Titolo:
Come Morte obietta
Tipologia:
One-shot
Rating:
Verde
Genere:
Introspettivo, sovrannaturale
Conteggio
parole: 1576
Note:
A titolo informativo, avevo voglia di scrivere qualcosa, ma non
abbastanza per riprendere in mano le mie due long-fic nel fandom di
Harry Potter. Vedranno un termine, ovviamente, ma al momento la mia
stronza ispirazione fa il suo gioco. La one-shot qui sotto non
è
nient'altro che colpa sua e dei suoi schizzi di umore, in effetti.
Grazie
a tutti voi che leggete le mie storie. :)
Siamo
tutti rassegnati alla morte.
È
alla vita che non arriviamo a rassegnarci.
Graham
Greene
Quando
arrivo, lei è elegantemente seduta sul suo raffinato scranno
dorato
e si osserva con aria disinteressata le belle mani candide e
affusolate. Parla senza nemmeno sollevare gli occhi verso di me.
«Com'era
la festa?» mi chiede con un sorriso di scherno.
Non
le rispondo.
Mi
trascino attraverso la stanza e mi avvicino al bel treppiedi di
mogano. Le mie dita scheletriche tremano febbrili, mentre verso un
po' di sidro in uno dei calici di vetro. Faccio ondeggiare il liquido
ambrato, tentando di mantenere la mente più sgombra di
quanto non
sia mai stata.
«Perché
non rispondi?» incalza ancora lei, alzando il viso e
scrutandomi
beffarda attraverso i capelli dorati. «Non era
divertente?».
«Va'
al diavolo» sbotto seccata, mentre mi lascio cadere
fiaccamente su
una poltrona. Getto sulle spalle il cappuccio nero e appoggio la
testa sul morbido cuscino ricamato. Fingo di scrutare gli intarsi del
soffitto, sperando che il mio malumore la faccia desistere dal suo
incalzante dire.
«Al
diavolo?» ripete con una risatina leziosa. «Io?».
Le
rivolgo un'occhiata incendiaria, ma lei fa una smorfia indispettita e
riprende:
«Guerra
è appena tornata. Dice di essersi divertita
parecchio».
«Io
no».
«No,
infatti» dice con un ghigno perfido. «Tu non sei
lei».
Per
fortuna, mi
verrebbe da
risponderle, ma resto zitta e riprendo a ondeggiare il calice con
espressione persa.
«Molti
di loro erano solo bambini» esordisco
infine, fissandola
intensamente. «Bambini, dannazione. Non
hai fatto niente
per salvarli».
Lei
solleva gli occhi cerulei dalle proprie mani e mi scruta con
arroganza.
«Perché
avrei dovuto?» domanda con leggerezza.
«Ciò che Fato decide, noi
compiamo».
«Non
è vero. E lo sai adesso come lo sapevi prima»
ribatto decisa.
Ride
cristallina ed io provo una grandissima voglia di prenderla a pugni.
«Io
non c'entro. Lamentati con Coscienza» taglia corto.
«È stata lei a
fare gran parte del lavoro».
«Tu
c'entri sempre, Vita.
È questo il problema di ogni cosa».
Mi
guarda con disprezzo, ma io sostengo fieramente il suo sguardo.
«Non
sono io quella che gioca il ruolo della cattiva» mi
schernisce. «Sei
tu, Morte, ad averli
uccisi».
Sbatto
il calice con forza sul bracciolo e la fisso con furia.
«Non
azzardarti!» urlo. «Se tu avessi fatto in modo che
quelle persone
fosse da un'altra parte, quella bomba non li avrebbe mai
colpiti! Se tu avessi convinto quei soldati che--».
«Perché
te la prendi sempre così tanto?» mi interrompe.
«Perché
non è giusto».
Fa
le spallucce.
«Erano
innocenti, Vita...» mormoro stancamente, passandomi una mano
sul
viso. «Come hai potuto?».
Il
sorriso che mi rivolge è nauseante.
«Non
ti piacciono i finali drammatici, Morte?».
«No»
sentenzio fermamente. «E se non piacessero a te, avremmo
tutti meno
problemi».
«Io
sono ingiusta per definizione» commenta con
tranquillità,
lisciandosi una piega del bel vestito di seta.
«Così come Amore è
cieco e Follia è irragionevole».
«Ma
loro non sono perversi come te. Tu godi nel far soffrire chi dovresti
proteggere».
«E
tu sei pietosa con chi dovresti uccidere» ribatte. Si gratta
pensierosa il mento e aggiunge: «Non è vero che
Amore e Follia non
sono perversi. Amore si diverte a far innamorare persone che non sono
destinate a stare insieme. E Follia... be', lei è dotata di
una
perversione tutta sua».
Scuoto
il capo, stranita.
«Non
fare quella faccia, Morte» mi sbotta seccata.
«Dovresti esserti
abituata».
«Non
ci si abitua facilmente ai tuoi scherzi, Vita. Sei schifosamente
imprevedibile».
«Grazie».
«Non
era un complimento».
Restiamo
in silenzio un paio di secondi, lei scrutandosi ancora le unghie ed
io sorseggiando un poco il mio sidro.
«Non
potevo fare altrimenti» afferma. «Fato aveva
già deciso che questa
sarebbe stata la loro ultima notte».
«Non
accade sempre ciò che Fato dice» ribatto
scocciata. «E lo sappiamo
tutti, qui dentro».
«Vaneggi.
Ciò che Fato decide, Fato fa accadere».
«Potrei
elencarti decine di casi in cui questo non è affatto
accaduto».
«Solo
quando ci mette lo zampino Casualità. Sai com'è
fatta. Non riesce
mai ad attenersi ai piani».
«Stasera
non l'ha fatto».
«Sì,
invece. Quella bomba non era destinata per quel paese» dice
con voce
atona e un sorrisetto divertito. «Hai ancora il coraggio di
dire che
io sono la sola perversa, Morte?».
Per
un attimo, non so cosa dire.
«Tu
non hai mai rimorsi» sentenziò mestamente.
«Tu sei la Vita, ma non
hai mai capito cosa significhi vivere».
Fa
una smorfia indispettita.
«Bada
a quello che dici, Morte» mi minaccia. «Sono
piuttosto rancorosa».
Annuisco.
«Lo
so».
La
sento sospirare, profondamente indignata. Si alza di scatto, sistema
l'abito e si dirige verso le belle scale di marmo che portano ai suoi
alloggi, senza aggiungere altro. Rimango seduta sulla mia poltrona,
rigirando il calice fra le dita e scrutando pensierosa il nulla.
«Morte».
Socchiudo
gli occhi in un'espressione addolorata. Dopo Vita, Fato è
l'ultima
persona che avrei voluto incontrare. Non oggi, perlomeno. È
troppo
presto.
«Morte»
ripete.
«Ti
ho sentito, Fato».
I
suoi passi rimbombano sordi mentre si avvicina a me. Fa un respiro
stanco e si lascia cadere sullo scranno di Vita, intrecciando
elegantemente le belle gambe magre. Sollevò lo sguardo su di
lui e
trattengo una smorfia divertita del tutto inappropriata: è
inevitabile che l'immagine di Fato desti l'ilarità di
chiunque
conosca l'iconografia umana.
Un
vecchio dalla schiena curva e dalla lunga barba canuta: è
così che
gli uomini lo immaginano.
Balle.
Un
damerino con la giacca a doppio petto, la cravatta di seta porpora e
le scarpe di vernice immacolate.
Non
fate quelle facce. Amore non ha mai avuto le ali e Vita non
è mai
stata buona.
Dovreste
imparare ad abbondare queste vostre assurde credenze classiciste.
Siamo
più umani di quanto non abbiate mai immaginato.
«Vuoi
versarmi un poco di sidro, Morte?» mi domanda con voce
carezzevole.
Afferro
la bottiglia e gliela allungo senza troppi convenevoli. Pare un
attimo stranito, ma le sue belle labbra si storcono rapidamente in un
sorrisetto divertito.
«Chi
è morto, questa volta?» mi domanda con una
risatina.
Lo
fulmino con un'occhiata, ma lui continua a sorridere lezioso.
«Fanculo»
sbotto stizzita. «Tu e Vita».
Lo
vedo inarcare i bei sopraccigli.
«Che
abbiamo fatto, questa volta?» esclama in tono difensivo.
«Ciò che
facciamo è già scritto, Morte--».
«Tu
lo scrivi, Fato!» ribatto pungente. «Non potresti
cercare di essere
un poco più umano?».
Mi
fissa intensamente, sorseggiando piano dal proprio calice.
«Ne
abbiamo già discusso» inizia in tono grave.
«Non tutto quello che
decido è bello. Ma così deve essere».
«Perché?».
Fa
un respiro profondo.
«Cosa
vuoi che faccia, Morte?» domanda stanco. «Potrei
esiliare Odio,
Tristezza, Malvagità e Guerra, se volessi».
«Non
lo hai mai fatto. Non li hai mai puniti».
«Dovrei?»
domanda con educata perplessità».
Annuisco
piano.
«Compiono
il loro lavoro, esattamente come te» mi risponde pacato.
«Perché
dovrei biasimare qualcuno che svolge accuratamente le proprie
mansioni?».
«Perché
provano piacere nella sofferenza umana, Fato!» ribatto con
decisione, sporgendomi verso di lui. «Ha visto cos'ha fatto
stasera
Guerra? E Malvagità? Hai visto il suo operato? Dimmi, l'hai
visto?».
«Sì,
Morte. Le ho viste. Hanno fatto un ottimo lavoro».
Abbasso
lo sguardo affranta e mi mordo il labbro inferiore, nervosa. Vorrei
andare nelle mie stanze per non uscirne mai più. Detesto
queste
conversazioni con Fato: riesce sempre a razionalizzare la
crudeltà
di Vita.
«Riesci
a immaginare un'umanità senza il potere di Odio? Senza
quello di
Guerra, di Tristezza e di Malvagità?».
«Certo
che riesco» mormoro mesta. «È
l'umanità che dovremmo cercare di
creare».
Scuote
il capo.
«No,
Morte. È l'umanità che dobbiamo cercare di
mantenere
irrealizzabile».
«Perché?».
«Perché
se gli uomini non sapessero cos'è l'odio, non saprebbero
cos'è
l'amore. Se non avessero mai conosciuto tristezza alcuna, non
saprebbero di essere felici. Se non esistessero i malvagi, non
esisterebbero i buoni e gli umili. E se non ci fosse
Guerra...».
«...non
ci sarebbe Pace» concludo in un tetro sospiro.
Fato
annuisce.
«Ma
non è giusto!» ribatto con forza. «Hai
torturato la maggior parte
di quelle persone per tutta la loro vita! Perché non hai
permesso
loro di sopravvivere, questa notte?».
Mi
scruta penetrante ed io mi stringo nelle spalle per sfuggire al suo
sguardo indagatore.
«Nessuna
delle mie decisioni è mai certa fino alla fine,
Morte» replica
pacato. «Chiunque di voi avrebbe potuto fare qualcosa per
cambiarla».
«Chiunque,
tranne me».
Scoppia
a ridere.
«Se
tu potessi interferire con le mie scelte, Morte, mi faresti
impazzire!» esclama, sarcastico.
«Se
stanotte avessi potuto decidere io, sarebbe stata una notte
più
bella» ribatto con fierezza. «Cosa c'è
di male nel volere un po'
di giustizia?».
«C'è
di male che non è così che deve
funzionare» mi spiega
placidamente. «Gli uomini e le donne hanno bisogno di essere
agitati, talvolta, da sentimenti malefici. Morte, Rabbia, Fame,
Tristezza, Odio... sono qui per questo. È nella natura umana
ondeggiare fra gli estremi. Nessuno è mai completamente
buono, come
nessuno è mai completamente malvagio. Così, la
loro vita non è mai
completamente giusta, come non è mai completamente ingiusta.
Non è
sempre felice, ma non è nemmeno sempre triste. Talvolta
è serena e
talvolta bellicosa. L'umanità non è altro che un
gioco di dosaggi
dell'anima, Morte. Non dimenticarlo».
Sospiro,
mentre lo guardo alzarsi e sistemarsi il bel bavero della giacca.
«Riposati»
mi dice. «Ne hai bisogno».
Si
allontana verso la grande porta di quercia ed io rimango nuovamente
sola nel silenzio frastornante dei miei pensieri.
C'è
qualcosa di marcio in tutto questo.
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