Guitar Chord. di Denki Garl (/viewuser.php?uid=67708)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Don't say goodbye. ***
Capitolo 2: *** 2. Let's laugh on funny things, when you're crying. ***
Capitolo 1 *** 1. Don't say goodbye. ***
gc1
01. 03. 2009 - 01. 03. 2012
I won't say "goodbye",
I just need you beside
me a little longer.
Restò
lì
immobile, Takamasa, sul ciglio della strada. Le braccia pendevano lungo
il suo corpo, le gambe lo reggevano in piedi per un puro automatismo.
L'unica cosa che avvertiva in quel momento era un fastidio al petto,
come se il suo cuore si stesse celermente gonfiando più di
quanto la sua gabbia toracica poteva permettersi di fare, schiacciando
i suoi polmoni e dandogli così la sensazione di non riuscire
a
respirare correttamente. E quell'insolito peso in eccesso gravava sulle
sue spalle, concedendogli a stento di tenere alzata la testa, facendolo
rischiare di crollare al suolo da un momento all'altro. Forse sarebbe
successo, se i suoi occhi non fossero stati irremovibilmente puntati
sulla schiena sempre più lontana di Masahito.
Avrebbe voluto che si
voltasse,
ora, e che gli rivolgesse uno di quei sorrisi raggianti e un po'
impacciati che riservava solo a lui, che lo facevano sentire
così speciale e felice.
Tuttavia, si sentì in parte sollevato nel vederlo muovere i
suoi
passi in avanti, uno dopo l'altro, senza alcuna fretta; sapeva che, se
Masahito si fosse girato a guardarlo un'ultima volta, avrebbe visto
solo i lineamenti di quel bel viso deturpati dalla tristezza o, ancor
peggio, dalla delusione, e ne sarebbe uscito
dilaniato.
Tra tutto quel dolore,
ad una
fulminea scheggia di odio riuscì di farsi spazio fino alla
sua
mente, puntandosi in essa come uno spillo, ed un pensiero
iniziò
a vagare solitario e indisturbato. Sei uno
stupido,
diceva quella voce, è
tutta colpa tua e della tua immensa stupidità, continuava poi, e Takamasa
non poteva certo darle torto.
«Ishihara-san...»
le
parole d'un uomo alle sue spalle giunsero alle sue orecchie, facendolo
tornare bruscamente alla realtà. Abbassò il capo,
corrucciando le sopracciglia, poi lasciò che l'autista
aprisse
lo sportello dell'auto davanti a loro, e prese posto dietro a quello
del conducente, in modo che se avesse portato gli occhi fuori dal
finestrino, avrebbe potuto scorgere la figura di Masahito. Quello,
però, doveva aver svoltato in una stradina secondaria quando
lui
non stava guardando, perché una volta girata la testa, non
lo
vide più.
Abbassò
nuovamente lo
sguardo, accompagnando l'azione con un sospiro sconsolato, mentre
infilava i pugni nelle tasche della felpa. Quando sentì la
pelle
entrare in contatto con la fredda superficie dell'i-pod, ebbe un guizzo
al cuore, ed improvvisamente ricordò dello scambio avvenuto
con
l'altro cantante. La musica era ciò che di più
importante
entrambi avevano, lo era a tal punto da esser riuscita a scavalcare la
loro relazione. Sorrise mestamente nel riascoltare il più
grande
esporre quel suo pensiero secondo il quale le canzoni che uno porta
sempre in tasca lo rispecchiano pienamente. L'aveva sostenuto prima di
separarsi, circa due mesi addietro, e subito dopo gli aveva proposto
questo momentaneo baratto. «Così
sarà come se fossimo ancora insieme.»,
aveva detto. Takamasa ricordava ancora nitidamente il brillio che, in
quel momento, sembrava un dettaglio caratteristico di quelle iridi
ambrate che tanto amava, così come il leggero brio che
trasparì da quelle parole. Nascondeva un lato
così
romantico, Masahito, era un tale sognatore. Aveva una grande fantasia,
ed un altrettanto grande cuore, ma spesso sembrava quasi vergognarsene.
La verità era che in lui si poteva trovare pure una
sproporzionata timidezza, Takamasa lo sapeva bene, e risultava
tremendamente addolcito da questi aspetti di quella persona che era
l'ex-chitarrista della sua band di supporto.
A dire il vero, non
è che in
quel momento gli andasse più di tanto di ascoltare musica.
O,
meglio, ne aveva voglia, ma conoscendosi sapeva che sarebbe andato alla
ricerca di canzoni che sicuramente non avrebbero migliorato il suo
umore. Ma comunque accese l'i-pod e mise le cuffiette, vagando tra le
varie cartelle e sperando che la batteria si scaricasse d'improvviso o
che l'autista fosse preso da un isolito impulso loquace, cose che non
accaddero. Quando i suoi occhi lessero la scritta LM.C,
non poté far a meno di ridacchiare, sentendosi sciogliere il
cuore e annodare le interiora. Gli venne in mente la prima volta in cui
constatò che Masahito aveva la discografia della sua band
nel
suo i-pod, e la sorpresa che gli provocò tale scoperta.
«Tu
ti ascolti le vostre canzoni?», chiese con le sopracciglia
inarcate dallo stupore.
«Certo! Perché, non dovrei?»,
ribatté allora l'altro, con innocenza, sorpreso a sua volta.
«No, figurati. È che mi fa strano, tutto
qui.»
«A te non viene mai voglia di ascoltarti?»
«No.», ridacchiò.
«Mai!»
«Ma tu sei strano!», lo giustificò in
qualche modo, divertito. «Ah, io sarei quello
strano?»
«Certo! Io sono solo egocentrico...»
Takamasa scoppiò a ridere, dovendo poi dargli ragione.
«E
fai bene...», sussurrò avvicinandosi al suo
orecchio,
passando delicatamente la punta del naso sulla sua guancia, posandogli
infine un lieve bacio sulla tempia. «Eh, lo so!»
«Ora metti via quell'aggeggio, da bravo, su!»
«No, taci. Il mio ragazzo sta cantando, non
interferire!»,
e di nuovo Takamasa rise di gusto. «Come sei scortese,
Masa-shi...», lo prese in giro, mettendo su un falso broncio,
e
allora anche lui non poté trattenersi. «Stai a
cuccia,
dai, mancano trenta secondi alla fine della canzone.»
«Miao!», fece quindi, aggiungendo poi delle fusa,
sperando
che Masahito finalmente si decidesse a dedicargli le sue piene
attenzioni.
«Miao?»
«Miao!», annuì, lasciando che le sue
labbra si
arricciassero all'insù. «Mi dispiace deluderti, ma
tu sei
tutto meno che un gatto, Taka!», esclamò levandosi
finalmente la cuffietta dall'orecchio sinistro, avvolgendo poi
distrattamente il filo attorno all'i-pod, che ripose conseguentemente
in tasca.
«E di quel tutto che sono, cos'è che ti piace di
più?»
«Fammi la tigre siberiana!», proclamò
con gli occhi che arridevano, entusiasta come un bambino.
«La tigre siberiana?!»
«Sì, bianca a strisce nere!»
«Masa...»
«Io faccio il domatore!»
«No, tu sei il pagliaccio.»
Masahito corrucciò le sopracciglia con sdegno, lasciando che
le
sue labbra si schiudessero involontariamente, e prese a fissarlo con
aria offesa e contrariata. «Oh, e va bene, e va bene! Ora
vieni
qui, domatore dei miei stivali, che sono una tigre
affamata!»,
cedette Takamasa, gettandosi di peso sul cantante, finendo sdraiati uno
sopra all'altro sul divano, avvinghiati e innamorati.
Fece partire Tiny Circus,
canzone che Maya aveva scritto solo qualche giorno dopo quel pomeriggio
di risate e coccole. A Takamasa mancavano quei tempi in cui tutto
andava bene tra di loro. Gli mancava tornare a casa dopo una sfiancante
mattinata passata in sala di registrazione e trovare Masahito sepolto
sotto le coperte, ancora dormiente come quando l'aveva lasciato. Gli
mancava tornare a casa la sera e trovare l'appartamento vuoto, ordinare
qualcosa al take-away cinese e attendere l'arrivo dell'altro. Gli
mancava, infine, il sorriso stanco e pieno di gratitudine che si
adagiava sul suo volto delicato in quelle stesse serate. Cosa non
avrebbe dato, purché tutto tornasse com'era. E cosa non
avrebbe
dato, anni addietro, pur di non dover mai più riattraversare
un
periodo duro com'era stato quello in cui l'Ishihara Gundam si era
sciolta e Maayatan aveva intrapreso una carriera tutta sua.
Ciò
che più lo atterriva, però, era il pensiero che
forse
questa era una crisi pure peggiore. Quella volta sarebbero stati pronti
a dare le loro anime affinché funzionasse. Quella
volta diedero
le loro anime, e funzionò. Ma questa volta non era rimasto
loro
nulla da dare, questa volta Takamasa sentiva di non avere
più la
forza per evitare che ciò che li univa continuasse ad
allentarsi, rischiando sempre più di finire con lo spezzarsi
definitivamente. E aveva una tremenda paura, perché ogni
singolo
e minimo sforzo che stava facendo pareva essere vano. Per non parlar
del fatto che persino Masahito sembrava stesse perdendo le speranze
sempre più, lui che credeva fermamente che tutto sarebbe in
un
modo o nell'altro sempre finito bene, lui che era così pieno
di
gioia, ora dava l'impressione che questa si stesse affievolendo. Ma una
storia così bella com'era finora stata la loro, non poteva
di
certo finire così banalmente. Una storia così
incredibile
non poteva semplicemente svanire nel tempo senza lasciare alcuna
traccia di sé nei cuori dei suoi protagonisti. Una cosa
meschina
come la distanza fisica, non poteva avere la meglio sul loro amore, non
poteva rovinare il ritmo della melodia dei loro battiti sincronizzati.
DE's:
Guitar Chord, forse ad
alcune di voi il titolo dice qualcosa.
Questa è
un'altra di quelle fic che ho cancellato e sto rivedendo, precisamente,
sì.
Direi di iniziare dal
titolo,
perché non ha nulla a che vedere con la storia. L'ho scelto
semplicemente per quella leggenda giapponese sul filo rosso del
destino. Ho pensato che sia maya che Miyavi sono degli ottimi
chitarristi, ho immaginato che a legare loro fosse una corda di
chitarra, dunque, piuttosto che un banale filo rosso. Tutto qui,
sì. Devo dire che comunque a me piace moltissimo, come idea.
Mi
sa di qualcosa di speciale, che riguarda solo loro, ecco. Poi va be', a
ognuno la sua opinione.
L'immagine
lissù, invece,
non è mia. È un disegno che la precedente
versione di
Guitar Chord ha ispirato ad ApolloFan,
ed io lo amo con tutta me stessa.
In ogni caso, a questa
fic ci sono
molto affezionata, e sono felice come non mai di averla ripresa in
mano, quindi spero che vi ci affezionerete anche voi, almeno un po'. E,
in caso l'aveste già letta tempo fa e ricominciaste a
seguirla,
spero che così vi piacerà di più. In
più
non è un caso che posti proprio oggi, no. Tre anni fa mi
iscrivevo su questo sito e iniziavo proprio da qui, da questo fandom.
Tre anni fa facevo forse la prima nottolata della mia vita leggendo fic
su maya, Aiji e Miyavi - caso vuole, fu proprio ApolloFan
l'autrice di quella meraviglia. Quindi riparto nuovamente da qui,
augurandomi tante belle cose. Proprio come quella notte, anche questa
fic ha a suo tempo segnato l'inizio di qualcosa di nuovo - cosa di
preciso, non ha importanza.
Comunque, vi assicuro
a partire da
ora, che avrà un lieto fine, anche se potrà non
sembrarlo
quasi fino all'ultimo. Diciamo che, semplicemente, quella malinconia
tipica di questo pairing sarà molto presente anche in questa
storia, ecco.
Questa volta ho deciso
di raccontare della relazione tra i due dopo la nascita degli LM.C. Una
sorta di what if,
sì, anche se, non sapendo cosa ci sia realmente stato tra
maya e
Miyavi, non mi è sembrato il caso di metterlo come
avvertimento.
Però è per variare un po', ecco, al posto delle
solite
cose strappalacrime sulla loro rottura, ho voluto dar loro
un'opportunità, LOL. E, già che ci sono, chiedo
scusa per
questo capitolo così breve, il prossimo assicuro
sarà
più lungo - e spero pure i successivi, farò del
mio
meglio (y).
Detto questo vi
lascio,
perché ciò che è successo tra i due
prima
dell'inizio della narrazione lo scoprirete più avanti
*sogghigna*
Naturalmente,
se decideste di farmi sapere che ne pensate, mi rendereste una donnina
felice e, altrettanto naturalmente, sono bene accette anche tutte le
critiche costruttive.
Al prossimo
capitolo ♥
de-
|
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Capitolo 2 *** 2. Let's laugh on funny things, when you're crying. ***
We exchanged invisible
promises
saying
"see you later".
(It's a Wonderful Wonder World,
LM.C)
La prima cosa che
Shinji notò, quella mattina, fu quanto Masahito fosse
affranto. Il primo segno d'allarme fu il suo anticipo,
perché raramente capitava che il cantante arrivasse prima di
lui in sala di registrazione, e questa fu una di quelle volte. Quando
il chitarrista vi giunse, lo trovò seduto sulla sedia
girevole, immobile, con la testa piegata in avanti tanto quanto bastava
perché il suo mento si congiungesse al petto, e nonostante
indossasse ancora gli occhiali da sole, avrebbe potuto mettere una mano
sul fuoco nello scommettere che avesse gli occhi fissi nel nulla,
vacui. Immaginò che l'incontro con Takamasa non avesse avuto
successo e che di conseguenza Masahito non avesse dormito molto, e
difatti non sbagliò. Sarebbe stata una lunga mattinata,
quella.
«Oi,
Masa-chan...», chiamò dolcemente, abbandonando
senza troppe remore la borsa e la chitarra sul divano, trascinando
un'altra sedia vicino al cantante e sedendoglisi affianco. Quello,
però, non diede alcun segno di aver inteso la sua voce.
Shinji sospirò, prendendo poi a guardarsi in giro, come in
cerca di ispirazione.
«Jinji?»,
mormorò poco dopo il biondo, alzando con estrema lentezza il
capo e voltandolo alla sua destra. Il chitarrista gli rivolse lo
sguardo di scatto, sorpreso da tale risposta.
«No, ti ho
detto mille volte che questo Jinji non ho idea di chi sia.»,
ribatté scontrosamente, ma restando come sempre in un ambito
scherzoso. Qualche settimana prima Maya gli aveva affibbiato questo
orribile soprannome, e ancora non dava accenno di voler smettere di
usarlo. Tuttavia, proprio per il fatto che anche in quel momento venne
chiamato a quel modo, Shinji si sentì lievemente sollevato.
«Come
stai?»
«Dormivo.»
«È
tipo la tua specialità, o sbaglio?»
«Come al
solito sbagli.», ribatté Masahito indignato,
facendolo ridere. «Ma', dimmi una cosa... Stai
bene?», si fece subito nuovamente serio.
«Sono stato
meglio, se proprio ci tieni a saperlo.», si pentì
di aver usato un tono tanto scontroso, ma non gli era riuscito di
trattenersi. Quella notte non aveva chiuso praticamente occhio, la sua
mente sembrava troppo impegnata a ripercorrere gli istanti trascorsi al
fianco di Takamasa, il suo cuore a spillare gocce di sangue come
fossero lacrime, una per ogni respiro esalato in sua compagnia. Cercava
di convincersi che non era poi così grave, il fatto che
fosse finita. Si diceva che se anche i primi tempi sarebbero stati
probabilmente duri, non era nulla che non potesse superare. In fin dei
conti, erano ormai mesi che non andava, giorno dopo giorno si
allontanavano sempre di più, prima o poi sarebbe dovuto
succedere. Ciò che più gli faceva male,
però, era il fatto che anni addietro fosse stato proprio
Takamasa ad insistere tanto affinché almeno ci provassero,
ed ora era lui quello a cui sembrava non importasse, ora era lui quello
che dava l'impressione di non voler più lottare. Non
è che Masahito al tempo non credesse nella loro storia,
semplicemente sapeva che prima o poi la distanza si sarebbe insinuata
tra di loro e li avrebbe separati, semplicemente aveva troppa paura di
non essere abbastanza forte. E altrettanto semplicemente, il tempo gli
stava dando ora ragione, lasciandolo ogni giorno sempre più
scoraggiato. Gli occhi di Takamasa non brillavano più come
una volta, quando erano insieme. La sua voce non aveva più
un suono dolce, quando insisteva nel chiamarlo Maayatan. E tutto ciò che
Masahito avrebbe voluto, era una qualunque dimostrazione che ancora gli
importasse qualcosa, che ancora ci tenesse a lui. Si sarebbe
accontentato anche di una piccola, minuscola, falsa bugìa alla quale
potersi aggrappare per poter continuare a credere che ce l'avrebbero
fatta anche questa volta.
«Allora,
come procede il tour?», chiese Masahito posando la tazza di
caffé sul tavolo dopo averne assaporato intensamente un
primo sorso. Avevano poche ore a disposizione e non voleva sprecarle in
silenzi e sorrisi gentili, ma da quando avevano deciso di andare a
prendere qualcosa da bere, ancora non avevano praticamente parlato.
Osservava Takamasa attentamente, cercando di cogliere ogni
più piccola sfumatura dei suoi gesti e delle sue
espressioni, per capire quanto più gli era possibile a che
punto erano di preciso arrivati, o perlomeno verso quale si stavano
dirigendo.
Il cantante teneva la testa china, il mento pesantemente poggiato sulla
mano, mescolava la sua bevanda da ormai qualche minuto.
«Parecchio bene, direi, sì...»,
commentò stancamente, lasciando la presa che, con due dita,
esercitava sul cucchiaino, facendolo tintinnare contro la porcellana
bianca. «Ma non vedo l'ora che finisca comunque, sono
distrutto!», aggiunse, prima che l'altro potesse proferir
parola,
coprendosi il volto con le mani.
«E con te invece? Aiji non si è ancora stancato di
farti da balia, mh, Masa-shi?», sogghignò in uno
sprazzo di quella sua solita vitalità. Masahito fece cadere
di peso il braccio sul tavolo, sbattendo la mano su di esso, prendendo
a fissarlo con espressione torva, anche se si notava un accenno di
sorriso ed una certa tensione delle labbra serrate, dai quali si capiva
che si stava trattenendo il più possibile.
«Ah-hah, sei sempre molto divertente!»
Takamasa abbassò gli arti a sua volta, lentamente e, al
contrario di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, fece ben attenzione
a posare le mani lontane da quella dell'altro, cercando di dare
l'impressione che fosse solo un caso, ma restando consapevole che il
cantante non aveva mancato il dettaglio.
«Ma guarda che non era una battuta, la mia.»,
scherzò.
«Be'», girò velocemente gli occhi e la
testa, impossibilitato a impedire oltre alle sue labbra d'arricciarsi.
«No, non si è stancato.»
«Non ancora!», precisò l'altro
mantenendo un'espressione furba in volto. «E non lo
farà mai!», esclamò indignato Masahito,
facendolo definitivamente scoppiare a ridere.
«Lo spero, Masa-shi, lo spero.», lo
rassicurò una volta calmato, anche perché lui per
primo non voleva nemmeno pensare all'eventualità che gli
LM.C si sciogliessero. Sapeva quanto Masahito ci tenesse a Shinji, e
sapeva che sin dal primo momento aveva messo se stesso in quella band.
Lo sentiva e vedeva in ogniddove, dalla tonalità della voce
del suo ragazzo, alla felicità riflessa nei suoi occhi
quando parlava di lavoro. Ed ogni volta Takamasa era sempre
più convinto di aver fatto bene a lasciarlo relativamente
andare. Per quanto affezionato fosse alla sua band di supporto, per
quanto anche i fan si fossero dimostrati dispiaciuti di vedere
l'Ishihara Gundam sciogliersi, era sicuro che quella fosse stata la
scelta giusta. Ma la cosa che più di tutte lo rallegrava,
era il fatto che Masahito avesse deciso di non abbandonarlo.
«Perché sai che mi riavresti tra i piedi
ventiquattr'ore su ventiquattro!»
«A me piace averti tra i piedi!»
«No, a te piace avermi tra le gambe, che è
diverso, Taka!»
«Ma sentilo!»
«Sentono ben te.», questo fu il turno di
Masahito di sogghignare, anche se lui era più un tipo da
sghignazzo soddisfatto, compiaciuto e per niente contenuto.
«Ma smettila...», intimò Takamasa,
abbassando lo sguardo lievemente imbarazzato. Alzò la tazza
dal piattino, ma prima di posarvi le labbra notò
l'espressione dell'altro e decise bene di non bere.
«Non è quello che mi dici quan-
AHAHAH-AHIA!», la sua risata, provocata dal fatto che il suo
ragazzo aveva sbarrato gli occhi all'impossibile, fu stroncata dal
calcio nello stinco che gli arrivò sotto al tavolo.
«Cosa ho fatto??», si lagnò, mettendo su
il broncio, ma non ricevette subito una risposta poiché
Takamasa aveva avuto la sua tregua e si era finalmente potuto concedere
un primo sorso di caffé.
«Hai vinto. Sei più bravo di me, a questo
gioco.»
«Stare sopra, dici? Ma lo so; ti ricordo che sei tu quello
che vuole sempre sta- La finisci di prendermi a calci?! Sono
delicato!»
«Pensavo ti piacessero le cose violente, scusa.»,
riprese a scherzare e Masahito, dopo avergli lanciato una sguardo di
fuoco, gli fece cenno con l'indice di avvicinarsi e si sporse verso di
lui. Quando i loro visi furono a pochi centimetri di distanza, allora
sussurrò «Sei tu quello che mi piace, tutto il
resto mi è indifferente.», schioccò la
lingua sul palato rischiando di distruggergli un timpano, e mentre si
stava riaccomodando sulla sedia gli fece l'occhiolino.
«È
andata tanto male?»
«Non ho
dormito.», nonostante la risposta apparentemente incoerente,
Shinji poté capire quanto fosse delicata la questione.
«Senti, Maya, so che sono il primo a rimproverarti quando ozi
e perdi tempo, ma se hai bisogno di parlarne, fallo. Okay?»
Masahito
alzò gli occhi su di lui, fissandoli nei suoi. Li teneva
leggermente più aperti del normale, ed il chitarrista ebbe
qualche problema nel cogliere il suo stato d'animo. Più che
altro si sentì confuso dal dolore che aveva sentito nella
sua voce, al quale si era unita ora una sorta di felicità
inspiegabile. La verità, tuttavia, non era poi
così complicata, e quell'emozione andava identificata come
semplice ma profonda gratitudine.
«Grazie,
'Ji-san.», annuì celermente, «Ma ora
voglio buttarmi di testa nel lavoro e non pensarci.»,
tentò un sorriso che, per quanto sincero, risultò
comunque macchiato da una certa tristezza.
«Ottimo,
ieri sera mi è venuta in mente una melodia per quel testo
che mi hai fatto vedere ieri pomeriggio, e ho trovato l'altra che ti
dicevo- Aspetta...», s'interruppe per alzarsi e andare a
raccattare la borsa. «Nooooo, noioso!», lo
chiamò, «Finiamo prima di registrare Ghost Heart, mancano solo i cori,
no?»
«Abbiamo
bisogno di Keichi-san, per quello. È lui che sa far
funzionare tutta questa roba.», spiegò indicando
il mixer. «Ma comunque arriverà, dopo,
più o meno alla stessa ora di Junjun.»
«Allora
andiamo con It's a
Wonderful Wonder World...»
«Hai deciso
per questo titolo, quindi?»
«Mh,
sì.»
Shinji allora si
alzò e tornò verso il divano, affianco del quale
stava riposta una serie di chitarre tra acustiche ed elettriche. Ne
afferrò una della prima categoria, ed una volta giunto
nuovamente al suo posto la imbracciò. «Allora,
questo è il testo, no?», disse cercando tra quelli
che aveva estratto qualche minuto prima dalla borsa il foglio su cui
Masahito aveva scarabocchiato il testo. «Pensavo a qualcosa
così-», continuò, ed infine
iniziò a suonare e canticchiare senza troppo impegno.
Terminata la prima strofa, domandò «Che ne
dici?»
«Nessuno ti
ha detto di smettere!», asserì con tono
autoritario il cantante, enfatizzando la frase con un movimento ampio
del braccio destro.
«Oh, mi
scusi, sua maestà!», rise Shinji. «Il
ritornello sarebbe tipo-» e riprese a cantare.
[Stiamo
insieme, se possiamo cambiare noi stessi completamente
Sto incidendo la mia voce proprio qui, per far sì che ci
incontriamo senza smarrirci]
«Okay, okay!
Non ti stancare troppo, prenditi una pausa.», prese ad
agitare entrambe le mani sotto al suo naso, come se avesse fretta di
farlo smettere. Shinji, confuso, lo guardò inarcando
istintivamente le sopracciglia.
«Ma...
Maya?»
«Sì?»
Allacciarono le loro
iridi e smisero anche di respirare, o almeno ne diedero l'impressione.
Sembrava avessero iniziato un discorso tacito, usufruendo di una
qualche tecnica di telepatia che nemmeno necessitava di un collegamento
mentale, ma che si accontentava di quello spirituale.
«Voglio
cantare io, tutto qui!»
Shinji
annuì, continuando a guadarlo torvo. «Canta,
allora!», lo invitò, avvicinandogli il foglio.
Ricominciò la canzone daccapo, ma arrivato il momento
Masahito non attaccò, così Shinji smise e
tornò a guardarlo, questa volta con fare interrogativo.
«Mi
vergogno!», spiegò abbassando gli occhi sul
foglio. «MAYA!»
Scoppiò a
ridere, buttandosi indietro con tutto il peso ed allontanandosi
involontariamente con la sedia. «Scherzavo!»,
esclamò, continuando a ridere. «Sai che mi piace
farti arrabbiare...», fece innocente, e Shinji non
poté ribattere in alcun modo, addolcito dalla tenerezza con
cui farcì le sue scuse.
«Lavora.», gli impose
severo, nella speranza di chiudere la questione lì. Con
Masahito la storia era quella solita del rimpiangere un suo stato
d'animo quando ne era di quello opposto, così quand'era
silenzioso e mogio, Shinji si ritrovava a desiderare tornasse quel
mascalzone di sempre, e viceversa.
«Jinji...»,
chiamò con voce piccola, riavvicinandosi di qualche
centimetro. Teneva la testa bassa, come se avesse paura di dirgli
ciò che era nelle sue intenzioni. «Non mi va di
stare su questa canzone...»
Il chitarrista
sospirò, posando poi la chitarra lì vicino.
Immaginava, dato come l'aveva trovato quand'era arrivato, che avrebbe
avuto qualche difficoltà, tuttavia non era tipo da forzare
le persone ad aprirsi. Tanto più che, conoscendolo, sapeva
che in quel modo si sarebbe solo chiuso ancor di più.
«Cosa
è successo, ieri, Maya?»
«Niente.»
«Ma'...»
«No, no. Il
mio è un niente che significa proprio niente.»,
specificò. Shinji commentò con un
«Avvincente!» sarcastico, e per fortuna l'altro
accennò ad un lieve sorriso. «Credo che sia
finita.», aggiunse Masahito dopo qualche secondo di silenzio,
e l'amico non poté evitare di avere un tuffo al cuore.
«Stai scherzando?! Ti ha lasciato?»
«No, ma
credo che l'avrei preferito. Avrebbe fatto meno male,
immagino.», continuava a parlare tenendo il capo chino, gli
occhi intenti a controllare minuziosamente quell'attento lavoro di
scrostamento dello smalto che aveva iniziato. Shinji avrebbe tanto
voluto che alzasse la testa e lo guardasse, sapeva che così
avrebbe capito esattamente quanto il cantante fosse rimasto ferito, ma
conoscendolo sapeva anche che ciò non sarebbe mai avvenuto.
«Perché?»
«Perché
sono settimane che mi chiedo che senso abbia stare con una persona se
non la si ama.»
«Ma
perché?!», insistette. Quella era una
conversazione tipica tra loro due; quando Maya aveva un problema,
certamente ne parlava con lui, ma ogni volta Aiji doveva tirargli le
parole fuori di bocca con le pinze.
«Perché cosa?», alzò
gli occhi al cielo per un attimo, mostrandosi infastidito da tanta poca
chiarezza, tornando poi alle sue unghie. «Perché
credi che non ti ami...»
«Non me l'ha
detto.»
«E tu?
Gliel'hai detto, di recente?»
«Non
è questo il punto, Aiji.»
«Rispondimi,
gli hai detto che lo ami?»
«No.»
«Allora vedi
da te che questa tua convinzione è basata sul nulla ed
è stupida!»
«Ma io
glielo dimostro!», sbottò quindi il vocalist,
innervosito. «Sono anni che stiamo insieme ma ancora adesso
mi sento un totale imbecille quando sono con lui, ancora adesso il
cuore mi va a mille quando lo vedo e... ! Cose
così.»,
concluse duramente, ingoiando un grumo amaro di saliva, cercando di
cacciare indietro le lacrime.
«Maya,
quello che so è che alle volte le persone hanno
modi particolari di dimostrare le loro
emozioni e che lui non è tipo da perdere tempo a stare con
qualcuno a caso. Puoi darmi torto?»
«Mi stai
sfidando?», non riuscì a trattenere un ghigno
soddisfatto, tornando in poco tempo il Masahito di sempre. A Shinji non
diede fastidio, perché sapeva che aprirsi lo metteva a
disagio, e prese quella sua ultima uscita come un tentativo di
ritornare alla loro solita, confortante abitudine. «Anche
se lo facessi, staresti avvalendo la mia tesi.»,
ribatté tuttavia pronto, determinato a non abbandonare
quella discussione, ad arrivare fino in fondo alla questione, ignorando
lo sbuffo di Masahito.
«E ti
ricordo che stare in tour per tanti mesi è stancante,
comunque.»
«Lo
so.», tornò serio il vocalist,
«Però...»
«Però
cosa?»
«I suoi
occhi, Aiji. Erano vuoti. Anche quando li ha puntati
nei miei, non ci ho visto niente. Niente. E nemmeno ho sentito
qualcosa nei suoi gesti o nelle sue parole. È questo a far
male, mica altro. Non è mai stato così spento,
mai. Era come se fossimo semplici amici di vecchia data che si
incontravano dopo tanto tempo.»
Shinji tacque,
dispiaciuto, alla ricerca delle parole appropriate da dire, ma
sfortunatamente nulla gli veniva alla mente, se non la consapevolezza
che più la sua risposta avrebbe tardato, più
l'altro avrebbe preso il suo silenzio come una conferma del suo
pensiero.
«E tu gli
hai fatto notare questa cosa? Gli hai detto ciò che pensi
stia succedendo?»
«Perché
avrei dovuto?»
«Perché
i problemi non si risolvono ignorandoli.»
«Sì,
ma che senso avrebbe andare da lui e dirgli "Ehi,
secondo me non mi ami!"?! È ovvio che mi
darebbe dell'idiota, e tutto sarebbe peggio.»,
bofonchiò quest'ultima frase come se gli costasse parecchio
ammettere che, per quella che sapeva sarebbe stata la sua reazione nel
sentirsi appellare in un certo modo, Takamasa avrebbe avuto ragione.
«Maya,
ripeto: solo parlandone potete sperare di risolvere i vostri
problemi.», inspirò profondamente per racimolare
un po' più di pazienza, che stava iniziando a scarseggiare.
Masahito sbuffò, e borbottando un
«Lavoriamo.» si rivolse verso il mixer,
afferrò con eccessiva veemenza il foglio con il testo su cui
fino a poco prima si trovavano ed infine si alzò di scatto e
si diresse verso le chitarre.
«Mi viene da
pensare che ti vada bene così, che sia tu quello che vuole
che finisca.», Shinji lanciò la sua ultima
provocazione. Conoscendolo, Maya non si sarebbe lasciato sfuggire una
sfida servita su un tale piatto d'argento, né, tanto meno,
sarebbe riuscito ad ingoiare la profonda indignazione suscitatagli da
tale affermazione.
«Non...
!», si voltò di scatto, le iridi in fiamme, un
dito puntato minacciosamente contro il suo migliore amico, il quale ora
sorrideva soddisfatto.
«Non...
?»
«Io ho già fatto tutto
quello che era possibile.», si sforzò di mantenere
un tono di voce pacato, ma il petto gli ardeva come non mai.
«Sono settimane, Shinji, settimane che ci provo. Direi che tocca
a lui fare qualcosa.»
DE's:
Ohllallà!
Sinceramente non ho
molto da dire, LOL.
- Il Keichi di cui
parlano maya e Aiji è inventato, e più o meno
tutto il resto perché non ho la minima idea di come la
registrazione di un album funzioni in generale, quindi tanto meno nello
specifico con loro x°°
- Le righe messe tra
parentesi quadre sono tratte da It's a Wonderful Wonder World, per
l'appunto, e anche più avanti inserirò pezzi di
canzoni (degli LM.C o di Miyavi), però va be', vi
specificherò ogni volta quale e via (y)
Come avrete potuto
notare questo capitolo è più lungo del
precedente, ma non vi prometto questa costanza - anzi, vi assicuro che
non ce ne sarà afghjk
Okay, dopo queste
penosissime note mi dileguo 8D, naturalmente spero il capitolo vi sia
piaciuto e vi invito a farmi sapere che ne pensate uwù
Ringrazio Shi, Vortex, Reiko, e J. (che strano mi fa chiamarti così, donnah! xDD) per aver recensito lo scorso
capitolo ♥
A presto dolcezze,
read ya!
de-
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