bella 1
Prologo
Non ricordo molto bene
mia madre.
Potrei fingere
che sia perché è morta quando ero piccola, ma sarebbe una
bugia: avevo dodici anni, e sebbene il tempo possa appannare i
contorni dei volti e avvolgere nella nebbia uno zigomo, una bocca, io
so che non è questo il caso. Ricordo molto bene infatti la bambola
che Marcus, mio padre, portò con sé dal viaggio a York; ricordo
Emmett, mio fratello, che riceveva la sua prima spada da cavaliere; e
ricordo Edward bambino, i suoi capelli ed i suoi occhi chiari. Di
mia madre invece rammento soltanto l'odore di erbe e vapori che
appestava le sue stanze, e la sua voce, una voce dolce e
cantilenante, campanelli d'argento e onirici fumi. Eppure
passavamo tanto tempo insieme, mia madre ed io, chiuse in
quello che poteva definirsi il suo laboratorio, e mentre le altre
bambine imparavano il ricamo e le preghiere, lei mi insegnava
le proprietà degli elementi, a vivisezionare topi, a schiacciare
bacche.
Un'altra cosa che ricordo
di Renèe Dwyer, è che quando passava, le dame più bigotte
prendevano a farsi il segno della croce e le sguattere si battevano
il petto. Perché mia madre portava i capelli troppo corti per
l'etichetta ed era di natali troppo infimi, nonché del sesso
sbagliato, per avere diritto ad un'opinione: mia madre era una
strega, con i suoi filtri e le sue larve essiccate.
La verità è che era una
un alchimista intrappolato in un corpo di donna, uno speziale dalle
dita sottili, galenica saggezza e forme fragili. Una creatura
profondamente curiosa di penetrare i misteri della natura, un'esteta
e un'avida ricercatrice di meraviglia.
Per
me, invece, era soltanto mia madre, gonne lunghe e sottane di seta
chiara..
Bella, guarda, non
avere paura. E' soltanto una rana.
Mia madre, braccia calde
e ninnananne.
Sai, mia piccola Bella, se prendi una rana e la fai cadere nell'acqua bollente, quella
salta subito fuori. Sente che scotta e si spaventa.
Mia madre, storie
sussurrate all'orecchio.
Ma se la
metti nell'acqua fredda, e poco a poco la porti a bollore, quella
rana non salterà mai fuori. Morirà lentamente, senza accorgersene.
Mia madre, che forse non
mi amava abbastanza da restare in vita per me.
Bella, non lasciare
che succeda, non permettere a nessuno di ucciderti lentamente.
Combatti, combatti come non farà mai quella rana. Combatti tutti i
giorni per sentirti viva, perché sei forte e può ferirti solo il
coltello. Non lasciare che sia la vita a spegnerti poco a poco, come
la fiamma sotto quel calderone.
Quella storia mia madre
la raccontava sempre. A volte mi chiedo se era proprio a me che la
raccontava, o se la stava solamente ripetendo a se stessa.
Forse non era una storia
adatta ad una bambina, ma quel giorno, il giorno più importante
della mia vita, io non avevo altro che quella sua storiella a
rintronarmi nella testa.
***
Note
-
L'esperimento
della rana bollita risale al 1882, e fu condotto alla John Hopkins
University. Ha solleticato la fantasia di ben più di un autore o un
giornalista, ed è stato rielaborato nei modi più diversi.
-
Cercherò
di rispettare delle coordinate “spazio-temporali” nel corso del
racconto, ma non sono un'esperta di storia, assolutamente, e potrei
commettere parecchi errori, o piegare la realtà storiografica alle
esigenze della trama, considerando che più che nei fatti, la mia
fanfic ha le basi nelle leggende. Quello che mi interessa è cercare
comunque di rendere le cose “credibili”, e se così non fosse vi
sarei grata qualora me lo faceste notare.
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