The Edge og Glory
Nome autore sul Forum: Lindael
Nome autore su EFP: Sai Sama
Titolo: The Edge of Glory
Genere: Introspettivo, Drammatico, Romantico
Raiting: Giallo
Avvertimenti: One-Shot, Slash, AU
Introduzione: Ci viene sempre detto che dobbiamo amare noi stessi prima degli
altri, ma quand’è che dobbiamo smettere di concentrarci su di noi e iniziare ad
amare gli altri? C’è chi lo sa senza bisogno che gli venga detto, ma non tutti.
Lui se n’è accorto solo troppo tardi. Un Narciso moderno, un mito portato ai
giorni nostri.
NdA (facoltativo): Non ci sono grandi note da fare. Ovviamente né Narciso
né Aminia mi appartengonoXD Il titolo è quello di una canzone di Lady Gaga, che
mi pareva molto adatto, visto il protagonista del mito che avevo scelto. Alla
fine non sono molto sicura dell’avvertimento AU, l’ho messo solo perché, pur
rispettando il mito, la storia che ho scritto si svolge ai giorni nostri e non
nell’antica Grecia. Infine vorrei dire che il modo che ho scelto per far
suicidare Narciso è simbolico, il fatto che utilizzi proprio una scheggia di
specchio per tagliarsi la gola sta a simboleggiare il fatto che finalmente ha
capito il suo sbaglio. Che altro dire? Spero vi piaccia^^
Mito scelto: Mito di Narciso, versione ellenica.
The Edge of Glory
Click. Click. Click.
Il suono si ripeteva di continuo, veloce, aggressivo,
inarrestabile quasi.
Narciso sorrideva languido sul divano di velluto rosso, una
pesante coperta di pelliccia a coprire le sue nudità e l’estremità di una delle
stanghette degli occhiali che doveva pubblicizzare poggiata sul labbro
inferiore.
Aminia, il giovane genio della fotografia newyorkese, non
riusciva a staccarsi dalla macchina fotografica, Narciso era così…perfetto!
La risposta a tutti i suoi desideri, a tutte le sue
preghiere e a tutti i suoi sogni, ma anche la più grande piaga che gli fosse
mai capitata tra le mani.
Non solo era bellissimo e molto consapevole di esserlo, non
solo era capriccioso e innamorato di se stesso, non solo si rigirava Aminia,
come chiunque altro, intorno ad un dito…ma continuava a rifiutarli tutti!
-Basta Aminia, sono stanco!-
Si lamentò lagnosamente in quel momento il suo adorato
modello, tirandosi in piedi, senza nessuna preoccupazione per la sua
spettacolare nudità.
-Vado nel mio camerino e non voglio essere disturbato.-
Disse, passando accanto ad Aminia e sfiorandolo, decisamente
non casualmente.
L’uomo chiuse gli occhi cominciando a contare da cento ad
uno, per resistere alla tentazione di saltare addosso al ragazzo e farselo
davanti a tutti.
-Va bene Narciso, io intanto preparo il prossimo set.-
Mormorò sconsolato a bassa voce, quel ragazzo era l’unica
persona al mondo a poterlo ridurre in quel mondo, lui, il genio!
A volte non ci credeva neanche lui, ma gli bastava guardarlo
perché le mani iniziassero a prudergli per la voglia di prendere in mano la
macchina fotografica, perché il cervello partisse per una lunga vacanza e
perché si trasformasse in un cucciolotto senza zanne.
Narciso sorrise, contento di averla avuta vinta ancora una
volta, civettuosamente gli diede un bacio sulla guancia e se ne andò a fare Dio
solo sa cosa nel suo camerino, lasciando a Aminia un set da preparare e una
dannatissima erezione da domare.
Ma quella non era la cosa peggiore, no, perché con della
semplice lussuria sarebbe riuscito tranquillamente a farci i conti…
Aveva una paura del diavolo di essere innamorato di quel
demonietto dalla faccia d’angelo.
Sospirando pesantemente e scuotendo la testa uscì in
terrazza, in bocca l’ennesima sigaretta della giornata, mentre abbaiava ordini
ai suoi assistenti per metà lobotomizzati dalla vista di Narciso e per metà
terrorizzati da lui.
Ci volle un po’ ma alla fine uno stagno prese vita nello
studio fotografico, con tanto di ninfee molto decorative.
Aminia lanciò la sigaretta nel vuoto, guardandola cadere dal
trentesimo piano del grattacielo dove si trovava il suo studio, poi si avviò
verso il camerino di Narciso.
Stava per bussare quando sentì dei gemiti impossibili da
confondere.
Immediatamente la rabbia gli salì dal petto, facendogli
digrignare i denti e socchiudere gli occhi in maniera minacciosa.
Non l’avrebbe permesso cazzo! Non avrebbe mai e poi permesso
a qualcun altro di toccare Narciso! Solo lui poteva, solo lui ne era degno!
Spalancò la porta con forza, pronto ad ammazzare di botte
chiunque stesse causando quei gemiti di piacere quando rimase pietrificato.
Nella stanza c’era solo Narciso, che, davanti allo specchio
continuava voluttuosamente a masturbarsi, la testa piena di ricci neri gettata
all’indietro, gli occhi cerulei chiusi nell’estasi, il corpo inarcato così
elegantemente sulla sedia e la mano…la mano dalle lunghe dita chiusa a pugno su
quell’erezione così bella da sembrare preziosa.
Aminia cercò di inghiottire la saliva in eccesso nella sua
bocca, ma non riusciva a fare nemmeno quello, era completamente immobilizzato.
Narciso a quel punto aprì di nuovo gli occhi e guardò nello
specchio, ma il suo sguardo non passò neanche per un secondo su Aminia, si
concentrò soltanto sulla sua stessa immagine riflessa.
-Sii…così, toccami.-
Sospirò rivolto al se stesso dello specchio. leccandosi le
labbra sensualmente.
-Ti voglio, voglio…aaah, solo te.-
Gemette, aumentando il ritmo delle carezze, inarcandosi
ancora di più, senza distogliere lo sguardo da se stesso, mentre si avvicinava
al culmine.
Le ultime parole prima dell’orgasmo furono solo mormorate e
Aminia ne afferrò solo due: sei bellissimo.
Anche in questo caso erano evidentemente rivolte al Narciso
riflesso nello specchio.
Finalmente Aminia riuscì a riscuotersi da quel torpore e
fuggì fuori dal camerino, senza neanche richiudersi la porta alle spalle,
troppo turbato da quello che aveva visto e da quello che aveva finalmente
capito.
Narciso amava solo se stesso, rifiutava chiunque altro non
per crudeltà, o, almeno, non solo per quella, ma anche perché semplicemente non
amava altri che la sua immagine riflessa in uno specchio.
-VIA! ANDATE TUTTI VIA! LASCIATEMI SOLO!-
Urlò come un ossesso verso i suoi assistenti e truccatori,
agitando le braccia, rosso in volto.
I ragazzi e le ragazze lasciarono le cose dov’erano, senza
il tempo di sistemarle e poi si ammucchiarono nel grande ascensore, cercando di
portarsi fuori dalla portata della furia del fotografo.
Una volta che tutti furono fuori dal grande studio Aminia si
appoggiò ad un muro e si lasciò lentamente scivolare a terra, le mani sugli
occhi che gli si erano riempiti di lacrime.
Era così allora, lo amava veramente.
Urlò ancora e ancora, a squarciagola, maledicendo il cielo e
gli dei, sempre ammesso che esistessero, per quello scherzo malvagio.
-E così alla fine te ne sei reso conto mio caro, piccolo,
Aminia.-
Il tono strascicato e roco di Narciso lo richiamò dal nulla
in cui la sua mente si era rintanata.
Non sapeva da quanto tempo il ragazzo si trovasse lì, con
tranquillità sedeva sul bordo di finto marmo del laghetto improvvisato, una
delle lunghe gambe piegata contro se stesso e l’altra nell’acqua.
Non lo guardava neanche, troppo impegnato ad ammirarsi nel
riflesso del liquido.
-Perché?-
La voce era gracchiante, le corde vocali irritate dal troppo
urlare.
-Perché mi chiedi? Ma come, non riesci a capirlo da solo?-
Lo prese in giro Narciso, degnandosi di alzare finalmente lo
sguardo su di lui, un ghigno sulle labbra piene.
-Perché non c’è nessuno bello quanto me. Nessuno è degno di me. Nemmeno tu Aminia, con il
tuo genio e la tua arte. Io posso stare solo con me stesso. Posso amare solo me
stesso.-
Lo guardò mentre parlava, prestandogli la sua attenzione per
qualche secondo, per poi riportarla sul suo riflesso.
Si sistemò un riccio ribelle sulla fronte, con delicatezza
che avrebbe avuto un amante.
-Io ti amo.-
Supplicò Aminia, scuotendo la testa, gli occhi pieni di
lacrime.
-Ti amo.-
Ripetè in un sussurro, mettendosi in piedi e barcollando
fino a Narciso, allungando una mano verso di lui, in un disperato tentativo di
ottenere da lui un tocco, una carezza, un pungo, qualcosa…qualunque cosa.
Ma il ragazzo non gli concesse nemmeno questo, con grazia si
scostò dal suo posto e si allontanò da Aminia, osservandolo con occhi freddi,
occhi di uno scienziato che sta per iniettare una nuova droga in una cavia.
-Dici di amarmi…-
Iniziò, guardandolo con la testa leggermente piegata da una
parte.
Aminia annuì furiosamente, facendo qualche passo verso di
lui, ottenendo solo che Narciso si allontanasse ancora di più da lui.
-Quindi faresti tutto per me?-
Domandò con un sorrisetto divertito, adocchiando la
terrazza.
Il fotografo annuì ancora, incapace anche di parlare,
ridotto dall’amore e dal rifiuto in niente più di un uomo primitivo.
-Allora buttati dalla terrazza.-
Non ci fu esitazione nella voce di Narciso, né tristezza o
senso di colpa, semplicemente non ne provava.
Aminia per lui non era che un fastidioso ammiratore, buono
solo a fargli da schiavetto e a ritrarlo in fotografie spettacolari, dove
risultava ancora più bello di quanto non fosse al naturale.
Ma era sacrificabile.
Tutti erano sacrificabili per Narciso.
L’avrebbero potuto lasciare completamente solo in una stanza
piena di specchi e lui sarebbe stato completamente felice, in paradiso.
Il fotografo, ormai oltre la sanità mentale, guardò più
volte lui poi la finestra, tentennando.
Narciso pensò in quel momento che non l’avrebbe fatto, che
non lo amasse veramente, perché se l’avesse fatto a quest’ora il suo corpo
sarebbe già stato spiaccicato sul manto stradale.
-Poi tu mi amerai?-
La domanda sommessa proveniva da quello che fino a poco
tempo prima era uno degli artisti più pagati, famosi, talentuosi e intelligenti
del mondo, ora ridotto a un’eco di se stesso, un’ombra sbiadita.
Narciso sorrise trionfante, annuendo.
Allora Aminia si mise a correre, raggiungendo dopo poco la
balaustra della terrazza, scavalcandola e buttandosi di sotto.
Il ragazzo gli corse dietro, osservando il corpo cadere
sempre più veloce, fino a toccare terra.
Era troppo in alto per vedere il sangue, ma poteva sentire
le grida delle persone.
Guardando in basso l’assembramento sempre più grande di
persone si sentì euforico, il padrone del mondo, un dio!
Era così bello che la gente moriva per lui, letteralmente.
A quel punto, senza un vero motivo, si diresse nello studio
privato di Aminia, c’era stato qualche volta prima e sapeva perfettamente che
lì c’era un grandissimo specchio, a grandezza naturale, dove si sarebbe potuto
congratulare con se stesso.
Entrò nello studio e fu colpito da un fresco profumo che
conosceva, si guardò intorno, fino a localizzare un mazzo di incantevoli
narcisi, i suoi fiori preferiti, non solo per il loro nome, che gli ricordava
il suo, ma anche per il profumo frizzante e leggero.
Si avvicinò alla scrivania, dove il mazzo era poggiato e
prese delicatamente in mano il bigliettino che vi era poggiato sopra, lo aprì e
dentro, vergate a mano, c’erano delle parole.
“A Narciso, l’unica
persona al mondo che non vorrei accarezzare solo con la mia macchina
fotografica, l’unica persona che compare sul rullino del mio cuore. Con amore
immortale Aminia.”
Non erano parole particolarmente poetiche quelle, né
particolarmente originali o belle, ma per la prima volta in vita sua Narciso
percepì interiormente i sentimenti di un’altra persona, se ne preoccupò.
Alzò lo sguardo al muro, dove il suo gemello riflesso gli
rivolse lo stesso sguardo sgranato e, sì, addolorato, perché il suo riflesso
non poteva regalargli fiori, il suo riflesso non poteva scrivergli parole
d’amore, il suo riflesso non poteva avere pensieri gentili per lui, o
abbracciarlo nelle notti fredde.
Tutte quelle cose solo un’altra persona avrebbe potuto
farle, solo…Aminia, che lo amava veramente, indipendentemente dalla sua
bellezza e nonostante il suo pessimo carattere.
Aminia che per dimostrargli quell’amore si era buttato dal
trentesimo piano.
Schiacciato da tutte quelle rivelazione, dal senso di colpa
e dalla solitudine che all’improvviso lo avevano colpito con la forza di un
ariete Narciso lasciò cadere il bigliettino e si lanciò contro lo specchio,
tempestandolo di pugni, fino che non ne rimasero che schegge.
Una volta finito si inginocchiò sul quel mare di riflessi di
sé, da una parte un occhio, dall’altra il labbro inferiore, da un’altra ancora
una parte dei ricci scuri, li fissò con attenzione e per la prima volta nella
sua vita non provò niente.
Scelse con cura una scheggia grande e molto affilata e se la
portò alla gola, non poteva, non poteva vivere in un mondo senza amore, in un
mondo di sensi di colpa.
Prima di tagliarsi la gola con la scheggia allungò la mano
verso i narcisi, che ricaddero come una pioggia sul suo corpo, quando, con
sangue che zampillava dalla sua gola tagliata, si lasciò scivolare
all’indietro.
I poliziotti lo trovarono così, il cadavere ancora bellissimo
sdraiato su un mare di frammenti luminosi, sporchi di sangue e con un sudario
di bianchi narcisi freschi.
|