Nota
introduttiva: come specificato
nella presentazione, questa storia può considerarsi
un prequel di Finché
riusciamo a rimanere in sella, una storia che ho scritto
per partecipare a due contest e che si è classificata prima
ad entrambi con mia somma gioia e immensa gratitudine verso le due
giudicie, Chu e Shadow_Soul. Può essere letta anche senza
conoscere l’altra storia, tenendo conto di questo breve
riassunto: Marlene McKinnon era una donna sposata e con due figli, che
aveva instaurato una complicata relazione extraconiugale con Gideon
Prewett, uno dei due fratelli di Molly e membro, come lei,
dell’Ordine della Fenice. I due si erano conosciuti a
Hogwarts, ma solo dopo anni si erano rivisti ed era stato proprio
Gideon, in quell’occasione, a convincere Marlene a unirsi
all’Ordine. Marlene, ora, è stata assassinata dai
Mangiamorte insieme a tutta la sua famiglia e Gideon, insieme a Fabian,
ha trovato i loro cadaveri. Nell’altra fanfiction, oltre ai
vari flashback che illustrano meglio questa trama, si assiste al
processo contro gli assassini dei McKinnon, durante il quale Gideon
rivelerà la sua relazione clandestina con Marlene di cui
nessuno, nemmeno Fabian, era a conoscenza.
La
ragione per cui sono tornata su questi personaggi e su questa trama
è essenzialmente egoistica, in quanto avevo bisogno di una
valvola di sfogo che non riuscivo a trovare da nessuna parte. Il motivo
per il quale avevo questa necessità è che una
persona a cui ero molto affezionata si è uccisa qualche
giorno fa, sconvolgendo tutti quanti, me compresa, per la totale
imprevedibilità di questo gesto. Il vuoto che mi ha lasciato
dentro è un boccone amaro, fatto di dolore,
incredulità e rabbia, che ancora non riesco a mandar
giù. Spero che comunque che la storia, per quanto scritta
soprattutto per me stessa, possa far emozionare qualcuno, anche se non
sarà di certo un racconto felice.
Un’ultima
piccola precisazione: non avendo trovato precise informazioni a
riguardo né sul Lexicon né sui libri, ho
inventato un po’ di cose di sana pianta, ovvero che nella
famiglia Prewett Molly è la maggiore, Gideon il secondo e
Fabian il più giovane. Marlene ha un anno meno rispetto a
Gideon ed è un Medimago. Nessuno di loro è
coetaneo dei Malandrini; ho immaginato che fossero circa 6-7 anni
più vecchi, giusto perché mi piace andare
controcorrente.
Buona
lettura,
S.
Ciò
che restava sul fondo
Luglio 1981
Quando
Caradoc entrò, facendo cigolare appena la porta, Gideon
finse di non essersene minimamente accorto. Non aveva potuto impedire
all’amico di passare a trovarlo per vedere come stava,
tuttavia non nutriva il minimo desiderio di interagire né
con lui né con chiunque altro, in quel momento. Era troppo
concentrato nel tentativo di svuotare la mente da tutti i pensieri di
morte e dolore che gli toglievano il sonno da giorni, concedendogli al
massimo di trovare sollievo in un incubo notturno.
“Perdonami
se non ho bussato, ma ho visto che avevi lasciato la porta
aperta.”
La voce
dell’amico gli giunse all’orecchio stranamente
ovattata, come se provenisse da un universo parallelo.
Un
universo in cui Gideon si stava svegliando di soprassalto da un brutto
sogno che ormai faceva da diverse notti, nel quale davanti ai suoi
occhi si stagliava impietosamente il cadavere di Marlene disteso sul
pavimento.
“Amico,
se non volevi che venissi qui era sufficiente dirmelo, anche se sai che
volevo soltanto vedere come stavi...”
Qualcosa
nella periferia della mente di Gideon cominciò, molto
lentamente, a richiamarlo alla realtà. Caradoc era
lì, si erano sentiti la sera precedente via camino. Era
preoccupato perché non si erano più visti dopo
quella notte; in realtà Gideon non aveva voluto vedere
nessuno, perciò non un singolo componente
dell’Ordine sapeva in che condizioni si trovasse in quel
momento il secondogenito dei Prewett. Fabian aveva parlato con qualcuno
di loro, ma per quanto fosse sconvolto e addolorato era noto a tutti
che fosse sempre in grado di mantenere la calma. Aveva rilasciato la
sua deposizione agli Auror e informato Silente con la pacatezza e la
compostezza che da sempre lo contraddistinguevano, perciò
era normale che ora fossero tutti in pensiero esclusivamente per
Gideon. Caradoc lo era in maniera particolare, perché era
legato a lui da un’amicizia che risaliva ai tempi di
Hogwarts. Erano stati compagni di Casa, compagni di Quidditch e poi
prefetti di Grifondoro. Se c’era qualcuno che poteva
affermare di conoscere bene Gideon, quello era di sicuro Caradoc.
Eppure,
nemmeno lui era mai stato testimone dello stato di annientamento e
passività totale in cui Gideon era sprofondato durante quei
giorni di solitudine. Se non l’avesse visto ridotto
così con i suoi stessi occhi, sicuramente Caradoc avrebbe
affermato che l’amico non era una di quelli che si
lasciavano abbattere completamente dalle disgrazie. Avrebbe giurato che
fosse una persona capace di reagire, rialzarsi e combattere.
Invece,
dopo la morte di Marlene, Gideon non aveva fatto nulla di tutto
ciò.
“Allora...
le cose vanno un po’ meglio?” domandò
infine il giovane Dearborn, tentando di intavolare una sorta di
conversazione.
Gideon,
intanto, pensava.
C’era
un altro motivo per cui sapeva che tutti si stavano preoccupando per
lui; ciò di cui nessuno era al corrente – nessuno,
nemmeno Caradoc, nemmeno Fabian – era che lui e Marlene non
erano stati semplici amici, come tutti ritenevano che fosse.
Li
avevano visti spesso fermarsi a scambiare due chiacchiere dopo una
riunione e monopolizzare le discussioni durante le serate alla Testa di
Porco perché qualcuno di loro due riteneva che il nuovo
disco di Melissa And
The Werewolves fosse migliore del precedente, conoscevano
tutti la storia di come fosse stato Gideon a introdurre Marlene
nell’Ordine, ma nessuno aveva mai assistito a una qualche
scena che lasciasse intendere di più. Stavano molto attenti
a non farsi scoprire – anche perché sarebbe
bastato un solo errore di distrazione affinché Marlene
decidesse di ucciderlo. Lei era sposata e non voleva essere oggetto di
pettegolezzi, sia per principio sia per troncare ogni rischio che
qualche voce giungesse alle orecchie di suo marito. Tuttavia, il fatto
che fossero più o meno amici era noto a tutti.
Perciò, pensavano che ora stesse soffrendo molto per quella
perdita, probabilmente più di qualunque altro membro
dell’Ordine.
“Gideon.”
Nel
sentirsi posare improvvisamente la mano di Caradoc sulla spalla, il
giovane per poco non sobbalzò. Completamente smarrito nelle
sue elucubrazioni, era riuscito ad ignorare totalmente la presenza del
compagno, fino a dimenticarsi che fosse lì; un comportamento
non esattamente amichevole e cordiale, del quale in fondo gli
dispiaceva. Ma non ce la faceva, non riusciva a smettere di elaborare
riflessioni, riesumare ricordi, giungere a conclusioni che portavano
tutte in una sola direzione: doveva accettare il fatto che Marlene era
morta.
“Non
mi sembra vero,” mormorò infine, sforzandosi di
dare un segno di vita. Si voltò lentamente per guardare
Caradoc negli occhi: ecco, l’amico gli stava di fronte,
reale, vivo e vegeto. Perché per Marlene non poteva
più essere così? Perché non poteva,
semplicemente, rialzarsi e tornare a svolgere la sua vita di sempre?
“Ti
capisco, è una gran perdita per tutti noi,”
rispose Caradoc, anche se il modo in cui lo guardava era strano:
sembrava quasi che stesse cercando di scorgere un barlume di
lucidità negli occhi di un delirante.
“No,
ascoltami. È diverso... è come se non fosse
successo realmente. Non riesco a rendermene conto.”
Era
proprio così che stavano le cose; Gideon non avrebbe saputo
esprimersi in maniera diversa. L’espressione di Caradoc si
fece ancora più perplessa, ma lui, inconsciamente, riprese
ad ignorarlo. Così tante volte aveva ascoltato la voce di
Marlene contrapporsi alla sua in una discussione, osservato
l’espressione spesso duramente corrucciata che assumeva il
suo viso, sfiorato con finta casualità la sua gamba coperta
dal mantello e schiacciato il corpo di lei sotto il suo desiderio;
così tante volte che, adesso, gli sembrava assurdo non poter
mai più ripetere quei gesti, divenutigli ormai abituali e
familiari.
“Mi
dispiace, davvero... non so che altro dire.”
Gideon
vide affiorare chiaramente la compassione negli occhi di Caradoc. Quasi
di sicuro si stava domandando quanto Gideon stesse soffrendo, se
esistesse un modo per alleviare il suo dolore. Certamente non avrebbe
mai desiderato trovarsi al suo posto. Per ironia della sorte, se solo
Caradoc avesse saputo cosa esattamente Marlene aveva significato per
lui, lo avrebbe commiserato molto di più.
Perché
Gideon aveva amato Marlene, forse. Non sapeva da cosa si riconoscesse
l’amore, a differenza di tutti gli altri che sembravano
essere così abili in questo, ma ciò che aveva
provato per lei era indubbiamente diverso da qualsiasi idea o
sentimento che l’avesse mai spinto verso un’altra
donna.
Perciò,
con una certa probabilità si trattava di amore, anche se la
loro storia non aveva avuto nulla di tipicamente romantico. Soltanto
due creature meschine costrette ad incontrarsi in segreto, che mai
avevano avuto il coraggio di compiere quel passo avanti che li avrebbe
portati verso una relazione più sincera.
“Non
ti preoccupare, amico, non c’è niente da
fare,” rispose infine, tentando di abbozzare un sorriso. Ed
era vero: non poteva chiedere a Caradoc di prendere consapevolezza
della morte di Marlene al posto suo.
Rimasero
seduti fianco a fianco sul letto di Gideon per un po’,
fissando entrambi con sguardo perso gli intricati arabeschi del tappeto.
“Ascolta,
lo so che è difficile, ma sforzati di guardare
l’unico lato positivo di tutta questa storia. Tu e Fabian
avete preso quei due, Travers e l’altro. Avete preso i
colpevoli.”
La mente
di Gideon tornò immediatamente a quella sera. Lui e Fabian,
prima di catturare i due Mangiamorte, erano riusciti a udire qualche
stralcio della discussione in cui erano impegnati. Uno dei due, quello
con la voce più acuta e spaventata, si era arrabbiato con
l’altro perché sosteneva che, teoricamente, non
avrebbero dovuto uccidere Marlene. Tutti gli altri – suo
marito, sua suocera, i suoi bambini – non avevano alcuna
importanza, ma lei sì. Voldemort voleva interrogarla per
scoprire dove si nascondevano Lily e James, perché riteneva
che lei ne fosse al corrente. Perciò, se solo Travers non si
fosse mai lasciato trascinare dalla sua furia omicida, al momento
dell’arrivo di Fabian e Gideon Marlene sarebbe stata ancora
viva, e loro avrebbero potuto salvarla.
Quella
consapevolezza lo schiacciò nella maniera più
sofferente che potesse immaginare; fu faticoso sopprimere
l’impulso di scoppiare in lacrime come un bambino.
“Non
avrò pace finché non li avranno condannati,
Caradoc. Voglio vederli marcire ad Azkaban fino alla fine dei loro
giorni, vedere le loro facce mentre ascolteranno la loro condanna. So
che è già tanto che li abbiamo presi, ma fino ad
allora non mi basterà.”
Caradoc
annuì silenziosamente.
“Hai
ragione, ma non temere. Abbiamo un sacco di prove che li inchiodano.
Andrà tutto come deve andare.”
Gideon di
nuovo non lo ascoltò; pensava. Pensava al fatto che, se
quelli non fossero stati delle bestie disumane, lui forse a
quell’ora non avrebbe perso Marlene, non avrebbe avuto
bisogno di farsi entrare in testa una volta per tutte il fatto che non
l’avrebbe rivista mai più, non sarebbe stato
sopraffatto dall’angoscia nel cercare di ricordare
l’ultima immagine di lei su cui aveva posato gli occhi. Il
dolore si mutò rapidamente in collera: desiderò
di poter avere davanti quei due bastardi assassini per urlare loro
contro, torturarli con incantesimi, picchiarli a mani nude. Tuttavia,
dopo un po’, anche la rabbia si esaurì;
ciò che restava sul fondo era sempre ed immancabilmente quel
senso di perdita incolmabile, che nessuno avrebbe potuto capire.
Neppure il suo migliore amico.
“Grazie
per essere stato qui. Ti prometto che mi riprenderò in
fretta,” gli disse, cercando di suonare abbastanza
convincente da poter troncare la discussione. Caradoc
scrollò le spalle.
“Non
mi devi ringraziare, lo sai.”
Gideon
non rispose, pur sentendosi in colpa per essere stato così
poco comunicativo. Sentiva di aver bisogno di stare da solo, anche se
finora non l’aveva portato a niente.
“I
funerali sono domani pomeriggio,” lo informò
Caradoc, mentre si alzava. “Ci vediamo lì,
allora.”
“Certo,”
rispose Gideon, facendo almeno lo sforzo di accompagnarlo fino alla
porta. Si salutarono, dopodiché il giovane Prewett
rientrò in casa; in pochi secondi si ritrovò
seduto sullo stesso punto del letto, dove ormai restava da giorni, in
attesa che qualcosa dentro di lui cambiasse e gli permettesse di
realizzare una volta per tutte ciò che era accaduto.
Gli
sembrava così irragionevole che il mondo andasse avanti come
se niente fosse. Qualcuno avrebbe dovuto andare in giro a scrivere a
caratteri cubitali sui muri ‘Marlene McKinnon è
morta’, così tutti si sarebbero fermati a
riflettere e sarebbero corsi ad informarsi, apprendendo così
che Marlene era stata un ottimo Medimago, un coraggioso membro
dell’Ordine della Fenice e una madre fantastica, anche se con
un matrimonio non troppo azzeccato. Tuttavia così sarebbe
stato inevitabile, prima o poi, che la loro relazione clandestina
uscisse allo scoperto e finisse sulla bocca di tutti.
E Marlene
questo non l’avrebbe voluto, per quanto le piacesse piombare
all’improvviso in casa sua e gettarsi fra le sue braccia per
dimenticare tutti i guai della sua giornata e smettere di pensare con
coerenza.
Tuttavia,
prima o poi, Gideon sapeva che avrebbe dovuto dire la verità
a qualcuno. Così, finalmente, gli sarebbe stato riconosciuto
il diritto di soffrire per qualcosa di più della perdita di
una semplice amica.
Questo,
forse, gli avrebbe recato un po’ di conforto.
*fine*
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