Capitolo
Tre- Me… o non me?
Mi
svegliai con la certezza che ci fosse qualcosa di nuovo.
Quando
mi guardai allo specchio, quasi non fui sorpresa di vedere che le
“bambine”,
mentre il giorno prima stavano nel reggiseno perfettamente, quella
mattina il
reggiseno era appena giusto e il seno traballava, tondo e sodo al suo
interno.
Quando
mi misi una maglietta nera - stranamente il mio guardaroba si era
adeguato al
mio aspetto- notai che il push-up le rendeva ancora più
grandi di quello che
sembravano.
Mi
sistemai i lunghi capelli biondi allo specchio e quando il mio sguardo
incrociò
la me della superficie riflettente, mi domandai come avessi fatto a non
notare
prima le labbra carnose e le guance più piene di quello che
erano la sera
prima.
Sulla
scrivania, era appoggiata una grande scatola con affisso un biglietto.
E se
usi questo make up, manca solo un
atteggiamento da femme fatale. Ruggisci tigre!
-SC
Inaspettatamente,
mi ritrovai a frugare nella scatola e ne estrassi un rossetto di un
rosso
acceso che spalmai sulle labbra. Era così strano…
ma continuai.
Mi
misi l’ombretto, il rimmel, il fondotinta sulle guance
piene… E quella nello
specchio era quasi sconosciuta… Mancava solo un
atteggiamento giusto.
L’atteggiamento
avevo paura di non riuscire ad averlo. Mai.
Ma
stranamente, una forza dentro di me, qualcosa che sentivo stranamente
appartenente al mio essere, mi fece poggiare le mani sui fianchi, come
una di
quelle poser di seconda mano e ruggire. Vai
gattina, colpisci! “GRRR” ripetei, non
sentendomi ridicola.
E
un’ondata di forza, di decisione mi invase.
“Chi
è la più bella?” domandai, dapprima a
bassa voce. “Io sono la più bella!” mi
sentii esclamare, muovendo i capelli biondi come in una cascata
d’oro finto.
Me…
o non me?
“Sì,
baby. Sei una bomba. Una bomba sexy. E tu sei me brutta
sporcacciona!” dissi,
cercando di fare un’espressione sensuale davanti allo
specchio, che stava
proprio diventando il mio miglior amico. Mi palpai le bambine
come per mandarle su, per tenerle tonificate.
A
quei tempi non sapevo che sarebbe diventato il mio rituale giornaliero.
Quando
arrivai a scuola, fui accolta da una miriade di fischi e occhiatine
ammiccanti.
Mi sentivo già la padrona, mi sentivo perfetta.
Ma
che mostro ero diventata?
Un
mostro, appunto.
E
questa storia non ha il minimo senso. E’ così
assurda da mandare al manicomio chiunque la legga, vero?
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