Buon
pomeriggio a tutti.
Ho scritto questa one-shot per il contest "Happy ending" indetto da
pinzy81.
Nel momento in cui l'ho terminata mi sono detta che forse era un
pò troppo strana,
che forse avevo sconvolto un pò troppo la situazione che la
Meyer ci ha lasciato alla fine di Breaking Dawn, e mi sono anche detta
che forse ... proprio per questi motivi ... mi sarei meritata un ultimo
posto.
Invece, contro ogni aspettativa, questa one-shot si è
classificata prima.
Non potrei esserne più felice, ma aspetto le vostre
recensioni, impaziente di sapere cosa ne pensiate.
Il titolo è un proverbio inglese che trova la sua
corrispondenza in Italiano nel nostro "Non tutti i mali vengono per
nuocere".
Perchè
ho fatto questa scelta?
Lo
capirete leggendo.
Roberta.
“ Every cloud …..
Non se ne
parlava mai.
Nessuno
accennava nemmeno una volta a quell’argomento troppo scomodo
per tutti. Ma io non sono mai stata una sprovveduta, e il mio stesso
mondo mi insegnava che se c’era qualcosa di cui nessuno
parlava, non voleva dire che questa cosa non potesse esistere.
Qualcosa
era andato storto.
Ovviamente
nessuno l’avrebbe capito dal di fuori. Umano, vampiro,
licantropo o mezzosangue che fosse. Mi rendevo perfettamente conto che
all’apparenza in quegli anni non era cambiato nulla.
Eppure io
lo sentivo.
Lo
avvertivo dagli istanti in cui gli occhi di mia madre diventavano
vuoti, gli stessi che provocavano sulla fronte di mio padre una ruga
invisibile ad occhi umani, sempre gli stessi che facevano spuntare
sulle labbra di Jacob un sorriso che non gli apparteneva affatto. Se
non in quei momenti.
Quei
momenti – lunghi in realtà quanto un istante
– nei quali mi punzecchiava la pelle una sensazione scomoda,
la percezione che ci fossero tante, forse troppe, cose che non andavano
bene. Cose che erano andate storte ieri, o forse l’altro
ieri, oppure qualche anno fa e che trovavano sempre un istante di
debolezza nel quale farsi notare.
Qualcosa era andato storto.
Decisamente.
E quello era uno di quegli istanti in cui quella certezza mi appariva
in tutta la sua evidenza. Solo qualche secondo prima mio padre suonava
allegramente un pezzo al piano, un pezzo che mia mamma aveva appena
ammesso di amare quando andava al liceo. Ridevano.
Papà
suonava, la mamma cantava – a poca distanza da me sul divano
bianco dei nonni – ed insieme ridevano.
Anch’io non potei fare a meno di sorridere, soprattutto
quando alle nostre risate si unì quella grossa di Jacob,
seduto sul tappeto ai miei piedi.
Anche Jake
conosceva quella canzone e ne intonò una piccola strofa,
mettendosi in ridicolo confrontandosi con la splendida voce della
mamma. Lei rise ancora più forte, piegandosi e reggendosi lo
stomaco come se potesse dolerle davvero per quel piacevole sforzo, e
spostò lo sguardo da mio padre a Jacob.
E a quel
punto ecco l’attimo. Ecco l’istante.
Jacob
restituì lo sguardo a mia madre per una frazione di secondo
e nonostante nessuno di noi avesse smesso di ridere successe ancora.
L’attimo
di vuoto nello sguardo di mamma, l’invisibile ruga sulla
fronte di papà, il finto sorriso che Jacob mi rivolse
qualche istante dopo, mescolato alle risate.
Poi mia
madre distolse lo sguardo dal volto di Jake e tutto finì
così come era iniziato. Mi carezzò i capelli,
raggiunse mio padre al piano e Jacob poggiò la sua testa
nera sulle mie ginocchia.
Tutto era
tornato normale. Tutto era tornato perfetto.
Ma io lo
sapevo. Io lo sentivo.
Qualcosa era andato storto.
* * * * *
* * * * *
«
Nessie! »
Me ne
fregai del tono infastidito di Jacob alle mie spalle e continuai a
camminare spedita
«
Nessie sei diventata sorda? » con poche falcate mi raggiunse
e mi si parò davanti « Perché fai
così? »
Gettò
le braccia lungo il corpo e mi guardò con una punta di
fastidio negli occhi. Incrociai le braccia e sostenni il suo sguardo,
stavolta ero davvero stanca.
«
Perché voi
fate così, vorrai dire » strinsi gli occhi e fui
certa che nei miei vide molto di più che la sua punta di
fastidio.
«
Ancora con questa storia? Mi sembra di piombare in un telefilm di terza
categoria ogni volta che dici quel voi.
Ma voi
chi, Nessie? Voi
cosa? » gesticolava troppo, come ogni volta che era stufo di
qualcosa.
Ormai lo
conoscevo meglio di me stessa, e avrebbe potuto anche perdere
l’uso della parola ma io l’avrei capito comunque,
in qualsiasi circostanza. Il corpo di Jacob mi parlava, e
l’aveva fatto da sempre, spesso più di quanto
avessero fatto le sue parole.
Ero
cresciuta con la sua presenza al mio fianco in ogni istante della mia
vita. Non era esistito un singolo momento della mia esistenza senza di
lui. Ricordavo ancora quando, qualche anno prima, ero rimasta
sbigottita nello scoprire che in realtà la casa di Jacob non
era sempre stata casa mia, ma che prima lui abitasse con suo padre
Billy. In teoria sarebbe dovuta essere una cosa ovvia e normale per
chiunque ma a me, invece, parve la cosa più impossibile
dell’intero universo.
Jacob
Black che aveva avuto una vita prima di me? Impossibile
Jacob
Black che aveva avuto una famiglia prima della mia? Impensabile
Jacob
Black che aveva avuto sé stesso prima di avere me? Inconcepibile
O almeno
questo era quello che avevo pensato qualche annetto fa, da brava
bambina viziata e con i paraocchi. Quando il mondo nel quale vivevo
ancora mi sembrava fatato, incantato e perfetto. Quando ancora non
avevo deciso di guardarmi intorno e spazzare via per qualche secondo
tutta l’apparenza dalla mia famiglia e fissarne direttamente
il cuore. Poi un giorno l’avevo fatto.
Avevo
cercato di guardare alla mia vita, alla mia natura, alla mia famiglia,
con tutta la razionalità e lo spirito critico di cui fossi
capace – e a detta del nonno ne possedevo da vendere. Ci
avevo provato ed inspiegabilmente mi era riuscito al primo colpo.
Come se il
mio cervello stesse rispondendo ad uno stimolo inviatogli per anni in
maniera subliminale, ero riuscita a vedere in un secondo quello che gli
altri si ostinavano a non voler vedere da una vita.
La mia
vita non era magica.
La mia
natura non era per nulla speciale.
Non nel senso che intendevano i miei genitori.
La mia
famiglia non era affatto perfetta.
Avevo
notato tutte le piccole imperfezioni di un mondo costruito ad arte, di
una commedia con un copione sapientemente scritto per durare in eterno.
Avevo notato sempre più forte quella fastidiosa sensazione
che qualcosa fosse andato storto ogni volta che gli occhi di mia madre
si assentavano per qualche istante, ogni volta che la ruga impertinente
di mio padre si faceva di un millimetro più profonda, ed
ogni volta che Jacob mi rivolgeva quel sorriso finto che avevo imparato
a riconoscere come un contentino.
Perché
infondo era stata questa la cosa che mi aveva fatto aggrovigliare i
nervi più di tutto.
Mia madre
poteva avere le sue buone motivazioni per assentarsi qualche istante.
Mio padre poteva avere tutte le ragioni del mondo per preoccuparsi di
qualcosa. E se questo qualcosa riguardasse o meno gli occhi vuoti di
mia madre erano pur sempre affari loro.
Ma quel
sorriso, quel contentino di Jacob non potevo accettarlo. Non potevo
accettare che ci fosse qualcosa che ormai mi nascondesse da anni, o
peggio, qualcosa che ci
facevamo andare bene da anni. Questo davvero mi mandava su
tutte le furie.
E questa
situazione scomoda era andata avanti per tutto quel tempo
perché pensavano che io non capissi, che io non mi
accorgessi di nulla. Che io non potessi sentirlo.
Non
avrebbero potuto sbagliarsi di più.
«
Nel caso in cui te lo fossi dimenticato, il voi è il
pronome personale che si usa per intendere tutte le altre persone al di
fuori di colei che parla » sapevo che
rispondergli così lo avrebbe infastidito, e lo feci apposta.
«
Ma brava, Ness, hai studiato » mi fece un piccolo applauso
beffardo « E adesso, di grazia, saresti così
gentile da spiegare allo zotico » si puntò un dito
dritto sul petto « cosa staremmo facendo noi altri che a te non sta bene?
»
«
Tutto, Jake! Tutto! Qualsiasi cosa voi
facciate non nasconderà mai quello che in realtà
sta succedendo » mi avvicinai un po’ al suo enorme
corpo scosso da un leggero tremore e gli posai le mani sulle spalle
« Perché io lo vedo, Jake. Io lo sento.
» gli sussurrai un po’ più vicino
« E mi meraviglio di come tu non te ne sia ancora accorto.
Proprio tu, Jake » gli carezzai dolcemente una guancia bruna
e la tristezza mi invase.
Ogni volta
era così, ogni volta che cercavo di rompere quel muro di omertà
con lui mi ritrovavo sommersa dalla tristezza. Perché anche
a me pesava dover rompere quella bolla di perfezione. Anzi, forse a me
pesava più di tutti, ben sapendo cosa tutto questo
implicasse per Jacob. Per il mio
Jacob.
Lui
sospirò e il tremore sparì. Mi prese le mani
dalle spalle e le tenne tra le sue, invitandomi a sedere sul prato
rigoglioso del retro di casa Cullen insieme a lui. Accolsi il suo
invito e restammo per qualche istante seduti l’uno di fronte
all’altra, sotto una rarissima giornata di sole per la
cittadina di Forks.
«
Io non sono come loro, Ness » disse serio ad un certo punto,
indicando la grande villa bianca alle mie spalle con un cenno della
testa « Io lo so benissimo che non ti sfugge nulla.
L’ho capito dal primo momento che ti ho osservata mentre ti
guardavi intorno, ancora in fasce. » strinse un po’
di più le mie mani tra le sue, riscaldandole più
di quanto stesse facendo il sole con il resto della mia pelle pallida
« E soprattutto, io lo so quand’è che
non sopporti più qualcosa.»
«
E allora perché non l’hai capito anche adesso?
»
Jacob
distolse lo sguardo dal mio « Chi ti dice che non
l’abbia fatto? »
Rimasi
qualche istante senza parole. Ero convinta che anche lui credesse che
mi stessi bevendo la pantomima di tutti. Forse era arrivato il momento
di parlarsi a cuore aperto.
«
Cosa sta succedendo, Jake? » sospirai «
Perché non riusciamo ad affrontare i fatti ed i problemi
come abbiamo sempre fatto? »
«
Dimmelo tu » si passò una mano tra i capelli
«
Io … io non riesco a parlarti di questa cosa, Jacob. E non
ci riesco perché non voglio ferirti » fui sincera.
Ma la sua
reazione per un attimo mi spiazzò.
«
Tu non vuoi ferirmi? » mi chiese stupito.
Evidentemente
le cose erano più complesse ancora di quanto avessi
sospettato. Forse anche Jacob era confuso e non riusciva a dare il
giusto nome alle cose. Ma su di una cosa io ero più che
sicura, ed era la stessa che temevo avrebbe potuto spezzargli il cuore.
«
Qualcosa è andato storto, Jake » gli dissi
finalmente, decidendo che era arrivato il momento di abbattere tutte le
barriere « Io odio ammetterlo, ma qualcosa è
decisamente andato storto stavolta »
Jacob
sollevò le sopracciglia confuso « Aspetta, di cosa
stai parlando adesso? »
«
Di tante cose, forse troppe. Ma quello che riguarda solo noi due
è l’imprinting »
Jacob si
morse il labbro alle mie parole, e per me fu il chiaro segno
d’ammissione che non mi ero sbagliata. Non disse niente, ma
il suo corpo aveva già parlato per lui. Così
continuai.
«
Ci sono così tante cose coinvolte in questa faccenda che non
saprei da dove iniziare. » sospirai un po’
avvilita, poi forse trovai la strada giusta « Sai
perché ho voluto smettere di uscire con Paul e Rachel? E
dopo anche con Quil e Claire? »
Jacob
scosse la testa
«
Perché non volevo che tu iniziassi a scorgere quello che io
già vedevo da un pezzo. Noi non siamo come loro, Jake.
» gli rivelai con una punta di amarezza, perché
infondo anche a me faceva male.
Jacob ebbe
un fremito a quelle parole, come se non si aspettasse tanta
sincerità da parte mia « Nessie non credo che
questo sia il momento di indagare nelle differenze tra gli imprinting
»
«
No, Jake! » lo interruppi immediatamente « Il
momento è esattamente
questo » tirai via anche l’altra mano che teneva
ancora nella sua « Io non sono più una ragazzina,
e da un bel po’ aggiungerei. Non ho intenzione di continuare
a fingere come pare abbia deciso di fare tutto il resto della mia
famiglia » avevo alzato la voce e il fastidio per tutta
quella situazione era tornato cocente.
Improvvisamente
mi fu chiaro che un po’ di sofferenza era il prezzo da pagare
per avere finalmente la mia
vita. Quella che mi ero ritrovata a fantasticare da troppi mesi a
questa parte, tenendola in gran segreto ogni volta che mi trovassi nei
paraggi di mio padre.
«
Jacob » gli presi il volto tra le mani, sapendo che di
lì a poco avrei visto nei suoi occhi una sofferenza che
avrebbe potuto uccidere anche me « Tu non mi guardi mai come
Quil fa con Claire » scandii lentamente «
così come io non ti guardo come Claire guarda Quil
» mi presi un momento di pausa, aspettandomi una bella
sfuriata da parte del mio lupo.
Ma la sua
reazione non arrivò. O meglio, non arrivò quella
che mi sarei aspettata. Jacob tenne gli occhi fissi nei miei,
invitandomi a continuare quel discorso che forse lui non avrebbe mai
avuto la forza di fare. Così lo feci. Gli dissi tutto,
liberandomi di quei macigni che schiacciavano ogni altro pensiero.
Sicuramente liberando entrambi da una vita che stavamo conducendo nel
modo sbagliato.
«
Noi siamo diversi. Il nostro amore è diverso »
riordinai un attimo le idee e gli lasciai andare il bellissimo viso,
sicura che avrebbe continuato a guardarmi comunque « Loro si
amano come Sam ama Emily. Noi … noi ci amiamo a modo nostro.
Io non ho mai visto nessuno con il nostro stesso imprinting, Jake, e
questa cosa all’inizio mi ha spaventata a morte. Credevo che
ancora una volta ci fosse qualcosa di strano in me, mi sono data la
colpa per questo imprinting che non funzionava come avrebbe dovuto. E
non sai quante volte mi sia chiesta se fosse a causa della mia natura
di mezzosangue » un risolino amaro si fece spazio tra le mie
labbra, mentre Jacob continuava a fissarmi serio « Poi con il
tempo ho capito. Mi sono resa conto che forse questa volta io non
c’entravo proprio niente. Forse, per una volta, la bambina viziata non
era il centro dell’universo »
«
Tu non sei viziata »
«
Shhh » lo zittii « Non è questo il
punto. Il punto è che stavolta la differenza l’hai
fatta proprio tu » gli dissi puntando l’indice
pallido sul suo petto scuro « Tu non hai fatto in modo che
accadesse, tu non hai fatto in modo che il nostro amore diventasse come
il loro »
«
Nessie, ma stai scherzando? » mi chiese sbigottito e a me
fece un po’ ridere per quell’aria buffa di chi
davvero non si è reso conto di nulla
«
No, Jake. E non ti sto accusando di niente di male. Semplicemente tu
hai continuato ad amarmi come il primo giorno in cui mi hai
vista»
«
E non è esattamente questo che ti fa fare
l’imprinting? Quello vero? Quello che funziona, come dici
tu? »
«
Sì certo, ma non in circostanze come la nostra. Magari in
quelle di Paul e Rachel. Ma noi non siamo stati come loro. Tu mi hai
incontrata quando ero appena nata, Jake, e l’amore che hai
provato per me durante i primi anni non è affatto quello che
avrebbe dovuto durare per sempre. » ripresi fiato e cercai di
spiegarmi meglio « Io ti adoro,
Jake. E so che tu per me moriresti anche in questo momento. Ma non nel
modo in cui dovrebbero adorarsi due ragazzi, due adulti, due
… amanti » aggiunsi più a bassa voce e
sentii le guance arrossarsi « Io non ti ho mai visto in quel
modo, e sono sicura che sia stato per scelta tua. Ho visto cambiare con
i miei occhi il modo di comportarsi di Quil nei confronti di Claire. Ad
un certo punto lui ha smesso di essere il suo secondo padre,
è andato oltre l’essere il suo migliore amico.
Quil l’ha semplicemente desiderata come un uomo desidera una
donna. Claire questo l’ha notato, l’avrà
avvertito sicuramente, ed ha iniziato a vederlo anche sotto quell’aspetto.
A noi tutto questo non è mai successo, Jake. E non
succederà mai perché tu non l’hai
voluto, e non lo vuoi ancora adesso »
Jacob
abbassò per un secondo la testa « Ness, mi
dispiace, io … »
«
No, non ho finito » gli dissi sollevandogli il volto
« Innanzitutto non scusarti, e non dispiacerti. Non te ne
faccio una colpa, però mi preoccupa. Mi fa preoccupare per
te, Jake. Io vorrei che tu fossi felice, vorrei che tu avessi la mia
stessa possibilità di avere una vita felice e piena di amore. »
Mi fermai
un secondo prima di continuare, sapevo che quello che stavo per
aggiungere non era affatto normale,
non era affatto giusto,
e qualsiasi altra persona a questo mondo l’avrebbe
considerato come deplorevole.
Ma del resto, cosa c’era di giusto o normale nelle
nostre esistenze?
«
Io lo so che tu ami,
Jacob. E credo di sapere anche chi
ami. Qualcuno che hai sempre amato e che amerai per sempre. Una persona
alla quale dedichi ogni battito del tuo cuore in cambio del suo, che di
battiti non ne ha più »
Jacob
quasi saltò sull’erba a quelle parole.
Evidentemente anche lui non aveva capito quanto a fondo fosse andata la
mia comprensione di tutta la commedia familiare. Ma potevo dirgli di
più, e a quel punto non c’era più
motivo che mi trattenessi
«
Così come io so
che in realtà sei ricambiato come mai dovrebbe accadere
»
«
Nessie ma cosa dici? Smettila immediatamente di …
»
Fece per
scostarsi da me, ma lo tirai a sedere con tutte le mie forze e lo
incalzai
«
Dico la verità Jacob! Dico tutto quello che voi pensate di
poter nascondere in eterno, dico quello che voi pensate che non
si possa mai capire, dico quello che voi fate finta di
non vedere per mandare avanti questa commedia che diventa ogni giorno
di più una tragedia! » avevo alzato la voce ma non
mi importava, finalmente mi stavo liberando di tutto « Credi
che mi sia piaciuto, un bel giorno, svegliarmi e capire che mia madre
recitava anche lei la sua bella parte? Ed è stato un pugno
nello stomaco ancor più forte capire che in
realtà lei il problema non lo prendeva nemmeno in
considerazione! Come se non esistesse! Perché non
può accettare una cosa simile! E il momento più
terrificante di tutti vuoi sapere qual è stato? »
ripresi fiato soltanto un istante « E’ stato quando
mi sono resa conto che ognuno di noi stava recitando una parte. Me
compresa. Solo che la vostra
parte era costruita tutta intorno a me, alla mia finta
felicità, alla mia finta stabilità. Ma sai cosa
c’è, Jake? Mi sono resa conto che
anch’io non ho fatto altro che recitare la mia parte negli
ultimi anni e l’ho fatto a mia volta per voi, in un circolo
vizioso e malato senza fine. Perché era sbagliato che non
riuscissi a rispondere all’imprinting come avrei dovuto. Ma
non ci riuscirò mai a far funzionare questa cosa e
l’ho capito proprio grazie a te. Tu, con il tuo amore per qualcuna
che non fossi io, mi hai fatto capire che era lo stesso motivo per cui
io non riuscissi ad amare te
in quel modo » stavolta presi un respiro più
profondo di ogni altro, perché era la prima volta che stavo
per ammettere ad alta voce quel pensiero « Perché
anch’io amo
qualcun altro a quel modo »
…. Has a silver lining”
Ogni cosa andava al suo posto.
Come un
puzzle che andava componendosi, ritrovando ogni volta il suo pezzo
mancante. Bastava che i miei occhi si posassero su di lei e magicamente
ogni cosa trovava un senso. Bastava che la sua voce chiara e forte
carezzasse le mie orecchie e il mio animo si rasserenava.
Bastava la
sua presenza al mio fianco ed io mi sentivo giusto.
Ogni cosa andava al suo posto.
Perfino le
volte in cui mi toccava e mi permetteva di vedere i suoi pensieri mi
facevano sentire normale,
in una situazione in cui nulla
era o sarebbe mai stato tale.
Specialmente
noi due.
Certo,
nella nostra grande famiglia – tra vampiri e licantropi
– eravamo avvolti dal sovrannaturale, ma noi … beh
noi eravamo diversi.
Diversi da tutti, diversi da tutto,
diversi dal conosciuto … noi eravamo l’imprevisto,
l’eccezione. Noi eravamo quelli
strani perfino tra i mostri.
Eppure, lo
eravamo insieme.
Prima di
lei mi ero sempre sentito fuori posto in qualsiasi circostanza,
arrivando ad emarginarmi da solo. Nessuno al mondo avrebbe potuto
comprendermi, perché nessuno al mondo era privato
dell'ancestrale certezza e consapevolezza di appartenere ad una razza, ad una specie.
Ma io?
Cos’ero io?
Ero un
vampiro?
In parte.
Ero un
essere umano?
In parte.
Quante
volte da bambino mi ero chiesto quale delle due parti fosse
predominante. Mi auguravo così tanto che ci fosse, pregavo
ogni notte tutte le divinità conosciute nella storia
dell’umanità che il giorno successivo mi sarei
svegliato ed avrei saputo cos’ero
un po’ di più.
Non che
amassi le restrizioni, ma avrei venduto perfino l’anima al
diavolo per essere inserito in uno schema,
in una categoria,
per potermi appoggiare a qualche punto di riferimento durante la mia
crescita.
Invece
così non era stato, le mie preghiere erano state tutte vane,
e la mia adolescenza – la mia prima vera
adolescenza dovrei dire, quella in cui avevo davvero quindici anni e
non solo nell’aspetto – era trascorsa ancor
più traumatica che per chiunque abbia mai calpestato questo
mondo.
Poi un
giorno avevo conosciuto lei.
Era solo
una bambina durante la battaglia che mi condusse a Forks per salvare la
vita a lei e alla sua strana famiglia. Eppure già da allora
calamitò la mia totale attenzione.
Il mio
mondo, la mia esistenza, furono squarciati come da un fulmine. La sua
sola esistenza significava che io non ero così solo
a questo mondo.
Feci il
mio dovere quel giorno, testimoniai, e in qualche modo riuscimmo ad
aiutare i Cullen e i loro alleati licantropi. Dopo pochissimo tempo
però ripartii. L’esistenza di Renesmee mi spinse
per il mondo a cercare altri come noi. Ne trovai solo altri due.
Inspiegabilmente
non riuscii mai a dimenticarmi di lei durante il mio peregrinare,
così senza averlo nemmeno deciso, un giorno feci ritorno a
Forks.
Tutti mi
accolsero come se avessero ritrovato un fratello, o un figlio, ma
quando i miei occhi si posarono su Renesmee capii che la mia intera ed
eterna esistenza avrebbe avuto senso solo al suo fianco. Era cresciuta,
sembrava avere la mia età. La sua pelle perfetta era
identica alla mia, la sua grazia era specchio della mia, ma
soprattutto, ciò che le leggevo negli occhi era la
metà della mia anima.
Ogni volta
che Renesmee mi era vicina, ogni volta che mi parlava, ogni volta che
rideva, ogni volta che mi sfiorava, ogni volta che semplicemente la sua
presenza era nelle mie vicinanze…
Ogni cosa andava al suo posto.
Fu,
quindi, la cosa più naturale del mondo che io mi stabilissi
a non molta distanza dalla dimora dei Cullen. Loro mi aiutarono a
costruire la mia piccola e modesta casetta, con l’aiuto dei
licantropi.
Già,
i licantropi … seppi fin da subito dell’antica
magia che legava Renesmee al ragazzo lupo – il quale imparai
a conoscere con il tempo.
Non
perché qualcuno me ne avesse parlato, ma perchè
quel tipo di cose – per chi come me aveva trascorso tutta la
vita in un luogo ed in un popolo che vive di riti, magie, e culti
– mi veniva naturale riconoscerle da subito. Avvertivo la
potenza del loro legame perfino sulla pelle, come se avessero un
sottilissimo campo magnetico attorno a loro. Non nego che
all’inizio fu davvero complicato trovare un equilibrio con
Jacob, però con il tempo le cose si sistemarono da sole.
Anche se la verità era che io sapevo
perché tutto fosse andato a posto così
semplicemente.
Da quando
mi trasferii gli anni cominciarono a passare per me in maniera diversa.
Vivevo le mie giornate in funzione di Renesmee, avido di ciò
che ogni nuovo sorgere del sole mi avrebbe donato accanto a lei,
accanto all’unica che poteva comprendermi.
Anche
Renesmee trovò in me il suo porto sicuro. Spesso mi aveva
concesso di poter vedere
con i suoi occhi quanto fossimo simili, quanto fossimo naturalmente in sincronia,
quanto avesse aspettato qualcuno che potesse capire i suoi stessi
tormenti segreti, quanto avesse sofferto nel sentirsi diversa tra i diversi
prima di me.
Noi
eravamo uguali.
Per la
prima volta nelle nostre esistenze vivevamo sentendoci come qualcun altro.
L’uno il punto di riferimento dell’altro,
l’uno il porto sicuro dell’altro, l’uno il proprio posto nel mondo
dell’altro.
Era stato
inevitabile per noi avvicinarci sempre di più.
Era stato
splendidamente inevitabile per me innamorarmi di Renesmee Carlie Cullen.
Era stato
– e continuava ad esserlo ogni giorno –
magnificamente inevitabile per me votarle tutta la mia esistenza.
E tutto il
mio amore nei suoi confronti risultava palese a chiunque. Lo era sempre
stato. Per questo una volta un membro del branco provò a
“mettermi in guardia”, provò a farmi
realizzare che lei non sarebbe mai stata mia, perché la
previdenza dell’imprinting non era a me che l’aveva
destinata.
Oh, ma io
non me ne curai.
Loro non sapevano. Loro non
avrebbero mai potuto sapere.
Non avrebbero mai potuto immaginare.
Non avrebbero mai potuto comprendere.
Nessuno al
mondo avrebbe mai potuto neanche lontanamente avvicinarsi al nostro mondo.
Tutti
erano troppo impegnati a voler vedere soltanto il loro di mondo. Un
mondo in cui – capii con il tempo – tutto sembrava
perfetto, in cui tutti volevano che tutto fosse
perfetto, in cui nessuno guardava oltre il proprio naso.
Io avrei
continuato ad amare Renesmee anche se non avessi visto la
realtà dei fatti e avessi continuato a fingere che la loro
esistenza fosse perfetta.
Ma in
più c’era il fatto che io avevo visto, che io avevo
compreso.
Lo avevo
capito da subito che tutta quella perfezione era in realtà
piena di crepe. Lo avevo sentito immediatamente sotto la pelle che in
realtà la crepa era una sola, gigantesca, profondissima,
impossibile da rimarginare.
Era la
crepa devastante che solo un amore eterno, impossibile ed assoluto
poteva creare.
Avevo
avvertito immediatamente l’amore che sia Jacob che Isabella
si ostinavano a voler nascondere.
Lo avevo
sentito fin sotto la pelle, ancor più forte
dell’imprinting tra Jacob e Renesmee.
Lo avevo
capito da subito, ancor prima che la stessa Nessie se ne accorgesse.
Ancor prima che essa stessa me lo mostrasse
un pomeriggio nei suoi pensieri, piena di timore per un mio giudizio.
Eppure,
perfino in quel momento così apparentemente sbagliato, ogni
cosa mi era parsa giusta e naturale.
La sua
presenza al mio fianco era naturale,
tutto il resto per me erano soltanto conseguenze.
Perfino in
quel momento avvertii che …
Ogni cosa andava al suo posto.
Ed io,
d’altro canto, avevo sempre mantenuto il mio di posto. Non
avevo mai messo Renesmee in situazioni spiacevoli, non
l’avevo mai spinta a dubitare della sicurezza che poteva
donarle l’imprinting di Jacob. Mi ero limitato a farle
sentire ogni giorno, in ogni momento, in ogni istante, la mia presenza.
E tanto era bastato.
Tanto era
bastato alla mia creatura dall’intelligenza ammirevole. Tanto
le era bastato perché capisse anche lei quanto il suo
imprinting fosse diverso dagli altri; quanto – ancora una
volta – tutta la sua situazione familiare fosse singolare e diversa.
Diversa
come si era sempre sentita lei … fin quando non aveva avuto
me.
Per questo
avevo capito che fosse solo questione di tempo, qualche mese prima.
Per tutto questo non mi
stupivo in quel momento di vederla ondeggiare aggraziata
nell’erba antistante casa mia, con una luce diversa in quegli
splendidi occhi cioccolato.
Quanto
avevo aspettato questo momento.
Il mio
cuore iniziò a galoppare forte come mai aveva fatto in oltre
cento anni alla vista di quello sguardo finalmente sereno, finalmente consapevole e
libero.
Veniva
verso di me con fare incerto ed imbarazzato nella luce calda del
tramonto che donava ai suoi boccoli ramati uno splendore ancor
più incantevole.
Ogni
cosa andava al suo posto.
Inciampò
lievemente in un sassolino e le sue guance si colorarono appena di uno
splendido rossore – che la fece somigliare inspiegabilmente
ad Isabella – , sulle sue labbra piene e rosse si dischiuse
appena un sorriso sghembo, e fu lo specchio di suo padre. Poi
sollevò gli occhi nei miei, leggermente imbarazzata, e fu
nessun’altro che se stessa.
Le andai
incontro a passi decisi, ostentando una sicurezza che in
realtà non avevo e pregando che le mie gambe tremanti
d’emozione mi reggessero il gioco fino in fondo.
Quello era
il mio momento, quello era il nostro
momento.
La
raggiunsi e nessuno dei due fiatò. Lei semplicemente mi
sorrise e fu solo nel momento in cui pensai di farlo anch’io
che mi resi conto che in realtà ero già
sorridente.
«
Nahuel » sussurrò semplicemente.
Le passai
le dita tra quei boccoli lucenti, caldi ed intensi come il tramonto
alle sue spalle e le sue guance si colorarono ancora. Carezzai con un
dito quella pelle di seta il più lentamente possibile.
Volevo che quel momento potesse durare in eterno.
«
Renesmee » sussurrai altrettanto semplicemente in risposta.
Poi non ci
furono più parole. Non ci furono più tempo,
spazio o storia che potessero contenere il nostro amore. Le mie labbra
impazienti si posarono delicatamente sulle sue, tremanti.
Naturalmente
combacianti.
Naturalmente
emozionate.
Naturalmente
ed inevitabilmente perfette.
Naturalmente destinate ad essere.
Ed ancora
una volta, in quel momento e per l’eternità
…
Ogni cosa andava al suo posto.
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