In giro per Anderville

di verichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** JJ ***
Capitolo 2: *** Vanessa ***
Capitolo 3: *** Catherine ***



Capitolo 1
*** JJ ***


JJ


«Quante volte te lo devo dire che non puoi uscire? Piccolo cocciuto.» disse con indulgenza il suo rapitore.

JJ non si fece ingannare dal tono pacato, quel mostro era tutto fuorché paziente.

«Ho visto il telegiornale, mi stanno cercando!»

«Quindi devo toglierti pure il televisore?»

«La mia famiglia mi troverà, la polizia-»

«Basta così.»

Come volevasi dimostrare, il ragazzo fu strattonato per un braccio e condotto nella camera per gli ospiti.

«Non volevo essere cattivo ma tu vuoi proprio farmi recitare questo ruolo, perciò ecco il nuovo accordo: tu non ti muovi da questa stanza.»

«Non puoi farmi questo!»

Ma la porta era già stata chiusa a chiave e non importava quanto la sua forza fosse aumentata dopo la trasformazione, quel pezzo di legno rettangolare non doveva essere normale, come la porta d'ingresso, perché non cedeva di un'unghia.

«Fammi uscire! Fammi uscire!» urlò tempestando di pugni la porta.

«Se continui così ti terrò a digiuno, ti avverto.» arrivò la voce seccata e altezzosa.

A questa minaccia JJ si quietò. Digiunare era impensabile, il suo appetito era diventato ben più esigente di quanto non fosse mai stato. Bastava vedere come i suoi denti affilati erano affondati nel collo delle ragazze che il suo “sire” (così si era definito) aveva portato a casa in quelle tre lunghe notti. Non ricordava bene com'era andata, la memoria si faceva sfocata quando ci ripensava, eppure sapeva perfettamente che non c'era stato tempo per la pietà o il disgusto, una fame insaziabile l'aveva pervaso e non aveva saputo trattenersi mentre una sorta di animale si risvegliava in lui e succhiava il sangue di quelle poverette. Non osava immaginare le conseguenze di uno stomaco vuoto.

«Almeno impari in fretta.»

Sentì dei passi e il rumore di chiavi.

«Io esco. E visto che sono buono, ti porterò uno spuntino, anche se non te lo meriteresti.»

Non rispose.

«Oh, bene, siamo passati al trattamento del silenzio. Continua così, signorino, e la tua vita vampirica sarà ancora più difficile. Stai solo peggiorando le cose.»

La porta principale venne sbattuta con ben poca delicatezza e richiusa a chiave.

Ora solo, JJ tentò nuovamente di uscire, senza successo. Stanco, si voltò e si sedette sul letto che per tre giorni l'aveva ospitato. Non era il suo letto. Il suo letto era a casa sua, insieme a sua madre, suo padre e le sue due sorelle maggiori. Tre giorni fa si preoccupava dell'esame di maturità, adesso avrebbe dato qualsiasi cosa per allontanarsi da quel criminale e riabbracciare mamma e papà.

Pensare che tutto questo era successo per lo spostamento di orario del corso di decoupage di martedì. Perché non aveva ascoltato papà e non si era dedicato ad un normale corso extra curricolare tipo... tipo il corso di cinese invece di scegliere le lezioni offerte dalla biblioteca?

Che domanda sciocca, lo sapeva già il perché: Samantha, la ragazza più carina e dolce della classe. Quando gliene aveva parlato e poi gli aveva chiesto cosa avrebbe fatto lui, si era buttato e con coraggio le aveva detto che ci stava pensando da un po' a quel corso e che se c'era lei si sarebbe iscritto volentieri.

Seduto sul letto con la testa tra le mani, cercò di capire se il sorriso di Samantha ne era davvero valsa la pena.

 

La sveglia sul comodino segnava le 21:56, il criminale di solito era a casa per l'1 o le 2 del mattino. Non c'erano finestre, niente tv, solo un letto, un comodino e un armadio vuoti. Guardando le grucce di metallo per gli abiti si chiese se i film potessero divenire realtà. Ne prese una e piegò il metallo per poi provare maldestramente a far scattare la serratura: poteva anche essere di un materiale speciale, ma la serratura aveva sempre lo stesso meccanismo. Tuttavia, nonostante l'udito soprannaturale ad aiutarlo, era chiaro che il sogno del novellino che apriva le porte con le spille per i capelli era appunto soltanto un sogno.

Sconfortato dal fallimento passeggiò per la camera di quattro metri quadrati, si sedette sul letto, poi si sdraiò per terra. Guardò la sveglia: le 22:41. Fu preso dall'ansia e sentì le quattro pareti soffocarlo. Voleva chiudere gli occhi, pensare ad altro, ma i sensi sviluppati acquisiti di recente non gli davano pace. Udiva il traffico in strada, voci al piano di sotto, di sopra e per il corridoio. La libertà a pochi passi.

Aveva provato ad urlare ma apparentemente nessuno lo sentiva; il suo rapitore gli aveva detto che sforzarsi era inutile, forse l'appartamento era insonorizzato. Non aveva idea di dove si trovasse, sicuramente in un condominio per ricconi visto che la casa era spaziosa e dotata di mobili pregiati. Ma a cosa serviva ragionare su tutte queste cose se non poteva fare niente?

Gli era stato spiegato che cosa era diventato, come era migliorato il suo corpo, la sua immortalità e le sue debolezze, le piccole regole da rispettare, quali altre creature ci fossero in giro all'insaputa dei comuni mortali, della magia e dei suoi mille usi; tutto in linea generale senza scendere nello specifico. Non era stupido, a scuola aveva il massimo dei voti mica per niente; il “sire” voleva incuriosirlo e rendersi indispensabile per la crescita del suo “figlioletto”. Diceva che lo aspettava una sorpresa e che presto il suo compito gli sarebbe stato rivelato. Ma era ovvio che per il criminale lui era solo un animaletto da compagnia, probabilmente l'avrebbe abbandonato al suo destino una volta svolto questo fantomatico compito.

Di nuovo triste, affondò la faccia nel cuscino e pianse sangue.




Note dell'autore
Questo è un progetto secondario basato sull'ambientazione del forum gdr "Anderville gdr" (creato da un gruppetto di menti malate, tra cui io XD). Purtroppo la voglia di ruolare mi è passata del tutto, ma con affetto dedico questi capitoli a tutti gli utenti del forum ^^ (Reddy - qui sarebbe l'autore Theredcrest -, spero ti piaccia! *-*)
Avviso importante: ho solo tre capitoli di questa storia, scritti e completati tanto tempo fa; se, come temo, non riuscirò ad avere tempo/voglia di andare oltre, metterò l'avvertimento "Incompiuta".
Che altro dire... Ah sì: come titolo metterò i nomi dei personaggi, e no, non ci sono solo vampiri e licantropi (che tra l'altro mi interessano poco, non per cattiveria, è solo una questione di gusti u_u).

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Capitolo 2
*** Vanessa ***


Fece una giravolta, sollevò le braccia al cielo, fece scivolare giù le mani sopra il proprio corpo, infine circondò il collo di uno dei tanti che la fissavano e lo avvicinò per un bacio sulla guancia che lo lasciò senza fiato. Lo mollò, sorrise e andò verso il bar. Il sorriso scomparve e si trasformò in una smorfia dopo aver ordinato un alcolico.

Non le piacevano le discoteche, troppo rumore, troppi corpi tutti assieme, troppo sudore e puzza di sudore. Era un divertimento soprattutto per chi voleva scopare, anche se un terzo della folla veniva davvero solo per fare quattro salti in compagnia e muoversi al ritmo della musica.

Vanessa invece non amava particolarmente la musica. Non aveva nessun cantante preferito, non aveva cd o mp3 a parte quelli regalati per i compleanni da amici e parenti, accendeva la radio solo per informarsi sul traffico e non si metteva a cantare sotto la doccia. Sopportava a malapena le canzoni ripetitive del negozio di abbigliamento dove lavorava.

Purtroppo per lei la discoteca era il luogo perfetto, dove scambiare effusioni con perfetti sconosciuti era la norma. Senza contare la grande quantità di desiderio emanata da ogni individuo lì presente senza la necessità di un suo intervento.

«Ehi bellezza, ti ho vista in pista.»

Guardò l'orologio, l'1:02. Si stampò sulle labbra un sorriso invitante e si voltò, pronta per l'ultimo spuntino.

«Anche io ti ho notato. Sei l'unico con un po' di stile, qui dentro.»

Balle, ma agli uomini piacevano un sacco i complimenti. Peggio delle donne. Sicuramente erano più facili da accalappiare rispetto alle ragazze.

Parlarono un poco sorseggiando i drink e poi scesero in pista. Ballarono appiccicati, si sfiorarono con le mani e poi un abbraccio avvolgente e il tipo era spompato. Lo salutò mentre lui debolmente cercava il fiato per chiederle il numero di telefono, senza successo, ed uscì, pagando e riprendendo il suo cappotto.

Investita dall'aria autunnale, Vanessa si coprì bene e si diresse verso l'auto. Il giorno dopo l'aspettavano ore di lezione all'università e il turno di pomeriggio al negozio. Sbuffò a questo pensiero; per adesso, piena di emozioni dalla discoteca, aveva solo voglia di andare a casa e bersi una cioccolata calda davanti ad un film d'azione alla tv; tanto, con tutta l'energia che aveva in corpo, non avrebbe potuto dormire.

Mentre tirava fuori le chiavi della macchina parcheggiata lì vicino, notò del movimento all'ingresso della discoteca: erano altre persone che uscivano per tornare a casa o andare chissà dove, nulla di strano, se non fosse che tra quella gente figurava una donna a lei nota. O meglio, non sapeva chi fosse, ma era da due settimane che compariva in discoteca e la fissava in lontananza. All'inizio aveva pensato fosse interessata, una delle tante dell'altra sponda, poi la cosa aveva preso una piega da stalking.

Non aveva nulla da temere da una persona comune, sapeva badare a se stessa, però sua sorella Juanita il mese prima era stata assalita da “cacciatori” e aveva avvertito le altre. Perciò, dopo il terzo avvistamento, Vanessa si era fatta più cauta, soprattutto dopo che la donna aveva tentato di pedinarla lungo il tragitto di casa su quella sua auto arancione. Questa era la quarta volta che veniva seguita con lo sguardo fino alla macchina, e Vanessa cominciava ad averne abbastanza. Adesso non doveva solo preoccuparsi del ritorno del suo ex padrone, doveva pure vedersela con gente squilibrata che la tallonava ogni volta che andava a cibarsi!

Per la prima volta si chiese se il suo segreto fosse stato scoperto.

Aveva deciso di ignorarla, e aspettare che tentasse qualcosa di concreto per rivolgersi alla polizia affinché gliela togliessero di torno, tuttavia, se la sconosciuta aveva notato lo stato indebolito che avevano i riceventi delle sue carezze, la faccenda avrebbe richiesto una linea d'azione più drastica. Doveva proteggere se stessa e le sue sorelle, nessuno doveva scoprire la verità; se la voce si fosse sparsa il padrone avrebbe potuto trovarle e riportarle ad Arcadia. E dubitava che si sarebbe presentata un'altra occasione per fuggire.

 

Con l'umore cupo, Vanessa salì in auto ed uscì dal parcheggio; nello specchietto vide la sua inseguitrice fare altrettanto. La seminò con discrezione e quando fu sicura si diresse verso casa, dove avrebbe contattato le sorelle e discusso della questione.

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Capitolo 3
*** Catherine ***


CATHERINE


«No, amore. Sì, sono a dieci minuti da casa. A casa ti racconto. Va bene. Ti amo anch'io. Tesoro mi farai prendere una multa.»

Rise mentre salutava per la centesima volta il marito. Avrebbe dovuto comprarsi uno di quegli aggeggi auricolari ma Catherine e la tecnologia non erano mai andati d'accordo; tuttavia la multa della settimana scorsa l'aveva convinta ad ascoltare le lamentele di Norman: sabato pomeriggio la famiglia l'avrebbe dedicato allo shopping al centro commerciale. Tanto ci dovevano andare comunque, voleva comprare ai bambini dei nuovi cappottini e a Norman delle scarpe eleganti per il matrimonio di Juliette. Non vedeva l'ora di vederlo tirato a lucido.

Azionò il comando della porta automatica del garage e una volta entrata in casa trovò il marito in mutande, canottiera e vestaglia ad attenderla in cucina. Gli sorrise e lui le rispose con una smorfia assonnata sorseggiando del caffè. Povero Norman, si sentiva veramente in colpa a vederlo così preoccupato ogni volta che faceva tardi. Gli diede un bacio a stampo sulla bocca e andò a cambiarsi, passando dalla camera dei gemelli per controllare fosse tutto a posto. Tornò in cucina, in pigiama, e si sedette al tavolo con lui che le porse una camomilla.

«Grazie, tesoro.»

«“Grazie” non basterà a placare la mia furia.»

«L'unica furia che vedo sta nei tuoi capelli, amore.»

«Sei crudele. Insultare l'acconciatura delle due del mattino di tuo marito.»

«È per questo che mi ami.» risero.

«Com'è andata?»

«Mh. Non bene come speravo. Le prove sono poche e le persone con cui viene a contatto mi sanno solo dire che è stato uno sballo e che lo rifarebbero cento volte. Credo si sia accorta di me.»

«Beh, finora ci è costata solo una multa da 320 euro.» fece sarcastico. «Pensi sia pericolosa?» chiese serio.

«Non lo so. Non ne sono certa.» ponderò sorseggiando la camomilla. «Non ci sono state vittime, non ancora, ma è probabile che la motivazione sia il non farsi scoprire, piuttosto che una reale gentilezza d'animo.»

Norman le prese la mano, a disagio. Catherine sapeva già cosa stava per dire.

«Norman... è il mio lavoro. Ne abbiamo già parlato.» disse in tono conciliante.

Norman annuì e mosse le spalle come per scrollarsi di dosso brutti pensieri. Amava molto sua moglie, eppure, alle volte, sembrava che lei amasse di più il suo... impiego.

«So che sei in grado di badare a te stessa. Fai volare cose e tutto il resto del kung-fu mentale che c'è nei film.» Catherine lo guardò amabilmente di sbieco. «Però sarei più tranquillo sapendoti con un collega, magari uno della sezione operativa.»

«Amore, la sezione investigativa non va affatto d'accordo con quella operativa; i nostri capi sono come cane e gatto. E comunque gli operativi entrano in azione solo in caso di pericolo accertato, non in base a supposizioni.»

«Un collega della tua sezione, allora.»

«Norman, non siamo poliziotti che lavorano in coppia. Le creature soprannaturali potrebbero spaventarsi e interpretare in modo sbagliato.»

«Anche i mariti si spaventano, sai.»

«Lo so, Norman. Lo so.»

«Vorrei che la smettessi con questo lavoro.» Non gliel'aveva mai espresso così apertamente, e Catherine ci rimase male. «Vorrei che gestissi il negozio insieme a me. Ma» aggiunse prima che lei potesse interromperlo, «so quanto ci tieni ad essere un osservatore.»

«Grazie, Norman.»

«Non ringraziarmi. Mi hai promesso che a quarantacinque anni avresti smesso e tanto mi faccio bastare.»

L'atmosfera si era tinta di una nota angosciata e Catherine se ne dispiacque.

Misero a lavare le tazze e una volta a letto il pensiero vagò su mille binari. Da una parte c'era la misteriosa ragazza con chissà quali capacità, dall'altra Norman che temeva di perdere la moglie e la madre dei suoi figli così come Catherine aveva perso i genitori. Norman comprendeva quanto fosse importante per lei seguire le loro orme, e giustamente si preoccupava le notti che rientrava a casa tardi per seguire creature non umane. Non era facile condurre una vita del genere, tuttavia si reputava fortunata: c'erano colleghi che non avevano il coraggio di rivelare il loro vero lavoro ai famigliari, mentre lei aveva deciso di avere fiducia in Norman. Era stato complicato all'inizio, ma il loro matrimonio aveva retto bene per altri undici anni fino ad oggi; ogni volta che il marito sentiva puzza di bruciato tirava fuori la promessa e la questione finiva lì. I bambini ne sapevano poco, a cinque anni non è bene essere consapevoli di verità troppo pesanti. Grazie al cielo Catherine non aveva mai riportato ferite gravi, e quelle che si procurava erano opportunamente trattate con medicazioni magiche al Talamasca.

Eppure ultimamente percepiva che le preoccupazioni di Norman erano aumentate. Non sapeva perché, se fosse lei a immaginarsi le cose, o se fossero i bambini a dare pensiero a Norman e renderlo più nervoso per la sua incolumità. Aveva perso la madre in giovane età e questo gli aveva lasciato un segno nel cuore. Una ferita che si era lentamente riaperta a causa della rivelazione di Catherine. Forse doveva solo lasciar stare. Tra due mesi ci sarebbe stato il suo compleanno, quarantanni, ancora cinque prima di dare le dimissioni al reparto investigativo, come gli aveva promesso. Si forzò di dirsi ingenuamente che cinque anni volavano in fretta, che non sarebbe successo nulla di brutto, e che finalmente non ci sarebbero più state chiamate nel bel mezzo della notte.

Il problema era che sapeva le sarebbero mancati quegli squilli di telefono.





Note dell'autore:
Basta, basta, non ce la faccio proprio @.@ La mia fase gotica con creature soprannaturali m'è passata, credo, e mi sa che per questo 2012 non aprirò più questo file di open office XD
Spero comunque che vi siano piaciuti questi pochi capitoli ^^

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