Giustizia
Una volta che la giustizia ha deciso, a nessuno importa veramente più se sei colpevole o innocente.
Giudizi e colpe
-Tu...-
-Io?-
-Tu... l'hai uccisa tu...-
Ha paura Lois. Paura, di me. Mi avvicino a lei. Inciampa nel letto e
cade. Come in un film dell'orrore, indietreggia strisciando sul
fondoschiena, aiutandosi goffamente con palmi e talloni. Maglietta e
pantaloni eccessivamente fuori misura la fanno sembrare ancora
più piccola. Io mi avvicino, di più, con calma. Con quella pistola in mano. Finchè
lei sbatte contro la cassettiera di una scrivania, finendo la sua corsa.
-Io? L'ho uccisa io?-
-Io... io so chi sei...-
-Chiariamo subito un punto. Tu non sai un cazzo.-
-Mi ricordo di te. E di cosa è successo.-
-Ah si? Tu c'eri? Eri presente?-
-Ti cerca mezzo mondo... lo sai questo? Ti dichiari ancora innocente?-
-Questo dovrebbe significare qualcosa?-
-La giustizia si è pronunciata.-
-Giustizia...- mi fermo. Questa parola mi dà da
pensare. Suona così ridicola, tanto più ci penso. -Giustizia?- ripeto.
-Si, giustizia.- Per giustizia intende l'insieme
delle forze dell'ordine sovraumane e non, che disciplinano questo
mondo.
-Ti dico una cosa sulla giustizia. Non esiste. E'
ciò che vi sbattono sotto gli occhi per farvi dormire sonni
tranqulli.-
-Tu sei pazzo...-
-E' proprio questo il punto. Sono io il pazzo. Ma
alla giustizia che tanto stimi, non frega un cazzo di niente. Basta
puntare un dito e poi? Non importa più a nessuno. Pazzo...-
-Ci sono delle prove!-
-Tu non eri presente! Come fai a dire questo? Hai scritto un articolo su un giornale... e poi?-
-Ti hanno dichiarato colpevole.-
-Ah si? E chi?-
Lois ha paura di ripeterlo. Ma vede che attendo solo quello.
-Giust...-
All'improvviso mi fiondo vicino a lei. Faccia a faccia.
-E per mio figlio? E' stata giustizia?- Lois
gira la testa, spaventata. Con sguardo basso e voce
terrorizzata.
-Tuo figlio... è... un eroe...-
-Eroe?! Aveva nove anni! Nove!-
-Ha salvato la vita a Clark quel giorno. Se non si fosse messo in mezzo...-
-Non si è messo in mezzo. E' stato messo in
mezzo. Anzi, messo sotto. Da quel pazzo- sottolineo -che puntava a
Clark.-
-Tanto cosa importa. Hai finito il lavoro.- Lois non
riesce ancora a guardarmi. Ha gli occhi socchiusi dal terrore. Decido di allontarmi. Rimango
seduto a mezz'aria, con gli avambracci appoggiati sulle ginocchia, poco
meno di un metro davanti a lei. Che ritrova il coraggio di guardarmi.
-Che doveva essere il contrario, nessuno lo dice però. Doveva essere lui a salvare mio figlio, non viceversa.-
-Credi che non ci abbia provato?-
-Già. Ma non ci è riuscito.-
Un attimo di silenzio. C'è una pausa che fa riflettere sul dolore di entrambi.
-Quella era come un'autobomba... un'autobomba carica di roccia verde.-
-Come se non avesse avuto le capacità per
intervenire. Sai, mi hanno sempre detto che era in grado di correre
abbastanza veloce.-
-Credi che non abbia sofferto per questo?-
-E come credi che mi sia sentito io?-
-Come mi sento io!- mi urla. -Solo che non mi sento autorizzata a vendicarmi su qualcuno che non ha colpe.-
-Tutti abbiamo delle colpe.-
Lois mi guarda. Vuole dire qualcosa, forse no. Infine, parla.
-Come tu con tua moglie...-
Ok. La cosa mi ha irritato. Prendo saldamente in mano la pistola, la punto genericamente nella sua direzione.
-Cosa vorresti fare?- dice -sappiamo entrambi che è scarica.-
-Non c'è bisogno di uccidere una persona, per porre fine alla sua vita.-
Afferro la pistola con l'altra mano e l'appoggio sul tavolo dietro alla sua testa.
E' sollevata nel constatare che non ho cattive intenzioni ma, non si
sente ancora fuori pericolo. Provo a chiarire un concetto.
-Tu... non vedi le cose, o forse non vuoi vederle. Mi
parli di giustizia come se fosse un antiveleno da somministrare a
richiesta. Ma guarda questo mondo. Ascolta le sue lacrime. La
gente che soffre vive di illusioni.- le metto una
mano sul ventre. Lei non si muove. -Non mi interessa che tu sia in
grado di capire. Ma cerca di farti una idea. Ed ora, non scambiare la
mia pietà per debolezza. Sei in una brutta situazione.
Ti ho detto che non hai motivo di temermi, ed è vero. Ma, un
consiglio: stai attenta a quello che dici. Tirarti fuori da quello
scantinato è stato solo... un caso.-
Mi rialzo sulle gambe. Rialzo anche lei. Con lo sguardo, le chiedo se
è tutto chiaro. Lei tira su col naso ed annuisce con la testa.
-Ora va a dormire. Il tuo soggiorno qui è quasi scaduto.-
Riordino il letto, riordino la camera, riordino le idee. Forse ho dato
una spallata sufficentemente decisa all'indole di Lois da tenerla calma
quanto basta.
Mi cerca mezzo mondo. Ne dubito, ma
che qualcuno mi stia cercando, beh... non lo posso escludere. E
non per darmi belle notizie. No. Per chiudermi in una stanza fatta di
sbarre e sentirsi contento. Goderne. Tornare a casa convinto che il
mondo sia un posto migliore. Come se gliene importasse veramente
qualcosa di migliorarlo. Non mi troveranno. Come tutti in questo mondo, non sanno cosa stanno cercando.
Sono ormai al terzo giorno del
"trattamento". Dovrei iniziare a vedere qualche effetto. Mi rimetto
sdraiato nel tentativo di riposare ma... il mio telefono. Eccolo,
squillare. Sul led lampeggia un giullare. Devo ricordarmi di cancellare
quest'obrobrio.
Parlo con Joker. M'invita in quel
cacatoio di bar dove ci siamo
incontrati la prima volta. Non che sia un giorno da cerchiare di rosso
sul
calendario. Non proprio. Il motivo? Ahimé dovrò
scoprirlo una volta
arrivato lì. Suppongo per discutere del nostro prossimo futuro .
Anche se, con gente del genere, è sempre pericoloso
supporre. Quando una verità è supposta, qualcuno
finirà per prendersela nel culo.
Ecco perché, il mio equipaggiamento è sempre
devoto alla prudenza, ed a una violenza preventiva. Un paio di pistole
e la mia spada. Nel caso finissi le munizioni.
Cavalco la mia F4, facendo urlare gli scarichi un paio di volte prima
di sparire in una nuvola di polvere e ghiaia. Perchè una moto? Mi piacciono le moto. Procedo a gran
velocità
sulla diroccata strada che separa ruderi da altri ruderi. Luci spente.
Non è consigliato farsi notare troppo in queste zone. C'è
molto pericolo nascosto fra queste rovine. Come suono, sono
difficilmente intercettabile con precisone. Come faccio a vedere
allora? Il mio casco è stato modificato in modo tale da rendere la visiera un visore notturno. Ne
avrò per poco comunque. La luce del sole comincia ad affacciarsi
timidamente dall'orizzonte, fondendosi con l'oscurità di una
notte che si sta gradualmente colorando di vita.
Mi fermo a destinazione. Mi levo il casco. Guardo in cielo, sopra di
me. Sole da una parte, buio dall'altra. In mezzo, le stelle
combattono per l'ultimo bagliore. In mezzo, io.
Entro nel bar vuoto. Non è un bar, non lo è mai stato per
Joker. Non lo sarà più per me. Lui c'è, insieme ad
altri due più la ragazza. Ed uno, l'ho già visto. Anche lui mi ha già visto. Ma dove? Non a scuola... non al battesimo di mio nipote... Lo scantinato, Lois. Il bastardo. L'amico
del figlio di puttana che ho steso su quel pavimento.
Mi ha riconosciuto. Ne sono sicuro.
Ha già scavalcato una
transenna fatta di tavoli, ha decisamente cattive
intenzioni. Posso dirlo con chiarezza. Quello che stringe nella
mano destra, e che sta correndo verso la mia faccia, è proprio
un bel coltello.
|