Mythoi
EllenikA
I Miti Greci
Prologo
Teogonia, Esiodo.
Mousaon
Heliconiadon archometh’aeidein
Ai th’Heliconos echousin opos mega te zatheon te
Kai te peri kronon ioeidea poss’apaloisin
Orcheuntai kai bomon epistheneos Kronionos.
Cominciamo il canto dalle
Muse
eliconie
che di Elicona possiedono il monte grande e divino
e intorno alla fonte scura, coi teneri piedi
danzano, e all'altare del forte figlio di Crono;
Dal labbro alle Dive la voce scorre soave, infaticabile.
Cantan dei Numi la lunga storia, di Zeus Egioco e dei suoi,
cantan dei mortali, stirpe dolente, e dei Giganti.
Creatrici di dolci carole, figlie di Mnemosine, io vi chiamo:
Tersicore, Polimnia, Melpomene, Urania, Talia,
Euterpe, Erato, Clio, Calliope dolcissima,
Figlie di Zeus, l’amabile canto a me date.
In principio fu il Caos,
e da egli furono Gea, madre dall’ampio seno, terra ove hanno
sede uomini, Dei e tutte le creature; il Tartaro buoio e fondo; Eros
dalla forte fiamma, bello fra i celesti, che doma tutti gli uomini e
Numi ed ogni accorto consiglio; Erebo dolente e Notte, riposo dei
mortali, giunsero in fine. Essi furono tutti generati da Caos. E dal
caos fu il cosmo.
Erebo giacque in amore con Notte ed ella generò Etere ed
Emera e Caronte, traghettatore d’anime. E poi Notte
generò senza amorosa unione Moros il destino e Thanatos la
Morte ed Hypnos il sonno, divini gemelli, Nemesi crudele vendetta, Momo
la Colpa ed Eris la Discordia ed Apate ingannevole. E da Moros sorsero
le tre sorelle Atropo, Cloto e Lachesi, le Moire ricamatrici.
Gea materna, per primo generò a se simile Urano dalle
cerulea fronte, cosparso di stelle, che tutta potesse coprirla e fosse
sede eterna dei Numi Immortali. E generò i Monti, sede
gradita alle Ninfe, ed il Ponto che gonfia ed infuria, e da lui
nacquero Euribia e Nereo padre delle Nereidi fanciulle.
Poi con Urano giaciuta, la Madre Antica generò
l’Oceano profondo e Ceo, Crio, Giapeto, Mnemosine, Temide,
Rea, Iperione, Tea, l’amabile Tetide e Febe
dall’aurea ghirlanda. Ed in fine, funesto fra tutti, ebbe
luce Crono, scaltro consiglio, odio paterno, fra tutti i figli il
più tremendo.
In seconda unione con Urano, senza gioia d’amore, impeto di
violenza, Ella generò i Ciclopi che hanno un solo occhio
nella faccia, Sterope, Bronte ed Arge, questi i nomi dei fierissimi. E
poi i Centimani terribili, Cotto, Briareo e Gige, cento braccia e cento
teste.
Ma il Padre terribile sorte aveva per i figli, che ad ogni nascita nel
Tartaro profondo li gettava.
Dell’opera triste godeva Urano Signore, e la Terra gemeva
provata dal dolore, straziata dalla sorte dei figli amati; e
un’arte pensò, una malevola frode, vendetta contro
lo sposo violento.
Dal cinereo ferro, subito generò con rapido gesto una
pietra, l’Adamantio, e da essa una gran falce estrasse.
Convocò poi i figli Titani, e chiese loro, con forza
nell’animo e tristezza nel cuore, di sollevare la mano contro
il padre,che a lor danno rivolse per primo nella mente, ma nessuno di
essi, per timore, si fece avanti. Soltanto Crono, signore del Tempo che
scorre, allungò la mano, afferrò la sacra falce,
e con rabbiose parole di crudele auspicio giurò alla
Veneranda Madre. E la Terra immane fu lieta.
E giunse l’ora in cui le stanche membra, vinte dalla
stanchezza, si riposano. Urano giunse, bramoso d’amore per
Gea Fertile, tutto incombette sulla terra, su lei si stese coprendola.
Ma prima che l’amplesso potesse principiare avvenne
l’agguato: Crono di soppiatto balzò, la manca
afferrò del padre le gonadi feconde, impugnò con
la destra la falce tremenda ed il Padre d’un colpo fatale
evirò. E gettò il figlio i testicoli di Urano,
nel mare azzurro così che potesse portarli via.
Ma non senza effetto fu il gesto; gocce stillarono le ferite che
posandosi sulla Terra ella le accolse e col volgere degli anni da
queste generò le Erinni terribili, e gli immani Giganti, e
le Ninfe divine.
E dalle vergogne, nell’ondoso mare, da spuma sorse in ultimo
soave fanciulla, presso Citera e poi Cipro in fine, ella giunse.
Così nacque Afrodite la bella, di tutte le dee la
più tremenda e dolce.
Fra l’urla di dolore, Urano dallo stellato manto, un male
lanciò ai suoi figli; atto malvagio aveano compiuto costoro,
e di questo, come per lui accaduto, un giorno essi ne avrebbero pagato
il fio.
E cosi avvenne che un nuovo sovrano ascese alla dimora ed al potere e
Crono fu signore del nuovo mondo e dominò con scettro
possente su tutti i Titani ed i loro figli.
Da Ceo in unione con Febe nacquero Asteria, Lelantos e Leto, signora
della tecnica.
Congiuntosi con Euribia, Crio ebbe Astreo, Pallante e Perse.
Da Giapeto e Climene sorsero Atlante dalle possenti braccia, che
sorregge tutto il globo celeste, Prometeo dalla lunga vista e
l’immensa saggezza, Epimeteo e Menezio rabbioso.
Iperione si unì a Teia ed ella generò Eos dalle
d’rosee dita, Elios luminoso sole e Selene bella luna.
Oceano e Teti, in amore congiunti diedero alla luce i fiumi che fluenti
dissetano le terre dei mortali e le Oceanine fra cui, la più
illustre fu Stige infera, che in unione con Pallante generò
Cratos il Potere, Zelos l’Ardore, Bia la Forza e Nike la
Vittoria da sempre compagni di Zeus.
In ultimo Crono prese in moglie Rea e da essi venne la stirpe dei
Beati, Signori dell’Olimpo nevoso.
Sei ne generarono, grandiosi tutti in maestà: Poseidone
Ennosigeo fu il primo, dal fremente tridente, ad egli seguì
Ade il lugubre Sovrano, che sui morti e le terre marcescenti ha il
dominio, Demetra madre gentile, che delle messi e dei raccolti fa dono
a gli uomini, Estia del focolare, Era Leucolena, dall’occhio
di Vacca, ed in ultimo Zeus Cronide che su tutti i Numi ha il dominio,
il glorioso.
Ma Crono ebbe ad apprendere, e timoroso per le parole del padre,
tenendo a se caro il seggio, maligne azioni commise anch’egli
sui figli. Come il padre insegna, il figlio esegue. E fu
così che il misfatto si fece: Crono ad uno ad uno, venuti
che erano alla luce, ingoiò i figli, celandoli nel proprio
ventre così che non avesse a subire la stessa sorte di Urano
e nessuno di essi potesse mai ribellarsi.
Ma Rea chiomabella, molto sofferse ed in preda a dolore e pianto, con
gemiti supplicò la Madre Antica d’aiutarla.
Spirito di donna, cuor di madre, il dolore chiama pietà e
compassione, e chi patisce il medesimo supplizio è
più vicino.
Gea corse in soccorso della figlia suggerendole sordido inganno e Rea
udì il consiglio che altro dolore portò in
seguito.
Quando giunse l’ultimo figlio, Zeus Egioco, prese il
fanciullo in morbide fasce Rea e in custodia segreta lo diede alle
Ninfe presso l’Ida, che alto si leva sull’isola di
Creta. Recatasi poi dal crudele sposo, ideatore di mali, al posto del
divino fanciullo, una pietra avvolta in candidi panni diede a Crono e
questi, ignaro, ingannato dalla Sposa e dalla Madre, ingoiò
il simulacro.
Fra i dolci declivi dell’Ida Zeus crebbe, nutrito dal dolce
latte della capra Amaltea dal vello d’orato, protetto dai
Cureti astuti, che battevano sul ferro degli scudi onde coprire i
vagiti del bimbo affamato. Li celato alla vista del padre che molto
vede, il primo fra i Beati crebbe in forza e grazia e sapienza. Molte
amanti ebbe per se, prole divina generò da esse; Metide, che
fu moglie prima di Era, e da ella generò Atena divina,
Mnemosine, madre delle Muse, Leto che generò Apollo e
Artemide, Maia madre di Hermes, Demetra che partorì Kore
Persefone. In ultima giunse Era, che dopo la liberazione ne divenne
sposa e regina e da lei generò Ares, Ilizia ed Ebe.
Ma giunse il tempo in cui la madre richiamò il figlio ed
egli, con la consorte Metide, obbedì all’appello.
Con l’ausilio dell’astuzia femminile, desideroso di
liberare i propri fratelli, Zeus ordì un piano per
spodestare Crono astuto.
Con l’inganno Metide fece bere al sovrano Tempo un emetico
maligno, che subito in spasimi e convulsioni aggredì il
Potente. Ed egli, rotolando giù dal seggio indistruttibile,
vomitò la santissima prole, che avea ingerito. Uno dopo
l’altro, i Beati ritornarono alla luce ed insieme con Zeus
fuggirono.
E fu guerra nei cieli, sulla terra, nei mari e sotto la terra. Tutto ne
venne scosso di tremore e paura. Zeus, su consiglio di Gea,
liberò dal Tartaro i Ciclopi ed i Centimani dopo lunga
attesa, gettati ivi dai tempi di Urano e mai liberati. Ed essi
forgiarono per lui la Folgore, arma invincibile, e con essa il Cronide
si scagliò contro gli Dei Titani.
I due schieramenti contrapposti, da una parte gli Olimpi portatori di
beni e con essi i Ciclopi ed i Centimani e quanti fra i Titani non
sottostavano alla volontà di Crono, Prometeo ed Epimeteo, e
poi i figli i Stige, e Pallante, Astreo e Perse. Dall’altro
v’era Crono furente, con falce dentata, e tutta la stirpe sua
e dei fratelli. Sull’Olimpo stettero i Numi,
sull’Otri i Titani avversi. Di colpi su colpi si fece la
guerra, grande disastro e dolore, e la Terra gemette.
Con la folgore ed il potere dei Centimani, tuttavia, Zeus
conseguì la vittoria, ed il padre Titano, Crono Signore,
rovesciato fu dal seggio celeste ed insieme ai fratelli e la loro genia
gettati nel tartaro profondo e buio. Poi Poseidone eresse solide mura e
spessi cancelli di metallo a chiuderne l’entrata sigillando i
nemici degli Dei per l’eternità. A guardia delle
porte i Centimani vegliano senza sosta.
Fu così che il nuovo regno ebbe inizio. i tre fratelli si
divisero, per sorte, il mondo. A Zeus toccò il cielo, a
Poseidone le mobili acque e ad Ade il regno che sotto la terra giace,
luogo di morte.
Del canto questo è il termine, ma della storia, come e
quando, troppo lungo è il racconto, che il tempo mortale mai
basterebbe a colmare. Di come Prometeo, per amore degli uomini,
rubò il fuoco a Zeus e per questo fu dal Padre incatenato
alla roccia viva del Caucaso, divorato il suo fegato dal cane del
Cronide, l’aquila sua implacabile o di Pandora che, prima
donna, aprì lo scrigno ed il mondo a causa sua fu invaso da
ogni sorta di male.
Questo e molto altro potrei dire, ma qui mi fermo. Il continuo spetta
ad altri.
Free Talk:
Dunque, quanto sta scritto nel presente prologo e quanto
seguirà nei capitoli successivi, quindi, in una sola parola,
la storia per intero, non è nulla di che. Non è
una storia a cui particolarmente tengo al momento, diciamo che la
partii una sera ascoltando della musica, dopo aver letto lo storico
libro di Robert Grave, I Miti Greci, da cui il titolo, e dalla noia che
ultimamente mi ha pervaso. Quindi lo stile, che non è
certamente il mio stuile solito, è decisamente e volutamente
poco curato, la storia si evolve di pari passo alla scrittura e non
c'è nulla di programmato se non le semplici conclusioni del
racconto. Sentitevi dunque liberi, gentili lettori, di criticare,
segnalare gli errori, le omissioni e quant'altro vi va, non mi offendo
di certo, potete anche tacere, nemmeno in questo caso ne
avrò a male. Potrei solo trarre beneficio dalle vostre
parole.
La corrente sezione, Free
Talk, la terrò per ogni singolo capitolo ove
potrò esporre le debite spiegazioni, i ringraziamenti e
quant'altro mi verrà in mente.
Concludo nel dire che il rpesente prologo è tratto, come
suggerisce il titolo, dalla Teogonia dell'inimitabile Esiodo, una summa
diciamo di quanto lui narrò. La parte iniziale, per quei
pochi che non lo sapessero è una citazione dell'incipit
direttamente in greco (non ho usato le lettere originali per permettere
a chiunque di leggere). Forse son l'unica cosa davvero bella e
significativa, proprio perchè non l'ho scritta io. Dico
inoltre d'essermi preso alcune libertà nella composizione
della storia delle divinità poichè molti sono i
miti e discordanti fra loro, tanto da creare un enorme caos
spazio-temporale peggiorato dalla presenza ingarbugliata di nomi e
luoghi.
Tutti i nomi di divinità qui citate saranno presenti nella
storia quindi son da tenere bene in mente, il proglogo stesso, inutile
dirlo, è indispensabile al racconto. per chiarimenti o
altro, basta contattarmi come recensione o sul mio profilo.
Silencio
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