Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti slash.
Questo capitolo è la terza e ultima parte di “La
bua del principino” e il diretto seguito dei due precedenti, vi consiglio
perciò di rileggerli per ritrovare il filo narrativo.
Dopo più di un anno e mezzo, torno ad aggiornare questa raccolta, anche
se in realtà il capitolo era già abbozzato da allora. Mi scuso
dell’immenso ritardo, ma ho dato la precedenza ad altre storie, e poi ai
casini della Real Life.
Non prometto aggiornamenti regolari, però ho intenzione di sistemare
tutte le 12 bozze rimanenti, che sono già scritte
ma vanno sviluppate e/o sistemate.
Vorrei dedicare il capitolo a
tutti quelli che hanno amato questa raccolta, a chi l’ha commentata, in
particolare a chi – in tutto questo tempo – ha continuato a
chiedermi di riprenderla, senza mai perdere la speranza. Questo doveva essere
il mio regalo di Natale per il fandom, ma pazienza.
Il 2 gennaio 2010, postando il
quarto capitolo scrissi così:
Dedicato a voi, con i miei
più sinceri auguri,
perché il
2010 cominci con un sorriso che, spero, vi accompagnerà per tutto
l’anno.
Oggi, a due anni di distanza,
vi rivolgo l’ennesimo augurio. Buon Anno Nuovo!
Un grazie a quanti
commenteranno. Ai vecchi e ai nuovi lettori.
ely
La bua del principino
(III parte)
by elyxyz
Dopo che la febbre di Artù era scesa dichiarandolo malato ma fuori pericolo, le cose
sarebbero dovute tornare alla normalità, ma a Camelot non si
sapeva neppure dove la normalità stesse di casa.
Anzitutto, per la sua imprudenza, il principe si era
guadagnato un grosso predicozzo dal re, suo padre, che dopo l’incursione
notturna e il grande spavento sentiva il dovere di elargirgli una buona
ramanzina.
Poi era stata la volta di sua madre, che per bocca di
Merlino aveva rincarato la dose paterna.
E dopo, il turno Merlino stesso, che aveva arricchito di suo
quello che era sfuggito ad Ygraine.
Successivamente era intervenuta
Morgana, che ovviamente non aveva perso l’occasione di deriderlo per quel
bagno fuori programma, la strega.
“Puzzavi così tanto?”
aveva insinuato, tenendosi fuori dalla sua portata, ovvero ad almeno tre iarde
dal baldacchino. Gaius aveva
infatti ordinato riposo assoluto al giovane Pendragon,
per consentirgli una guarigione completa.
Dal canto suo, Merlino non se la stava certo passando meglio
di lui, e quella doveva essere forse l’unica consolazione
dell’erede al trono: mal comune,
mezzo gaudio; non fosse stato che l’inconveniente coinvolgeva ugualmente
la sua nobile persona.
Dopo essersi ripreso dal delirio che lo aveva persuaso di
essere in punto di morte, ed aver ricevuto
l’adeguata spiegazione per la possessione materna del corpo del suo
valletto, egli s’era fatto una grossa risata e aveva archiviato il fatto.
Ma nessuno aveva calcolato un possibile effetto collaterale, benché
tutta quella faccenda – le apparizioni di sua madre e le sue scampagnate
tra il mondo dei vivi e l’aldilà – avrebbe dovuto insegnare
a tutti che l’uso della magia aveva delle conseguenze, e che tutto si pagava, prima
o poi.
Nello specifico, il fatto che Merlino avesse ospitato una
volta la defunta regina nel suo fisico debilitato aveva fatto diventare il
giovane una specie di tramite,
involontario involucro, ed ella poteva ora prendere
dominio del mago per brevi momenti, anche contro la sua volontà, e
manovrarlo a proprio piacere.
Gaius aveva studiato questo
inconveniente ed era certo che la cosa fosse una situazione temporanea, e che,
qualora Merlino si fosse rimesso del tutto dalla sua
indisposizione, pure l’incantesimo di possessione avrebbe smesso di fare
effetto. Anche perché l’alternativa era quella
di veder sbroccare
il suo figlioccio, la cui sanità mentale era già messa a dura
prova da tempo.
Inutile dire che Sua Maestà la regina, al contrario,
desiderava approfittarne a piene mani, con grande sconcerto del valletto reale.
“Dovete mangiare questa minestrina, Sire!”
sbuffò lo scudiero, bloccando il cucchiaio a mezz’aria, mentre
Artù si rifiutava di collaborare e accampava mille storie sulla gola che
bruciava, sulla sbobba insipida, e sul fatto che non aveva fame, pur di non
farsi imboccare.
“Se non mangiate, non guarirete!” lo
sgridò il servo, aggrottando le sopracciglia e trattenendo a stento la
voglia di tappargli il naso a tradimento e di fargli ingoiare tutto, posata
d’argento compresa.
“Non me ne importa nie-”
“Preferiresti che lo facesse tua madre?” domandò,
interrompendolo, usando il tono informale che talvolta adoperava quando erano da soli.
“Lei è qui?” chiese Artù, di
rimando, preoccupato, guardandosi attorno anche se non
avrebbe mai potuto vedere lo spirito della sua defunta genitrice.
“Se ti dicessi di sì, come risponderesti?”
lo pungolò il mago, prendendosi una piccola rivincita, nascondendo un
sorriso mascalzone, senza sentirsi particolarmente in colpa, vedendo il
compagno sussultare agitandosi.
“Madre?” chiamò il principe, incerto,
sondando i tendaggi del letto senza riscontri. “Madre?!”
“Sono tua madre,
Artù!” proclamò Merlino, con solennità, cercando di
imitare i modi della compianta sovrana. “E ti ordino di mangiare tutto!”
“Madre, ma…”
“Ubbidisci a Merlino, Asino!” tuonò il mago, con fin troppa enfasi che lo
fece tradire.
“IDIOTA!” ruggì il cavaliere. “Non sei affatto divertente!”
“Ahahaha!
Ma per un attimo c’eri cascato!” gongolò
il servo.
Purtroppo per lui, però, non ebbe neppure il tempo di
godere appieno di quel momento di rara soddisfazione
che, col consueto *pof!*, l’amata suocera era davvero apparsa al suo cospetto, come se fosse stata richiamata dal
loro disquisire su di lei.
“Merli-i-i-no!”
cinguettò la regina, appressandosi a loro. “Come sta il principino
della sua mamma?”
“Fa i capricci,
Maestà.” La ragguagliò, decidendo che mettere in
difficoltà l’Asino cocciuto in quel modo non era male e, anzi,
avrebbe anche potuto facilitargli il compito di nutrirlo.
“Merlino!” lo sgridò l’erede al
trono, inalberandosi e arrossendo più di quanto già non fosse a
causa della febbre.
“Ma è vero,
Sire!” gli notificò lo scudiero. “E’ mezz’ora
che tento di farvi sorbire questa minestra!”
“Appena sarò guarito, ti manderò alla
gogna!”
“Vedete, Milady? Io mi preoccupo per la sua
salute ed ecco come egli mi ripaga!”
esclamò per ripicca, a metà strada tra il querulo e il polemico,
scegliendo di ignorare i lampi di fuoco che gli occhioni
meravigliosi del suo principe emettevano.
“Oh, no. Così
non va bene…” considerò la sovrana, tamburellando
l’indice curato sulle labbra corrucciate, osservando ora il valletto, ora
la scodella, ora il figliolo convalescente.
“Vostra madre esprime la sua regale disapprovazione,
Milord.” Gli rese noto lo stregone, rimestando
la brodaglia ormai fredda, e riscaldandola poi con un incantesimo.
“Devi persuaderlo a mangiare, Merlino caro!”
consigliò la castellana, rimboccandosi la veste spettrale per
approssimarsi al letto e rivolgendosi poi direttamente al figlio.
“Apri la boccuccia, piccino mio... Il
topolino entra nella tana, ahhmmm!” lo
incitò lei, come se fosse ancora un bimbetto: “Su, fa’ aaahmmm!”
Il mago ridacchiò a quel suggerimento, mentre il
compagno lo squadrava perplesso.
“Vostra madre dice che dovete fare aaahmmm!” riassunse,
saltando la parte del topino nella tana, che a lui riportava in mente altri
pensieri che col cibo avevano assai poco a che fare.
“Eh?!” esclamò
Artù, con una faccia disgustata che manco davanti allo stufato di ratto
era stato così sdegnato.
“Credo che serva un incentivo più serio...” eccepì lo stregone, ignorando il suo
compagno per indirizzarsi alla sovrana.
“Giusto.” Convenne lei, scattando in
avanti con un insospettabile balzo felino che colse il povero servo di
sorpresa.
Artù vide Merlino ondeggiare un istante davanti a sé,
come se stesse per svenire, ma un attimo dopo era di nuovo pieno di energia e
brandiva il cucchiaio come se fosse stata un’arma.
“Abbassa il ponte levatoio, il cavaliere deve entrareeee!” lo sentì gridare, tutto
infervorato, mentre l’imboccata arrivava davanti al suo naso a passo di
carica, anzi no, al galoppo. Tanta fu
la sua sorpresa che non osò neppure muoversi e, a bocca spalancata, si
ritrovò la posata fin contro l’ugola, rischiando di farsi andare
di traverso il tutto.
“Su, tesoro!
Riapri i cancelli: sta arrivando un altro cavaliere di corsa con la lancia in
resta! Aaahhmmm!”
“Madre!” s’indignò Artù, deviando
all’ultimo istante, con la testa, la traiettoria della posata – quasi
che fosse stato un fendente mortale – afferrando il polso sottile del suo
amante, cercando di ignorare quanto
strana fosse la cosa. “Non sono così
malato da dovermi nutrire con il brodino!” protestò, sfilando
scodella e cucchiaio da quelle dita esili, posandoli
sul vassoio sopra il comodino accanto al letto, miracolosamente senza
rovesciarne il contenuto.
“Gaius dice che sei
convalescente!” sbottò lei, per bocca di Merlino, in risposta. E poi, a tradimento, si sporse ad afferrargli
le gote arrossate, mentre Artù sfoderava un nobile broncio. “Che guanciotte! Il mio tesorino! Pucci pucci
pu!”
Il principe assunse la stessa tonalità del loro
glorioso stendardo: l’onnipresente rosso Pendragon;
ma la cosa peggiore – guardando Merlino davanti a sé e quel suo
sorriso speranzoso ed ebete che tanto amava – era che non poteva neppure
mandarlo alla gogna, essendo posseduto dalla regina, e lui non sapeva come
togliersela di torno…
“Madre, ora devo riposare, sono convalescente!” eruppe, usando la stessa giustificazione
espressa poc’anzi dalla nobile genitrice.
“Ma… ma hai appena
detto che…” farfugliò lei, perplessa. “Uh, va bene, è
evidente che avere a fare con Merlino ti consuma!”
mugugnò, acconsentendo tuttavia.
Artù non fece neppure a tempo ad
esalare un sospiro di (agognato) sollievo, che nuovamente le sue gote vennero
catturate a tradimento da Ygraine e dal bacio a
schiocco che ella pretese, come saluto.
“Fai la nanna, adesso, bimbo
mio!” si raccomandò.
Ancora tutto scombussolato – perché non era normale vedere Merlino
comportarsi così, anche se lui
sapeva che non era in sé –, il principe si lasciò
stropicciare dalla zelante sovrana e, una volta (la decima volta, in effetti) che le sue coperte furono
rimboccate, sistemate, lisciate e rincalzate a dovere,
ella scomparve – finalmente
– facendo l’occhiolino, e rassicurandolo,
promettendo che sarebbe tornata presto, molto
presto – anche se in realtà suonava più come una
minaccia.
Il giovane Pendragon attese
qualche momento per essere sicuro che il suo scudiero non proferisse ulteriori,
imbarazzanti, consigli materni, ma questi sembrava solo incredibilmente
istupidito – ma non più del solito, in verità – e si
stava guardando intorno, stravolto, come se non riconoscesse il luogo o non
capisse come c’era finito.
“Ma cos-?”
farfugliò il mago, strofinandosi il viso per snebbiare la mente
inebetita.
“Mia madre.” Replicò l’erede al
trono, come se quella fosse stata una risposta completa.
Di colpo, il mago comprese il perché di tutta quella
spossatezza che sentiva addosso, della confusione che volteggiava nella sua
testa e del vago senso di sfruttamento
coatto che avvertiva.
“Lo so che ci godi un
mondo a farti usare così da lei, Merlino,” sibilò il principe, puntandogli un dito
contro, come monito “ma cerca di smetterla, o ti spedisco alla gogna per
davvero!” lo minacciò.
Il povero valletto spalancò la bocca, indignato,
pronto a ricordargli che non era certo per piacere personale che si lasciava invadere – contro il suo volere
– dalla presenza molesta di Sua Maestà, ma il nobile non gliene
diede il tempo: lo strattonò con un moto repentino (che avesse ereditato
il balzo felino di Lady Ygraine?) e se lo strinse
contro, intimandogli di coprirsi con le coltri stropicciate – che sua
madre aveva maniacalmente sistemato poco prima
– e, soprattutto, di stare zitto.
Merlino, che era veramente sfinito, non trovò nulla
da obiettare e gli si accoccolò addosso.
“Prima guariremo, e prima le cose torneranno alla
normalità.” Bisbigliò Artù, soffocando uno sbadiglio
contro la sua spalla ossuta.
Lo stregone annuì, prima di scivolare nel sonno, stretto
in quell’abbraccio familiare; e non ebbe cuore a dirgli che la regina –
in veste corporea o meno – non avrebbe smesso di perseguitarli e che, soprattutto, la normalità a Camelot non esisteva.
- Fine -
Disclaimer: I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da
parte mia.
Note: In realtà non ho
appunti da fare, se non che scrivere i nomi in
italiano è stata durissima, non ci sono più abituata! XD
Ma se qualcosa non vi fosse chiaro,
chiedete pure. ^^
(Cielo! mi
fa strano essere così sintetica!! O_O, con Linette non ci riuscirei proprio!
XD)
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Sono contenta che il capitolo, benché sentimentale
e non comico, vi sia piaciuto tanto! ^___^
Ero davvero titubante, ma il vostro parere positivo mi ha confermato di aver
fatto la scelta giusta, magari, in futuro, ne scriverò altri.
- Soprattutto, sono felice che tutti l’abbiate ritenuto IC, cosa fondamentale, per me.
- Sì, Uther ama davvero
Artù e *sa* di essere in debito con Merlino.
Mi piace analizzare questo suo lato umano, su di lui si potrebbero
dire mille cose.
- Uther ha intuito vagamente
qualcosa, anche se preferisce ignorarla, in quel frangente. E’ un
po’ come se avesse messo in stand-by il suo essere re e si fosse calato
nei panni del semplice genitore.
Un’altra cosa:
Il mio proposito buono per l’Anno Nuovo è quello di riprendere le mie vecchie fic-bozze
su Merlin, (certe sono state scritte anche 3 anni fa U_U)
e di postarle tutte, alternandole a nuove idee.
“The He
in the She (l’Essenza
dentro l’Apparenza)”
cap 52 potrebbe
arrivare sabato o domenica (casini vari permettendo).
E infine:
Ringrazio anche tutti i preferiti, da ricordare e seguiti di
questa fic, sono un bel numero e la cosa mi fa
piacere.
Spero che la raccolta possa continuare a piacervi! ^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti, consigli
e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz