Ma non ho voce

di Agapanto Blu
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MA NON HO VOCE

- LHASA, TIBET… 30 APRILE 1740

Rido.
Lucinda è davanti a me, bella e dolce come non mai…

Ho una voce che canta per lei.

Le porgo fiori mentre canticchio la sua canzone.
Non la sfioro nemmeno con le dita: la amo ma non la tocco.
Mi guarda negli occhi: occhi splendidi dei quali mi innamoro ogni volta.

Ho una voce che canta per lei.

Lei apre la bocca, sta per dirmi qualcosa.
All’improvviso si ferma, come se stesse male.
Cade in ginocchio con la testa tra le mani, è così debole che dondola avanti e indietro.
“Mi fa male!” dice ma non capisco.

Vorrei dire:Non può essere… Non ho fatto niente!

Ma non ho voce.

Luce sposta le mani sul petto, a stringersi il cuore.
Sono paralizzato, in piedi.
Sposto lo sguardo al cielo.

Vorrei invocare, supplicare, qualsiasi cosa pur di salvarla!

Ma non ho voce.

Non ho nulla e non riesco a fare altro che muovere le labbra cercando di sussurrare almeno un: No!

Ma non ho voce.

Vorrei dire: Non lei! È colpa mia, io ho sbagliato! Punite me ma non lei! Uccidete me ma non lei!

Ma non ho voce.

E nel silenzio che non riesco a spezzare, la perdo un’altra volta.

Vorrei piangere.

Ma non ho voce.

“Daniel!” grida.

Trovo la voce.

Grido con lei, l’abbraccio, nascondo il mio viso tra le mani e vedo tutto nero, nero come l’oblio che vorrei poter provare.
Allungo il braccio verso di lei.

Vorrei toccarla, dirle che la amo e che la salverò.

Ma non ho voce.

Giro la testa, non voglio vederla. Non voglio vedere la morte di una ragazza che non mi ha nemmeno sfiorato.

Vorrei gridare tutti gli insulti che conosco al cielo e mostrargli il mio dolore, vorrei strapparmi il cuore dal petto per far vedere a tutti che è in frantumi e gridare che mi hanno tolto tutto ciò che amavo.

Ma non ho voce.

Piango, verso tutte le lacrime che posso. Per quante siano non sono mai abbastanza per spegnere l’incendio che ogni volta me la porta via.

Sono furioso, disperato, solo! Privo anche delle ultime speranze che mi restavano.

Trovo la voce.

Grido tutto il fiato che ho nei polmoni, grido tutta la voce che ho, grido tutto ciò che non ho gridato prima in un urlo senza parole.

Faccio sempre il vuoto attorno a me, uccido sempre l’unica persona che vorrei salvare.
E ora le do la sua rivincita.

Corro lasciando che la rabbia e la disperazione mi diano la forza per andare sempre più forte.

Salto nel vuoto.

Salto nel crepaccio.

Ma non ho voce.

Non grido, cado nel silenzio che è sempre mio compagno…

L’aria soffia accanto a me, lei ha una voce che gli permette di fischiare.

Qualcuno grida al di sopra dei margini del burrone, un grido interrotto ma pur sempre un grido.

Io non posso…

Io non ho voce.

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Daniel precipitò nel burrone per seicento metri.

Si ruppe tutte le ossa che aveva nel suo corpo immortale.

Si ruppe le ali.

Rimase un mese incastrato tra le rocce, sul fondo del burrone, a piangere la sua Lucinda.

Sempre amata e troppo presto persa.

Quando Gabbe lo ritrovò e gli fasciò le ali, lui non disse una parola né si permise un gemito mentre lei lo steccava.

Sopportò in silenzio per punirsi di non essere stato in grado di parlare quando avrebbe dovuto farlo.

Daniel avrebbe voluto la morte, ma gli angeli come lui sono dotati della cosa più preziosa e terribile: l’immortalità.

LHASA, TIBET… ORMAI 30 MAGGIO 1740…


Ehy, non so cosa dire... La vita in Tibet è stata quella che più mi ha colpito per vari motivi: la sofferenza di Daniel, l'ingiustizia della morte di Lucinda, il gesto disperato...
Spero vi piaccia...
Fatemi sapere che cosa ne pensate, mi farebbe piacere parlare di questa spledida saga con qualcuno...
A presto!
Lady Catherine





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