Silence of my heart

di i hear the bells
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - 1. Scuole elementari ***
Capitolo 2: *** 2.La mia amica del cuore ***
Capitolo 3: *** 3. La festa di compleanno (I parte) ***
Capitolo 4: *** 4. La festa di compleanno (II parte) ***
Capitolo 5: *** 5. Imparare a conoscersi ***



Capitolo 1
*** Prologo - 1. Scuole elementari ***


Silence of my heart

Nome: Silence of my heart
Autore: misty,
Protagonista: Sara e Ian
Personaggi: Rosaline e Andy


Tutte le favole iniziano con “C’era una volta”, la mia storia non inizierà così, forse non sarà neanche degna di essere chiamata “favola”, ma quando la vita ti sorprende così tanto che tutto il tuo passato per quanto oscuro e malinconico sia, all'improvviso scomparisce del tutto, come se non fosse mai appartenuto alla tua vita. La mia condizione attuale può essere paragonata a una favola, ho imparato un insegnamento fondamentale da quest'ultime: c’è sempre qualcuno che è pronto ad aiutarti, certo tra mille persone forse due o tre avranno veramente il coraggio e la voglia di farlo, ma se anche ci fosse una sola persona su mille, pronta ad amarti e a donarti felicità, magari vale davvero la pena vivere. Per vivere non intendo sopravvivere, no, vivere è sbattere forte le ali in cielo e imparare a volare ad occhi chiusi, vivere è cogliere la vera essenza dell’esistenza, è stare bene con sé stessi, qualcosa che ci appartiene e che non si può descrivere, perché non ci sono parole giuste per farlo. Poi c’è un altro insegnamento che proviene dalle nostre esperienze più intime: le sofferenze se non ti rafforzano, ti indeboliscono a tal punto che ti accontenti di sopravvivere e nei casi più estremi arriva la morte dell’anima, no, non quella fisica, ma dell’anima, dello spirito, della nostra linfa vitale.

- 1. Scuole elementari-

"Sara Miller ? " l’insegnante guardò l’intera classe attendendo una risposta. Quel giorno avevamo una supplenza, la nostra maestra di matematica si era ammalata e nessuno poteva sostituirci tra i nostri insegnanti. Io ero seduta al mio posto, come sempre, mentre il resto della classe era sparso tra un banco e l’altro senza seguire l’originale ordine alfabetico. Sì, perché le nostre maestre dopo una lunga assemblea avevano deciso di assegnare i posti in ordine alfabetico e ognuno era obbligato a sedersi accanto al suo vicino di lettera.
<< Sara Miller ? >> alzai la mano intimidita, in sottofondo c’era un leggero chiacchiericcio e non so perché, ma ero convinta che fosse dipeso da me, dal mio gesto. Ecco qualcuno ridacchiò, avrei potuto riconoscere quella risata tra un migliaia di persone: Rosaline. La mia eterna amica/nemica. Sapeva essere una buona amica nei momenti di bisogno, insomma era una vera approfittatrice e devo dire che sapeva manipolarmi abbastanza bene, ma appena mi voltavo era la prima a pugnalarmi alle spalle,ed io ci restavo male, insomma perché doveva trattarmi così? Perché doveva farmi sentire ancora più indifesa? Lei era la mia amica, le volevo bene nonostante fosse una vera traditrice, per qualche strano motivo non riuscivo ad odiarla e se fossi stata al suo posto, non avrei mai fatto niente di così subdolo ad una mia amica. Ma appunto lei era Rosaline, e non potevo di certo sperare in un suo cambiamento, le persone come lei non cambieranno mai.
<< Sei tu Sara Miller ? >> annuii spostando lo sguardo sulla lavagna, proprio non riuscivo a guardare le persone sconosciute negli occhi; mi mettevano a disagio e sopratutto mi davano un senso d'inadeguatezza.
<< E’ muta, non parla >> arrivò la sentenza puntuale di Annabelle, la secchiona della classe, la tipica bambina popolare. Quella che ha la madre come rappresentante e una marea di zerbini ai suoi piedi. La bambina che ci teneva tanto a precisare ai nuovi arrivati che, Sara Miller era muta. E’ inutile dire che oltre alle parole brusche di Annabelle, arrivò anche la vergogna. Le mie guance andarono in fiamme e abbassai il capo incapace di urlare alla supplente e al mondo che io non ero muta, Sara Miller non era muta, aveva solo bisogno di aprirsi, di abbandonare la timidezza e parlare ad alta voce, senza paure, senza male interiore. Dovevo solo sciogliere quel nodo in gola, ma non ci riuscivo, avrei voluto piangere, perché non era giusto. Non era giusto che a casa insieme alla mia famiglia ero una bambina normalissima, sorridente e solare, mentre a scuola mi chiudevo in un guscio e non lasciavo uscire nulla, né lacrime e parole amare, né emozioni vere. La supplente continuò a fissarmi come se fossi una cavia da laboratorio, poi proseguì con l’appello.
"Potevi anche evitare di dire quella cosa " una bambina dai capelli biondi, ricci e arruffati ,con occhi verdi e le guance rosa, bisbigliò quelle parole a una soddisfatta Annabelle. La bambina era Eveline, la mia compagna di banco in prima elementare, nonché la persona più dolce della classe. Eveline stava sempre con la testa tra le nuvole, era allegra e intelligente, non intelligente come una secchiona, no, Eveline era una campionessa di matematica, scienze e italiano. In prima elementare mi era stata davvero vicina e non solo come compagna di banco, ma come compagna di vita, porterò sempre un buon ricordo di lei. Ah dimenticavo, dalla seconda elementare in poi, Eveline diventò amica di Rosaline. Come dicevo Rosaline era la mia amica/nemica e anche lei come Annabelle, utilizzava le “amichette del cuore” come se fossero zerbini. Questa cosa m'infastidiva un po’, ma non ho mai avuto il coraggio di confessarlo a Rosaline, forse perché temevo di ferirla, oppure perché egoisticamente non volevo perderla come amica. In fondo sapeva anche farmi sorridere, raccontava tante storielle divertenti ed era bravissima a cantare canzoni inventate dal nulla. Rosaline l’avevo conosciuta prima delle scuole elementari, le nostre mamme già si conoscevano, così ogni estate trascorrevamo le serate insieme. Con lei riuscivo a parlare normalmente, spesso litigavamo per cose futili, ma alla fine non duravano molto le nostre dispute. Magari non era una di quelle amicizie speciali e indistruttibili, ma non potrò mai dimenticare il tempo trascorso con lei, le risate fatte, le canzoni cantate a squarciagola nell’auto di sua madre, i suoi abbracci forti e sinceri. Le sue lacrime e quegli sfoghi dopo la scuola. Rosaline è una persona fragile, apparentemente potrebbe sembrare l’inverso, ma in realtà lei aveva realmente bisogno del mio sostegno e anche se sapevo che presto avrebbe riso di me alle mie spalle, io le porgevo lo stesso la mia mano e cercavo per quanto possibile di aiutarla. I suoi genitori non sono mai stati sposati, ha vissuto la sua infanzia e giovinezza con la madre, il padre si faceva vivo solo per viziarla, non sapendo che il bene più prezioso per una figlia era l’amore. Così un giorno in una sala di educazione fisica all’età di diciassette anni, Rosaline ammise davanti a tutti che, suo padre era uno sconosciuto, una persona che non sapeva dare amore, un padre incapace di crescere i propri figli.


spazio autrice:
- Prima di tutto volevo ringraziare Selilaa per il suo preziossisimo aiuto, i suoi consigli e le sue idee hanno reso questa storia molto più speciale.
-Adesso invece viene la parte più critica, non è facile descriverla, però è per me molto importante come storia perchè rappresenta un esperimento. E' una storia ispirata ai giovani, ai problemi che ci circondono, uno su tutti: la timidezza. Non è un argomento facile da affrontare, ma spero comunque che sia di vostro gradimento.

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Capitolo 2
*** 2.La mia amica del cuore ***


2- La mia amica del cuore



Cos'è  un’amica del cuore? E’ giusto etichettarla “del cuore”? Che significato dovrebbe mai avere? In fin dei conti il cuore è un organo vitale, teoricamente non ha nulla a che vedere con i nostri sentimenti, perché parte tutto dal cervello, perfino le famose emozioni. Il cuore reagisce all’impulso lanciato dal cervello, così, quando ci capita di incontrare un ragazzo che ci piace, il nostro cuore inizia a martellare forte, a tal punto che sembra voler esplodere dalla massa toracica eppure resta lì, vibrante, a svolgere il suo ruolo naturale.
Anche io ho un'amica del cuore, certo sembrerà strano per una come me , a cui non piace molto socializzare, eppure Andy non si limitò a giudicarmi dalla prima impressione che davo alle persone, lei cercò di capire il mio carattere e adeguarsi a quest'ultimo , pur di essermi amica.
Ricordo perfettamente il nostro primo incontro.

Era una mattina settembre, ma non faceva ancora freddo, c'era ancora il sole tiepido che riscaldava le strade e i corpi, così mia madre mi aveva fatto indossare uno di quei vestitini eleganti che mia zia mi cuciva premurosamente, anche se io li detestavo.
Appena entrai in classe notai subito che la maggior parte dei banchi erano occupati, così con il mio spirito di adattamento che mi faceva da sopporto, notai il primo banco accanto alla finestra e di fronte la lavagna, mi precipitai ad occuparlo perchè mi sembrava l'ideale come posto. Una volta seduta finalmente, iniziai a dare uno sguardo generale alla classe, nella fila centrale c’era la cattedra dell’insegnante e in fondo a destra un'altra finestra che affacciava nel giardino della scuola.
 Da dove ero seduta io potevo osservare solo i palazzi e le auto che passavano di tanto in tanto.
Quella mattina aspettai ansiosamente l’arrivo di Eveline,mentre potevo dire il contrario di Rosaline che l'avevo vista per tutta l'estate, ma Eveline non incontrandola dall’ultimo giorno di scuola, mi mancava tantissimo.
 Aspettai tutta la mattinata impaziente di vederla entrare , ma così non fu, e la cosa mi fece deprimere alquanto.

Qualche giorno però, mi informai e venni a sapere che era ammalata e  che sarebbe ritornata a scuol solamente la prossima settimana.
 Io però attendevo il suo arrivo e così mi saltò subito all’occhio una bambina molto simile a Eveline.
 Era alta, forse la più alta tra tutte le bambine; come Eveline aveva i capelli biondi, ma estremamente lisci , e suoi occhi non erano verdi, ma semplicemente color nocciola come i miei, quindi nonostante la somiglianza con Eveline, c’erano differenze abbastanza evidenti e in un' estate intera la mia vecchia compagna di classe non poteva essere cambiata così tanto.
Sbuffai e dopo l’appello ritornai a fissare la maestra.
La nuova bambina, si chiamava Andy ed era seduta da sola all’ultimo banco della fila centrale. Non so perché, ma durante tutte quelle lunghissime ore, ogni tanto mi voltavo e controllavo il banco di Andy. Un po’ mi dispiaceva vederla lì isolata dal resto della classe, perché era una condizione che potevo capire benissimo, nonostante il mio carattere ero riuscita a creare un rapporto stabile con Rosaline, anche se non sempre era quella che si può definire una vera amica, ma se non ci fosse stata lei? Probabilmente anche io sarei stata isolata da tutti.
Stare accanto a una “muta” come mi definivano i compagni di classe, sarebbe estremamente noioso per la maggior parte dei bambini e in un certo senso non potevo dare torto alle persone che mi ritenevano noiosa,  non mi ero mai impegnata sufficientemente per sbloccarmi, non che non lo volessi, ma era più forte di me, non riuscivo a parlare liberamente, c’era quel senso di vergogna, di paura e di angoscia, che non mi lasciavano in pace,  per me era molto più facile rinchiudermi nel guscio, piuttosto che affrontare le mie paure e la vita.

 

 

Angolo Autrice:

-Ringrazio le mie nuove lettrici per aver commentato il primo capitolo in maniera accurata e per avermi dato consigli e critiche costruttive per il miglioramento della mia storia. Spero di non avervi deluse/i con questo capitolo e di ricevere ancora una volta le vostre importantissime opinioni.

-Bene, veniamo all’angolo ‘anticipazioni’ : nel prossimo capitolo ci saranno dei risvolti interessanti, perché finalmente conosceremo più dettagliatamente Andy, ma entreremo nel vivo della storia con il quarto capitolo.

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Capitolo 3
*** 3. La festa di compleanno (I parte) ***


-3. La festa di compleanno-

 
Passarono i giorni e le settimane, arrivò l’inverno e tutti eravamo ben coperti dai nostri maglioncini di lana e le calza maglie sotto i pantaloni. Seduta al mio fianco non c’era più Eveline, le maestre avevano deciso un nuovo ordine di posti; io ero sempre al primo banco in fondo a sinistra accanto alla finestra che affacciava sulla strada, mentre Rosaline era dietro di me. Con Eveline i rapporti erano cambiati, non eravamo più così legate come in prima elementare e io mi ero sentita un po’ sola in quei mesi. Al mio fianco invece avevo la nuova bambina: Andy. Non parlavamo molto noi due, lei a volte mi sembrava quasi assente, come se fosse presente solo fisicamente. In compenso Rosaline era fin troppo invadente, tanto per cambiare non passava giorno che non litigavamo per qualche sciocchezza. Ad esempio, il suo divertimento principale era scalciare contro il mio nuovo zaino e a me dava veramente fastidio. Ovviamente cercavo di farla smettere, ma erano tentativi inutili, così adottai un'altra tattica: l’indifferenza. E’ la migliore arma, prima o poi doveva pur stancarsi di pulire le sue scarpe sul mio zaino e la rassegnazione da parte sua non tardò a venire fortunatamente. Liberatami di quel problema, iniziò a chiamarmi nei momenti meno opportuni per farmi fare figuracce con le maestre che mi coglievano distratta a parlare, anzi a discutere animatamente con lei, ma tutto sommato restava un’amica. Un po’ troppo dispettosa, ma sapevo di poter contare su di lei.
 
 
 << Vuoi venire alla mia festa di compleanno? >> restai sorpresa per la richiesta di Andy, mi guardava sorridendomi e nel frattempo prese dal porta pastelli un invito per me. Esitai a rispondere, perché le feste non mi erano mai piaciute. Non mi divertivo come gli altri e le trovavo addirittura una perdita di tempo in alcuni casi, però non mi sentivo di rifiutare un invito così gentile, quindi ricambiai il sorriso e mi presi del tempo.
 << Devo chiederlo a mia madre >> risposti titubante, Andy sorrise e mi disse:
 << Va bene non preoccuparti, mi farai sapere domani >>
 
Il giorno dopo ritornai in classe e risposi positivamente ad Andy, quella bambina tanto timida, mi stupì nuovamente, sembrava felice di avermi alla sua festa, la settimana successiva andai molto volentieri a casa sua. La madre di Andy aveva organizzato una festa normale, niente ristorante e pizzeria, mangiammo tutti a casa sua, c’erano vassoi pieni di patatine, salatini, panini al salame, prosciutto e mortadella e poi c’erano delle pizzette squisite. Non ero un tipo di buon appetito e le feste mi chiudevano del tutto lo stomaco. Così decisi di riempire il mio piatto con una pizzetta e pop corn. Mangiai silenziosamente seduta in un angolino della casa, mi piaceva l’abitazione di Andy. Era una di quelle case antiche, forse aveva più di cinquant’anni, perché il pavimento era in marmo e decorato con disegni floreali, le pareti erano arricchite da tanti quadri famosi, riconobbi subito la Gioconda. Una volta mia madre mi aveva raccontato che, Leonardo da Vinci, dipingendo la Gioconda aveva utilizzato un tecnica particolare, così in qualsiasi angolatura mi fossi trovata lo sguardo sereno della dama rappresentata nel quadro, si sarebbe spostato con me, controllandomi passo dopo passo. Davvero inquietante per  i miei gusti; come se fosse viva, ma intrappolata in una tela artistica.
 << Sara, vieni con me ti faccio vedere i miei giochi…>> Andy mi prese per mano e insieme alle altre bambine ci incamminammo nella sua stanza. Era una camera da letto bellissima, al centro era situato un letto al baldacchino, proprio come quelli che si vedono nei film, solo che le lenzuola e il copriletto erano tutte rosa con un enorme farfalla al centro. Attorno alla stanza c’erano alcuni mobili, una scrivania e tre librerie strapiene. Andy si fermò di fronte ad un armadio al muro, lasciò la mia mano e io mi nascosi dietro ad alcune bambine, non mi piaceva stare troppo in vista. La festeggiata, aprì l’armadio mostrandoci un mondo di giocattoli. Erano davvero tanti, sono sicura di aver spalancato la bocca perché Rosaline mi sollevò il mento per richiuderla.
 << Stai sbavando >> mi disse sghignazzando . Guardai irritata Rosaline, non era da me sbavare per una casetta delle bambole e un milione di giocattoli, però in quel caso la mia amica non aveva tutti i torti.
 << Wow quanti giocattoli >> affermò Annabelle, con l’approvazione di tutta la classe.
 << Mio padre lavora in un negozio di giocattoli , alcuni erano di mia sorella. Ora è cresciuta quindi sono diventati miei >> Rosaline si avvicinò all’armadio a muro per studiare meglio il contenuto.
 << Hai anche una trousse. Perché non ci trucchiamo? >> Rosaline era così, le piaceva prendere per prima l’iniziativa. Si poteva definire l’opposto di me, io al contrario non amavo stare al centro dell’attenzione, provavo vergogna e sentire tutti gli sguardi rivolti verso di me, non mi entusiasmava molto, ma apprezzavo Roseline, apprezzavo tutte quelle persone come lei. Persone che non si nascondevano, che non attendevano le decisioni degli altri, ma che decidevano della propria vita da soli, persone che non avevano paura del giudizio, persone vive.

 
Spazio autrice:
-  Ringrazio le mie lettrici per aver letto e commentato il precedente capitolo. Ringrazio 
Selilaa , per avermi aiutato con questo terzo capitolo. Mi dispiace per aver postato con così tanto ritardo, ma sono stata impegnatissima la scorsa settimana e non ho potuto collegarmi. 
- Nel prossimo ci sarà il continuo della festa di compleanno. Ho deciso di dividerlo in due parti per un motivo un pò particolare, entrerà in scena un personaggio importante per la storia e volevo dedicare un capitolo a parte.

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Capitolo 4
*** 4. La festa di compleanno (II parte) ***


-4. La festa di compleanno (II parte)-

 
Le altre bambine avevano iniziato a truccarsi, proprio come delle vere donnine; Andy invece restò in disparte con me e Eveline.
 << Sara posso farti una domanda? >> guardai Andy incuriosita, non avevo idea di cosa volesse chiedermi, ma impallidii lo stesso, intimorita dalla mia compagna di banco.
 << Sì >>  Andy sorrise e posò alcune barbie nella cesta per riordinare la stanza dal caos creato in precedenza.
 << Hai qualche amica? >> lanciai un sospiro di sollievo, pensavo che volesse domandarmi qualcosa sulla mia timidezza o per quale motivo tutti mi soprannominavano muta nonostante non lo fossi.
 << Rosaline è una mia amica >> alzò un sopracciglio sorpresa, poi si voltò verso Rosaline. Stava aiutando una nostra compagna di classe con il rossetto rosa perlato.
<< Strano... >>nel frattempo spostò i suoi occhi da un'altra parte, esattamente sul suo diario scolastico.
<< Perché è strano? >> Andy aprì la bocca per rispondere, ma prima che potesse realmente farlo, un palloncino d’acqua gelida ci investì totalmente. I miei compagni di classe avevano ripreso a fare i bulletti e io ero fin troppo stanca dei loro scherzi. Mi alzai e chiesi gentilmente a Andy di indicarmi il bagno. Volevo prendere un po’ d’aria, ma soprattutto liberarmi dalle sue domande imbarazzanti, non so perché ...o forse sì, lo sapevo perché mi mettevano in soggezione, ma dovevo evadere, pur sapendo che non era la scelta giusta.
Camminai lentamente per il lungo corridoio che separava le stanze una dopo l’altra e poi istintivamente mi bloccai. Dietro ad una porta socchiusa, tra le pareti appariva il riflesso di una persona. Senza farmi sentire diedi una sbirciatina all’interno; Un bambino poco più grande di me era seduto su una poltroncina di velluto rosso. Era bellissima la sua stanza, assomigliava a quella di un vero principe, non era bella come la camera di Andy, ma molto di più, perché emanava qualcosa di magico e di misterioso.
  Il bambino era seduto a leggere e i suoi occhi vagavano sulle pagine del libro avidamente, come se volesse divorarlo in un solo sguardo. Restai rapita da lui, da quello che mi trasmetteva e non erano energie positive, ma negative, come se fosse avvolto in un manto di tristezza e morte. I suoi occhi azzurri come il cielo più splendente si staccarono dal libro e si posarono sul mio volto. Il suo sguardo così intenso e prepotente mi spinse a nascondermi dietro un mobiletto situato nel corridoio. Persi un battito e un altro ancora ne ero sicura.
 << Chi sei? >> la sua voce mi fece rabbrividire e il mio stomaco si chiuse definitivamente.
 << Io, io..istavo solo…>> Iniziai a balbettare in preda ad un attacco di panico e di vergogna.
<< Stavi cercando qualcosa? >> scossi la testa non sapendo cosa rispondere o meglio il mio cervello non era in grado di formulare pensieri logici in quel momento.
<< Quello è…il Piccolo principe? >> chiesi indicando il libro che nascondeva tra le mani. Annuì leggermente e me lo passò.
 << E’ il mio libro preferito >> non rispose, ma sentivo che era così anche per lui, perché i suoi occhi erano carichi di eccitazione, erano gli stessi che avevo io quando leggevo un libro che mi piaceva. Ne volevo sempre di più, non volevo mai smettere di leggere, poi però  mia mamma mi strappava via il libro e ritornavo nel mondo della realtà con la malinconia nel cuore.
<< Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio. >> Stavo leggendo sottovoce una frase del libro, quando i suoi occhi azzurri mi guardarono con più attenzione, i suoi occhi sembravano voler dire tante cose, ma chissà perché, forse per la mai stessa ragione restò in silenzio.
<< Tu sei il fratello di Andy? >> fu una domanda banale, ma volevo udire di nuovo il suono della sua voce, capire che cosa lo rendesse così taciturno.
<< Sono suo cugino >> sbottò apatico, in quel momento non sapevo come uscire da quella situazione imbarazzante, così pensai bene di fargli altre domande.
<< Abiti qui però ? >>  a giudicare dal suo pigiama poteva benissimo abitare a casa di Andy.
<< Sì >> disse semplicemente e i dubbi, la curiosità mi assillavano sempre di più.
<< I tuoi genitori vivono anche loro con te, cioè, qui con te? >> i suoi occhi si rattristarono e la sua espressione si tramutò diventando dura e  arrabbiata, poi mi guardò e rispose:
<< I miei genitori non abitano con me >>
<< Perché? >> questa volta non rispose, si limitò a rientrare in camere sbattendomi la porta in faccia. Ci rimasi un po’ male, magari ero stata esagerata con tutte quelle domande, magari se lui si fosse comportato allo stesso modo con me anche io sarei scappata, però la sua reazione era stata fin troppo eccessiva. Sbattermi la porta in faccia non era carino ed educato. Guardai le mie mani, si era dimenticato di riprendersi il libro. I miei occhi dovevano essersi illuminati davvero tanto alla vista di quest'ultimo perché me l’aveva dato senza esitazione, come se sapesse cosa provavo. Come se potesse leggermi dentro.
 
spazio autrice:
- Eccoci giunti alla fine dei due capitoli dedicati al nuovo personaggio della storia. Come potete capire Ian non è un bambino estroverso e a differenza di Sara, non ha nessuna intenzione di aprirsi con i suoi coetanei. Nei prossimi capitoli continuerò a parlare di lui. Per la crescita di Sara, non dovrete aspettare ancora molto, gli ultimi capitoli che posterò sulla sua infanzia serviranno solo a chiarire alcune cose.
- Ringrazio come sempre le persone che hanno deciso di leggere la ff e tutti coloro che stanno recensendo . Ci tengo davvero tanto ai vostri pareri perchè mi aiutano a valutare eventuali errori e a capire come sta procedendo la storia. Un grazie speciale a
Selilaa  per il suo aiuto.

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Capitolo 5
*** 5. Imparare a conoscersi ***


5 - Imparare a conoscersi



Rimasi lì, a fissare la porta chiusa. Il libro tra le mani e la voglia di rivederlo, di parlarci di riuscire a leggergli dentro, proprio come aveva fatto lui con me. Invece la porta non si aprì e si fece tardi, le mie compagne ritornarono nelle loro case, qualcuna ancora si sentiva urlare o ridere, ma io restai lì, seduta e appoggiata al muretto di fronte la stanza del bambino taciturno, in attesa che aprisse, in attesa di un rumore, di una parola, di un sorriso, di qualunque cosa che potesse spiegare quel senso di vuoto che avevo nello
stomaco.

 << Oh sei qui… >>Andy mi raggiunse, era visibilmente preoccupata, ma il suo volto turbato si rilassò non appena mi vide.
<< Posso sedermi? >> mi chiese dolcemente, era davvero gentile nei miei confronti e la cosa mi rallegrava parecchio.
<< Certo, questa è casa tua >> sorrise e si sdraiò anche lei a terra. In quel momento non una, ma due persone stavano osservando una porta di legno chiusa.
<< Hai conosciuto Ian? >> così era quello il suo nome: Ian. Mi piaceva.
<< Sì, però credo si sia arrabbiato con me, mi ha sbattuto la porta in faccia e io gli avevo chiesto dei suoi genitori, non l’avevo offeso, ne sono sicura. Anche perché non mi sento in colpa di ciò che ho detto, però…>> che angoscia, perché dovevo ridurmi così per uno sconosciuto che neanche mi filava?
<< Quando parli con Ian, evita di nominare i suoi genitori >> disse seccamente lei.
<< Perché? >> non sapevo il motivo per cui volevo scoprire così tante di quelle cose su Ian, però c’era qualcosa che mi attirava di lui, forse il suo carattere. Sì, doveva essere il suo carattere: apatico, silenzioso e asociale. Sì, asociale, una persona non eremita, non si sarebbe rinchiuso in una stanzetta proprio durante una festa di compleanno. Una persona non asociale, avrebbe varcato quella porta di legno per divertirsi come qualunque ragazzo o bambino della mia età. Mentre Ian se ne stava nella sua stanza, seduto su una poltroncina di velluto rosso e un libro in mano, non un libro qualsiasi. No. Il libro che stava leggendo prima che arrivassi era il “Piccolo Principe” il mio libro preferito. Chissà quante cose ancora avevamo in comune, lui era molto simile a me. Doveva essere proprio il suo carattere somigliante al mio ad attrarmi a lui.
<< E’ una lunga e bruttissima storia, ora vive con noi perché i miei genitori l’hanno preso in affidamento. Questo è tutto ciò che so, mia madre non ha voluto dirmi niente. Per di più, non vedo i miei zii da moltissimo tempo. Sembrano scomparsi. Morti >>  disse l’ultima parola bisbigliando, ma io la udii così forte da sussultare per la paura.
<< Sono..sono m-orti? >> balbettai ansiosamente... non avevo neanche il coraggio di pronunciarla.
<< No, non sono morti, l’avrei saputo in tal caso >> annuii sollevata. Perdere i genitori doveva essere difficile, io avevo perso una nonna che vedevo a massimo una volta a settimana, eppure il giorno della sua morte ero scoppiata a piangere perché percepivo già la sua mancanza, anche se il suo corpo era presente, l’anima e il suo spirito erano morti.

 Non c’era più e mi addolorava sapere che non avevo fatto nulla per salvarla. Per starle accanto più tempo possibile. Non ero riuscita a darle neanche l’ultimo saluto, perché era morta prima che arrivassi, ma il dolore di perdere un genitore, probabilmente era molto più forte e certamente indescrivibile. Non perdi solo una persona a te cara, ma perdi una parte di te. No. Non potevo neanche immaginare cosa potesse significare restare privo di una madre o un padre.

<< A cosa stai pensando? >> chiese incuriosita Andy.
“Alla morte” risposi tristemente, nella mia voce c'era l'angoscia.
<< Sì è bruttissimo, io ho paura di morire >>
<< Morire non è brutto, perché smetti di esistere, la tua anima cessa di vivere e non provi più niente, né dolore e né saggezza. Morire è orribile per chi resta, per chi soffre la tua mancanza >>

Con tutta quella confusione mi ero totalmente dimenticata  di essere timida, perché iniziai a parlare con lei sentendomi completamente a mio agio e non mi accadeva spesso.

 Solitamente anche se non volevo, tendevo ad allontanare le persone con il mio silenzio o le parole appena sussurrate. Le mie maestre avevano parlato con mia madre per farmi portare da uno psicologo, la verità era che io già ero andata da tanti, tantissimi psicologi, ma la mia malattia non si poteva guarire con una medicina, no, perché l’unico metodo per guarire era ritrovare la forza per cancellare il trauma che avevo subìto da bambina. Solo io potevo dare un senso alla mia vita e aiutarmi a combattere il trauma e la timidezza.
<< Sai perché prima ti ho chiesto se avevi un’amica? >> mi chiese sorridendo e prendendomi per mano
<< No >> i suoi occhi si addolcirono.
<< Perché vorrei diventare una tua amica, non solo una compagna di classe, ma una amica vera >> Andy era gentilissima e non lo stavo dicendo solo perché si era proposta come mia amica, ma perché non era una persona superficiale, non era come le altre che si fermavano all’apparenza senza scavare nel profondo, lei non aveva pregiudizi e aveva fatto di tutto per conoscermi, per creare un’amicizia tra noi, sembrava realmente interessata a me e io desideravo sul serio un amica come lei. Non risposi, ma evidentemente non esistevano parole giuste, bastò un semplice abbraccio.

<< Eccovi, la mamma di Sara era preoccupatissima per la figlia e tu cosa fai? Vieni a nasconderti al piano di sopra quando sai benissimo che è inaccessibile? >> la madre di Andy fece un passo avanti arrabbiata. Ma per quale causa doveva essere inaccessibile?
<< Mamma ero venuta a cercare Sara, si era persa…>>
<< Ok d’accordo, però tornate immediatamente giù, devo parlare con tuo cugino. >>
<< Ma…>> cercò di difendersi dalla madre che evidentemente era preoccupata per il nipote.
<< Niente ma, torna alla festa, le tue amiche ti stanno attendendo. Su forza, non mi guardare così..>> non era giusto, io volevo rimanere, in fondo non stavamo facendo nulla di male e Ian se ne stava tranquillamente nella sua stanza indisturbato. Avrei voluto dirle, ma vigliaccamente avanzai in silenzio aspettando Andy su uno dei tanti scalini di quella immensa e misteriosa casa.

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