faccia i suoi comodi!". Davvero,
chiedo scusa per i ritardi, ma avete presente cosa significa per me
scrivere un finale lieto?? Non so neanche se risulta credibile o meno,
nella mia testolina marcia era già pronto un epilogo angst e
incasinato, ma mi sono trattenuta, per stavolta è stato meglio
così....
Quindi, che dire..... nessuno ha indovinato l'assassino, perciò niente fanart, peccato XD (Figurarsi...)
A questo punto non so più che dire, risponderò a
eventuali commenti e mi ripeto: se dovesse esserci qualcosa rimasto in
sospeso ditemelo che provvederò subito a spiegare, mi rendo
conto che non sia facile capacitarsi del labirinto che ho creato.
In ogni caso mi sono divertita un sacco, spero che mi ricapiti qualche altro giallo per le mani XD
Come avrete intuito, questa volta niente intervista e faccio un'ultima
precisazione, dato che ho ricevuto parecchi dubbi: Ludwig non è
morto! Non penso proprio che si possa morire per una leccatina al
veleno, e in ogni caso non sarebbe stato così stupido da
ingoiarlo... Ho solo inserito un po' di fanservice! In caso contrario,
Giulietta non avrebbe agonizzato con un pugnale nello stomaco, si
sarebbe accontentata del bacio di Romeo per volare all'altro mondo...
Adieu~!
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