The entertaoner pianist
Rhapsody of notes
-Capitolo
1: The Entertainer’s pianist-
Vuoto.
Nulla.
Il bianco etereo del vuoto riempiva tutto.
Silenzio.
Improvvisamente. Un suono! Come una magia, come a voler
rompere il vuoto.
Una nota pura, una goccia di pioggia che cade nel deserto.
Un’altra nota risuonò nell’aria. E ancora, come all’inizio
di un temporale, sempre più note, come gocce di pioggia continuarono a rendere
tutta l’atmosfera magica.
Sembrava come se un sottile velo scivolasse su quei magici
tasti!
Le note continuavano a incantarmi, ero ormai stregato dalle
mie mani che sfioravano i tasti da sole, io le guardavo solo, stupefatto
dall’alto, e ogni tanto buttavo l’occhio sui martelletti che come per magia
solleticavano le corde.
Ero affascinato da quella magnificenza di suono che poteva
creare solo uno strumento, sembrava come se di fronte a me ci fosse un’intera
orchestra.
Ma ecco che le mie mani suonarono i tasti sbagliati, e come se si fosse rotto
un vetro, con il suo solito Crash! ,tutta la magia della musica si ruppe in un
solo istante.
C’era sempre quella seconda parte dell’Entertainer che mi dava problemi. Quel
pezzetto che mi faceva sbagliare le note. Quel giro di accordi con la mano
sinistra che mi aggrovigliava le dita.
Ma io non mi scoraggiavo, e continuavo a provare aggiungendo
qua e là le mie modifiche al brano.
Ed ecco che ormai ero alla fine e come di consueto volli
fare il mio gran finale.
Ecco un glissando! Un accelerando! Ecco che le mie mani rimbalzano da una parte
all’altra del pianoforte! Ero suggestionato da tutta quella complessità di
movimenti. Ecco l’ottava di do, poi quella di sol a scendere poi quella di mi ,
poi di nuovo quella di sol e per finire quella di nuovo di do, accompagnata da
un glissando discendente della mano
destra! E di seguito l’accordo di do di
chiusura!
Era emozionante tutta quella parte finale in cui mi
sbizzarrivo con le modifiche.
Ma allo stesso tempo era molto stancante. Ora ci voleva
proprio qualcosa che mi rilassasse. E così decisi di suonare un toccante e
sensibile “Chiaro di luna” di Beethoven. Tutte le volte che lo suonavo ero ad
un passo dal piangere. Era così commovente!
Le note che si sentivano pochissimo, ma che riuscivano ad
arrivare negli angoli più remoti del cuore di chiunque l’avesse ascoltata.
Era una musica che arrivava direttamente da dentro di me.
Musica e magia, musica e anima, musica e sentimenti.
Il Chiaro di luna era un pezzo stupendo, quella delicatezza,
tutta quell’espressività che era trasmessa, io spesso la suonavo al buio con
solo una fievole luce che illuminava lo spartito, in modo da creare l’atmosfera
perfetta.
Così intima e romantica.
Tutte quelle note che si susseguivano e facevano vagare la
mente in un altro mondo, erano come delle sirene che con i loro canti mi
ammaliavano.
Ed io rimanevo incantato sentendo quella musica così dolce.
Potremmo dire che era ormai droga per le mie orecchie, l’unico modo per
esprimermi del tutto, e il nutrimento per il mio cuore.
In qualsiasi momento bastava la musica per farmi dimenticare
tutto, sofferenza, dolore, qualsiasi cosa!
Ma ecco che arrivavo al terzo movimento, era come un uragano
che ti travolge in un attimo, ma questo era un turbinio di emozioni.
Ogni nota ti faceva sentire il cuore in gola. Il cuore
iniziava a palpitare. Le mani scivolavano su quei tasti trasmettendo tutta la
mia anima.
La sensazione che provavo suonando con tutta quell’impulsività
era indescrivibile.
Mi faceva sentire come in un altro mondo, dove nulla esisteva tranne me,
il pianoforte e quei magici tasti, con i quali potevo creare un'infinità di
musica, pur essendo solo 88.
Una moltitudine di note che si alternavano, creando un gioco
d’immensa bellezza.
Le dita giravano e rigiravano su quegli arpeggi che mi
facevano sempre passare un brivido lungo tutta la schiena.
Era la cosa più espressiva che avessi mai suonato.
Tutto il mio spirito era
trasmesso a quei martelletti, che con quell’appassionante emotività sfioravano
le corde.
Sembrava come se tutte le parti del pianoforte stessero
ballando quella musica così coinvolgente.
Non potevo fermarmi!
Le lacrime m’iniziavano a scendere giù dagli occhi, e lucide
come perle, si infrangevano contro quei tasti che danzavano in un vorticoso
valzer.
Ecco che subito un'altra lacrima seguì la precedente!
Scese lungo il mio viso fino a scivolare e cadere sui tasti.
Quel pezzo era tutta la mia anima!
E alla terza lacrima, il mondo sparì come se nulla fosse mai
esistito.
Pian piano la
tempesta portata da tutte quelle note, si stava calmando, e come un’onda che si
è infranta sulla spiaggia, si ritira, così dolcemente quelle magiche note
andarono sempre più affievolendosi con un lungo e sentimentale arpeggio finale
che si concluse con solo due accordi che però sprigionarono in loro tutta la
tensione caricata in ogni parte del pezzo. Due soli accordi per terminare tutto
quel turbinio di passione che mi aveva pienamente coinvolto.
Sollevate le mani da quei tasti, rimasi per qualche minuto
sbigottito da quella perfezione che era la musica.
Non avevo proprio parole per descriverla!
Era tutto così bello, ma al contempo molto stancante!
Stancante perché in tutte quelle note mettevo tutto me
stesso, era come se mi fondessi in un tutt’uno con la musica; io ero lì ma
nello stesso tempo la mia mente vagava, ed immaginava luoghi fantastici. Quello
era il mio unico modo per viaggiare quando volevo estraniarmi da tutto il mondo
che mi circondava.
Spesso perdevo completamente la concezione di dove mi
trovassi e del tempo che passava. La mia mente rimaneva stregata da tutta
quella dolce melodia che mi risuonava in testa allietandomi ogni mio pensiero.
E, infatti, ormai si era fatto tardi! Cavolo dovevo ancora
farmi tutto greco per il giorno dopo!
Così, rimisi il copri tasti, e chiusi il pianoforte. Mentre
mi dirigevo verso la mia camera, accarezzai dolcemente il mio più fidato
compagno di viaggi.
Mi dispiaceva davvero lasciarlo lì senza che nessuno gli
solleticasse le corde con grazie ed eleganza.
Ma ecco che arrivato in camera mia un nuovo ostacolo si
metteva tra me e il greco: Facebook! Non c’era mai una volta che appena passando
davanti al computer, non mi mettessi solo per qualche minuto a controllare le
notifiche, poi quei pochi minuti diventavano una mezz’oretta se non di più.
Finì che si fecero le undici, ed io non avevo nemmeno sfiorato
il libro di greco, decisi così, che l’indomani mi sarei svegliato presto per
fare le frasi di greco che aveva assegnato la professoressa ben una settimana
prima.
Quella notte feci un sogno bellissimo: sognai di stare in
riva al mare, con l’acqua che mi solleticava i piedi, mentre suonavo un dolce
valzer, che mi rendeva felice, sembrava che le pure le onde danzassero seguendo
il tempo; le note delicate che rimbalzavano qua e là sembravano la dolce spuma
del mare. Era bellissima quella scena! Improvvisamente però, mi ritrovai sul
tetto di un grattacielo, e l’unica cosa che suonarono le mie mani fu un
ragtime, teso, che faceva sembrare come se da un momento all’altro sarei
scivolato giù da quel tetto!
La paura saliva! Il grattacielo si stava inclinando! Ed io
con il pianoforte stavo scivolando, e all’improvviso caddi da lì sopra e mentre
piombavo nel vuoto, tutto si spezzettava, i tasti volavano via! Ma quel volo
nel vuoto non finiva mai!
Era un incubo!
Così mi svegliai subito di botto!
Buttai l’occhio sulla sveglia, erano le sei, ed era meglio
se iniziavo a fare greco.
Ci misi un’ora a fare tutte quelle frasi. Che cosa lunga.
Quando poi chiusi tutti i libri, vidi che erano già le 7:10 ed io dovevo
assolutamente prepararmi perché sennò avrei perso l’autobus.
Così di corsa mi preparai e correndo mi diressi verso la
fermata dell’autobus; feci appena in tempo ad arrivare lì che ecco che passò.
Amavo sentire durante il traggito le più belle opere dei miei compositori
preferiti e così ogni volta m’incantavo a sentire Gershwin, o Rachmaninoff, o
Joplin o Chopin.
Comunque ancora non mi sono presentato, mi chiamo Fryderyk,
ho quindici anni e come avete potuto ben intuire frequento il liceo classico.
Intanto però mi sto preparando per entrare al conservatorio. Amo follemente
suonare il pianoforte ma so anche suonare il violoncello, un altro strumento
che amo tantissimo. Nel tempo libero oltre a suonare leggo gli spartiti per
orchestra, sono affascinato da come un’orchestra possa rendere in tuta la sua
pienezza la musica. Il mio sogno, anche se credo sia irraggiungibile, è
diventare un direttore d’orchestra. Ma lasciamo correre le mie ambizioni
impossibili. E ora vi voglio raccontare tutta la mia storia e la mia avventura
tra miliardi di magiche note.
Continua…….
Nota dell’autore:
Sono felice di aver ritrovato l’ispirazione per scrivere una
nuova storia che rispecchi un lato di me,
ma soprattutto che non mi faccia passare guai come mi aveva fatto
passare la precedente -.-
Spero comunque che vi piaccia perciò recensite in tanti
grazie ;D
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