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Titolo: Per Stanotte, Il
Vento Non Soffierà
Nick autore: KungFuCharlie sul forum, SHUN DI ANDROMEDA su EFP.
Trama: Fuuto è la città del vento, protetta dai Kamen Rider. Ma quando, una
notte, questi vengono attirati alla Fuuto Tower da alcuni avvenimenti
misteriosi, si ritroveranno davanti a una sorpresa incredibile.
Fandom: Kamen Rider W (Double)
Personaggi: Akiko, Ryu, Shotaro, Philip, OC, un po' tutti.
Genere: Malinconico, Sentimentale.
Rating: Verde
Avvertimenti: One-Shot.
Credits: Windy Town (Chris Rea)
Eventuali spoiler: Non so se conta come spoiler ma la fic si colloca
temporalmente dopo la fine della serie tv e conta anche qualche riferimento, pur
se vago, al film “Kamen Rider W
Forever: A to Z/The Gaia Memories of Fate”.
§§§
PER STANOTTE, IL VENTO
NON SOFFIERÀ
Li osservo da tanto, sapete?
Ho passato molto tempo a studiare ogni loro
gesto o semplicemente ogni loro sorriso, soprattutto da quando sono riusciti a
ricomporre quel caotico puzzle che è tutta la loro vita.
Buon Dio, nessuno li conosce meglio di me,
anzi, nessuno può conoscere questa città meglio di me, so quello che dico,
diamine!
Vi chiedete perché?
Vi posso solo dire che lo scoprirete, se
avrete la pazienza di accompagnarmi in questo viaggio: ve lo prometto, non vi
ruberò molto tempo, solo una nottata. Potete concedermi questo tempo?
In cambio, vi mostrerò qualcosa di bello.
Il vento che soffiava su Fuuto, quella notte,
era diverso dal solito.
Profumato e tiepido, s’infilava in ogni
fessura, in ogni stanza, attraverso ogni finestra, avvolgendo ogni cosa: la
presenza di una brezza tra gli alti palazzi e i giardini non era una novità ma,
in quel particolare momento, sembrava qualcosa di totalmente nuovo, in grado di
dare un nuovo impulso vitale a quella città, che al vento era così profondamente
legata.
Nella sua inarrestabile marcia, quel respiro
pulsante trovò infine la sua strada attraverso un piccolo lucernario e sfiorò
delicatamente il viso di Philip che, disteso nel suo letto, nell’angolo più
remoto dell’agenzia, vicino alla scrivania di Shotaro, interpretò nel
dormiveglia come la carezza affettuosa di una mano della quale credeva di aver
scordato il tocco.
Quel contatto con quelle dita morbide e
vellutate gli ricordava la sensazione di una garza soffice sulla pelle, era
qualcosa di già vissuto, doveva solo ricordare dove e quando...
Un flash improvviso, riesumato dalle
profondità del suo inconscio...
Un cappello a falde nero...
Un viso fasciato...
Una mano bendata...
“KAA-SAN!” gridò il diciottenne, spalancando
gli occhi e sobbalzando, spaventato.
Egli si guardò attorno, frastornato e
confuso, e sbatté le palpebre, tremando come un bambino e sentendo le lacrime
premere per uscire: non poteva avere semplicemente sognato, ne era certo!
Sua madre era lì!
Nervosamente, scostò le coperte, che si erano
appiccicate alla sua schiena come una seconda pelle e che lo stavano quasi
soffocando, e poggiò i piedi a terra, riprendendo contatto con la realtà che lo
circondava tramite il gelo del pavimento in cotto, che gli stringeva i piedi
come in una morsa.
Doveva calmarsi...
Sua madre non poteva essere lì.
Fumine Sonozaki era morta, di questo era
dolorosamente certo, Wakana-neesan glielo aveva confermato, prima di andarsene a
sua volta: lui era l’ultimo rimasto della sua famiglia, assieme a Mikku, che
dormiva poco più in là, acciambellato sulla sedia di Shotaro.
Il ragazzo tese l’orecchio, sperando che il
suo urlo non avesse svegliato nessuno: ma dal piano superiore non si udiva
volare una mosca.
Almeno quello...
Ci mancava solo quella: buttarli giù dal
letto per una sua paranoia e scatenare il panico solo per una stupidaggine non
era proprio l’ideale.
Con un sospiro rassegnato, Philip si sdraiò
nuovamente tra le coperte, rannicchiandosi in posizione fetale e socchiudendo
nuovamente gli occhi per cercare di riprendere sonno: avrebbe parlato agli altri
riguardo a quella sensazione, ma solo il giorno seguente, non c’era nulla di
urgente, dopotutto.
O almeno era quello che pensava lui.
Già, perché, malgrado fosse già notte
inoltrata, Hidari Shotaro non dormiva affatto.
Certo, ci aveva provato, questo si, eppure non era riuscito a prendere sonno, e
quando il vento arrivò anche fino a lui, passando attraverso la finestra
spalancata della sua stanza, era assolutamente sveglio.
Ma, se per Philip il vento sembrava portare
il delicato tocco delle mani di sua madre, per il detective aveva un altro
significato e, nel buio della sua camera, gli parve quasi di sentire il
penetrante odore di naftalina e tabacco che aveva sempre impregnato i vestiti
del suo Boss; anzi, strano a dirsi, sotto i suoi occhi stupefatti, gli era
sembrato di vederne la sagoma, voltata di schiena, mentre lo salutava,
semplicemente alzando la mano, come era solito fare in vita.
Joker non aveva mosso un muscolo, non
ricordava neppure di aver respirato: semplicemente era rimasto immobile, troppo
scioccato per fare qualunque cosa o anche solo per parlare.
Si riprese solo dopo parecchi minuti, passati
a fissare il punto in cui era scomparso quel... fantasma era corretto da dire? E
poi schizzò in piedi, indossando distrattamente qualcosa sopra il pigiama prima
di uscire in corridoio.
Ma lì, trovò un’altra sorpresa inaspettata.
Akiko e Terui erano svegli, e sembravano
aspettarlo fuori dalla porta: entrambi dovevano essersi cambiati in fretta e
furia, a giudicare dagli abiti che indossavano, tutti stropicciati e sporchi
dopo la lunga giornata che avevano avuto.
Ma qualcosa dentro di loro gli urlava di non
perdere tempo.
In silenzio, senza dire una parola, i tre
scesero le scale e trovarono Philip, in piedi accanto alla porta e già vestito
di tutto punto.
“L’avete sentito anche voi, vero?” sussurrò
il moro con voce bassissima, senza però voltarsi verso gli amici, che annuirono:
“Dobbiamo andare,” aveva detto Terui con tono serio, cingendo le spalle di Akiko
col proprio braccio, “Qualcuno ci ha chiamato.”.
Non sono stato troppo cattivo con loro, vero?
Non voglio fargli del male, ma purtroppo il
dono più bello che posso far loro è anche il più doloroso, mio malgrado: durerà
solo per stanotte, spero che basti e che non lasci ripercussioni sui cuori di
questi quattro bambini, già duramente provati.
Però ho organizzato tutto questo per loro e
ho intenzione di andare fino in fondo.
Fuori in strada non c’era nessuno e il rombo
delle due moto era il solo rumore che spezzava la pacifica quiete notturna
mentre i potenti fari dei ciclomotori spazzavano via l’oscurità, delineando agli
occhi del quartetto le sagome dei palazzi e le distratte ombre che venivano
proiettate sui muri.
Scivolavano veloci, l’una dietro l’altra
lungo le strade pulite e deserte, mentre le luci lontane della grande torre le
guidavano con sicurezza verso il loro obiettivo.
La Fuuto Tower non era mai stata così bella
prima di allora, agli occhi del detective e dei suoi compagni, così illuminata:
spiccava come un faro nella notte, e loro si sentivano attratti come le falene
dalla luce.
Era lì che quella voce misteriosa li aveva
indirizzati, senza alcun dubbio.
Con una leggera pressione sui freni, i due
piloti fermarono le moto, mentre i rispettivi compagni, stretti a loro,
osservavano con un misto di curiosità e inquietudine la massiccia costruzione
dinanzi ai loro occhi, con le menti proiettate ai ricordi pressanti e ancora
incredibilmente vivi degli avvenimenti che li avevano visti dolorosamente
protagonisti: per Akiko, voleva dire ricordare la paura folle, e il suo pianto
disperato, per Ryu, per Shotaro e soprattutto per Philip, la cui fragilità
l’aveva messo in pericolo; e per il giovanissimo Sonozaki, voleva dire riesumare
il ricordo di una donna gentile e il desiderio prepotente di riavere accanto sua
madre, anche a costo di gettare ciecamente alle ortiche ogni cosa.
Consci della presenza di tali rimorsi e
rimpianti, Hidari e Terui non dissero nulla, ma si limitarono a stringersi
vicino ai due ragazzi, facendo sentir loro che entrambi erano lì.
“Dobbiamo salire?” chiese a un certo punto il
poliziotto, dopo parecchi minuti di silenzio ma senza allontanarsi dalle spalle
della fidanzata; Philip annuì stringendo con la mano libera quella della ragazza
e aumentando la presa, con l’altra, su quella di Shotaro, che nascondeva parte
del viso sotto il borsalino candido: “È per questo che siamo stati chiamati
qui.” replicò il ragazzino con un filo di voce appena udibile.
“Ma come facciamo?” chiese Akiko,
stringendosi nella giacca per un'improvvisa folata di vento; fu un momento, e la
ragazza sentì come se fosse stata folgorata da un'improvvisa illuminazione: in
fin dei conti, era cominciato tutto con il vento.
Anche Philip sembrava essere giunto alla
stessa medesima conclusione della sua amica, perché entrambi, con un movimento
esattamente speculare, chiusero gli occhi e si portarono uno di fianco
all'altro, con le mani giunte al petto.
Sapevo di fare affidamento sull'intuito di
questi due ragazzini. Tra i quattro, sono i più sensibili alla mia presenza e
alla mia influenza ed ero certo che almeno uno di loro ci sarebbe arrivato. Ora,
state un momento in silenzio, per favore... E' il momento più delicato di tutti.
Addormentiamo i guardiani, diamo loro un sonno pacifico fino all'alba almeno...
E ora, guardate.
Accel e Joker fissarono i più giovani con un
misto di curiosità e stupore sul volto, non capivano cosa stessero combinando ed
erano confusi; ma si fidavano di loro, quanto di sé stessi, e se si stavano
comportando così stranamente... Beh, una ragione doveva esserci, senza alcun
dubbio.
E poi, accadde.
Ryu e Shotaro alzarono un attimo lo sguardo
al cielo e videro distintamente una fievole luce dorata avvolgere l'intera Torre
e svanire in un attimo, ma era rimasta abbastanza a lungo visibile perché
entrambi si convincessero che non era stata un'allucinazione, che era successo
davvero: poi, udirono chiaramente uno scatto metallico e la pesante cancellata
in ferro, con un cigolio sinistro, scivolò sui propri cardini, spalancandosi.
Stupefatti, si avvicinarono ad Akiko e
Philip, che avevano riaperto gli occhi e sciolto le mani, che andarono subito a
cercare quelle dei compagni: “Il cancello è aperto.” annunciò Sonozaki,
sorrideva con autentico sollievo e quasi allegria, “Andiamo, forza. Ci stanno
aspettando!” esclamò la ragazza, trascinando due sconvolti Hidari e Ryu
attraverso il cortile fino al porticato che contornava l'ingresso.
Raito spinse la porta, che s'aprì senza alcun
rumore, e i quattro si ritrovarono nell'atrio buio e deserto: era tutto
tranquillo e non c'era alcun segno di vita da nessuna parte.
“Philip, sei sicu-” provò a dire Shotaro, ma
subito il diciottenne lo prevenne, facendogli segno di stare zitto: “Dobbiamo
salire ancora, fino all'osservatorio panoramico.” spiegò, guardandosi attorno
alla ricerca di un passaggio.
Poi vide le scale.
“Ma rischiamo di farci prendere dai guardiani
notturni.” notò Joker a voce bassissima; Akiko però scosse la testa, cercando di
sistemarsi alla bell'e meglio i capelli disastrati: “Non preoccuparti,
Shotaro-kun,” lo rassicurò allegramente, “Fuuto-sama ha detto che andrà tutto
bene. Dobbiamo solo salire e raggiungerli.”.
Hidari fece per chiedere all'amica chi
diavolo fosse questo Fuuto-sama, ma non ebbe il tempo neppure di aprire bocca
che già Sonozaki era schizzato via come una molla, trascinandosi dietro la
coetanea e spingendo di conseguenza anche lui e Terui a seguirli a ruota.
“Che diavolo gli è saltato in testa...?”
ansimò il detective mentre s'inerpicava su per le scale alle calcagna del suo
partner: aveva il sentore che anche loro avessero visto qualcosa di simile a ciò
che era apparso dinanzi a lui, in camera poco prima, ma non voleva ricordarlo,
benché il cuore gli urlasse che tutto fosse collegato: non voleva illudersi,
questa era la verità.
Non voleva illudersi che potesse esistere la
possibilità di rivedere il Boss, potergli parlare e chiedergli scusa, e poi
venire miseramente smentito.
Spostò rapidamente lo sguardo sulla figura di
Akiko, in testa a tutti, che incitava Ryu a correre più veloce, e non poté che
sentire il rimorso attanagliargli le viscere: non aveva detto nulla della sua
visione anche per lei, che era la figlia di Soukichi Narumi.
Già era stato difficile, a suo tempo, darle
la notizia della morte del padre, rivangare quel ricordo non avrebbe portato
altro che dolore.
“Shotaro-kun! Muoviti! Non dormire in piedi o
non arriveremo più!”
La vocetta penetrante dell'amica lo fece
sobbalzare, riportandolo alla realtà, sotto forma di ciabatta verde smeraldo
dritta sulla sua fronte: “Ahia!” si lamentò Joker, prima di venire afferrato
dalla mano sottile del suo aibou, “Shotarou, il vento ci ha dato un'altra
possibilità.” gli sussurrò il ragazzino, guidandolo con sicurezza su per le
scale.
E infine, col fiato mozzo e sudati, i quattro
amici raggiunsero l'osservatorio panoramico, ma anche quel luogo era deserto,
esattamente come il resto della Torre.
Però la vista che si osservava da lassù era
qualcosa di meraviglioso.
Dalle enormi vetrate si vedeva Fuuto,
pulsante di vita e luci che splendevano nella notte, così intensamente da
mozzare il fiato, come migliaia di piccole stelle nel cielo: potevano sentirlo
da lassù, il respiro della loro città; e se chiudevano gli occhi, la loro mente
poteva portarli in ogni angolo, e si ritrovarono, in pochi istanti, a viaggiare
come fantasmi iridescenti per le vie del centro città, ancora piene di persone
malgrado l'ora tarda, tenendosi per mano mentre fluttuavano nell'aria.
Guardavano tutto dall'alto, sfiorando le
girandole che, a centinaia, affollavano i parchi e i balconi dei palazzi,
facendole ruotare come se loro stessi fossero diventati il vento che abbraccia e
protegge la città, come se fossero diventati loro stessi il soffio pulsante che
rende viva Fuuto.
Provavano una commozione incredibile
nell'abbracciare in un attimo quel luogo così caro a tutti loro, che aveva
significato grandi perdite ma anche grandi conquiste.
Quando riaprirono gli occhi, erano di nuovo
nella Torre, con le orecchie che fischiavano e i cuori che battevano
forsennatamente all'unisono, le loro dita erano ancora saldamente intrecciate
mentre il viso, rivolto verso la vetrata, era lo specchio delle emozioni
profonde che avevano provato in quel viaggio, durato appena un battito di ciglia
ma che avevano percepito come lungo e senza fine.
Non dissero nulla, si limitarono a guardare
al di là del vetro, perdendosi con lo sguardo nell'osservare la loro città con
orgoglio; e poi, di nuovo quel vento tiepido tanto somigliante a una carezza,
che già li aveva svegliati, sfiorò i loro visi prima di far volare via il bianco
cappello di Shotaro, che volteggiò in aria per qualche istante; il detective,
preso di sorpresa, cercò di afferrarlo al volo, ma quello non toccò mai terra e
anzi, nell'oscurità era comparsa una fioca luminescenza argentata dalle fattezze
umane, le cui dita ne agguantarono la falda mentre tante altre sagome splendenti
affiancavano la prima.
I quattro ragazzi sobbalzarono: anche se gli
occhi non li avevano riconosciuti ancora, non valeva lo stesso per i loro cuori,
che avevano istintivamente capito quale fosse l'identità di coloro che stavano
per comparire.
“Shotarou, il modo in cui indossi questo
cappello è la prova che sei diventato un vero uomo.”
Furono queste parole, pronunciate da una voce
familiare, a colpire Hidari come nemmeno un scarica elettrica da 10000 V avrebbe
potuto fare: con gli occhi sbarrati, il detective riconobbe Soukichi Narumi.
“T-Tou-san...?” balbettò Akiko a sua volta,
con gli occhi umidi e la voce rotta.
Ma il loro stupore non era nulla al confronto
della gioia di Ryu, che li aveva lasciati lì per correre ad abbracciare la
sorellina e la madre: entrambe stavano accanto a suo padre, a pochi passi di
distanza da Skull.
Philip invece, era rimasto imbambolato,
stretto nel suo spolverino color pastello, mentre la medesima mano che l'aveva
accarezzato nel sonno aveva preso forma dinanzi a lui, avvolta da morbide garze
candide.
“S-Shroud...?” bisbigliò il diciottenne, coi
battiti del cuore che gli rimbombavano nelle orecchie mentre al suo fianco
comparivano anche le due sorelle, emergendo dal buio, splendenti come fari: il
contatto con le loro mani era caldo e morbido sulle guance pallide e scarne del
ragazzino, non sapeva cosa dire né cosa fare, riusciva solamente a stare fermo
in quel punto, mentre le tre donne lo abbracciavano come quando era bambino,
c'era quella sensazione di calore nei suoi ricordi.
“Wakana-neesan... Saeko-neesan...” riuscì
infine a sussurrare lui, quando un'altra mano, più massiccia e callosa andò a
scompigliargli i corti ciuffi neri.
La famiglia Sonozaki si era riunita.
Hidari era sconvolto: tutte le persone che
per loro avevano significato tanto, che avevano perso nel modo peggiore, erano
tornate da loro; per quanto tempo non lo sapevano ma non importava, perché
l'averle di nuovo accanto era così bello da impedire alla ragione di riprendere
il controllo e lasciare al cuore il comando del corpo.
Il Boss, i genitori di Philip, quelli di
Terui...
Malinconicamente, il suo sguardo si spostò
per tutta la grande sala, dovunque trovava solo famiglie riunite e, per quanto
la cosa non potesse che renderlo felice, soprattutto vedendo la gioia dei propri
amici, sentiva che c'era qualcosa di sbagliato, soprattutto pensando al luogo
dove si trovavano, vegliati a breve distanza dalla figura colorata di Fuuto-kun.
“Sembri cresciuto, Hidari Shotaro. Senza
dubbio, hai mantenuto la tua promessa di proteggere questa città che ho tanto
amato.”.
E all'improvviso, come se qualcuno, forse lo
stesso che aveva reso possibile quel miracoloso incontro, avesse voluto
coronarlo degnamente, la voce di Kirihiko Sudo lo riscosse dai suoi pensieri
cupi; e alzato lo sguardo, il detective vide il suo rivale, ritto accanto al
pupazzo che lo stesso aveva ideato.
Neanche lui mancava all'appello e i due si
ritrovarono, uno di fronte all'altro, guardandosi fisso negli occhi, ma senza
alcuna ostilità negli sguardi: Sudo era esattamente come Hidari l'aveva visto
l'ultima volta, con quel ghigno indecifrabile dipinto sul volto abbronzato e
l'immancabile foulard, che ricordava la bandiera del Giappone.
“Grazie per tutto quello che avete fatto.”
Kirihiko disse solo questo ma al detective
bastò per capire.
E si sentì orgoglioso.
“Shotarou...”
In un attimo, Joker si ritrovò al centro
della sala, con accanto Philip, Akiko e Ryu, erano circondati da quei visi
sorridenti e soddisfatti: sentivano che tutte le sofferenze che avevano provato
durante tutte le loro battaglie non erano nulla a confronto di quelle
espressioni allegre e piene di sentimento.
“Benvenuti, ragazzi miei. O forse dovrei dire
ben ritrovati?”
Ma le sorprese ancora non erano finite e,
davanti a loro, si era materializzata un'altra figura, questa volta del tutto
sconosciuta ai quattro ma sembrava che invece gli altri la conoscessero bene.
Era un uomo anziano, o almeno ne aveva le
sembianze, e indossava una buffa tunica color arcobaleno, che gli copriva anche
i piedi, tanto era lunga; il viso era pieno di rughe, ma era così luminoso e
florido che l'età apparente del nuovo arrivato sembrava quasi impossibile.
Con le braccia spalancate, strinse a sé i
quattro ragazzi: anche il suo odore era insolito ma tremendamente familiare,
come se...
“Lei è Fuuto-sama...?” chiese debolmente
Hidari: “Lei è il vento che ci ha salvato quel giorno...” affermò il detective:
ricordava quel miscuglio di profumi, di erba tagliata, di ramen bollente, di
fiori e di mare che gli aveva riempito le narici mentre precipitavano nel vuoto
durante lo scontro contro Eternal, quando una forte brezza li aveva salvati da
morte certa, dando loro la forza necessaria per riuscire nell'impresa di vincere
quel tremendo avversario.
“Io sono il Vento di Fuuto.” rispose lui con
semplicità: “Io veglio su questa città da sempre, e sono estremamente fiero di
voi bambini.” aggiunse con espressione affettuosa, mentre accarezzava i capelli
di Akiko, “Non potevo lasciarvi morire in quel modo, Philip-kun,” notò l'uomo,
voltandosi verso il più giovane del gruppo, che lo fissava con stupore, “Tutti
quelli che vivono a Fuuto sono come figli per me, anche se non ci sono nati e vi
si sono trasferiti, anche chi era in cerca di vendetta, per me, è come se fosse
il più prezioso dei tesori.”.
Ryu annuì, senza dire una parola, ben conscio
che quello fosse il suo caso.
“Fuuto è strana, accoglie chiunque e si
mostra forte, incredibilmente forte e piena di vita, è in grado di conquistare
chiunque. Ma quando invece si trova nei pasticci non sa più come cavarsela e
tocca a me riportare la tranquillità.” proseguì il Vento, rivolgendo a ciascuno
di loro un sorriso: “Voi mi avete aiutato tanto, avete fatto vostra la missione
di cui mi ero fatto carico molto tempo fa. Siete più simili a me di quanto mai
avrei pensato fosse possibile, sapete?”.
Le sue parole confusero forse ancora di più
Shotaro e compagni.
“Quello che Fuuto-sama vuole dire è che
apprezza gli sforzi che avete fatto fino a ora, perché riconosce il vostro
comportamento come totalmente disinteressato,” intervenne Ryubee, rompendo il
silenzio per avvicinarsi al figlio: “E per questo ha voluto premiarvi.”.
“Raito, siamo orgogliosi di voi.” aggiunse
Shroud.
“P-Per quanto resterete?” chiese Cyclone,
puntando sulle sorelle i suoi grandi occhi scuri con espressione interrogativa.
“C'è ancora tempo.” esordì la madre di Terui,
cingendo con le braccia le spalle del figlio: “Per stanotte, il Vento non
soffierà.”.
E così dicendo, ella spinse in avanti Accel
accanto ad Akiko, facendo arrossire entrambi dall'imbarazzo di trovarsi
improvvisamente così vicini: “Ti ho mai raccontato come fece tuo padre a
conquistarmi?” chiese la donna con un sorriso malizioso mentre faceva
intrecciare le mani dei due ragazzi tra loro, “Mamma, non mi pare il momento...”
la rimproverò debolmente Ryu, ma lei non sembrava averlo sentito, “Tuo padre e
io frequentavamo lo stesso karaoke, sai? E quando, una sera, lui e alcuni suoi
amici scelsero una particolare canzone da cantare, anche io ero lì. Mi fermai ad
ascoltarla, lui mi vide e mi invitò a ballare con lui. È stato così romantico.”
sospirò lei con voce sognante.
Con un paio di saltelli, il piccolo FrogPod
raggiunse i piedi della donna e, balzatole in braccio, dalla sua bocca
all'improvviso, alcune note, suonate inconfondibilmente da una chitarra, presero
a diffondersi nella sala intanto che il cerchio attorno a Ryu e Akiko si
allargava.
Driving home from the highland line
We done some gigs on the Clyde and the
Tyne...
E mentre la musica assorbiva tutti, solo
Shotaro si era staccato dal gruppo, avvicinandosi alla vetrata: con la coda
dell'occhio poteva vedere i suoi due amici intenti a ballare, abbracciati
stretti stretti e circondati dall'affetto dei loro cari, sentiva che era giusto
così, quel momento di tranquillità se lo meritavano.
Restò qualche istante a fissare le luci della
città sotto di lui, conosceva quella canzone, ricordava che anche il Boss la
ascoltava spesso sul vecchio giradischi nell'angolo dello studio...
And on the bus there is a friend of mine
We go way back to the scene of the crime
We sit up front and share a cigarette
And try to remember what we tried to forget
“Ricordare ciò che si è tentato di
dimenticare è sempre difficile,” esclamò una voce alle sue spalle: “Ma anche
questo vuol dire crescere, Shotarou. Lo sai vero?”.
Hidari non si voltò, sapeva benissimo di chi
si trattava.
“Ho tentato di dimenticare quella notte, ma
non ci sono riuscito.” ammise in un sussurro il ragazzo, mentre Soukichi gli si
avvicinava: “He say do you remember? He say do you recall? I say yeah I
remember, oh, I remember it all” cantava Skull a bassa voce, in perfetta
armonia con il FrogPod, “Non va dimenticato nulla, neppure la più piccola cosa.”
sembrava rimproverarlo.
Shotaro non riuscì a guardarlo negli occhi.
“Puoi lasciarti tutto alle spalle, ma devi
sempre ricordare il tuo passato, anche se è doloroso.” aggiunse Narumi,
mettendosi accanto a lui: “Perché è lui a plasmare il tuo presente e il tuo
futuro.”.
We come so far and we move so fast
Making hay see it all go past
Round the world and round again
“Quel disco deve essersi consumato a furia di
ascoltarlo, non è vero, Boss?” disse Joker; l'uomo annuì: “Ma è una canzone che
può ancora insegnare tanto, che può ancora insegnarti tanto.” precisò, “Ti
rappresenta particolarmente, ragazzino.”.
“Non sono più un bambino.” borbottò Hidari.
Oh everytime, everytime
Every time that cold wind blows
Every time I hear that sound
Late night trains shunting down by the river
I remember windy town
Skull si avvicinò al vetro, poggiandovi sopra
una mano come a voler afferrare Fuuto e nasconderla agli occhi del mondo:
“Quando mi trasferii a Osaka, quando nacque Akiko... Ogni volta che sentivo il
vento soffiare mi sembrava come se mi stesse rimproverando per qualcosa e volevo
tornare indietro. Non fraintendermi, amavo la mia famiglia, la amo ancora
adesso,” precisò lui, voltando un attimo lo sguardo verso la figlia, che ancora
ballava abbracciata a Terui, “Ma Fuuto-sama ha ragione, questa città conquista
chiunque ed è difficile riuscire a starle lontano, non puoi dimenticarla
semplicemente andandotene.”.
Non se n'erano ancora accorti, ma il cielo
fuori da lì aveva cominciato a schiarirsi.
“Oyassan, lei mi ha insegnato ad amare la mia
città e a difenderla a ogni costo. Per questo ho accettato di diventare un Kamen
Rider, di essere la parte sinistra di W; sono nato e cresciuto insieme ai venti
che soffiano e non potrei immaginarmi una vita diversa. E credo che anche per
lei sia lo stesso. Io personalmente non potrei pensare di vivere da un'altra
parte piuttosto che qui.”.
“Non mi ero sbagliato, Shotarou, sei proprio
cresciuto.”.
E intanto che sorgeva l'alba e pian piano
quei fantasmi evanescenti scomparivano, Hidari poté giurare di aver visto le
labbra del suo Boss incurvarsi in un sorriso orgoglioso.
Prima di svanire del tutto mentre il primo
raggio di sole della giornata filtrava attraverso il vetro.
§§§
Shotaro scese silenziosamente le scale che
portavano al piano inferiore e aprì la piccola porta a scomparsa, sbucando
infine nell'agenzia inondata di sole.
Cercando di fare il meno chiasso possibile,
per evitare che Philip si svegliasse, il detective si avvicinò in punta di piedi
al giradischi sotto la finestra e si accucciò nel piccolo spazio tra il muro e
la scrivania, frugando nel cesto sotto lo stereo.
Trionfante, il giovane tirò fuori un vecchio
vinile, esaminandolo alla luce del sole e ripulendolo dalla polvere con la
manica della giacca.
Con cura, tolse il disco dalla sua custodia
protettiva e lo posizionò con attenzione sulla piastra, sistemandovi poi sopra
la puntina.
E mentre la musica che già avevano ascoltato
quella notte cominciava a uscire dalle casse con un fruscio di sottofondo, il
detective si affacciò alla piccola finestrella, da cui si vedeva un lembo di
cielo: socchiuse gli occhi, ascoltando il vento che gli sussurrava all'orecchio
con la voce di Fuuto-sama.
I remember windy town...
§§§
TERZA
CLASSIFICATA
“Per
stanotte, il vento non soffierà” di KungFuCharlie
Lessico e grammatica: 9/10
Stile: 8/10
Originalità: 9/10
Gradimento personale: 8/10
Punti atmosfera:
-Punti vento: 5/5
-Punti città: 3/5
Utilizzo della canzone (facoltativo): 3/3
Totale: 45/53
PREMIO “VENTO”
A parte un piccolo errore di grammatica (forse una svista?) e qualche difettino
di forma, è una storia scorrevole e scritta bene, semplice e che ti permette di
seguirne il filo nonostante l'alto numero di personaggi che partecipano :-) Una
storia dolce, nostalgica e tranquilla, in cui i ricordi prendono vita; ”Windy
town” fa da padrona di casa, intervenendo come “colonna sonora” di una parte
della storia ma soprattutto, per quanto riguarda il testo, come “morale”. In
questo modo ti sei guadagnata tutti e tre i punti canzone, e, mentre la città è
considerata un po' “en passant”, il vento è un altro dei padroni di casa, al
punto che qui viene rappresentato come personaggio in carne e ossa ed è il vero
protagonista della storia.
Che dire? Hai centrato appieno lo spirito del contest e ti assegno il “PREMIO
VENTO” :-) Brava!
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