Eroine ed eroi-l'altra voce del mito

di Ramiza
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L'epifania di Ginevra

 

Non è che avesse smesso d'amarlo -

c'erano gli anni, i desideri, i sogni e un regno costruito insieme -,

no,

né era il tipo di donna che concede troppo alla vanità, la regina .

Era qualcosa di più insidioso,

e di più vero, forse.

 

L'aveva sentito una sera d'autunno,

poco prima dell'ora del sonno,

un'Epifania

che aveva avuto la voce di cavalieri ubriachi

ben poco cortesi così gonfi di vino e di millanterie -.

Alla cena, con i calici levati e già vuoti,

brindando,

Alla moglie d'Artù”, avevano urlato ridendo.

 

Come intontita, li osservava.

 

E nella stanza, poi, mentre le ancelle le pettinavano i capelli lunghissimi e biondi -

il crine d'una regina -

e mentre allo specchio contemplava il proprio volto e le distese dei giorni,

aveva sentito il cuore schiantarsi in petto,

e un nodo alla gola da non poter respirare.

 

Così, quando Galaot l'accompagnò da lei, lasciò che entrasse,

e intrecciò le labbra alle sue,

e seppe che la storia l'avrebbe chiamata per nome.

Tornò a respirare,

Ginevra.

 







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