- E questa?
Prospero comparve sulla
soglia del camerino di Atena con un dagherrotipo in mano: Sicorace
guardava gli astanti dalla cornice d’argento, con lo sguardo
severo che aveva quando conduceva il Cirque de Réves prima
di suo figlio. Il dagherrotipo era stato fatto nel suo carrozzone.
Nell’immagine, sul tavolo alle spalle di Sicorace ingombro di
boccette, ventagli, incensieri e anche di un serpente che si
attorcigliava attorno a una candela, c’era anche un paio di
occhiali dalle grosse lenti tonde.
Gli stessi posati, in
quel momento, sulla toilette di Atena. Lei allungò la mano
verso la toilette e tastò gli oggetti che c’erano
sopra, ma i suoi occhi rimasero fissi nel vuoto. Arrivò con
due dita alla curva della lente di cristallo, la percorse fino a
trovare la stanghetta e sollevò gli occhiali. Alle lenti
erano attaccati fili e fili di minuscole perline di cristallo.
Quando gli occhiali
ingrandirono nel riflesso i suoi occhi, le pupille acquistarono luce.
Atena si alzò con grazia e prese il dagherrotipo dalle mani
di Prometeo.
- Sì, erano
suoi.
Con l’ultimo frullo d’ali, Atena centrò
la finestra più per fortuna che per abilità:
ruzzolò sul pavimento di legno e si trasformò in
tempo per sbattere la testa contro la sponda del letto.
- Cretina.
Falco le mollò uno scappellotto in testa. Beh, almeno i
bernoccoli diventavano simmetrici.
- Ti pare il caso di uscire da sola? Mi-devi-aspettare.
Atena si massaggiò la testa e tastò la sponda
fino a trovare un appiglio resistente. Sentì la mano di
Falco che le agguantava la stoffa della tunica, sulla schiena, e la
sollevava di peso.
- E’ andata benissimo, stanotte. Ho sbattuto solo contro un
albero. E un ramo.
Atena riguadagnò il pavimento e cercò a tastoni
la porta. Sentì di nuovo i suoi piedi staccarsi dal legno.
- Ehi, ce la faccio benissimo da sola.
- Sì, certo, va bene.
Falco la prese in braccio e uscì dal carrozzone.
- Sono l’unica civetta che ha bisogno della balia per andare
in giro di notte…
- Nessuno si lamenterebbe di una simile balia, al posto tuo. E poi io
ci vedo abbastanza per tutti e due.
Raggiunsero il tendone del circo, dove i facchini avevano
già scaricato la voliera di Atena per lo spettacolo serale.
Nel sentire le voci dei gufi, la ragazza sorrise e scese dalle braccia
di Falco. Si diresse decisa verso un bubbolio più profondo
degli altri, il vecchio gufo grigio, e lo accarezzò sulla
testa. Falco prese il secchio con il mangime e fece il giro dei
trespoli.
- Le scorte stanno finendo. Vado ad avvertire Sicorace, aspettami qui,
che per oggi ne hai presi abbastanza di bernoccoli.
Atena sentì un frullo d’ali alle sue spalle: Falco
doveva essersi trasformato. Lei si sedette con il gufo grigio
sull’avambraccio.
Aspettare là, da brava civetta cieca.
Fu sorpresa di sentire la voce di Sicorace che si avvicinava alla
voliera, però non accompagnata da quella di Falco. La maga
stava passeggiando assieme a qualcuno che aveva una cadenza di passi a
lei sconosciuta.
- Vede? Li chiamano “Luce degli Occhi”. Me li ha
venduti quel tipo di Portobello Road, quello che di solito tiene poco
più che ciarpame. Però le lenti di questi sono
autentiche, guardi la sfumatura violetta. Se stipuli un patto con loro,
ottieni la vista dei cento uccelli che hanno donato gli occhi per
forgiare i cristalli. Me li ha dati in cambio di un biglietto per lo
spettacolo.
Cosa?
- E a cosa servono?
- A vedere. Vedere molte cose, signor Thompson.
Il tale signor Thompson dal passo sconosciuto si ammutolì
dopo la risposta ambigua. Del resto non è facile parlare con
i maghi, ti confondono anche le cose facili. Alla fine l'uomo si decise
per una risposta neutra.
- Faranno un figurone sullo sfondo del dagherrotipo, signora.
Altro che sfondo.
Atena accarezzò le piume del gufo, immaginando di poterle
vedere nel loro grigio, oltre che sentire quanto fossero morbide. E
vedere il tendone, la luna, Sicorace, Falco.
- Scordatelo, Atena.
- La fai facile tu, che vedi un topino a un miglio di distanza!
- Io so solo che non è mai una buona idea giocare con cose
piene di magia.
- Un istante solo…
- Non c’è niente di così importante da
vedere.
- Nemmeno te?
Il carrozzone della maga era vuoto. Gli unici suoni erano dei borbottii
provenienti da alcune ampolle e il tin-tin di una campanella appesa
alla finestra.
Falco la accompagnò su per la scaletta, sul pavimento
coperto da un tappeto soffice.
- Aspetta qui.
Le lasciò un attimo la mano, attimo in cui Atena
provò a concentrarsi solamente sulla sensazione soffice del
tappeto sotto i piedi. Sentì di nuovo la mano grande di
Falco e qualcosa di freddo e liscio che le veniva messo in mano. Gli
occhiali di Sicorace.
Strinse tra le mani tremanti il cristallo freddo e le astine.
Inspirò e alzò il viso nella direzione in cui, lo
sapeva, Falco la stava guardando. Sentiva il suo respiro agitato che le
arrivava in viso.
- Bene.
Chiuse gli occhi e inforcò gli occhiali.
Alzò le palpebre.
Colori? Erano quelli i colori? Colori cattivi, le
suggerì qualcosa.
Era in un bosco di alberi secchi, alberi
cattivi.
Il terreno era percorso da crepe da cui uscivano sbuffi di fumo, come
se solo una scrosta sottile la separasse dal cratere di un vulcano.
Davanti a lei c’era una figura nera, alta, che si stava
avvicinando a grandi passi. Perdeva pezzi. No, non pezzi: pozze di
liquido nero, grosse gocce dense e oleose che si staccavano,
trascinando con sé delle masse nere. Quando fu a pochi
passi, allungò un braccio nero verso di lei, un braccio
piumato.
Atena gridò.
Il braccio era fatto da cadaveri di uccelli, attaccati fra loro da
sangue nero e vischioso. Ciò che cadeva a terra erano
cadaveri che non riuscivano a restare attaccati al resto del mostro.
Atena si ritrasse, fino a sbattere la schiena contro uno degli alberi
viola. Uno sbuffo di fumo illuminò la faccia
dell’abominio. Tra le piume e i rivoli di sangue nero, una
faccia umana la guardava con gli occhi rossi e le labbra spaccate.
- Ti piace quel che è uscito dalle tenebre, civetta?
Falco tremava, la bocca tirata in un sorriso speranzoso e nervoso allo
stesso tempo. Trattenne il fiato nell’istante in cui gli
occhi di Atena si illuminarono di giallo, dietro le lenti.
L’urlo che lacerò il silenzio gli
arrivò come una freccia. Atena barcollò in avanti
e rovinò sul tavolo di Sicorace. Le boccette di vetro
caddero a terra, i liquidi colorati rilasciarono vapori che si
contorsero e plasmarono: la stanza fu invasa da farfalle, lucertole e
serpenti.
Falco si slanciò verso Atena e le strinse i polsi tra le
mani.
- Calma, calmati!
- No, non è così! Non devo vedere voi, VIA!
Falco, Falco!
Atena si divincolò e fendette l’aria con le
braccia. Altre boccette finirono in terra, assieme ai tomi di magia
dell’incantatrice. Atena aveva le braccia ferite dalle
schegge di vetro ed era scossa da tremiti sempre più
violenti. Sbattè contro lo spigolo del tavolo e cadde in
terra, sopra i vetri e i liquidi. Nella caduta, gli occhiali le si
sfilarono dalle orecchie e finirono in mezzo al resto dei cocci. Una
delle lenti si incrinò, con i serpenti di fumo che le
strisciavano addosso, impazziti. Sotto gli urli di Atena, Falco
sentì un lamento stridulo: la lente rotta si sciolse in un
magma di colori e si riversò su tutto il pavimento. Qua e
là emergevano figure indistinte, che mandavano un lamento e
poi si fondevano di nuovo col resto. Il magma sfrigolò sul
pavimento, poi evaporò. In mezzo ai cocci fumanti rimase
solo la montatura d’argento.
Atena piangeva, con le unghie conficcate nelle guance. Le piume del suo
vestito erano sgualcite dai liquidi colorati e sporche di sangue.
- Atena, piccola mia…
Falco la abbracciò e vide con sollievo che non faceva
resistenza. I suoi occhi erano tornati spenti. Atena sollevò
le braccia tremanti e si coprì il viso.
- Non voglio vedere, non voglio vedere più niente…
Le prese delicatamente il polso fra pollice e indice: le schegge
conficcate nel braccio formavano tanti rivoletti rossi sulla pelle
bianca. Li tolse uno ad uno e poi la cullò finché
non sentì che il tremito si era fermato.
Fu così, abbracciati in mezzo ai cocci, che li
trovò Sicorace.
- Oh, sciocchi pasticcioni.
La maga si stava rigirando fra le mani la montatura d’argento.
- Giocare con la magia, ragazzini avventati! Come se aveste a che fare
con le lenti di vetro con che si danno ai bambini. E tu smettila di
tremare, frignona. Hai avuto solo quello che ti meritavi.
Atena trattenne il singhiozzo successivo.
- Sapete quanti spiriti avete fatto arrabbiare in una sola serata? Non
ne posso più delle loro urla stridule.
Sicorace aveva steso davanti a sé una pergamena e teneva in
mano una lunga piuma nera. Atena teneva la testa bassa, sprofondata
sulla poltrona di velluto. Falco le accarezzava la mano.
- Pegno di materia, pegno di dolore, pegno di perdita. Questo
è ciò che gli spiriti mi hanno chiesto da voi
due. Pegno di materia per il cristallo in frantumi, pegno di dolore per
il sangue versato, pegno di perdita per il furto commesso.
Il pegno di materia è il compito del contratto: rubare gli
occhi di cento uccelli che plasmeranno i nuovi cristalli. Il pegno di
dolore è la durata del contratto: una lacrima per ogni
giorno, un giorno per ogni goccia che avete rovesciato. Il pegno di
perdita è il castigo del contratto: Atena, potrai mutare in
forma umana solo di notte. Tu, Falco, di giorno. La civetta
aprirà gli occhi con il buio e il falco con la luce.
Atena sussultò nel sentire l’ultimo vincolo del
contratto. Falco le strinse un po’ più forte la
mano e si schiarì la voce, prendendo coraggio.
- Se sarà così, puoi chiedere agli spiriti che
almeno siano gli stessi occhi?
Sicorace guardò il ragazzo da sopra la pergamena.
- Non sei nella posizione di avanzare richieste, Falco.
- Lo sto chiedendo a loro, non a te.
La mano che reggeva la piuma nera si mosse da sola: cancellò
una frase dalla pergamena e la sostituì con
un’altra. Le lettere brillarono come fossero fatte di fuoco,
prima di fissarsi sul foglio. Sicorace lesse la nuova frase.
- Gli spiriti hanno accettato la tua proposta. Il nuovo pegno sono i
tuoi occhi, Falco, occhi di mutaforma che vedono cento volte lontano.
Forgeranno i nuovi cristalli, che apparterranno sia a te che ad Atena.
Sigillo del pegno, gli occhiali d’argento che tanto
desideravate, perché vi siano di monito. Accettate?
Falco annuì subito, Atena dopo, quasi impercettibilmente.
- Trasformatevi.
Quando i due rapaci si posarono sulla scrivania, strappò a
ognuno una piuma e ci soffiò sopra: le due piume si
illuminarono e vergarono i nomi dei loro proprietari in fondo alla
pergamena.
Il foglio svanì in una nuvola di fumo viola.
L’ultimo
spettacolo era sempre quello della donna col vestito di piume e i
grandi occhiali tondi.
Lasciava che i suoi
rapaci volassero per la sala, chiamava i bambini dal pubblico e metteva
loro un bracciale di cuoio. I bambini notavano sempre che gli occhi
della donna, dietro le lenti tonde, erano gialli come quelli della
civetta bianca che si stava posando sul loro braccio. Accarezzavano le
ali morbide e, se una piuma restava fra le dita, la vedevano
sciogliersi come fosse fatta di ghiaccio.
La donna piumata posava
poi la civetta su un trespolo, assieme agli altri gufi, e faceva un
inchino.
- E’ tempo di
andare a dormire: c’è troppa luce per le creature
notturne.
Due gufi reali
afferravano nel becco un telo argenteo e coprivano i trespoli. Il telo
si increspava come un liquido. Dopo il suo passaggio, rimaneva un unico
trespolo davanti alla donna piumata, il trespolo di un falco
incappucciato. La donna piumata gli dava un bacio sulla testina,
liberata dal cappuccio di cuoio, e lasciava che spiccasse il volo sopra
la platea.
Allora il falco si
ingigantiva a vista d’occhio: lasciava dietro a sé
una scia di piume brune, che vorticavano per il tendone.
Sulla sabbia
dell’arena, infine, si posava un uomo.
La donna piumata gli
andava incontro. Dalle prime file i bambini vedevano che la sua guancia
era solcata da una riga umida. La goccia alla fine della riga, con un
baluginio, cadeva e si incastonava sulla fila di perline di cristallo.
L’uomo-falco
baciava la donna in un turbinio di piume brune e grigie. Un attimo
dopo, già la luce dell’alba entrava dalle fessure
del tendone, reggeva sul braccio una piccola civetta grigia.
Degli occhiali tondi,
caduti a terra, non rimaneva che una montatura argentata e file e file
di perline.
La tana di
Otto
Oh, e finalmente questa storia può avere delle
note in fondo!
L'ispirazione della storia (ma era abbastanza evidente) viene dal film
"Lady Hawk": ricordo che da piccola mi piaceva un sacco. Qui la storia
si conclude in modo più agrodolce che nel film, ma il pegno
di Atena prima o poi verrà pagato del tutto.
Per i nomi: Sicorace è la strega che abitava l'isola de "La
Tempesta" di Shakespeare prima che arrivassero Prospero e sua figlia.
Mi pareva una bel nome per la madre del nostro illusionista preferito.
Atena è, ovviamente, per la dea, che ha come animale
protettore una civetta.
Data la cancellazione, rimetto qui le bellissime recensioni che mi
avete lasciato. Risponderò in MP e intanto vi ringrazio
moltissimo!
Dragana [Contatta]
09/02/12, ore 20:11
Probabilmente, questa è la storia del concorso che mi
è piaciuta di più. È una storia
d’amore molto classica, un po’alla “Lady
Hawk”, che mostra come un cliché diventi originale
e godibilissimo, quando è ben sfruttato. È una
storia in cui succede qualcosa, il ritmo è serrato, trascina
nella vicenda.
L’input del concorso era “il circo
magico” e tu hai messo, beh, un circo magico. Artisti che
fanno un numero fantastico e vividamente descritto, i due amanti che
pasticciano con la magia senza saperla usare e, come da tradizione, chi
sbaglia paga pegno, la visione di Atena con quel mostro che
è seriamente pauroso.
L’amore tra i due protagonisti non è mai
sbrodolato, viene mostrato dai loro gesti, dai loro desideri, dalle
loro azioni. I personaggi sono perfetti: Falco innamorato che vuole
dividere i suoi occhi con la civetta cieca, Atena (il nome è
una chicca, complimenti) che riesce ad essere tenera e affascinante
contemporaneamente, Sicorace perfetta nella sua indignazione da vecchia
strega.
Menzione d’onore anche agli oggetti descritti: gli occhiali
tondi, il mantello di piume, gli oggetti sul tavolo di Sicorace; tutti
dettagli che trasportano il lettore nell’atmosfera.
Complimenti, davvero.
Shinra [Contatta]
10/02/12, ore 00:00
Una storia bella, turbolenta, che ti smuove qualcosa dentro. La
definirei agrodolce, perché purtroppo non riesco a spiegarmi
meglio di così. I personaggi un po' imbranati sanno come
farsi amare, con la loro ingenuità e i loro errori fatti con
tutta la buona intenzione di questo mondo. Stilisticamente parlando, mi
è piaciuta l'alternanza dell'ordine temporale degli eventi;
per quanto riguarda il contenuto, devo ammettere che all'inizio il mito
del potente artefatto mi era sembrata una cosa banale, ma poi mi sono
dovuta ricredere. Hai avuto la bella e geniale idea di fondere la
storia con quel bellissimo film, fusione che ti è riuscita
benissimo e per questo ti faccio i miei complimenti. Nel finale sembra
quasi di trovarsi dentro una favola. Un amore osteggiato che ti
scioglie il cuore.
ursuspov [Contatta]
10/02/12, ore 14:12
Mi è piaciuta. Il racconto è concitato, richiede
un minimo di attenzione al lettore per capire che cosa stia succedendo,
ma ripaga anche il più distratto dei lettori con dei momenti
di grande visionarietà. Oggetti e figure prese dal mondo
reale vengono riassemblati per trascinare il lettore in un mondo
straniante, strano ma concreto, palpabile. Un plauso anche alla
rappresentazione dei personaggi, nonostante la composizione sia molto
breve, i loro caratteri sono subito forti e ben delineati.
Lady Selvaggia [Contatta]
11/02/12, ore 11:45
Molto bella questa storia. Anche se molto drammatica: due amanti uniti
e divisi per sempre che lavorano con i volatili loro simili. Mi
incuriosiva il titolo che mi ricorda quello di una canzone che mi piace
molto e anche la tua storia è stata molto bella. Mi
è piaciuto anche l'idea del contratto magico che hanno
stipulato, è resa molto bene la magia che richiede. Sto
leggendo diverse storie in questi giorni e un po' per volta
lascerò i commenti a quelle che mi hanno colpito. La tua
è tra queste: bravo/a!
vannagio [Contatta]
15/02/12, ore 19:22
Questa storia mi è piaciuta tantissimo. Non so da dove
cominciare a commentare, davvero.
Innanzi tutto, sono stata letteralmente rapita dall’atmosfera
magica e misteriosa che sei riuscita a costruire intorno ai personaggi.
Bellissima anche l’ambientazione circense (sembra scontato, e
invece scarseggia tra le storie di questo concorso), soprattutto ho
adorato la descrizione del carrozzone in cui vive la maga Sicorace: ho
notato una grande attenzione per i particolari, come il dettaglio del
serpente attorcigliato intorno alla candela, ad esempio.
I personaggi sono vivi e caratterizzati in maniera splendida.
Credo sia la prima volta che mi affeziono a un pairing in
così poco tempo: Falco e Civetta sono struggenti, teneri,
buffi e romantici tutti in una volta. Per non parlare poi di Sicorace!
Mi ha ricordato la tipica figura materna burbera e severa,
perché il modo in cui si rivolge ai due innamorati
è quello di una mamma che deve rimediare al pasticcio
causato da due bambini pestiferi.
La parte introduttiva e quella conclusiva danno un tocco fiabesco a
tutto il racconto, rendendolo ancora più misterioso e
accattivante.
Inutile dire che la conclusione mi ha lasciata con un magone grande
così.
Ottimo lavoro.
fila [Contatta]
15/02/12, ore 20:28
Questa storia in due tempi mi è piaciuta da impazzire. Il
circo è quello del capitolo letto in anteprima, ma non
proprio.
E' quello terribile del passato, dove due giovani innamorati fanno
pasticci con la magia; è quello più gioiso del
presente, dove i bambini tornano a casa più forti e
coraggiosi.
Mi è sembrato di assistere a due storie che alla fine
coinfluiscono in una sola: l'horror e il romantico.
I due personaggi Falco e Civetta sono dolcissimi e molto ben
caratterizzati: lei, cieca, vorrebbe poter vedere il suo amato; lui,
felice anche solo di poter badare a lei, farebbe qualsiasi cosa per la
sua Civetta (ma in fondo l'idea che lei lo veda non gli dispiace).
Hai ben descritto sia l'incubo, sia la magia di compensazione fatta
dalla maga Sicorace, sia lo spettacolo del circo del presente.
Devo ammettere di aver adorato la tua storia anche per il richiamo al
film "Lady Hawke" che è stato il primo film in assoluto che
ho posseduto in videocassetta. L'idea è simile ma molto ben
personalizzata e integrata nella tua storia.
Il tuo stile di scrittura è molto chiaro e scorrevole e
rende veramente piacevole leggere la storia. Mille complimenti.
lilith_91 [Contatta]
15/02/12, ore 22:49
Ciao,
credo che questa sia la storia che per il momento mi ha colpita di
più. All'inizio pensavo che fosse abbastanza strana per il
tema del concorso ma poi mi sono ricreduta. Hai una fantasia immensa!
la storia è bellissima e tristissima al tempo stesso.
Sopratutto la scena finale mi ha quasi fatta piangere, questo scambio
di ruoli e la consapevolezza che non potranno stare insieme entrambi in
forma umana mi ha molto toccata. Complimenti
|