Avrei Cose da dire su questa raccolta ma preferirei prima scrivere gli
altri due racconti che la compongono. Il tutto è nato da chiacchiere in
libertà con Ely (Altairattorney/Potterwatch), in cui una intonò Still
Alive nella parte "...except the ones who are dead" e l'altra rispose
pronta "...nobody ever calls the dead" e giù a ridere. L'humour nero,
poi, non manca né all'uno né all'altro canone. Da lì fu deciso: Yomiel
doveva finire nel Centro di Arricchimento, in qualche modo. Per il
momento ci è finito Jowd, nel modo più standard, a seguire Cabanela e
per l'appunto Yomiel, in un crescendo di scornate con GLaDOS.
Questo capitolo è stato scritto per il concorso Technologic indetto da
Hikari, in cui si è purtroppo trovato nella tipica situazione dello
Yomiel: solo soletto. Ma è stato apprezzato e ne sono felice^^
Tranne i morti
Gestione risorse: 100% operativa
Fantastic. You remained
resolute and resourceful in an atmosphere of extreme pessimism.
Not.
Jowd allungò una gamba e calciò il
bordo di plastica di una branda troppo piccola. Le note insistenti
della sveglia martellavano sulle sue orecchie, forzando una
meccanicità dei movimenti che spazzava in quattro quarti tutta
l'incertezza e la vaghezza comode del sonno. Sveglio, sì, era
clinicamente sveglio. Ancora. Si issò a sedere sul materasso,
cercando a tentoni la tuta da lavoro e la tazza di caffè bollente
che mani invisibili poggiavano ogni mattina sulla lamiera smerigliata
che si ostinava a chiamare comodino.
Per valori opinabili di 'mattina'. Nel
candore ossessivo del complesso, con le sue luci fredde e i suoi
vetri opachi che si aprivano solo su altri bianchi, altre piastrelle
in altre stanze, l'unica notte cui Jowd potesse aspirare era quella
che faceva calare raggomitolandosi sotto le coperte. Non scaldavano,
d'altronde i laboratori non erano freddi. Ma erano ruvide, semplici,
fisiche: lo proteggevano dai bagliori e dai ronzii che permeavano i
muri.
Ronzii, echi, ticchettii. Mai voci, non
più da giorni (decine di giorni. Molte decine). L'unica, impeccabile
variante delle sue mattine squillava da un altoparlante nascosto, con
il brio robotico di una registrazione ma una cura al dettaglio che
Jowd faticava a immaginare proveniente da un impiegato davanti a un
computer, costretto a ordinare frammenti di voce campionata a uso e
consumo di un qualsiasi soggetto sperimentale.
“Un gioviale buongiorno dal Centro di
Arricchimento di Aperture Science. Nell'ottica dello sviluppo di
un'atmosfera di trasparenza e fiducia, il Centro di Arricchimento,
nell'augurarvi un felice svolgimento dei test odierni, vi notifica
che la composizione del caffè è stata modificata. La nuova formula,
rigorosamente testata dai nostri fornitori, contiene: caffè solubile
25%, segale, cicoria, nitrato di...”
“Finché non c'è orzo sta bene”,
rispose Jowd sulla scarica statica che aveva interrotto il messaggio.
Rimestò la brodaglia e gettò uno sguardo flemmatico al soffitto,
cercando di intuire l'origine della voce ma senza nutrire particolari
speranze di successo. “Non capirò mai cosa ci trovi così tanta
parte dell'umanità, nell'orzo. Gradevole retrogusto metallico, ad
ogni modo. Com'era quella lista ingredienti?”
Ogni mattina un saluto diverso.
Abbastanza da instillargli il dubbio di poter avere un interlocutore
in mezzo a quel bianco. Nell'ottica dello sviluppo di un'atmosfera di
lasciarsi alle spalle altre ore di veglia il prima possibile, si
preparò.
“Il Centro di Arricchimento di
Aperture Science ricorda che l'uscita non è permessa fino al termine
delle procedure di collaudo.”
“L'assenza totale di porte dà
quell'impressione.” Inclinò la testa e sfoderò un sorriso. Quante
attenzioni, quel giorno. Ricambiare con cortesia era il minimo che
potesse fare.
“Il termine delle procedure di
collaudo non è tuttavia un motivo per rinunciare al divertimento e
all'apprendimento continuo offerti da Aperture Science. I cancelli
del Centro di Arricchimento sono sempre aperti per
[inserirenomeconiuge] e il/la piccolo/a [inserirenomediscendenza],
dal Tour Guidato degli Impianti a giri di prova in camere di test
appositamente predisposte.”
“Eccellente. Da bambino, anch'io
amavo le pozze d'acido.” Non che ne avesse mai viste – sentite
citare a ripetizione, ma non c'era stato un singolo pericolo mortale
nei suoi test fino a quel momento. Poteva immaginare sei o sette
motivi per cui lo stessero tenendo così all'erta, nessuno dei quali,
ovviamente, piacevole. Lo sfinimento almeno stava funzionando.
Cadde il silenzio. Jowd trascinò i
piedi lungo il corridoio, tamburellando sul rivestimento ovale del
macchinario che reggeva in mano – non sulla punta, perché la voce
non aveva mai finito di spiegare cosa succedesse di preciso agli
atomi là in cima. Proprio perché la voce non aveva mai finito di
spiegarlo. Prendere quei silenzi come il più severo degli
avvertimenti era stato forse il primo automatismo dacché era in quel
posto.
Il sorriso gli crollò di dosso appena
si sentì solo. La voce poteva permettersi di non rispondere; per
Jowd, la fine di ogni sessione di test era un obiettivo evanescente
senz'altri appigli che il qui, l'ora e il bianco. Ogni risposta era,
almeno, terreno solido sotto i piedi, una sferzata di realtà pur
rifratta da un numero di paradossi che non si curava di contare. Era
grato alla voce quando, involontariamente (sperava, sperava davvero),
gli riportava davanti agli occhi Kamila con la visceralità di un
istinto di difesa, un'esplosione di rabbia e colori e il suo sorriso
pieno sotto un fiocco troppo grande. Sfumava presto nel vuoto
asettico in cui gli sembrava che finisse ogni suo respiro, ma i
ricordi che riusciva a rivangare da solo erano stantii e sempre più
pallidi sulla tela delle pareti.
“Conformemente a un protocollo
obbligatorio, al soggetto è richiesto di selezionare un Cubo
Appesantito di Immagazzinaggio dalla serie proposta. Aperture Science
ricorda che i Cubi Appesantiti di Immagazzinaggio vengono rimescolati
ogni giorno per evitare l'insorgere di sentimentalismi nocivi alle
condizioni sperimentali.”
“Mi pare sensato.” Annuì. “Non è
certo questo che stiamo testando, in fondo.”
Che era come dire: “Mi piace il tuo
modo di dire 'prendine uno e amalo come un figlio', Voce. Ha classe.
Chiunque ti manovri deve aver studiato.” E rendersene conto è il
primo passo, dicevano là fuori: tacere per stimolare attenzione.
Negare per creare un bisogno. Promettere un'uscita per togliere ogni
speranza. Jowd passò in rassegna la fila di cubi. Ne voltò tre
calciandoli giù dal loro gradino e controllò ogni lato.
Quando ritrovò la faccetta sorridente
tinta di rosso secco e scrostato diede un colpetto di saluto su uno
spigolo, attivò il Dispositivo in Prova Aperture Science per
Trasporti Metallici che così spento iniziava ad anchilosargli il
braccio e portò Dispositivo e Cubo in spalla come un fucile fino
alla camera dei test.
Rendersene conto è il primo passo,
dicevano là fuori, ma là fuori non avevano quattro muri bianchi a
impedire tutti gli altri.
Jowd era, di natura, attento, razionale
e veloce. Non avendo in verità grandi altri progetti per le
giornate, le sue performance nei test erano attente, razionali e
veloci, significativamente inferiori ai limiti di tempo concessigli
dal programma di collaudo, anche e soprattutto grazie all'apporto del
suo aiutante. Il tempo che intercorreva fra il raggiungimento
dell'ultimo obiettivo e la chiamata a cena era il loro premio.
Trasportava C. in un angolo della
stanza, lo appoggiava avendo cura di disattivare il Dispositivo solo
dopo che avesse toccato terra, senza scossoni, e si sedeva al suo
fianco, con la schiena curva e la testa appoggiata sulle ginocchia o
carponi, un contrappunto rotondo alle forme severe del compagno.
Restavano in silenzio. Lo sentiva vicino, dopo che gli aveva fatto da
gradino e scudo e confidente. Era il loro spazio.
E si vedeva nitido, patetico,
arancione, raggomitolato accanto a sei lastre di lamiera saldate,
ovviamente vedeva ogni stringa con cui gli ordini sarcastici e
rovesci che gli piovevano dall'alto lo legavano a un pezzo di latta
appesantita creato solo per riempire magazzini in esubero e i
pensieri di soggetti sperimentali in quarantena indefinita. Non aveva
smesso di osservare, solo di combattere. Sapeva di essere stato
battuto quando Voce gli aveva detto per la prima volta di non
differenziarli dandogli al contempo in mano una bottiglia di ketchup
e sapeva riconoscere un buon gioco. A un qualche livello che andava
perdendosi, qualcosa che ricordava dal mondo di fuori offuscato e
spento, sentiva la morsa di una disillusione. Uno scopo,
un'inevitabilità. Ma C. era solido al suo fianco e comunque non
aveva l'imbarazzo della scelta: o così o solitudine assoluta fra la
grazia di una comparsa di Voce e la successiva. E perché no, in
fondo.
Fissò il pozzo rosso ai suoi piedi. La
mano destra, imprigionata nel Dispositivo in Prova Evidentemente ad
Alta Termoconduttività, bruciava.
Era sempre stato intimamente certo che
sarebbe finita così. Nella fitta di disgusto, si sentì in bocca un
retrogusto dolciastro nel potersi dare ragione. Il giorno stesso del
suo matrimonio aveva visto con chiarezza fotografica che non
sarebbero arrivati a invecchiare insieme. Prendendo il rischio di
aprirsi a un'amicizia, una e non più di una e non per sua propria
iniziativa, aveva aperto il fianco a una delusione garantita. Tenendo
in braccio sua figlia... qualcosa. Di fatto, lì dentro l'aveva
abbandonata.
Ma il Cubo aveva promesso– Voce aveva
promesso che il Cubo non– tutti promettevano. E non mantenevano.
Lui per primo. 'Eutanasia' non sembrava neanche una parola da
macchine, era una parola da persone, che si feriscono, sempre, per
regola. O era una parola da persone perché tutto funzionava al
contrario e se Voce usava una parola da persone doveva significare
che non doveva trattarlo da persona ma da macchina, ma in quel caso
si sarebbe dovuto preoccupare dell'incitamento a non preoccuparsi che
l'aveva preceduto. Un pensiero pigro e randagio si chiese se questo
avrebbe portato a una valutazione positiva sulla sua scheda in
qualche ufficio bianco dai vetri opachi, perché sì, si stava
preoccupando e sì, che questo fosse parte del test, forse l'unica
parte del test, era tragicamente ovvio da giorni.
Jowd camminò in circolo attorno
all'Inceneritore Intelligente Beta di Aperture Science, trascinando
il Cubo già come un cadavere. Spazzatura, era tutto spazzatura.
Chiuse gli occhi. Cercò il vuoto dove finivano i suoi respiri, lo
sentì fisso e solido, si ancorò a quello. Il resto, con un brivido,
smise di esistere. Quello che aveva in mano era un cubo di metallo.
Di fronte a lui, le viscere dell'inceneritore ribollivano. Aveva i
suoi ordini. Appoggiò il cubo per terra e stringendo la manica della
mano libera strofinò via il piccolo sorriso dipinto col ketchup fino
a rendere lucido il centro della faccia. Gli diede un colpetto di
saluto su uno spigolo e lo gettò nella fornace.
Nelle manciate di secondi che
passarono, fermo e vuoto e senza distogliere lo sguardo dal metallo
fuso distorto dal calore intenso dell'aria, Jowd vide la sua uscita.
Si morse un labbro. Fece un passo in avanti e l'Inceneritore
Intelligente Beta, terminato il suo compito, si chiuse di scatto.
Troppo tardi – per quel giorno. Ma i
test non erano finiti, vero Voce?
“Il processo di eutanasia è stato
completato. Analisi statistiche dimostrano che il dolore provato da
un Cubo durante il processo di eutanasia rientra nei limiti previsti
dalle norme e dai regolamenti interni dello statuto di Aperture
Science.”
Jowd prese fiato e rimase in silenzio.
L'inceneritore era il suo segreto. Se la sua supposizione di essere
in realtà ascoltato era corretta e se avesse esitato, se si fosse
lasciato sfuggire il più piccolo accenno, avrebbero potuto
carpirglielo e non poteva permetterselo.
Inoltre, prestare attenzione a ogni
parola di Voce per trovare la chiave di volta che reggesse una
risposta a tono era diventata un'abitudine. Alle abitudini ci si
affeziona. Non poteva permettersi nemmeno quello.
Il giorno dopo, trovò di nuovo il
pranzo vicino ai cubi accatastati. Di nuovo una salsa. Intinse
l'indice nel barattolo. Lo soppesò. Se lo ficcò in bocca. Mai più.
Il giorno dopo, uno dei Cubi
Appesantiti di Immagazzinaggio portava impresso un cuore.
Re: “C.”, ERANO LE QUATTRO DEL
MATTINO E MI SEMBRAVA UNA BUONA IDEA OK.
È anche spigoloso. So there.
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