Signori,
siamo qui felicemente riuniti per celebrare la fine di venticinque
capitoli di storia, che pare, vi siano piaciuti, vi hanno intrattenuto
e tenuto incollati per un po' di tempo. Non so manco come ne sono
usciti giusto 25 eh. Leggete, parleremo meglio dopo. Buona lettura.
Vita
dopo Morte
Non
c’è strada che porti alla pace che non sia la
pace, l’intelligenza
e la verità
Mahatma Gandhi
Due settimane. Due
lunghe settimane e per Alex
Ground il mondo pareva rinnovato, ribaltato e forse anche ricostruito.
Risiedere
di nuovo nel suo studio al Palazzo Reale di Stoccolma era qualcosa che
lo
riempiva di gioia, sapere che due stanze più a est
però non c’era il solito
Adrian a governare gli doleva pesantemente. Fissare i cieli di
Stoccolma,
sapendo che non avrebbe più avuto nessuno con cui discutere
gaiamente gli
doleva, gli pesava sul cuore ricordando che il colpo finale lo aveva
dato lui.
Aveva sempre immaginato, nei giorni in cui era rimasto su PLANT, un
probabile
ritorno a Stoccolma. Forse un abbraccio fraterno, un’amnistia
per i suoi
peccati, un glorioso ritorno. Invece, nella meno rosea delle
previsioni, si era
buttato sul lavoro per tenere insieme il regno che a suo modo era
rimasto
profondamente finito. L’esplosione incontrollata delle Aran a
Bergen aveva
danneggiato il mass driver, che era in riparazione. La morte dei leader
del
Consorzio ed il passaggio di numerose industrie al governo aveva
costretto Alex
a decidere rapidamente del loro futuro, creare società
statali e trovare le
persone giuste da porre ai posti giusti. La morte del principe fu una
nota non
meno dolorosa. Costretti a falsificarla, onde evitare disordini non
graditi,
aveva spostato numerosi detriti di GINN nella zona della colonia Prima,
dando
la colpa ad un gruppo di estremisti coordinator l’esplosione
della stazione
orbitale. La morte del Principe Adrian De La Roux venne vista come
l’ultimo
atto di coraggio del biondo contro i nemici del regno, il suo
sacrificio per
salvare feriti e persone che fuggivano. Il passaggio così
era risultato molto
meno disastroso del previsto, anche se il nuovo campo di battaglia,
quello
politico, appariva molto infuocato. Divisi sulla strada da prendere nel
futuro,
orfani dei leader politici più in vista, i parlamentari
litigava anche sulla
minima disposizione, pronti a tutto pur di prevalere. Solo grazie
all’aiuto di
Simon Baldwin, il capo dell’Intelligence, Alex poteva contare
su valide
informazioni da utilizzare per tenere a bada i rami radicali della
politica
scandinava, ma questo anche a stento. Una soluzione ricercata era
trovare
qualche ramo cadetto della famiglia regnante, priva di ogni tipo di
erede,
perché succedessero al trono senza distruggere la
continuità.
Contando anche che il loro
nuovo primo ministro era stato scelto come intermediario tra
l’Alleanza Terrestre
e PLANT per gli accordi di pace, insieme a Lacus Clyne, toglieva molto
tempo al
povero Ground, stretto dai suoi impegni sociali e politici. La
stanchezza lo
spingeva spesso ad addormentarsi nel suo studio, sulla sua poltrona di
pelle
preferita, mentre ancora fissava il tramonto sorseggiando uno dei
numerosi
alcoolici che nascondeva nello studio stesso. Il brandy che risiedeva
mollemente nel bicchiere di cristallo di Alex era immobile,
così come il suo
padrone, che fissava indirettamente il sole rosso che si buttava oltre
le onde
del mare. Un irreale silenzio accoglieva la stanza, mentre qualsiasi
rumore
esterno era attutito dalle robuste pareti e dagli spessi vetri. Cullato
come
nel ventre materno il primo ministro scandinavo teneva solamente gli
occhi
aperti e esclusivamente il movimento del petto segnalava che il soffio
della vita
era ancora presente in lui.
L’idillio creatosi venne
disturbato dal tocco pesante sulla porta di legno
- Avanti – il ministro roteò
la sedia, osservando un militare percorrere la distanza che separava la
porta
dalla scrivania ad ampie falcate
- Signore, è arrivata questa
per lei –
- Grazie Sergente, vada – il
congedo arrivò subito mentre il moro si rigirava tra le mani
una grossa busta
gialla, leggermente rovinata. Aprendola di scatto fece cadere due foto
ed un
foglio di carta. Prendendo il foglio cominciò placidamente a
leggere
“Caro Alex,
se te lo chiedi, sono io, Adrian. Sto
scrivendo questa lettera mentre
attendo che Alenki mi dia l’ok per partire. Stiamo per
salpare verso le stelle
e quanto sto per fare, quanto dirò, quanto
penserò, cambierà radicalmente il
corso del genere umano. Non voglio dire che il percorso da me
intrapreso sia il
migliore, ma posso dire, che relativamente a me, è il
più giusto. Le
probabilità danno te come mio avversario
nell’ultimo duello, sempre che le
statistiche fatte precedentemente si siano rilevate reali, ma
conoscendomi,
direi di si. Simon ti ha detto delle Aran, tu hai connesso, tu mi
ucciderai.
Si, perché se stai leggendo questa lettera allora io sono
morto, tu sei vivo ed
il mondo è probabilmente integro.
Ma direi che almeno nelle mie memorie debba
procedere con
ordine.
Partiamo dall’inizio, spieghiamo tutti i retroscena di questa
follia, come
l’avrai definita, senza “se” e senza
“ma”
ma solo con gli “è” e con i
“non
è”. Io
sono Adrian De La Roux, questo
non è in dubbio. Io sono l’ultimo discendente dei
De La Roux, ramo principale,
e neanche questo è in dubbio. La mia famiglia è
la peggiore famiglia che sia
mai stata sulla Terra, questa è una mia opinione. Creare i
coordinator, quale
follia. Quale pazzia. Credere di poter evolvere il genere umano con una
provetta, direi che è una bella stronzata. Pensare che in un
laboratorio si
possano decidere le sorti dell’essere umano, quale
stupidità. E credere di
poter decidere di creare un essere umano capace di giudicare, ad un
certo
punto, tutto il creato secondo le loro idee, quale altra stronzata.
Rovinare la
vita di una famiglia, di un bambino non ancora nato e di
chissà quante persone
per il solo scopo di atteggiarsi a dei, direi che questa è
pura malvagità.
Eppure loro lo hanno fatto. I creatori di
Glenn, i distruttori del
mondo, potrebbero riuscire li dove secoli e secoli di guerre e di
selezione
naturale non hanno potuto. Il Coordinator Plan è solo
l’ennesimo tentativo di
un manipolo di uomini di dominare tutto e tutti, e credo che
falliranno. Credo
che falliranno perché si sono basati sui presupposti
sbagliati, ma non ho
proprio voglia di discutere di biotecnologia, genetica, etica e scienza
con te,
non ora, non ora che la morte mi sta per prendere. Già da
adesso sento i
cannoni che risuoneranno nello spazio per la nostra piccola
scaramuccia, un
nulla confrontato a quanto sangue è stato versato in questa
guerra del santo
dell’amore, sento il sangue che scorrerà, sento le
urla di dolore e le anime
che voleranno via, impetuose, mentre i loro mobile suit esploderanno in
nuvole
rosa. E sento che forse uno di quei mobile suit è il mio,
anzi, sono sicuro che
uno sarà il mio. Credo che tu, a questo punto, saprai che io
non ho certezza di
sopravvivere, anzi, la mia maggior possibilità di vita
è racchiusa nella tua
abilità di battermi prima che qualcuno si debba sacrificare
per spegnere Prima.
Appena sarà valicato quel confine, io sarò morto
per causa maggiore. Che io
vinca, che io perda, in ogni caso non ci sarà speranza per
me e per chiunque
fosse venuto con me a rincorrere questa follia. Direi che i miei uomini
sono
quelli più presi dal disegno generale al punto che mi
spaventa la loro dedizione
alla causa, superiore alla mia di certo. Superiore, perché
io pensatore di
tutto, com’è naturale, ne sono spaventato. Sono
spaventato dall’idea che tutto
ciò è errato. Ho fatto discorsi appassionati, ho
spinto alla morte uomini,
avendo una certezza nelle parole che non mi appartiene, o almeno che
non
appartiene alla mia mente, ma solo al mio corpo. Credo che alla fine il
giudizio mio non sia migliore o più giusto di quello di
tanti altri esseri
umani o coordinator o natural-coordinator come si possano definire.
Credo solo
che sia il giudizio scelto per questo giorno. E chissà se
questo giudizio,
racchiuso tra miliardi di neuroni e di idee, alla fine non diventi
quello
giusto per tutta l’umanità.
E con ciò mi ricollego a quanto
veramente ti vorrei dirti. Presuppongo,
spero non erroneamente, che almeno in parte tu ti senta colpevole del
mio
decesso, sentendo in parte mio killer. Questo perché
probabilmente il
fottutissimo grilletto che mi farà ascendere ai cieli
sarà stato premuto da te.
Spero solo che non mi sia fatto ammazzare da qualche mobile suit
prodotto in
massa. Sarebbe il disonore anche da morto. Comunque, ti dico che non
dovresti
sentirti in colpa. Hai fatto la cosa giusta. Hai fatto la cosa giusta e
se sei
sopravvissuto allora anche la tua causa era quella giusta. La nostra
era una
sfida di idee, abilità e sentimenti. Sulle idee non ci
saremmo mai accordati,
le abilità direi che erano parti ed allora rimangono i
sentimenti a decidere la
vittoria. Sono sempre stato dell’idea, ben nascosta a te e a
tutti, che il sentimento
batta la ragione, la batta e la butti a terra, la umili e soprattutto
la
conquisti. Ricordandoci anche che i sentimenti sono al 99% giusti,
allora forse
la cosa giusta la stavi facendo veramente tu, io sbagliavo, io dovevo
pagare il
prezzo, io dovevo crogiolarmi nell’oblio
dell’infinita morte, o forse solo di
un lungo riposo.
Probabilmente quanto mi sarà uscito
dalla penna sarà per lo più
incomprensibile, avrò lasciato discorsi a metà e
avrò detto stronzate a tutto
andare, come un tossico fatto di droga a più non posso, ma
non posso che
sentirmi tutto sommato soddisfatto. Credo di poter dire che questo
è il mio
testamento spirituale, con cui posso chiudere qualsiasi conto,
qualunque sia la
via che la Terra prenderà.
Poiché, come ho già
detto, partiamo dal presupposto che tu sia vivo ed
io sia morto, e che quindi ora tu sei di nuovo Primo Ministro, ti dico
che se
vuoi mantenere la monarchia c’è un certo Eugenio
De La Roux, in Francia, se non
erro a Marsiglia, nel caso non sia fuggito si intende, che è
un mio parente di
terzo o quarto grado. Non troverai di meglio con lo stesso cognome, ed
è meglio
un De La Roux a metà sul trono, che niente. Vedi che, in
caso di problemi
tecnici ai reattori a fusione o a Bergen, ho lasciato delle note nel
mio studio,
molte note. Dovrebbero aiutare i tecnici a fare in modo che non
accadano
disgrazie mentre io non ci sono. Altra cosa. C’è
uno chalet, in Norvegia, quasi
150 kilometri a nord di Stavanger, dove ci sono varie cose per te. Sono
ricordi, progetti e qualche extra che ti farà piacere.
Abbine cura, ed attento
ai lupi, di solito non mordono ma non si sa mai.
Ti auguro ogni bene Alex, perché,
se sei sopravvissuto a me, nessuno è
degno di ucciderti.
Buona pace e ricorda che tutto passa, sia il
dolore sia l’amore, sia la
vita, sia la morte”.
- Dici che è sua Alex? –
- Si Simon, ne sono abbastanza
sicuro. Ho fatto controllare la provenienza, era uno studio legale di
Stoccolma, con il compito di spedirmi la lettera questo preciso giorno,
ovunque
fossi. C’erano vari attestati allegati, che ora sono
all’ufficio stampa del
Palazzo per essere controllati. Ho preso anche le note
dell’ufficio, come mi
aveva detto, e credo che ora partirò per quello chalet
–
- Sicuro che non sia una
trappola? Un modo per ucciderti nel caso tu abbia vinto? –
Simon guardò
dubbioso il suo superiore, scrutandolo con cipiglio nervoso
- No, non è una trappola.
Adrian mi voleva ,a sua modo, ancora bene. Non avrà preso
bene il mio
tradimento, si, ma questo non cancella tutto quello che abbiamo passato
insieme. E credo che ora io debba andare. E’ il suo
testamento, le sue volontà,
vanno rispettate –
- Posso almeno darti una
scorta, non so, Simmons e Diggerflie?
- Nessuno Simon. Perché invece
non mandi quei due a Marsiglia a controllare questo Eugenio. Era quello
che ci
serviva no? Non ti preoccupare per me, sono sopravvissuto a peggio che
al mio
paese – il giovane Ground si richiuse le porte dello studio
della spia con fare
calmo mentre si dirigeva al garage del palazzo. Lo attendeva una lunga
marcia.
Trovare lo chalet dopo quasi
la lunga guida che aveva fatto non fu completamente difficile.
Fortunatamente
la zona non era schermata, o almeno non più, e lo chalet
risultava chiaro nelle
immagini satellitari, sapendo dove cercare. Il sistema di allarme si
disattivò
ad un tocco del ministro, essendo forse a riconoscimento tattile e come
detto
nel parco antecedente alla struttura di legno e pietra
c’erano anche due lupi,
abbastanza grossi e dal viso anche abbastanza arrabbiato,
sufficientemente per
spingere lo scandinavo a tenere a portata di mano la sua pistola.
Entrato nel
salone di ingresso non poté che notare l’esagerato
ordine che vi si trovava. Le
vetrate si oscurarono impercettibilmente all’entrata di Alex,
come a difenderlo
dal sole che era alto oramai nei cieli norvegesi. Camminando con calma
per le
varie stanze del primo piano il giovane pilota non trovò
assolutamente niente
di rilevante, finché, salendo al secondo di piano,
trovò quello che
probabilmente cercava. In una delle stanze da letto, unica anche stanza
che
sembrava vagamente vissuta, trovò un computer accesso e
delle cartelline sparse
per terra. Attento a non calpestarle il giovane si avvicinò
allo schermo
lampeggiante, cliccando con calma su un’icona predominante
sui cristalli
liquidi. I progetti che uscirono a schermo appena dato il fatidico
“click”
furono di enorme stupore per Alex, che spense lo schermo quasi stupito.
Controllando almeno a vista le varie cartelle che erano ammucchiate
dappertutto
per terra riuscì a leggere una scritta su una di esse
- “Ricordi” … - il giovane
moro si abbassò, prendendola con calma ed aprendola. Nella
cartella si
trovavano, disordinate, tantissime foto. Foto di un passato che in quel
momento
a Ground sembrava molto remoto. Un giovane e piccolo Adrian che giocava
con un
padre precocemente scomparso. Un Alexander Ground che combatteva con
una spada
di legno contro il non più futuro re di Scandinavia. I due
che giocavano a
computer, che guardavano la TV o correvano nei prati. I ricordi
migliori. D’un
tratto il primo ministro si ricordò delle due foto cadute
dalla lettera
inviatagli dal defunto e che aveva sistemato in tasca, attendendo di
poterle
visionare con tutta la calma possibile. La prima dei due pezzi di carta
raffigurava due giovani seduti su una panchina, alle cui spalle si
trovava
quello che Alex riconobbe come il parco di Stoccolma. I due giovani
erano tanto
diversi, eppure sembravano molto legati tra loro. Entrambi indossavano
la
divisa dell’esercito scandinavo. Un tenente ed un capitano.
Uno era biondo, i
capelli vagamente lunghi che gli cingevano il viso, gli occhi glaciali
che
osservavano l’obbiettivo. L’altro era moro,
leggermente più scuro di pelle, gli
occhi che curiosavano in giro mentre giocherellava con qualcosa in
mano, che
Alex pensò essere una penna. Controllando il retro del
foglio il moro si stupì
leggendo i due nomi. Scuotendo il capo controllò la seconda
foto, che pareva
leggermente più vecchia. Un team di scienziati era sistemato
in un laboratorio,
tutte le attrezzature accese e le luci che dipingevano di blu e bianco
la
stanza. Erano tutti sorridenti e scrutando i visi di alcuni non
poté che
riconoscere alcuni lineamenti tipici dei De La Roux. Girando anche
questa foto,
la scritta “Coordinator Plan: i primi” sembrava
dominare sul bianco. Ripose le
due foto delicatamente vicino al computer, mentre estratto un CD dallo
stesso
con i dati che gli servivano uscì nuovamente dallo chalet,
richiudendolo
completamente. Durante il viaggio di ritorno Alex si fece man mano che
si
allontanava sempre più pensieroso, mentre i misteri legati a
quel piano
diabolico gli affollavano la mente. Fissò discretamente il
dischetto appoggiato
al cruscotto, chiedendosi se all’interno di quel pezzo di
metallo le sue
domande avrebbero avuto risposta. Prima di poter continuare ad
indugiare sui
suoi pensieri, il cellulare cominciò a suonare nella tasca
- Si? –
- Alex, sono Simon. Abbiamo
trovato quell’Eugenio. Lo stanno riportando qui. Discuteremo
i dettagli appena
sarete entrambi in città. Tutto bene li in Norvegia?
–
- Si, è andato tutto bene.
Sai, non avrei mai pensato che tu fossi amico di … -
- Ho capito. Non c’è bisogno
che continui. Ne parleremo a cena, appena sarai a Stoccolma, ciao Alex
– il contatto
si richiuse mentre il primo ministro gettava il cellulare sul sedile
del
passeggero, sorridendo discretamente al pensiero di poter mettere,
almeno per
una volta, in imbarazzo Simon Baldwin.
L’incontro con il Duca Eugenio
De La Roux si
svolse nel peggiore dei
modi per i due leader scandinavi. Forse troppo presi
dall’eccitazione di
ritrovarsi un nuovo Adrian, quando scoprirono della natura ozioso ma
soprattutto
della scarsa attitudine alla politica ed a tutto ciò che non
riguardava feste e
festini del nuovo futuro re i due non poterono che essere presi dallo
sconforto
totale, che andarono annegando nello whisky che Alex teneva sempre a
portata di
mano. I due si sedettero sulle comode poltroncine di pelle dinanzi la
scrivania
del Ministro, sorseggiando silenzioso il liquido rossastro maledicendo
il nuovo
principe.
- Un inetto. Ci toccherà un
inetto –
- Il che vuol dire … che ci
tocca ritoccare un po’ tutto – Alex
riempì i calici nuovamente
- Ah, ma come è mai possibile.
Ed io che speravo in un nuovo Adrian –
- Ne compaiono come lui pochi
di generazione … quante possibilità ci sono poi
che ce ne fossero due nella
stessa famiglia? –
- Ma sai com’è – Simon si
alzò, avvicinandosi alla finestra – di solito buon
sangue non mente –
- Non direi che il sangue dei
De La Roux sia buon sangue – Alex ingurgitò tutto
il whisky con un sol sorso,
rimettendo il bicchiere sul legno della scrivania.
- Sarà. Però da oggi le cose
non saranno facili, lo sai vero? –
- Non credo che lo siano mai
state. Il mondo è cambiato. Forse è migliore di
quanto fosse ieri, forse è
peggiore. In ogni caso, abbiamo deciso noi quale via prendere, ed in
ogni caso,
faremo i conti con la nostra decisione –
- Non ti è mai venuto il
dubbio che forse in torto eravamo noi – il capo
dell’Intelligence si voltò
verso Alex, scrutandolo profondamente
- Ovvio che mi è venuto il
dubbio, ma preferisco metterlo a tacerlo, piuttosto che ascoltarlo.
Chissà,
forse il mondo non sarà un idillio di pace e
serenità, forse ci saranno sempre
morti, ci saranno guerre e catastrofi, ma il mondo è fatto
anche di questo. L’uomo
è anche questo. Se non fosse così, non sarebbe
uomo –
Simon grugnì qualcosa in
risposta, mentre la notte calava anche nello studio ed i due si
separavano.
- Kira, Lacus, è un piacere
vedervi qui – Alex sorrise mestamente mentre si sistemava gli
occhiali da sole
e la camicia color kaki, attendendo con pazienza tutti gli altri ospiti
della
serata a casa del Reverendo Malchio. Gli altri attesi reduci della
guerra non
erano ancora giunti nella sperduta isola che ospitava il
prete-diplomatico con
gli orfani da lui accolti, per cui Alex, il primo ad essere arrivato,
si era
potuto fermare a parlare con l’uomo molto a lungo, osservando
di sfuggita ogni
tanto il Methuss “parcheggiato” in mezzo al bosco.
L’arrivo dei primi due
ospiti fu seguito da quello di Athrun e Cagalli. La cena si svolse in
un clima
abbastanza cordiale, dove ovviamente la tavola imbandita
riuscì a superare
qualsiasi voglia di trattare di politica o varie. Alla fine della cena
i tre
piloti sopravvissuti si ritrovarono fuori, ad osservare la grossa luna
che
placidamente molleggiava sul cielo nero.
- Così Adrian è morto, vero? –
Kira parlò senza volgere il capo, l’espressione
addolorata a suo modo
- Si, direi che è morto.
Anche se non ho mai trovato un corpo –
- Non credo che sarebbe
sopravvissuto. Quell’esplosione è stata rilevata
fino a PLANT –
- E’ stato un bel botto. Adrian
non avrebbe avuto speranze … -
- Non mi sembra convinto, Alex
– Athrun intervenne nel discorso, avvicinandosi al suo ex
comandante – spera di
rincontrarlo, un giorno? –
- Non lo spererebbero tutti,
nella mia situazione. Non sono riuscito ad inquadrare più
bene Adrian. Leggere
la lettera, vedere che ha fatto, tutte cose che insieme non ti
permettono più
di capire chi fosse, chi era diventato o forse cosa era voluto
diventare –
- Non lo riconosceva più? –
- No, per niente. Mi pareva
attanagliato dai dubbi, distrutto dalle sue idee, convinto
però che dovesse
andare avanti. Direi una brutta situazione –
- Situazione che ha finito per
ucciderlo –
- Non ricordarmelo, Athrun.
Sono però felice. Chissà, forse almeno nella
morte ha ritrovato un po’ di pace.
Tutti hanno bisogno della pace, nessuno escluso –
- Beh, anche noi siamo in pace
adesso … -
- E ci conti pure? – Alex si
voltò sorridendo divertito – Io non lo farei
–
In the end, dicevano i
Linkin Park,
per chi li sente. Allora siamo tutti qui e non posso che salutare
affettuosamente tutti voi, amati e meno amati lettori di Scandinavian
Conflict. Ah, una delle storie che più è piaciuta
anche
al sottoscritto, cosa buona e giusta direi. Storia che pare sia
piaciuta anche a voi, come dicevo sopra, cosa anche questa buona e
giusta. Storia che potrebbe,
ripeto, potrebbe avere un seguito, ambientanto ovviamente
parallelemente al meno caro dei SEED, Destiny. Non sarebbe male
soprattutto perché quello si che lo ribalterei al meglio :)
Passando ai
ringraziamenti:
Ringrazio Atlantislux,
perché quando avevo bisogno di qualche consiglio, gli
scrivevo
una letterina (alias e-mail) chiedendo un consiglio, che presto
arrivava.
Ringrazio Gufo_Tave
per le sue illuminanti recensioni. Bacchettoni e consigli che son
sempre stati molto utili, nonchè i graditi complimenti eh
Ringrazio Bel Riose,
dietro cui si nasconde una persona che voglio bene, di cui non vi di
dirò l'identità, e che mi ha recensito solo alla
fine,
anche se sapeva perfettamente di che parlavamo. E lo ringrazio
perché ha messo la mia storia tra le preferite.
Ringrazio blackcybuster
perché mi ha seguito tra le ombre, leggendo senza
commentare, ma pur si leggendo.
Ringrazio tutti i lettori delle ombre,
spero si siano divertiti.
Ora, le classiche curiosità che non interessano a nessuno,
però, suvvia, è il finale: facciamolo vario e
divertente:
- questa storia è
stata scritta ed ideata da me (-.- anche le
ovvietà son curiosità)
- le canzoni ispiratrici
di questa
storia sono molteplici, ma vi dico le più importanti, ovvero
il
tema di Deus Ex:Invisible War, il tema di Black Hawk Down (film), i
Linkin Park con le loro molteplici canzoni, tra cui Iridiscent, i Safri
Duo con altrettanti canzoni, Lamb-Gabriel, REM-Uberlin e Take That-SOS
- altro motivo
ispiratore erano tre
mobile suit asseragliati sulla mia scrivania, alias un ReZEL Commander
Type, un Jegan ed un Guplant
- le coreografie di
guerra sono
frutto di serate insonni e di giornate a scuola passate a pensare a
come deliziarvi con i combattimenti, molto meglio di sentire cos'hanno
da dire i prof si intende
- il primo e l'ultimo
capitolo sono
ovviamente i più corti. I capitoli, per ragioni che non so
manco
io, sono aumentanti di volume man mano che ci avvicinavano alla fine
della storia (ce ne sono alcuni lunghi 14 pagine di word scritte
piccole)
- la storia è
stata scritta su
tre computer: un VAIO, quello che ho ora, un Samsung di mio fratello ed
un Comex fisso, sempre mio
- Mentre scrivevo questa
storia ho
rivisto, due o tre volte Gundam SEED, Gundam SEED Destiny, Char's
Counterattack e Gundam OO The Movie
- Ho ideato otto finali di storia, nessuno mi piaceva eccetto questo si
intende
- Nei momenti in cui pensavo come continuare la storia ho finito almeno
cinque giochi tra cui Crysis e Bad Company 2. Da segnalare i simulatori
di guerra aerea e il gioco per PS3 di Gundam, Dynasty Warriors Gundam 2
con i quali mi sbizzarivo a fare le manovre che riflettevo nelle mie
storie, migliorate sempre
- Ho impiegato qualcosa come un anno e passa per finire sta
storia...insomma, di curiosità ce ne sono tante, ma
fermiamoci
qui
Finite
le curiosità rilevanti direi di salutarci, per ora,
augurandovi
ogni bene e dicendovi: lunga vita e prosperità ^_^ Ci
vediamo
con le risposte alle recensioni ed alla prossima storia
Piccolo annuncio che faccio: poiché è troppo
affascinante
da analizzare probabilmente scriverò a breve, approfittando
dell'estate, una breve storia, tipo tre-quattro capitoli, sui creatori
del Coordinator Plan partendo dalla foto trovata da Ground nello chalet
norvegese.
PS Si, in questo capitolo c'è più corsivo che
scritto normale, au revoir :)
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