Sono piuttosto
scioccata dal risultato di questa fan fiction. Non so sinceramente che
diavolo mi sia saltato in mente, ma quando ho dato un'occhiata alla straziante lunghissima lista di ship e ho
letto Lucius Malfoy/Ninfadora Tonks, beh, bum! È
stato un attimo. Ispirazione improvvisa, che bastarda. A chi
interessasse, la coppia principale rimane sempre e soltano Remus/Tonks
- toglietemi tutto, ma non questo.
→ "Carduelis
Britannina" è il nome latino del tipico
cardellino inglese che la gente ha la crudeltà di ingabbiare.
Racconti
di sabbia
Fan
fiction perdute nel tempo
*
Carduelis
Britannina
Lucius
Malfoy/Ninfadora Tonks
*
Alla
fine del gioco,
avevano perso tutto. Forse, si diceva Tonks, non ci avevano creduto
abbastanza. Forse, non avevano avuto abbastanza fortuna. Forse, non
era così che le cose dovevano andare.
Avevano
continuato a
lottare fin quando avevano avuto fiato per farlo e la maggior parte
di loro se ne era andata in piedi, esattamente come aveva vissuto.
Avevano continuato imperterriti, fino al tracollo del mondo, a
resistere per quanto di più caro possedevano. C'erano stati
momenti
in cui avevano creduto di essere a un passo dalla vittoria; la
sentivano scivolare per poco sulla punta delle dita e si ripetevano
che sì, la prossima volta sarebbe stata quella decisiva.
Poi,
Harry era morto.
Tonks
sedeva ritta e
impettita nella propria stanza, vestita con un sontuoso abito
damascato e con i capelli sbiaditi acconciati in un ricercato
chignon. Il suo sguardo fissava la gigantesca finestra che si
affacciava sull'ampio giardino dei Malfoy, ma era evidente che la sua
mente vagava a centinaia di miglia di distanza da lì. Chiuse
gli
occhi, mordendosi le labbra e stringendo i pugni con rabbia feroce.
«Remus
Lupin è
stato condannato a morte».
«A
morte, a morte!
Sì. Lo hanno preso questa notte».
«Domani,
dicono in
giro. A Hogwarts. No, non so perché proprio
lì!».
«Remus
John Lupin,
sei stato imprigionato con l'accusa di sovversione e alto tradimento
al Ministero della Magia».
Lei
era lì, quel
giorno, schiacciata fra la gente che affollava il parco di Hogwarts.
Chi per curiosità, chi per muta solidarietà e chi
per pura
rassegnazione, erano accorsi da ogni parte della Gran Bretagna per
assistere all'esecuzione di uno degli ultimi e più
importanti
baluardi dell'Ordine della Fenice rimasti in piedi. Anche Remus
Lupin, il licantropo di Albus Silente, era dovuto soccombere alla
prorompente potenza del regime di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Lei
era lì, celata in
quel mare di sconosciuti e nascosta nel mantello. Sapeva che era
pericoloso uscire con il suo vero aspetto – lo sapeva da anni
–
ma Remus stava per morire, lei era lì, e non avrebbe mai
permesso
che qualcuno le impedisse di guardarlo ancora con i suoi occhi.
Era lì, in piedi, con l'impressione di aver smesso di
formulare
qualunque pensiero. Respirava e piangeva, sì, ma senza
nemmeno
accorgersene. Scuoteva debole la testa e fu in quel momento che lui
sollevò lo sguardo su di lei.
La
fissò per un
secondo che a Tonks parve un'infinità. Sembrava ci fosse un
mostro
dentro di lei che voleva scoppiare, mordere, ruggire, stracciare,
uccidere, ma non riusciva a muoversi. Non riusciva più a
fare
nient'altro che non fosse guardarlo.
“ Non credo
sopravviveremo a tutto questo, Ninfadora” le aveva confidato
qualche sera prima, mentre giocherellava distrattamente con la
spallina del suo reggiseno. “Mi dispiace”.
“ Remus... non è
colpa tua. Abbiamo fatto il possibile, solo... beh, loro hanno avuto
più fortuna di noi”.
Lui
le rivolse un
sorriso tenero e posò il volto nell'incavo del suo collo,
inspirando
piano il suo profumo.
“ Dio, ti amo
così tanto... ti ho sempre amata così tanto.
Tonks
affondò una mano
fra i suoi capelli grigi e gli baciò appena la tempia. Non
aveva la
più pallida idea che quella notte sarebbe stata l'ultima che
avrebbe
trascorso fra le braccia del marito.
«Questo
Wizengamot ti dichiara colpevole e ti condanna a morte».
Tonks
non smise mai di
guardarlo e, sebbene le lacrime le avessero appannato la vista, non
poté evitare di cogliere quell'ultimo rapido sorriso che lui
le
rivolse. Niente più di una smorfia rassegnata e di un “ti
amo”
letto sulle labbra. Niente addii struggenti, niente grida di
dolore, niente ultimi baci.
Fu
veloce, fu sterile,
fu vuoto.
Fu
atroce.
«Buonasera,
Ninfadora».
Tonks
si costrinse a
non voltarsi verso di lui o avrebbe provato nuovamente a ucciderlo.
Continuò a tenere il capo abbassato e lo sguardo puntato
sull'Incantesimo Incarceramus che le serrava saldamente i polsi l'uno
con l'altro. Era un'immagine deprimente, nel complesso, come poteva
esserlo una bambolina di porcellana riccamente vestita e con le mani
legate o un cinguettante pettirosso rinchiuso in una gabbia dorata.
«Ho
detto:
“buonasera”»
ripeté con più forza Lucius Malfoy.
«Ho
sentito»
ribatté gelidamente Tonks.
Sentire
il tacco dei
suoi stivali calpestare il parquet mentre avanzava verso di lei le
ricordava il ticchettio di un orologio – il suo orologio.
La
vittoria dell'Oscuro
Signore e la rinnovata ascesa della famiglia Malfoy aveva
indubbiamente giovato all'aspetto di Lucius. I suoi capelli biondi
erano perfettamente lisci e lucenti, il suo volto era disteso e
rilassato e i suoi abiti costosi, ricercati e tradizionali. Azkaban e
la disgrazia in cui era caduto sembrava essere per Lucius Malfoy
nient'altro che un ricordo poco piacevole relegato al passato. Tutto,
di lui, ostentava la sua vittoria.
«Sarebbe
cortesia che
tu rispondessi, quando ti saluto».
«Sarebbe
cortesia che
tu morissi, quanto non ti parlo».
Lucius
Malfoy si portò
una mano alla fronte con un verso di estenuante rassegnazione, come
se stesse cercando di insegnare i rudimenti della scrittura ad un
bambino particolarmente ottuso.
«Non
ci siamo,
Ninfadora...» mormorò sibillino, avvicinandosi
alla finestra e
appoggiandosi con le mani al davanzale. «Non ci siamo
proprio».
«Non
chiamarmi
Ninfadora. Io sono la signora Lupin».
«Tu
sei la vedova
Lupin».
Tonks
scattò come una
furia con l'intenzione di ucciderlo in quel preciso istante, ma le
corde si serrarono improvvisamente e la tirarono bruscamente verso la
testiera del letto, facendola cadere in ginocchio a pochi passi da
Lucius. Lui la scrutò ansimare per la rabbia e per il dolore
ai suoi
piedi, domandosi come fosse possibile che lei dimenticasse di essere
incatenata ogni volta che lui entrava nella sua stanza. Eppure,
avrebbe dovuto essersi abituata.
«Non
impari mai, non è
così? Nessuno di voi lo ha mai fatto» le disse
Lucius con tono
leggero. «E dire che, ormai, la situazione è
evidente. Hai perso,
mia cara. Hai perso prima la battaglia, ora la guerra. Mi chiedo per
quale sciocco motivo ti ostini ancora a resistere. Se ti piegassi,
potresti sopravvivere».
Tremante,
Tonks sentiva
il desiderio di sentire il collo di Lucius Malfoy spezzarsi sotto le
sue mani acuirsi vertiginosamente dentro il suo petto. Di questo
passo, sarebbe diventata matta. D'un tratto, nella sua mente si
riaffacciò l'ipotesi che fosse quello, in realtà,
che lui aveva
intenzione di fare. Voleva che lei impazzisse lì, in quella
dannata
stanza piena di orpelli e gingilli dorati, sola, sconfitta e
umiliata. Voleva strapparle anche il senno, alla fine.
«Sopravvivere?»
ripeté Tonks in un mormorio impercettibile, ruotando appena
il capo
verso di lui. Se i suoi occhi scuri avessero avuto il potere di
uccidere, difficilmente lui sarebbe sopravvissuto. Le sue pupille
rilucevano di un odio cocente e insanabile. «Sopravvivere? Perché?».
Lucius
storse il naso
nel vederla adirarsi tanto: detestava tutto quel rancore non
meritato. Dopotutto, lui le aveva salvato la vita. Aveva evitato che
Lord Voldemort la uccidesse, gli aveva richiesto personalmente che la
giovane nipote di sua moglie venisse risparmiata.
“ Posso
correggerla, mio Signore” continuava a ripetere,
sebbene
sapesse perfettamente che non stava facendo alcun progresso. “È
una strega dallo straordinario talento e, per quanto mi dolga dirlo,
rimane pur sempre per metà una Black. Ha solo seguito
l'influenza di
Silente per troppo tempo”.
«Hai
ucciso i miei
compagni» continuò a sentenziare Tonks,
sporgendosi febbrile in
avanti. Lucius alzò il capo con aria composta, ma non era in
grado
di distogliere lo sguardo dai suoi occhi lucenti. Come poteva quella
dannata Sanguesporco, figlia di una traditrice e concubina di una
bestie riservare a lui – lui, che l'aveva
salvata – tanta
folle avversione? Leggeva l'odio sul suo viso e sapeva perfettamente
che se solo si fosse azzardato a sciogliere l'incantesimo che la
teneva legata al letto, lei avrebbe tentato di ucciderlo anche a mani
nude. Avrebbe tentato in qualunque modo, sebbene sapesse di essere
solo una giovane strega disarmata di fronte ad uno dei più
potenti
Mangiamorte di Lord Voldemort. Lucius non sapeva spiegare la sua
stoltezza.
«Hai
ucciso mio padre.
Hai ucciso mio marito» sputò con rabbia Tonks,
graffiando le
lenzuola candide con le unghie. «Non osare parlarmi di
vita».
«Non
riesci ancora a
valutare la grandezza di quanto ho fatto per te» le
spiegò Lucius,
muovendo un braccio a mezz'aria e mostrandole la raffinatezza degli
arredi. «L'Oscuro Signore ti voleva morta. Bellatrix continua
a
volerti morta, giorno dopo giorno, ma io ti ho
salvato. Io
sto continuando a salvarti. Non hai più nessuno, a
parte me!»
gridò concitato, picchiando con violenza un pugno contro il
muro e
stringendo le labbra in una smorfia scocciata. «Io, e io
soltanto,
ti sono rimasto! Harry Potter è morto! Silente è
morto!
Quell'idiota di Black è morto! I Weasley e quell'accozzaglia
di
Babbani e Sanguesporco da cui erano circondati sono morti! Tuo marito
è morto! Morto, morto, morto!».
Tonks
aveva appoggiato
la fronte alle braccia, in un rigido pianto silenzioso. Lucius
inspirò profondamente: più della sua acredine,
odiava le sue
lacrime. Significavano che ancora soffriva, che ancora non si era
rassegnata e che ancora, dannazione, aveva intenzione di resistergli.
Per quanto diavolo ancora avesse la testardaggine di combatterlo
restava un mistero.
«Tornerò
anche
domani» la informò con voce fredda.
Si
era appena avviato
verso la porta, convinto che non avrebbe più udito la sua
voce fino
al giorno successivo. A differenza di tutte le serate precedenti,
invece, Tonks rialzò il volto rigato dalle lacrime e gli
sibilò
malevola:
«Narcissa
sa che sei
innamorato di me?».
Lucius
si bloccò di
colpo e si volse con uno scatto verso di lei. Il sorriso di Tonks
fremeva di malignità e nei suoi occhi era comparso un lampo
di folle
vendetta.
«Dimmi,
Lucius...»
riprese con più convinzione. «La mia cara zia lo
sa?».
Lui
fece una smorfia di
superiorità e finse di aggiustarsi il polsino della giacca.
«Ninfadora,
io sono
uno dei più importanti Purosangue in circolazione. Come ha
potuto
un'idea tanto sciocca attraversare la tua testa?».
«Dimmelo
tu, perché.
Hai fatto pressioni a Voldemort perché non mi uccidesse,
continui a
tenere Bellatrix Lestrange lontana da me ed io so perfettamente
quanto questo sia compromettente per la tua posizione. Sono una
fottuta Sanguesporco, no? Sono la figlia di una reietta e la moglie
di un licantropo. Che scusa hai usato per spiegare questo tuo strano
affetto per me? Hai detto loro che mi volevi, forse? Che volevi il
mio corpo? Sì? E allora, spiegami, perché non mi
hai mai toccato?
Perché non mi hai mai sfiorato nemmeno con un dito? La tua
non è
lussuria, non è il depravato desiderio di umiliarmi, non
è vero?».
Quando
vide che lui non
rispondeva, Tonks emise uno sbuffo di cinico divertimento.
«Cazzo.
Ti sei davvero
innamorato di me».
«Non
capisco di cosa
tu stia parlando» scosse il capo Lucius. «Ti ho
salvato perché,
per quanto tu sia completamente sciocca, rimani una mezza Black dai
notevoli poteri. Il tuo aiuto all'Oscuro Signore sarebbe--».
«Stronzate»
lo
interruppe bruscamente. «Vieni qui ogni fottuto giorno a
ricordarmi
quello che ho perso... a ricordarmi chi ho perso.
Perché,
Lucius, perché ci tieni così tanto a rimarcare il
fatto che Remus
sia morto?».
«Perché
era solo uno
sporco licantropo che ha avuto ciò che gli
spettava».
Il
sorriso di Tonks si
trasformò in un ghigno perverso. Fino a quel momento, Lucius
non era
ancora riuscito a cogliere la straordinaria somiglianza che correva
fra lei e Bellatrix. Parte di lui, per quanto cercasse di mostrarsi
impassibile, se ne ritrovò segretamente intimorito.
«Non
ti amerei nemmeno
se fossi soltanto una briciolo dell'uomo che era Remus».
Lui
la ignorò e si
affrettò ad abbassare la maniglia. Stava per aprire la
porta, quando
la sentii ridere – e la sua risata, buon Dio, era
così diversa
dalla cristallina risata che Lucius aveva sentito un tempo, quando la
scorgeva al Quartier Generale degli Auror o quando la spiava per
conto dell'Oscuro Signore. Era così dannatamente non
lei, ma
lui sapeva che era ancora viva, che poteva ancora tornare e che
sarebbe tornata, a qualunque costo. Sarebbe stata la stessa brillante
donna che aveva tanto bramato, prima o poi; solo che, questa volta,
sarebbe stata sua.
«Non sono io, quella
in gabbia, vero?» rise sprezzante lei, scrutandolo con aria
spietata. «Sei tu, Lucius, quello fottuto».
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