Preso
di Mira
12
luglio 2009
Lui
ha un sorriso aspro sulle labbra, e
ride come un pazzo. Il suo disprezzo si confonde nell'aria mentre
viene trascinato via dalla polizia locale.
Lui
si gira un attimo e punta gli occhi cerulei del ragazzo, ghigna
divertito e poi, dopo l'ennesima imprecazione, continua a marciare
verso l'autovettura che lo porterà incontro alla giusta condanna
a
morte.
Quello
che voleva, lui, glielo ha riferito... ah, quanto ne è
felice.
Placidamente felice.
Chiude
gli occhi.
Apre
gli occhi.
Rek
si guarda le mani, solitamente bianche e pallide come il colorito del
suo volto, segnate da sgargianti tinte di rosso, un rosso ghiotto che
scivola denso dalle sue affusolate dita e cola sul brecciolino della
strada.
Si
osserva i vestiti: quella cravatta sempre perfettamente annodata ora
sciolta e da una parte, con impresse senza ombra di dubbio impronte
di mani. Impronte segnate col sangue.
Inizia
a sudare freddo, a guardarsi attorno in cerca di una risposta, ma
quello che vede non è nient'altro che color rubino
schiantato
sulle pareti della città nebbiosa come schizzi di simpatica
vernice.
Non
sente il tremolio delle gambe, la testa scoppiargli come se avesse
mille aghi che gli punzecchiano il cranio, il cuore che non accenna a
diminuire i suoi battiti e le ossa flettersi per farlo cadere
rovinosamente sul cemento rovente.
Quello
che sente è solo la sensazione di disgusto che lo pervade e
quella frase che gli martella le meningi con fare insopportabile.
Si
gira i polsini della camicia, distratto, cercando di togliere quel
senso di nausea e calore che lo devasta sin dal profondo.
Prende
una manciata d'aria, come stesse misurando quanto ossigeno
potrà
ancora respirare, poi cade in ginocchio sul cocente asfalto.
Si
accorge solo dopo aver curvato la schiena che dai suoi capelli
castani scende fluido chiaro liquido scarlatto, e dalla bocca
l'ennesimo colore di uno sfigurato magenta violaceo.
Si
sfrega gli occhi, impiastricciando le mani di quel rosso malevolo e
colpevole.
Chiude
gli occhi.
Apre
gli occhi.
“S.re
Derek è finita, andiamo. Quel pazzo non la
imbroglierà
più nei suoi omicidi” è il sorriso di
Mihael a
destarlo, il capo delle indagini.
Gli
batte una mano sulla spalla a mo di incoraggiamento: “ma non
vede che sono pieno di sangue?” pensa ingenuamente Rek.
Poi
osserva la mano dell'uomo posarsi sul cinturone dove detiene la
pistola, senza lasciare tracce alcune di sporco liquido amaranto.
Guida
gli occhi turchesi verso le sue mani: nulla. Non c'è nulla,
nessuna traccia di rosso vermiglio.
Ora
sì che sente il tremolio farsi incessante, curiosamente
è
ancora in piedi e non sente alcun malessere lancinante invadergli il
petto e l'addome.
Qualcosa
non torna, qualcosa non va.
Fino
ad un attimo prima era ricoperto e pregno sin dalla punta dei capelli
di torbido e ferruginoso colore cremisi! Si era accucciato per terra
sconvolto da quella visione e dal disgusto che provava!
Che
se lo fosse immaginato? Che fosse stato solamente una mera illusione
dettata dalla situazione...?
“...E
se fossi tu il vero colpevole?”
gli
aveva sussurrato solo pochi minuti prima il condannato a morte.
Cosa?
Lui il vero colpevole? Ma che gli passava per la testa, figuriamoci!
In tutta quella terribile faccenda non si era mai posto quella
domanda, non doveva neppure farsela... insomma, uno era cosciente di
essere o no un omicida. Giusto?
…
Scruta
attentamente le sue mani, alla ricerca di macchie che non trova;
neanche la più piccola traccia rossastra ve ne è.
Il
suo cuore accelera disastrosamente, i battiti gli rimbombano in tutto
il corpo come stesse esplodendo. Cerca di darsi un contegno, cerca di
calmarsi... ora i battiti cardiaci li sente.
Osserva
Mihael salire nell'auto dall'altro lato della strada, il gruppo di
giornalisti avvicinarsi rapidamente verso di lui, la folla di curiosi
che interessata cerca di oltrepassare la polizia e la S.gnorina
Khristine del reparto di psicologia prendere appunti su un blocchetto
a righe.
Serra
gli occhi in due fessure, poi infila distrattamente le mani nel
tessuto bluastro dei jeans, mentre come sempre la camicia della
divisa dell'istituto rimane fuori dai pantaloni.
A
testa bassa se ne va, senza salutare nessuno. Non perché non
lo saluterebbero, -a farlo lo farebbero pure!- ma perché
sarebbe da ipocriti salutare chi, sino a pochi giorni prima, ti
considera un assassino da uccidere sulla forca.
Ripercorre
la stradina in senso opposto, dopo aver superato le barriere erette
dalle forze dell'ordine e gli odiosi inviati delle emittenti tv. Gira
l'angolo, svolta a destra, si appiattisce contro la parete.
Guardingo
si controlla attorno, emette un nuovo sospiro, infine guarda
l'orologio: Derek Rüdeger Hoffman alle 17.13.27 secondi
è
libero da qualsiasi imputazione e crimine di cui sospettato. Libero
di ogni accusa a lui rivolta e libero cittadino Tedesco su suolo
Americano.
L'ultima
briga che si deve prendere è quella di andare alla centrale
per ritirare la sua carta d'identità e il suo portafoglio.
Dovrà
ricominciare da capo però, perché se è
vero che
è libero su carta, innocente e privo di accuse a suo carico,
per la gente non sarà altro che l'ennesimo omicida a ruota
libera.
Forse,
forse non era poi tanto male la prigionia. Magari, magari era
più
giusta... no?
Il
filtro della sigaretta va a confondersi con l'aria tersa e vaporosa
della metropoli. Aspira lentamente, si discosta dal muro e accende
l'mp3 per ascoltare un pezzo dei Cure sulle sue spettacolari cuffie.
Chiude
gli occhi. Qualcosa di
ferroso gli imporpora
le labbra. Poco più distante da lui l'ultima vittima del
killer gli affonda il capo sul petto, contemplando il tutto in un
docile abbraccio.
Un
vento soffuso s'accanisce sulla sua figura. Su
Rek
La
figura scompare. Come fosse mai esistita. Magari fosse mai
esistita...
...Non
sarebbe morto nessuno.
“IL
12 LUGLIO 2009 ALLE ORE 17 E POCHI MINUTI
IL
FAMOSO ASSASSINO (nome e cognome ancora non pervenuto)
VIENE
PRERELEVATO MENTRE SI AVVENTAVA SU UN
24ENNE.
IL GIOVANE, DI CUI SI SOSPETTAVA SINO AD OGGI
L'ESSERE
IL VERO KILLER, VIENE SCAGIONATO DA OGNI ACCUSA.
I
SOSPETTI DEI CITTADINI PERÒ RIMANGONO: “Non mi
fido”
È LA
SENTENZA
DI UN'ANZIANA CONDOMINE DEL RAGAZZO.
I
PRIMI ACCERTAMENTI SI AVRANNO IN SERATA,
ORA
PASSIAMO ALLA PAGINA DELLO SPORT...”
Angolino
«
Salve
a tutti! Dunque, dunque... questa a patti chiari... è la mia
prima OS originale che presto evolverò in fan fiction. Come
si
deduce parla di un crimine -anzi di molti- di un'omicida e di un
presunto omicida.
È
contorta e va bene così, non c'è da soffermarci
molto/troppo -se non sulle parti grigie quelle sono IMPORTANTISSIME
ALLO SVILUPPO DELLO SCRITTO-
Ciò
che ovviamente espone questa OS in sé è il fatto
semplice “dell'innocente”.
Una
volta fuori dalla baraonda, una volta fuori dal caso... se uno fosse
innocente, ma sino ad allora considerato uno sporco assassino
colpevole di decine di morti, riuscirà a tornare alla
libertà
vera e propria senza essere condannato una seconda volta da prove
come sguardi e astio che provano i concittadini per lui? …
I
Media aiutano a discolpare l'innocente o lo intrigano ancora di
più
dentro quel cerchio malato che è il giudizio?
Ma
non solo. Anche: Un innocente è veramente innocente SE
indagato? O forse è solo un falso innocente? Il vero
colpevole
può solo essere una vittima del falso innocente?
…
Presto
o tardi farò una fan fiction su questa OS spero vi abbia
incuriosito, e vi ringrazio di cuore per chiunque osi solo scrivere
in qualche riga il suo pensiero.
Lo
stile che ho scelto è a seconda della tensione che volevo
rendere, spero sia opportuno.
PS: il disegno è mio, così come anche la grafica ;)
|