Veritas

di joellen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sogno ***
Capitolo 2: *** Il marchio ***
Capitolo 3: *** La biblioteca ***
Capitolo 4: *** Cominciano le indagini ***
Capitolo 5: *** Cose da fare a Boston ***
Capitolo 6: *** 6 teste sono meglio di 3 ***
Capitolo 7: *** La riunione dei volumi ***
Capitolo 8: *** Deduzioni e ricerche ***
Capitolo 9: *** L'Amanuense ***
Capitolo 10: *** Bartolomeo Visconti ***
Capitolo 11: *** Bartolomeo e Paolo ***
Capitolo 12: *** Tradimento? ***
Capitolo 13: *** C'è qualcuno in biblioteca ***
Capitolo 14: *** Il supplizio ***
Capitolo 15: *** Tentativi di salvataggio ***
Capitolo 16: *** Fino all'ultimo respiro ***
Capitolo 17: *** Chiarimenti e visite inattese ***
Capitolo 18: *** Ricordi ***
Capitolo 19: *** Sogni e visite ***
Capitolo 20: *** Teorie sul passato di Veritas ***
Capitolo 21: *** La macchina del tempo ***
Capitolo 22: *** Immagini dal futuro ***



Capitolo 1
*** Il sogno ***


IL PORTALE DELLA PAURA

 

 

1) IL SOGNO

 

 

Boston, casa dei Bishop, in un tempo imprecisato

 

 

Walter Bishop si svegliò di colpo da uno strano sogno in cui aveva visto un uomo che non gli sembrava rientrare nella listava dei suoi conoscenti. Anzi, per essere più precisi, non l’ aveva proprio mai visto.

Suo figlio Peter, che dormiva poco lontano, si svegliò anche lui, con una leggera ansia.

“Walter, - lo chiamò – Va tutto bene?”.

Bishop rimase seduto sul letto, senza rispondere, aumentando così l’ansia nell’animo di suo figlio che si alzò e si avvicinò al suo letto. Quando Peter si inchinò per guardare meglio suo padre, Bishop si girò di scatto verso di lui e ricambiò lo sguardo colmo di gratitudine per la solerzia con cui Peter accorreva quando lui aveva bisogno di aiuto.

“Va tutto bene, figliolo. – rispose tranquillo – È solo che ho fatto uno strano sogno”.

Peter si sedette sul bordo del letto, pronto ad ascoltare.

“È stato un brutto sogno, Walter?” domandò gentilmente.

“No. – rispose Walter – È stato solo particolare” e gli descrisse sogno e uomo comparso nel sogno. Alla descrizione, Peter aggrottò la fronte, poiché anche lui non ricordava assolutamente di conoscere una persona che rispondesse a quei requisiti, ma aveva sempre in mente ciò che aveva passato suo padre durante i 17 anni di internamento al Saint Claire.

“Walter, - lo incitò – sei sicuro di non averlo mai visto all’ospedale? Potrebbe essere una persona che ti è venuta a far visita, e di cui hanno pensato bene di cancellarti il ricordo”.

Bishop era perplesso.

“No, Peter. – rispose poi – Io, quell’uomo non l’ ho mai visto in vita mia. Se lo avessi incontrato all’ospedale, per quanto possano avermi manipolato la memoria, qualcosa di lui mi sarebbe rimasto. E invece io posso dire di non aver mai visto quel volto prima d’ora. Ma quel che mi è parso strano è che mi guardava come se mi conoscesse, e mi ha anche detto qualcosa …”

“Cosa?” chiese Peter, curioso.

“Qualcosa che riguarda un portale”.

Peter si fermò a pensare. La sua amica Olivia Dunham era tornata da poco da un portale che l’ aveva proiettata in un’altra dimensione.

Bishop guardò intensamente suo figlio come fosse un oracolo.

“Okay, Walter. – tagliò corto Peter – Non preoccuparti. Sai cosa facciamo oggi? Andiamo a fare una bella ricerca in archivio. Chissà che non si trovi qualche faccia assomigliante all’uomo che hai sognato. Non sarà lui, ma per associazione di idee, potrebbe tornarti in mente” e nel dirlo sorrise e strinse a sé suo padre. Bishop si commosse e ricambiò quell’abbraccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Lawrence, Kansas, qualche  giorno prima

 

 

 

Dean e Sam erano a casa di Bobby, e si trovavano seduti al tavolo del suo tinello, davanti al computer, in cerca di casi da risolvere, ma non sembrava esserci niente di interessante all’orizzonte. A smuoverli dal loro stato quasi catatonico, ci pensò Bobby.

“Ragazzi, - li chiamò dall’esterno – se non avete ancora trovato il caso del secolo, potreste venirmi ad aiutare a sistemare dei libri?” .

Con travolgente entusiasmo, i due fratelli si alzarono e si trascinarono nel giardinetto dove videro con sgomento una catasta altissima di libri da portare all’interno, e collocare nei vari scaffali delle librerie disseminate per la casa. Sospirando, cominciarono a caricarsi un po’ per uno buona parte di quel ben di dio di cultura che il loro amico, quasi padre, amava da anni collezionare per poi leggere durante i lunghi e freddi mesi invernali. Fra quei libri, Sam ne individuò uno che lo attrasse per la copertina di cuoio scuro intarsiato,  ma soprattutto per il contenuto. Il libro era piuttosto grosso e voluminoso, e le pagine erano riccamente decorate con veri e propri quadretti dentro cui È incastonata la lettera che diede inizio al capoverso. Si fermò incantato a sfogliare le pagine. La scrittura era antica, a caratteri gotici, ma la lingua non era inglese.

“È italiano. – informò Bobby, arrivando di soppiatto alle spalle di Sam facendolo trasalire –È un libro del Rinascimento Italiano”.

Sam si girò e guardò Bobby meravigliato.

“Dove l’ hai trovato?” chiese.

“A Boston. – rispose il cacciatore – Nella Biblioteca Pubblica è stato aperto un settore dedicato a questo tipo di libri. Ovviamente non l’ ho preso alla biblioteca, ma l’ ho trovato nel negozio di un mio amico che va pazzo per queste cose. Però non chiedetemi dove l’aveva trovato lui”.

“È bellissimo!” commentò Sam, estasiato.

“Sapevo che l’avresti scovato, e che ti sarebbe piaciuto. – disse Bobby sorridendo – Guarda pure, Sam, ma dopo. Adesso ho ancora bisogno del vostro aiuto”.

Rimasto in disparte ad ascoltare la conversazione, Dean si appropriò per un attimo del tomo antico, mettendosi anche lui a sfogliare le pagine, ma fra esse, improvvisa e rapidissima come un flash, gli apparve l’immagine di un uomo dalla pelle chiara, ciuffi di capelli rossicci fuoriuscenti da un copricapo di foggia antica di velluto rosso scuro, e occhi celesti dallo sguardo freddo e crudele che sembrava uscire da quelle pagine e fissarlo come se fosse lì.

Dean chiuse il libro di colpo, lo gettò a terra e tornò in giardino a prendere altri libri.

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Capitolo 2
*** Il marchio ***


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IL MARCHIO

 

 

 

 

A casa di Bobby, quella stessa sera

 

Era tardi.

Bobby era seduto al tavolo dello studio, intento a sfogliare uno dei tanti libri che aveva acquistato; Dean era spalmato sul divano a guardare la tv e sonnecchiare; Sam era seduto su una poltroncina, col computer sulle ginocchia, a gironzolare per la rete in cerca di misteri da risolvere.

Tutto era silenzioso e tranquillo.

Verso mezzanotte, Bobby annunciò di voler andare a dormire, e lasciò i libri sul tavolo;  mezzo addormentato, Dean approvò l’idea dell’amico e si alzò dal divano, intenzionato a seguirlo nel programma, e Sam informò che si sarebbe attardato ancora qualche minuto. Dean si avvicinò a lui e lanciò un’occhiata veloce a quel che appariva sullo schermo, scoprendo che il fratello stava facendo ricerche proprio sul tipo di libri che Bobby aveva comprato.

“Sono codici miniati. – spiegò Sam – Realizzati interamente a mano”.

“Sono bellissimi. – commentò Dean effettivamente meravigliato dalla precisione dei dipinti in miniatura – Pensi che potrebbero interessarci?” .

“Non so, Dean. – rispose Sam – Ma indubbiamente questi oggetti mi fanno pensare che potrebbero anche nascondere qualche segreto. Sono stati fatti più di cinquecento anni fa, in un’epoca difficile, piena di contrasti sociali, in cui la cultura stava emergendo, ma a beneficio di pochi eletti”.

Gli sguardi dei due ragazzi s’incontrarono, e Dean diede una pacca affettuosa sulla spalla di Sam. Riconobbe che non aveva torto. La fattura stessa dei libri trasudava mistero. E lui, la prima volta che aveva aperto il libro acquistato da Bobby, aveva avuto una veloce, ma inquietante visione.

Si augurarono la buona notte, e dopo qualche minuto, Sam spense il computer e raggiunse il fratello nella camera degli ospiti, ma Dean si accorse di aver lasciato il cellulare sul divano e andò a prenderlo. Stava per lasciare lo studio di Bobby quando vide che il suo alito si condensava, sentì freddo e, all’angolo fra due scaffalature dei libri, scorse una sagoma nera che restò ferma pochi secondi per poi sparire in una vampata di fuoco.

Rimase un attimo immobile, avvertendo un’accelerazione del battito cardiaco.

Forse Sam aveva ragione: quei libri avrebbero potuto nascondere misteri.

Si avvicinò al tavolo e accese  la lampada. Il tomo era lì, e sulla copertina di cuoio scuro era comparsa una scritta che pareva grondare sangue, e che lo fece sussultare:

 

TRADITORE!

 

Per un traumatico istante gli venne da temere che fosse rivolto a lui, ma poi si riprese e rifletté.

Quella scritta, prima non c’era.

Ci passò un dito sopra e lo leccò.

Il sapore del liquido non era quello dolciastro del sangue, bensì un gusto amaro e vagamente metallico che faceva pensare ad un inchiostro.

In quel momento, sulla porta comparve Bobby, e Dean gli mostrò il libro, raccontandogli anche cosa aveva visto. Bobby si attaccò al telefono e svegliò il venditore, il quale trasecolò e giurò di non saperne nulla.

Dopo circa un‘ora i tre erano in viaggio sull’Impala diretti a Boston.

 

 

 

 

 

 

 

Biblioteca Pubblica di Boston, il giorno dopo.

 

Emma Moràbito era di turno alla sala Koussovetsky, settore Libri Rari, che si trovò al 3° piano della biblioteca, edificio McKim. Emma era italiana, anche lei a Boston da diversi anni, prima per studio, poi per lavoro, avendo trovato posto proprio alla biblioteca, non solo per pura fortuna. L’essere lì infatti, era dovuto anche al fatto di conoscere Elisabetta Vissani che l’ aveva voluta con insistenza a curare quell’evento, essendo anche lei appassionata ed esperta di libri antichi

Il direttore della biblioteca non si era opposto a questa sorta di raccomandazione, sapendo che l’iniziativa della mostra di quei libri era stata finanziata dalla signora Vissani, e che lei, in fondo aveva diritto a scegliere le persone che devono occuparsi del settore.

Per lei entrare in quella sala dall’atmosfera ieratica era sempre un buon inizio di giornata.

Camminò lenta e felice lungo la navata centrale della sala.

Tutto sembrava in ordine. Tutto tranquillo.

Tuttavia, Emma non poté fare a meno di dare un’occhiata ad uno di quei bei volumi, attratta com’era da quella forma di arte, e convinta che fosse una specie di rito di buon auspicio. I libri erano grossi e pesanti. Scelse quello che si trovò al 5° banco a destra, lo estrasse,  lo posò sopra al banco e sulla copertina di cuoio scuro vide incisa  a grossi caratteri gotici e cubitali, una parola:

 

TRADITORE

 

in rosso. Passò subito in rassegna gli altri quattro volumi e, con orrore, scopre che la parola  era scolpita sulla copertina di ciascuno di essi. Controllò i volumi e si avvide, angosciata,  che il marchio era passato anche all’interno, segnando tutte le pagine.

Si sentì quasi male, e si appoggiò al banco. Come lo avrebbe detto alla signora?

Chi poteva essere stato, e come, a compiere quello scempio, considerando gli eccezionali sistemi d’allarme?

Oppure i sistemi di allarme non erano poi così eccezionali?

Telefonò immediatamente alla signora Vissani.

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Capitolo 3
*** La biblioteca ***


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Spazio dell'autrice:

Prima di cominciare questo capitolo, devo fare una precisazione che non ho fatto prima e me ne scuso.

Questa fiction compare sotto la categoria "storie originali" un pò per un un mio sbaglio involontario, ma anche intenzionalmente.

Questa storia, infatti, è originale, cioè, l' ho inventata di sana pianta, con personaggi creati da me, ma con la presenza dei personaggi delle due serie che ho incrociato, e che utilizzo per la loro peculiarità e per il loro background. Più avanti, compariranno altri personaggi di un'altra serie.

 

 

Capitolo secondo

LA BIBLIOTECA

 

 

 

 

Boston, giorno pieno, nel laboratorio di Bishop

 

 

Da quasi un’ora, Walter e suo figlio erano davanti al computer dove apparivano, a ritmo di un’immagine ogni minuto, volti di uomini e donne le cui vite si erano in qualche modo incrociate con quelle dei due uomini, ma nessuno di quei visi pareva possedere le caratteristiche di colui che era apparso nel sogno di Walter Bishop.

“Aveva i capelli molto scuri. – precisa Bishop – Quasi neri. E anche barba, baffi e occhi erano scuri, con qualche filo bianco” .

Ricominciò la rassegna dei volti. Alcuni andavano vicino per sommi capi, ma nessuno corrispondeva all’identikit formatosi nella mente dello scienziato.

Peter non sapeva come aiutare il padre, quando, opportunamente, nel laboratorio si presentò Olivia Dunham, che salutò allegra i due uomini e Astrid, l’assistente di Bishop.

“Olivia! – esclamò Peter, con toni speranzosi – Sei capitata a proposito! Quando sei andata nell’altra dimensione, oltre a William Bell, hai per caso visto qualcun altro?”.

Olivia fissò Peter, con gli occhi sgranati.

“Chi altri avrei dovuto vedere?” esclamò.

Peter la prese sotto braccio e si allontanò da Walter e da Astrid per parlarle da solo, spiegando cosa era accaduto al padre.

“No, Peter. – rispose Olivia, avvilita – Mi dispiace. Non ho visto nessuno che risponda a quell’aspetto”

“E che mi dici del portale?” chiese Peter, in tono piuttosto nervoso.

Olivia lo inchiodò con uno sguardo intenso, ma al contempo allucinato.

“Tutto quello che ti ho detto finora” rispose sconsolata.

Peter strinse le labbra in un moto di rabbia e impazienza, ma non diretto all’amica investigatrice.

Insieme tornarono da Walter che era appoggiato al tavolo delle autopsie, e si teneva la testa fra le mani, con atteggiamento disperato.

“Forse sto impazzendo! – sussurrò – Vedo persone che non esistono. Cosa mi hanno fatto laggiù?”

Peter si avvicinò al padre e gli circondò le spalle con affetto.

“Lo scopriremo, Walter. – lo consolò – E se ti hanno fatto molto male, la pagheranno, lo giuro!”.

Walter sorrise al figlio. Olivia li guardò entrambi fra lo stupito e il commosso.

 

 

 

 

 

Boston, Biblioteca, tarda sera

 

Anche quel giorno volgeva al termine, e prima di tornare a casa, Simon Amblin compì il solito giro d’ispezione prima di chiudere ed attivare i vari sistemi di allarme. Percorse l’anonimo e deserto corridoio dalle pareti grigio chiaro, e raggiunse l’ultima porta. La sala che ospitava i preziosi volumi, voluta da Elisabetta Vissani, ricca ed eccentrica italiana trapiantata a Boston, e appassionata di volumi antichi, aveva un allarme speciale. Quei volumi, cinque in tutto, non avevano prezzo, essendo pezzi unici, realizzati interamente a mano da pazienti e abili artisti del Medio Evo e del Rinascimento.  Prima di attivare l’allarme, Amblin entrò nella sala che la signora Vissani aveva voluto trasformare da asettico stanzone bianco, tipico degli ambienti universitari americani, a “tempio” vero e proprio dell’arte e della cultura, ispirandosi all’interno dell’antica Biblioteca Malatestiana, a Cesena, in Romagna, sua terra di provenienza. L’esposizione di quei libri era prevista fino alla fine dell’anno in corso (si era vicini alle feste natalizie), e i libri andavano tenuti in estrema protezione, calibrando perfino la temperatura del vano che li ospitava, non superiore a 15°, rigorosamente Celsius.

Con un certo rispetto, Amblin entrò nella sala che sembrava una chiesa, composta da tre navate separate da due file di colonne corinzie. La navata centrale, più larga delle due laterali, e le finestre erano di architettura romanica, mentre il tetto delle due navate laterali aveva il soffitto a sesto acuto, tipico del gotico. Pavimento e banchi erano in legno. I volumi erano appoggiati al ripiano inferiore dei massicci banchi di legno scuro, e bloccati da catenelle fissate ai plutei.

Non poté rimanere indifferente a tanta bellezza e sacralità, e cominciò a percorrere a passo lento la navata centrale fino in fondo.

Pareva tutto a posto.

Il silenzio che regnava in quel luogo era quasi tangibile, e gli venne spontaneo farsi il segno della croce, proprio come si farebbe in chiesa davanti ad un crocifisso che però lì non c’era.

In fondo alla grande sala c’era una porta che introduceva nell’ultima stanza del corridoio, ma ora era chiusa, e Amblin non aveva interesse ad aprirla.

Si girò per tornare indietro e uscire.

La luce ambrata, diffusa discretamente da lampade a torcia, fissate a staffe di ferro lungo le due navate laterali, si affievolì friggendo fin quasi a precipitare il vano nel buio.

Amblin si bloccò in mezzo alla navata centrale, e si voltò con molta lentezza.

Si sentì osservato.

Giratosi di soli 45° intravide con la coda dell’occhio una forma scura in fondo alla stanza.

Non ebbe il coraggio di girarsi ancora, ma nello stesso tempo, sentendosi responsabile del settore, sapeva che doveva controllare tutto, però, quando si voltò completamente, in fondo alla sala non c’era più nessuno.

“È  la stanchezza!” disse fra sé ad alta voce per farsi forza.

E decise che per quel giorno era ora di tornare a casa.

Uscì dalla stanza con una certa fretta, emettendo un profondo sospiro una volta sul corridoio,  chiuse la porta, attivò l’allarme e lasciò quel settore dell’edificio con un pizzico di ansia.

 

 

 

Prosegue......

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Capitolo 4
*** Cominciano le indagini ***


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Quarto capitolo

COMINCIANO LE INDAGINI

 

 

 

 

 

L’uomo del sogno

 

L’uomo con capelli, barba, baffi e occhi scuri guardava Olivia con intensità, e in quello sguardo traspariva una disperata richiesta di aiuto, ma dalla sua bocca non uscì suono. Olivia fissò a sua voltò quell’uomo sentendo di voler provare ad aiutarlo in qualunque modo. Era certa di non averlo mai visto, ma questo non significava che dovesse ignorare quell’appello.

Cosa stava tentando di dirle? Cosa desiderava che facesse?

Il telefono annullò tutti i suoi tentativi; l’immagine svanì di colpo, e lei si ritrovò nella realtà quotidiana, in camera sua inondata da una luce fredda e grigia, mezza stordita, e con una gran confusione in testa.

Le cifre luminose della sveglia digitale segnavano un’ora assolutamente insolita per l’inizio di una sua tipica giornata da agente del FBI: le nove! Nella norma, a quell’ora lei era già in piedi ed in giro da un pezzo, ma la sera precedente era stata fuori fino a tardi con Peter, e questa era l’amara ma naturale conseguenza. Ed era Peter, dall’altro capo del telefono, a ricordarle che il mondo c’era ancora, ed aveva bisogno di lei, o meglio: aveva bisogno di tutti e due.

Olivia si lavò e si vestì con l’immagine dell’uomo del suo sogno, e quando più tardi s’incontrò con Peter gli confidò subito ciò che aveva visto durante la notte.

“Se le cose stanno così, - commentò Peter, - stanotte potrei sognarlo anch’io”.

“Non so cosa dirti, Peter! – affermò Olivia, sconsolata – Sto cercando di capire. Prima tuo padre, poi io. Cosa vuol dire?”.

I due filarono di corsa al laboratorio di Walter, e raccontarono l’evento.

“Quell’uomo, - dichiarò Walter – chiunque sia, sta cercando di entrare in contatto con noi”.

“Perché, Walter?” chiese Peter, perplesso.

“Per ora non ne ho la minima idea. – rispose Walter – Ma se è entrato nei nostri sogni, e nessuno dei due lo conosce, né lo ha mai visto, evidentemente c’è un motivo. Tra l’altro, mia cara ragazza, il tuo sogno è stato più dettagliato del mio. Io ho solo visto quel volto per pochi secondi, mentre c’è mancato poco che tu sia riuscita a parlargli. So che da quando sei tornata dall’altra dimensione, hai acquisito una maggiore sensibilità ad eventi arcani, e dei poteri. Questo potrebbe spiegare la tua visione più lunga e particolareggiata”.

Olivia era perplessa e sgomenta.

“Vuol dire che potrebbe tornare e dirmi qualcosa?” chiese.

“Probabilmente si. - ipotizzò Walter – Forse tu sei un canale migliore”.

“E tu, Walter?” domandò Olivia.

“Può darsi che con me ci abbia solo provato. – rispose Walter – Poi ha provato con te, e ti ha trovata più ricettiva”.

“Potrebbe succedere anche a me di sognarlo?” domandò Peter.

“Perché no? -  rispose Walter – Neppure tu sei tanto normale, figliolo”.

“Grazie!” replicò Peter, serio e un po’ seccato. Suo padre, invece, sorrise.

Restarono tutti e quattro (compresa Astrid) fermi a meditare sull’accaduto, finché non entrò in scena anche Broyles, evento che Olivia considerò anomalo e preoccupante, conoscendo la discrezione del suo capo.

“Ho ricevuto una chiamata dalla Biblioteca Pubblica” annunciò l’uomo con la sua consueta serietà ed eleganza.

“Di che si tratta?” chiese Olivia.

“Libri” rispose Broyles, laconico. Ed i quattro percepirono l’ironico tono di fondo dell’affermazione..

“Certo. – convenne Olivia imbarazzata dall’ovvietà della sua domandò – È chiaro”.

Ma Broyles si sciolse un po’ e sorrise.

“Libri speciali. – rettificò –  Rari, antichi, e molto preziosi”.

Per strano che potesse sembrare, Olivia sentì andar via la tensione, e sorrise anche lei.

“Beh, - disse – andiamo”.

 

 

 

 

Alla biblioteca

 

A causa di ciò che era accaduto, Broyles e Olivia trovarono la biblioteca chiusa al pubblico, con alcuni agenti della Polizia davanti all’ingresso. La facciata dell’edificio è bianca e di architettura molto moderna, con tre grandi porte a vetri scure.

I distintivi del FBI aprono molte strade e i due raggiunsero il 3° piano del blocco McKim, dove si trovava la sala che custodiva i preziosi libri antichi. Altri due agenti erano davanti alla porta, e la aprirono solo dopo l’esibizione dei distintivi.

Broyles e Olivia rimasero meravigliati dalla scenografia dell’ambiente, e vi entrarono quasi in punta di piedi, e con rispetto, proprio come se avessero dovuto entrare in una chiesa.

Ad attenderli c'erano due donne: entrambe non molto alte, rotondità mediterranee senza grasso; una era bionda con gli occhi azzurri, l’altra aveva capelli e occhi scurissimi e carnagione olivastra; indossavano ambedue tailleur: la donna bionda, lo aveva nero, quello della bruna era bordeaux; i loro visi erano gradevoli, ma in quel momento avevano espressioni estremamente preoccupate che scivolavano nella disperazione. Erano tutt’e due in piedi vicino ad uno dei primi banchi su cui era posato un tomo marchiato con la parola TRADITORE.

Con loro c’era anche il responsabile del blocco McKim, Alec Harrison.

Adempirono alle presentazioni di rito e Olivia attaccò subito con le domande di prammatica, ma al termine di quella specie di interrogatorio gentilmente formale, non ne sapevano molto più di prima.

Harrison assicurò che i sistemi di allarme erano a prova di tutto, però, la realtà era che qualcuno era entrato nella sala e aveva rovinato quei volumi.

“Sono unici al mondo. – informò la donna bionda, all’anagrafe, Elisabetta Vissani – Non hanno prezzo, e non sono in vendita. Volevo solo mostrarli. Siamo in tournée per il mondo, e volevo tenerli esposti qui fino a Natale, ma così …..” e aprì il libro per far vedere le pagine macchiate.

“Certo, - commentò Olivia – il danno è enorme”.

“Incalcolabile” dichiarò la Vissani desolata.

Olivia e Broyles si guardarono perplessi e avviliti.

Al momento, non riuscirono ad arrivare ad alcuna conclusione.

 “Chi era di turno ieri sera qui?” chiese Broyles a Harrison.

L’uomo, un tipo alto, robusto, e con una folta capigliatura sale e pepe, effettuò una breve serie di telefonate dopo le quali rispose alla richiesta di Broyles informandolo che erano alla ricerca dell’interessato.

L’interessato, Simon Amblin, un giovane di non eccessiva statura e dal fisico tondeggiante, arrivò dopo una mezz’ora scarsa, e raccontò la sua esperienza.

Alla fine del suo rapporto, i presenti nella sala si scambiano occhiate stupite.

Olivia si avvicinò al banco ed esaminò il libro, sfiorando la copertina con le dita, e quando sollevò la mano, i polpastrelli erano macchiati di rosso scuro. Avvicinò le dita alle labbra e al naso e l’odore che le arrivò alle narici non era quello del sangue.

“Dobbiamo portar via almeno uno di questi volumi per analizzarlo” dichiarò poi.

Le due donne si scostarono dal banco ed Elisabetta Vissani armeggiò alcuni secondi con la catena ed il lucchetto che bloccava il libro alla base del banco.

“Mi raccomando” implorò dignitosa rivolgendosi ad Olivia.

“Stia tranquilla. – la rassicurò Olivia – Ne avremo la massima cura”.

 

 

 

Al laboratorio

 

Olivia entrò veloce e decisa nel grande laboratorio, con il grosso libro, e lo depositò, eccitata, sul primo spazio libero che trovò fra tutti i ripiani occupati dei mobili. I due Bishop erano appoggiati ognuno ad una cassettiera, e chiacchieravano. In quel preciso momento, Walter era disoccupato, e guardò il libro con avidità.

“A quanto pare, a questo turno, niente cadaveri da dissezionare, Walter” lo derise scherzosamente il figlio.

“No. – dichiarò Olivia, risoluta – Stavolta niente seghe elettriche o pinze divaricatrici. Anche qui ci vorranno i guanti, ma quelli di velluto pregiato”.

Walter si avvicinò al ripiano dove Olivia aveva posato il libro, e osservò l’oggetto con lo stesso scrupolo con cui studia i corpi.

“È straordinario!” esclamò dopo aver visto di cosa si tratta. E lo girò in tutte le direzioni, poi chiese lumi alla donna su quale avrebbe dovuto essere il suo compito.

“Vedi questa parola? – gli fece notare Olivia – In un primo momento, è sembrato sangue, e invece non lo è”.

“Vuoi sapere con cosa è stata scritta questa parola?” chiese, Walter, candido.

Olivia annuì, fissando lo scienziato con sguardo speranzoso.

“Questo volume vale una fortuna” disse poi.

Bishop si mise al lavoro: grattò via alcune scaglie di cuoio contaminato dalla sostanza usata per marchiare la parola, le depositò su un vetrino, mise il vetrino sotto al microscopio elettronico e poggiò un occhio sul mirino.

Furono attimi in cui i suoi tre spettatori restarono in  trepidante attesa di un verdetto.

“Oh! “esclamò alla fine Bishop a bassa voce.

“E?” fecero eco i suoi tre spettatori.

Bishop raddrizzò il busto e si girò verso di loro.

“La sostanza usata per scrivere questa parola è inchiostro. – dichiarò facendo poi seguire una pausa – Inchiostro ferrogallico” terminò con solennità.

Olivia lo guardò, leggermente stupita.

“Cioè?” .

“È un inchiostro che veniva impiegato nella stesura dei manoscritti. – rispose Walter, calmo – Come questo” e nel dirlo aprì il libro per mostrare le pagine scritte. Olivia si accostò a Bishop.

“Ci sta dicendo che questo inchiostro viene dal …”

“Millecinquecento. – rispose Walter, trionfante – Come minimo. Ma era usato anche prima, nel Medio Evo, soprattutto in Europa ed in particolare, in Italia”.

“Si trova ancora in giro?” chiese Astrid.

“No. – rispose Bishop –È sparito dalla circolazione da più di un secolo”.

Peter si avvicinò al ripiano dov’era posato il libro, per guardarlo meglio.

“I caratteri sono neri” osservò, scorrendo gli occhi su una pagina.

“Ma la scritta sulla copertina è rossastra” puntualizzò Olivia, mentre si guardava i polpastrelli ancora macchiati.

“L’inchiostro ferrogallico si ricava dal gallato di ferro, – cominciò a spiegare Bishop – un colorante ottenuto dalla reazione di un tannino generico con sale ferroso. A seconda della percentuale dei due componenti, e del procedimento di ossidazione, si ottiene il colore nero o rosso”.

“Allora sarebbe riproducibile anche oggi” constatò Astrid.

“Volendo si. – rispose Bishop – Ma non è questo il caso”.

“Perché?” chiese Olivia.

“Perché il processo di ossidazione è molto lungo. – rispose lo scienziato – Possono volerci secoli per ottenere quella variante di rosso” .

 “Chi può aver voluto compiere questo danno? -  si chiese Olivia, turbata da quel pensiero – E perché”.

 “Perché, TRADITORE?” domandò Peter, più a se stesso che a suo padre, guardando la scritta.

“Questa è una bella domanda, Peter” commentò Bishop.

 “Non è il titolo del libro” commentò Olivia

A questa osservazione, Bishop aprì il libro e nelle prime pagine riscontrò subito due dettagli curiosi, tuttavia, secondo lui importanti: il primo era la mancanza di titolo; il secondo era che, nonostante un delicato e minuzioso dipinto racchiudesse la prima lettera, la prima frase, nella prima pagina, era incompleta, come se fosse la parte finale di un periodo iniziato altrove. Leggendo velocemente, riconobbe subito che la lingua in cui il testo era scritto era l’italiano e, arrivato in fondo, scoprì che anche l’ultima frase del testo era incompleta, ed era la prima parte di una frase che finiva senza dubbio in un altro volume.

“Questo è uno dei volumi di un’opera” sentenziò alla fine.

Olivia lo fissò con meraviglia e sospetto.

“Ci sta dicendo che il contenuto del volume è ...una puntata?” chiese.

“Esattamente” rispose Walter.

Olivia si fermò un attimo a riflettere.

“Allora anche gli altri volumi contengono una parte di quest’opera” arrivò a concludere.

“Senza dubbio. -  confermò Walter – Quanti altri volumi aveva detto che c'erano alla biblioteca?”

“Altri quattro” rispose Olivia, pronta.

“Si possono vedere?” chiese lo scienziato.

Olivia si morse, perplessa il labbro inferiore, sapendo che ora non sarebbe stato facile accedere a quel settore della biblioteca. Chiamò Broyles e si consultò con lui. Dopo alcuni minuti, ricevette la risposta del suo capo che le comunicò di essere riuscito ad avere un permesso di entrata dopo l’orario di servizio.

All’ora stabilita, Walter, Peter, Olivia e Broyles si recarono alla biblioteca e salirono al terzo piano.

Ad aspettarli c’era anche Elisabetta Vissani che non mollava i suoi volumi.

Con delicatezza e discrezione, Bishop passò in rassegna gli altri quattro volumi, andando a controllare le prime e le ultime righe  del testo, e in questo modo trovò l’inizio dell’opera, e il titolo: VERITAS, ma non l’autore. Effettuò un ultimo controllo sul volume che aveva esaminato al laboratorio e fece un’altra scoperta: il quinto volume non era l’ultimo.

 

 

 

 

A bordo dell’Impala

 

Dean era al volante, Bobby, seduto vicino a Dean, e Sam era comodo sul sedile posteriore col tomo sulle ginocchia, impegnato nel tentativo di capire qualche parola di ciò che era scritto.

Si ricordava un po’ di latino studiato all’università, e anche al liceo, e siccome il linguaggio usato nel libro era un italiano antico, molto vicino alla lingua di Virgilio, riuscì ad afferrare qualche vocabolo. Lesse saltando un po’ qua e un po’ là fra le pagine, ma dal poco che raccolse, fu in grado di capire che si trovava di fronte ad un trattato, a quanto gli risultava, a carattere politico, o religioso.  Ma rimase colpito da un particolare: la prima frase, alla prima pagina, non era completa. Sembrava l’ultima parte di una frase il cui inizio era evidentemente in qualche altro volume. Andò a controllare l’ultima pagina, e notò che invece l’ultima frase era completa, e chiusa dal punto.

Fece subito partecipi della scoperta i suoi compagni di viaggio.

“Ah, - esclamò Bobby – allora è un’opera in più volumi!”.

“Penso proprio di si” convenne Sam.

“E quello che ho preso io è  l’ultimo” dedusse Bobby.

“E dove sono gli altri?” chiese Dean.

“Forse alla biblioteca di Boston”. rispose Bobby.

“Scusa, -  obiettò Dean - ma il tuo amico che te l’ ha venduto non t’ ha detto niente su questo libro?”.

“Mi aveva detto che è un pezzo unico. – rispose Bobby – Che è interessante, ed è un vero affare”

“Ah, - fece Dean – Quanto l’ hai pagato?”

“Cinquanta dollari” rispose Bobby, felice.

“Cosa? – esclamò Sam da dietro – Cinquanta dollari?”.

“È poco o molto, Sam?” chiese Dean.

“È niente! – rispose Sam, quasi scandalizzato – Solo perché è del ‘500 potrebbe valerne almeno cinquemila!” .

“Allora ho fatto davvero un affare!” concluse Bobby trionfante.

Ma il suo entusiasmo si spense subito scorgendo l’espressione poco persuasa di Dean.

“Si. – disse infatti il ragazzo, serio – In effetti potrebbe essere stato un buon affare, oppure …”

“Oppure?” incalzò Bobby sospettoso.

“Oppure dietro a questo libro c'è una brutta storia” finì Dean.

Bobby si fece apprensivo.

“Vuoi dire che potrebbe essere maledetto?” insinuò.

“Maledetto proprio no ma, - rispose Dean, cercando di essere ottimista – se il tuo amico te lo ha rifilato per cinquanta dollari, significa che voleva levarselo di torno”.

Bobby fissò Dean e, dal suo sguardo intenso, rammentando ciò che gli aveva raccontato di aver visto a casa sua, e riflettendo sulla scritta marchiata sulla copertina, capì dove il suo giovane collega voleva arrivare.

“Oh, porca ….” imprecò a bassa voce.

Dean sorrise e poi si rivolse a Sam.

“Fratellino, riesci a capire qualcosa di quel che c’è scritto su quel mattone?”.

La prima risposta di Sam fu un muggito, poi arrivarono anche le parole.

“Devo ammettere che non è facile. – rivelò – Comunque finora mi pare di aver capito che questo tizio non ha mai avuto rapporti idilliaci con la religione e con la Chiesa”.

Altro intenso sguardo d’intesa fra Dean e Bobby.

 “Secondo me, -  sentenziò Dean - più che al contenuto del mattone, dobbiamo dare importanza a chi lo ha scritto”.

“Giusto, Dean” convenne Bobby, domandandosi perché ora si sentiva più sollevato.

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Capitolo 5
*** Cose da fare a Boston ***


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Quinto capitolo

COSE DA FARE A BOSTON

 

 

 

L’incontro

 

Sam, Dean e Bobby arrivarono a Boston a notte fonda. Dopo un giorno intero di viaggio, pur dandosi il cambio al volante, erano sfiniti, desideravano ficcarsi sotto una doccia e riposarsi, ma sentivano anche di avere in mano qualcosa che scottava, e volevano risolvere la questione con una certa velocità.

Boston non è Lawrence, e non è facile trovare un alloggio popolare ed economico, tuttavia, grazie alle cartine, e al cellulare attrezzato di Sam, riuscirono a trovare un bed & breakfast a Beacon Street, non lontano dalla biblioteca. Si diedero una rinfrescata ed una ripulita, ognuno scelse il suo letto e ci si stravaccarono sopra, a momenti senza togliere neppure le pantofole.

Dean si addormentò quasi subito, Bobby fece per telefonare all’amico del negozio, ma vedendo l’orario – le quattro e mezzo del mattino – ci ripensò e rimandò la chiamata a qualche ora dopo.

Ma quando richiamò, verso le sette, un messaggio registrato lo informò che l’utente era irraggiungibile, fatto che trovò strano dal momento che, se doveva aprire il negozio, in teoria l’uomo avrebbe dovuto essere già in piedi, e con i vari mezzi di comunicazione accesi e funzionanti.

 Effettuò altri tentativi a distanza di dieci minuti l’uno dall’altro, ma nessuno rispose. 

Un’ora dopo i tre erano di nuovo in macchina, in cerca dell’indirizzo dell’amico di Bobby, ma quando arrivarono davanti alla sua villetta bianca e grigia secondo le indicazioni del cacciatore, la trovarono con le finestre serrate. Dalla cassetta postale, occhieggiava un triangolino bianco che Bobby estrasse e lesse: “X Bobby. Sono dovuto partire urgentemente. Ti farò sapere”.

Bobby appallottolò il foglio e lo gettò a terra, furioso, tanto più che Dean lo guardava con la sua solita aria ironica, come a dire: ti ha tirato un bidone.

Ma la voglia di scherzare finì presto, e i tre realizzarono alla svelta che l’unica cosa da fare era dare il via alle loro indagini. Bobby raccolse il foglio, lo stese, lo piegò e se lo ficcò in tasca.

“Bobby, ricordi per caso dove sta il negozio?” chiese Sam.

Il cacciatore compì uno sforzo di memoria.

“Cambridge Street, credo. – rispose – Ricordo che vicino c’è un ospedale, e il marciapiede dove si trova il negozio è coperto da un portico”.

Sam programmò il navigatore sul suo cellulare, e la strada venne fuori subito.

“Non è lontana da qui” annunciò, trionfante.

I tre rimontarono in macchina, e si diressero verso la meta.

I ricordi di Bobby erano esatti. Cambridge Street è una strada larga con una lunga siepe fiorita nel mezzo. Individuarono immediatamente il palazzo, e Dean fermò la macchina davanti ad esso.

Il palazzo è grosso, il marciapiede è lungo, e ci impiegarono qualche minuto per arrivare al negozio, ma quando ci arrivarono, lo trovarono chiuso, senza cartelli che avvisassero la riapertura.

I due fratelli guardarono Bobby molto avvilito e arrabbiato, sinceramente dispiaciuti.

Dopo questa scoraggiante scoperta optarono per andare alla biblioteca.

Quando ci arrivarono, nei dintorni tutto sembrava tranquillo.

Forse, a causa del freddo pungente di dicembre, e dell’orario di metà mattina in cui tutti erano più o meno impegnati nelle varie attività lavorative, in giro circolava poca gente, e anche l’affluenza alla biblioteca non pareva molto intensa.

Non essendo sicuri al cento per cento di trovare lì ciò che cercavano, decisero per un tour informativo e perlustrativo. L’ingresso della biblioteca è lungo e discretamente largo. Le porte che si vedono ai lati dell’ingresso recano due targhe dalle quali si apprende che nelle relative stanze si svolgono conferenze. In fondo all’ingresso c’è una scalinata, e a sinistra l’ascensore, e vicino all’ascensore è appeso un tabellone con la mappa del blocco McKim della biblioteca. Al primo piano, c'è l’ufficio informazioni e, cosa che attirò subito Dean, la Map Room Café, ovvero, la caffetteria. E infatti, salito l’ultimo gradino, un profumo di caffè e prodotti da forno arrivò irresistibile alle loro narici.

Non avevano ancora fatto colazione,  Dean era affamato e seguì subito la scia di aroma del caffè, ma Bobby lo agguantò per il dietro del giaccone blu imbottito e lo riportò alle sue responsabilità.

“Fa differenza se ci andiamo dopo? – protestò Dean – Non c’è pericolo che quello che cerchiamo si muova, per ora”.

Bobby lo guardò male, e Sam scosse la testa, ridacchiando. Sotto, sotto, riconobbe anche lui di aver fame. Quella mattina, tutti e tre erano vestiti un po’ meglio del solito, ma i due fratelli non indossavano la “divisa nera” degli agenti FBI, limitandosi ad aver messo pantaloni nuovi senza buchi, camicia e pullover. Si accordarono di presentarsi come professore ed assistenti di un piccolo e remoto ateneo in Kansas, e si avvicinano all’ufficio informazioni per avanzare la loro richiesta.

“Abbiamo saputo che in questa biblioteca sono esposti dei libri molto rari e preziosi, - iniziò Bobby sfoderando tutta l’aria professionale che era in grado di esibire – e ci piacerebbe vederli. Sa, siamo esperti di quel tipo di opere. Abbiamo visto che l’orario è giusto”.

L’impiegata, una giovane donna di colore, li accolse con un sorriso triste.

“Mi dispiace, - si schernì – l’informazione che avete avuto è giusta; l’orario è giusto, ma la sala dove i libri erano esposti è chiusa fino a data da destinarsi. E' accaduto uno strano incidente, e sono in corso delle indagini, quindi, per adesso, le visite non sono possibili. – alla vista della faccia delusa di Bobby, aggiunge – Se però i signori restano qui a Boston qualche giorno, può darsi che per il fine settimana sia tutto risolto”.

Scambio rapido di occhiate fra i tre, poi Sam annuì.

Terminata la “recita”, con gioia di Dean, si spostarono alla caffetteria.

Il locale non è grande, arredato sobriamente in stile moderno, e i tavoli da quattro ne occupano gran parte del centro. In fondo, a destra si stende il lungo bancone su cui sono esposti in modo estremamente invitante cibi salati e dolci.

Andarono a servirsi, sistemarono tutto sui vassoi di metallo, adocchiarono un tavolo libero, lo occuparono e cominciarono a gustarsi l’abbondante pasto, soprattutto Dean, che aveva scelto per sé vari tipi di dolci. Ora la caffetteria era piena, ma il vociare degli avventori non era eccessivamente alto, e i tre potevano ascoltare la conversazione dei loro vicini che accennava a presenze ultraterrene nella biblioteca. I tre prestarono attenzione al dialogo, ma da esso appresero che entrare nella sala dei libri era praticamente impossibile. Le chiavi erano in possesso di una sola persona, unicamente autorizzata ad aprire agli inquirenti.

“Sarà dura, questa volta” commentò Bobby.

“Ci sarà pure un’ altra entrata. – obiettò Sam – Che ne so … una porta antipanico …. una porta di servizio”.

“Dobbiamo ottenere la piantina della biblioteca” propose Dean.

“Quella si trova anche su Internet. -  disse Sam – Quando torniamo al motel ci guardo subito”.

“Allora è meglio tornare al motel. -  esortò Bobby – Ho paura che qui, per adesso, non potremo fare molto. Forse è meglio trovare un po’ di notizie. Sam, hai trovato qualcosa su questo tipo di libri?”.

“Uff! – rispose Sam con un gesto di fastidio – C’è una marea di materiale su questa roba in rete, ma noi abbiamo troppe poche informazioni sul libro che hai. Non so da dove cominciare”.

“Okay, ragazzi. – deliberò Bobby – Torniamo al motel. Forse lì combineremo qualcosa di più”.

Si alzarono tutti e tre e si avviano verso l’uscita.

In quel momento, nella sala entrarono a passo veloce e nervoso due persone: un uomo e una donna che camminavano incontro a loro. Nel passare al loro fianco, la donna urtò di spalla Dean. Si scambiarono le scuse, e Dean le lanciò una fugace occhiata di ammirazione. Era carina, con quei suoi capelli biondi lunghi, raccolti in una coda di cavallo fermata da un nastro nero come i suoi abiti. Anche lei gli sorrise, ma poi ognuno proseguì per la sua strada. Tuttavia, istintivamente, Dean si controllò le tasche ed estrasse il cellulare per vedere se c'erano messaggi.

Non si accorse che compiendo questo gesto, qualcosa gli cadde per terra.

 

 

 

 

Il contatto

 

 

Pochi secondi dopo, con i loro vassoi, l’uomo e la donna andavano a sedersi allo stesso tavolo dov’erano seduti Bobby, Sam e Dean, e poco più avanti, lei scorse un quadratino bianco di carta vicino ad una sedia. Lo andò a raccogliere, lo girò, e per un pelo non le prese un colpo!

Tornò al tavolo e mostrò il quadratino di carta che riportava una fotografia dove erano ritratti un uomo con capelli scuri, barba e baffi, sorridente, mentre abbraccia due bei bambini, di cui uno era biondo e l’altro, più piccolo, con una zazzera di capelli scuri.

“Peter! – esclamò la donna – È lui! L’uomo che ho sognato, e che ha sognato anche tuo padre!”.

Peter restò perplesso, ma ebbe un’intuizione.

“Il ragazzo che hai urtato prima! – esclamò – Forse l’ ha persa lui”.

Olivia si concentrò sulla foto e, senza volerlo la strofinò per un paio di secondi. Un lampo doloroso le attraversò la fronte, e davanti agli occhi le si parò l’immagine del volto di quel giovane con cui si era scontrata.

 

 

 

Bobby, Sam e Dean raggiunsero la macchina che Dean aveva parcheggiato nella strada di fianco alla biblioteca, ma quando Dean fece per entrarci, una fitta breve, tuttavia intensa, alle tempie lo bloccò, costringendolo ad appoggiarsi al tetto. Per un paio di secondi, tutto ciò che gli era intorno venne momentaneamente sostituito dall’immagine di un volto femminile: il volto della donna che aveva urtato alla caffetteria.

Vedendolo sofferente, Sam gli si avvicinò allarmato.

“Stai bene, Dean?” chiese.

La crisi passò, e Dean lo rassicurò, ma il fenomeno appena verificatosi non gli era nuovo.

E non lo era neppure per Bobby che credette di capire cosa era appena successo al ragazzo, ricordandosi di un episodio simile capitato anni prima.

Dean fece per entrare nell’abitacolo della macchina, ma Bobby lo fermò, offrendosi di guidare.

“Sto bene, Bobby!” protestò Dean.

“Sono più tranquillo se al volante ci sto io” replicò il cacciatore.

“Confessa, Bobby! – lo provocò Dean – Ci hai preso gusto a guidare l’Impala, eh?” .

“Ebbene si, -  riconobbe Bobby – lo ammetto” finisce sorridendo con l’intento si smorzare una lieve tensione che gli sembrava essersi formata.

“L’ avevo capito, sai?  – stette allo scherzo Dean – Ma se la vuoi, devi solo mandarmi all’Inferno, senza ritorno. E non è detto che basti!”.

Bobby sghignazzò.

 

 

“Si! – esclamò Olivia, riavutasi dalla rapida visione – È lui! Ma adesso dove sarà?”.

“Prova a scendere in strada. - le suggerì Peter – Io vedo se sono ancora in giro per la biblioteca”.

Detto e fatto, lasciarono la caffetteria e si lanciarono alla ricerca del possessore della foto, scegliendo vie diverse.

Olivia tornò a guardare la foto e ci passò un dito sopra per sincerarsi di un sospetto.

E il lampo accecante e doloroso ritornò, precedendo di una frazione di secondo la ricomparsa del volto.

 

 

Malvolentieri, Dean lanciò le chiavi a Bobby, dopodiché un’altra fitta alla testa più trapanante della prima, e più lunga, lo obbligò ad appoggiarsi alla macchina. E di nuovo il viso della donna dai capelli biondi occupò tutta la sua visuale. Pur stupito, Sam accorse ancora al fianco del fratello, mentre Bobby lo raggiunse girando intorno al muso dell’Impala.

“Dean, - lo chiamò con paterna premura, posandogli una mano sulla spalla – hai visto qualcosa? Qualcuno?” .

Sam trasecolò.

“Che storia è questa, Bobby? – lo apostrofò duro – Come sarebbe a dire: hai visto?”.

“Silenzio! – lo freddò Bobby che però poi si pentì di essere stato sgarbato – Dopo ti spiego tutto!”.

“Lo spero!” sbottò Sam, per niente felice di quel che stava sentendo.

Dean pareva riprendersi, e nello stesso istante, una forte voce femminile giunse alle loro orecchie dall’angolo della strada. Voltandosi, i tre videro correre incontro a loro la donna che ricordavano aver incrociato alla caffetteria, la quale si fermò trafelata accanto all’Impala, e consegnò il quadrato di carta a Dean.

“Credo che sia sua” disse. Dean prese il quadrato, lo girò, vide la foto e fissò la donna, incredulo.

“Lei ….” sussurrò.

“Anche lei ….” finì la donna.

Bobby, ma soprattutto Sam, calamitarono i loro sguardi su Dean e la donna, che si presentò porgendo la mano a Dean.

“Dean Winchester.  – si presentò a sua volta Dean, quindi, indicando Sam e Bobby  – Lui è mio fratello Sam, e lui è Bobby, al secolo, Robert Stevenson Singer, un caro amico di famiglia”.

Olivia strinse la mano a tutti e due, contenta di conoscerli, quindi telefonò a Peter per avvertirlo del ritrovamento e dell’incontro. Peter li raggiunse dopo un paio di minuti.

“L’uomo nella foto è vostro padre?” domandò Olivia.

“Si. – rispose Dean – Perché?”

“Perché qualche notte fa l’ho sognato!” rivelò Olivia.

“E anche mio padre l’ ha sognato” aggiunse Peter.

Bobby, Sam e Dean spalancano gli occhi, allibiti.

“Com’è possibile?” chiese Sam.

“Non lo sappiamo” rispose Olivia, sconsolata.

“Torniamo da Walter, - propose Peter – Di sicuro lui troverà la spiegazione. È speciale sui casini cerebrali”.

“Benvenuti al dipartimento Fringe! -  li salutò Olivia, sorridendo – Potete seguirci? Veniteci dietro con la macchina”.

“Ci conti” rispose Dean, allegro, aprendo lo sportello.

Ma si riaccese la discussione su chi doveva guidare giacché Bobby temeva che a Dean potesse tornare il mal di testa. Dean, però, troncò tutto, entrando deciso in macchina e sedendosi al volante.

Sam prese posto accanto a lui, e Bobby si sedette dietro. Sul sedile posteriore, semisepolto da giornali e un plaid, giaceva il libro, nascosto da sguardi indiscreti.

 

 

 

N.B. In alcuni passaggi sembra che cambi tempo passando al presente. E' solo perché descrivo luoghi che esistono tuttora.

 

Continua.......

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Capitolo 6
*** 6 teste sono meglio di 3 ***


Nuova pagina 1

Sesto capitolo

SEI TESTE SONO MEGLIO  D I  TRE

 

 

 

 

 

Nel regno dei Bishop

 

 

Durante il tragitto, Sam accennò a ciò che era successo a Dean, ma Dean tagliò corto, rassicurando il fratello, e promettendogli di rivelargli la verità una volta tornati al motel.

“A quanto pare, i segreti della famiglia Winchester non finiscono mai” commentò acido Sam.

“A quanto pare, no” confermò Dean, girandosi un attimo verso Sam e sorridendogli sornione.

Sam annuì, e fissò per un attimo Dean con intensità.

Il discorso terminò lì, e Dean tornò a concentrarsi sulla guida.

La meta era l'ateneo di Harvard.

Uscito dalla sua auto, Peter invitò i tre a parcheggiare nell’area apposita all’interno del cortile.

Bobby si consultò con Dean, indeciso se portarsi il libro appresso oppure no, ma Dean gli consigliò di lasciarlo per il momento in macchina, in attesa di conoscere meglio le persone appena incontrate. Peter e Olivia fecero strada e Dean, con Sam e Bobby, li seguirono. Entrarono direttamente nel laboratorio, dove Walter Bishop si muoveva come un’ape al lavoro.

Quando entrarono, Walter si voltò e si fermò a guardare i nuovi arrivati con stupore, ma anche con gioia. Dean percorse con lo sguardo l’ampia sala,  e si convinse di trovarsi sul set della parodia di un film di fantascienza.

“Bravo, Peter! – esclamò Walter, contento – Hai portato degli ospiti”.

“Si, Walter. – confermò Peter – E sono ospiti speciali”. Walter lanciò un’occhiata interrogativa al figlio. Peter presentò gli ospiti e gli raccontò gli eventi degli ultimi minuti, chiedendo a Dean la fotografia, e mostrandola al padre, il quale, appena la vide strabuzzò gli occhi e spostò lo sguardo puntandolo su Dean, anche lui con gli occhi spalancati dalla meraviglia.

“È stupefacente!” esclamò a bassa voce.

“Non lo dica a me!” replicò Dean.

“Walter, - lo chiamò Olivia – come può essere successo? Voglio dire: non ci conoscevamo! Non ci siamo mai visti prima!”.

“Infatti è strano”  ammise Walter, pensieroso.

“Potreste aver visto quest’uomo da qualche parte, e non ricordate dove” ipotizzò Peter.

“È l’ipotesi più logica. -  convenne Walter. –  Ma resta il fatto che io non ricordo proprio di averlo mai visto ”.

“Nemmeno io” avvalorò Olivia.

“Potreste averlo visto su un giornale, di sfuggita” teorizzò Peter.

“Papà sui giornali! – esclamò Dean, scandalizzato – Impossibile! Papà non ha mai voluto comparire sui giornali. E ci ha sempre minacciati di morte se avessimo solo accennato a qualcuno il lavoro che facevamo!”.

“Inoltre, - aggiunse Bobby – qualunque cosa facesse, e dovunque andasse, sapeva far perdere le sue tracce come pochi”.

“Vostro padre non c’è più?” chiese Olivia.

“No” rispose Sam, serio.

“Davvero strano. – commentò Walter grattandosi la fronte – Mi viene da pensare che quest’uomo abbia tentato di comunicare con i figli, o stia tentando di farlo e, non riuscendoci, abbia cercato un’altra via più libera, un po’ come avviene quando andiamo in macchina. Se incontriamo una strada intasata dal traffico, ne cerchiamo una più sgombra, ma l’interrogativo resta: perché noi, fra sei miliardi di persone?”.

“Perché tu e Olivia avete dei poteri che non tutti i sei miliardi di persone al mondo hanno” dedusse Peter.

“Potrebbe essere stato una specie di segno del destino. – se ne uscì Bobby, trionfante – Dovevamo incontrarci!”.

Walter gli sorrise.

“Non credo molto al destino. – rispose – Ma in questo caso la teoria mi piace”.

In quel momento, Sam spalancò gli occhi, folgorato da un’intuizione.

“Potreste averlo visto nell’archivio della Polizia!”esclamò.

“Papà?” lo fulminò Dean, lanciandogli un’occhiata inceneritrice.

“Non è detto che ci sia perché ha commesso un crimine. – ribatte Sam – Anche tu ci sei, ma per sbaglio. Perché sei stato scambiato per un altro. Potrebbe essere successo anche a papà. Succede a un sacco di gente, purtroppo”.

“Il ragazzo potrebbe aver ragione. -  riconobbe Peter – In fondo, per il nostro lavoro ci càpita spesso di dover consultare l’archivio della Polizia …”

“..e quando lo consultiamo, - continuò Olivia - ci appaiono tante facce che scorrono veloci sullo schermo del computer”.

“Ma noi guardiamo solo quelle che ci interessano per il nostro caso” proseguì Bishop.

“E scartiamo subito le altre perché non ci servono” seguitò Olivia.

“Salvo poi impiegare ore per andarle a ripescare, quando scopriamo improvvisamente che ci servono, e con urgenza” chiuse Peter con sarcastica rassegnazione.

“Ed è quello che succederà a noi fra poco” commentò Walter, non meno ironico.

“E che ci dici del contatto mentale fra Olivia e il nostro amico?” domandò Peter.

“Ultimamente la nostra Olivia  ha dimostrato di aver acquisito poteri psichici di una certa importanza. – rispose Walter – Può darsi che li abbia anche lui. Oppure è molto ricettivo”.

Tutti gli sguardi erano catalizzati su Dean che si sentì in imbarazzo, in particolare per l’occhiata intensa e inquisitoria di Sam.

“Vi occupate di attività paranormali?” domandò Dean per uscire dall’imbarazzo.

“Se ti piace questa definizione, si, figliolo. -  rispose Walter, paterno. – Ma a me piace chiamarla scienza di confine. E voi?”

“Più o meno lo stesso” rispose Sam.

“Andiamo a caccia del Male, - specificò Dean – in tutte le sue forme e manifestazioni”.

“Bell’attività” rispose Walter, senza ironia.

I tre fecero per congedarsi quando, girandosi per rispondere ad una pacca di Bobby, Sam scorse, sul ripiano di una piccola cassettiera  in fondo alla stanza, un oggetto che riconobbe con facilità. Si mosse veloce verso il mobile, ed ebbe subito la conferma dei suoi sospetti. Su quel ripiano giaceva un libro identico a quello che aveva Bobby. Richiamò l’attenzione degli altri che lo raggiunsero immediatamente.

“State indagando su questi libri?” chiese Dean.

“Sta indagando Olivia. – rispose Peter – Noi le diamo una mano. Perché?”.

Dean e Bobby si fecero un cenno, dopodiché Dean lanciò le chiavi della macchina al cacciatore, e l’uomo sparì per alcuni secondi, tornando poi col suo libro, e mostrandolo agli altri.

“Credo che sia l’ultimo” puntualizzò.

Walter controllò la prima pagina del libro in possesso a Bobby, e l’ultima di quello che aveva lui in esame. Gli spezzoni della frase coincidevano e si completavano riunendola, dandole così il meritato senso compiuto.

“Bene! – esclamò Walter, soddisfatto – Mi piacerebbe avere gli altri quattro volumi per poter tradurre tutta l’opera”.

“Dovremo chiedere l’autorizzazione alla Vissani. – scoraggiò Olivia – Quella non li lascia con tanta disinvoltura”.

“Potrei trasferirmi io alla biblioteca. – propose Bishop – Per me non sarebbe un problema”.

Olivia prese il telefono per chiamare il suo capo ma, nello stesso tempo, nella mente di Dean affiorò di colpo l’immagine della sagoma scura intravista a casa di Bobby, e scomparsa un secondo dopo fra lingue di fuoco.

“Un momento. – bloccò Dean –  Prima di riunire tutti e sei i volumi, farei qualche altra ricerca. – Tutti gli sguardi si convogliarono su di lui, in particolare quelli di Bobby e Sam, ma Dean non desistette  – Ho dei buoni motivi per farvi questa proposta”.

 

 

 

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Capitolo 7
*** La riunione dei volumi ***


Nuova pagina 1

Settimo capitolo

La riunione dei volumi

 

 

 

La minaccia

 

 

Bishop guardò divertito Dean.

“Hai paura che mettere insieme questi volumi possa scatenare forze oscure malefiche?” gli chiese.

“Sapere di più su questi libri non guasta. - rispose Dean, cercando di negare a se stesso che lo temeva  – In questo caso”.

Gli sguardi di Bobby e Dean s’incrociarono.

“Penso che il mio collega abbia ragione. – lo sostenne Bobby – Avere più informazioni su questi oggetti servirebbe a chiarire qualche idea. Per esempio, sull’argomento trattato, e sull’autore dell’opera”.

I due Bishop e Olivia lanciarono occhiate interrogative ai loro temporanei collaboratori.

 “Walter, - s’intromise poi Peter – sei riuscito a capire qualcosa di quel che c’è scritto sul volume che hai preso?”.

“Qualcosa, si. – rispose Bishop – Però, con le pagine macchiate non si legge molto. Comunque, chi  ha redatto questo testo non aveva una buona opinione della Chiesa”.

“È quello che ho capito anch’io” confermò Sam.

“Potrebbe essere un testo eretico?” teorizzò Bobby.

“Potrebbe” rispose Bishop. Peter si grattò la nuca, dubbioso.

E nelle menti di tutti cominciarono a formarsi interrogativi inquietanti.

“Ascoltate, - richiamò Olivia –  l’unico modo per avere risposte alle nostre domande è  parlare con quella donna italiana. A quanto risulta, i libri sono suoi, dunque, chi meglio di lei potrebbe sapere tutto, o almeno molto, di questi volumi?”.

Tutti furono concordi nel ricorrere alla soluzione proposta dall’agente federale.

E tutti notarono un’espressione preoccupata sul volto di Dean.

Olivia telefonò a Broyles, comunicò il ritrovamento dell’ultimo volume dell’opera e, dopo pochi minuti, ricevette via libera per un colloquio, sempre dopo l’ora di chiusura.

Poco prima dell’ora stabilita, i sei raggiunsero la biblioteca e si trasferirono al terzo piano portando con loro gli ultimi due tomi.  

Elisabetta Vissani non era ancora arrivata, ma ad accoglierli c’era Emma Moràbito, elegante nel suo tailleur grigio ferro, sotto il quale spiccava un maglioncino rosso. La giovane donna prese in consegna da Bishop il quinto libro, e lo andò a ricollocare nel suo banco.

“Le è stato utile?” domandò sorridendo.

“Moltissimo. – rispose lo scienziato con convinzione – Ma mi dica: lei conosce questo testo?”.

Il simpatico volto mediterraneo della donna assunse un’espressione avvilita.

“Ad essere sincera, ho letto qualche riga qua e là. – rispose  - Non ho un’idea precisa sul contenuto. M’interesso maggiormente dell’aspetto artistico di questo genere di oggetti. Ma la signora, di sicuro, ne sa di più”.

“Lei sapeva che l’opera non è completa?” chiese Dean.

Non informata del ritrovamento dell’ultimo volume, Emma Moràbito lo guardò sorpresa e, al tacito invito del giovane Winchester, Bobby si fece avanti col libro. Emma lo prese dalle mani di Bobby e notò che anche questo era marchiato dalla scritta infame. Alzò la testa e con i suoi occhi scurissimi passò in rassegna le persone che aveva davanti.

In quel momento nella sala entrò anche Elisabetta Vissani, vestita in blu scuro, che si avvicinò svelta al gruppo.  Emma le mostrò il volume. La Vissani, al corrente della notizia,  lo fissò comunque altera.

E nel silenzio di tutti, lo posò sul banco.

Un filo di tensione salì, e si espanse ancora leggera, ma palpabile nell’ampia stanza.

In compenso la temperatura scese, e gli aliti uscirono dalle labbra come bianche ed eteree nuvolette.

Le grosse lampade a torcia cominciarono a tremolare.

E in fondo, all’angolo sinistro della sala, nella penombra, Dean vide, stavolta con nitidezza, la sagoma scura, solo intravista a casa di Bobby. Tuttavia dagli sguardi stupiti, ma non terrorizzati degli altri, sospettò che la stesse vedendo solo lui. Si staccò dal gruppo, e s’incamminò lentamente verso il punto in cui la figura era apparsa, ma quando arrivò a pochi passi, la sagoma sparì fra fiamme azzurre, e nella sala tutto tornò alla normalità.

“Devo far controllare l’impianto. – esordì la Moràbito – Anche il sorvegliante del turno di notte aveva segnalato questo disturbo”.

Prima di ricongiungersi al gruppo, proprio dietro a dove la figura era comparsa e scomparsa, Dean notò una porta che si distingueva dalla parete solo per la sottilissima fessura di stacco, e la maniglia in rilievo.

“È murata! – gli gridò la Vissani – Oltre non c’è niente”.

Dean restò un paio di secondi perplesso a fissare la porta poi, nonostante l’avvertimento, mosso da uno strano e irresistibile impulso, mosse la maniglia e, nel farlo, la sentì cedere sotto la pressione della sua mano.

La porta si aprì.

Oltre, c’era qualcosa.

C’era buio pesto, e vuoto.

E nel buio, davanti ai suoi occhi, due terribili occhi bianchi sembrarono trafiggerlo con una potenza micidiale:

 

STAVOLTA MORIRAI, TRADITORE !! PER SEMPRE !!!!

 

Queste furono le parole che Dean ebbe l’impressione di sentir arrivare al cervello.

Chiuse gli occhi.

Si sentì strattonare con decisione ed insistenza.

E si sentì anche chiamare.

Chi lo stava scuotendo era Sam, allarmato per averlo visto immobile davanti a quella porta.

“Stai bene?” gli chiese, con viva preoccupazione.

Quando Dean riaprì gli occhi, la porta era di nuovo chiusa.

Provò a riaprirla, ma la maniglia non si fletté di un millimetro.

Sam gli chiese un’altra volta se stesse bene.

 “Non molto” rispose Dean con un filo di voce.

“Hai visto qualcosa?”  domandò Sam.

“Si” rispose Dean, in un sussurro.

“Cosa? – incalzò Sam – Un demone, o uno spirito?”.

“Uno spirito. – rispose Dean senza esitare – Molto, ma molto incazzato”.

Cingendogli le spalle con un braccio, Sam lo riaccompagnò nel gruppo, che lo accolse premurosamente chiedendogli cosa gli fosse successo. Alla luce, tornata normale, il suo viso apparve pallido. Le domande rivoltegli dagli altri rinnovarono in Dean il sospetto che quella visione fosse stata solo sua. Sam e Bobby gli furono vicini e lo confortarono.

Sull’ultimo volume posato sopra il banco, quindi in evidenza rispetto agli altri riposti nel ripiano posa - oggetti, la scritta era cambiata:       

 

STAVOLTA MORIRAI, TRADITORE !!!  PER SEMPRE !!!!

 

ed era più marcata.

Le due donne italiane si affrettarono a controllare gli altri tomi, e riscontrarono la stessa modifica.

“Che razza di stregoneria è questa?” sbotta la Vissani, realmente turbata e seccata.

“Ce lo dica lei!” la apostrofò Dean, che nel frattempo si era ripreso.

“Cosa vuole che le dica? – si rivoltò la donna, furente – Che ci sono i fantasmi? È un’idiozia!”.

“Allora chi ha creato questa scritta? – insistette Dean, anche lui stizzito – Qualcuno che si diverte a giocare con i super poteri della propria mente? È un effetto speciale? Dov’è il macchinario che lo produce?”.

“Lei crede davvero che si tratti di fantasmi?” lo aggredì la Vissani, sarcastica.

“Mi dimostri che questa scritta è stata creata col computer!” rispose Dean per le rime.

“Alt! – intervenne Bishop – Signori, calmatevi! – Poi, rivolto a Dean – Se ho capito bene, voi vi occupate di …. fantasmi?”.

"Ha capito bene” confermò Dean, secco.

“Interessante. – commentò Bishop, annuendo – E secondo voi questo è un caso di fantasmi?”.

“Quasi sicuramente” rispose Sam.

“Quindi, - s’inserì Peter – questa scritta può essere stata creata da un fantasma?”.

“Puoi giurarci, amico!” confermò Dean.

Il volto di Bishop assunse un’aria sognante.

“Ho letto storie di fantasmi. - cominciò –Hanno sempre retroscena tragici, o comunque molto tristi. – tornò a guardare Dean – Secondo te, dietro a questa scritta com’è la storia?”.

“Tragica!” rispose Dean, sicuro.

A due metri di distanza da loro, Broyles, Olivia, Peter e Bobby marcavano stretta la Vissani.

“Signora, – la inchiodò gentilmente Olivia – se conosce la storia di questi libri, ce la racconti”.

“Se pensate che questi libri nascondano chissà quali misteri esoterici, temo che resterete delusi” dichiarò la donna con piglio risoluto.

“Ci dica quello che sa, signora” la esortò Bobby in tono cortese.

“Tutto” incalzò Dean, meno cortese.

La donna mostrò imbarazzo e sospirò.

“A essere onesta, non ne so molto” attaccò.

“Dove ha trovato questi libri?” domandò Broyles.

“Nella cantina di casa mia. – rispose la Vissani, in tono dimesso – Dovevano essere lì da moltissimo tempo. Presumo che siano stati acquistati, o ritrovati, da miei avi lontani”.

“Nessuno della sua famiglia le ha mai detto niente di questi libri?” chiese Peter.

Elisabetta Vissani scuote la testava, avvilita.

“Quando li ho trovati, mio nonno si è limitato a dirmi che risalivano al Rinascimento”.

“Aveva mai fatto ricerche su questi volumi?” chiese Sam.

“Ho cominciato una decina di anni fece. – rispose la donna -  ma non ho trovato molto materiale”.

“Aveva mai letto il contenuto?” domandò Bobby.

“Si” rispose la Vissani.

“Di cosa parla?” chiese Broyles.

“È un trattato sulla Chiesa” rispose la donna.

“Allora lei sa anche chi è l’autore dell’opera”  dedusse Dean.

Elisabetta Vissani sospirò.

 “Non è facile determinare l’autore di opere come queste. – cominciò – Molte sono trascrizioni di frammenti di altre opere trovate in giro per l’Italia o, addirittura per l’Europa, e se abbiamo la fortuna di averle fra i nostri capolavori, dobbiamo ringraziare il paziente e meticoloso lavoro di ricerca svòlto dagli Ordini religiosi di San Benedetto e di Camaldoli e, in seguito, quello non meno paziente e preciso degli amanuensi, alcuni dei quali hanno trascorso la loro intera vita a ricopiare minuziosamente ciò che a volte è stato trovato scritto su pezzi di stoffa sdruciti dal tempo”.

“Quindi è difficile risalire all’autore!” dedusse Sam, un po’ deluso.

“Spesso è impossibile, - rimarcò la Vissani –  A meno che l’opera non sia famosa. Però si può  risalire all’amanuense che è stato incaricato, o si è assunto l’incarico di svolgere questo lavoro”.

“Lei sa chi è l’amanuense che ha trascritto quest’opera?” chiese Bobby..

Elisabetta Vissani non rispose subito poiché non ricordava di aver visto nomi, ma suggerì agli investigatori di cercarlo nella prima pagina del primo volume. Bishop si fece indicare da Emma Moràbito il banco che ospitava il primo volume e, una volta lì, lo aprì.

Nella prima pagina, sotto il titolo, c’era un nome, ma i piccoli caratteri gotici con cui era scritto non lo rendevano di facile lettura, e Bishop dovette servirsi di una lente d’ingrandimento per riconoscerli. Al termine dello sforzo, il nome uscì, ed era Tolomeo da Verona.

Ma lo scienziato notò un dettaglio singolare: l’inchiostro con cui era scritto quel nome era lucido, come se fosse fresco; come se quel nome fosse stato appena scritto.

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Capitolo 8
*** Deduzioni e ricerche ***


Deduzioni e ricerche

 

 

 “È lui!” borbottò Dean, dopo che lo scienziato aveva annunciato agli altri il nome del presunto trascrittore.

Sam e Bobby furono al suo fianco.

“Pensi davvero che quello spirito sia Tolomeo?” domandò Bobby.

“Si” rispose Dean.

“Anch’io penso che sia lui. – rincarò Sam – Le scritte sulle copertine dei libri; il suo nome apparso sotto il titolo! Dev’essere lui!”.

“Ma perché lo vedi solo tu, Dean?” domandò Bobby.

“Bella domanda, amico! – esclamò Dean – Appena il nostro spirito allegro torna, glielo chiedo”.

“Io invece mi chiedo chi possa essere il traditore” continua Bobby .

“È quello che dobbiamo scoprire” rispose Sam, con fare filosofico.

“Maledizione! – esclamò l’uomo dandosi un pugno sul palmo della mano sinistra – Forse avrei fatto meglio a restare a casa. Avrei potuto aiutarvi di più consultando i miei libri”.

“”Sei convinto che sui tuoi libri avresti trovato Tolomeo?” lo sfotté amichevolmente Dean.

“Tolomeo, no. – rispose Bobby – Ma di sicuro avrei trovato qualcosa che si avvicina”.

“Bobby! – esclamò Sam allargando le braccia – Siamo in una biblioteca! In una delle più grandi e ricche biblioteche degli Stati Uniti e, forse, del mondo! Vuoi proprio che non troviamo niente che ci interessi qui?”.

“Sarà difficile trovare le informazioni che cercate – interrompe Elisabetta Vissani, tuonando con tono sussiegoso –  I libri sono sempre stati nella mia cantina, e sono usciti pochi mesi fa. Non ho divulgato notizie in merito ad essi”.

 “Lei non si preoccupi. –  replicò Dean, acido  –  Siamo in grado di cercare e trovare le notizie che ci servono, in molti modi”.

“Certo! – ribatté la Vissani, sprezzante – Su Internet, immagino. Per voi giovani è diventato il vostro oracolo!”.

“Si sbaglia. – la contraddisse Sam, mostrandosi più gentile che poté, con la voglia, tuttavia, di strozzarla – Sfogliamo anche le enciclopedie cartacee. Su Internet non si trova ancora tutto”.

Dean si mosse qualche passo fino a Sam, e lo trascinò davanti alla Vissani.

“Lo vede questo ragazzo? – disse indicandoglielo – Lo ha sentito? Beh, per lui non ci sono ostacoli. Quando sa di dover trovare qualcosa, si mette in testa di trovarla e non c’è niente che lo fermi. E stia tranquilla che lo trova”.

Elisabetta Vissani fissò il suo freddo sguardo azzurro inquisitorio sui due ragazzi, che lo sostennero molto bene. Lo sguardo di ghiaccio verde di Dean era talmente intenso da far capitolare la donna, e piegarla a toni più miti.

“Trovate quel bastardo che ha compiuto questo scempio. – sembrò quasi implorare la Vissani alla fine – Chiunque sia, e qualunque cosa sia, terrena o ultraterrena. Se ve ne dimostrerete capaci, sarete lautamente ricompensati” .

“Ci può contare” rafforzò Bobby.

E tutti seguirono la donna uscire dalla sala con passo veloce e nervoso.

“Se Tolomeo mi ricompare davanti, giuro che glielo spedisco nel letto!” dichiarò Dean, indicando l’italiana, col mento.

Alla sua scomparsa dalla scena, seguirono un paio di secondi di silenzio nei quali il gruppetto si accorse del grande imbarazzo che l’altra italiana, Emma Moràbito, sembrava provare a causa del comportamento sprezzante della sua connazionale. E vedendola così avvilita, l’attorniarono per consolarla. Ma Emma Moràbito, siciliana di origine, non era tipo da abbattersi, ed elaborò in mente un piccolo piano per vendicarsi di quella che lei, in quel momento, considerava una specie di umiliazione.

“Beh, signori, - spezzò l’atmosfera tesa Sam – È il caso di darsi da fare. Abbiamo già perso un bel po’ di tempo”.

Percependo la Moràbito più disponibile, Walter Bishop si fece coraggio e le chiese se fosse stata disposta a rimanere a leggere il contenuto dei tomi antichi.

“Certo. – rispose la donna sorridendo – Bisogna vedere se ci lasciano qui in biblioteca”.

Sentendoli, Broyles prese il cellulare e lo usò, parlando in toni pacati ma decisi con chi stava all’altro capo del telefono. Al termine della breve conversazione, accennò con la testa che il permesso era stato accordato, dopodiché, a malincuore, annunciò di doversene andare per proseguire il suo lavoro di detective federale, e portò via con sé anche Olivia Dunham, che abbandonò con rammarico la sala e il gruppo. Ma quando passò davanti a Dean, ricevette da lui un sorriso.

“Se avete bisogno, chiamate” gli sussurrò prima di uscire definitivamente dalla stanza.

“Contaci, dolcezza” rispose Dean, suadente.

Olivia scosse la testava, divertita, ed uscì col cuore più leggero.

Sam aveva in mente come organizzare le ricerche, e stava per comunicarlo agli altri, quando la Moràbito lo fermò.

“Io so come, e dove, cercare Tolomeo” dichiarò, e invitò i componenti del gruppo a seguirla al piano inferiore, dove si trovava la stanza delle postazioni Internet.

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice: guardando nel mio account, vedo che ho lettori e li ringrazio per il loro sottoporsi a questa esperienza. Siete traumatizzati? Se si, capisco, ma vi avverto che più andiamo avanti peggio sarà......:-))

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Capitolo 9
*** L'Amanuense ***


Nuova pagina 1

8) L’AMANUENSE

 

 

VERITAS  Inizio

 

 

E Cristo disse: Tu sei Pietro, e su questa pietra fonderai il mio regno” Così si dice che sia stato, ma dopo quello che ho visto a Roma, mi sono sorti dei dubbi laceranti. Mi chiedo se le parole di Cristo siano state veramente quelle, o siano state travisate dai suoi discepoli (...) Cristo aveva realmente detto che per ottenere il perdono si doveva versare un obolo per entrare nel suo tempio e nel suo Regno? (…) Se non ricordo male, mi pare di no. (…) Oppure ….(…) Ma allora la Santa Romana Chiesa cos’è? Un luogo per affaristi? Si compra? Si vende? Cosa si fa?........Il Capo carismatico di questa istituzione dovrebbe essere un uomo pio, dedito alla preghiera, e invece va in guerra. Il suo predecessore ha messo al mondo dei figli con donne diverse, e si dedicava spesso alla fornicazione (…) Cosa c’è che non va? Temo che tutta questa struttura sia fondata sul Nulla e sulla menzogna. (…) Forse, tutto ciò che ci è stato raccontato finora è  un’immensa menzogna …..

Ho paura di scoprirlo, ma a questo punto voglio arrivare fino in fondo a questo mistero ……”

 

 

 

 

 

Biblioteca di Boston, sala libri rari, sera

 

 

La biblioteca era ormai chiusa al pubblico per quella giornata che stava volgendo al termine,  ma il piccolo gruppo investigativo aveva ottenuto il permesso di rimanere per svolgere le indagini con tranquillità.

Bishop era solo nella sala, con l’unica compagnia silenziosa dei libri che cercava di leggere, munito di lente di ingrandimento e piccola torcia per riuscire a decifrare quei caratteri gotici, e semi-gotici, disturbati oltre tutto in vari  punti dai segni del marchio minaccioso, inciso sulla copertina, e passato anche alle prime pagine del volume.

La sala era immersa nella luce ambrata delle lampade a torcia, che non lo aiutava molto nel lavoro. L’impresa si rivelava faticosa, ma ciò che emerse dai paragrafi di quel testo sembrava essere interessante e controverso. Anche da poche frasi smozzicate, lo scienziato si fece subito un’idea dell’argomento di quel trattato. Lo stile era quello di un diario, o di un rapporto di un’esperienza vissuta dall’uomo che aveva stilato quel testo. Sapeva di non avere molto tempo per portare a termine la lettura, poiché  i suoi colleghi ed amici avevano bisogno di un responso piuttosto rapido ai fini di scoprire quanto più possibile sull’opera e sul suo autore, pertanto, aveva deciso di accontentarsi di leggere qualche riga qua e là, in tutti e sei i volumi. Ma letto l’incipit, non gli fu difficile capire cosa stesse affrontando. Tuttavia, la lettura lo avvinse, tanto che quando Peter gli si avvicinò, lui quasi trasalì. Peter gli chiese scusa, e se avesse fame.

“Sto bene, figliolo. – rispose Walter, comunque gentile – Se hai fame, vai pure a prenderti qualcosa”.

“Cavolo, - commentò Peter allegro, notando la concentrazione di suo padre  – dev’essere bello!”.

“Oh, si. – confermò Walter – Straordinario. Ma comincia a essermi chiaro cosa può essere successo a quell’epoca”.

“È un testo eretico?” domandò Peter.

“È un testo critico” aggiustò Walter.

Ma Peter capì.

 

 

 

VERITAS  (stralci dal 3° volume)

 

 

“Ma allora è vero! Niente è come ci è stato fatto credere! Forse le parole di Cristo non sono state travisate. (…)  Forse Cristo non è come ci è stato presentato. Leggendo il Vangelo, emerge senza dubbio una figura carismatica, un uomo che sapeva trascinare le folle con le sue sagge parole, ma qualcosa non quadra. (…) Perché predicava l’umiltà, quando il primo a non essere umile è lui?

Come ci si può  presentare al proprio prossimo asserendo di essere il Figlio di Dio? (…) “

 

 

 

 

 

Nelle vicinanze di Norimberga, intorno alla metà del ‘500

 

 

Tolomeo leggeva quelle parole, traducendole simultaneamente dal tedesco, lingua in cui era scritto il testo, steso di fianco sopra un cuscino di paglia dentro ad un fienile vuoto dove lui e Paolino Confalonieri si erano riparati da una furiosa bufera che imperversava flagellando l’intera zona  con vere e proprie secchiate d’acqua che parevano essere gettate senza pietà da uno stuolo di angeli infuriati contro l’Uomo, o da qualche dio germanico risvegliatosi dopo millenni, con la vescica che scoppiava. Pioveva con tale violenza che, guardando all’esterno, tutto ciò che era nelle immediate vicinanze non si vedeva più, sparito dietro ad una fitta cortina di acqua che scendeva con fragore assordante, rischiarata a tratti dalla luce bianca e intensissima dei lampi che squarciavano la fredda notte teutonica, tremante per il frastuono dei tuoni seguenti ai lampi. Ma proprio quei lampi e quella strana luce apocalittica, aiutavano nella lettura.

E sotto quella montagnola di paglia, che sembrava non servire più a nessuno, non essendoci più animali da sfamare e da riparare dalle intemperie, Tolomeo aveva intravisto occhieggiare un triangolino bianco sporco, lo aveva tirato per vedere cosa c’era oltre, ed aveva intuito subito di aver trovato un tesoro.

Paolino era addormentato, spalmato sulla paglia, ma Tolomeo lo scosse fin quando il giovane non aprì gli occhi. Tolomeo lo guardò un istante.

Paolo si stiracchiò e guardò l’amico attraverso la fessura delle palpebre ancora appesantite dal sonno. Tolomeo non era bellissimo, ma nemmeno brutto, con la sua cesta di riccioli rossi e i suoi occhi azzurri che riuscivano ad entrare nell’anima della gente e, secondo lui, anche nel cervello, sentendosi spesso da lui condizionato nelle sue scelte.

“Che c’è, Tolo?” biascicò il ragazzo.

Tolomeo gli mostrò il foglio, approfittando di un ennesimo lampo, e lo invitò a leggere. Ma, contrariamente a Tolomeo, Paolo non conosceva bene il tedesco, e non capì quasi nulla di quel che c’era scritto. Tolomeo tradusse per lui.

“Capisci cos’ ho trovato?” esclamò Tolomeo, apparentemente entusiasta.

“Bene, Tolo. – concluse Paolo, mettendosi faticosamente seduto sulla paglia – Dev’essere molto interessante, ma io ho fame. Tu, no?”.

“Paolo! – lo redarguì Tolomeo, scandalizzato – Forse abbiamo in mano un documento fondamentale per la conoscenza, e tu mi parli di mangiare?”.

“Si, Tolo! – protestò Paolo – Non mi ricordo l’ultima volta che è successo, ma dev’essere stato qualche giorno fa. Però il mio stomaco se lo ricorda. Non è  mica come il tuo che si ciba solo di sapere! Quando io mi cibo del tuo sapere, l’unico risultato che ottengo sono scorregge!”.

Tolomeo guardò deluso l’amico, ma dovette ammettere che aveva ragione. Anche lui sentiva i morsi della fame, ma in quel momento non avrebbero potuto mettere neanche il naso fuori dalla stalla per la pioggia battente che ondeggiava a destra e a sinistra a seconda della direzione mutevole delle folate di vento che s’inserivano dentro.

“D’accordo, Paolo. – capitolò Tolomeo – Appena smette, andiamo a cercarci da mangiare, contento? Adesso però, mi aiuti a vedere cosa c’è sotto questa paglia”.

E detto ciò, spronato l’amico, insieme si misero a spostare tutta quella paglia, su cui avevano riposato le loro membra stanche da chilometri e ore di cammino, e trovarono centinaia di fogli scritti fittamente, con calligrafia minuta, ma leggibile.

 

 

 

 

VERITAS (stralci dal 4° volume)

 

 

“Perché Cristo non si è  difeso durante il processo intentato a lui dal Sinedrio e da Pilato? Perché si è  lasciato massacrare dai soldati senza profferire parola a sua discolpa? Non è stato un atto di eroismo. (…) Forse il suo piano è miseramente fallito? (…)”

 

 

 

 

Biblioteca di Boston

 

 

Dean prese il cellulare che squillò, e rispose. Dall’altro capo, a parlare era Peter.

E quando la telefonata terminò, sul suo volto gli altri notarono sgomento.

“Il testo contenuto nei mattoni  è  eretico” annunciò, serio, quasi sconvolto, allontanandosi poi dal piccolo gruppo composto da Emma Moràbito che stazionava davanti al computer, Bobby, e Sam in piedi vicino a lei con alcuni volumi di un’enciclopedia fra le braccia.

Vedendolo turbato, Sam posò i libri e lo raggiunse.

“Che ti succede, Dean? – gli domandò preoccupato – Questa notizia ti ha scioccato così tanto? È tutto il giorno che sei misterioso”.

“Credo di aver capito cos’è successo al nostro Tolomeo” rispose Dean, scuro in faccia.

“Prova a spiegarmelo, e vediamo se anch’io ho capito quello che hai capito tu” disse Sam.

Dean ricordò a Sam la modalità con cui aveva visto sparire quella specie di fantasma, ovvero fra lingue di fuoco. I due ragazzi si scambiarono un’occhiata che non ebbe bisogno di parole.

“È un segreto di stato, o possiamo saperlo anche noi?” ironizzò Bobby.

Sam e Dean tornarono presso il tavolo del computer.

“Non l’ hai capito, Bobby?” chiese Sam sorpreso.

“Cosa?” chiese Bobby a sua volta.

Dean spiegò agli altri le sue visioni.

E anche Bobby capì al volo.

“Il nostro scrivano dev’essere finito arrosto su un falò” dichiarò poi Dean, riprendendosi, e riprendendo il suo solito umorismo.

“Già. – convenne Bobby, anche lui lievemente turbato – Una delle tante vittime dell’intolleranza religiosa. A quei tempi succedeva. Ed erano brutti tempi”.

“Vero. – convenne Sam – Succedeva anche di venire denunciati. Tolomeo non si è buttato nel fuoco di sua volontà”.

“No. – intervenne la Moràbito – A quell’epoca si finiva sul rogo con una semplice denuncia mossa da fame”.

“E probabilmente per Tolomeo è andata così” suppose Bobby.

Dean si rivolse a Emma.

“Lei sapeva che quel testo è … pericoloso?” domandò.

“Non ho letto tutto, - confessa la donna – ma credo di aver letto i punti più salienti”.

“E lei e la Vissani avete deciso ugualmente di esporre quei tomi?” chiese Sam.

“La signora Vissani ha pensato più al lato estetico ed artistico dei volumi. – rispose Emma -  Quei libri appaiono, a chi li vede, come vere e proprie opere d’arte, alla stessa stregua di un quadro d’autore. Non sono molti quelli che vanno a leggere cosa c’è scritto, a meno che l’opera riprodotta nei libri non sia famosa, come per esempio la Divina Commedia” .

“Si, - confermò Bobby – e poi, al giorno d’oggi chi vuoi che si meravigli di un trattato in cui si dice peste e corna della Chiesa, di Dio e dei suoi seguaci? Sai quanti ne sono usciti in questi ultimi anni!” .

“Si, Bobby, - obiettò Sam – ma bisogna vedere come Tolomeo, o il vero autore del testo, ha trattato l’argomento. In quelle righe potrebbero esserci rivelazioni destabilizzanti anche per noi del ventunesimo secolo”.

“Cavolo! – esclamò Bobby, eccitato – Mi piacerebbe da matti leggerlo! Speriamo che Bishop riesca a tradurlo”.

“Speriamo che Bishop riesca a leggerlo” corresse Sam.

Le speranze vennero interrotte da Emma che annunciò di aver trovato qualcosa.

Tutti si attorniarono al tavolo dov’era seduta, curiosi ed ansiosi di vedere cos’ aveva trovato.

Sulla pagina ferma nello schermo si leggevano vari nomi, ed Emma spiegò che quei nomi erano legati agli amanuensi di servizio presso la Biblioteca Malatestiana, in Italia. Fra essi compariva un certo Bartolomeo Visconti, e tutti pensarono, e sperarono, che fosse l’uomo delle loro ricerche.

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Capitolo 10
*** Bartolomeo Visconti ***


Nuova pagina 1

BARTOLOMEO VISCONTI

 

Risultava nato a San Martino, in provincia di Verona, ma sulla data di nascita non si avevano informazioni precise in quanto, ultimo figlio di una famiglia molto numerosa e povera, si vociferava che fosse stato venduto dalla madre ad un’altra famiglia, meno numerosa e più benestante, per poter sfamare le altre bocche.

Dopo aver provato a sfruttarlo, la nuova famiglia si accorse invece che il ragazzo era dotato di intelligenza viva e di talento artistico notevole, avendolo sorpreso a disegnare oggetti che parevano tridimensionali, così i suoi genitori adottivi decisero di mandarlo a studiare nel convento più vicino, dove anche i frati si accorsero dell’abilità con cui realizzava disegni e dipinti in miniatura. (…)

 

 

“È lui!” esclamò Sam.

Seguì un veloce scambio di occhiate di conferma fra tutti.

“Dove prendete le informazioni per scrivere queste biografie?” chiese Dean.

“Dai diari degli stessi amanuensi. – rispose Emma, soddisfatta – Quando si riesce a trovarli”.

“Una volta tanto siamo fortunati” constatò Dean, sentendo salire il suo umore.

Continuarono a leggere.

 

 

Un religioso, proveniente dal convento della Madonna del Monte a Cesena, fece visita al convento che ospitava Bartolomeo, scoprì i lavori del ragazzo, e chiese al priore di poter portarlo con lui, avendo aperto, nel monastero, un laboratorio per la realizzazione di codici miniati, per il quale servivano persone che sapessero dipingere e anche scrivere.

Bartolomeo aveva sedici anni, e davanti a lui si aprì una nuova vita.

A Cesena, infatti la sua arte fece furore, e il suo nome cominciò a girare finché i frati Benedettini non ricevettero un giorno la visita di un funzionario della Biblioteca Malatestiana che lo “rapì” per portarlo con sé alla biblioteca, dove anche lì si realizzavano codici miniati.

I religiosi non furono molto felici di questo abbandono, ma Bartolomeo chiese loro di poter rimanere almeno a dormire, in cambio di qualche altro suo piccolo capolavoro.

E alla biblioteca, la vita di Bartolomeo subì un’altra svolta decisiva. Lì si lavorava in grande, e con testi di tutti i tipi, ottima fonte di conoscenza per lui, e grande soddisfazione.

 

 

 

Cesena, Biblioteca Malatestiana, Sala dei Nuti, 1530

 

 

Quella sera Bartolomeo entrò per la prima volta in quella specie di cappella dove, dopo essere stata scritta e dipinta, la pagina del codice veniva lasciata ad asciugare sopra i piani reclinati dei banchi di pesante noce italiano. La Luna piena riempiva l’ambiente dentro il quale si mischiavano lo stile corinzio dei capitelli che sormontavano colonne ioniche, le rotondità dello stile romanico applicato alle finestre, e il gotico del soffitto con le vòlte a sesto acuto. La pietra grigia delle pareti pareva assorbire la luce algida lunare diffondendo un alone argenteo in tutta la stanza, illuminandola tanto da non aver bisogno di accendere candele per muoversi fra i banchi.

Depositò la pagina appena realizzata e si soffermò a guardarne altre. Benché riconoscesse la bravura di qualche suo collega, non ne provava invidia. Era molto sicuro del fatto suo, e non aveva complessi di inferiorità. Dopo un’ultima rapida occhiata al tutto stava per uscire quando, in fondo alla sala, nell’angolo estremo a destra, notò una piccola porta, o qualcosa che sembrava una porta, e si avviò lungo la navata verso l’angolo per sincerarsi della sua visione.

La porta si notava appena, separata dal resto della parete da una sottilissima fessura di stacco.

Si avvicinò, guardò la maniglia di ferro molto rozza e provò ad aprire.

La porta si aprì docile, ma dall’altra parte non pareva esserci nulla.

Buio e basta.

Dall’altra parte pareva esserci il Nulla.

 

 

 

 

 

 

 

Biblioteca di Boston – Sala dei libri rari.

 

 

Walter Bishop pareva essere stato risucchiato dal testo contenuto nei tomi. Leggeva con avidità i pochi stralci leggibili muovendosi leggero fra un banco e l’altro, in un silenzio pressoché palpabile.

Peter avrebbe voluto aiutare suo padre, ma di lenti di ingrandimento e di lampadine tascabili ce n’era una sola a disposizione, e in quel momento erano in mano a Walter.  Il giovane si spostava inquieto appresso al genitore, ottenendo il risultato di innervosirlo.

D’improvviso, quel silenzio materiale venne profanamente interrotto dallo squillo del suo cellulare, e Peter si affrettò a rispondere per non rompere quella sacra quiete.

“Abbiamo trovato Tolomeo” annunciò Dean, in tono soddisfatto.

“Fantastico! - esclamò Peter, altrettanto contento – Che si dice di lui?”.

Dean gli fece un riassunto di ciò che riferiva la biografia, concludendo con le sue deduzioni. 

“Come va la lettura?” gli domandò poi.

“Per quel che è possibile, bene. – rispose Peter – ma a questo punto, con le informazioni che avete trovato voi, non è difficile completare il quadro”.

“Manca ancora qualche dettaglio” osservò Dean.

Peter intuì cosa mancava.

“Certo. – convenne – Per esempio: sapere chi ha mandato lo scrivano al rogo”.

“Indovinato” rispose Dean.

“Ehi, - fece Peter – come mai quel fantasma lo vedi solo tu?”.

“La prossima volta che mi compare davanti glielo chiedo e poi te lo dico” rispose ironico Dean,. Peter ridacchiò per la battuta, ma tornò serio allorché gli riaffiorano in mente strani scambi di sguardi fra quel ragazzo e Olivia.

La telefonata terminò con la promessa di aggiornamenti.

Walter si fermò a guardare il figlio e, vedendolo buio in volto, non poté fare a meno di preoccuparsi.

“Tutto bene, Peter?” gli chiese.

Peter si scosse dai suoi pensieri e provvide subito a rassicurare il padre.

“Trovata qualche altra eresia sconvolgente?” domandò poi a sua volta.

“Questo trattato è un’unica eresia, Peter! – rispose Bishop col viso che pareva emettere luce propria derivante dall’eccitazione – Se quest’ uomo è finito sul rogo c’è poco da stupirsi. Ha distrutto un mito”.

Peter annuì.

Notandolo nervoso, Walter propose al figlio di andare a prendere qualcosa da mangiare anche per lui, ma Peter esitò ad eseguire quella volontà, percependo una minaccia incombente senza riuscire a spiegarsi il perché.

“Peter! – esclamò Bishop fissandolo con tenerezza paterna – Cosa vuoi che mi succeda qui?”.

Il giovane sospirò, e lasciò la sala con un discreto magone.

Rimasto solo, Bishop riprese tranquillo la sua lettura.

Il silenzio ripiombò ancora più consistente nella sala avvolta dalla luce calda ed ambrata che proveniva sia dall’interno che dall’esterno.

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Capitolo 11
*** Bartolomeo e Paolo ***


Nuova pagina 1

Cesena, Biblioteca Malatestiana, Sala dei Nuti, 1530

 

(…) Alla biblioteca, lavorava anche Paolo Confalonieri ……

 

…. Dall’altra parte pareva esserci il Nulla ….

Bartolomeo sporse la testa oltre la porta per vedere al di là di quel Nulla, ma un rumore di passi che rimbombarono sinistramente nel silenzio della sala, lo richiamò nel mondo reale. Chiuse la porta rimandando l’esplorazione ad altro momento migliore e si girò.

Il portone della sala era aperto e, lungo la navata centrale stava avanzando un giovane che lui aveva già intravisto nei giorni precedenti, ma col quale non era ancora riuscito a scambiare una parola.

Il ragazzo teneva in entrambe le mani due grandi fogli appena completati e stava cercando con gli occhi un banco libero su cui poterli collocare per farli asciugare. Bartolomeo gli andò incontro e lo  aiutò nella ricerca. Ne trovarono uno nella navata laterale sinistra, successivo a quello dove lui aveva posato il suo foglio. Il ragazzo si fermò un attimo a contemplare ciò che Bartolomeo aveva realizzato, non sapendo ancora che fosse opera sua. La calligrafia di Bartolomeo era regolare, ma lievemente angolosa, però le miniature, dentro cui erano intrappolate le lettere di ogni singolo capoverso, erano un autentico spettacolo di precisione e fantasia

“Per la miseria! – esclamò il giovane sotto voce – Chi è questo dio che fa queste cose?”.

Bartolomeo non pronunciò sillaba, ma il suo silenzio fu più eloquente di una sua affermazione.

Gli occhi chiari del ragazzo si piantarono, spalancati, su di lui.

“Ti piace?” chiese Bartolomeo.

“E me lo chiedi? - rispose il ragazzo – Non credo che arriverò mai a questo livello”.

Fatta l’amara constatazione, il giovane depositò i suoi fogli appena finiti, e Bartolomeo riconobbe la scrittura fine e perfetta riscontrata in altri che aveva visto da poco. Anche i suoi dipinti erano molto belli e ben fatti.

“Allora sei tu che scrivi così bene!” si complimentò.

Il ragazzo sorrise.

“Grazie. – rispose – Me la cavo”.

Si presentarono e si strinsero la mano.

 

(…) Malgrado la strisciante rivalità fra gli amanuensi della biblioteca, Bartolomeo e Paolo riuscirono ad instaurare un buon rapporto di amicizia pur scoprendosi in seguito piuttosto diversi di carattere. Per quanto Bartolomeo fosse curioso di tutto e affamato di sapere, Paolo, per contro, appariva tranquillo, soddisfatto del lavoro che faceva, e appagato di ciò che conosceva. Quel loro rapporto, mal visto dagli altri colleghi, fu invece notato ed apprezzato dal direttore della biblioteca che affidò loro un compito importante: copiare testo e mappe di un diario di viaggio. Incaricandoli di quel lavoro, l’uomo non previde l’impatto che quel compito avrebbe avuto su Bartolomeo. Leggere il testo, infatti, per il giovane veronese significò sognare di oltrepassare i confini di Cesena per andare in altre terre, vedere altri luoghi nuovi e apprendere altre conoscenze.

I due ragazzi s’impegnarono nell’incarico per due anni, dopo i quali Bartolomeo decise che nella sua vita non ci sarebbero stati solo i codici miniati, ma nuovi orizzonti da raggiungere e, nell’impresa, trascinò un dubbioso Paolo che invece sarebbe stato contento di rimanere nella sua città, a spupazzarsi le belle e formose ragazze locali.

 

 

 

Cesena, sera, in un’osteria

 

 

Il locale non era molto grande, ma la luce rossastra smorzata dal fumo delle torce che lo illuminavano, e gli aromi forti di cibo e vino di cui anche le pareti parevano essere impregnate, accolsero positivamente i due giovani, entrati per riposare le membra indolenzite dalla posizione forzata protratta per ore durante il lavoro sui fogli, e anche lo spirito, soprattutto quello inquieto di Bartolomeo, costretto a rimanere nel mondo dei sogni per tutto il tempo in cui aveva copiato quel meraviglioso diario che narrava di posti sconosciuti ed affascinanti.

Scelsero con lo sguardo un tavolo in fondo alla taverna e si lasciarono andare, stanchi, sui duri sedili di legno. I servi correvano fra un tavolo e l’ altro a portare da mangiare e da bere ai commensali affamati, nervosi ed impazienti. Una ragazza bruna, ben messa, si accorse di loro, si avvicinò al tavolo e chiese cosa volessero. I due giovani si consultarono e le diedero le loro ordinazioni. Seguì uno scambio di sguardi e di sorrisi fra Paolo e la ragazza, dopo il quale lei sparì nella confusione degli urli e delle conversazioni ad alta voce.

“Bella, eh?” commentò Bartolomeo.

“Porca miseria! – esclamò Paolo – È un sogno!”.

“Dì un po’. – saltò su Bartolomeo – La tua bella testolina non riesce ad immaginare quante donne stupende potresti incontrare fuori da questa fogna di città?”.

Paolo fissò Bartolomeo spalancando i suoi occhioni verdi.

“Dici sul serio?” disse.

“Mi ci gioco i pantaloni. – scommise Bartolomeo – Pensa a quante cose vedremo, Paolo! A quante altre bellissime donne troveremo! Uno come te non dovrebbe impensierirsi su questo”.

In tutta la sua, purtroppo, breve vita, Paolo non riuscì mai a spiegarsi perché non ebbe più esitazioni a seguire Bartolomeo nel suo viaggio verso l’ignoto, ma non fu solo l’argomento donne a convincerlo. L’unica cosa che avrebbe potuto raccontare, se fosse vissuto abbastanza per farlo, fu lo sguardo azzurro cielo del suo amico che gli entrò nel cervello, nel cuore, nel corpo e nell’anima, come un’onda anomala inarrestabile.

“Accidenti, Tolo, hai ragione! – ammise – Io e te faremo stragi”.

“Puoi dirlo forte, amico! – sentenziò Bartolomeo – Stragi di donne e conoscenze!”.

Paolo arricciò la bellissima bocca in una smorfia di compiacimento.

“Io di donne, - disse, orgoglioso  – e tu di conoscenze”.

“E fosse. – accettò Bartolomeo – Facciamo così”. E si strinsero le mani appoggiando i gomiti sul tavolo. Lo scambio di battute si concluse con una sonora risata liberatoria.

Bartolomeo non poté fare a meno di fissare lo sguardo sullo splendido sorriso di Paolo. Con lui, di certo, quel tipo di divertimento non sarebbe mancato. Paolo Confalonieri era obbiettivamente e indiscutibilmente bello dalla testa ai piedi, anche agli occhi di un uomo.

 

 

Bartolomeo Visconti e Paolo Confalonieri partirono da Cesena, in una bella giornata di primavera del 1533, lasciando famiglie ed una carriera sicura come amanuensi in una delle biblioteche più prestigiose d’Italia, per dirigersi verso mete lontane e sconosciute.

 

 

Continua.....

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Capitolo 12
*** Tradimento? ***


Nuova pagina 1

TRADIMENTO?

 

 

 

Biblioteca di Boston, sala Internet

 

 

 “Non so perché, -  esordì Sam - ma nonostante questi due sembrino pappa e ciccia, niente mi toglie dalla testa che possa essere stato proprio questo Paolo a mandare Tolomeo alla griglia”.

“Non erano poi tanto pappa e ciccia. – obiettò Dean – In fondo Paolo non sembrava entusiasta di seguire quel rompiballe di Bartolomeo che non aveva mai pace. E poi, qui è scritto che erano molto diversi di carattere”.

“Scusate,  – intervenne Bobby – se è stato Paolo a tradire e denunciare Bartolomeo, il motivo è stato uno solo: il testo scritto nei libri”.

Rammentando che la parola TRADITORE era comparsa proprio sulla copertina dei libri, i due ragazzi ed Emma si trovarono d’accordo.

“Ma il punto è come, - riprese Sam – e perché”.

“Già. – commentò Dean, amaro – Come fa un uomo a tradire un amico consegnandolo nelle mani di spietati assassini che in nome di un Dio torturano e bruciano esseri umani? Perché lo fa?”.

Sam guardò il fratello e capì il suo ardore nel pronunciare quell’appassionata dichiarazione.

“A quell’epoca era possibile. - fu il commento di Emma Moràbito – Intere famiglie venivano denunciate ai tribunali dell’Inquisizione dai propri componenti, e andavano al rogo. Non c’è da meravigliarsi se sia successo nel caso dei nostri due amiconi”.

“Bell’epoca!” commentò Dean, sarcastico.

“Bella gente” rinforzò Sam.

Seguì qualche secondo di silenzio meditativo.

“Beh, -  spezzò Dean – che ne dite di sdrammatizzare l’atmosfera con uno spuntino? Sto morendo di fame!”.  Gli altri tre approvarono. Dean si incaricò di andare a prendere da mangiare e chiese alla Moràbito se la caffetteria fosse ancora aperta. Emma rispose affermativamente specificando che a quell’ora, non essendo più disponibile il servizio al banco,  avrebbero potuto contare solo sul frigorifero e sulla macchina erogatrice di snack. Dean chiese alla donna cosa avrebbe desiderato mangiare, quindi lasciò la stanza per raggiungere la Map Room Café.

Nell’attesa, Emma, Bobby e Sam continuarono a leggere.

 

 

 

 

 

 

In un luogo imprecisato della Francia (forse!)

 

 

(…) Dopo aver arrancato coi cavalli su per un sentiero piuttosto impervio che serpeggiava lungo il fianco di una montagna, arrivati ad una sella fra due cime, il panorama che si aprì ai loro occhi tolse quasi il fiato per la bellezza. Oltre quella specie di forra, le cime innevate dei monti si inseguivano e si perdevano nel mare verde scuro della foresta che copriva le pendici finché la nebbia non ne cancellava i contorni di man in mano che si allontanavano verso l’orizzonte.

“Tolo, - lo chiamò Paolo – hai idea di dove siamo?”.

“No. – rispose Bartolomeo, sincero fino al midollo – Ma ha importanza?”.

“Tanto per sapere. – replicò Paolo – Non sei tu quello che aveva sempre fame di conoscenze? A proposito di fame  ….”

Nel magnifico panorama era compreso un pugno di casette in fondo ad una valle che pareva essere  ad un tiro di schioppo da dove si trovavano loro, ma le raggiunsero solo a tarda sera, sfiniti ed affamati.

Non furono accolti come avevano sperato.

Dovettero ripararsi corpo e testa da vari pezzi di vasellame lanciati con forza dalle finestre, solo perché si erano rivolti ai proprietari della bicocca in una lingua diversa dalla loro.

Delusi e stanchi, si limitarono a cercare un posto riparato dal vento per poter chiudere gli occhi qualche ora. Fortunatamente era estate e non faceva molto freddo, benché fossero in montagna.

Dettero fondo al fondo delle provviste che avevano portato con loro per il viaggio e, con lo stomaco un po’ più pieno, si addormentarono sotto un albero dalla maestosa e folta chioma.

Il mattino seguente li accolse con un Sole radioso e caldo che caricò le batterie, specie quelle di Bartolomeo, infondendo ottimismo.

“Tolo, - lo chiamò Paolo – hai pensato a come ci manterremo?”.

“Certo che ci ho pensato! – esclamò Bartolomeo, sistemando il sacco vuoto delle provviste alla sella del suo cavallo – Non devi assolutamente preoccuparti” concluse, stringendo affettuosamente le spalle dell’amico.

 

 

(…) Non si sa molto delle peripezie che vissero i due giovani amici in terre straniere, ma dalle poche pagine ritrovate del diario di Bartolomeo, si apprende che per pagarsi vitto e alloggio dove capitava, usarono la loro arte del pennello e del pennino, scrivendo bellissime lettere d’amore a pagamento per chi non sapeva scrivere, e decorandole con dipinti che avevano del soprannaturale.

 

Paolo tornò all’ora di pranzo con il sacco pieno di cibo acquistato al mercato sulla piazza di Metz, nel nord della Francia. Nella stanza che avevano trovato presso un tessitore, Bartolomeo era alle prese con una tela su cui stava dipingendo qualcosa. Paolo trovò strano che l’amico fosse vestito in ghingheri, con un’ampia giacca di velluto nero riccamente decorata, e un cappello rosso scuro. Poi notò che in piedi contro una parete, sostava un enorme specchio dalla cornice dorata.

E capì.

Bartolomeo si stava ritraendo sulla tela.

“Se hai comprato tutto quello che ci serviva, dopo faccio il ritratto anche a te” promise.

E mantenne la promessa.

Dopo il pranzo, Bartolomeo “inchiodò” Paolo su una scassatissima sedia, e lo immortalò su un’altra tela.

 

 

 

(…) Il loro peregrinare per mezza Europa li portò a Norimberga, luogo che sembrava segnare il loro destino. La città tedesca fu l’ultima tappa del loro lunghissimo viaggio prima del ritorno in patria, datato 1548.

 

 

 

 

 

Cesena, primi di dicembre 1550

 

Prima di arrivare in Via dell’Amore, dove Bartolomeo abitava a Cesena, Paolo volle passare da un vinaio suo amico per comprare del vino per sé e per Bartolomeo, ma girando per le strade della città si accorse che molto era cambiato, non tanto le strade o le case, quanto la gente. L’allegria romagnola sembrava essere svanita, ingurgitata da un silenzioso e sinistro clima di sospetto in cui ogni anima che si aggirava solitaria per le viuzze appena illuminate dal biancore della neve e dalle torce tenute in mano, rivolgeva occhiate torve al proprio prossimo come fosse il peggior nemico.

“Ma che diavolo succede qui, Tonio?” chiese Paolo al suo amico vinaio.

“Non l’ hai saputo?” rispose Tonio, un omone grande e grosso, con pochi capelli dritti sulla testava a pera.

“Cosa?” domandò ancora Paolo, sospettoso.

“È stato istituito il Tribunale del Santo Uffizio”  rispose Tonio, triste.

“E allora?” incalzò Paolo.

“Chiunque venga scoperto a svolgere attività ritenute sospette dalla Chiesa, viene processato, condannato e bruciato” rispose l’uomo, guardando Paolo con i suoi occhi che piegavano all’ingiù.

Paolo rimase allibito, dopodiché prese il fiasco, pagò e uscì di corsa dalla bottega.

A casa di Bartolomeo, trovò l’amico intento a scrivere.

“Com'è quel testo, Tolo?” chiese avvicinandoglisi.

Bartolomeo alzò le spalle in un gesto annoiato.

“Niente di straordinario” rispose, continuando a scrivere.

“Sicuro?” incalzò Paolo.

“Certo. – confermò Bartolomeo – Perché? Pensi che sia interessante?”.

“Non lo so. – rispose Paolo – Ma so che ci stai lavorando da settimane. Da quando siamo tornati ci siamo visti poco perché tu hai detto che avevi da fare”.

Bartolomeo depose il pennino intinto di inchiostro e sorrise all’amico.

“Scusami. – si schernì – Hai ragione. Questa roba non è un gran che, ma mi ha preso ugualmente”.

“Già. – sorrise Paolo – La conoscenza ti prende sempre” e nel dirlo gli porse il fiasco di vino.

Si sedettero al tavolo in mezzo alla stanza e si versarono da bere.

Paolo volle condividere con Bartolomeo la tremenda notizia che aveva appreso dal vinaio, ma Bartolomeo non batté ciglio. Poi si alzò e uscì un attimo dalla camera, fornendo a Paolo l’occasione per avvicinarsi allo scrittoio e dare una sbirciatina a qualche pagina.

Gli bastarono poche parole, già tradotte dal tedesco, per capire che quel testo era tutto fuorché banale e noioso. Gli bastò leggere che un papa aveva avuto dei figli da donne diverse per intuire che quel testo era esplosivo.

Quando Bartolomeo tornò, e lo trovò vicino allo scrittoio, gli lanciò una brutta occhiata.

“Vai via, Paolo!” gli intimò, freddo.

Quei suoi occhi azzurri entrarono di nuovo nell’anima ordinandogli di lasciare la casa,  ma questa voltò Paolo riuscì a dominarli.

 “No. – rispose, deciso – Tu dettami, e io scrivo. Voglio conoscere anch’io”.

“No, Paolo. – si oppose Bartolomeo – È troppo pericoloso. Se dovessi essere scoperto, voglio morire da solo. Non devi pagare anche tu”.

“Scordatelo! – si ribellò Paolo – Non permetterò che tu tenga questo segreto solo per te. In questi anni abbiamo condiviso tutto, anche le donne, dunque, se dobbiamo morire, moriremo insieme per qualcosa che vale”.

Bartolomeo torse la bocca sottile in un mezzo sorriso, ma i suoi occhi non sorridevano.

E di colpo, agguantò l’amico per le braccia, lo trascinò fino alla porta, la aprì, e lo sbatté fuori di casa con forza e determinazione, richiudendogli la porta sul naso.

“Questa non te la perdono! - urlò Paolo – Tu vuoi solo la gloria, anche sul patibolo!” e lasciò la casa, andandosene furioso, sbattendo contro un tizio che stava varcando il portone dell’edificio proprio in quel momento. Non seppe mai se quel tizio lo aveva sentito urlare.

Fu l’ultima voltò che i due si videro.

 

 

(…) Bartolomeo Visconti morì sul rogo il 15 dicembre 1550, in seguito a denuncia anonima.

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Capitolo 13
*** C'è qualcuno in biblioteca ***


Nuova pagina 1

     C'E' QUALCUNO IN BIBLIOTECA.....

 

 

 

 

Biblioteca di Boston, sala Internet

 

“Altro che denuncia anonima! – commentò Bobby – E' chiaro che è stato Confalonieri”.

Ma Sam, che aveva precedentemente sostenuto la tesi, non aveva più questa certezza.

Leggendo la biografia, aveva visto comparire sulla scena altri personaggi che potevano scagionare Paolo. La verità era che nelle vicende avventurose di quei due cavalieri rinascimentali, ma soprattutto nel loro rapporto cameratesco, quasi fraterno, lui ci si specchiava insieme con Dean. E un rapporto come quello non poteva essersi spezzato con un tradimento così sciocco.

“Non c’è modo di trovare altre notizie su questo personaggio?” chiese alla Moràbito.

La donna scosse la testa, sconsolata. Poi però ebbe un guizzo e prese il telefono. Sfortunatamente la conversazione avvenne in italiano e i due uomini non furono in grado di afferrarne tutte le parole. Al termine della chiacchierata, la Moràbito annunciò che avrebbe potuto arrivare per fax qualcosa dall’Italia, ma non diede molte garanzie.

 

 

 

 

Uffici FBI

 

In attesa di dati su un caso che doveva seguire, Olivia si trastullava cercandone altri che non c’entravano nulla col caso, ma che la aiutavano a tenersi occupata, ad allentare la tensione, e a non pensare a Peter e a Dean che avrebbero potuto essere in pericolo. Tuttavia, ipnotizzata dallo schermo, senza accorgersene si fece vincere dal sonno e si appisolò appoggiando la testava su una mano.

Il colpo di sonno fu breve, ma profondo, tanto da farla sognare. E in sogno gli riapparve l’uomo con la barba, i baffi e gli occhi scuri: il padre dei due fratelli Winchester, che sembrava sempre chiederle aiuto.

“Non riesco a comunicare con i miei figli. – le parve sentirgli dire – Non riesco più a entrare nei loro sogni. E sono in pericolo”.

Si svegliò di colpo e si rimise alla tastiera, digitando rapidissima alcuni comandi. Dopo poche cliccate, si aprì un file dell’archivio centrale in cui, a sinistra, appariva la foto di John Winchester.

Ecco forse dove l’aveva visto ma, come aveva detto Peter, quell’immagine era stata memorizzata solo dall’inconscio e non dalla coscienza.

Chiamò Peter, ma dall’altro capo la linea risultò muta.

Tentò con Dean e il risultato fu il medesimo.

In più, nell’ufficio irruppe trafelata e stravolta Astrid che chiese notizie di Bishop.

Cos’altro doveva succedere?

 

 

 

 

Sala libri rari

 

Anche Walter Bishop dormiva.

Anche Walter Bishop sognò John Winchester.

E si svegliò di soprassalto.

Nella sala il silenzio urlò

La luce ambrata delle lampade cominciò a tremolare, a spegnersi e riaccendersi ad intermittenza due, tre volte, fino a spegnersi del tutto lasciando entrare solo l’illuminazione esterna.

E la porta in fondo alla sala, gemendo, si aprì.

 

 

 

 

 

 Map Room Cafè

 

La sala era aperta, ma deserta.

Il silenzio era rotto dal ronzio degli elettrodomestici perennemente in funzione.

Dean entrò, perlustrò la stanza con lo sguardo fino ad individuare il frigorifero e la macchina degli snack e ci si diresse spedito frugando poi con gli occhi il contenuto di quegli oggetti.

Una voce all’ingresso lo fece trasalire.

Si girò e vide Peter che gli andò incontro.

Si salutarono con cordialità, ma senza eccessivo trasporto.

“Spuntino anche tu?” disse Dean.

“Già. – convenne Peter – Bella la cultura, ma non si può vivere solo di quella, anche se mio padre, quando è immerso nel suo mondo di sapere, potrebbe dimenticarsi di mangiare se non ci fossi io”

Dean sorrise.

“Come il nostro Tolomeo” commentò.

“Saputo altro?” chiese Peter.

“Oh si. – rispose Dean mentre sceglieva i cibi da portar via – Abbastanza per capire com’è andata”

“Scoperto anche chi lo ha mandato arrosto?” domandò ancora Peter.

“Abbiamo un indiziato” rispose Dean, allegro.

Anche Peter si tuffò nel frigorifero per poi spostare l’interesse alla macchina sputa – snack.

Non c’era molto, ma i due riuscirono a collezionare qualche panino, brioches e bibite varie.

Sapendo il padre solo nella sala libri rari, Peter si sbrigò e lasciò la caffetteria dove Dean invece si attardò per prendere le ultime cose.

 

 

 

 

Sala libri rari

 

La fioca luce proveniente dall’esterno bastò per far emergere una figura nera che si mosse lenta e solenne attraverso i banchi e verso il centro della sala, avvicinandosi a Walter Bishop che la vide e ne seguì, affascinato, il cammino.

Non ne perse un movimento, e quando questo si fermò davanti a lui, lo fissò estasiato e si alzò quasi con deferenza, per rispetto. La figura era avvolta da una lunga cappa nera che copre interamente il corpo dalla testava ai piedi, e sotto l’ampio cappuccio che nascondeva il capo, due occhi azzurri che parevano emanare luce propria, lo fissavano a loro voltò con estrema freddezza.

Lo scienziato non aveva paura, e osò sfiorare quella lunga veste che lui si sarebbe aspettato essere evanescente, e incorporea, ma che invece si rivelò materiale, di spessa lana ruvida.

Gli sguardi si incontrarono, poi però, Bishop crollò riverso sul tomo che stava leggendo, come se lo spettro gli avesse comandato di dormire.

 

 

 

 

 Sala Internet

 

 

Il cellulare di Emma Moràbito mandò il segnale dell’arrivo di un messaggio. Emma lo aprì e lesse soddisfatta il breve comunicato in cui era avvertita dell’arrivo di materiale dall’Italia. Il fax promesso però era stato spedito via Internet. Tutti aspettavano piuttosto trepidanti quella documentazione, nella speranza che desse qualche notizia in più sul potenziale traditore di Tolomeo da Verona, ormai conosciuto come Bartolomeo Visconti.

Pochi attimi e partì Adobe Reader sulla cui pagina bianca spiccava del testo e un paio di immagini: due ritratti a olio, di precisione quasi fotografica, in cui si potevano distinguere con una nitidezza impressionante, i più piccoli dettagli. Nel primo sia Sam che Bobby riconobbero la visione di Bartolomeo avuta da Dean come lui l’ aveva riportata, ovvero, con il cappello rosso scuro;

il secondo li fece trasecolare. Era il ritratto sputato di Dean!

E non era finita!

Lo sguardo di Sam fu catturato dalla data del fax: 14 dicembre!

Avevano appena appreso che Bartolomeo era morto il 15 dello stesso mese, più o meno 500 anni prima.

A quel punto, dopo aver tremolato per un pugno di secondi, la luce andò via, spegnendo tutti gli apparecchi, lasciando solo una piccola luce verde in un angolo della stanza.

Urlando il nome del fratello, Sam si precipitò alla porta, ma la serratura scattò e si bloccò.

 

 

 

Peter Bishop

 

Nonostante fosse solo un piano, per tornare prima possibile alla sala libri rari, Peter Bishop prese l’ascensore, ma la corrente saltò e lui restò intrappolato nella cabina.

Non aveva paura per sé, benché il buio lo avesse sempre innervosito, ma temette per suo padre, però non poteva far niente.

Non servì neppure il cellulare.

Non c’era campo.

 

 

 

 

All’ingresso della Biblioteca

 

Olivia e Astrid arrivarono di gran carriera davanti all’edificio e Olivia fermò la macchina facendo stridere i freni. Corsero alla grande porta di metallo e vetro nero dell’ingresso, che avrebbe dovuto aprirsi automaticamente, ma che non si spostò di un millimetro.

E mezzo edificio sembrava essere caduto nel buio più totale.

 

 

 

 

Map Room Cafè

 

Dopo un paio di tentennamenti, la luce se ne andò, lasciando la sala nel buio quasi totale, se si eccettuava la piccola luce verde di emergenza nell’angolo, destro in fondo.

Gli elettrodomestici smisero di ronzare facendo precipitare la sala nel silenzio assoluto.

E Dean vide il proprio respiro uscire bianco dalle labbra, avvertendo freddo nello stesso momento.

Ma non ebbe il tempo di fare altro.

Un manto nero, come una notte senza stelle e senza luna, lo avvolse oscurando tutto ciò che era intorno a lui.

 

 

Ovviamente, continua.......

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Capitolo 14
*** Il supplizio ***


Nuova pagina 1

IL SUPPLIZIO

 

 

 

Cesena, notte del 15 dicembre

 

Legato al palo di legno, circondato da una corona di fasci di rami secchi,  al centro della pira, Bartolomeo Visconti attendeva la morte sapendo che sarebbe stata atroce, ma era nel dubbio se morire fra le fiamme avrebbe potuto essere sempre meno tremendo di ciò che aveva subito fino a poche ore prima all’interno della sala dei Nuti della biblioteca trasformata in camera di tortura, dove aveva prestato la sua opera, e dove aveva conosciuto Paolo Confalonieri, creduto per molti anni amico.

Eppure, anche fra i supplizi, aveva rivisto la porta oltre la quale c’era il Nulla.

E aveva intuito che invece doveva avere uno scopo.

Tralasciando i dolorosi danni riportati nel corpo tormentato dalla corda e da altri infernali attrezzi con cui i carnefici gli avevano estorto una confessione fasulla, ciò che forse lo faceva star peggio era l’idea che la persona con cui aveva diviso quindici anni di vita in giro per l’Europa lo avesse consegnato nelle mani sadiche e insanguinate degli aguzzini al servizio della Chiesa.

Uno di quegli aguzzini si avvicinò alla pira con la torcia e l’abbassò sui fasci di rami secchi che presero immediatamente fuoco. Nel giro di pochi secondi le fiamme divennero alte e lo raggiunsero.

Fra l’esigua folla che seguiva lo spettacolo, Bartolomeo non vide Paolo Confalonieri.

Non c’era. Il vigliacco non si era presentato.

Bartolomeo non sapeva che fosse già morto.

“Paolo! – urlò mentre si sentiva lambito dalle lingue di fuoco – Giuro che verrò a cercarti anche all’Inferno, e non avrò pace finché non ti troverò dovessi impiegarci tutto il tempo che rimase a questa maledetta Terra!”

Il fuoco non gli consentì di dire altro.

 

 

 

 

All’ingresso della biblioteca

 

Olivia Dunham aveva visto tutto e tremava. Pensò di aver capito cos’era successo e temette per la vita di Dean.

 

 

 

 

Inferno

 

Bartolomeo lo riconobbe. E godette. Godette a vederlo essere fatto a pezzi da un abile e crudele demone carnefice.  Godette sentire quel verme urlare di dolore, mentre il carnefice lo lavorava per bene col rasoio. Restò lì per alcuni minuti a bearsi dello spettacolo. Paolo Confalonieri era all’Inferno e soffriva come e più di quanto avesse sofferto lui sulla Terra.

Il testo tedesco che aveva letto e tradotto negava l’esistenza dell’ aldilà; negava l’esistenza di un Inferno o di un Paradiso, ma lui non accettava che chi aveva fatto del male dovesse passarla liscia, cavandosela con una semplice morte del corpo e dell’anima.

Bene.

Ora poteva andare.

La sua vendetta era consumata.

 

Passò un po’ di tempo …

 

Tornò a controllare preparandosi a gustarsi lo show di altri supplizi inferti al suo ex amico e traditore.

Ma Paolo Confalonieri non c’era più.

 

 

 

Sala libri rari

 

Dean aveva visto tutto.

E cominciò ad avere un quadro più chiaro di come erano andati i fatti. Almeno credette.

Non sapeva quanto tempo era rimasto privo di sensi, ma quando si risvegliò percepì una sensazione chiara e spiacevole: il dolore. E non il dolore di una botta in testa, ma quello derivante dall’essere in una posizione scomoda e innaturale, con le braccia tirate indietro ed alzate al di sopra delle spalle, i polsi strettamente legati a qualcosa che lo teneva sospeso ad almeno un metro da terra, e le gambe bloccate da corde che serravano tenacemente le caviglie.

Intorno a lui c’era il buio, rischiarato soltanto da una torcia, con fiamma vera, in mano allo spettro.

Ma quella debole fonte di illuminazione gli consentì di intravedere un uomo che sembrava dormire sul libro posato sopra al banco nella navata opposta a quella dove si trovava lui.

Oddio!

Dev’essere Walter Bishop!

Sperò che non fosse morto, poiché di lui non si muoveva ciglio.

Se il fantasma lo aveva ucciso, chi lo avrebbe detto a Peter?

Non certo lui. In quel momento era notte, e lui non era sicuro di arrivare al giorno dopo.

Ma dopo tanto tempo si sorprese a pensare a suo padre.

Forse per associazione di idee, visto che Walter e Peter erano padre e figlio.

 

 

 

Continua.........

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Capitolo 15
*** Tentativi di salvataggio ***


Nuova pagina 1

TENTATIVI   D I   SALVATAGGIO

 

California

 

John Winchester non sapeva che lo scalino dello stretto marciapiede, sul quale ora era seduto, portava ad un magazzino. E non sapeva nemmeno che quel magazzino non era uno qualunque. E non conosceva l’uomo che uscì dalla porta dell’edificio. Neppure l’uomo conosceva lui, ma istintivamente si fermò al suo fianco perché lo vedeva triste, teso, si sarebbe detto angosciato. John si girò e si alzò. L’uomo era un po’ più basso di lui, aveva i capelli neri e due grandi occhi blu molto espressivi. Il suo abbigliamento faceva pensare ad un professionale dirigente di un importante ufficio statale.

“Posso aiutarla?” chiese l’uomo.

“Potrebbe?” chiese John a sua voltò.

“Provi a dirmi cosa cerca, e io le dirò se posso aiutarla a trovarlo”.

“Cerco due persone”.

“Sa i nomi?”

“Sam e Dean Winchester. -  John notò gli occhi dell’uomo dilatarsi a dismisura – Li conosce?” chiese, speranzoso.

“Si” rispose l’uomo con grande convinzione.

“Sa dove sono?” incalzò John.

“No, - rispose l’uomo – ma posso cercarli. Prima però, dovrei sapere chi li cerca. -  John Winchester si presentò, e l’uomo non ebbe dubbi sulla sua identità, scòrta subito la somiglianza con Sam – Perché li cerca? – si fermò, pentito della domanda – Voglio dire: perché li cerca adesso?”.

“Per farmi perdonare” rispose John.

“Famiglia curiosa, i Winchester.- commentò l’uomo, torcendo la bocca carnosa in un mezzo sorriso ironico  – Tutti i componenti hanno qualcosa da farsi perdonare”.

“Sembra che ci conosca bene. – osservò John – Posso sapere chi è lei?”

L’uomo non rispose immediatamente, ma John intravide due enormi ali nere dispiegarsi contro la luce dei lampioni.

“Certo! – ammise – Che strano. Eppure non sono in Paradiso! Non sono ancora riuscito ad entrarci, e so che i ragazzi mi hanno cercato anche lì”.

L’uomo si presentò porgendogli la mano. La sua stretta era ferma e vigorosa, dopodiché John gli vide chiudere gli occhi. Castiel si concentrò fin quando non riuscì a visualizzare un ambiente con caratteristiche familiari a uno come lui.

“Sono in una chiesa” annunciò.

“In una chiesa? – ripete John, avvilito – Ce ne fosse solo una sulla Terra!” .

Castiel ripeté il tentativo concentrandosi maggiormente.

 

 

 

 

 

 

Sala libri rari

 

Dean non poteva far nulla.

Era in balia dello spirito furioso di Tolomeo, - intenzionato a fargli passare quello che aveva passato lui sotto la forca dell’Inquisizione, - che lo muoveva su e giù tirando la corda la cui ultima estremità teneva arrotolata intorno alla manica dell’ampio saio nero dentro il quale nuotava il suo corpo probabilmente scheletrico e annerito dal fuoco, ma ancora in apparenza forte e vigoroso. Dean non riusciva a vedere neppure il suo volto, eccetto gli occhi che ora erano azzurri, luminosi e crudeli, ma dal cappuccio uscì la sua voce come da un antro tetro e sconfinato. Le parole erano pressoché incomprensibili, forse pronunciate in un’altra lingua, diversa dalla sua, forse alterate da difetti, o dall’effetto eco prodotto all’interno del cappuccio, ma tutto sommato non era difficile immaginare cosa stesse dicendo. Gli stava chiedendo perché lo aveva fatto; gli stava chiedendo perché Paolo Confalonieri lo aveva tradito e denunciato ai carnefici di Dio. E per strappargli la risposta desiderata, tirò la corda che lo sollevò da terra, e che gli sollevò le braccia legate all’indietro oltre le spalle, stirandogli atrocemente i muscoli. Nell’altra mano teneva la torcia la cui fiamma ondeggiava minacciosamente verso il suo corpo. Una lingua di fuoco lambì il fianco, aggiungendo altro dolore.

Non sembravano esserci molte speranze di uscirne vivi.

Malgrado tutto ciò che aveva subìto nel corso della sua ancora giovane vita, Dean aveva sempre trovato la forza per reagire, ma questa volta gli risultava difficile pensare positivo. E alla situazione drammatica in cui si trovava, si sommarono orribili ricordi che risalirono in superficie.

Poi però, qualcosa gli venne in aiuto.

Non fu un miracolo, ma per una frazione di secondo due immagini apparvero velocemente dietro alle palpebre chiuse: prima Castiel, poi, con stupore, suo padre!

Non seppe spiegarsi il motivo di queste due apparizioni, ma da esse trasse la forza necessaria per non mollare.

“Maledizione, Tolomeo! –  trovò la voce per gridargli, nonostante la postura ostacolasse una respirazione regolare -  Come accidenti devo dirtelo che te la stai prendendo con la persona sbagliata? Io non sono Paolo! Gli somiglio, è vero, ma non sono io. Mi dispiace che ti sia fatto un viaggio di cinquecento anni per niente! Per favore, mettimi giù! Io posso aiutarti a trovare il traditore! Liberami, ti prego!” e tacque, a corto di fiato.

 

Tuttavia il suo grido, rimbombando nella sala, arrivò alle orecchie di Bishop che finalmente rinvenne.

In un primo momento, causa la scarsa illuminazione, e la sua vista non eccelsa, non riuscì a focalizzare la scena, ma quando ci riuscì, ebbe un sussulto. Qualcuno era appeso ad una corda che passava sopra ad una barra di ferro fra le due colonne libere da banchi in fondo alla sala, a pochi metri dalla parete che ospita la piccola porta. Non si vedeva bene dove fosse fermata la corda.

L’imponente sagoma scura, che lui aveva visto entrare dalla piccola porta, si muoveva con la torcia accesa intorno a quel qualcuno. Bishop si avvicinò veloce e riconobbe il qualcuno. Era il ragazzo dei fantasmi!  E quella figura nera stava passando con estrema perfidia la torcia lungo il fianco del giovane che gemeva per il dolore, e forse, anche la paura.

 

 

Dean aprì un attimo gli occhi e incontrò lo sguardo apprensivo di Bishop. E Bishop lesse negli occhi chiari del ragazzo il terrore, ma anche una debole luce di desiderio di vivere.

Ne scaturì una tacita intesa.

Si tenne lontano dalla scena, e si guardò intorno. Voleva salvare il giovane, ma non aveva mezzi materiali per farlo. Avrebbe potuto lanciare uno di quei volumi addosso a quella specie di spettro, ma i tomi erano fissati ai banchi con catene degne di un transatlantico. Si frugò nelle tasche della giacca, e pescò il cellulare, ma in quel momento nella sala non c’era una tacca di campo. Si mosse negli immediati pressi in cerca di un punto favorevole, ma niente da fare.

In compenso, con la coda dell’occhio sinistro, adocchiò la cabina di vetro con l’estintore, poco lontano da dove si trovava lui.

L’ attimo successivo fu paura allo stato puro.

Tolomeo tirò la corda avvolta attorno al braccio destro e, contemporaneamente avvicinò di nuovo, sempre di più, la torcia al corpo di Dean fino a che la fiamma non intaccò la maglietta.

Nello stesso tempo, camminando a gambero, Bishop raggiunse la bacheca e la ruppe con la mazza, producendo un bel rumore forte che distrasse il fantasma, il quale, allontanò d’istinto la torcia da Dean, girandosi verso Bishop. E Bishop afferrò la bombola, srotolò velocemente il nastro e premette l’erogatore prima addosso a Dean e poi, con rabbia addosso a Tolomeo che, sconcertato, mollò la torcia facendola rotolare proprio sotto i piedi del ragazzo.

Bishop spostò il tiro sulla torcia accesa, volendo spegnerla, ma perse la concentrazione su Tolomeo che, stendendo la mano libera dalla torcia, lo spedì contro il banco dietro di lui.

Dean sentiva le braccia che sembravano uscire dalle clavicole, ma non aveva perso i sensi né tanto meno la voglia di lottare, e ne approfittò per raccogliere e spendere le ultime forze radunandole sulle gambe, riuscendo a fletterle,  e assestando un bel calcio a piè pari a Tolomeo che si sbilanciò barcollando all’indietro. Ovviamente era vinta solo una battaglia e non la guerra, ma tornò la luce elettrica quanto bastò per liberare chi era rimasto prigioniero in qualche stanza.

 

 

Continua.........

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Capitolo 16
*** Fino all'ultimo respiro ***


Nuova pagina 1

FINO ALL'ULTIMO RESPIRO

 

 

 

Sala Internet

 

Il primo impulso di Sam fu quello di far forza sulla maniglia della porta per aprirla. Compì vari tentativi, ma poi cambiò idea e tattica e sparò alla serratura. Con Bobby uscirono a razzo, di corsa per le scale e, sul corridoio che conduceva alla sala dei libri rari,  incontrarono Peter appena uscito dall’ascensore bloccato dalla mancanza di energia.

Erano tutti e tre stravolti dall’ansia. In quella sala ci erano due loro familiari che potevano essere in grave pericolo. Emma Moràbito avrebbe voluto seguirli, ma sentendo il computer riaccendersi, tornò al tavolo.

E scoprì subito di aver fatto la scelta giusta.

 

 

Il portone nero di vetro ed alluminio si aprì automaticamente permettendo ad Olivia ed Astrid di entrare in biblioteca. Le due donne attraversarono di corsa l’ingresso e scelsero le scale per accedere ai piani superiori e raggiungere la sala dei libri rari.

 

 

 

Sala libri rari

 

La corrente elettrica  se ne andò di nuovo, ma la torcia si riaccese come per magia, e Tolomeo la riprese minacciosamente in mano, facendola oscillare vicinissima a Dean. E per quanto strano avesse potuto apparire, Dean riuscì ad afferrare le parole che lo spirito pronunciò:

“Ora morirai!”.

 

 

 

Fuori dalla sala

 

Dalla fessura della porta, si vide uscire un filo di fumo e si sentì odore di bruciato.

Sam sentì il grido di Dean, e gridò assieme a lui il suo nome.

Non aspettò di forzare la porta della sala: sparò alla serratura e spalancò la porta senza tanti complimenti.

 

 

 

 

Nella sala

 

In fondo all’ampia stanza, l’angolo sinistro era rischiarato dall’alone della fiamma sprigionata dalla torcia, ed era l’unica fonte di luce nella semi oscurità che regnava nell’ambiente.

“Pensa a Dean, Sam! – gli ordinò amichevolmente Bobby – A Tolomeo penso io”.

Sam schizzò in avanti e corse a perdifiato lungo i banchi fino al punto in cui si trovava suo fratello.

E gli venne un colpo quando vide Tolomeo che stava per dargli fuoco.

“No! – gridò – Non farlo! Non è lui quello che cerchi!”

E dal punto in cui si trovava, protese la mano destra e provò a sfoderare i suoi poteri sperando che avessero potuto funzionare anche con i fantasmi,  e non solo con i demoni.

E parvero funzionare.

Tolomeo si bloccò e si girò verso di lui tenendo la torcia nella mano sinistra e la corda che teneva Dean, sospeso e semisvenuto, intorno al braccio destro.  Sam mantenne la mano protesa e la concentrazione. Dietro a Sam, Peter vide suo padre a terra vicino al banco, lo soccorse sollevandolo per le spalle e cercò di rinfrancarlo, ma Walter aveva occhi solo per Sam, e lo fissò estasiato seguendo quello che faceva.

Dopo pochi secondi, Tolomeo mollò la torcia che finì rotolando sotto i piedi di Dean , poi mollò Dean che rischiò di finire sulla torcia accesa. Velocissimo, Bishop si riprese, agguantò l’estintore a pochi centimetri da lui, sparò la schiuma sulla fiamma e spense la torcia. Sam fu altrettanto veloce ad afferrare Dean, che gli crollò addosso, e ad abbracciarlo per il momento con un braccio solo.

“Dovete rimandarlo al suo tempo!” urlò una voce femminile all’ingresso della sala.

Era Olivia che, entrata con Astrid,  attirò l’attenzione di tutti su di sé, compresa quella di Tolomeo.

“Col cavolo! – borbottò Bobby più fra sé – Così ricomincia da capo prendendosela con un altro poveraccio che assomiglia a Dean! Questo deve solo morire una volta per sempre” e detto ciò, fece fuoco col sale, senza però ottenere i risultati sperati.

Forse la schiuma dell’estintore smorza gli effetti del sale, o Tolomeo non era solo puro spirito?

Bobby guardava Sam che teneva stretto Dean con un solo braccio, mentre l’altro era ancora teso verso quello che non si sapeva più cos’era. L’attimo di perplessità fu favorevole alla “cosa” che si girò e prese di mira Bobby non potendolo fare con Sam, sempre vigile.

Bobby venne proiettato all’indietro contro la parete, ma Olivia fece fuoco con la sua pistola a pallottole vere costringendo Tolomeo a retrocedere verso la piccola porta in fondo alla navata

“Tornatene da dove sei venuto, Tolomeo. – sibila la donna continuando a sparare – Qui non ci sono traditori. E forse neppure dalle tue parti”.

Sul saio della “cosa” comparvero strane macchie lucide in corrispondenza dei fori lasciati dai proiettili. Tolomeo cominciò a sussultare, dimenarsi e inarcarsi fino a stramazzare sul pavimento, proprio vicino alla porta. Olivia ebbe l’istinto di dargli un calcio, spedirlo oltre quell’uscio e chiuderlo, ma Sam la fermò.

“Se vogliamo riportarlo al suo tempo – spiegò – dobbiamo essere matematicamente sicuri che ci torni solo morto” e dicendolo, prese la pistola dalla mano di Olivia e sparò a quel che era rimasto di Tolomeo un colpo dritto al cuore. Con un ultimo sussulto, la “cosa” giacque immobile per terra.

Seguirono un paio di secondi di religioso silenzio, nel quale finalmente Sam poté dedicarsi a suo fratello che aveva ancora polsi e caviglie legati a sangue, e stava in piedi, appoggiato a lui, con la testava posata su una spalla. Col coltello preso da una delle tante tasche del giaccone, Bobby segò quelle corde, e Sam sentì Dean emettere un forte gemito. D’istinto lo strinse a sé con entrambe le braccia.

“È finita, Dean! – lo confortò – Tolomeo è morto. Per sempre. Adesso devi solo cercare di dimenticare” e sussurandoglielo, rafforzò la stretta, ricordando improvvisamente quando Dean aveva abbracciato lui, dopo averlo salvato dal gambo animato di un abat jour, anni prima nella loro vecchia casa a Lawrence. In quel momento quel tenero ricordo gli diede l’idea di avergli appena ricambiato il favore. Ma dovette lasciare Dean per un violento accesso di tosse che scosse il corpo del fratello. Dean si staccò da Sam e crollò in ginocchio portandosi una mano al petto, scosso dai colpi di tosse che gli fecero provare l’orribile sensazione di avere i muscoli di spalle e torace lacerati come stracci consunti. Sam e Bobby s’inginocchiarono, allarmati, accanto a lui, e Sam chiese ai presenti se qualcuno avesse avuto un po’ d’acqua. Il suo appello venne accolto da Astrid che estrasse dalla borsa una bottiglietta, la aprì e gliela porse. Dean si scolò la bottiglietta, dopo la quale il suo respiro tornò lentamente alla normalità. I suoi angeli custodi terrestri erano ai suoi lati, con una mano posata sulle sue spalle doloranti. Fu il turno di Bobby di accostarlo a sé, ed abbracciarlo con delicatezza.

“Porca vacca, Dean! – esclamò – Era proprio convinto che fossi tu. E che fosse stato Paolo a denunciarlo”. Dean annuì con la poca forza che aveva.

“Mi è  venuto a cercare anche all’Inferno” riuscì a dire, quasi ridendo.

“Scherzi?” esclamò di nuovo Bobby, stupito.

“Per niente” rispose Dean, con la bocca tòrta in uno dei suoi mezzi sorrisi.

“Dean….”lo apostrofò Sam con una voce che Dean sentì piuttosto fredda e minacciosa.

“Si?” fece Dean guardando Sam con aria ingenua. Ma lo sguardo fraterno era freddo e indagatore come la sua voce.

“Quando torniamo al motel, tu mi devi dare un bel po’ di spiegazioni” finì Sam.

“Tutte quelle che vuoi, fratellino” rispose Dean che lentamente si stava riavendo, e stava riprendendosi il suo spirito di sempre dopo la tremenda esperienza.

 

 

Continua......

 

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Capitolo 17
*** Chiarimenti e visite inattese ***


Nuova pagina 1

CHIARIMENTI E VISITE INATTESE

 

 

Il pugno di secondi di silenzio che gravava nella sala fu bruscamente interrotto dall’irruzione di due agenti di sicurezza della Biblioteca che fecero il loro ingresso nella stanza ad armi spianate, si avvicinarono veloci all’angolo in cui erano riuniti gli altri,  e puntarono le loro armi sul saio nero spalmato a terra.

“Mi dispiace, - esordì Bobby – ma lo spettacolo è già finito”.

Gli agenti presero la posizione di riposo abbassando le pistole.

“Che è successo?” chiese uno di loro guardando di traverso Olivia.

“Non credo sia molto semplice spiegarlo” rispose la donna fissando il saio nero.

Chi era a terra, con lentezza e fatica, si rialzò.

Dean provò a muovere le spalle e le braccia per sciogliersi i muscoli stressati dal supplizio, ma la manovra gli provocò pungenti fitte ai tendini e alle giunture, tuttavia non desistette dall’operazione e, mentre continuava, lo sguardo cadde sui polsi molto irritati e spellati dalla corda. Sia Sam che Bobby gli rivolsero occhiate lievemente ansiose e partecipi.

Peter aiutò Walter a rimettersi in piedi, e tutti si assieparono intorno a ciò che era rimasto di Tolomeo.

E Walter notò un particolare: della piccola porta da cui gli era parso di aver visto entrare lo spettro non vi era più traccia, e la parete era tornata omogenea, senza fessure. Questo gli bastò per farsi un’idea di cosa fosse realmente accaduto, ma capì che i fatti avvenuti in quella sala, quella sera,  non rispondevano del tutto alla dinamica relativa al Portale. Il Portale che lui conosceva era una via di comunicazione formatasi fra due universi paralleli che rischiavano ogni minuto di collassare prevalendo l’uno sull’altro; lo spirito inquieto e vendicativo dell’amanuense italiano era semplicemente entrato, non si sapeva se per caso o per sua volontà, in un tunnel temporale che lo aveva portato ai giorni nostri, dopo un lungo, ma veloce viaggio di cinquecento anni, per ritrovare colui che credeva lo avesse condannato a morte.

La domanda era: quella porta era un altro ingresso che si era formato nel Portale ormai prossimo allo sfondamento, o era stato solo un fenomeno indipendente, senza storia?

Il Portale che lui conosceva conduceva al futuro; la porta nella sala era collegata al passato.

“No. – obiettò Dean, dopo aver sentito le spiegazioni di Bishop  – Anche quella porta conduce al futuro” e il suo intervento provocò perplessità.

“Perché affermi questo, figliolo?” domandò Bishop, interessato.

“Perché io ho visto una porta come quella che ha visto lei in un posto quasi identico a questo cinquecento anni fa” rispose Dean, sicuro, innescando ulteriore meraviglia in Sam e Bobby.

“Vai avanti, - lo esortò Bishop – Dicci tutto”.

Dean rivelò che nella sala Internet, mentre leggeva, assieme a Sam, Bobby ed Emma Moràbito, la biografia di Bartolomeo Visconti, a tratti, aveva avuto la netta impressione di vivere alcuni momenti della vita di quell’uomo come se fosse stato presente sul luogo, ma non con gli occhi di Paolo, bensì quelli di un semplice spettatore. E aveva visto una piccola porta nell’angolo estremo di una stanza molto simile a quella dove si trovavano ora.

In quel momento, nella sala fece il suo rapido ingresso Emma Moràbito, che raggiunse il gruppo tentando una corsa sui tacchi alti delle sue scarpe nere attraverso la navata centrale, con un pugno di fogli stampati svolazzanti in mano. Gli sguardi dei presenti, calamitati su di lei, la fecero arrossire dall’imbarazzo.

“Mi sono arrivate delle notizie importantissime dall’Italia” annunciò come se volesse farsi perdonare dell’intrusione, o del ritardo nel farsi vedere. Tutti la circondarono, curiosi ed ansiosi, ed Emma cominciò a mostrare il contenuto dei fogli. In molti c’era del testo, in altri: testo ed immagini. Ed  una di queste immagini colpì Dean. La fotografia, infatti, ritraeva l’interno di una stanza pressoché uguale a quella dove erano adesso.

“È questa!” dichiarò Dean.

“È la Sala dei Nuti della Biblioteca Malatestiana, a Cesena, in Italia. -  si affrettò ad illustrare la Moràbito. Dean compì un giro su se stesso e con lo sguardo per memorizzare ogni angolo della stanza – Non si preoccupi. – lo rassicurò la donna – La signora Vissani ha voluto riprodurre fedelmente la sala qui per regalare un’atmosfera che potesse riportare almeno nell’idea il visitatore a quei tempi ed in quei luoghi. Lei non sta sognando”.

“Allora è chiaro! – esordì Olivia, guardando anche lei la foto –Ha ragione il nostro amico. Anch’io ho visto, per un attimo, quella porta prima che Bartolomeo morisse. E lui deve averla usata per venire fin qui. Il corridoio temporale si è formato cinquecento anni fa partendo dalla sala della biblioteca italiana, e la trasformazione di questa stanza nella scenografia attuale, molto simile all’originale, lo ha completato permettendo a Tolomeo di arrivare fin qui e trovare il suo traditore”.

“Ma non ha trovato nessun altro che assomigliasse a Paolo prima di me?” protestava Dean.

Tutti lo guardarono senza rispondere. Sconsolato, Dean non insistette, giungendo all’amara conclusione che a volte la bellezza può non essere un vantaggio. Olivia gli sorrise.

Su un altro foglio erano stampate le immagini dei due quadri raffiguranti i due italiani.

Essendo uscito per scendere alla caffetteria, Dean non le aveva viste, e appena le vide, trasalì.

“Lei sembra davvero la reincarnazione di Paolo Confalonieri!” osservò la Moràbito, sorridendo.

Dean guardò la fotografia provando un pizzico di inquietudine nel constatare tale somiglianza.

“Già. – convenne poi, sarcastico –  Sono il sosia di un bello stronzo traditore! Non è una grande soddisfazione”.

“Non è stato lui a denunciarlo. – rivelò la donna – Almeno così risulta”.

“E chi è stato, allora?” chiese Bobby, sorpreso.

“Non lo sappiamo. – rispose lei – Ho dato ordine di fare ricerche, ma sarà difficile stabilirlo. Cinquecento anni sono molti per riuscire a trovare simili dettagli”.

“Come fa a esserne sicura?” chiese Sam.

“Paolo Confalonieri è morto quasi subito dopo aver detto addio a Bartolomeo, - rispose seria la Moràbito – ucciso per strada da un bandito. Per lo meno è emerso questo dalle poche informazioni che siamo riusciti a ripescare”.

“Beh, - commentò Bobby – da una parte sono contento. Se veramente fosse stato Paolo a denunciare Bartolomeo all’Inquisizione, sarebbe stata una storia molto triste”.

Tutti furono d’accordo.

Uno degli agenti chiese cosa farne dei resti di Bartolomeo, e Bobby lo rassicurò domandando il permesso di occuparsene personalmente assieme ai due ragazzi. Gli agenti si mostrarono perplessi, ma decisero di lasciar fare. In fondo, nella sala erano presentì un federale, ed era scontato presumere che ci pensasse lui/lei, pertanto uscirono dalla stanza e tornarono alle loro mansioni di controllo.

E a proposito di controllo, gli occhi di Emma Moràbito andarono su uno dei volumi posato sul banco più vicino a dove erano loro, scoprendo con immensa gioia che sulla copertina non c’era più segno della terribile scritta, ed il libro era tornato al suo antico splendore, anche all’interno. Eccitata, Emma passò in rassegna gli altri cinque volumi, verificando, felice, che tutto era di nuovo nella norma.

Commossa, ringraziò chi l’ aveva aiutata.

Bobby lasciò la sala e tornò dopo qualche minuto con un sacco di sale.

Invitato da lui e dai due Winchester, il gruppo di persone riunito nella sala Koussovetskji della Biblioteca Pubblica di Boston, una delle culle della cultura mondiale, si trasferì all’esterno, nel maestoso cortile  dell’edificio, dove assistette al rito del rogo purificatore e definitivo di Bartolomeo Visconti, in un silenzio carico di stupore e suggestione. Fuori nevicava, e la neve scendeva leggera sul mucchietto di cenere che macchiava di grigio scuro il biancore della neve. Dopo aver atteso che le ultime braci si spegnessero, Bobby e Sam riempirono il sacco con le ceneri dell’amanuense.

A questo punto, un’altra domanda si spanse nell’aria: chi aveva salvato il trattato esplosivo che aveva per titolo VERITAS?

Dalla mano guantata di Emma Moràbito scivolò un foglio che ondeggiò per un paio di secondi prima di depositarsi delicatamente sulla neve. Sam lo raccolse e ci diede un’occhiata. Alla luce del lampione riuscì a malapena a leggere qualche riga, ma la sua attenzione fu catturata da un disegno ed una scritta che campeggiavano in cima al foglio, al centro. Si spostò nel cono di luce per vedere meglio. La scritta, in caratteri gotici, era formata da quattro parole: I CUSTODI DELLA VERITA', ed era attraversata da una saetta filigranata per non nascondere le lettere. Chiese spiegazioni ad Emma, ma la donna non dimostrò di saperne molto.

“È la fonte da cui è stata presa la maggior parte delle notizie che in Italia sono stati in grado di trovare su Bartolomeo e Paolo” rispose, quasi dispiaciuta di non potergli dire di più. Ma Sam la tranquillizzò assicurando che per lui anche solo quel titolo poteva essere sufficiente per le sue ricerche che si promise di fare non appena fossero tornati al motel.

 

 

Continua.......

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Capitolo 18
*** Ricordi ***


Nuova pagina 1

RICORDI

 

 

 

 

California

 

Castiel scosse la testa, sconfitto.

Nonostante il livello altissimo di concentrazione a cui era riuscito ad arrivare grazie ai suoi rinnovati poteri, non era stato in grado di  identificare il posto dove aveva visualizzato Dean. Per lui rimaneva una chiesa,  ma come John Winchester aveva osservato, di chiese è  pieno il mondo, e sarebbe stato difficile trovare quella giusta senza avere almeno un dettaglio a cui aggrapparsi.

Si sedette, esausto, sullo scalino accanto a un John molto avvilito.

“Mi dispiace, amico” cercò di scusarsi, con sincerità.

“Non ha importanza. – lo scusò John – Forse sono un illuso”.

“Perché dici questo? – lo rimproverò Castiel – Tuo figlio Dean non molla. Non devi mollare nemmeno tu”.

“Dean ha gettato la spugna, invece! - si lamentò John – E ha ragione”.

Pensando a Dean, sentì salirgli le lacrime agli occhi. Proprio lui, il suo preferito, proprio lui il figlio più devoto, era quello che in quel momento sembrava averlo rimosso completamente dai suoi ricordi. Da tanto tempo che suo padre non era più presente nei suoi sogni. E John sentì di conoscerne troppo bene il motivo: lo aveva deluso!

Lo aveva deluso a cominciare dal momento della morte di sua madre Mary, dopo la quale lui aveva visto solo la vendetta trasformandosi con i suoi figli da padre amorevole a sergente istruttore, educandoli in modo militaresco, facendo loro condurre una vita che nessun ragazzo può e merita di dover condurre; lo aveva deluso non fermando Sam quando aveva deciso di andar via di casa rifiutando la vita di cacciatore; forse si era riscattato in parte quando aveva barattato la sua vita per quella di Dean dopo l’incidente scendendo a patti con Azazel; forse aveva riconquistato punti quando aveva salvato i suoi figli da Occhi Gialli dopo essere riuscito a fuggire dall’Inferno, ma li aveva persi tutti quando non era riuscito a salvare Dean dall’Inferno. E infine lo aveva deluso quando Dean aveva scoperto che il suo rapporto con la madre non era idilliaco come lui aveva creduto.

E confidò a Castiel tutto il suo dolore per aver causato queste delusioni.

“Sei veramente sicuro che i tuoi figli non ti vogliano perdonare?” chiese l’angelo, dubbioso.

“Non lo so. – rispose John asciugandosi le lacrime – Ma se io fossi loro, non perdonerei il loro padre dopo tutto quello che ha fatto”.

Castiel scosse la testava, quasi divertito.

“Voi Winchester annegate nei sensi di colpa. – sentenziò – Vi punite con le vostre mani senza considerare che molto di ciò che vi è capitato non è dipeso da voi”.

“Stai parlando di destino, per caso?” chiese John, perplesso.

“Si, - rispose Castiel, vago – anche. Ma il punto è un altro”.

“E sarebbe?”

“Qualcuno, nelle alte e nelle basse sfere, aveva deciso per voi un cammino prestabilito. – rispose Castiel. Nello sguardo zaffiro dell’angelo, John scorse una luce di ironica sfida – Qualcuno che non è Dio”.

“E com’è finita?” chiese John, incuriosito dal linguaggio enigmatico di Castiel.

“Non come nelle previsioni. – rispose l’angelo – Non del tutto, almeno”.

John tornò a sentire le lacrime.

“Cosa devo fare?” riprese.

“Niente. – rispose Castiel –  Vieni con me”.

I due entrarono nel magazzino alle loro spalle, ma John scoprì che l’interno non aveva l’aspetto di un magazzino. Era una stanza ampia, con stucchi dorati alle pareti e agli angoli, e arredata con pochi mobili di foggia antica e suppellettili sacre. Su un grande tavolo con il piano in marmo pregiato c’era un vassoio colmo di cibi e bevande invitanti. Castiel lo invitò a mettersi comodo su un divanetto foderato di velluto rosso, e a mangiare qualcosa.

“Dove sono?” chiese John, stupito.

“In un posto tranquillo. – rispose l’angelo, dolce – Resta qui e aspettami. Vado a cercare i ragazzi e a parlare con loro. Ti farò sapere”.

E sparì oltre una porta che si era formata per incanto su una parete.

 

 

 

Boston, cortile della Biblioteca

 

 

La fine della cerimonia segnò anche il momento dei saluti per il singolare gruppo formatosi spontaneamente a seguito dei fatti accaduti nelle ultime ore.

“Non ho mai avuto a che fare con i fantasmi. – dichiarò Bishop, divertito – ma dopo quello che ho visto, dovrò rivedere alcune mie teorie”.

“Ci creda, dottor Bishop. – affermò Sam – I fantasmi esistono. Oltre la vita terrena qualcosa c’è”.

Lo scienziato fissò intensamente i due giovani.

“Mi piacerebbe parlare con voi due. – disse – A parte i fantasmi, ho la sensazione che abbiate cose interessanti da raccontarmi”.

Sam e Dean si guardarono, e guardarono Bishop, spalancando gli occhi.

“Dottor Bishop, - intervenne Bobby – vuole parlare con loro proprio ora?”.

Bishop capì.

“No, - rispose – non ho fretta. Ma vorrei farlo prima che ve ne andiate”

“D’accordo” acconsentì Bobby, anche lui curioso di conoscere meglio lo scienziato.

“Ve ne andate subito?” domandò Peter.

“No. – rispose Bobby – Ci fermiamo un altro giorno per tirare il fiato”.

“Beh, - fece Bishop, speranzoso  – se nel pomeriggio poteste passare in laboratorio? Vorrei anche mostrarvi qualcosa”.

Affare fatto.

Il gruppo si sciolse e ognuno prese la propria strada.

Su indicazione di Emma Moràbito, Bobby, Sam e Dean andarono in cerca di un posto dove rimediare una cena, dopodiché tornarono al bed and breakfast.

 

 

 

 

 

 

Amabili discussioni fraterne

 

Entrati nella loro camera, i due ragazzi cominciarono ad alleggerirsi dei loro abiti e a prepararsi per dormire almeno qualche ora. Bobby andò a fare la stessa cosa nella sua stanza.

Dean si svestì con movimenti cauti per i dolori che sentiva ancora a spalle e braccia, e Sam se ne accorse vedendolo eseguire di nuovo mosse per sciogliersi gli arti, stringendo i denti.

“Tutto bene, fratellone?” gli chiese fra il preoccupato e l’ironico.

“Tranquillo, Sammy. – lo rassicurò Dean –  Tolomeo è stato uno scherzo confronto Alastair”.

“Non mi sembra che ci sia andato leggero neanche lui” commentò Sam.

“No. – confermò Dean, con nonchalance  – Ma era un principiante. E non aveva imparato molto dai maestri. Per fortuna”.

Sam si esibì in una smorfia di ammirazione.

Dopo essere andati in bagno, i due si sedettero sui rispettivi letti, ma Dean ci restò pochi istanti per poi stendersi sul suo e rimanerci sopra immobile, cercando di rilassarsi.

“Beh, - lo stuzzicò Sam – allora … che mi dici?”.

“Che mi dici, cosa, Sam?” biascicò Dean che stava sentendo il sonno appesantirgli le palpebre.

“Non fare finta di niente come al tuo solito, Dean! – rimbrottò Sam -  Nel giro di ventiquattro ore ho scoperto che anche mio fratello ha dei poteri. Non hai spiegazioni da darmi? Mi hai promesso che me le avresti date”.

Senza alzarsi di un millimetro, Dean si limitò ad aprire gli occhi e guardare Sam.

“Che spiegazioni posso darti, Sam? – rispose con la voce che cominciava ad impastarsi dal sonno – Dovrei prima trovare qualcuno che le dia a me”.

“Come sempre svicoli, vero Dean? -  iniziò ad arrabbiarsi Sam – Ti tiri indietro nel momento cruciale”.

Dean richiuse gli occhi.

“Sam, ti giuro, pagherei non so cosa per darti le spiegazioni che ti aspetti da me, ma io non lo so cosa mi è successo oggi. – prova a giustificarsi Dean - È stato tutto maledettamente strano. Sto cercando anch’io di capire. E non appena ci riuscirò, ti prometto che te lo spiegherò. Ma perché ti preoccupi tanto?”.

Sam sgranò gli occhi.

“Mi chiedi perché mi preoccupo tanto che tu abbia dei poteri? – esclamò – Ti ricordi vagamente cos’è successo a me? C’eri quando è successo? Ci sei anche ora che non è finita? Nella nostra famiglia non bastava uno solo a fare casini?”.

La voce forte di Sam giunse alla stanza di Bobby, adiacente alla loro, e il cacciatore uscì per andare nella stanza dei ragazzi.

“Sam. – lo riprese in tono paterno ma deciso, comparendo sulla porta  – lascia stare tuo fratello. Lascialo dormire. Ha passato un brutto momento. Vieni nella mia camera che ti spiego tutto io”.

Allibito, Sam lanciò un’occhiata a Dean che stava per addormentarsi, e poi a Bobby

“Lo sapevi anche tu?” lo fulminò.

“Non è esattamente come pensi, Sam. – replicò il cacciatore – E in ogni caso, ti conviene seguirmi ed ascoltarmi con attenzione, senza fare storie” Il viso largo e gli occhi dell’uomo erano duri e gelidi, e non sembravano ammettere repliche da parte di Sam.

“Non vedo l’ora!” sibilò il ragazzo,  mentre andava dietro a Bobby nella sua camera dove l’amico lo fece sedere sul bordo del suo letto, e gli offrì da bere.

“Ti ricordi quando sei scomparso nel nulla qualche anno fa?” attaccò il cacciatore.

I ricordi non partirono subito, ma quando si avviarono nella sua testa, le idee cominciarono a schiarirsi.

Era successo quando era finito in quel posto dimenticato da Dio e dagli uomini che si chiamava Old Oak, dove si era incontrato con i suoi colleghi, bambini speciali, tutti dotati di poteri straordinari come lui,  arruolati da Azazel per formare l’esercito del Male.

“Oddio! – sussurrò  - Si”.

Quel posto sembrava trovarsi in un’altra dimensione completamente avulsa dalla realtà; lui aveva pensato a Dean non sapendo dove fosse, e aveva manifestato il desiderio che fosse lì con loro. Il suo collega Andy Gallagher, specializzato nell’entrare nelle menti umane e manipolarle a suo piacimento, gli aveva chiesto un oggetto appartenente a Dean, e lui gli aveva dato uno scontrino.

“Ti abbiamo trovato in quel modo grazie a Dean, e alla sua visione” rivelò Bobby alla fine.

Quel particolare aiutò Sam a ricollegare tutto

“Ma allora non si può parlare con esattezza di poteri” commentò Sam, sentendosi risollevato.

“No, infatti. – confermò Bobby – È stato un caso”.

“Che però si è ripetuto anche oggi” puntualizzò Sam.

“Forse ha ragione Bishop. – commentò Bobby – Dean ha una certa sensibilità. È ricettivo. Se incontra qualcuno che  ha dei poteri, in qualche modo si attivano anche a lui indirettamente”.

Sam scosse la testa. Si sentì meglio, ma non del tutto.

“Cosa mi dici sul fatto che sia riuscito a vedere nel passato?” tornò alla carica.

Bobby si grattò la nuca, perplesso. Non lo sapeva neppure lui.

“A questo, per ora, non sono in grado di darti una risposta, Sam. – si scusò –  Forse il dottor Bishop lo è più di me. Ma nell’insieme direi che non c’è motivo di preoccuparsi. Dean sta bene; è normale, per quanto possa essere normale un Winchester. – si fermò per dare una pacca sulla spalla del ragazzo - E adesso fila a letto e cerca di dormire”.

Si scambiarono sorrisi stanchi, dopodiché Sam si alzò per tornare nella camera dove dormiva con Dean.

 

 

 

Continua........

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Capitolo 19
*** Sogni e visite ***


Nuova pagina 1

SOGNI E VISITE

 

 

 

Sogni ….

 

Dean aprì gli occhi a fessura stravolto dal dolore, e davanti a lui il viso lungo, magro e crudele di Alastair lo fissava sogghignante, soddisfatto del lavoro che stava facendo col rasoio. Il demone sorrise, e affondò l’arma nel suo petto, parlandogli nello stesso tempo con quella sua voce melliflua e serpentina. Poi l’immagine di Alastair  sbiadì  svanendo lentamente per scomparire dentro un cappuccio nero in cui comparvero due occhi azzurri colmi di odio e cattiveria. Sentì braccia e spalle stirate e strappate da una corda che lo teneva sospeso nel buio del nulla.  E ancora dolore, questa volta più vivo, come se fosse ancora appeso a quella corda. Poi, dal vuoto nero di quel cappuccio, uscirono lontane alcune parole, delle quali Dean ne capisce bene una sola: VERITAS.

Quando Sam rientrò nella stanza e vide Dean con la schiena inarcata e la testava reclinata all’indietro sul cuscino, rimase senza fiato. Sentendolo parlare, corse accanto al letto, chiamò e scosse il fratello, all’inizio con delicatezza.

Dean si sentì scuotere e il dolore aumentò.

Vedendo il viso contratto da quella che appariva una terribile sofferenza, Sam non ebbe più indugi e cercò di svegliare Dean con le maniere forti.

Dean gridò, ma poi si svegliò e afferrò con una mano la felpa di Sam. Sam accese l’abatjour e aiutò Dean a mettersi seduto.

“È tutto okay, Dean! – lo rassicurò – È stato solo un incubo” .

Ma il viso del fratello era pallido e sudato, e il respiro, grosso e rapido.

Sul comodino fra i due letti c’era una bottiglia d’acqua e due bicchieri. Sam ne riempì uno e lo porse a Dean che se lo scolò avidamente in un secondo e chiese altra acqua.  E mentre Dean beveva, Sam andò a prendere la fiaschetta del liquore dalla tasca del giaccone di Dean, pensando che in quel momento una bevanda forte non avrebbe potuto far male. Infatti, una lunga sorsata del contenuto sembrò sortire l’effetto atteso e Dean si riprese presto, passando la fiaschetta a Sam che, seduto sul bordo del suo letto, si attaccò anche lui alla piccola bottiglia, sperando che i suoi sensi di colpa affogassero nell’alcool. Non gli chiese cosa stesse sognando poiché lo immaginò, ma aveva udito la parola VERITAS uscire dalla sua bocca, e la cosa lo incuriosì.

“Non dirmi che stavi sognando Tolomeo! – lo apostrofò, ironico. Dean si lasciò ricadere sul letto, affondò le dita fra i folti capelli leggermente umidi di sudore e annuì – Ci mancava anche lui! – continuò, stizzito – Come se non ne avessi abbastanza di Alastair e dell’Inferno. Adesso ti metti anche a parlare nel sonno!”.

Dean fissò meravigliato Sam.

“Ho detto qualcosa?” chiese, sorpreso.

“Veritas” rispose Sam.

“Ho detto questo?” chiese conferma Dean.

“Ho sentito dirti questo” confermò Sam.

Dean aprì le braccia, avvilito, e chiuse gli occhi. Non ricordava altro.

“Ho capito. – troncò Sam, intuendo l’antifona  – Meglio lasciar perdere per adesso. Tentiamo di dormire, eh?” .

Tutti e due si rimisero sotto le coperte

Ma ritornare a dormire fu pura illusione.

 

 

 

 

 

…. e visite

 

Dopo pochi minuti, nella stanza, non si sentirono più soli.

C’era qualcun altro con loro.

Aprirono gli occhi nello stesso momento, e una sagoma nera, questa volta però con contorni familiari, schermò la luce che proveniva dalla strada attraverso la finestra.

“CASS!” esclamarono all’unisono, appena distinsero i lembi dell’impermeabile.

Sam riaccese l’abatjour sul comodino, e vide l’angelo che li guardava serio, ma col sorriso negli occhi blu.

“È una vita che non ti si vede! – esclamò Dean mettendosi faticosamente a sedere sul letto –  Cos’è, sei sempre incasinato fino al collo, lassù?”.

“Ho molto da fare. – rispose l’angelo, laconico, mantenendosi sul vago – Voi piuttosto; dove eravate?”.

“Come sarebbe a dire: ‘ dov’ eravate?’ – lo apostrofò Sam, uscendo dal letto – Perché? Ci cercavi?”.

“Si” rispose Castiel.

“Dove ci hai cercati?” chiese Dean.

“In tutte le chiese della Terra” rispose l’angelo, contrariato.

Dean annuì capendo l’allusione.

“Non era una chiesa, Cass. – precisa – È una biblioteca. Che assomiglia ad una chiesa”.

Castiel scosse la testa.

“Mi viene più facile trovarvi nei motel” dichiarò.

“Okay, Cass. – troncò Dean, uscendo da sotto le coperte e sedendosi sul bordo del letto – Come mai ci stavi cercando?”

“Veramente non ero io che vi stavo cercando... “ corresse Castiel.

“Chi, allora?” chiese Sam.

“Vostro padre” rispose Castiel, lapidario.

 “Papà ci stava cercando?” esclamò Sam, meravigliato.

“Si, – rispose Castiel, questa volta serio anche nello sguardo –  Vorrebbe tornare nella vostra vita”.

“Cosa?” esclamò Dean, adirato.

Castiel guardò il suo amico umano con una certa apprensione pur senza battere ciglio. Ormai conosceva bene le sfuriate di Dean, e prima di continuare a parlare prese un respiro profondo.

“Dice di sentirsi escluso da voi. –  proseguì – Come se lo aveste bandito. E pensa di dovervi chiedere perdono per qualcosa che ha fatto”.

Dean era sul punto di arrabbiarsi di brutto e si alzò. Castiel indietreggiò di un passo senza tuttavia distogliere lo sguardo dal ragazzo che avanzò lentamente e minacciosamente verso di lui.

“Non avresti dovuto venire tu, Cass. – lo accusò Dean puntandogli l’indice destro contro – Avrebbe dovuto venire lui. Perché se si comporta così, allora devo dare ragione a Bobby quando dice che è sempre stato un vigliacco. Io non ho mai dimenticato papà, solo che ora le cose sono un po’ diverse. Non so perché voglia chiederci perdono, e per che cosa, ma è lui che deve venire, non tu. La nostra porta per lui è sempre aperta”.

Sam fissò sbalordito il fratello non aspettandosi un simile discorso, ma si sorprese ad essere d’accordo.

 

 

Continua, ma non manca molto alla fine....di questa prima parte !

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Capitolo 20
*** Teorie sul passato di Veritas ***


Nuova pagina 1

TEORIE SUL PASSATO  D I  VERITAS

 

 

 

Tarda mattinata

 

Dopo quelle ultime giornate piuttosto intense, Sam e Dean riuscirono a farsi qualche ora di sonno senza più sogni e interruzioni, svegliandosi verso mezzogiorno solo perché il cellulare di Dean suonò.

Dall’altro capo, la voce di Olivia Dunham li avvisò che erano attesi alla biblioteca dalle due donne italiane le quali volevano parlare con loro, soprattutto Elisabetta Vissani.

In un primo momento, Dean non dimostrò grande entusiasmo alla prospettiva di rivedere la Vissani verso cui non nutriva eccessiva simpatia, poi però, rammentando la promessa economica della donna, spronato inoltre da Sam, da Bobby, e dal suo stomaco vuoto, decise di scendere dal letto e prepararsi per uscire.  Muoversi, per lui, si tradusse ancora in stilettate di dolore alle spalle e, accorgendosene, Bobby corse in suo aiuto somministrandogli un paio di aspirine. Tuttavia, al momento di decidere chi sarebbe stato al volante, Dean consegnò le chiavi dell’Impala a Sam, che si mise alla guida, affiancato da Bobby, mentre lui si stravaccò al centro del sedile posteriore.

A metà strada del percorso che li portava alla biblioteca, il telefono di Bobby squillò.

“GEORGE! – urlò quasi il cacciatore – Dove diavolo sei finito?”.

Quell’esclamazione gridata svegliò completamente Dean, e fece trasalire Sam che chiese a Bobby l’identità dell’interlocutore.

“George Albany. – rispose il loro amico, stizzito, coprendo per un attimo il cellulare per non farsi sentire da lui  – Quello che mi ha venduto il sesto libro”.

Sia Sam che Dean annuirono, ma non si pronunciarono.

La voce di George era abbastanza forte da permettere ai due di ascoltare le sue parole concitate.

“Bobby! – sembrò ansimare l’uomo – Ce l’hai ancora quel libro?”.

“Quello che mi hai venduto per cinquanta dollari?” chiese Bobby.

“Si” rispose George, sempre col respiro veloce.

“Perché?”

“Perché se ce l’ hai ancora, è meglio che lo bruci!”.

Dean si drizzò di colpo a sedere.

“Ah si? – lo apostrofò Bobby, con un accenno di alterazione nervosa nella voce –  E perché adesso dovrei bruciarlo secondo te?”.

“Ce ne sono altri cinque come quello. – prosegue George, sempre molto agitato – Non devono essere riuniti, Bobby! Mai!”.

“Oh! – esclamò Bobby, piegando il tono della voce sul sarcastico deciso – Hai fatto bene a dirmelo! Peccato solo che se fossi stato in te, avrei aspettato Natale per avvertirmi”.

“Non dirmi che quei volumi sono stati riuniti!” piagnucola George.

“Certo che sono stati riuniti! – rispose Bobby – Ma tu, adesso, in che pianeta ti trovi? Nessuno ti ha detto che quei libri sono in mostra alla biblioteca di Boston?”.

“OH NO!” urlò George, e chiuse la comunicazione.

Bobby imprecò con particolare passione, frenando a stento l’impulso di gettare il telefono dal finestrino, maledicendo chi lo aveva appena chiamato.

“Hai ragione, Bobby! – esordì Dean, ora sveglio – Sembra che il tuo amico non sia molto informato dei fatti  avvenuti ultimamente sulla Terra!”.

“Bobby, - intervenne Sam, più ansioso – non è che il tuo amico sa qualcosa che noi non sappiamo?”.

Bobby riprese il cellulare e richiamò George, ma il destinatario risultava irraggiungibile.

Altra vivace imprecazione del cacciatore che sbatté contemporaneamente il telefono contro una gamba.

“Un momento! – troncò Dean – I mattoni sono stati riuniti facendo materializzare Tolomeo che li aveva realizzati. Ora Tolomeo è definitivamente morto sotto i nostri occhi, che altro potrebbe succedere?”.

La domanda rimase senza risposta.

 

 

 

 

 

Alla biblioteca

 

La sala Koussovetskji era di nuovo tutta in ordine; il pavimento era lucidissimo, ed i tomi miniati erano in bella mostra sui banchi, senza più segni di minacce incombenti.

Quando i due ragazzi e Bobby fecero il loro ingresso mancò poco che Emma Moràbito non fosse corsa  loro incontro e li avesse abbracciati di gratitudine, ma si trattenne, limitandosi a salutarli ed a riceverli con tutto il suo calore siciliano, nel suo bel completo rosso vivo.

Elisabetta Vissani, elegantissima in un tailleur blu scuro, non si spostò molto dalla sua posizione, ma sfoderò un sorriso luminoso e avanzò di un passo verso di loro.

“Non so come ringraziarvi. – iniziò, stringendo la mano ai tre – La mia collega mi ha raccontato tutto. – si fermò e guardò Dean che si massaggiava i polsi illividiti dalla corda  – Spero che non sia stato troppo difficoltoso e pericoloso!”.

“Non si preoccupi. – la tranquillizzò Dean, sorridendo a sua volta – Spesso ci è andata peggio”.

“Dunque è davvero un fantasma” commentò la Vissani.

“Eh si. – rispose Sam – Piuttosto arrabbiato”.

Elisabetta Vissani si produsse in una smorfia di disappunto.

“Immagino. – dice – Almeno da ciò che mi ha riferito la signora Moràbito, la storia di quell’uomo è molto drammatica”.

“Possiamo dirlo forte” commentò Sam.

Bobby si fece avanti.

“Signora Vissani, - esordì – lei non ha proprio idea di come quei volumi siano finiti a casa sua?”.

La Vissani scosse la testa, sconsolata.

“Forse ho io un’idea. – intervenne Sam –  Dopo aver visto Paolo Confalonieri per l’ultima volta,  avendo appena litigato con lui, probabilmente, Bartolomeo si è sentito in pericolo, e ha salvato i fogli di Veritas da qualche parte, per esempio: nella cantina dell’edificio dove abitava, e dove adesso abita la signora, nascondendo quei fogli sotto qualcosa tipo paglia, o ficcandoli dentro sacchi, o chissà cos’altro. Poi, passato il periodo nero dell’Inquisizione, chi è andato ad abitare in quel palazzo ha trovato quei fogli,  ha capito che erano preziosi e li ha fatti rilegare”.

“Bell’intuizione, Sam! – si complimentò Bobby – Ma resta il mistero del sesto libro. Come mai è separato dagli altri cinque?”.

“Questo può essere avvenuto dopo. – teorizzò la Moràbito – Al momento della rilegatura. Forse, chi se n’è occupato non riusciva a trovare gli ultimi fogli che invece sono stati ritrovati più tardi”.

“E se qualcuno avesse saputo già all’epoca che questi libri erano un po’ particolari? – azzarda Sam – E avesse separato gli ultimi fogli di proposito?”

“Se avevano letto il testo, è possibile. -  avanza Bobby – L’Inquisizione è finita, ma non il rischio. È pur sempre un testo fortemente eretico, dunque passibile di censura. Forse lo sarebbe anche adesso, nel terzo Millennio”.

“Lei dirà ai visitatori che il testo contenuto in questi libri è eretico?” chiese Sam, rivolgendosi alla Vissani. La donna sorrise.

“Se lo dicessi, il numero di visitatori aumenterebbe vertiginosamente” considerò.

“Allora lo dica” consigliò Bobby, complice.

“Si.  – osservò Dean -  Ma l’effetto riempirebbe le casse della biblioteca, più che quelle della signora”.

“Siamo d’accordo per la metà dell’incasso. – chiarì la Vissani – Oh, a proposito di soldi …”

La donna chiese a Dean le sue coordinate bancarie per il versamento della ricompensa promessa, e Dean non riuscì a mascherare la sua sorpresa. Nonostante avesse sentito bene, quando Elisabetta Vissani aveva loro assicurato un lauto premio per la cattura dell’imbrattatore dei volumi, ascoltare quella conferma, per lui, fu uno stupore.

 

 

 

Continua, ma ancora per poco.

 

 

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Capitolo 21
*** La macchina del tempo ***


Nuova pagina 1

LA MACCHINA DEL TEMPO

 

 

Laboratorio di Bishop

 

 

Il macchinario che troneggiava circa al centro della stanza era di quelli usciti freschi, freschi da un romanzo, o da un film di fantascienza, il cui autore si era sbizzarrito con la meccanica e la tecnologia, miscelando passato, presentì e futuro in un solo apparecchio.

Al primo impatto visivo era un blocco di ferro che assomiglia ad una grossa ricetrasmittente da trincea, con bulloni, pulsanti, levette e lucine blu e rosse che si accendono come quelle degli alberi di Natale. Ma era la parte superiore a stupire chi la guardò. Fissata al blocco c’era una cornice di ferro piuttosto grande, come il frame di un televisore a molti pollici.

Astrid e Olivia fissarono quell’oggetto dubbiose, ma incuriosite; Bishop ci girò intorno come un insetto intorno ad un fiore, sorridendo fra sé, fiero di essere riuscito a ricostruirlo dopo averlo distrutto in seguito ad una cocente delusione. Poi, senza avvertire le due donne, agendo su un pulsante ed una levetta, attivò l’apparecchio, e dentro il frame si formarono con lentezza delle immagini che, tuttavia, restavano sfocate e non sembrava possibile ottenere una maggiore definizione.

L’immagine all’interno della cornice metallica inquadrò una strada con un’automobile scura che la stava percorrendo a velocità sostenuta.

Pochi minuti dopo, il video citofono emise un beep di avviso dell’arrivo di qualcuno.

Astrid andò ad aprire, e fece entrare Bobby, Sam e Dean. Poi, mettendo il naso fuori dalla porta intravide l’automobile scura vistava poco prima dentro la cornice, e sorrise fra sé, divertita.

L’accoglienza di Bishop ai tre visitatori fu cordiale, quasi paterna riguardo ai due ragazzi, con particolare attenzione a Dean.

“Come ti senti oggi, figliolo?” gli domandò lo scienziato, avvicinandosi.

“Meglio, grazie” rispose Dean, sorridendo. Le aspirine avevano sortito il loro buon effetto, e le spalle non gli facevano più male, almeno per ora. Alla vista del macchinario, il giovane spalancò gli occhi e ci si avvicinò, attratto come un bambino di fronte ad un gioco strabiliante. Aveva visto molti film di fantascienza, ma non ricordava un apparecchio come quello. In quel momento l’immagine imprigionata nella cornice ritraeva semplicemente ciò che c'era all'esterno, ovvero: il grande viale che si srotolava a fianco dell'edificio che ospitava il laboratorio.

“Ci sono videocamere di sorveglianza?” domandò Bobby.

“Oh, no! – rispose Bishop, rassicurandolo – Non c’è niente da sorvegliare. Fra poco vedrete -

Gli ospiti si accorsero dell’assenza di Peter, e chiesero di lui – Torna subito – si affrettò a rispondere l’uomo – È andato a prendere il gelato”.

Ma Dean aveva un’altra teoria. Aveva notato, in precedenza, le occhiate torve lanciategli dal giovane, ogni volta che lui si era trovato vicino a Olivia.

“La mia presenza disturba, vero?” chiese conferma alla donna. Olivia gli rimandò un’occhiata di grande intensità.

“Non preoccuparti, Dean. – lo tranquillizzò – Gli passerà”.

“Si, certamente. – convenne Dean – Domani ce ne andiamo”.

Lo sguardo di Olivia fu offuscato da un’ombra di tristezza.

“Mi dispiace” confessò.

“Beh, - tentennò Dean – chi ti dice che non ci rivedremo? In fondo i nostri lavori si assomigliano. Se a Peter non dà fastidio …”.

“Lascialo perdere. – tagliò corto Olivia – Sta attraversando un periodo difficile”.

“Voi due ….” azzarda Dean.

“Da qualche mese” finì Olivia tornando a sorridere.

“Sta' tranquilla. – la rassicurò Dean – Non interferirò. Per me la famiglia è sacra”.

“Si vede. – affermò Olivia sorridendo alla faccia stupita di Dean – Da come voi due vi trattate”.

E mentre Olivia e Dean si scambiavano esperienze familiari, impressioni, dubbi e sospetti, Astrid era impegnata a radiografare Sam dalla testa ai piedi, impiegandoci un bel po’ per arrivare in fondo data l’altezza e l’imponenza fisica del giovane Winchester. L’operazione avvenne senza profferire parola, e si conclude con radiosi sorrisi. Alla fine, Sam si sorprese a riflettere sul fatto che quasi tutte le donne passate nella sua vita avevano sempre avuto i capelli scuri.

Silenziosi e divertiti, Bobby e Bishop seguivano le scenette.

“Che bella la giovinezza!” concluse lo scienziato. Bobby approvò.

 

 

 

 

 

I segreti di Olivia

 

Dean si allontanò da Olivia e raggiunse Bishop vicino a quella strana apparecchiatura, cominciando anche lui a girarci intorno curiosissimo, e Bishop si raccomandò che non toccasse niente, ma lo esortò anche a guardare l’immagine poco chiara che al momento era visibile all’interno del frame. Dean obbedì e osservò attentamente. Non visto, Bishop alzò con lentezza una levetta e, l’immagine si sfuocò ancor di più per tornare, dopo pochi secondi, con qualcosa di meno rispetto alla precedente. E quel qualcosa di meno provocò un tuffo al cuore di Dean: l’Impala non c’era più!

Alla sua espressione allarmata, Bishop ridacchiò e tranquillizzò subito il giovane, spiegandogli che ora l’immagine apparsa risaliva …. al giorno dopo!

“È una macchina del tempo?” chiese Dean.

“Non esattamente. – rettificò Bishop – Ma permette di vederlo”. E dopo aver detto ciò, chiamò Olivia, e chiese a lei e a Dean di rimanere vicini per i minuti successivi, cosa di cui Olivia ne fu segretamente felice.

Anche gli altri si riunirono intorno al marchingegno e a Bishop che si muoveva leggero e veloce.

“Walter, - lo interpellò Olivia, apprensiva  – non ci starai per dire che il Portale si sposta, vero?”.

“È quello che temo, mia cara” rispose Bishop, ora serio.

“Vuoi dire che l’ingresso da dove sono entrata e uscita non è sempre allo stesso punto, sulla strada?”.

Bishop non rispose subito e quando lo fece, pose a sua volta una domanda.

“Quando era in biblioteca, il nostro amico Dean ha sostenuto di aver visto scene del passato di Tolomeo e Paolo come se fosse sul luogo, giusto? – cominciò, puntando Dean che affermò – E tu sei arrivata poco prima che Tolomeo, o quello che era, stesse per uccidere questo ragazzo. – Olivia confermò, annuendo in silenzio – Dov’eri? ” concluse l’uomo.

“All’ingresso della biblioteca” rispose Olivia, sicura.

“Hai visto per caso qualcosa anche tu mentre eri lì?” chiese Bishop.

Una frazione di secondo di silenzio

“Si. – rispose ancora Olivia – Ho visto Tolomeo morire sul rogo come se fossi lì”.

“Anch’io” si unì Dean.

Bishop annuì, scuro in faccia.

“Cosa vuol dire?” domandò Sam, preoccupato.

“Vuol dire che in quel momento il Portale era nei pressi della biblioteca” dichiarò alla fine.

“Quindi il Portale è mobile” dedusse Olivia.

“Proprio così” rispose lo scienziato apparendo non contento della scoperta.

“È una cosa grave?” domandò Bobby osservando l’espressione buia di Bishop.

“Purtroppo si. - rispose l’uomo -  Quel portale andrebbe chiuso, ma non ci riusciremo mai, se si sposta continuamente”.

“Okay. – intervenne Dean – Ma perché avrei visto anch’io? Cos’è successo?”.

Bishop sospirò.

“Perché forse tu hai dei poteri latenti, Dean. – rispose poi – Perché il Portale è nelle vicinanze come lo è Olivia, e infine, perché anche Tolomeo era dotato di facoltà psichiche”.

 “È vero. – confermò Sam – Anche Tolomeo aveva poteri psichici” . Pure Dean confermò.

“E li hai anche tu, figliolo. – constatò Bishop – Mi hai stupito quando sei riuscito a fermarlo solo col pensiero, impedendogli di uccidere tuo fratello. – Sam annuì, imbarazzato. Dean gli regalò un sorriso storto.

“Un momento! – intervenne Bobby, sospettoso – Che influenza avrebbe avuto l’agente Dunham su Dean?”.

“L’agente Dunham è una persona speciale. – rispose Bishop –  E fa parte di un gruppo di persone speciali dotate di un’energia particolare che sono in grado di trasmettere a chi sta loro vicino, attivando dei poteri, se ci sono”.

“Si, Walter, - obiettò Astrid – ma se non ricordo male, la trasmissione di energia deve avvenire per contatto diretto come una stretta di mano, giusto?”.

“Di regola si, Astrid. – confermò Bishop – Ma questo è stato un caso singolare in cui sono concorsi altri fattori che hanno contribuito a estendere l’energia di Olivia a distanza, e a far emergere, e potenziare le facoltà dormienti di Dean. Anche il Portale stesso emette a sua volta energia”.

“Allora lei mi conferma che mio fratello ha dei poteri” esclamò Sam, allarmato.

“Tutti li abbiamo, Sam. -  rispose Bishop –  Ma non li usiamo poiché la razionalità e i condizionamenti esterni soffocano i nostri istinti. Ciò ti preoccupa?”.

Sam scosse la testava.

“Beh, - confessò – insomma …..”.

“Certo che lo preoccupa! -  ribatté Dean, più sollevato e allegro – Perché lui, con i suoi poteri, ha fatto un gran casino, e ha paura che lo faccia anch’io. O che lo possiamo fare insieme”.

La battuta allentò la tensione che si era venuta a creare in seguito alle rivelazioni di Bishop.

“Chi riesce a mantenere i suoi poteri sempre attivi dovrebbe imparare a ad amministrarli con grande saggezza” sentenziò Bishop.

“Capito, fratellino?” lo apostrofò Dean, mollandogli una robusta pacca sulla spalla disponibile.

 “Dean, - lo fulminò Sam – devo ricordarti che con i miei poteri ho anche salvato delle vite, compresa la tua?”.

Altra pacca sulla spalla.

“Certo, Sammy. – replicò Dean – Non lo dimentico, stai tranquillo”. E dopo aver incoraggiato il fratello, Dean si girò verso Olivia, che lo guardò compiaciuta e, d’istinto, gli strinse una mano.

Dean avvertì una strana scarica percorrergli il braccio, ma non fu dolorosa.

 

 

Stiamo per arrivare in fondo......

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Capitolo 22
*** Immagini dal futuro ***


Nuova pagina 1

IMMAGINI DAL FUTURO

 

 

 

 

In quel momento, tornò Peter con la vaschetta del gelato e inavvertitamente, Astrid, la più vicina all’apparecchio, salutandolo, sfiorò una leva. All’interno della cornice metallica, l’immagine cambiò. E ciò che apparve ammutolì tutti di stupore e angoscia.

La strada inquadrata era sempre quella che passava di fianco all'edificio dove si trovava il laboratorio, ma l'edificio appariva diroccato, con porte e finestre divelte; ogni oggetto presentì sulla via era distrutto, i lampioni giacevano a terra spezzati in più parti, e l’asfalto era ricoperto da un tappeto di vetri, pezzi di ferro, materiale edilizio e quant’altro faceva parte di ciò che fiancheggiava la strada. Un paio di esseri umani si aggiravano impauriti e disperati. Fermarono una macchina che passò, ma dalla vettura partono colpi di arma da fuoco che falciano i due, lasciandoli a terra in un lago di sangue. Subito dopo apparve una donna che si gettò sotto una seconda macchina transitante in quell’attimo.

I sette presenti nel laboratorio seguivano, turbati, la scena, ma erano Bobby, Sam e Dean a essere maggiormente colpiti da quella specie di filmato che ricordava loro qualcosa di spiacevole.

Si scambiarono occhiate allarmate.

“Eravamo riusciti a fermare tutto” mormora Bobby.

“Per cosa avrei fatto quello che ho fatto?” si domandò Sam.

Vicino a lui Astrid gli indirizzò un’occhiata interrogativa.

“Cos’hai fatto?” chiese.

“Ah, niente. – minimizzò Sam – Una vecchia storia”.

 Bishop controllò un display a fianco dell’apparecchio, sul quale si vide una data: 2013!

“Cos’abbiamo visto, dottor Bishop?” chiese Bobby, sconcertato.

“Fotogrammi di futuro. – rispose Bishop, sempre serio – Neanche tanto lontano”.

 Ma Dean aveva scòrto nella scena dettagli importanti

“Con una differenza” fece notare infatti.

“Quale?” chiese Bobby.

“Questa volta le cause di quello sfacelo non dipendono da fenomeni naturali, o soprannaturali” rispose Dean, mantenendo lo sguardo sull’immagine nella cornice, e invitando Sam e Bobby a osservare con attenzione le immagini. I due seguirono il consiglio di Dean e capirono immediatamente. Il palazzo era ridotto male, ma era ancora in piedi e non in macerie, e i segni di devastazione sulla strada non sembravano essere riconducibili alle conseguenze di calamità come terremoto o evento atmosferico.

“Sono umane”concluse Sam. Dean annuì amaramente

“Già. – affermò  - Quel casino è opera dell’Uomo”.

“Che diavolo succederà, allora?” si domandò Sam.

“Non ne ho idea. – rispose Dean – Forse, una rivoluzione. Moti sovversivi … Qualcosa del genere”.

“Ma come sono uscite quelle immagini?” chiese Bobby.

“Devo essere stata io” si scusò Astrid, che ricordava di aver urtato il macchinario.

“Non sei stata tu, Astrid. – la giustificò Bishop – Qualcuno le ha prodotte pensandoci”.

Altro giro di occhiate che conversero su Dean e Olivia con le mani ancora strette.

I due si guardarono e si lasciarono le mani.

“Ci stavi pensando, Dean?” gli chiese Bobby. Dean annuì.

Il plasma dentro la cornice si modificò ondeggiando fino a riproporre l’immagine della via che passava accanto al palazzo dove erano loro, al giorno d’oggi.

 “Beh, - interruppe Bishop, allegro – che ne dite di fare una pausa e gustare una coppa di gelato?”.

 

 

 

 

 

Addio o …. arrivederci?

 

Bobby, Sam e Dean lasciarono il laboratorio di Walter Bishop a sera inoltrata.

Sulla porta si scambiarono le ultime impressioni in merito al lavoro svòlto e su quello dei loro rispettivi settori operativi.

“Se dovesse capitarci un caso di infestazione da fantasmi, vi chiameremo” dichiarò Olivia, sorridendo.

“E noi verremo subito, vero ragazzi?” replicò Bobby pronto.

“Contateci” rispose Dean, guardando Olivia. L’agente Dunham, a sua volta, ricambiò lo sguardo e, spontaneamente, infischiandosene della presenza di Peter, depositò un bacio tenero e lieve sulla guancia di Dean. Sam e Astrid, non vincolati da legami, non si accontentarono di un simile semplice commiato, e andarono oltre, congiungendo per pochi secondi le loro labbra, dopo una seconda radiografia della donna al giovane dal basso all’alto.

Seguirono virili e vigorose strette di mano fra gli uomini, incluso Peter che respirando a fondo, strinse la mano anche a Dean.

“Niente paura, amico. – lo rassicurò Winchester Senior  – Anch’io, a casa ho qualcuno che mi aspetta. E quel qualcuno non si tocca”.

E dopo questa sorprendenti dichiarazione, i tre si avviarono alla macchina.

Ristabilitosi completamente, Dean strappò quasi le chiavi dell’Impala dalle mani di Sam che tentò una debole e poco convinta protesta, quindi salì sulla vettura dopo un ultimo saluto a tutti col pugno sinistro alzato.

I componenti della squadra Fringe aspettarono al freddo di una serata di metà dicembre, con le scarpe nella neve, di veder scomparire l’automobile nera oltre l’angolo della via che immetteva nella strada principale.

“Persone interessanti quei tre” commentò Bishop.

“Già” borbottò Peter.

“Molto interessanti” sospirò Astrid, alzando gli occhi al cielo.

Olivia sorrise a Peter, gli cinse le spalle con un braccio, e insieme, abbracciati,  rientrarono in laboratorio.

A chi non lo conosceva bene, Walter Bishop era un uomo che dava l’impressione di essere il classico scienziato vivente in un mondo tutto suo, fuori dalla realtà che lo circonda, ma era solo un’impressione. Osservando lo sguardo scuro del figlio, gli si avvicinò.

“Peter, - gli si rivolse con soavità paterna – non devi preoccuparti per Olivia. È vero; fra Olivia e Dean c’è stato un passaggio di energia, ma non è lo stesso tipo di energia che c’è fra voi due”.

Peter non era completamente persuaso, tuttavia, il sorriso e lo sguardo intenso di Olivia lo contagiarono fino a far sorridere anche lui.

 

 

 

Motel

 

Prima di affrontare di nuovo il lunghissimo viaggio che li avrebbe riportati a Lawrence, i tre cacciatori si concessero qualche ora di sonno. Mentre se li sentì chiudere, davanti ai suoi occhi Dean vide scorrere le immagini che sembrarono formare una sorta di video riassuntivo di tutta la giornata e del breve periodo trascorso a Boston, comprensivo di fatti e persone. Ma furono soprattutto le immagini delle persone a soffermarsi più a lungo: Olivia, Astrid e i due Bishop, padre e figlio, sempre vicini, sempre protettivi l’uno verso l’altro.

Non poté evitare ai suoi pensieri di posarsi sulla figura paterna.

Al diavolo l’assenza, la vigliaccheria e l’egoismo, si sorprese quasi a gridare nella mente Dean.

Suo padre gli mancava da morire.

Riaprì gli occhi. John Winchester  Era lì, seduto al bordo del suo letto e lo stava guardando con affetto e tenerezza infiniti, sorridendogli a labbra chiuse sotto barba e baffi. Dean si sollevò a sedere senza distogliere lo sguardo da lui, attraversato fugacemente dal dubbio che potesse trattarsi del bieco trucco di un demone, ma suo padre non si trasformò, i suoi occhi non divennero gialli; restò seduto sul letto continuando a sorridergli. Anche Sam aprì gli occhi e li sgranò alla vista del genitore.

John si alzò in mezzo ai due letti e sfiorò una spalla a ciascuno dei suoi figli, dischiudendo la bocca in un sorriso più aperto e definito.

“Grazie” disse semplicemente, e svanì in un lampo di luce bianchissima ed accecante.

Le porte, per lui, si erano aperte, spalancate, forse anche quella del Paradiso.

I due fratelli riaprirono gli occhi nello stesso momento e i loro sguardi meravigliati s’incontrarono facendo intuire ad entrambi di aver avuto lo stesso sogno.

 

 

 

F I N E

 

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