In my dreams I've always seen you soar above the sky...

di GredandForge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Londra. ***
Capitolo 2: *** Andrej. ***
Capitolo 3: *** Si torna a casa! ***
Capitolo 4: *** Lettere ***
Capitolo 5: *** Angélique ***
Capitolo 6: *** Quartier Generale Royal Air Force: Elliot Green ***
Capitolo 7: *** Ti voglio bene! ***
Capitolo 8: *** Casa, dolce casa ***



Capitolo 1
*** Londra. ***


Tanti erano i bambini che avevano perso i genitori a causa della guerra.
Non molti erano quelli più fortunati, che abitavano in quella grande casa nella periferia di Londra, meglio nota come "Orfanotrofio Harrods", accuditi dalle amorevoli cure di miss Marple e msr Shine.
Parecchi quelli costretti a lavorare nelle fabbriche.
Altrettanti quelli in giro per le strade senza un luogo dove andare.

 

Correva l'anno 1945, gennaio trascorreva lento e inesorabile, e la guerra volgeva al termine, su tutti i fronti europei.
Londra era umida, grigia, fredda.
Piaveva.
Tutti i bambini del colleggio Harrods avevano i loro nasini schiacciati contro i freddi vetri delle finestre del grande salone.
"Potremmo mai uscire?" sospirò uno dei tanti.
Andrej.
Era un ebreo polacco, sfuggito non si sa come, ai tedeschi. E ignoto è anche, come abbia fatto ad arrivare a Londra. Da solo, senza l'ausilio di nessuno.
Lui non ricorda niente, o poco.
I suoi grandi occhi vivaci, blu oceano, si erano persi oltre il vetro trasparente della finestra.
Insieme a loro, seduta tra loro, vi era una giovane donna britannica: miss Marple.
Chiunque l'avesse vista almeno una volta, anche solo di sfuggita, aveva capito che quella donna, era nata per far soltanto una cosa: amare.
Offriva aiuto a chiunque fosse in difficoltà, senza badare se fosse di religione, colore della pelle, o ideali differenti.
Lei aiutava tutti indistintamente.
E poi, c'era quell'innata vena materna, che la rendeva così fragile agli occhi degli altri.
Oltre all'essere un'esile donna.
I capelli biondo miele boccolati, le ricadevano sulle spalle, mentre cercava di confortare i bambini; accarezzandone ora uno, ora un altro.
Posò la sua mano affusolata sulla testolina del biondo - e spettinato - Andrej.
"Su bambini, sembra che questo sia il vostro primo inverno..." sussurrò, per non rompere quel silenzio, quasi fiabesco, che si era creato.
"Però con questa guerra sembra non finisca mai!" sbuffò una delle bimbe più piccole. Le mancavono i dentini supediori, quelli centrali. I primi denti da latte, che cadono quando si inizia a crescere. "Un giorno mi dovranno spiegare a cos'è servito tutto ciò..."
Miss Marple le accarezzò il visetto paffuto, e guardanodo fuori rispose: "Finirà presto..."
Ne era convinta.
E non aveva tutti i torti.



In una delle stazioni ferroviarie della capitale Britannica, - sopravvissuta al bombardamento - era appena arrivato un treno diretto, proveniente dal Canale della Manica.
I passeggeri erano per lo più soldati che tornavano in patria, dalle loro famiglie.
Gli altri erano delle semplici persone, gruppi di amici, conoscenti, parenti, famiglie, arrivati lì, nel Regno Unito, per ricominciare, e sperare in un futuro migliore, sotto il cielo britannico.
Tra tutti, vi era una ragazzina, con in mano una valigia, che indossava una camicia, una maglioncino marrone, e dei pantaloni, che forse non erano i suoi, visto che le vestivano un po' grandi. In testa, aveva un berretto marrone, forse del padre, che le raccoglieva i bellissimi capelli rossicci. La visiera faceva intravedere i suoi vispi occhi verdi-azzurri.
Era un'adolescente, quindici anni, e una corporatura minuta, resa ancor più esile dalla guerra, dalla fame e dal freddo.
Così si presentava, tra tutta quella gente, Cecilia Anne Walker.
Era sola, persa nella fitta nebbia londinese, alla ricerca di un posto dove passare la notte.
Cercava aiuto. Qualcuno che le dicesse ch strada imboccare, per andare avanti.
Conosceva la lingua del posto, non aveva problemi, se la sarebbe cavata, era nata a Teaneck, nel New Jersey, il padre era americano.
Cecilia Anne Walker, ora si trovava a Londra, ma prima?
Prima che Hitler e Mussolini salissero al potere, lei dov'era?
Abitava in Italia. Alla periferia della Roma anni '30, in un villino con giardino, il suo cane Berry, il suo adorato fratello e i suoi genitori.
Allora era felice.
Allora... Ora era triste, infreddolita, e aveva solo voglia di piangere.
Aveva perso tutto. La casa, la famiglia, gli amici...
Anche se non era ebrea, poteva benissimo condannare Hitler e Mussolini: era colpa loro, se era scoppiata la guerra.
E se il fratello era dovuto partire.
D'apprima volontario.
Uno degli americani che avea offerto man forte alla RAF, quando l'Inghilterra era assediata dai caccia tedeschi.
La squadriglia Eagle.
Da qualla missione, era tornato sano e salvo.
Tornato... L'America era entrata in guerra dopo quella domenica 7 dicembre 1941, quando i giapponesi attaccarono la baia di Pearl Harbor con i la loro aereonautica.
In quel periodo non era molto preoccupata, il fratello le scriveva tutti i girni: era stato spedito sul fronte oriantale, a bombardare la Germania.
Le lettere cessarono. E non perché la corrispondenza impiegasse, settimane per arrivare al destinatario. Era successo qualcosa, ma nessuno ne sapeva nulla.
E dopo mesi, Cecialia con risolutezza, decise che era giunto il tempo di cercare suo fratello. Non poteva esser sparito così, nel nulla.
La prima cosa che le venne in mente, era di un amico del fratello, incontrato quando prestava servizio alla RAF, un ufficiale britannico, il Tenente Elliot Green.
Voleva trovarlo, e chiedergli se sapesse qualcosa, era la sua unica speranza: mamma e papà erano stati portati via dal Generale Inverno dopo aver fatto enormi scrifici.
Cecilia sperava fosse vivo.
Sapeva in cuor suo, che il fratello era vivo.

Camminava con la valigia in mano, lungo le fredde e semi-deserte strade della capitale. Le sembravano tutte così dannatamente uguali.
Che si fosse persa?
Con la testa fra le nuvole, si scontrò con una signora di mezza età.
Le chiese cordialmente scusa.
Cecilia era bagnata come un pulcino.
La donna, dai capelli grigi raccolti in un elegante chignon, la guardò per alcuni istanti, attraverso le lenti dei suoi occhiali da vista: sul volto aveva dipinta un'espressione severa, e al contempo dolce e gentile.
"Ti serve aiuto?" le chiese, riparandola un po' con il suo ombrello.
La ragazza ringraziò.
"Sì, per favore. Sto cercando un posto dove passare la notte" fu vaga.
La donna continuò: "Sei sola, dove sono i tuoi genitori?"
Cecilia annuì.
Le sembrava una di quelle conversazioni che aveva fatto col padre, prima che lui se ne andasse, quando cercava di prepararla a situazioni del genere: lei sola, in una città straniera.
"I miei genitori sono morti tempo fa..." nemmeno una lacrima scese sulle guance della ragazza. Ormai vi aveva fatto l'abitudine.
Non ricordava quando era successo.
Era partita da Roma attraverasando mezza Italia con l'aiuto di una ragazzo, e amico, partigiano. Per poi passare dalla Francia, prima di prendere  un traghetto e il treno, e arrivare fin lì.
Non aveva la più pallida idea di quanto tempo fosse passato.
" Mi spiace... Vieni, ti porto con me" le propose dolcemente, con un sorriso.
Le sembrava una brava persona, e decise di seguirla.


Continua...

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Capitolo 2
*** Andrej. ***


Il posto era carino: una grande - ed era poco - villa con giardino - altrettanto enorme, e un cancello rosso, molto più scuro dei tetti delle case.
"Benveuta all'orfanotrofio Harrods" le sorrise la donna, spingendo il maestoso cancello, entrando dentro al giardino.
Il cortile sembrava un parco pubblico. Era pieno di verde, ben curato, con molti cespugli di fiori stupendi.
Anche se era pieno inverno, Cecilia riuscì a riconoscere alcuni tipi di piante, e foglie.
Rose, ortensie, viole, margherite... aveva l'impressione di aver visto anche un iris. In più, vi era anche una grande quarcia. Cecilia pensò che sarebbe stato un ottimo posticino per leggervi un libro d'estate, sotto la sua ombra.
In mezzo a tutto ciò, vi era un viottolo fatto di ghiaia, che partiva dal portone principale della villa, e arrivava al cancello rosso.
Sembrava di essere in una di quelle fiabe che le raccontavano da bambina.
Si destò da quei pensieri, quando la donna le diede il benvenuto.
Orfanotrofio?
Lei doveva cercare il fratello, non restare in orfanotrofio.
"Puoi restare quando vuoi... o aspettare una nuova famiglia"
La ragazzina non credeva alle ultime parole: una nuova famiglia.
Lei l'aveva una famiglia. Mancavano mamma e papà, ma il fratello era abbastanza adulto per prendersi occuparsi di lei ancora un po'.
Finse di non aver sentito quell'ultima metà frase.
"Grazie mille" rispose riluttante.
Attravesarono il cortile, e varcarono il portone di legno in religioso silenzio.
Doveva essere un villa di uno dei borghesi del settecento. Il portone era molto antico, ma comunque bene messo.
Davanti a Cecilia, apparve una possente scala, che si divideva in due, tipica dei palazzi nobiliari. Reputò fortunato quel luogo. Sfuggire ai caccia tedeschi, davvero una gran cosa.

Non appena la donna richiuse il portone, una testolina bionda, sbucò da dietro una delle due porte che si trovavano sul lato sinistro del corridoio.
"Mrs Shine!" esclamò il bimbo, correndo incontro alla donna. Indosso aveva una completino simile alla divisa della marina americana.
"Andrej!" lo riprese la donna. "Non dovresti essere con miss Marple?"
Il biondino abbassò lo sgurado, e rispose: "Ma mia annoio!" poi rivolse una fugace occhiata all'italo-americana. " E' nuova?" chiese, ma subito dopo aggiunse: "Hanno avuto pietà, o sei scappata? Io mi ero nascosto e non mi hanno trovato" sorrise orgogliosamente.
Naturalmente intendeva chiederle se la causa dei suoi guai - ammesso che ne avesse - fossero i soldati tedeschi. E come fosse successo.
Cecilia lo guardò, posò la valigia vicino a lei, e si chinò all'altezza del bambino, per guardarlo megli in volto.
"Sono scappata" gli rispose accarezzandogli i capelli arruffati. "Ma sono alla ricerca di mio fratello" abbozzò un sorriso.
Lo aveva detto perché la donna sentisse? Forse.
"Da dove vieni?" continuò la sua piccola indagine il polacco biondo.
"Italia... Ma sono nata negli Stati Uniti" mormorò la ragazzina.
Non si sentiva un nemico. Gli americani erano loro alleati.
"Come ti chiami?" era curioso. Forse un po' invadente. Quella era una domanda che comunque si faceva sempre. La prima di tutte.
Come tutti i bambini della sua età voleva sapere.
Cecilia non gli dava più di sei o sette anni.
"Cecilia Anne Walker. Ma puoi chiamarmi Annie o solo Cecilia se vuoi" lo osservò per alcuni istanti. Era così innocente.
Mrs Shine interruppe il loro discorso chiedendo ad Andrej di accompagnare la ragazza in una delle camere libere la piano superiore, immaginando che fosse stanca visto il lungo viaggio.
La villa era molto più grande e immanse all'interno che all'esterno. Ed era tenuto anche molto bene.
La camera che le assegnò il biondo bimbo, era una delle centrali, di un lungo corridoio.
La porta in legno, come le altre.
Andrej la aprì, scoprendo una piccola stanza con mobilio. Si percepiva appena l'odore di menta piperita, sovrastato dal chiuso e dalla polvere.
Ammobiliata con lo stretto necessario: un letto, un armadio e un comodino.
Tutti in ciliegio.
I più fortunati -coloro che dormivano in coppia, o in tre- avevano, chi un piccolo scrittoio, chi una seggiola.
A detta di Andrj.
Cecilia entrò, posò la valigi di fianco al letto, e si sedette sul materasso.
Il letto era alto, e i suoi piedi sfioravano il pavimento con le punte.
Con sguardo spento guarcava le proprie scarpe. Andrej si era seduto accanto a lei.
"E tu, qual'è il tuo nome?" chiese dopo istanti di incessante silenzio.
"Andrej" rispose il bimbo " Il cognome non lo ricordo"
Cecilia gli accarezzò i capelli colo paglia: "Come sei arrivato qui?"
Il bambino sospirò, e si accoccolò tra le braccia della ragazza.
"Non lo ricordo.
Io vivevo a Cracovia. Faceva freddo, e i tedeschi trovarono il nostro nascondiglio.
Papà diceva che prima che qualcuno avesse potuto trovarci, la guerra sarebbe terminata, e i tedeschi sconfitti.
Alloggiavamo nello scandinato di un vecchio palazzo disabitato. Era impossibile trovarci, aveva ragione; lo avevano perquisito da cima a fondo prima del nostro arrivo. Non uscivamo mai, e la gente non sapeva della nostra esistenza. Mentre i nostri amici sapevano che eravamo partiti per la Russia... E poi i polacchi si sono sempre aiutati tra loro!
Peccato che la guerra cambi gli animi delle persone..." una lascrima calda e salata scivolò lungo la guancia rossa del bimbo.
Cecilia l'abbracciò, lo strinse tra le sue braccia, accarezzandogli la testolina bionda e spettinata, la schiena.

Andrej singhiozzava.
Singhiozzava parole.
Singhiozzava la sua voce.

Annie gli sussurrò di calmarsi.
Gli sussurrò di fermarsi.
Gli sussurrò parole dolci.

Come la sua mamma aveva fatto con lei più volte quando era bambina; come aveva -sicuramente- fatto la madre di Andrej.

Si addormentarono.
L'uno di fianco all'altra: abbracciati, nello stesso piccolo letto.

Stavano stretti tra loro, in una fredda e piovosa londra del gennaio 1945,
un bimbo polacco sfuggito ai tedeschi,
e una ragazzina italo-americana alla ricerca del fratello.

 

Continua...

 

 

 

 

{ Angolino:
Volevo ringraziare tutti coloro cha hanno letto il primo capitolo.
Spero vi sia piaciuto, come spero vi piaccia questo.
E' la mia prima storia originale che pubblico.
La prima ambiantata in un contesto storico. ( Di solito ho sempre scritto storie fantasy, di avventura, o sul calcio )

Non ho altro da aggiungere, se non buona lettura, e buon divertimento.
Andy_Pancake

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Capitolo 3
*** Si torna a casa! ***


p>Leningrado, 1945.
US Air Forces

Una stanza del dormitorio "J" degli ufficiali aereonauti appartenenti all'Armato Rossa, era immersa in uno straordinario silenzio.
Era abitata da qualche mese da quattro ufficiali dell'aereonautica militare Statunitense, che mandati a bombardare la Germania, avevano fatto rotta sulla Russia, perché privi di carburante, alla ricerca di un aiuto.
Tutto quello che avevano ottenuto, era quella camera, e la razione di un generale.
La Russia era ridotta davvero male. Quella che era la razione dei loro generali, loro non riuscivano a paragonarla a nulla. Anche i tedeschi stessi, stavano meglio!
E mangiavano meglio...

Era giorno di riposo per i quattro americani.
"Giorno di riposo" che durava da quando erano approdati nella città russa.
La guerra volgeva al termine, ed erano sempre più quelli che tornavano a casa.
Sempre meno quelli tutti interi.
Tanti i mutilati -per non parlare dei morti; i primi a partire.

"Ragazzi, torneremo dalle nostre famiglie... prima o poi?" interruppe quel religioso silenzio uno dei quattro ufficiali, sdraiato sul materasso del letto superiore.
Giovani, non arrivavano ai venticinque anni.
"Scacco matto Jack" fece un altro, sul letto parallelo.
L'uomo a cui si era riferito il secondo sbraitò irritato, e il suo avversario sorrise soddisfatto.
Sembrava fosse imbattibile e vincesse spesso.
"Johnny" riprese il secondo, rivolgendosi al primo "Forse. Sempre ch i russi non ci tengano in ostaggio... a quanto pare non gli stiamo molto simpatici"
"Tsk, gli unici americani sbarcati in Russia. Avrei preferito morire sotto i fuochi di Pearl Harbor, che per mano di sporchi comunisti!" ribattè il primo, Tenete Johnny Foster.
Il militare che aveva vinto la partita a scacchi, ora scriveva una lettera.
"Roy, che senso ha scrivere una fottuta lettera, quando sai che sarà bruciata, o andrà perduta?" sospirò lo sconfitto Capitano Jack Miller, omettendo un 'casualmente' ironico.
L'interpellato -un ragazzo moro, alto con occhi corvini, più neri della pece- si voltò verso il commilitore: "La speranza è l'ultima a morire" ribattè ironicamente, riprendendo il suo 'lavoro'.
Gli altri due ridacchiarono.
La stanza diventò atona.
Era a mala pena percettibile il rumore della penna che si posava sul foglio bianco, dove stava riportando i suoi pensieri il Capitano Roy Walker.

Roy Daniel Walker
.

Scriveva spesso l'ufficiale. Nessuno sapeva a chi fossero dirette quelle lettere.
Single, non il classico soldato che passava la sera in un bordello quando vi era l'occasione.
Nessuno dei tre attuali commilitori e connazionali, gli aveva mai posto quella domanda.
Tempo addietro, durante il suo periodo da volontario in Inghilterra, un solo ufficiale aveva tentato di scoprire il destinatario.
Lo considerava un buon amico, forse il migliore, si fidava di lui.
E lui si fidava del -allora- Tenente Walker.
"Scrivo alla mia famiglia" aveva risposto dapprima. "A mia sorella" aveva aggiunto.
Tutte le lettere erano indirizzate alla minore. Dava poche informazioni al padre e alla madre, non voleva farli preoccupare.
Era più piccola di lui di cinque anni, e sin da quando era arrivata in casa l'aveva protetta. Ai suoi occhi da bambino era apparsa così piccola e indifesa, che si era ripromesso di difenderla, anche a costo della sua stessa vita.
Aveva appena compiuto sei anni quando aveva fatto quella promessa, nascondendo sotto il vecchio olmo che avevano in giardino un porta pranzo in latta rosso, contenente dei piccoli tesori per un bambino della sua età, quali: dei disegni, qualche foglio scritto, alcune delle sue biglie, dei riparmi...
E da allora l'aveva sempre mantenuta.

La quiete venne interrotta da un rumore esterno: una mano chiusa a pugno che batteva delicatamente sulla porta in legno bianca.
Dopo poco, ecco che apparve un sottufficiale con un cartella in mano.
"Tenenete Johnny Foster; Tenete Joseph Russo; Capitano Jack Miller; Capitano Roy Danile Walker" chiamò.
I quattro ufficiali si misero sull'attenti.
"Recuperate le vostre cose, tra quindici minuti si torna a casa" l sottufficile portò la mano sulla fronte, come da saluto tra commilitori "A nome dell'America, grazie per il lavoro svolto in questi anni"
Si scambiarono il saluto militare, ed uscì.
"Johnny a quanto pare quel tuo 'prima o poi' è finalmente arrivato!" rise Joseph, risalendo sul letto per raccogliere le sue cose.
Quel Sottotenente aveva portato una ventata di entusiasmo, gioia e felicità negli animi dei soldati, che mancavano da parecchio tempo.
Non avevano molto: una piccola sacca -vuota, più o meno- a testa. Tutto era stato lasciato al campo d'addestramento in Tennesee, dai due Tenenti e da un Capitano.
Roy aveva tutto in Italia, a Roma, nella sua casa in periferia.

Infilarono la divisa e il giaccone in pelle frettolosamente. Erano al corrente che dalla Russia sarebbero dovuti partire in treno: i loro aerei erano stati usati dall' Armata Rossa.
Avrebbero fatto scalo in Francia, preso un piccolo traghetto che li avrebbe portati in Inghilterra, e da lì, con un transatlantico avrebbero raggiunto New York.
Erano vicini gli Stiti Uniti.
Terra di Libertà,
Patria del coraggio.

Roy si sarebbe fermato in Francia, e avrebbe preso un altro treno, che l'avrebbe portato a Roma.
Era certo di ritrovare lì la sua famiglia.

La locomotiva partì.
Era colma di soldati semplici e ufficiali.

 

Leningrado, Gennaio 1945
Cara Annie,
sto per tornare a casa. Sono su un treno russo diretto in Francia, in compagnia di tre commilitori americani.
Sono molto simpatici. Ricordi, ti ho parlato di loro nelle precedenti lettere. Sono diretti a Londra.
Finalmente questa insulsa guerra è finita anche per noi. Sta per finire per tutti, manca veramente poco.
Sono sempre di più i soldati sani che tornano dalle proprie famiglie.
Sarò a casa tra pochi giorni. Mi manchi tanto.
Come stai? Stai studiando?
Il Natale lo avete passato bene? Volevo essercia anch'io...
Cos'hai ricevuto? Spero quello che desideravi. Babbo Natale è sempre acconsenziente con le bimbe buone
e generose.
La mamma e il babbo, stanno bene anche loro?
Hai visto l'Esercito americano? L'hai salutato?
Sì, perché tu sei una brava bimba, certo che hai salutato.
Scommetto che hai indossato il vestito celeste che hai sempre messo a Natale.
Sei una bimba!
Non vedo l'ora di riabbracciarti,
Danny

 

Il Capitano Walker scrisse le lettera prima di uscire dalla stanza.
E la spedì pochi minuti prima che salisse sul treno con in spalla il fucile e lo zaino.

 

Continua...

 

 

 

Angolino:
Ringrazio ancora tutti quelli che continuano a leggere questa storia, e a tutti quelli (ci SPERO TANTO ) che continueranno a farlo e alla nuove reclute (?).
Volevo informarvi solo di una cosa: i primi due capitoli erano un capitolo solo, li ho divisi solo perché... non lo so perché l'ho diviso e basta, mi andava di far così! e3e XD
Vi dico questo solo perchè è la storia delle vite di due fratelli messe in parallelo (o quasi ), e alternate per dar voce ad entrambi...
See you,
Andy_Pancake

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Capitolo 4
*** Lettere ***


Nella piccola stanza situata al secondo piano dell'orfanotrofio Harrods, una ragazzina dai lunghi capelli rossicci ronfava nel suo letto caldo.
Erano passati alcuni giorni dal suo arrivo, e molte cose erano cambiate, e stavano mutando: bambini di tutte le età, venivano adottati, o - i più fotunati- riabbracciavano i loro parenti. Spesso erano zii, o familiari, ma non mancavano i papà militari, tornati sani e salvi dal fronte.

Andrej aprì la porta e corse sul letto dell'italo-americana. In mano aveva una lettera. Saltellava sul materasso, intimando alla ragazza di svegliarsi perché era tardi.
Succedeva tutte la mattine, più o meno da sette giorni: Andrej si svegliava, scendeva al piano terra, prendeva la posta, e correva nella camera dell'ultima arrivata.
Che trovava sempre sotto le lenzuola.
 "Cecilia svegliati! C'è una lettera per te!" con un balzo si sedette sullo stomaco della ragazza. Che si destò, e lentamente si mise a sedere, ruluttante, e ancora nel mondo dei sogni.
Bofonchiò qualcosa sui modi di fare del ragazzino, sbadigliando.
"Vieni qui..." mormorò, mentre stropicciava l'occhio destro, e con il braccio opposto alzava le coperte per far sedere accanto a lei il biondo.
Accoccolatosi vicino a lei, Andrej le diede la lettera. 
Grazie a Miss Marple, Cecilia riuscì a recuperare tutte le lettere che il fratello le aveva spedito presso l'indirizzo della loro casa a Roma... e anche quelle che le spediva ancora. Non sapeva come la donna ci fosse riuscita, ma era stato sicuramente un vero e proprio colpo di fortuna. E per ciò, le era riconscente. Da Roma arrivavano a Londra; e da Londra il postino le portava all'orfanotrofio.
"Cosa dice?" chiese curioso il bimbo, increociando le gambe.
Cecialia lesse il contenuto velocemente, e silenziosamente. Di solito era una lettura lenta, e ad alta voce, così che anche il biondino ascoltasse. Ma quella mattina aveva visto una parola nel testo che non le era piaciuta, e aveva deciso di tenere il contenuto per sè. Alla fine non vi era nulla di compromettente, o che per un bambino di sei anni  non fosse stato adatto.
Quando ebbe finito ripose il foglio nella bustina, e la conservò nel cassetto del comodino accanto al letto.
"Era a New York City, sarebbe partito per liberare le Francia. In Normandia..." rispose. Ripensò al suo viaggio.
Quando la lettera era stata spedita lei era ancora in Italia. E questa aveva firmato l'armistizio con gli alleati l'anno prima. Per essere precisi, l'anno prima, il 1943, in Sicilia erano sbarcati gli Alleati, e per qualche tempo aveva sperato che tra tutti gli anglo-sassoni presenti ci fosse anche suo fratello. Aveva visto l'esercito tedesco arretrare pian piano.
Era partita per la Francia l'inverno successivo, nel 1944, quando questa era completamente libera,e De Gaulle era il presidente. Rimasta per due mesi nella città dell'amore, nota anche come Parigi, aveva attraversato la Manica, ed era arrivata a Londra.

Andrej la guardò con occhioni dolci:" Leggiamo anche la prossima?" chiese petulante. Le lettere erano arrivate tutte, o quasi, ma Cecilia aveva stabilito di leggerne una al giorno. Quella mattine ne lessero però, ben cinque.
Scesero nella sala da pranzo da pranzo per fare colazione. Erano gli ultimi. Nella stanza con loro, trovarono Beatrice (la bambina alla quale erano caduti i due incisivi) e Alexandre, un ragazzo di tredici anni, riconoscente a Miss Marple: lo aveva portato all'orfanotrofio dopo averlo trovato tra le macerie di un palazzo bombardato dai tedeschi della Luftwaffe, mentre cercava i genitori e i fratelli più piccoli. Nessuno era sopravvissuto.
"Buongiorno Cecilia!" salutò Beatrice "Ciao Andrej, come mai così in ritardo?" chiese, aspettando che Alexandre le spalmasse della marmellata sulla sua fetta di pan tostato.
"Abbiamo letto ben cinque lettere oggi!" rispose entusiasta il bimbo, accomodandosi sulla sedia di fianco la bambina.
"Davvero?" fece Alexandre, porgendo la fetta di pane alla bambina, guardando Cecilia che riempiva due tazze di latte caldo.
"Sì" rispose la ragazza annuendo. "Andre, tu nel latte due cucchiani di zucchero, vero?"
"Sì, Ceci!" Le rispose il bimbo raggiungendola. Il polacco prese un vassoietto, vi mise due piattini, e su questi vi adagiò due brioche, qualche biscotto e delle fatte di pan tostato. La marmellata e il burro erano già sul tavolo. Si  munì di posate.
"Vuoi mangiare tutta quella roba?" chiese l'italo-americana, posando le due tazze sul tavolo, e aiutò il bimbo con il vassoio, che le annuì risoluto.

 

Londra, gennaio 1945
Caro Danny,
Mi rammarica dirtelo in questo modo, ma la mamma e il papà ci hanno lasciato.
Il Generale Inverno li ha portati con se, intraprendendo un viaggio lungo, e senza ritorno.
Io ho lasciato casa.
Sono stata due mesi in Francia, alloggiando a casa di una brava ragazza. Quando
torno a Roma devo ricordarmi di ringrazierla, e di passar a prendere Berry.
Angélique, questo è il suo nome, si è offerta di prendersi cura di lui fino a
quando non sarei tornata per riprenderlo.
Ora sono a Londra, all'orfanotrofio Harrods. Sono venuta qui per avere tue notizie.
Le lettere che mi hai scritto, le avevano trattenute a Roma, senza nemmeno controllarle.
Stai attento.
Ti voglio bene,
Annie

 

Quando ebbe finito di scrivere, piegò il foglietto e lo infilò nella busta già francobollata, e la conservò nel cassetto, insieme a quelle del fratello. 
Era la prima lettera che gli scriveva dopo tanto tempo. Avrebbe voluto spedirgliela, ma non saeva a quale idirizzo...
Guardò fuori dalla finestra, era già calata la notte. Sul manto nero - blu scuro, slendevano triliardi di stelle, insieme alla luna.
Bussarono alla porta.
Un tocco impercettibile.
Non si trattava nè di Miss Marple, nè di Msr Shine.
Cecilia scese dal letto, e quatta quatta, si avvicinò alla porta, aprendola lentamente. Dietro, vi comparve la figur inquieta di Alexandre, ancora vagante nel corridoio, dopo il coprifuoco.
"Pomeriggio Andrej mi ha parlato di Elliot Green" disse entrando.
Chiuse la porta alle sue spalle, prima che Cecilia potesse, riuscisse ad aprire bocca. "Mi ha obbligato a dimenticare tutto, perché gli è semplicemente sfuggito. Non sai quanto si preoccupi quel bambino per te" sorrise, scuotendo il capo divertito. 
 Cecilia lo guardava attonita e confusa.
Alexandre continuò: "Io conosco Elliot. Era amico e sottoposto di mio padre, prima che andasse in penzione. Se vuoi, posso accompagnarti in caserma domani, quando esco per le commissioni di Miss Marple"
La ragazza non credeva alle sue orecchie: poteva finalmente sapere dov'era suo fratello, e magari, anche rintracciarlo. Saltò al collo del ragazzo, abbracciandolo forte. Sussurrò all'orecchio del ragazzo un'infinità di: "Grazie!"

 

 

Continua...

 

 

 

 

Angolino:
Scusate il ritardo, ma ho avuto qualche problemino con il pc. Spero che vi piaccia.
Ah! Qui ci sono due disegni:
Andrej: http://pancake9andy.deviantart.com/art/Andrej-283914207?q=gallery%3Apancake9andy&qo=1
E Cecilia:http://pancake9andy.deviantart.com/art/Cecilia-283943073?q=gallery%3Apancake9andy&qo=0
Non sono il massimo, ma spero vi facciano capire più o meno come li immagino... :)
Alla prossiama!
Andy_Pancake 

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Capitolo 5
*** Angélique ***


Nel treno faceva freddo. Tutti i soldati avevano il naso che sprofondava nel colletto del loro trench, o cappotto.
Alcuni scrivevano della corrispondenza, tanti quelli che pisolavano sulla spalla del proprio vicino e compagno, altrettanti quelli che guardavano fuori dal finestrino.
Erano passati quattro giorni da quando erano partiti dalla stazioni di Leningrado; attraversando Bielorussia e Polonia. Ora passavano attraverso la Germania.
Una Germania devastata dalla guerra. Rasa al suolo dalle bombe degli Alleati. Sconfitta sotto tutti i punti di vista.
Impiegarono un'altra notte e un altro giorno prima di giungere alla stazione pargina.
Il Capitano Walker salutò i suoi compagni, e decise di fare un giro per la città francese. Voleva comprare qualcosa per Annie. magari un cappellino, o un vestito.ì, un braccialetto, o un ciondolo... un peluche, anche quello andava bene.
Qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa, pur di rivederla.
Rivedere quel volto paffuto e sorridente.

Osservava le vetrine, reggendo con una mano il fucile sulla sua spalla, tenendo l'opposta nella tasca del suo giubbotto da aeronauta.
Era passato quasi un anno da quando la Francia era stata liberata, eppure le strade di Parigi pullulavano di gente. E nonostante lui fosse in divisa, era ben integrato con la gente del posto.
Nessuno era turbato dalla sue presenza.
A parte un piccolo Cavalier King Charles Spaniel dalle orecchie marroni, che gli era saltato addosso -facendolo cadere- e non smetteva di leccargli il viso. Sebbene Roy facesse di tutto per toglierselo di dosso.
"Berry! Lascia stare il signore!" esclamò qualcuno, prendendo il cagnolino tra le braccia.
Berry ?
Quel Cavalier king era identico a quello di sua sorella: aveva persino  la macchia color cioccolato vicino alla coda. Che sua sorella...
Alzò velocemente i suoi occhi sulla ragazza: occhi celesti; capelli lunghi, boccolati, e biondi, ricadenti sulle spalle, attravesando l'intera schiena.
"Mi scusi, è la prima volta che fa così. Di solito Berry è un tipo molto calmo" interloquì la ragazza, mentre Roy si rimetteva in piedi. "Dico 'di solito' perché era solito fare molte feste alla sua padroncina Cecilia" ridacchiò, con un velo di malinconia nella voce.
Cecilia.
Il soldato trasalì.
Deglutì.
E osservò di nuovo il cagnolino. Che abbaiò, continuando a scodinzolare, quasi fosse felice di vederlo.

Berry.
La macchia color cioccolato.
Cecilia.

 "Ce-Cecilia?" chiese, accarezzando d'istinto il cucciolo.
La ragazza annuì. 
"Cecilia Anne Walker?" chiese incredulo, per le parole che aveva appena pronunciato.
Berry gli leccava il palmo della mano.
La bionda lo guardò attonita, annuendo: "La conosci?" gli chiese.
Lui fece 'sì' con la testa. "E' mia sorella" rispose con un fil di voce. aveva una brutta sensazione. Un groppo gli serrava la gola.
La bionda sbarrò gli occhi: "Oh mamma! T-Tu sei Danny!" 
Roy la guardò incredulo: come conosceva il suo soprannome?... Beh, se conosceva sua sorella, era più che normale, no?!
"Dov'è?" le chiese con il cuore che batteva all'impazzata. L'aveva trovata. ma cosa ci faceva lì, a Parigi?
Non importava... in quel momento.
Le piccole spalle della ragazza scomparvero nelle mani del soldato. La ragazza chinò il capo: "Mi dispiace" Roy trasalì. Il cuore si fermò per un secondo. "E' a Londra" lo guardò con due grandi occhi colmi di tristezza.
Il Capitano tirò un lungo e grande sospiro di sollievo. Poi si rese conto delle parole della ragazza: "A Londra?!"
Lei annuì ancora: "E' partita qualche settimana fa. Voleva trovarti, non riceveva tue notizie da mesi. E visto che i suoi genitori sono morti, ha deciso di cercare quell'Elliot di cui le hai tanto parlato, andando al quartier generale della RAF. Dove sei stato volontario" vide lo sguardo spento del giovane, e si tappò la bocca."Scusa!" Avevo scordato che siete fratelli. Mi... Mi dispiace"
Lui scosse la testa: "Un po' me lo aspettavo. Mi ero preoccupato per Annie. Lei è poco più che ragazzina, ha tutta la vita davanti" le sorrise.
Sorrise anche lei.
"Oh che scortese!" esclamò, poggiando Berry per terra, tenendolo per il collare, e barrendosi una mano sulla fronte. "Non mi sono presentata. Piacere, Angélique Le Noire" gli porse la mano amichevolmente.
L'aeronauta la strinse rispondendo: "Roy Daniel Walker... Danny!" aggiunse ridendo.
"Vieni, ti spiego cos'è successo davanti una bella tazza di the caldo. Vuoi?" propose.
Roy accettò volentieri.

La casa della ragazza, un piccolo appartamenti in uno dei tanti condomini alla periferia della capitale.
Arredata con un mobilio semplice ma di classe. Come appariva Angélique. La casa rispecchiava la personalità della francese. Semplice e ordinata.
Angélique raccontò al Capitano di aver incontrato Cecilia per caso: lei e Berry si erano riparati sotto il portico di un palazzo, attendendo che il temporale terminasse. Lei li aveva ospitati, e si era offerta di prendersi cura di Berry fino al ritorno della ragazza.
"Da allora non l'ho più vista, nè sentita. Penso sia a Londra. Magari ti sta aspettando..." concluse, sorseggiando il suo the caldo alle rose.
Il soldato, assorto tra i suoi pensieri più cupi, si destò: magari lo stava aspettando.
"Devo andare a Londra!" disse risoluto, balzando in piedi.

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

Angolo autrice:
Ma salve! :D
Scusate il ritardo, ma nonostante qui nella mia città ci sia la neve, e io sia a casa, non sono riuscita a pubblicarvi il capitolo nei tempi da me previsti.
Mi scuso tanto.
Questa volta niente diesegni. Non ho ancora completato quello di Danny e Angélique. Per non parlare di Berry!
Spero vi siano piaciuti. 
Appunto, spero perché non ho la più pallida idea se vi piacciano i deisegni, e SOPRATTUTTO   la qui presente storia.
Vedo che sono sempre più i lettori, ma ho ricevuto solo una recenzione...
*Si deprime in un angolino*
Ah! Ringrazio tanto
Dolce Streghetta per la recenzione.
L'ho letta e mi ha fatto tanto piacere riceverla. Spero ti piaccia come si stia sviluppando. :)
Grazie ancora per leggere e sopportarmi,
Andy_Pancake

P.S.: Se non l'aveste ancora capito, siamo agli sgoccioli, mi spiace. *Anche lei avrebbe voluto continuarla* 

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Capitolo 6
*** Quartier Generale Royal Air Force: Elliot Green ***


Nella tarda mattinata, verso le dieci e trenta, Alexandre e Cecilia uscirono a fare le solite commissioni per Miss Marple.
Andarono all'emporio per comprare alcune erbe; passarono dalla sartoria per ritirare alcuni vestiti fatti rattoppare, allungare o piegare; fecero un giro al mercao, e anche un po' di spesa.
Con le buste di carta marrone tra le braccia, Alexandre condusse l'italo-americana al quartier generale della Royal Air Force.
"E' una bella passeggiata!" commentò la rossa, davanti l'ingresso. Alexandre sorrise, e avvicinandosi chiese alla guardia del Tenente -appena promosso a Capitano- Elliot Green. La guradia gli ordinò di rimanere lì,  il Capitano li avrebbe raggiunti subito. E sparì dietro il cancello.
"Forse avrei dovuto dirgli che sono il figlio di un ufficiale" commentò Alexandre.
Cecilia gli mise una mano sulla spalla, per consolarlo.
Passarono una diecina di minuti, poi, finalmente, il Capitano Green si presentò al loro cospetto.
"Alexandre!" Esclamò  correndgli incontro. Cecilia vide un ragazzo molto somigliante al fratello: giovane, nel pieno della carriera,  aspirante ai piani alti, fiero, con un grande amore per la Patria...
Elliot era coetaneo a Danny, pieno di vitalità. Sul volto uno smagliante sorriso a trentadue denti, tutti bianchissimi; gli occhi grandi, vispi come quelli di un ragazzino, di un verde intenso. I capelli erano nascosti da un berretto, ma le poche ciocchi che fuoriuscivano, lasciavano immaginare dei capelli color cannella, probabilmente ricci.
"Potevi presentarti, sarei arrivato prima!" gli disse. "Come stai piccolo disertore?" scherzò arruffando i capelli, già abbastanza spettinati del ragazzo. 
"Fa nulla!" fece spallucce Alexandre. "Bene, bene" rispose dando un fugace sguardo alla compagna."Elliot, lei è Cecilia Walker, voleva farti delle domande"
Il soldato scrutò a lungo la ragazza prima di porgerle la mano, e presentarsi come conveniva: "Capitano Elliot Green, piacere di conoscerla"
L'italo-americana gli strinse la mano. "Capitano Green..."
"Chiamami Elliot"
"Ermh... Elliot, so che ha conosciuto un Capitano della squadriglia Eagle" venne al sodo lei.
Il soldato serrò le labbra, e alzò le spalle. "Ne ho conosciuti molti, signorina..."
"E si chiamavano tutti Roy Daniel Walker ?" ribattè lei.
Al soldato mancò l'aria per un secondo. "Come... Come lo conosce? Non ditemi che..."
"E' mio fratello!" affermò Cecilia, intuendo la domanda.
L'aeronauta sfiorò lo svenimento. " Oh mio... Tu sei Annie!" esclamò esterrefatto. "Sei più carina di come ti abbia descritta tuo fratello, sai?! Allora cosa vuoi sapere?"
La ragazza sperava stesse sdrammatizzando per riprendersi dalla shock appen subito.
"Dov'è?" Chiese guardandolo negli occhi, del suo medesimo colore.
"Non lo so. Quando è stato richiamato in America, c'era la possibilità che potesse far parte di una delle squadre che bombardano la Germania" le disse con franchezza.
Era stato inviato sul fronte orientale. Quindi doveva tornare in Europa, e dirigersi in Germania. Ma come trovarlo?
"Ma tu cosa ci fai qui?" le domandò curioso Elliot, destandola dai suoi pensieri.
Cecilia abbassò lo sguardo: "Credevo che lei potesse aiutarmi" moromorò.
"Mi spiace" Elliot allungò le braccia per consolarla, ma venne chiamato da un soldato in avvicinamento: qualcuno lo attendeva al telefono.
"Arrivo!" gli gridò. "Scusate ragazzi, devo andare. La situazione è ancora critica" sigiustificò. "Sergente Kirkland, accompagni i due ragazzi a casa"
Un ragazzo di circa diciotto anni si avvicinò loro.
"Pavel!" esordì felice Alexandre. I due ragazzi si abbracciarono. Sembrava si conoscessero. "Lei è Cecilia, una nuova"
Il ragazzo si avvicinò all'italo-americana: "Piacere, Pavel Kirkland" le porse la mano.
Cecilia la strinse sorridendo: "Cecilia Anne Walker, lieta di conoscerla"
La ragazza sentiva una strana senzazione allo stomaco... forse era la fame.

"Capitano Elliot Green, con chi ho il piacere di parlare?" Chiese il soldato con la cornetta in mano, poggiata sull'orecchio destro.
"Elliot sono Roy, ho bisogno di un favore" ripose la persona dall'altra parte.
"Tua sorella è qui a Londra, e io devo trattenerla fino al tuo arrivo?" gli chise ridacchiando, immaginando il motivo della telefonata.
Roy era scioccato: come diavolo sapeva quello che stava per riferigli?
"E' STATA Lì?!" era sempre più agitato. Stava urlando. E sudando freddo.
"A-Ah. E' appena andata via. Le ho detto che dopo esser andato via, quando sei partito, sei stato mandato sul fronte orientale, probabilmente a bombardare la Germa..."
"ELLIOT STAI SCHERZANDO?!" tuonò il ragazzo." Muoviti, va a cercarla  trattienila a Londra! Tu non sai di cosa è capace quella ragazzina!"
E in realtà, nemmeno io. Pensò.

 

 

Angolo autrice:
FINALMENTEEEE!
Eccomi qui, dopo tanto tempo finalmete sono riuscita a pubblicarvi un altro capitolo. Scusate se c'ho messo molto, ma ho avuto i miei impegni.
Devo farvi delle scuse anche riguardo il capitolo, questo è molto (troppo) ricco di discorsi e poche descrizioni. Sorry!
Nel prossimo, spero di riuscirvi a postare anche dei nuovi schizzi sui personaggi, adesso ho un po' di fretta...
Per il resto... Spero che continuiate a leggere questa cosetta,e che qualcuno la recenzisca, giusto per farmi sapere cosa ne pensa e se posso migliorarla...
Anche se ho già finito di scrivere la storia da un pezzo, mi rimane soltanto da pubblicarla... .__.
Buona lettura! xx
See you,
Andy_Pancake 

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Capitolo 7
*** Ti voglio bene! ***


Due giorni di navigazione, e un altro per arrivare a Londra. Tre giorni e tre notti per raggiungere la sorella. Ignara dell'arrivo dell'amato fratello.


Elliot li aveva raggiunti davanti al cancello dell'orfanostrofio in auto. I ragazzi erano appena arrivati. Con una scusa molto poco credibile, pregò la giovane Walker di rimanere a Londra. Le disse anche che avrebbe  cercato notizie sul fratello.
E Cecilia restò.
Anche perché vi era un certo Andrej che non l'avrebbe lasciata andare per nulla al mondo.
E poi si era aggiunto Pavel. Che con quei capelli neri, e gli occhi color del ghiaccio, le facevadrizzare la pelle, correre il cuore, e le provocava una strana sensazione nello stomaco.

Negli ultimi tre giorni era andata sempre a trovare Elliot per avere notizie sul fratello.
Ogni volta Elliot le diceva di passare il giorno successivo. 
Ogni volta Cecilia tornava indietro con il broncio.
Ogni volta Pavel le correva dietro e le tirava su il morale.

Sarebbe andata in quel modo anche quel giorno?

 Roy scese dal treno, e chiamò un taxi facendosi accompagnare al Quartier Generale della RAF. Il taxi entrò dentro il cancello - Roy era provvisto di visto.
Pavel era di guardia: fu lui ad accompagnare il soldato dal Capitano Green.
Bussò alla porta, ed entrò solo dopo che ebbe sentito il del militare dall'altra parte.
"Pavel, Cecilia ti avrà parlato di suo fratello, giusto?" gli chiese Elliot, mettendo un braccio intorno al collo dell'amico appena arrivato.
"Penso di poter scrivere una biografia su quel soldato!" scherzò il sergente.
Cecilia gli parlava sempre del fratello, in qualsiasi occasione: "Danny avrebbe fatto così...; Roy avrebbe reagito in questo modo...; Daniel non sarebbed'accordo!" il sergente imitò la ragazzina.
Gli altri due -Roy in particolare- risero.
"Beh, ho sentito che volevi incontrarlo" proseguì il Capitano "Bene, eccolo qui" Elliot diede un'altra sonora  pacca sulla spalla dell'amico.
Il diciottenne guardò per alcuni  per alcuni attimi il capitano appena arrivato.
Era alto, con lo sguardo fiero, sembrava orgoglioso, ma aveva un non-so-che di dolce e apprensivo.
Era esattamente come glielo aveva descritto Annie in quei giorni.
Il sergente si mise sull'attenti.
"Riposo soldato!" rise l'americano, porgendogli la mano. "Rot Daniel Walker, piacere d'incontrarti"
Il sergente -un po' titubante- gli strinse la mano. "Pavel Kirkland, piacere signore" si presentò, rilassandosi un po'.
Bussarono alla porta. Elliot fece accomodare il soldato, che sull'attenti parlò: "Signore, avete visite. La solita ragazzina dell'Orfanotrofio Harrods"
I tre uomini si guardarono: era arrivata Cecilia.
"La faccia attendere nell'atrio" lo congedò il Capitano Green. "Pavel, va anche tu"
I due si misero sull'attenti e uscirono.
Seguirono attimi di silenzio.
Roy sudava freddo, aveva le farfalle nello stomaco, e gli tremavano le ginocchia. Sembrava uno di quegli adolescenti, che dopo tanta fatica, erano al loro primo appuntamento, e attendevano la loro ragazza.
"Elliot" deglutì il Capitano Walker. "Che vuol dire che mia sorella vive in orfanotrofio?" gli chise guardandolo negli occhi.
Green si sedette sulla scrivania, e iniziò a raccontargli ciò che detto Cecilia: dell'incontro con Mrs Shine, della permanenza in orfanotrofio, del piccolo Andrej, delle lettere ricevute grazie a Miss Marple, di Alexandre e della sua idea della RAF.
Gli raccontò tutto quello che sapeva fino al suo arrivo, dopo la loro telefonata.
Roy lo ascoltò attonito, stupito di tutto quello che aveva passato sua sorella per trovarlo, sensa sapere se fosse ancora vivo.
"Andiamo" proferì l'americano quando Elliot ebbe finito la storia.

- - -

Pavel era seduto con Cecilia sulla scalinata in marmo, nell'enorme atrio della RAF.
Parlavano di Roy. O meglio, il sergente ascoltava, e la ragazzina raccontava. Non le aveva detto nulla sull'arrivo del fratello. Se Elliot l'aveva fatta attendere, voleva dire che doveva parlare con suo fratello di qualcosa d'importante.
"Una volta, avevo all'incirca tre o quattro anni" iniziò a raccontare Cecilia guardando il soffitto, mentre ricordava quel dolce momento."Era estate, e a Roma faceva caldo, papà decise portarci al mare. Eravamo solo noi tre, la mamma era ad una festa di compleanno, una cosa per sole donne...
In spiaggia c'era molta gente, e dopo aver fatto il bagno, avevamo ancora caldo." dietro di loro, vi erano Roy ed Elliot, che li avevano ancora raggiunti. Il primo sorrise dolcemente, ricordando quella storia. Il sergente e la ragazza, ignari, continuarono normalmente. "Papà ci portò ad un chioschetto di gelati, e comprò due coni gelato" Cecilia rise. "Non appena posai la lingua sulla crema fredda, un bambino mi spinse involontariamente, e io e il gelato finimmo sulla sabbia..."
Pavel scoppiò a ridere immaginando una piccola e paffuta Annie, con le labbra sporche di gelato e sabbia. Anche Cecilia rise, ma continuò la storia.
"Papà mi aiutò a rialzarmi, mentre io piangevo. Roy però, mi affidò il suo gelato..."
"E lei per tutta risposta me lo spiaccicò in volto!" Concluse il soldatodietro di loro.
I due ragazzi si voltarono all'unisono non appena sentirono quella voce e quelle parole.
Cecilia era senza fiato e parole. Il volto rigato dalle lacrime.
Si alzò, e gettò le braccia intorno al collo, scoppiando in un pianto convulsivo.
Il ragazzo dai capelli corvinila strinse forte: dopo tanto tempo poteva finalmente toccarla, abbracciarla, respirare il suo profumo, parlarle.
"Ehi, sono qui. Non sono mica morto!" le sussurrò, per sdrammatizzare, affondandoil volto nella sua spalla. Anche Roy piangeva, sommessamente.
Cecilia gli prese il volto umido tra le mani affusolate, e posò sue labbra rosee sul naso del fratello: "Sono successe così tante cose..." mormorò. "Ti voglio bene!" lo strinse forte.
Roy la prese in braccio, come un principe faceva con la sua principessa nelle favole: "Ti voglio bene, anch'io" le disse.
Era la prima volte che lo faceva in modo così diretto.
Era la prima volta che aveva avuto il bisogno di dirlo.
Di dirglielo.

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

Angolino dell'autrice:

SAAALVE! Come state? 
Eccovi qui il nuovo capitolo. La storia ormai volge al termine: Cecilia e Roy si sono ritrovati, ma ora? Eh, non voglio anticiparvi nulla! :D
Qualcuno di voi si è chiesto che fine ha fatto Andrej? Sì? No?
Nel prossimo, e ultimo capitolo vi dirò tutto!
Ditemi cosa ne pensate, recensite e...
See You!
Andy_Pancake 

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Capitolo 8
*** Casa, dolce casa ***


Cecilia raccolse le sue cose. Era tornata giusto in tempo per salutare Andrej: il bambino aveva trovato qualcuno che gli dasse un po' del suo amore.

Il biondino non aveva intenzione di partire se prima non avesse salutato la sua amica.
L'aveva attesa davanti al cancello insieme al nuovo papà e alla nuova mamma; una giovane coppia che non poteva avere figli, ma che aveva tanta voglia di amare qualcuno.
"Cecy!" gridò correndole incontro, non appena la vide arrivare, abbracciandola forte. "Ho una nuova casa! E ho anche cambiato nome: ora sono Andrej Williams" le disse tutto d'un fiato, felice forse, come non lo era mai stato. 
La ragazza lo aveva sollevato da terra, e stretto tra le braccia, gli aveva arruffato i capelli. "Sono contenta p
er te, Andrej Williams" gli rispose scoccandogli un bacio sulla guancia.

"Mi verrai a trovare?" le aveva chiesto il bimbo. La ragazza si era voltata verso il fratello alle sue spalle.
"Magari quando tutto sarò finito definitivamente" lo strinse. "Durante le vacanze estive... D'inverno però potrò sempre scriverti" sorrise lei.
Andrej accettò di buon grado, e quando tornò dai signori Williams, chiese loro se Cecilia potesse stare da loro durante le vacanze estive e il Natale.
I due si sorrisero e acconsentirono.
La donna e l'uomo lo tenevano antrambi per mano.
Era un momento perfetto per scattare una fotografia.
Roy cinse le spalle della sorella: "Vorresti andare con lui?" le chise.
Cecilia scosse lentamente il capo: "Rovinerei l'armonia della foto"
Il fratello le arruffò i capelli sorridente.

----------

 Il treno era in ritardo.
Era passato un anno da quando Roy l'aveva raggiunta a Londra.
Era il 20 marzo 1946 e Cecilia cmpiva 17 anni.

Seduti su una panchina in stazione, i due fratello Walker attendevano il treno, intato cha la sorella scartava il suo regalo.
Un quaderno con la copertina di cuoio!" esclamò entusiasta. "Grazie Danny!" lo abbracciò forte, con il quaderno e la carta stropicciata sulle gambe.
Indossava un vestitino di cotone color panna, molto primaverile. Il regalo del precedente compleanno.
"Almeno quando scriverai, non chiderai le mie carte da militare!" ribatté scherzando il maggiore.
Cecilia gli fece la linguaccia.
"ROYYY!" sentirono gridare dietro di loro.
Si voltarono all'unisono: erano Elliot e Pavel.
"Pavel!" esclamò la ragzza, dando il regalo al fratello, balzando in piedi. Era felice di vederlo, anche perché aveva capito da poco che provava per lui un sentimento che andava ben oltre la semplice amicizia.
"Ciao Annie" la salutò lui, arrossendo un po'.
Roy notò le valigie dei due ragazzi, ma la sorella -con la sua solita euforia e felicità, mista a una buona dose di curiosità- lo precedette: "Dove andate?" chise mettendo le mani diestro la schiena a mo' di bambina.
"Voi dove andate?" ribatté Elliot.
"A Roma, nella nostra vecchia casa" rispose Roy, alzandosi dalla panchina.
"Davvero? Stavamo andando lì anche noi" sorrise l'altro.
Risero tutti e quattro.
"Voi siete matti" commentò Roy.
"Ma no! La guerra è finita, e io voglio trovar moglie: e chi meglio di una bella italiana?!" Scherzò Elliot.
Risero di nuovo.
"E tu Pavel?" gli chise Cecilia guardandolo negli occhi. Il ragazzò arrossì.
"Sono c-con Elliot" farfugliò. "C-Cecilia..." la ragzza che aveva da poco spostato lo sguardo verso la ferrovia, posò di nuovo gli occhi su di lui. "Tieni, questo è per te!" disse tutto d'un fiato, dandole un oggetto quadrangolare, avvolto in della semplice carta marrone. "Buon compleanno"
Anche Cecilia arrossì: "Grazie..." di aprendolo.
Era un album.
Un album pieno di foto di quell'anno trascorso a Londra.
Le giornate passate con Andrej, le passeggiate con Pavel dopo cena, le gite in aereo con suo fratello in aperta campagna, la festa del suo compleanno... e tante, tante altre fotografie.
Era il più bel regalo che avessero potuto fargli. 
Lo abbracciò forte, trattenendo lacrime di gioia.
Il trno arrivò, e i quattro amici alirono a prendere posto.
Cecilia e Pavel dovettero sedersi lontano da Elliot e Roy, ma sarebbe stato per poco.
Vi era molta gente.
La notte era arrivata presto,  a detta di Cecilia, forse perché il treno era arrivato in ritardo.
Senza accorgersene, si era addormentata sulla spalla di Pavel, che la guardava sognante. Quanto avrebbe voluto abbracciarla.
Il sonno della ragazza durò poco.
"Pavel..." iniziò. Non riusciva mai a star zitta, ciò che pensava doveva dirlo, e non poteva aspettare. "Ti ho raccontato del mio cagnolino Berry?" gli chiese. Parlava sottovoce.
Lui, che aveva spostato lo sguardo appena in tempo, buffò. "Sì, Cecilia..."
La ragazza arricciò le labbra. "Anche di Angélique?" chiese ancora. Voleva parlare.
"Sì..." sospirò rassegnato lui. "Mille e mille volte. Te l'ho detto, con tutte le informazioni che mi hai dato potrei scriverti una biografia!" questa volta rise.
Cecilia ammutolì.
Pavel ammutolì.
Seguirono minuti, forse ore, di silenzio.
Poi, non si sa come mai, gli occhi dei due s'incrociarono, facendo imporporare le loro guance, ma non si scostarono.
"Cecilia..." mormorò Pavel. Lei mugolò per farlo continuare. "Credo di amarti..."

 

 

 

                                          FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell'Autrice:

Bene gente, siamo arrivati al capolinea. Finalmente Roy e Cecilia si sono ritrovati, e ora hanno una nuova vita davanti.
Vi è piaciuta questa storia? Io avrei voluto ampliarla, ma, detto con franchezza, sono un tipetto molto timido, e avendo in mente già la storia bella pronta, non mi andava proprio di scervellarmi per creare qualcosa da aggiungere.
Mi scuso con tutti coloro che rimarranno male per le mie parole, e per il finale che non è dei migliori. Non sono mai stata brava nello scrivere scene o storie romantiche. Di solito quando so che devo scrivere questo tipo di scene e/o storie guardo molti shojo, e leggo molte storie romantiche... Sono una frana, lo so! :P
Ma non posso farci nulla! Quasta storia mi è venuta in mente dopo aver guardato per l'ennesima volta il film "Pearl Harbor" (Che è al primo posto nei miei preferiti! :D)
I personaggi li avevo già, mancava solo la storia. E dopo il film... Beh, ho preso una penna e un quaderno e ho iniziato a scrivere. L'ho terminato in pochissimo tempo, e senza difficoltà.
Okay, ora la smetto di parlare!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto (e siete veramente tanti, GRAZIE! ); chi ha recensito, e chi ( SPERO ) recensirà; chi ha messo la storia tra le preferite, e le seguite; e tutti coloro che ho dimenticato... Anche se non penso mi sia scordata di qualcuno.

GRAZIE A TUTTI! 

A presto,
Andy_Pancake. 

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