Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** Believe [no tears left under the sky] *** Capitolo 2: *** No leaves on the ground [red and burnt grass] *** Capitolo 3: *** Cry is only a mode [having the rain inside] *** Capitolo 4: *** Until the day I'll die [any rock you can see] ***
Capitolo 1 *** Believe [no tears left under the sky] ***
Ho cominciato una Itachi/Sasuke e devo dire che quasi non ci credo
Ho cominciato una Itachi/Sasuke e
devo dire che quasi non ci credo. In effetti ho anche
un progetto per una Sasu/Saku, ma la precedenza a questa, solo per il mio amore
parmenidiano.
Ora, è una storia a tematica leggermente shonen-ai, e il
raiting è per forza R, le
avvertenze… nessuna, direi. Generi: romantico,
malinconico, dark.
La fanfic non è a scopo di lucro e i personaggi non mi appartengono.
Un paio di note introduttive, che non fanno mai male.
L’analisi dei due protagonisti sarà approfondita, ma non credo che lo sarà
altrettanto il loro legame. Ho intenzione di sviluppare altri personaggi, of course.
Rimango ancora abbastanza ignorante su Naruto e il suo
mondo.
Ma piano piano progredisco, abbiate fede. Prima o poi ce la farò.
Below The
Tree
Believe
[no tears left under the sky]
First Act
Settembre
era passato, e con lui anche l’estate.
Lui
aspettava.
La luce, l’ombra, il dolore, la
passione…?
Lui
aspettava.
Le foglie
gli erano praticamente cadute sulla testa, tanta era stata la sua immobilità.
Ad ogni
modo, nessuno, di questo era più che sicuro, sarebbe venuto a toglierle dai
capelli neri, dandogli una spinta per farlo svegliare.
Ci sei, Uchiha?
Pensi di poter fare qualcosa, oltre
quello che fai già?
Io aspetto.
Non faccio niente, solo, aspetto.
Si era
fatto divorare l’anima, in cambio di quelle lacrime nere che rappresentavano
potere e perdizione. Anche questo era niente?
Niente se confrontato con quello che suo
fratello poteva concepire con un unico penetrante sguardo.
Itachi.
Itachi Uchiha.
Poteva
sembrare strano ma un tempo avevano condiviso la
parvenza di un legame.
C’erano
state frasi a spezzare il silenzio, qualche notte, o pause dense come nevischio
che avevano significato tanto, per quel ragazzino timido ed introverso che [lui] era stato in passato.
Itachi.
Itachi che
lo aveva aiutato nei suoi primi movimenti. Goffi, impacciati, movimenti di un
ragazzino eccessivamente gracile che
non poteva far altro che osservare suo fratello.
Itachi.
Che era
suo fratello.
Che
tornava sempre illeso da ogni viaggio, sempre più forte, mentre lui rimaneva
costantemente proiettato verso il basso, incapace di raggiungerlo.
Lui.
Cosa aveva
fatto, lui?
Lui,
secondogenito benvoluto. Se Itachi era forte e
solitario, lui avrebbe dovuto essere tale. Ma era debole. E nemmeno simpatico,
o carismatico, o dolce, o… qualcosa.
Io aspetto.
Non faccio niente, solo, aspetto.
Ho venduto la mia anima per lui, e
lui non è mai venuto a riscattarla.
I suoi occhi scuri, densi, si alzarono fino alla linea del
tramonto. Si tirò in piedi lentamente, poggiandosi sulle mani. Faceva freddo,
lo sapeva, la nebbia concentrata a grumi andava sparendo rapidamente, e la
natura era pronta all’autunno.
Ma allora, perché non sentiva niente?
La tua anima, Uchiha.
La tua anima galleggia sospesa e non tornerà.
Non puoi afferrare
quello che hai così impunemente venduto, lo sai, vero?
Perché aspetti fermo,
allora?
Io aspetto.
Non faccio niente, solo, aspetto.
Ho venduto la mia anima per lui, e
lui non è mai venuto a riscattarla.
Per questo, aspetto qui. Perché io
voglio bene a mio fratello, e lui mi vuol bene.
Verrà.
Si stava bene, avvolti nella tiepida realizzazione di
dover costantemente vivere senza nulla di cui effettivamente preoccuparsi;
nemmeno il sentir freddo poteva scalfirlo.
Quasi che Orochimaru gli avesse portato via l’anima solo
per farlo resistere di più, e aspettare.
Si allontanò a passi circospetti dall’albero – come se
farlo significasse quasi tradirlo,
tradire tutto quel tempo che era passato, mentre aspettava – e continuò a voltarsi,
a intervalli regolari. Ma sotto l’albero c’erano solo le foglie che
imperterrite continuavano a cadere, senza far alcun rumore.
Quando finalmente si inoltrò dentro il bosco della Morte
[è qui, lo so, qui che ho detto addio
a tutto]
sentì come un filo che finalmente si
fosse rotto, spezzato. Lo stava lasciando indietro, scientemente, anche se la
sua forza di volontà traballava ad ogni passo, minacciando di tradirlo.
Resta saldo e non
succederà niente.
Resta saldo e lui
sparirà dai tuoi sogni, dai tuoi incubi, dalla tua realtà.
Si fermò. Inutile negarlo, non era pronto a fare quel
passo – quei passi –, né credeva che lo sarebbe mai stato. Voltò il suo corpo
[la mia mente è sempre rimasta lì]
e tornò indietro, sempre più leggero ad ogni falcata.
A metà strada, si fermò di nuovo.
Negli ultimi anni non era stato l’unico ad aspettare, si
rese conto. Naruto, stanco, aveva preso la sua strada, e Sasuke non credeva che
l’avrebbe mai più visto a Konoha.
“- Sasuke, devi smetterla di
comportarti così! –“
“- Sasuke, usciamo a mangiare dei
ramen…? –“
“- Sasuke, non capisci che è troppo
tardi per tornare indietro? –“
“- Sasuke, lui non tornerà. –“
“- Sasuke, smettila. –“
“- Sasuke, basta. –“
“- Non capisci che Sakura sta
soffrendo? –“
Sakura, Sakura Haruno che aveva promesso di seguirlo
qualora fosse stato il caso. Che si era innamorata di lui e a quanto ne sapeva,
non aveva mai smesso di amarlo.
Lui aspettava, e così faceva anche lei.
Povera Sakura.
Rovino la mia vita, e
rovino la sua.
Ad aspettare sotto quel albero non era mai stato solo,
Sasuke.
Per questo a dieci metri dalla quercia si era fermato,
volgendo lo sguardo su Konoha. Là, a sud, ai margini della radura, c’era un
piccolo gruppo di case. Case che erano l’inizio del suo villaggio. La prima
casa verso nord era la dimora della strega del villaggio della foglia.
Era la casa di Sakura Haruno, che da
quando aveva sedici anni aspettava insieme a lui, nel silenzio,
guardando da dietro un vetro tutto quello che non poteva toccare.
Non l’aveva più vista da due anni.
Si incamminò in quella direzione.
[da quella finestra, sulla facciata
nord, si può vedere l’albero, non è vero? Se arrivasse, potrei vederlo]
Quando spalancò la porta una zaffata di fumo gli mozzò il
fiato, costringendolo ad arretrare. Incensi, pensò. Era fumo d’incensi bruciati
anni prima, rimasti intrappolati in una piccola stanza.
C’era uno strano odore, là dentro.
- Sakura? –
Si aspettò di vederla arrivare correndo come quando di
anni ne aveva undici, e non diciannove. Si aspettò di vedere i suoi occhi
azzurri come pozzi d’acqua pulita.
- Sakura? –
Lei stava su una sedia a dondolo, e avanti e indietro, a
avanti, e indietro.
Lo scricchiolio del legno vecchio era una nenia
consolante.
- Oh, Sasuke. – disse lei, alzando gli occhi socchiusi su
di lui. – Sei venuto, finalmente. –
Gli incensi bruciavano a pieno regime, la porta dietro di
lui si era richiusa. Le sedia oscillava, pigra.
- Sono stata brava, lo sai Sasuke? Sono diventata un bravo
ninja medico, e ho imparato… - tossì – ho imparato a richiamare i corpi dallo
stato di morte, così che se tu morissi mentre
combatti, saprei curarti. Anche Naruto… -
“- Naruto è andato via, Sakura. –“
“- Come può essere? Mi avrebbe
detto qualcosa, me l’avrebbe fatto sapere… -“
Confusione nei suoi occhi.
“- Mi dispiace. –“
“- Ma no, ci sarà qualcosa… -“
“ -Forse non voleva farti soffrire
troppo. Me ne vado ad aspettare, Sakura. –“
“-…-“
Tutti aspettano. Ma cosa…?
- Ho fatto tanti esperimenti. Solo che l’incantesimo
impiega un anno per essere efficace. Così sai, ho tanti nuovi amici. C’è solo
un piccolo problema, loro sono un po’… - un gatto saltò sulle sue ginocchia.
Sakura spalancò gli occhi arrossati dal fumo, sangue
nell’acqua, e altrettanto fece Sasuke.
Dietro la ragazza, molti animali.
La ninja sorrise in una smorfia quasi oscena, distorta. –
…marci. –
Sasuke osservò i mille animali putrefatti saltare su
Sakura, che ancora sorrise.
Ecco cos’era
quell’odore.
Tutti aspettano.
Adesso non ci sarà
nemmeno la morte, ad attenderci.
E così finì il primo capitolo. Gli altri
arriveranno presto, spero.
Capitolo 2 *** No leaves on the ground [red and burnt grass] ***
And so we begin
And
so we begin.
Col
secondo capitolo, ovviamente, non sia mai. Non ho ancora fissato un numero
definitivo di capitoli: non è un buon segno. Decisamente non lo è.
Ho
detto la stessa cosa della mia fic preferita, che al momento ha 35 capitoli.
Oddio.
Allora,
il font è uguale a quello di Kodamy. Lo so. È fatto apposta.
Kodamy
amore lo sa.
Amore
ti ringrazio per il commento; deciso che adotteremo subito un gatto marcio [li
amo troppo], cercherò anche di trovare un rimedio al nome – oserei dire – un po’
troppo lungo. Lo so, lo so. Ma che ci vuoi fare? Il cinese colpisce
quando meno te lo aspetti u.ù
Mao chan tesoro, mi segui
ovunque, devo direXD Non posso che esserne contenta,
senza dubbio. Come farei senza di te, io? Ti ringrazio mille volte per le belle
parole. Appena posso ci sentiamo su msn, così magari
ti chiedo qualche appuntino… Bacio!
Sinceramente,
FrancescaAkira89G, dal fumetto
Sasuke sembra tutto fuorché tenero, da piccolo XD
Ma
magari ci stiamo riferendo a pezzi diversi^^ Grazie per il commento.
Fa
paura, vero Miyu? In
effetti l’idea era assolutamente quella di terrorizzare voi poveri
pargoli.
Un
grazie anche a Rekishi,
spero che il secondo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio!
Below The Tree
No leaves on the ground
[red and burntgrass]
Second Act
L’albero era lì e Sasuke pareva aver capito che non si
sarebbe mosso facilmente.
Per questo momento, quindi, spostò il suo sguardo su
Sakura e lì lo lasciò.
Su quel relitto di ragazza che non era donna ma nemmeno
bambina, incatenata a carcasse traballanti e a vecchi ricordi polverosi.
Ricordi che facevano male, dannatamente male.
Fa male, avere
ricordi che sai essere solo ricordi.
Stupidi pensieri
dentro una scatola.
- Oh Sasuke, non mi trovi bella? – chiese la ninja. – Sono
bella e sono brava, proprio come mi hai sempre voluto, si? –
L’Uchiha l’osservò e rimase muto, immobile.
Fece un passo in avanti, quindi.
I tuoi occhi azzurri
sono rossi di amore, sangue e pazzia.
Un altro.
E i tuoi capelli
lunghi scivolano verso il basso a raccogliere la polvere.
Un altro ancora.
La tua pelle pallida
non è mai stata così chiara e luminosa, non c’è grigiore in essa.
Il quarto verso di lei. Erano vicini.
Non glielo poteva negare, proprio non poteva.
[toglierti tutto, per sempre]
Sei bella Sakura. Sei bella come la morte.
- Hai proprio ragione, lo sai? – ammise – Non pensavo che
lo saresti diventata davvero. –
Lei s’illuminò tutta per poi spegnersi di nuovo, ad
intermittenza. – Ci voleva così tanto per dirmelo, Sasuke? –
La follia nei suoi occhi azzurri era sparita, per lasciar
spazio a qualcosa di più…
Più…
[più]
Letale.
In un attimo fu in piedi e un attimo dopo gli si avventò contro, spalancando la bocca in un urlo di
rabbia che risuonò, cieco, solo dentro la sua testa.
- Sei solo un bastardo! –
Una tazza di porcellana gli si fracassò sul sopracciglio
sinistro, tagliando il lembo di pelle appena superiore.
- Solo adesso ti sei deciso, quando hai capito che lui non
tornerà più! –
Le unghie rotte di lei grattarono la guancia del moro,
incidendola profondamente. Sangue a valanghe, un oceano di rosso si apriva
sulla sua maglietta bianca.
Sasuke rimase fermo, senza alcuna intenzione di reagire.
[lui… lui non tornerà più?]
L u in o nt o r n e r àp i ù .
- Cos’hai detto? –
Sakura si fermò davanti a lui, ansimando. I suoi occhi
contratti lo fissarono a lungo, nel profondo.
Infine lei, seppur riluttante, scoppiò a ridere.
- Cosa sei venuto a fare, Sasuke?
–
Il ninja non respirava neppure, troppo assorto in quello
che aveva appena sentito.
Che sciocchezza.
È ovvio che tornerà, matematico.
Lui non può lasciarmi qui a marcire
come un cadavere, senz’anima.
Fuori aveva iniziato a danzare un vento insistente; le
fronde dell’albero erano scosse fin all’attaccatura del tronco. Lo stava di
nuovo guardando, quel vegetale maledetto.
- Sakura-chan, pensavo che ti
sentissi stanca di aspettare. – le disse, guardandola di nuovo negli occhi. – E
visto che siamo in due, qui, a star da soli aspettando… -
- Ma io non sono sola. –
Lo sguardo del moro si fiondò
sistematicamente sul muso di un gatto dall’intuibile colore grigio che si stava
strusciando sulle sue gambe. Un occhio giallo, per la verità un poco ammuffito,
lo inchiodò al suo posto.
Un muco rossastro gli colava dalla bocca, a fili.
Se non fosse stato completamente scioccato da quella
visione si sarebbe persino sentito offeso: la sola idea che Sakura giudicasse
la compagnia di quei… cosi migliore
della sua lo indispettiva.
- Non sei sola, no. – ammise.
- Tu mi abbandonerai di nuovo… - chinò gli occhi – e mi
lascerai nuovamente sola… si, proprio così. –
Ma tu non sei sola.
O si?
Sakura Haruno scoppiò a piangere, e si accasciò al suolo.
Dannazione.
- E così sarò ancora costretta guardarti le spalle, e ad
aspettare, e aspettare… -
Guarderai loro le spalle, Sakura?
Lo faccio, lo faccio
da sempre.
Questo è il tuo destino, sei troppo
debole per essere qualcuno, troppo debole.
Hai visto la morte in faccia, le hai parlato, ma non le
hai nemmeno carpito il sapere della giovinezza eterna.
Persino in questi due
anni, tu eri nascosto dagli alberi e io vedevo soltanto i tuoi capelli.
E il simbolo di quel
Clan che era stato il vanto di tutta Konoha.
E che adesso è la tua
rovina.
Sasuke non provò nemmeno a consolarla.
Davvero, voleva soltanto che lei smettesse di frignare.
Così avrebbe potuto salutarla, e tornare ad aspettare.
Se l’avesse consolata, avrebbe fatto prima?
…
Gli facevano paura, quegli occhi.
[quelli dei gatti, o i suoi?]
[gli occhi di Sakura mi fanno paura]
“- Non pensi che potresti trattarla
meglio? –“
“- No. –“
“- Lei ti ama e tu lo sai. –“
“- … -“
“- Dannazione, Sasuke! –“
“- … è che non ce la faccio. -“
“- Cosa? –“
“- Perché dovrei trattare meglio
qualcuno di cui… non mi importa? –“
Nell’attesa, guardò fuori dalla
finestra.
Guardò fuori dalla finestra.
Fuori dalla finestra, verso l’albero. Annotò,
con noncuranza, che le foglie erano tutte cadute.
- Adesso basta, Sakura, me ne vado. –
Lei si attaccò al bordo dei suoi pantaloni, lacrime sparse
su tutto il viso, e cominciò ad urlare. Urlò come se tutto il mondo dovesse
capire il suo dolore.
- Non andare via!! – gli disse –
Aspetta un po’ con me, Sasuke, non farmi cadere di nuovo… -
Cadere.
[cadere]
Come le foglie, cadere, si.
Ma era solo l’inizio di ottobre.
Guardò di nuovo la quercia.
I rami spogli, dove prima erano stati verdi. Dov’erano le
foglie cadute?
Non c’era più l’erba, sul suolo.
[dove sono le foglie?]
L’albero esplose in mille schegge roventi.
L’aria vibrò, i vetri della casa di Sakura si incrinarono.
Tutto, dolorosamente, fu all’improvviso silenzio.
[dove aspetterò, ora?]
- Ciao, Sasuke. –
Una voce che pareva giungere dall’oltretomba.
- Oh, Sasuke. –
Sakura taceva, ferma.
Lui non voleva nemmeno voltarsi.
Era più bello immaginare chi si attendeva, che vederlo di
nuovo.
Capitolo 3 *** Cry is only a mode [having the rain inside] ***
Via col terzo
Via
col terzo!!
Innanzitutto
un sentito, sentitissimo ringraziamento alla mia
dolce Lucy, che col suo solito papirico commento mi ha messo di buon umore, decisamente. Non
sai quanto mi faccia piacere ricevere complimenti di
questa portata da una brava scrittrice come te, ecco, non credo che potrò
davvero mai esprimerlo.
Un
altro sentito grazie alla mia dolce metà [aggiungerei un
inquietante metà °_°] Kodamy;
ho notato che qua abbiamo pochi adepti da reclutare per un eventuale e prossimo
festival del macabro. Mumble… devo rifletterci.
Ad
ogni modo, ho notato che ci sono parecchi cose a pezzi, in questa long fic. Comunque
hai ragione, gatti marci forever e basta [con incenso
annesso e connesso, of course]. Non è meraviglioso
vedere Sasuke indeciso? Io lo amo, così. u.ù
[sarò malata?]
Mao chan, tesoro, ho un dubbio
che puoi risolvermi solo tu. Fatti trovare ogni tanto, su stospiffio di msn!! Ti becco
sempre occupata, ultimamente^-^ Ti ringrazio tantissimo per i complimenti,
fatti da te, sono sempre un toccasana.
Diana, grazie per la bella
recensione, fa sempre piacere sapere che ci sono persone che apprezzano ciò che
scrivo.
Rekishi, spazzi via ogni mio
dubbio con pochissime parole. Pero tu sappia di questo tuo potere. È bellissimo,
grazie.
Quando
Kakashi-sensei gli aveva chiesto se aveva dei sogni, lui aveva risposto di no.
Perché i
suoi erano unicamente incubi, e della peggior natura.
Ma sul
piano delle ambizioni, non aveva saputo trattenersi, come una falena inesorabilmente
attratta dal fuoco.
“Ho un’ambizione, si: riportare
agli antichi fasti il mio Clan. E uccidere chi so io.”
La verità
andava aggredita, ogni realtà affrontata a petto scoperto: se voleva che gli
Uchiha tornassero ad essere un Clan rispettabile, allora doveva assolutamente
eliminare quel incidente di percorso.
E sposare
una ninja formidabile, anche.
Sakura
Haruno non era stata, fino a poco tempo prima, neanche
considerata.
Però poi
si era dovuto ricredere, davvero. Una volta diventata allieva di Tsunade era sinceramente migliorata.
Però è una Haruno.
Gli Haruno non sono ninja.
“- Mi devi insegnare, oni-san. –“
“- Domani, Sasuke. –“
“- Per te è sempre domani! –“
“- Mi spiace, fratellino. –“
Per cosa ti dispiace, Itachi?
Per quello che non hai mai voluto
insegnarmi, o per i genitori che hai ucciso?
“- Non è vero. –“
“- Domani lo farò, promesso. –“
“- Non è mai domani, Itachi. –“
Ti ho capito, davvero.
Sapevi che al termine di questa
catena ci sarebbe stato un domani che non sarebbe diventato un domani – con –
te.
Sapevi anche che io ti avrei
aspettato.
Alla fine sarebbe giunto, quel domani.
Below The
Tree
Cry is only a mode
[having the rain inside]
Third Act
La
fiammata uscì dalle finestre della casa a sud con forza e vigore tali che
Sasuke si costrinse ad ammutolire di fronte a tanta – evidente - potenza.
Il poco
prato scampato alle precedenti ingiurie andò carbonizzato in meno di un
istante. Il chakra praticamente illimitato del
fratello.
Itachi.
Poteva
sembrare strano ma il suo cuore aveva smesso di
battere: così, improvvisamente, a tradimento.
E di certo
il suo cervello non lavorava alacremente come al
solito.
Atterrò
sul suolo bruciato, piegando le ginocchia per attutire l’urto, e mulinando le
braccia, riuscendo così a rimanere in equilibrio, nonostante l’onda d’urto che
aveva spazzato la pianura e tutto quello che stava su di essa.
- Il mio
fratellino che non sa far altro che aspettare. – mormorò Itachi, riemergendo
come una fenice dalle ceneri della casa. – Patetico. –
Sasuke
Uchiha, Uchiha era il cognome, Uchiha era la dannazione, rimase fermo, in
piedi.
Poi le sue
mani si mossero quasi da sole sul segno del Cavallo; seguì quello della Tigre.
- Tecnica
della Palla di Fuoco Suprema! –
[il fuoco brucia, il fuoco è]
Itachi non si diede nemmeno pena di schivare il colpo, che
lo investì in pieno, avvolgendolo tra le sue spire rosse e
oro. Si poteva vedere il contorno della sua figura, nera, come un pugno
nell’occhio di tanta luce.
- Mi sembra così divertente, tutto ciò. Non trovi, Sasuke?
–
- Non c’è nulla di cui debba
divertirmi, fratello. –
Una parola sputata come il Paradiso avrebbe risputato
Lucifero in persona.
Ci sono ancora degli
dei in cui credere quando scende la notte, o il buio
avvolge il giorno?
- Eppure tu mi hai aspettato, per tutto questo tempo. –
Non farmi pensare a quanto sono stato sciocco, fratello.
Non farmi pensare al freddo che sentivo, la notte,
appoggiato a quel tronco.
- Hai ragione, e solo ora capisco quanto è stato sciocco
farlo. –
Perché tu saresti venuto comunque, giusto?
Anche se io avessi deciso di prendere la mia strada.
- Chidori! – Sasuke gli si
slanciò contro, concentrando il chakra nella parte
inferiore del piede, aumentando la velocità dello scatto, e contemporaneamente
pensando solo alla palla di energia che consumava, prepotente, il suo braccio.
Una vita passata a fare solo quello, e l’improvvisa
realizzazione di un fallimento.
[a cosa è servito, se al posto di
allenarmi per ucciderlo, l’ho solo aspettato?]
Itachi gli fu di fianco, una mano tesa ad afferrargli la
collottola della maglia blu, senza che nemmeno riuscisse a rendersene conto. Il
chidori passò avanti alle due figure, lasciandole
immobili inchiodate al suolo, e si fiondò sui resti
della casa di Sakura, distruggendola.
Sasuke vide distintamente un gatto saltare in aria, e
distruggersi in mille piccoli ammuffiti pezzi.
Un occhio marcio e umido di un liquido ripugnante lo colpì
appena sotto la clavicola, sporcandolo.
Itachi lo osservò, la testa sinistramente piegata su un
lato, come qualcuno che sta valutando un piccolo
giocattolo. – Alla fine, non sei migliorato molto. Hai imparato ad usare un Chidori, ma è come se un corvo avesse capito come fare una
picchiata verso il suolo, senza saper volare. –
Il minore dei due fratelli
[lui è mio fratello, perché, perché
questo dolore…?]
digrignò i denti e fece per ribattere,
l’altro l’interruppe. – Hai ragione fratellino, ho proprio sbagliato. Un corvo
imparerà a volare. Tu saprai solo saltare, fino alla morte. –
E rimarrò lì, a fissarti, Itachi, mentre tu voli via…
Portami con te.
Poi lasciami cadere, uccidimi.
Ma portami via con te, lascia che io sia tuo fratello,
almeno per un battito d’ali del corvo che sei.
Questa volta il chidori lo colpì
appena sopra lo stomaco, scaraventandolo ad alcuni metri di distanza, in un
volo infinito verso la terra, che a Sasuke parve come un miracolo di visione.
Itachi affondò nello sharingan
furente del fratello minore, lottando strenuamente per non sorridere. Atterrò
in piedi, con grazia infinita, appena piegato dal dolore.
- Forse mi sbagliavo. –
- Hai sempre sbagliato i tuoi calcoli, Itachi. Quando hai
deciso di non uccidermi, per esempio.
–
Il vento era assente da troppo tempo.
La pioggia cominciò a cadere, densa, oscurando il cielo e
le due figure.
Sasuke sentì l’acqua infilarsi all’interno dei suoi
vestiti, scorrere fino ai piedi ormai infreddoliti, scalzi.
C’era pioggia ovunque, gli parve
quasi di annegarvi dentro.
- Ma io non potevo uccidere mio fratello. –
Sasuke fermò il suo attacco sul segno del Cavallo,
paralizzato. – C-cosa? –
Gli parve di sentire un macigno sul petto, che lentamente
andava scendendo verso il basso, sprofondando nelle sue viscere, sempre più
verso il fondo.
Guardò Itachi che a sua volta lo guardava, con un mezzo
sorriso.
Ed era un sorriso bellissimo.
[non fidarti, lui ha ucciso, ucciso,
ucciso…]
- Cosa stai dicendo? –
- Come avrei potuto uccidere il mio fratellino adorato? –
[non mi uccidere!]
L’aria gli uscì dai polmoni, l’acqua li invase
definitivamente, lasciandolo lì, ad agonizzare.
Il chidori scomparve dalle sue
mani che ancora tremavano, la tensione nervosa giunge al limite.
Sasuke uchiha crollò a terra, e lacrime sul volto, e acqua
a crollare sulla sua figura, e pioggia nera a dipingerlo, come il pegno di
qualcosa ormai irrimediabilmente perso.
- PERCHE’? – urlò, e scaricò
mille pugni a terra, deluso dalla sua stessa improvvisa debolezza. Vedeva solo
Itachi nella sua mente, solo quel sorriso, e i rari sorrisi che da piccoli si
erano rivolti.
E un albero; le foglie che cadevano a
terra, rosse come il sangue dei parenti che lui aveva ucciso, una sera
di molti anni prima.
Un albero che quasi aveva preso la forma della sua
schiena. – Perché mi hai fatto aspettare così tanto, Itachi?!
–
Avrebbe voluto abbracciarlo e stringere quella veste
troppo lunga che gli fasciava il corpo, e soffiare sul suo collo anni di attesa
straziante, ad osservare un’amica ormai pazza che si affacciava alla finestra,
giorno dopo giorno.
Il maggiore rimaneva fermo, davanti a lui.
[io gli voglio bene, ma lui, lui ne
vuole a me? Perché se non mi vuole io mi faccio fuori e non lo aspetto e quindi
non potrà non provare dispiacere, ma io non ci sarò per vederlo]
[sorridimi, Itachi]
- Sasuke… - le labbra dell’altro si schiusero appena,
lentamente. - … io… -
Un chidori lo colpì alla schiena,
sbalzandolo al piedi del fratello, che era scattato in
piedi.
- Itachi! –
[non sono stato io, io non lo odio, io
lo amo, è mio fratello, si]
- Adesso smettila Sasuke. –
La voce che lo aveva chiamato aveva una vibrazione che lui
avrebbe saputo riconoscere fra mille: bassa, vibrante, policromatica. E
l’occhio sinistro rosso che lo guardava, dotato di sharingan,
l’aveva messo al tappeto più di una volta, quando era piccolo.
La cicatrice che i sassi
gli avevano inferto brillava di una luce inquietante, quella sera.
Kakashi Hatake.
- Non colpire mio fratello. È mio fratello, mio, mio!! –
[e solo io, posso governarlo]
- Smettila di fare il bambino, hai quasi 18 anni. –
- Non ti devi intromettere in questioni che non ti
riguardano. –
La pioggia pareva parlare, ed era come se stesse
piangendo.
Lui partì lo stesso all’attacco, opponendo ad Itachi le
sue stesse tecniche, copiate come era suo uso e gusto. Lo colpì una, due, tre volte alla schiena, accanendosi con una foga
assassina.
- No, Kakashi lascialo stare! –
Il suo maestro non lo ascoltava, sordo ad ogni sua
richiesta, e continuava imperterrito nella sua opera omicida, gli occhi fissi
sul corpo ormai inesorabilmente immobile del maggiore degli Uchiha superstiti.
BASTA.
BASTA, SMETTILA.
B – A – S – T – A
Oppure io…
Lui è mio fratello,
io gli voglio bene, non posso stare senza di lui…
E non voglio passare
il resto della mia vita poggiato ad un albero, aspettando qualcuno che non
verrà.
Perciò,
Kakashi-sensei, scusami se ti uccido ma…
… quest’autunno non
deve durare per sempre.
Il suono di mille shuriken in
volo. Il tonfo del suo corpo, che irrigidito cadeva a terra. Le labbra
spalancate, colte in un attimo si sorpresa, così come
gli occhi.
Capitolo 4 *** Until the day I'll die [any rock you can see] ***
Below The Tree
Below
The Tree
Until the day I’ll die
[Any rock you can see]
Fourth
Act
La pioggia
cadeva leggera sulla sua testa, scandendo il ritmo di quella macabra nenia.
Il corpo
di Kakashi, smembrato dai kunai e dall’odio che l’avevano colpito, intensi, giaceva a terra, l’osso del collo
piegato e modellato come fosse stato gomma.
Non c’era
sangue su quel cadavere, solo troppa pioggia.
[la pioggia cancella i miei peccati]
Sasuke
portò lo sguardo sulla figura ferma del fratello, a qualche metro da lui.
- Itachi…
- la voce uscì stridula e raschiante. – Cosa faremo,
adesso? Dobbiamo fuggire, o ci troveranno e… -
- Non ho
mai detto di volerti portare con me. –
“- Oni-san,
devi aiutarmi. –“
“- Domani. –“
[Non vuoi nemmeno mentirmi, ora.]
L’osservò,
ruotando appena gli occhi verso il cielo. Il fratello maggiore attese l’arrivo
del suo sguardo rosso, e lo ricevette con un’accoglienza di nero.
Sasuke
rimase paralizzato. L’inutilità del suo essere lo colpì all’improvviso,
pensiero vigliacco sfuggito alla mente senza controllo.
- Oni-san… cosa? –
- Hai
capito benissimo. Che senso ha trasportare un fardello
simile, se nemmeno sei in grado di sostenere un combattimento con me? –
- Non… non
puoi farmi questo! –
Paura.
Lenta
filtrava nelle sue orecchie, subdola oltrepassava il cervello, sorda scorreva
nel corpo.
Lo
avvolgeva piano nella sue spire, finto abbraccio,
stretta mortale.
- E chi lo dice, questo? Tu…? – scoppiò a ridere, il mukenin.
Perse il viso del fratello ritrovato. Sasuke
improvvisamente si ritrovò a fronteggiare l’immagine che per anni aveva
inutilmente cercato di cancellare, di distruggere.
Le labbra
si tendevano prepotenti sul viso, le pieghe alla base degli
zigomi crescevano, al pari di piccole montagne.
- Povero
fratellino. Non ho potuto ucciderti… -
Sulla volta
del cielo non brillava alcuna stella. Il vento, ospite curioso, si era perso
lungo la strada dei ricordi. La luce era fuggita cercando raggi di felicità, senza
nemmeno capire che era lei a portarli.
La Natura era diventata ostile, mentre la
pioggia divorava goccia dopo goccia ogni anima di quel
luogo.
L’erba
uccisa dal fuoco piangeva gemendo, gli animali spodestati dal
fuoco osservavano le carcasse dei loro simili.
Sakura,
attonita, lucida come era sempre stata allenata ad
essere, osservava.
Gli occhi
febbrili, insani, schizzavano inquieti da un fratello all’altro.
Quasi non sentì l’olezzo del gatto che cautamente le carezzò la
caviglia.
Liquido putrefatto che rimase sulla sua mano, quando quella scese ad
accarezzarlo.
Gli occhi
gialli la fissarono. La mano traditrice
[che toglie con la stessa facilità con
cui ha dato]
Il
cadavere ancora la fissava, stupido. Fisso nel passaggio alla morte, la testa
al suolo.
- Tu non
mi servi più, ora. – assaggiò quel sangue, lo fece
suo. Folle rituale d’addio.
Pianse.
Pianse. Continuò a piangere. E tra le lacrime vide.
Vide altra morte, altra follia.
La pelle
si screpolò, cadendo in terra. I suoi occhi si allungarono, stiracchiandosi,
diventando più scuri. Le gambe si contorsero.
-
Aspetterò qui. –
E
divenne albero.
- … ma posso lasciarti qui, ancora. –
La voce di Itachi terminò la sua sentenza. Sasuke
si sentì morire. Si aggrappò alla sua veste, urlando.
Crollando
in ginocchio, sbavando, tirando verso di sé la schiena di colui
che amava, più di tutti.
[Più di se stesso]
- Non
lasciarmi qui, non farmi soffrire, non farmi –
- Non ti
farò soffrire, no. –
I loro
occhi si incontrarono.
Non
c’erano stelle nei loro occhi. Il vento della vita si era perso in cerca di altri cieli da percorrere.
E la
luce, malata di solitudine, si era spenta piano, in un inutile focolare di
pietà.
Che
rimase inascoltata.
- Non ti
farò soffrire. –
Lo uccise
trapassandolo da parte a parte.
Il
creatore che uccide la sua creatura in un improvviso impeto d’umanità.
Così i due
cadaveri rimasero a terra, occhi negli occhi, un gatto
e un umano.
[Che aveva perso la sua umanità da
tempo]
- Non ti
farò soffrire perché ti ho amato. –
Non pianse
perché non sapeva dove fossero, le sue lacrime. Non urlò perché non sapeva dove
fossero, i suoi polmoni. Non soffrì perché non sapeva dove fosse, il suo cuore.
Rimase lì.
E non provò niente.
This is how our story doesn’t end
Otto anni
dopo, il sole era tornato su quella radura.
Gli occhi
azzurri vagliarono il panorama, attenti.
“Quello è
un albero bellissimo” pensò il ninja.
- Sasuke, dove sei? –
Vide una
roccia, di fianco a quell’albero verde,
rigoglioso.
Vi si sedette,
un ginocchio piegato contro il petto. Naruto sospirò. Non vide le ossa nascoste
dal prato primaverile. Non vide l’albero chinarsi verso di lui e scuotere le
fronde il segno di saluto.
- Sasuke, tornerai? –
“
Aspetterò qui”
Questa non
è una fine.
In fondo,
questa non è mai stata una storia.
E in
fondo, chi ha il coraggio di chiamare quello tra Itachi e Sasuke
amore?
Io no di
certo.
Emotivamente
parlando, questa fic è stata un disastro. Nel senso
che mi sono fatta prendere troppo, col risultato di soffrire ancora di più.
Però,
a volte servono davvero storie così. Almeno mi fanno riflettere.
Ah, un
piccolo avviso. Se scompaio, prima o poi magari torno.
Ma non tanto presto. Credo.
Dunque,
ci sono tante persone che vorrei ringraziare.
Rekishi, perché ha avuto
la santa pazienza per continuare a chiedermi di questa fic. Perché con le
sue idee è sempre uno stimolo importantissimo. Perché
ha pensato che questa storia fosse adatta a me, anche senza sapere che ero io a
scriverla. E poi, perché mi ha passato le canzoni
della Disney. *-*
Mika, perché questa sera, come in tante
altre sere, ha saputo prendermi sull’orlo della crisi.
E poi, perché mi affitta la casa ad agosto. E mi fa compagnia mentre mi ubriaco come una spugna. E per tante, tante altre cose.
Suzako, [Héra
tesoro mio], per avermi permesso di battere il record di parolacce in una
conversazione di msnXD Ovviamente, anche per i
pomeriggi e per i prossimi cinema, che temo saranno moooltoemou.u
Kirjava-neechan, per i preziosi consigli [nella
speranza che si doti presto di msn, ecco]
E poi,
Amee.
Perché ha saputo dirmi quello che pensava, nonostante il momento e quello che
le avevo “confessato”. Per avermi sostenuto mentre la
mente scivolava via lontano.