L'isola segreta del passato

di SweetNemy
(/viewuser.php?uid=134946)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bad Street ***
Capitolo 2: *** E' una montagna? ***
Capitolo 3: *** Quel misterioso ragazzo ***
Capitolo 4: *** Voglia di riscatto ***
Capitolo 5: *** Vittoria o sconfitta? ***
Capitolo 6: *** Le emozioni di un tempo ***
Capitolo 7: *** Contrasti ***
Capitolo 8: *** Non si può tornare indietro ***
Capitolo 9: *** Qualcosa di turbante ***
Capitolo 10: *** Ritorno al futuro ***
Capitolo 11: *** Una bella notizia ***
Capitolo 12: *** La gita in barca ***
Capitolo 13: *** Il destino di Thomas ***
Capitolo 14: *** Una strana verità ***
Capitolo 15: *** Una notte magica ***
Capitolo 16: *** La verità su Liam ***
Capitolo 17: *** Welcome to Paris ***
Capitolo 18: *** Il lieto fine non esiste solo nelle favole ***



Capitolo 1
*** Bad Street ***


>> L’isola perduta del passato

Capitolo 1. “Bad Street”
Camminava da soli cinque minuti, ma a lei ne parevano molti di più. Dopo essersi svegliata usualmente come ogni mattina era uscita per andare a scuola con la musica nelle orecchie. La musica la rilassava, le faceva dimenticare tutto, ma soprattutto le faceva dimenticare la città in cui viveva. Era un sobborgo piccolo e poco abitato di San Diego, in California. La cittadina non è affatto agiata quanto la lussuosa città piena di grattacieli e di imponenti monumenti artificiali, è solo una cittadina modesta in cui la vita svolge un corso normale per molte persone. Ma come tutti i sobborghi delle grandi metropoli, ci sono vie non molto buone. Non tutti vanno a scuola la mattina, preferiscono lavorare e dare una mano in casa piuttosto che studiare. Il tragitto diventava sempre più lungo ogni giorno, e la giovane Evelyn si annoiava a morte, nonostante la musica assordante nelle orecchie che rimbombava nella sua testa come tante note distratte.
All’improvviso appare davanti a lei un imponente cancello in ferro, leggermente corroso dalla pioggia e dal vento e dipinto di un appariscente blu elettrico che in quel giorno privo di sole e di pioggia sembrava blu notte, quasi nero. La ragazza lo spinse e entrò. Attraversò il cortile da sola, distante da tutti i gruppi di ragazzi che vi erano intorno. Ormai si era abituata a quella solitudine!
Ogni giorno quella scuola non cambiava mai: un grande cortile lastricato da pietre di cemento e piccoli ciuffi d’erba che spuntavano di qua e di là, al centro di due grandi siepi alternate ad aiuole di fiori gialli, rossi e viola. Camminando per il sentiero c’erano tre o quattro scale e un grande portone marrone di legno: quella era l’entrata della scuola! Dentro essa era immensa e Evelyn non aveva mai girato tutta la scuola, nonostante fosse all’ultimo anno. Entrò in quel portone contemporaneamente al suono della campanella e attraversò il corridoio guardandosi intorno. Vedeva solo e sempre le solite cose, le solite persone, i soliti posti...
Entro in classe annoiata e si andò a sedere al suo posto: terzo banco della fila a sinistra, quella distante dalle finestre e dalla lavagna.
Una delle finestre era, però, aperta e lei si affacciò fuori con lo scopo di notare qualcosa d’interessante: anche un piccolissimo particolare della natura, ma niente... sempre le solite cose!
Le nuvole grigie e opache dominavano quel cielo scuro e malinconico in cui il sole non spuntava mai per illuminare il suo viso. Quelle nuvole sembravano tanti ammassi di lana grezza, rovinata e ingrigita che non si illuminava mai!
Evelyn era assorta nei suoi pensieri, non riusciva  a non pensare, anzi, per meglio dire, non riusciva a non immaginare qualcosa che non esiste. Rifletteva sul sogno avventuroso di stanotte, era in un posto inesistente, ma allo stesso tempo interessante e guardava attorno meravigliata ed eccitata e mai impaurita dalla diversità; anzi ciò che le faceva paura erano i comportamenti monotoni della cittadina in cui viveva, piuttosto che qualcosa che non conosce!
Lei amava l’avventura, amava tutto ciò che si può scoprire in modo interessante, amava le cose strane, che lei definiva speciali! Evelyn aveva dei capelli castano chiaro lunghi fino a metà schiena con dei riflessi biondi che s’illuminavano al sole e degli occhi cerulei,che erano un intreccio tra un verde smeraldo e un marroncino chiaro ed erano bellissimi sia con la pioggia che col sole.
Tutt’un tratto due gocce d’acqua piovana bagnarono appena il davanzale di marmo bianco, fino a diventare tre, quattro e infine cento, mille, centomila, diecimila... andavano sempre crescendo come l’aumentare dell’intensità con cui cadevano; e il rumore del loro precipitare al suolo fece distogliere Evelyn dai suoi pensieri e la sua attenzione si rivolse alle ultime parole del professore di Biologia. Diceva che mancavano dei professori e che gli alunni dovevano andare a casa tre ore prima! “Perfetto” – disse tra sé con sarcasmo Evelyn.
Quando uscì, stranamente, la pioggia scomparve ed Evelyn decise di andare in luogo più tranquillo, invece che a casa. Fece spazio nei suoi ricordi e ricordò il luogo della sua infanzia: era come isolato dal resto del mondo! C’era una piccola spiaggia sovrastata da alcune palme verdi e raggianti. Accanto giaceva una piccola scogliera naturale di scogli bianchi, che sembravano tutt’uno con la sabbia beige. Là dove la vita appare tranquilla, è disturbata solo dal rumore delle barche che di tanto in tanto passavano indisturbate in quel limpido mare azzurro.
Lì le nuvole non arrivano e batte il sole sia sulle rocce, sia sul mare.
Evelyn era seduta sulla spiaggia a guardare le barche che navigavano per chissà quale rotta in quel mare azzurro e fin ora non aveva mai chiuso gli occhi, anzi non aveva mai distolto lo sguardo da quella meraviglia.
Ad un tratto chiuse gli occhi per qualche secondo e vide nella sua mente uno strano paesaggio davanti a sé: in realtà era lo stesso, ma dove giaceva quel limpido mare c’era in realtà sabbia leggermente più scura di quella dove era seduta lei e in mezzo ad essa c’era un isolotto. A queste immagini si sovrapponevano alcune voci cupe e sconosciute che rendevano quel paesaggio immaginario ancora più temibile e misterioso.
Evelyn aprì gli occhi, convincendosi che quelle immaginazioni non erano altro che il frutto della distanza da quel luogo incantevole, quasi magico. Girò lo sguardo come per concentrarsi su qualcos’altro e notò qualcosa che brillava tra gli scogli, allungò la mano tremante e sfiorò quel luccichio con gli occhi strinti.
Era un piccolo pulsante. Evelyn pensò “cosa ci fa un pulsante tra gli scogli?”
Lei con un pizzico di paura, ma con più curiosità lo premette e la pietra vicino alle palme si abbasso, mostrando una piccola leva.
Evelyn ormai aveva iniziato e intendeva finire, così prese un bel respiro e la tirò.
Successe tutto così in fretta, che quando si voltò, era già tutto compiuto. Il mare era abbassato e continuava ad abbassarsi, fino a non esistere e a lasciare spazio alla sabbia beige, sovrastata da alcune piccole pietre bianche e grigie.
Alzando lo sguardo lei poté vedere un isolotto, era uguale a quello che poco prima illuminava la sua giovane mente.
Era esterrefatta da quello che era successo e non riusciva a capire cosa in realtà sia accaduto. Cercava risposte, ma non a tutto c’è una risposta e a quello decisamente non c’era spiegazione.
Non devi chiederti cosa stia succedendo. Prosegui. Questo è il tuo destino!”



Salve.. Questa è una storia che ho deciso di inventare..
Sinceramente ho scritto delle FF, ma poi le ho cancellate perché erano orrende. Spero che questa storia vi piaccia. Vi aspetto il 4 maggio con il secondo capitolo! Ciaoo a tutti e grazie se la leggete! =)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** E' una montagna? ***


Ciao a tutti, ringrazio per le visite e la recensione! Mi ha fatto davvero tanto piacere che vi sia piaciuta la mia storia. =)

Capitolo 2. “E’ una montagna?”

-E’ il mio destino, dici? D’accordo, allora proseguirò!-
Decise di camminare, un passo alla volta, era terrificata dalla situazione in cui si trovava, ma lei intendeva a tutti i costi andare avanti e scoprire cosa riservasse quell’isola.
Allungava il passo sulla sabbia beige e pian piano, dopo una decina di secondi toccò la soffice sabbia calda dell’isolotto, che era più chiara rispetto a quella nel mare.
Quest’isola sembrava normale, aveva una montagna al centro abbastanza alta, di colore marroncino chiaro e con tante sporgenze e rientranze. Tutt’attorno regnava qualche pianta verde raggiante e qualche minuscolo sassolino grigio o marroncino.
Tutt’un tratto un lieve soffio di vento scosse i capelli della giovane Evelyn e insieme ad essi anche i cespugli e i fili d’erba dì attorno. Da uno uscì un aggeggio strano: era color oro e aveva una forma cilindrica leggermente curvata alle estremità.
Evelyn la raccolse e improvvisamente la parete frontale della montagna crollò, lasciando intravedere una porta tutta dorata a cui mancava la maniglia.
La ragazza pensò di attaccarla, ma poi riflesse un secondo su come fare dato che non aveva strumenti idonei alla situazione, così decise di provare senza nulla!
Avvicinò la maniglia alla porta e improvvisamente, con un gesto alquanto brusco, la risucchiò come se fossero una calamita e un pezzo di ferro.
Appena i due corpi si attaccarono, ne uscì una luce abbagliante completamente azzurra che fece chiudere di scatto gli occhi della ragazza e una cupola di sollevò sull’isola, isolandola dal resto del mondo; inoltre, come se non bastasse, il mare coprì la cupola, ritornando al suo stato originale!
Evelyn doveva uscire immediatamente di lì, era la cosa giusta da fare, ma una parte di lei nonostante tutto le diceva di proseguire e di scoprire quel mistero che in quel giorno diverso dal solito l’aveva avvolta.
Prese coraggio e girò la maniglia della porta dorata. La porta si apri molto lentamente lasciando intravedere solo buio totale, ma Evelyn per illuminare la stanza usò la luce del suo cellulare.
Era incredibile! Là dentro c’era una specie di leva con una cavità sulla parte inferiore, una specie di schermo bianco e.. una cosa che luccicava in lontananza. Cosa sarà?
La ragazza fece un passo per controllare che il terreno sia in condizioni agiate, supervisionò per qualche altro metro i suoi passi e poi si lasciò andare velocemente, fino a raggiungere quella cosa che brillava in lontananza.
Da non credere! Era una pietra rossa luccicante che pesava un accidenti! Evelyn si chiese cosa fosse, a cosa servisse, ma soprattutto cosa ci facesse una pietra di un certo valore in quel posto perduto?
La fanciulla si voltò e la pietra si illuminò ancor di più, fece un passo verso la porta e più si avvicinava, più notava che la pietra si illuminava. Alla fine, quando era praticamente appoggiata alla leva la pietra illuminava tutta la stanza. La ragazza guardò la leva e si accorse che la sua cavità corrispondeva perfettamente alla forma della pietra! La posizionò e un immenso fascio di luce illuminò la stanza, accendendo anche lo schermo bianco alla sinistra di Evelyn. La voce che ne veniva era spaventosa, un coro di voci prese da un dolce canto, contro un gruppo di soldati che gridava all’impazzata usando una lingua sconosciuta. All’improvviso le voci scomparvero, e apparse la stanza in questione; si vedeva la leva muoversi e poi il collegamento saltò, ma ciò nonostante la pietra restò inalterata.
Evelyn presa dall’entusiasmo misto a paura, la tirò stringendo gli occhi e si ritrovò risucchiata in un vortice blu notte che la portò a viaggiare a una velocità incredibile attraverso una specie di piccolo universo: era stata risucchiata da un varco spazio-temporale da lei stesso creato.
Viaggiò per circa dieci minuti, non smettendo mai di urlare o di stropicciarsi gli occhi o di darsi pizzicotti, ma quello non era un sogno: quella era realtà! Una realtà strana e insolita, ma che incuriosiva ancora di più la giovane ragazza, pronta a tutto pur di abbattere la monotonia.
Quando il passaggio terminò fu scaricata in un isola identica alla prima, ma la pietra sul cristallo era gialla invece che rossa.
Evelyn aprì la porta e uscì fuori. Sfortunatamente, però, si ritrovò su un’isola uguale alla precedente, con sopra una cupola di vetro e sopra ancora l’oceano. Evelyn doveva uscire questa volta, a tutti i costi!
Chiuse la porta e tolse la maniglia, gettandola a terra, e provò a rompere la cupola di vetro, ma senza risultati. Poi provò a gettarsi contro di essa e dopo varie esitazioni si ruppe, anche se solo in parte, ma ciò bastò alla ragazza per uscire, nuotare e arrivare sino in superficie, dove raggiunse con facilità la spiaggia, che ancora più misteriosamente, era uguale a quella californiana.
Evelyn decise di proseguire e dopo tanto tempo arrivò in una città: era diversa da quella dove viveva, da lì capì che si trattava di un altro posto.
C’erano tante case fatte, sì, di mattoni e legno, ma piccole e malriuscite, non c’erano strade asfaltate e c’erano tanti, ma tanti alberi. S’intravedeva qualcuno in lontananza camminare molto velocemente e con lo sguardo basso, vestito con una specie di toga blu con sotto una tunica bianca che arrivava fin sotto le ginocchia. E ai piedi poi! Avevano delle strane calzature mai viste prima!
C’era solo qualcuno vestito con una strana armatura argentata, con un elmo in testa e uno scudo in mano, che supervisionava la zona e il quieto vivere dei cittadini.
Nonostante la dettagliata esplorazione del luogo, Evelyn si chiedeva ancora dove fosse capitata quella volta!
Chissà dove?

 
 Spero vi sia piaciuto il capitolo, ci vediamo il 7 maggio con il prossimo! Ciaoo !! {Nemy <3}

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Quel misterioso ragazzo ***


Mi scuso per il giorno di ritardo, ma ieri non ho potuto postare. Va beh, per farmi perdonare il prossimo lo posterò domani! Buona Lettura! =P 
Capitolo 3. Quel misterioso ragazzo

Evelyn decise di uscire allo scoperto e camminò lentamente in quello strano piazzale, arricchito solo da un pozzo, dalle facciate delle case della gente e dal loro passeggiare velocemente.
Era bagnata fradicia dalla testa ai piedi, ma nonostante questo era vestita meglio di quel popolo sconosciuto!
Aveva quasi attraversato la strada, quando incontrò lo sguardo minaccioso di un soldato. Egli la scrutò meglio e poi sparò un colpo con in suo fucile.
La giovane ragazza si trovò spiazzata, quando scoprì che era stata sparata. Chiuse gli occhi immaginandosi a terra priva di vita, ma stranamente non sentì niente, allora aprii gli occhi e si vide nello stesso luogo tra le braccia di un bellissimo ragazzo.
-Tu sei un angelo, vero? – chiese la ragazza, pensando di essere stata eliminata.
-No, ma devi muoverti. Entra!
Il ragazzo la trascinò in una casa, probabilmente la sua e la fece accomodare.
Era un ragazzo dai capelli dorati e luminosi, un po’ ricci e lunghi e dagli occhi verdi e preoccupanti come il mare in tempesta. Come se non bastasse, aveva un sorriso stupendo, che gli illuminava ancor di più gli occhi. Era un ragazzo all’apparenza simpatico, eppure aveva qualcosa di misterioso in lui, c’era qualcosa che lo preoccupava: chiunque se ne sarebbe accorto!
Evelyn distolse i suoi pensieri e chiese:
-Come mai qual tizio voleva uccidermi? – chiese la ragazza nella sua ingenuità.
-Come non lo sai? Dovresti saperlo. Beh, comunque perché è un soldato turco.
-Non capisco lo stesso.
-Cosa? Ma tu chi sei? Da dove vieni? – chiese il ragazzo quasi impaurito.
-Ah giusto, che maleducata! Piacere Evelyn, vengo da San Diego, in California. – disse cedendogli la mano.
Il ragazzo restò sconcertato e incredulo, non solo per la risposta e la spontaneità nel darla, ma anche per il gesto fatto dalla ragazza.
-California? –chiese il ragazzo balbettando, poi continuò – non sapevo che lì si ci vestisse in quel modo ridicolo. E poi, come sei arrivata fin qui senza che i turchi ti vedessero? Per via mare, forse? Sei tutta bagnata! Giusto?
-Ehi, piano con le domande! Risponderò una alla volta. Non sono vestita in modo ridicolo, sono solo alla moda. Piuttosto tu vai vestito come uno dell’ottocento! Non chiedermi come sono arrivata che non lo so nemmeno io, dev’essere stato una specie di varco che mi ha teletrasportato da lì fin qui.
-Per il tuo bene sarà meglio vestirti come me. – la ragazza si vestì e quando tornò il giovane continuò -Un varco? Oddio, che cosa complicata! Comunque non capisco perché sei tanto sorpresa! Sono passati solo 27 anni.
-Da cosa?
-Dal 1800. Siamo nel 1827.
-Che cosa? Milleottocentoventisette? Era un varco spazio-temporale. Mi ha portato lontano sia nello spazio che nel tempo. Io vengo dal 2009.
Il ragazzo restò incredulo. Anche la nostra Evelyn lo era, ma qualche volta aveva visto un film ed era preparata a cose di questo genere, invece il giovane non aveva mai visto cose del genere, dato che a quell’epoca non esisteva nemmeno la televisione!
Tutt’un tratto si udì una voce, sembrava la voce di un bambino:
-Hermos, i turchi sono andati via, dobbiamo riunirci nell’agorà per pregare per il bene dei nostri soldati e per la libertà. Ma chi è lei?
-Alexis non possiamo andare. Loro si nascondono e poi appena usciamo di casa ci fucilano. Ricordi cosa successe a nostra madre? – disse il ragazzo con un pizzico di dolore negli occhi, poi riprese a parlare per toglierlo – Comunque lei è Evelyn. Evelyn lui è mio fratello Alexis, e io mi chiamo Hermos.
-Hermos? Non so perché, ma questo nome ha qualcosa di familiare. Somiglia molto a.. Ermes, che è un dio greco! Siamo in Grecia? Nel 1827, sotto i turchi. Dovete pregare per i soldati. Oddio, non dirmi che c’è una guerra.
-Sì. Siamo da molto tempo sotto i turchi e il nostro popolo qualche anno fa ha deciso di ribellarsi. Abbiamo combattuto per molto tempo, ma i turchi avendo anche l’appoggio dell’Egitto erano sempre in vantaggio. Ora però una nuova speranza si è riaccesa: sono venute in nostro aiuto le tre potenze europee più importanti: l’Inghilterra, la Francia e la Russia. Il nostro esercito, o almeno quello che ne è rimasto, insieme a quello inglese, francese e russo sta combattendo contro quello turco per sconfiggerlo. Vorrei tanto che il nostro paese divenisse libero. Vorrei che ritornasse a splendere dopo tanti secoli di sofferenza.
-Tra non molto finirà, stanne certo! Ehi, ma tuo fratello?
-Non dirmi che è scappato. Non posso crederci. Senza di lui io sarei solo.
-Ti aiuto a cercarlo.
Evelyn si incamminò dalla parte opposta in cui era andato Hermos e iniziò a cercare il bambino scrutando attentamente ogni angolo che gli capitava davanti, poi si affacciò per la finestra che guardava fuori e vide un piccolo corpicino che giaceva a terra immobile e privo di sensi, sulla testa gli stessi capelli biondi e sul viso gli stessi occhi verdi. Capì che era lui. Era ferita a vedere quella scena, tanta crudeltà su un bambino era solo da pazzi senza cuore. Gli scese una lacrima gelida sul viso, e senza asciugarla si voltò e andò dal ragazzo.
-Hermos, ascolta.. – disse con voce rauca e con gli occhi lucidi.
-Che succede? Perché stai piangendo? È successo qualcosa a mio fratello? – Evelyn continuava a trattenere le lacrime, in segno di rispetto, finché lui gli chiese – E’ morto vero?
Evelyn tirò un grande sospiro facendo scomparire le lacrime e fece sì con la testa. La ragazza, seguita dal suo amico s’incamminò verso la finestra, con lo sguardo basso e facendo ricadere i capelli sul viso spostò la tenda e girò il viso.
Il ragazzo era come incantato da quella scena, sembrava mancargli il respiro e la voce, sembrava fosse triste per aver perso suo fratello e nello stesso tempo sembrava fosse spaventato di essere rimasto solo. Ad un certo punto stessa reazione, una lacrima attraversò il suo viso e lui si girò dando le spalle alla ragazza, si lasciò cadere sulle ginocchia e alzò lo sguardo verso l’alto chiudendo gli occhi.
Evelyn si sedette accanto a lui abbracciandolo e al ragazzo, anche se appariva strano, dava sicurezza. 


Grazie per aver letto. Spero vi sia piaciuto! Ci sentiamo domani 9 maggio con il prossimo =)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Voglia di riscatto ***


Ciaoo a tutti. Mi riscuso per il ritardo ma ho sempre tante cose da fare. Spero mi perdoniate ç__ç Questo è il 4° .. mi auguro che vi piaccia :D 

Capitolo 4. Voglia di riscatto

Era seduto su quel gelido pavimento da qualche minuto ormai, e la ragazza non l’aveva mai lasciato, finché egli si riprese e si alzò lentamente. Poggiò una mano sui suoi occhi, poi la tolse di scatto prendendo un respiro profondo e iniziò a parlare:
-Ho preso un’importante decisione. Ho deciso di allearmi all’esercito per sconfiggere i turchi.
-Capisco la tua voglia di vendicarti, ma non prendere decisioni affrettate. Potrebbe essere pericoloso, sei solo un ragazzo.
-E lui era solo un bambino! Voglio eliminarne almeno uno, per vederlo perire davanti ai miei piedi, strisciare e pregarmi di non ucciderlo, voglio vedere la sofferenza crescere sempre nei suoi occhi e voglio vederlo morire davanti a me, per vendicare non solo lui e i miei genitori, ma anche tutti i miei compatrioti uccisi.
-Mi fai paura se parli così. Secondo me, non dovresti andare.
-Tu dici così perché non stai soffrendo. – disse il ragazzo abbassando lo sguardo.
-È vero! Ma soffrirei se tu andassi in guerra.
-Ma se nemmeno mi conosci!
-Ci ho messo poco per capire come sei fatto e per affezionarmi a te. Ho impiegato un’intera vita per trovarti e ora che finalmente ti ho trovato dovrei anche perderti per una stupida guerra?
-Non preoccuparti, tornerò vivo e vittorioso.
Detto questo, non le diede tempo di replicare, prese la sua spada e il suo scudo e salì sul suo cavallo nero, partendo alla volta del famigerato campo di battaglia.
Evelyn restò impassibile di fronte a quella scena: ormai non poteva fermarlo, ma poteva pregare per lui. La ragazza iniziava a chiedersi quando e se sarebbe tornato, se fosse stato sano oppure gravemente ferito. I pensieri negativi dominavano la sua mente e nonostante questo lei continuava a chiedersi il perché ci tenesse tanto. Forse perché è diverso dagli altri, si rispondeva. Era un ragazzo tenace, coraggioso, bello, intelligente e sensibile, ma allo stesso tempo era anche un gran testone!
Lei sperava sarebbe tornato presto, e mentre lo faceva, gli venne il ricordo della sua famiglia. L’aveva lasciata sola, senza avvisare che sarebbe andata via. Decise di prendere il suo cellulare dalla borsa per provare a chiamarli, ma una cosa che le colpì fu l’ora: era la stessa ora di quando era atterrata sull’isola. Questo vuol dire che una volta che si è giunti lì, il tempo nell’altra dimensione si ferma; e qui, invece, dov’era bloccato, riprende. La ragazza sgranò gli occhi.
-Io sono di quell’epoca e andando via da lì essa si è fermata, e questa, invece, è ripartita. E quando tornerò a casa, allora? Questo mondo si fermerà e quello continuerà a rivivere?
La ragazza era tormentata da questi pensieri e decise di aspettare, anche se per due o tre anni, il ritorno del ragazzo.
Nel frattempo, il giovane si avvicinava sempre più al campo di battaglia. Era arrivato sulla vetta di una collina e dall’alto si poteva intravedere il campo posto in una valle. Lì c’erano tanti soldati nemici e amici uccisi, poteva vedere tanti eroi che combattevano con le ultime briciole di forza rimaste, e con gran coraggio, determinazione, e soprattutto per un desiderio che dominava da sempre le loro menti: la voglia di libertà. Volevano essere un popolo libero, volevano poter fare ciò che volevano senza la paura di essere uccisi per ogni minimo atto.
Era un gran desiderio tanto che, unendosi al desiderio di vendicare la sua famiglia e i suoi compatrioti, spinse il ragazzo a scendere velocemente verso il campo di battaglia e tirò fuori la sua bellissima e preziosa spada e iniziò a combattere.
Il tutto gli sembrava difficile e pericoloso, ma non intendeva mollare. Lui avrebbe continuato anche se il sia il suo corpo che la sua mente gli dicevano di smettere, avrebbe continuato fino alla fine a lottare e a sostenere quel grande desiderio; e se qualcuno decideva di arrendersi, beh, gli avrebbe detto che non bisogna arrendersi, se hai ancora voglia di vincere. “Se loro vincessero, non cambierebbe niente, ma se noi vincessimo, qualcosa cambierebbe, anzi tutto cambierebbe, avremo ciò che aspettiamo da tanto tempo: la libertà. Arrendersi significherebbe rinunciare alla libertà e un uomo, un popolo non sarà mai felice se è rinchiuso in una cupola di vetro.”
-Vinciamo per la libertà. – gridarono all’unisono i pochi soldati greci rimasti, affiancati a quelli sovietici, francesi e inglesi.

 
Otto mesi più tardi la guerra continuava e i turchi sembravano in difficoltà e in minoranza. Contemporaneamente arrivarono le lettere e le notizie della guerra, portate in città da un giovane ragazzo lievemente ferito.
Il giovane venne curato e poi distribuì le lettere a tutti; tra le tante ce n’era una destinata alla giovane Evelyn da parte del suo amico Hermos.
“Cara Evelyn,
perdona il mio essere impulsivo, ma a quanto vedo, è servito a molti uomini. Stiamo combattendo incessantemente per la libertà e per la patria e sta funzionando. Stiamo vincendo. Noi siamo grandi e non ci arrendiamo. Arrendersi significherebbe rinunciare alla libertà!
Volevo dirti solo che io sto bene, e non temere, non è poi così terribile. Tornerò appena l’ultimo uomo sarà morto. Mi sei entrata dentro e difficilmente ne uscirai.
                                                                                                                                                                                           A presto. Hermos.”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Vittoria o sconfitta? ***


Ciaoo ragazzii. Mi scuso per il ritardo ç__ç .. ma ecco a voi il capitolo! =P Spero vi piaccia.
Capitolo 5. Vittoria o sconfitta?

Era passato ormai più di un anno, e il freddo di un imminente inverno cominciava a farsi sentire. Dicembre era alle porte e tirava un vento freddo, quasi gelido a cui Evelyn non era abituata. Ricordava quel sole accecante che illuminava la vita di San Diego, le strade asfaltate, il rumore dei motori, il caos nei locali ad ogni ora del giorno, il lieve venticello primaverile che le scompigliava i capelli e il profumo della brezza marina. Tutte queste cose le mancavano davvero tanto, ma la mancanza di una cosa, anzi di una persona, prevaleva sulle altre. Le mancava terribilmente quel ragazzo dai capelli d’oro e dagli occhi verdi che le aveva salvato la vita e che le aveva strappato un sorriso in tempo di guerra. Lo attendeva ormai da quasi due anni e lui non era ancora tornato.
Il villaggio era liberato dai turchi ormai e giungevano buone notizie sul conto dei greci e dei loro alleati.
Era inizio mattinata e il sole non era ancora sorto, s’intravedeva solo quella sfumatura indaco intorno alle valli delle montagne, ricoperta da un cielo blu fondo che andava a rimpicciolirsi pian piano. Il crepuscolo non era bello come l’alba, ma annunciava l’arrivo di un nuovo giorno, e forse questo era quello decisivo! Mentre la nostra Evelyn rifletteva e sperava che oggi Lui sarebbe tornato, il sole si levava da dietro alle montagne, dando al cielo e alle nuvole un colore rossastro; poi si alzò completamente verso il cielo, che assumeva un colorito azzurro, ma allo stesso tempo pallido e pieno di nuvole per il cattivo tempo. Il vento si era calmato e le nuvole pian piano si allontanavano, per dare tranquillità al villaggio.
In lontananza s’intravedeva qualcosa, un gruppo di soldati tornava sventolando la bandiera greca e gridando “Vittoria!”. Evelyn sperava che tra quei soldati ci fosse anche lui, quel ragazzo, l’unico, che l’avesse mai colpita, ma in mezzo a quei tanti, non c’era nessuno che assomigliasse a lui.
La ragazza chiese di lui a un giovane sorridente dagli occhi e capelli neri, egli rispose:
-Quelli morti li abbiamo lasciati al campo, puoi andare a vedere. Se vuoi ti ci accompagno.
-Sei molto gentile, grazie. Accetto volentieri!
La giovane ragazza salì e insieme a quel ragazzo sconosciuto partirono alla volta del campo. Il viaggio sembrava non terminare mai e mentre si dirigeva lì pensava a lui, alle parole del giovane. “Quelli morti li abbiamo lasciati al campo” egli aveva detto, ma la ragazza non poteva accettare il fatto che lui fosse morto. Non poteva accettarlo, non voleva, e sapeva dal profondo del suo cuore che lui fosse ancora vivo; avvertiva che quello strano e inspiegabile sentimento che li legava non era ancora scomparso, è come se lei percepisse la sua forza, la sua vita, il suo calore.
Tra mille pensieri arrivarono in quella valle deserta e gelida, in cui il suolo di terreno arido era interrotto a tratti da piccoli blocchi di ghiaccio duro. La ragazza scese e il ragazzo la seguì perplesso.
-Eccoci. Cosa speri di trovare qui? Sono tutti morti.
-Sta zitto! Lui è ancora vivo.
Appena finì questa breve frase, le si illuminarono gli occhi alla vista di un ragazzo. Era lui, era Hermos, era a terra privo di sensi, con piccole ferite lungo tutto il corpo e una grande sul braccio destro. Accanto a lui giaceva una spada, anche lei sanguinante e sporca: era la sua!
Evelyn si avvicinò a lui e lo vide quasi esanime, con la bocca semiaperta a con gli occhi chiusi. Si lasciò cadere in ginocchio accanto a lui e appoggiò la testa sul suo petto: anche se debole, sentiva il suo cuore battere. Lo chiamò dolcemente e lui aprì gli occhi; la ragazza restò basita e gli chiese come stesse, lui rispose:
-Ci ho provato, ci sono riuscito. Ho vinto! Li ho vendicati, ora sto per raggiungerli.
-No, tu non li raggiungerai. Puoi ancora vivere. Ti curo io.
-Come sei bella, ne troverai centomila forse anche più belli di me.
-Nessuno è come te. Tu non lo capisci, ti ho aspettato per due interi anni, ho sempre sperato nel tuo ritorno.
-Perché non sei tornata a casa?
-È difficile da spiegare, ma credo che se non lo farò, non me lo perdonerò mai. Dalla prima volta in cui ti ho incontrato ho capito che tu eri diverso dagli altri, diverso da tutti quelli incontrati fin ora. Sai, io non ho amici nella mia epoca e credi che i miei genitori mi sostengano per questo? No! Non se ne fregano minimamente. Tu sei il primo che si sia interessato a me e al mio bene e io lo apprezzo molto. Se te ne andassi tu, andrebbe in pezzi la mia intera vita e con te sparirei pur io, perché la mia vita senza di te non avrebbe senso.
Il ragazzo sbarrò gli occhi incredulo a quelle parole, poi rispose a quel discorso.
-Farò tutto il possibile per rimanere con te!
La ragazza sorrise e con l’aiuto di quel gentile soldato l’aiutò a salire portando con sé il ragazzo fino al villaggio. Arrivata lì chiese cure mediche, ma a quell’epoca non si era molto avanzati, allora gli disinfettò le ferite con il vino e gli bendò il braccio con delle fasce.
-Ti ringrazio tanto. Ora sto davvero meglio. Toglimi una curiosità, da quand’è che non dormi?
-Eh? Dormivo poco la notte perché ero preoccupata per te – disse mentre vide il ragazzo piantare forte una mano sul tavolo e poi portarsela sulla fronte. – che c’è? Non stai bene?
-No, figurati. Ho solo un giramento di testa!
-Vai a riposare. – disse portando il ragazzo nella sua stanza – mi risposerò anch’io.
-Ti prego resta qui con me. – disse il ragazzo, quasi con tono supplichevole.
Così si addormentarono vicini, uno accanto all’altro, stanchi ma felici. Finalmente erano di nuovo insieme.
L’uomo cerca per tanto tempo la felicità e quando finalmente la trova la stringe più forte che può a sé per non lasciarla andare via. Lui era la sua felicità!

Ciaoo a tuttii.. A presto! =D

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Le emozioni di un tempo ***


Ragazziii scusate il gran ritardo, ma ecco a voi il sesto capitolo! Spero vi piaccia :D
Capitolo 6. Le emozioni di un tempo

Ormai era notte fonda, ma all’alba mancava ancora tempo, e i due ragazzi dormivano vicini, uno accanto all’altro, ma senza mai sfiorarsi.
Una luna piena splendente, accompagnata da tantissime stelle lucenti, illuminava il cielo notturno e freddo. A un tratto un lieve soffio di vento scosse i capelli del giovane Hermos, facendolo sussultare e svegliare da quel sonno profondo. Il ragazzo scostò la soffice coperta di lana grigia e si sedette sul letto, rivolgendo lo sguardo alla ragazza che giaceva felice e addormentata accanto a lui. Prese un respiro e incominciò a parlare:
-Sai Evelyn... – disse con un filo di voce, ma abbastanza per far svegliare la ragazza.
La ragazza aprì lievemente l’occhio destro, ma non volle farsi vedere, voleva ascoltare tutto ciò che il ragazzo le diceva; quindi richiuse gli occhi e lo lasciò continuare.
Il ragazzo le poggiò una mano sul viso, accarezzandola dolcemente, facendola rabbrividire. Solo una carezza, una normalissima carezza le faceva venire i brividi, ma nonostante questo non fece una piega.
-Sembra strano dirlo così presto, ma certe emozioni, certi sentimenti non possono essere rinnegati. Vanno detti, affermati e apprezzati. Non bisogna perdere tempo perché l’amore è come un diamante: splende già dal suo inizio, dalla sua nascita, ma illumina i tuoi occhi solo se lo guardi. E tu sei quel diamante che mi ha illuminato gli occhi, sei sempre esistita, ci sei sempre stata, ma mi sono accorta di te solo quando ti ho vista. E... beh... io... credo di essermi innamorato di te – disse il ragazzo con il cuore che gli batteva a mille e con una voce calda, piena di sentimento e di emozioni, che però rimaneva inalterata.
Il ragazzo smise di accarezzarla e fece per alzarsi, quando una mano più piccola della sua lo bloccò.
-Ho ascoltato tutto. – disse la ragazza con gli occhi chiusi e con il sorriso.
-Ma proprio tutto, tutto?
-Sì. Davvero bellissime parole, mi hanno fatto molto riflettere, sai? Sei davvero un gran poeta, ho i brividi.
-Non mi aiuti molto. I grandi poeti hanno vissuto la propria vita con un amore non corrisposto.
-E se l’amore fosse stato reciproco? Loro hanno scritto poesie, ma non si sono mica dichiarati! Tu invece sì.
-Che cosa stai cercando di dirmi.
-Sto cercando di dirti – disse con un tono di voce leggermente alto, fece una pausa e poi riprese con tono più basso e caldo – che anch’io sono innamorata di te.
Il ragazzo restò incredulo e immobile a quelle parole. Chiuse gli occhi e abbassò lo sguardo sorridendo. La ragazza portò la sua mano sotto il suo mento e alzò il suo viso in modo che i suoi occhi incontrassero quelli del ragazzo. Un raggio di luce forte penetrò i loro occhi: era la luce della luna piena che li guardava dall’alto. I due si girarono e la guardavano ammirati.
Evelyn l’aveva vista tante, troppe volte, ma in città, dove l’inquinamento luminoso delle insegne, dei lampioni e degli edifici rovinava la sua meraviglia. Vederla così, pura, semplice e splendente le faceva riflettere su quanto la semplicità sia bella, anche se povera.
Hermos l’aveva vista qualche volta, in tempo di guerra, di sfuggito e con la mente rapita dalla brutalità di quella terribile guerra.
La ragazza la guardò sorridendo, mentre il ragazzo la guardò emozionato e stupito dalla meraviglia della natura che ci guarda dall’alto e che è così grande rispetto a noi!
-Stai piangendo?
-Io? No, assolutamente. – disse asciugandosi una lacrima e schiarendosi la voce. – sono solo emozionato.
-Emozionato? Per la luna?
-Per la luna, per le stelle, per la vittoria, per te...
-Per me?
Il ragazzo girò lo sguardo facendo vedere senza paura la sua emozione, le sue lacrime di gioia e di commozione.
-Sì. Per te. Quando hai detto di amarmi, nel mio cuore l’emozione era così forte che non poteva essere repressa dentro, doveva uscire fuori in qualche modo, e le mie lacrime esprimono tutto il mio amore per te.
La ragazza gli prese la mano la strinse forte, avvicinandosi sempre più a lui e appoggiando la sua spalla contro la sua.
Il ragazzo arrossì notevolmente e abbassò lo sguardo.
-Arrossisci per così poco?
-Veramente io...
La ragazza gli sfiorò le labbra con una mano facendolo zittire e poi avvicinò sempre più il suo viso a quello del ragazzo. Chiuse gli occhi e...
-Evelyn io non posso.
La ragazza riaprì bruscamente gli occhi e si allontanò, sciogliendo le loro mani.
-Perché?
-Non voglio affezionarmi tanto a te. Insomma, tu tornerai nella tua epoca e quando succederà non ci rivedremo più, e sì, io sarò immobile perché qui il tempo si fermerà, ma tu se sei davvero innamorata soffrirai. Hai solo diciotto anni, hai una lunga vita davanti, troverai un ragazzo gentile e bello, forse anche più di me.
-Ma non sarei felice! – disse, poi si alzò, gli diede le spalle e scoppiò in lacrime - Perché ripeti sempre, incessantemente, quella frase? Perché? Non capisci che così mi fai soffrire ancora di più?
-No, ti prego non piangere. Sono molto dispiaciuto per quello che ho detto, ma capiscimi, non voglio che tu soffra quando sarai senza di me.
-Avevo deciso di portarti con me nella mia epoca. – disse con voce fredda e decisa.
-Saresti stata disposta a farlo? Per me?
-Sei l’unico che mi abbia apprezzata per come sono, che mi abbia amato, che mi abbia rispettato, che mi abbia onorato. Non ho mai incontrato uno come te e secondo te ti lasciavo marcire qui dove il corso della vita verrà bloccato?
-Non so come ho potuto minimamente pensare di vivere senza di te. Sarei solo e quel ch’è peggio, senza amore e senza affetto. Come avrei potuto vivere? Ti chiedo scusa, non avrei mai dovuto dire quelle parole.
-Stai tranquillo. È tutto ok.
-È tutto...?
-Ok significa a posto. Va tutto bene!
-Davvero mi porterai con te in California nel 2009?
-Non c’è cosa più importante per me...

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Contrasti ***


Salve ragazzi ed eccomi qui con il 7° capitolo.. questo è basato tutto su un contrasto e su una metafora a livello tecnico.. ma so che a voi non ve ne frega tanto dell'aspetto tecnico.. spero che vi piaccia.. e se lo vedete un po' depresso non temete alla fine si aggiusta :P
Capitolo 7.Contrasti

Stavano ancora lì.. seduti sul letto con le gambe incrociate e lo sguardo rivolto fuori la finestra a guardare il cielo limpido e luminoso. Il blu scuro e il giallo chiaro andavano bene d’accordo, il buio si univa con la luce, la notte con il giorno, la pace con la guerra, l’amore con l’odio, e forse, quello più importante, la paura con il coraggio.
La ragazza aveva sonno e mentre guardava la luna allontanarsi sempre più dalla loro finestra crollò lentamente sulle gambe del ragazzo dicendogli di voler dormire.
Così i due si riaddormentarono uno accanto all’altra, felici, ma questa volta più uniti. Il ragazzo teneva tra le braccia la ragazza e la stringeva delicatamente a lui.
Ora la luna scomparve nel mare, e al suo posto salì un sole freddo e timido, coperto da tante nuvole grigie, quasi nere, che sapevano di pioggia.
Poco dopo come predetto, iniziò a piovere. La pioggia era fredda e violenta e scorreva così forte che non lasciava neanche il tempo di respirare: era la pioggia che annunciava l’arrivo di Dicembre, mese altrettanto freddo e spietato, come la neve e il gelo che porta.
Divenne sempre più forte, fin quando si trasformò in grandine che rimbombava bruscamente dopo l’impatto con il suolo ormai fangoso.
Hermos sobbalzò all’udire di un violento tuono e lanciò un urlo, che fece svegliare spaventata la giovane Evelyn.
-Che è successo? Stai bene?
Il ragazzo sudava freddo e aveva il cuore a mille, non perché avesse paura della pioggia e dei fulmini, ma per ciò che aveva appena sognato, che unendosi al rumore assordante della pioggia creava un’atmosfera ancora più cupa.
-Sì sto bene. Niente, solo un brutto sogno.
-Sicuro? Non avrai mica paura dei fulmini?
-Figurati, ne ho visti talmente tanti, una volta mi ha persino colpito quasi uno di essi.
-Wow. Beh, cosa hai sognato?
Il ragazzo fece una strana espressione, poi girò il viso e abbassò lo sguardo.
-Niente di importante.
-Niente d’importante? – ripeté la ragazza, poi andò avanti – hai fatto un urlo spaventoso, eri tutto sudato e teso. Te lo ripeto, cos’hai sognato?
-Ho sognato Alexis alla fine dei suoi giorni, che si levava verso il cielo e diceva – fece una piccola pausa, poi continuò con le lacrime agli occhi. – “Fratellone, io non ti ho dato ascolto e ora me ne sono andato, raggiungerò mamma e papà nel cielo. Tu sei vivo, ci hai vendicato e ora le nostre anime vivono serene e vegliano su di te. Non fermarti, continua, vai avanti e non deludere te stesso e chi ti vuole bene. Sei un eroe, uno di quelli che esistono davvero.” –il ragazzo finì di riportare le parole del fratellino con ormai il viso ricoperto dalle lacrime, questa volta di dolore. Che scendevano più lente della pioggia, ma con lo stesso impeto.
-Una persona normale ora ti direbbe: “poverino, mi dispiace tanto eccetera.” Io ti dico che ha ragione, ha ragione e ha ragione! Tu sei davvero un eroe, e devi andarne fiero.
-Ah sì? E allora mi spieghi perché, se sono un eroe, non sono stato capace di proteggere mio fratello?
-Non è stata colpa tua. Sei un eroe perché in quel momento non ti sei abbattuto, ma l’hai vendicato.
-Forse hai ragione.. è solo che.. – disse il giovane ritornando in lacrime.
-È solo che?
-È solo che mi manca così tanto.
La ragazza si girò e portò la testa del ragazzo sulla sua spalla e lo abbracciò, lo strinse forte e gli diede conforto.
-È stupido piangere per le cose finite, bisogna sorridere perché quelle cose sono esistite, ma non ci riesco. Non riesco a sorridere se penso che mentre io sono qui con te, lui è lassù. Chissà cosa starà facendo ora. E se non esistesse un’altra vita? E se lui avesse finito lì?
-Basta! Per favore basta con queste sciocchezze!- disse la ragazza alzandosi e uscendo fuori sotto la pioggia.
Uscì e si riparò in una piccola cavità in un sasso; sapeva bene che gli alberi attiravano i fulmini e che bisognava ripararsi sotto un sasso.
Intanto il biondino stringeva forte i pugni cercando di reprimere le lacrime e ci riuscì; poi ricordò le parole del fratellino, doveva reagire, doveva andare avanti se non voleva deludere le persone a cui voleva bene.
“Evelyn verrò a cercarti e ti troverò”
Il ragazzo s’incamminò verso la direzione in cui era andata la ragazza e sotto quella forte pioggia cercava con gli occhi la ragazza, riparatasi chissà dove!
Cominciava a gridare il suo nome all’impazzata, senza mai fermarsi un istante, finché non vide da lontano una piccola ombra sotto un grande sasso. Il ragazzo sorrise e si avvicinò lentamente. Entrò sotto quella che sembrava una parte di una montagna e si sedette in ginocchio sull’entrata di quella pietra, abbracciò la ragazza da dietro e strinse le sue gambe attorno alle sue, appoggiando il suo mento sulla sua spalla e la sua guancia destra a contatto con la guancia sinistra della ragazza.
Le accarezzò il braccio, ma lei non fece una piega, allora le diede un dolce bacio sulla guancia, ma lei ugualmente non si mosse, poi il ragazzo si spostò di lì e la guardò in faccia. Le prese le mani e iniziò a parlare:
-Non so perché continui ad essere sempre ossessionato dal passato e dai ricordi, ormai sono solo fumo nella mia mente, immagini che non verranno mai cancellate, ma che mai più rivedrò con i miei occhi, me ne sono fatto una ragione. Sono molto dispiaciuto per tutte quelle domande che ti ho fatto, capisco che per te sentire quelle cose sia strano.
-Stai un attimo zitto?
-D’accordo..
-Sai perché ho detto di amarti?
-Ti prego, non dirmi che mentivi..
-Non mentivo. Ma sai perché? Sai perché io, mi sono innamorata di te?
-No. Per quale motivo?
-Perché chiunque altro non sarebbe venuto qui a cercarmi, a giustificarsi, a scusarsi. E poi anche perché sei strano, sì sei così strano che quando ti guardo, quando ti sogno, ti ascolto parlare, ti sto accanto o sento il tuo profumo mi rendo conto che niente assomiglia a tutto ciò, all’unicità, alla magnificenza di cui sei costituito. Oddio, ora anch’io inizio a parlare come una filosofa!
-Non ci crederai, ma sono innamorato di te per lo stesso motivo.
-Invece ci credo e devo dirti una cosa. Rilassati come quando mi hai abbracciato prima, come quando stanotte mi stringevi. Rilassati e lasciati andare.
Le mani di Evelyn e Hermos si incrociarono lentamente sotto l’attenta vigilanza dei loro occhi, in seguito i loro sguardi fecero la stessa fine. Le loro facce si avvicinavano lentamente, in modo molto lento, gli occhi verdi di Hermos con quella pioggia divennero grigi opachi e quelli di Evelyn color nocciola. Sta di certo che entrambi si chiusero lentamente, mentre i loro volti continuavano ad avvicinarsi. I loro respiri erano coordinati in modo perfetto, finché le loro labbra non si sfiorarono per qualche secondo, poi il ragazzo sciolse la presa e prese la testa della giovane ragazza tra le mani e continuò quel bacio appassionante con la pioggia che man mano scompariva e con i loro corpi che man mano si univano sempre di più.

Spero vi sia piaciuto.. Ciaooo! :D --Nemy

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Non si può tornare indietro ***


Scusate il ritardoo .__.' .. comunque ecco qua il capitolo . spero vi piaccia =)
Capitolo 8. Non si può tornare indietro

I ragazzi si erano appena staccati da quel bacio coinvolgente e con lo sguardo abbassato, si guardavano imbarazzati con la coda dell’occhio.
-Wow – disse la ragazza sorridendo.
-È stato emozionante, niente di più emozionante! – replicò il ragazzo.
-Sicuro? Ti vedo un po’ perplesso..
-Io? No! Non sono perplesso, sono solo.. lasciamo perdere! Torniamo a casa.
-D’accordo, ma dimmi perché quegli occhi.
-Sono impaurito perché non so fin quanto durerà questo.
-Se lo vuoi durerà per sempre.
-Non si può essere sempre felici, prima o poi le cose belle finiscono.
-Non pensare a quando finiranno, pensa a viverle e a tenerle vive. Devi proteggerle e amarle più che puoi e ti assicuro che non svaniranno.
-Perché sei così dannatamente perfetta?
-Perché sono innamorata di un ragazzo fantastico.
I ragazzi si sorrisero e si abbracciarono, incominciando a camminare verso casa, con il suolo di pietra bagnato sotto i piedi e un piccolo raggio di sole che illuminava loro il cammino.
Arrivati a casa l’atmosfera era sempre la stessa, forse un po’ più lucente, più romantica o più accogliente, ma rimaneva sempre la stessa.
La ragazza dimenticò quella sporgenza della roccia a qualche metro dall’entrata e inciampò emanando un urlo ben udibile. Il ragazzo si girò di colpo e la prese al volo, ritrovandosela tra le sue braccia. La ragazza lo abbracciò stretto, impedendogli di muoversi se non all’indietro. Il ragazzo tendeva ad allontanarsi e Evelyn ad avvicinarsi e continuarono questo finché non arrivarono sul letto.
La ragazza cominciò ad accarezzarlo e a muovergli la toga che ricopriva il suo corpo.
-Evelyn, torna in te. Oh, Zeus, perché le fai questo? Eros perché vuoi velocizzare tutto?
-Hermos ti calmi o vuoi evocare tutti gli dèi?
-Mi calmo, ma tu togliti da me.
-Perché? Non avrai vergogna..
-Beh sì.
-Lo sai che sei bellissimo?
-Lo sai che non bisogna dire le bugie?
-Lo sai che non ti mentirei mai? Amo i tuoi occhi che cambiano colore a seconda del cielo, amo il fatto che la natura li domina. Ora come ora, sono di un verde acqua intenso e profondo, quasi più delle acque dell’oceano. – disse questo accarezzandogli le tempie. -Amo i tuoi capelli biondi, un po’ lunghi e all’antica che sembrano quasi paglia al sole. – disse accarezzandogli i capelli. – Amo le tue braccia forti e possenti come un muro di cemento armato, ma allo stesso tempo dolci e avvolgenti, capaci di dare protezione e di coccolare. – disse accarezzandogli le braccia. – Amo tutto di te, ma in particolare amo le tue labbra, che anche se appena scoperte mi hanno fatto vivere emozioni immense. – disse dandogli un dolce bacio sulle labbra. – Amo la tua purezza, la tua semplicità, amo la tua indecisione. Ora non sto ad elencare tutto, perché ci impiegherei troppo, ma sappi che ogni cosa che sei, ogni sfumatura di cui sei costituito, io amo tutto, anche le cose negative di te!
-Oh Evelyn, sei dolce come una stella in un cielo di nuvole. Piacevole agli occhi, ma soprattutto al cuore. Grazie.. Mi prometti una cosa?
-Cosa?
-Quando torneremo nella tua epoca e avrai finito la scuola.. mi porti in Grecia? Voglio vedere com’è diventata.
-Ma certo. Ora però mi sposto prima che ti venga un attacco cardiaco.
-Un che?
-Il cuore ti batte così forte che potresti andare in affanno respiratorio e potrebbe fermarsi.
-Non capisco..
-Lasciamo perdere! – disse la ragazza spostandosi accanto al ragazzo.
Il ragazzo fece per alzarsi, ma qualcosa lo bloccò.
-E quando partiremo?
-Ti va di partire domani?
-Certo.. grazie di tutto.
-Avanti, Hermos. Non ringraziarmi per ogni minima cosa che dico.
-È solo che tu non immagini quanto io sia felice. Non sono mai stato così felice in tutta la mia vita.
La ragazza prese a guardare il soffitto e disse:
-Sarà perché la guerra è finita, sarà la pace, la libertà..
Ma mentre parlava qualcosa la interruppe:
-Sarà perché ho te. – disse Hermos con la voce tremante e piena di emozioni.
La ragazza lo guardò, sedendosi accanto a lui, il ragazzo le accarezzò il viso e continuò:
-Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Se tu fossi uno sbaglio, una cosa cattiva, sarei pronto a sbagliare pur di essere felice. Io, sai, ci credo a una seconda vita dopo la morte, ma non sono sicuro che esista e perciò mi dico: “perché non divertirsi, stare con tante donne e non pensare a niente”, ma poi solo a pensare di farlo mi viene una morsa, un senso di rancore per chi lo fa, un sentimento di giustizia nei miei confronti e in quelli degli altri. Bellezza divina, quando ti guardo negli occhi sento che io non voglio divertirmi e stare male, ma voglio anche soccombere con te, ma essere felice. – si fermò un attimo, poi con una piccola lacrima nei suoi occhi continuò – ti racconto una storia. C’era una volta un ragazzo che non aveva mai visto l’amore perché non pensava esistesse. Il male scorreva nel mondo che lo racchiudeva e lui si sentiva debole, come un calamaro in un branco di squali affamati e non sapeva come uscirne. Finché non conobbe l’amore... – le lacrime scomparvero e il sorriso si accese sul suo volto – un amore strano e inspiegabile, ma che cambiò radicalmente la sua vita rendendola migliore e con questo amore anche il mondo cambiò. Divenne positivo e credeva in qualcosa: aveva una speranza.
-Credo di aver capito chi sia il ragazzo di cui parli.
La ragazza si avvicinò al ragazzo e lo strinse forte, tirandoselo sopra di lei, senza mai lasciarlo.
-Così ti senti meglio?
-Abbastanza. Insomma, ho paura di schiacciarti.
-Tranquillo.
La ragazza era ormai convinta di ciò che faceva. Tolse la manica della toga al ragazzo lasciando le sue spalle nude, sciolse la cintura in vita e poi la abbassò, lasciandogli il petto nudo. Il ragazzo aveva intuito cosa stava succedendo e anche se imbarazzato, decise di dimostrare il suo amore a pieno senza tirarsi indietro e...



E... Eheh.. spero si sia creata un po' di Suspance =P . Spero vi sia piaciuto =)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Qualcosa di turbante ***


Capitolo 9. Qualcosa di turbante
 
Era una fredda notte di gennaio e i due ragazzi si stavano dimostrando il loro amore.
Il ragazzo le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente così a lungo che le mancava il fiato e il suo cuore batteva a mille. Mentre continuava quel bacio il ragazzo sfilò la toga alla ragazza, ritrovandosela in biancheria, lo stesso fece la ragazza che aveva lasciato il compito a metà. Hermos aveva dei bei muscoli scolpiti e lucenti, belli da vedere e da toccare; invece Evelyn aveva una bellissima linea e delle gambe molto lisce e armoniose. Il ragazzo le sciolse i capelli, legati da un ramo d’alloro e li lasciò cadere sul letto delicatamente, annusandone il profumo. La ragazza chiuse gli occhi e si lasciò andare, con la pioggia che rincominciava a scendere dal cielo e con esso che col sole coperto diveniva buio.
Il ragazzo aprì gli occhi e si alzò in piedi, rivestendosi.
-Che succede? – chiese la ragazza con un tono tra lo scocciato e preoccupato.
-Ho troppo rispetto per te, non ci riesco.. non così presto.
-Perché?
-Non posso rendere il tuo corpo impuro così presto, non posso farlo.
Disse il ragazzo incominciando a piangere senza sosta. La ragazza si rivestì e lo fece sedere sul letto, poi disse:
-Hermos non è il caso di piangere.
-Non sto piangendo. Sto bene, davvero!
-Hermos che succede? C’è qualcosa che dovrei sapere?
-No niente. – disse velocemente, chiudendo gli occhi e portando le mani alla testa.
-Puoi mentire a tutti, ma non a me.
-Non sto mentendo.
-Ti si legge negli occhi. Perché non puoi? C’è una ragione a tutto, deve esserci anche per questo.
-Io so qual è il motivo, ma non posso dirlo. So che a te potrei dire tutto, ma non voglio perché non voglio scavare nel mio passato.
-Nel tuo passato? C’è qualcosa che ti turba del tuo passato?
-Diciamo tutto, ma c’è una cosa che prevale sulle altre.
-Cosa? Hermos, se ti provoca un freno del genere, dev’essere qualcosa di grave. Parliamone...
-Ci provo.
Il ragazzo chiuse gli occhi e cercò di ricordare. Il suo ricordo appariva nero, scuro, cupo e pieno di sofferenza, finché le immagini divennero definite e lui incominciò a parlare.
-Ricordo. Un ricordo forse rimasto inesplorato per troppo tempo ora sta diventando un ostacolo. Era una notte fredda di fine estate, sarà stato settembre. Faceva freddo, molto freddo, e il rumore degli spari rendeva ancora più gelida quella notte. Lo so, avevo solo dieci anni, ma sapevo che c’era la guerra. I miei genitori c’erano ancora, anzi, per meglio dire mio padre aveva ucciso mia madre da qualche mese e viveva in casa con una lurida ragazza bella che sottostava ai suoi ordini. Stavo dormendo insieme a mio fratello, che all’epoca aveva solo tre anni, e all’improvviso si udirono delle urla, ma non urla normali, urla di quella ragazza che veniva violata da mio padre. Qualche minuto dopo mi accorsi di avere ancora più freddo, sarà stata la paura e mi nascosi sotto le coperte curandomi di non svegliare Alexis. All’improvviso sentii dei passi avvicinarsi all’uscio e poi la tenda spostarsi. Sentii qualcuno sedersi sul mio letto e scoprirmi, poi mi girai e vidi lei, tutta nuda, che si avvicinava a me come una leonessa affamata di carne, come un vampiro assetato di sangue. Mi prese e m’immobilizzò sul letto spogliandomi e... e...”la sensazione è così piacevole che non vorrai più smettere. Mai più o finché io non mi scoccerò”- disse e quella notte così fredda e terribile rese impura la mia giovane anima.. fu bruttissimo.. era doloroso e mi percuoteva la pelle in modo molto violento.. non voglio vivere con questo ricordo, ma allo stesso tempo non posso dimenticare. Spero solo che Ade se la sia presa con sé, non meritava una miglior fine!
-Allora è questo! Hai paura. Anch’io ne ho, ma so anche che tu mi ami ed io ti amo. Basta questo per farmela passare.
-Ma tu non sei cresciuta in un’atmosfera come la mia.
-Hai ragione, sai? Io sono cresciuta molto meglio di te, ho avuto una famiglia che nel bene o nel male mi ha trattata bene e ho vissuto in una città scombussolata e strana, ma senza la paura che mi sarebbe caduta una bomba addosso. Ma sai qual è il più terribile errore dell’uomo? Avere paura del futuro quando si pensa al passato. Tu pensi e fai ben caso che il tuo passato è stato difficile, incerto e terribile, ma sai che domani lascerai questo posto. Il passato non si cancellerà mai dalla tua mente, ma mai e dico mai si ripeterà. Saranno solo immagini buie e poco definite che scorreranno ogni tanto nella tua mente come sogni, o meglio incubi, fino a dimenticarli. Non puoi avere paura del passato perché esso non tornerà, se non nella tua mente. Pensa che nel futuro vivrai felice, insieme a me.
-In futuro ti darò prova del mio amore, magari su di un prato, magari sotto le stelle, ma non qui dove venne massacrato il mio giovane corpo dieci anni fa.
-Hai ragione... non è il luogo ideale. Scusami.
Il ragazzo le sorrise e la abbracciò, sussurrandole all’orecchio di volersene andare da quel posto.
La pioggia aveva smesso di scendere e la notte era calata su quel giovane villaggio.
-Ripetimi un’ultima volta che il nostro amore sarà per sempre. – disse il ragazzo spalancando i suoi occhi, ora verde smeraldo.
-Ti prometto che il nostro amore sarà per sempre – gli confermò la ragazza stringendogli la mano.
E così entrambi caddero in un sonno profondo e emozionante per il domani, che li avrebbe condotti a una nuova vita insieme: una vita nel futuro.



Mi scuso per il capitolo corto.. ma non mi veniva altro.. spero vi sia piaciuto. Ringrazio tutti quelli che leggono la mia storia e quelli che mi lasciano recensioni. Ciaoo a tutti ;D

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Ritorno al futuro ***


Ciaoo a tutti.. scusate il ritardo ma avevo gli esami ç___ç Comunque ecco qua il capitolo. L'ho fatto bello lungo per la vostra felicità =P Scusate se ho scroccato il titolo a un film ma è azzeccato. Buona lettura ;D
Capitolo 10. Ritorno al futuro

 
Come i guai non arrivano mai soli, anche le cose belle arrivano in compagnia e quel giorno così bello per quello che sarebbe successo era illuminato da un caldo e raggiante sole.
I ragazzi si erano appena svegliati, felici ed entusiasti per quello che sarebbe accaduto oggi.
Hermos fu il primo a svegliarsi, si alzò e guardò fuori alla finestra: c’era un albero, quell’albero, sempre il solito albero ma oggi era diverso: sorrideva anche lui. Piccole gocce di rugiada scorrevano dalle sue incantevoli e verdi foglie e cadevano al suolo tingendosi di tanti colori decisi dal sole.
Evelyn si svegliò poco dopo e lo salutò dolcemente, poi disse:
-Da quanto tempo sei sveglio?
-Da qualche ora.
-Perché non mi hai svegliato?
-Sei così bella quando dormi. Cioè, non che quando sei sveglia non lo sei, ma quando dormi.. lasciamo perdere!
Evelyn rise di gusto, poi gli rispose affettuosamente:
-Non sai quanto amo i tuoi ragionamenti contorti.
-E tu non sai quanto io amo te.
Si avvicinarono lentamente dopo quest’ultima dichiarazione d’amore e fecero combaciare nuovamente le loro labbra, concludendo quel meccanismo perfetto con un bacio molto romantico.
-Sei pronto per partire?
-Non vedo l’ora! Inizio a preparare il sacco!
-Cosa hai deciso di portare con te?
-Un paio di toghe, un sasso che è un ricordo di mia madre, una conchiglia che è un ricordo di mio fratello e l’unico gioco che avevo da piccolo: un bastone di legno.
-Un bastone di legno?
-Ricordo che per togliere un po’ il peso della guerra, quando ancora il nostro villaggio non aveva un soldato a comandare, io e mio fratello giocavamo con questo bastone.
 
Flashback
-Corri fratellone, andiamo sulla spiaggia!
-Arrivo piccolo! – dissi iniziando a correre più veloce – l’ultimo che arriva è un perdente! – continuai sorridendogli.
-Uffa vinci sempre tu!
-Ma io sono più grande, è normale!
-Che belli! – disse Alexis meravigliandosi – sembrano identici! Sono fantastici!
-Sono due bastoni! Ho un’idea: vince chi lo lancia più lontano. Sei pronto?
-Ovvio! Sono pronto a stracciarti!
Tirarono il bastone insieme: il piccolo Alexis lo lanciò come solo un bambino sapeva fare e si allontanò di circa tre metri. Hermos lo inclinò verso l’alto, piegò le ginocchia e lo lanciò. Il bastone andò così lontano che quasi non si vedeva più e il ragazzo era meravigliato dal suo stesso compiuto.
-Wow. Non pensavo di essere così bravo.
-Fratellone sono convinto che in una vita passata eri un campione olimpico! Sei bravissimo.
-Grazie! Andiamo a casa!
Fine Flashback
 
-E quel bastone non l’ho più ritrovato, ma ho quello di mio fratello! – disse sorridendo.
-Beh, ho preso anch’io tutto. Andiamo!
-A proposito, per dove si va?
-Per la spiaggia. Spero tu sappia nuotare e trattenere il respiro.
-Certo!
Arrivati sulla spiaggia, Evelyn cercò il marchingegno che faceva sollevare l’isola, lo trovò e premette quel pulsante, poi la leva e tutto il resto!
Lo spettacolo che però vide fu del tutto diverso: l’acqua invece di abbassarsi, si allontanava creando un immenso cerchio, come un vortice d’acqua sul cui fondo c’era l’isola. Evelyn si chiedeva come fosse possibile, ma poi si ricordò di aver sfondato la cupola di vetro e quello probabilmente deve aver provocato il tutto!
-Senti Hermos, quando sono uscita da lì devo aver disinnescato il meccanismo rompendo la cupola di vetro, vado a controllare!
-No, andiamo insieme! Evelyn puoi aspettare un secondo, ho dimenticato una cosa importante. La mia spada!
-Certo, ma muoviti!
-D’accordo.
Il ragazzo corse verso il villaggio velocemente e prese la spada delicatamente, poi corse verso la spiaggia. Mentre correva, però, venne fermato da un possente uomo:
-Ciao. Tu sei uno dei valorosi ragazzi che ha partecipato alla guerra, vero? Eri quello col cavallo pulito!
-Beh, sì. Ero io!
-Complimenti. Metodo di battaglia notevole e spirito di vittoria assolutamente fantastico! Sei stato bravo. E ti assegno, come a tutti coloro che hanno partecipato alla guerra, una medaglia al valore con una corona d’alloro. Siamo vincitori!
-La ringrazio molto, anche se sto partendo.
-Ah, e dove stai andando, figliolo?
-Non ci crederà, ma vado nel futuro!
-I giovani di oggi! Sempre pieni d’immaginazione. Tienili lo stesso, è un riconoscimento per aver contribuito alla libertà di questo magnifico paese!
-La ringrazio. Ci vediamo. – disse pensando bene alle ultime parole. Quell’uomo dall’aspetto burbero, eppure così gentile non l’avrebbe rivisto mai più.
Iniziò a correre e arrivato alla spiaggia ripose la medaglia, la corona e la spada nel suo sacco. Poi s’immersero!
-Certo che ce ne hai messo di tempo!
-Un uomo mi ha dato una medaglia d’alloro facendomi tanti ringraziamenti per aver contribuito alla libertà della Grecia. – disse entrando in acqua.
-Wow. Bello!
Iniziarono a nuotare e ad avvicinarsi al vortice. All’improvviso Evelyn, che era poco più avanti, cominciò a girare intorno al buco trasportata dalla corrente del vortice; Hermos la raggiunse e le prese la mano, e senza mai lasciarla girarono interamente quel vortice, fino a essere risucchiati da esso e schiantati sulla parte superiore della cupola. I ragazzi presero fiato e si immersero nuotarono fino ad arrivare al buco provocato dalla ragazza. Entrarono, anche se con difficoltà, e stranamente l’acqua arrivava solo fino a metà della cupola.
-Menomale che non si è riempita tutta.
-Già. Sei pronto per il viaggio?
-Sì.
-Aspetta qui.. vado ad aprire la porta.
-Quale porta?
-Vedrai...
La ragazza andò sott’acqua, prese una maniglia sul suolo e mettendola a contatto con la roccia, essa mostrò la porta d’oro. Evelyn aveva ancora un po’ di fiato e quindi andò a cercare la pietra e la prese in mano, poi risalì e andò da Hermos.
-Dai vieni! – disse prendendogli la mano.
Arrivarono sotto e la ragazza posizionò la pietra gialla sulla leva e quell’immenso schermo bianco li risucchiò portandoli di nuovo in quell’universo di stelle.
-Non ho mai visto niente del genere!
-Nessuno ha mai visto niente del genere! Hermos, il viaggio durerà qualche minuto, e nel frattempo voglio dirti una cosa. Quando raggiungeremo il futuro, tu fingiti un ragazzo di strada. Mia madre si occupa del recupero di questi ragazzi, senza genitori o con i genitori tossicodipendenti ecc. e li porta in dei centri di recupero. Alcuni di loro avrebbe voluto tenerseli a casa, ma io le ho detto di no, ma se io lo voglio a te dirà di sì e potrai stare con me. Ti chiedo solo un favore, non dire che vieni dal passato.
-Non ho capito molto, ma d’accordo. Mi fingerò un ragazzo di strada! Anche se non so cosa sia.
-Bene!
Il viaggio finì e i ragazzi uscirono dalla cupola, rompendola con la spada di Hermos e andarono sulla spiaggia, aspettando che si asciugassero.
-Beh, è stato molto bello il viaggio! Siamo nel futuro adesso!
-Già. Non l’avrei mai detto, ma questo posto insignificante, questo villaggio malridotto e strano mi è mancato.
-Che strane case! E come sono alte!
-Certo Hermos, ora andiamo a casa.
Camminarono verso casa di Evelyn sotto gli occhi di tutti che li guardavano stupiti.
-Perché tutti ci guardano?
-Perché indossiamo una toga, Hermos. E non è molto normale.
I ragazzi arrivarono sotto l’uscio della casa di Evelyn, la ragazza bussò e la porta si aprì molto lentamente. Ne uscì un ragazzo dai capelli e occhi castani, bello e alto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Una bella notizia ***


Capitolo 11. Una bella notizia
Evelyn non poteva credere ai suoi occhi, la persona che le stava davanti non la vedeva da due anni, eppure non era cambiata di una virgola. Era sempre lo stesso, uguale! Solito sguardo da duro, ma con un velo di idiozia negli occhi e solita corporatura da idiota! Non c’era altra parola per descriverlo!
-Thomas! – urlò abbracciandolo!
-Ciao, Evelyn. Stai bene? Ma poi come sei conciata?
Thomas era il fratello maggiore di due anni di Evelyn, un ragazzo che amava il benessere e la vita tranquilla.
-Te lo spiego dopo. Comunque lui è Hermos, un ragazzo di strada. C’è la mamma?
-No, torna fra poco. Comunque entra, anzi entrate!
-Hermos tu aspetta qui. Devo dire un attimo una cosa a mio fratello.
Evelyn prese Thomas per il braccio e lo trascinò in cucina.
-Cosa vuol dire un ragazzo di strada? Hai portato uno degli squilibrati di mamma in questa casa?
-Lui è diverso, te lo dico io!
-Quello dev’essere un pazzo mentale. Guarda com’è conciato! E poi tu, insomma, ti sei abbassata ai suoi livelli con questo abito assolutamente gotico!
-Thomas! Non è pazzo, ha solo avuto una vita difficile. E poi indossa quegli abiti perché viene dalla Grecia.
-Senti, io non sono molto esperto, ma credo che nel 2009 in Grecia indossino abiti normali e non toghe medievali.
Mentre i due discutevano sentirono il campanello suonare e corsero in salotto. Aprirono la porta e davanti a loro c’era la loro madre.
-Mamma, Evelyn vuole prendere uno dei tuoi squilibrati mentali in casa con noi!
-Finalmente si è decisa! E chi è? Uno dei ragazzi del centro di recupero, per caso? Strano... torno appena da lì e non ti ho visto. E poi come mai sei vestita così?
-Mamma ti spiego dopo del perché sono vestita così. Oggi sono uscita prima da scuola prima perché mancavano dei professori e ho incontrato questo ragazzo. È un ragazzo di strada, che non ha né amici, né parenti e ha avuto una vita molto difficile. Nonostante questo, non ha mai smesso di trovare la fiducia in se stesso ed è andato avanti. È un ragazzo molto tenace e simpatico, anche se un po’... ehm... all’antica.
-Bene. E dov’è adesso questo ragazzo?
-Hermos, vieni qui! – disse Evelyn voltandosi verso di lui.
-Salve. È un piacere incontrare la madre di questa meraviglia!
-Oh, che dolce che sei! Ti ringrazio. Dimmi un po’, qual è il tuo nome?
-Io mi chiamo Hermos.
-Hermos, wow! Hai un nome molto particolare. Dimmi, bel giovane, sei americano?
-No, in realtà sono greco.
-Wow. E come sei arrivato fin qui?
-Mi ci ha portato Evelyn.
-Intendevo “qui”, in America.
-Beh, la mia famiglia è morta in guerra e quindi ho deciso di venire in America tramite una nave.
-Capisco.. beh.. sei un bravo ragazzo non c’è che dire! Evelyn, hai fatto bene a non lasciarlo per strada. Thomas, perché non lo accompagni di sopra a fare una doccia?
-D’accordo. Ma gli darò vestiti miei. Anche se non lo conosco non voglio togliergli la dignità. Vieni Ermes!
-Mi chiamo Hermos.
-Dettagli!
Con quest’ultima parola detta da Thomas, si concluse quella lunga e animata discussione. Evelyn decise di andare anche lei a fare una doccia nel bagno della sua camera per rilassarsi un po’, ma anche per togliersi definitivamente di dosso quel pesante abito.
Questo ulteriore viaggio nel tempo aveva azzerato il precedente e ora lei aveva di nuovo sedici anni, dato che il tempo qui si era fermato. Mentre faceva questi complicati ragionamenti, aveva di fronte una scelta ancor più difficile: cosa avrebbe indossato quel giorno?
La ragazza ci pensò un po’, poi scelse un jeans blu scuro e una maglietta abbastanza larga che raffigurava la statua della libertà.
Andò in bagno e si lasciò completamente ai suoi pensieri, mentre tante goccioline d’acqua tiepida le accarezzavano il corpo. Iniziò a pensare a lei ed Hermos, al loro primo bacio, al secondo, al terzo, a quello di stamattina, alle parole dolci che si sono detti in quegli anni. A quanto gli mancava quando era in guerra, nonostante lo conoscesse solo da pochi giorni.
Alla fin fine, tra tutte le frottole che ha detto a sua madre sul conto di Hermos, c’era una cosa vera: anche se ha avuto una vita difficile, non ha mai perso la speranza: è sempre andato avanti, anche quando la sua unica ragione di vita se n’era andata lasciandolo solo. Beh, menomale che c’era lei a dargli forza. Sarà stata la debolezza talvolta espressa, talvolta, e soprattutto, repressa di quel ragazzo a farla innamorare di lui. E poi pensa ai suoi occhi, che cambiano a loro piacimento. Sono così belli e intensi che persino la persona più superficiale e distratta al mondo li noterebbe e ne rimarrebbe stregata.
I suoi pensieri furono distratti dalla voce di sua madre che proveniva dal piano di sotto:
-Scendi Evelyn, il pranzo è pronto.
Evelyn si asciugò e velocemente si vestì e scese giù.
-Evelyn avevi ragione! Questo ragazzo nel suo piccolo sa essere simpatico!
-Wow. Alla fine il tuo cervello ci è arrivato!
-Ehi, ma per chi mi hai preso? Non sarò un secchione come te, ma a scuola ci sono andato!
-Sì, ci sei andato per fare gli scherzi ai professori!
-Beh, l’importante è esserci andati!
-Tommy, smettila di litigare con tua sorella! Voglio conoscere il nuovo membro della famiglia!
-Papà il mio nome è Thomas! – Urlò, calcando la voce sul suo nome.
-Idiota, la pianti di urlare? Mi hai rotto un timpano!
-Thomas, Evelyn. Piantatela di litigare! – li rimproverò per l’ennesima volta la signora Jessie, poi continuò – Evelyn presenta a tuo padre Hermos e fai pace con tuo fratello!
Evelyn prese per il braccio Hermos e lo presentò a suo padre in maniera molto fredda.
-Papà lui è Hermos. Hermos lui è mio padre! – disse rivolgendosi a suo padre, poi disse a suo fratello – Pace! Lord Thomas.
-Sono molto lieto di conoscerla!
-Dammi del tu, caro! Chiamami pure Nick.
-D’accordo, Nick!
Poco dopo arrivò la madre di Evelyn con il pranzo, che tra discorsi di ogni tipo e interrogatori ad Hermos finì con un affermazione detta da Thomas che nessuno mai si sarebbe aspettato.
-Hermos, domani andiamo a fare un giro in barca a vela insieme, che ne dici?
-Bello! Ma Evelyn?
-Lei va a scuola e domani se non erro uscirà alle 16.00.
-Beh, sì. Mi farebbe piacere anche perché così potremmo conoscerci meglio!
-Bene!
Tutti rimasero scioccati, ma al contempo erano felici che anche Thomas si fosse ricreduto sul conto di quel giovane ragazzo, forse un po’ ingenuo... ma assolutamente fantastico!


ed ecco l'11° =P spero vi sia piaciuto ;)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La gita in barca ***


Ragazzi scusate se è corto.. ma non ho molta ispirazione in questo capitolo! Fa pena lo so.. però prometto che dal prossimo accadranno cose magnifiche :P
Capitolo 12. La gita in barca

Era mattina presto e Evelyn era appena andata a scuola, mentre Hermos aiutava Thomas a preparare lo zaino per la loro gita. Avevano deciso di fare prima un giro in barca e poi di raggiungere una montagna lì vicino per fare trekking. Con loro avrebbero portato ovviamente la corda e le scarpe da montagna!
I due si avviarono verso il porto, dove giaceva anche la barchetta di Thomas.
-Eccoci qua. Sei pronto? – chiese Thomas felice.
-Certo! Che devo fare?
Thomas si passò una mano sul viso in segno di resa, e poi gli rispose:
-Devi salire, cosa altrimenti?
I due ragazzi salirono sulla barca e dopo circa cinque minuti dalla partenza, Thomas mise in atto il suo “ragionamento per scoprire qualcosa in più su Hermos”.
-Allora, Hermos. Cosa mi racconti di te? In che giorno e anno sei nato?
-Beh, io dovrei essere nato.. boh. Ah, sì, certo! Sono nato il 21 agosto del milleott... Volevo dire, l’anno non lo so!
-Stavi per caso dicendo 1800?
-No! – disse velocemente cercando di smentire la domanda di Thomas.
-E dimmi, qual è il tuo cognome?
-Il mio? Cos’è un cognome?
-Oddio! Lasciamo perdere, sai almeno in che città sei nato?
-Questo sì! Sono nato a Patrasso.
-Bello! Quali sono i tuoi hobby? Cioè, le cose che ti piace fare nel tempo libero.
-Quando ero con mio fratello amavo fare gare di corsa o il gioco del bastone.
-Il gioco del bastone? – Thomas finse di essere interessato e continuò – in cosa consiste?
-Consiste nel lanciare un bastone il più lontano possibile e vice chi lo tira più lontano.
-Wow! Tipo, il lancio del giavellotto?
-Sì, ma con un bastone invece del giavellotto.
-Capisco. Non hai hobby come: guardare la tv, navigare in internet e giocare ai videogame?
-Non so cosa siano. – rispose Hermos dispiaciuto.
Thomas per poco non cadde in acqua, e poi preoccupato chiese al suo interlocutore:
-Ma tu da dove vieni?
-Da un luogo e da un passato molto lontani.
Thomas rise di gusto, credendo che Hermos stesse scherzando.
-Bella questa! Vedi, a modo tuo sai essere simpatico. – disse continuando a ridere.
I due erano arrivati alla montagna e così posarono la barca e presero le corde.
-Ti spiego come si fa. Dobbiamo, innanzitutto, scalare questa piccola parete, saranno si o no 15 metri, non è molto alta. Sei pronto?
-Certo. Che devo fare?
-Devi arrampicarti. Allora, trova prima una posizione per le mani, poi metti un piede e poi l’altro. Ricorda di tenere almeno tre punti di contatto su quattro. Capito?
-Ricevuto!
Hermos partì con velocità, lasciando Thomas spiazzato ancora a valle sulla piccola spiaggetta.
-Che fai? Non vieni? – chiese Hermos a Thomas.
-Ehm, sì. Ti raggiungo subito. Tu, però. Rallenta!
Dopo poco si ritrovarono quasi in cima e Hermos si fermò per qualche istante guardando in alto.
-Hermos? Stai bene?
-Sì. Sto benissimo! La mia scalata è finita.
-Non avrai mica intenzione di andare alla fine con una sola mossa?
-Vedi per caso delle sporgenze?
-Beh, no. Ma... fa’ un po’ come ti pare.
Il ragazzo si rassegnò e lo lasciò fare.
Hermos si slanciò con i piedi verso l’alto e allungò le mani nella stessa direzione. Quei secondi che lo dividevano dalla cima gli sembravano interminabili, fin quando la raggiunse e con una forza inaudita si aggrappò all’ultima sporgenza che quella parete presentava e salì come un vero esperto.
-Ce l’ho fatta!
-Anch’io ce l’ho fatta, ma con metodi normali.
-Ora cosa dovremmo fare?
-Raggiungiamo quel bar lì vicino. Osserva: queste pietre sono in diagonale e possono essere scalate in questo modo. – disse Thomas iniziando a camminare.
Hermos lo osservava attentamente, fin quando non volle provare anche lui, ma appena mise un piede su una pietra sentì uno scricchiolio.
Si girò verso Thomas e notò che stava cadendo, lasciò subito la presa e si diresse verso di lui.
-Thomas stai bene?
-Ma certo che sto bene! Sto benissimo.
-Vuoi una mano ad alzarti?
-Ma no! Mi alzo da solo, tranquillo! Ho solo messo male il piede. Sai, quando ti ritrovi con dei piedi così grandi su delle pietre così piccole è difficile.
Quando però il ragazzo si rialzò subito ricadde a terra.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il destino di Thomas ***


Ciaooo a tuttiii :D ed ecco il 13! Non fatevi ingannare dal titolo, non gli è successo nulla di grave! Buona lettura :D
Capitolo 13. Il destino di Thomas

-Thomas? Thomas? – continuava a ripetere Hermos preoccupato, il suo amico non si svegliava e lui sperava non gli fosse successo niente.
Il ragazzo si alzò e si guardò attorno, non c’era un’anima viva, eccetto il piccolo chiosco che gli aveva indicato prima Thomas. Era a circa dieci metri da lui, molto vicino, ma allo stesso tempo lo divideva da quel chiosco una scalata di pietre piccole e insidiose.
Hermos si decise, sarebbe andato in quel bar per chiedere aiuto. Iniziò a scalare le piccole pietre con facilità, stando molto attento a non scivolare, fino ad arrivare in cima. Entrò nel locale e chiese aiuto a un gentile signore.
-Mi scusi. Il mio amico è scivolato sulle pietre, sta male. Non so cosa devo fare!
-Dov’è? È ferito? – disse il proprietario del bar preoccupato.
-È in fondo a quelle rocce. Non so se è ferito. È caduto, poi si è subito rialzato di corsa e poi è ricaduto a terra dopo nemmeno cinque secondi! – rispose preoccupato.
-Giovanotto, stai calmo. Ora ci penso io a recuperarlo.
-Lei? Se vuole ci vado io.
-No. Non ho detto che vado io laggiù a prenderlo. Ci andrà mio figlio. – disse sicuro il vecchietto, poi si rivolse al chiosco e chiamò suo figlio con quel po’ di voce che aveva – Luca?
“Luca?”– pensò Hermos – “ma è un nome italiano. Allora è vero che molti europei sono emigrati in America!”
-Giovanotto sei tra noi?
-Eh? Sì. Sono qui, mi scusi. Posso chiederle una cosa?
-Mio figlio è andato a recuperare il tuo amico. Cosa vuoi chiedermi?
-Lei è italiano?
-Cosa? Sì, sono italiano. L’hai riconosciuto dal nome di mio figlio, vero? Beh, complimenti, nessun americano ci avrebbe mai fatto caso.
-Beh, io non sono americano.
-Dicevo io che avevi troppo uno sguardo mediterraneo per essere americano. Pensavo fossi emigrato.
-Beh, in effetti lo sono. Ma io sono nato in Grecia e non ho ancora la cittadinanza americana. – disse Hermos, sperando che si dicesse cittadinanza.
-Bella la Grecia. Beh, che dire. Sono contento che in America ci siano più europei. Sai, ha detto mio figlio che alle americane piacciono un sacco.
-A me interessa piacere a una sola persona. – disse Hermos, mentre quel ragazzo, Luca aveva portato sopra Thomas.
-Papà sono arrivato.
-Ah, finalmente. Appoggialo qui che controllo. Ehm, non so da dove iniziare.
-Papà non sei un medico. Lascia che controlli io.
Il giovane fece un rapido controllo a Thomas senza trovare nulla, poi togliendo la mano dalla testa del ragazzo, si accorsa che essa era ricoperta di sangue. Ci mise poco a capire che il ragazzo sdraiato a terra aveva una ferita in testa.
-Papà ha una ferita in testa e mi sembra piuttosto profonda. Dobbiamo portarlo in ospedale.
-Figliolo, sai che l’ospedale più vicino si trova a San Diego!
-E tu sai che hanno fatto direttamente una strada che collega questa montagna al quartiere in cui si trova l’ospedale? Chiamo l’ambulanza!
Il giovane prese il telefono e subito chiamò l’ambulanza. Dopo qualche minuto arrivò e i medici lo portarono dentro con la barella. Hermos andò con lui, ma il cortese signore mandò lì dentro anche suo figlio.
-Ti ringrazio per essere venuto. Per averlo salvato. Grazie davvero.
-Figurati. Ci tengo molto, sai?
-A cosa?
-A salvare la vita alle persone. Sai, è come sdebitarsi di un gesto eroico di un coraggioso uomo che non ho più rivisto.
-Qualcuno ti ha salvato la vita in passato?
-Beh, sì. Lo ricordo come se fosse oggi. Avevo tredici anni ed ero stato scelto con altri quattro ragazzi per una gara di trekking. Il mio migliore amico arrivò primo e io ne ero felicissimo, ma mentre mi fermavo per vedere il suo successo un ragazzo mi superò. Io volevo arrivare secondo a tutti i costi, quindi invece di prendere il percorso normale presi una pendenza che portava direttamente a valle. Saltai e appena misi piede sulla roccia scivolai. Scesi roteando per qualche metro e persi i sensi, andando a finire nel fiume. Per fortuna un uomo sulla trentina che faceva canoa mi trovò e mi rianimò presto portandomi a valle. Beh, quando mi svegliai ero insieme ai miei amici e a mio padre e quell’uomo era sparito. Lo sto cercando da tanto tempo per ringraziarlo, ma non l’ho mai trovato.
-Beh, se c’è una cosa che ho capito dalla vita è: “non bisogna cercare risposte lontano. La risposta è davanti ai tuoi occhi, solo che non la vedi”.
-Beh, l’unica persona che ho tutti i giorni davanti agli occhi è mio padre. Ma non può essere lui, io ricordo la faccia di quell’uomo. Era possente, sicuro di sé, muscoloso. Mio padre era più rincitrullito di oggi!
Mentre i due discutevano animatamente, il dottore dell’ambulanza dissero che erano arrivati.
Thomas entrò in una stanza, poi dopo alcuni minuti uscì e con un camice sulla barella si diresse con quattro o cinque medici in una stanza, chiamata “Sala operatoria”
Si erano fatte ormai le due del pomeriggio e Thomas non era ancora uscito. L’attesa è la cosa peggiore che possa esistere, soprattutto in certi casi.
-Thomas è un tuo amico?
-No, lui è.. ecco non so come definirlo. I miei veri genitori non ci sono più, e vivo con una famiglia che mi ha adottato. Lui è mio... fratello. Beh, sì. In fin dei conti è mio fratello. Sai dirmi a cosa serve la stanza dove l’hanno portato? Sai, non ne capisco molto.
-Lì è dove le persone subiscono degli interventi.
-Non capisco lo stesso.
-Quando le persone hanno brutte ferite, nel caso di tuo fratello, vengono portate lì per essere ricucite in modo che possano tornare a fare quello che facevano prima.
-Ah, ora ho capito. Almeno credo.
-Ehi, ma cos’hai al braccio sinistro? Sembra una brutta cicatrice.
-È solo il resto di una piccola ferita. Niente di che, tranquillo.
-Se lo dici tu. A proposito, non mi hai ancora detto come ti chiami.
-Mi chiamo Hermos.
-Che bel nome. Uh, guarda! Thomas è uscito.
-Vado! Allora, come sta?
-È tutto a posto per il momento. Entro qualche ora dovrebbe svegliarsi. Ora lasciatelo riposare.
-D’accordo.
Mentre il giovane tornava a sedersi squillò il cellulare di Thomas.
-Perché quest’aggeggio suona.
-Perché qualcuno sta chiamando Thomas. Basta cliccare qui per rispondere. Ora portalo all’orecchio e parla.
-Ok. – disse a Luca, poi continuò a telefono. – ehm, chi è?
-Hermos, ciao. C’è Thomas lì con te. Sai, è un po’ tardi. Cominciavo ad essere preoccupata.
-In realtà è a pochi passi da me, ma un uomo con un vestito bianco ha detto che deve riposare.
-Non capisco. Dove siete?
-Siamo in un posto strano, ci sono tante stanze e le pareti sono tutte bianche. Si chiama “ospedale”.
-In ospedale? Arrivo subito.
Qualche minuto dopo arrivò la madre del ragazzo e dopo cinque ore Thomas si svegliò.
-Combina guai, adesso che hai combinato?
-Boh. Hermos che è successo?
-Sei scivolato e sei svenuto e poi un ragazzo gentile ti ha aiutato e ti ha portato qui.
-Chi è questo ragazzo? Vorrei ringraziarlo. – disse sua madre.
-È seduto lì. –indicò Hermos, ma il ragazzo era andato via. Aveva però lasciato un biglietto. Hermos lo prese e lo lesse – Hermos, scusa se vado via così, ma ho capito chi è l’uomo che mi ha salvato la vita. Ti lascio il mio numero. Ciao!                                                                             Luca.
-Hai detto Luca? Forse ho capito chi è. Abita sulla montagna?
-Sì. Abita lì.
-So chi gli ha salvato la vita. Non lo troverà mai...

Chi avrà salvato la vita a Luca? Alla prossima! Ciaooo :P

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Una strana verità ***


Capitolo 14. Una strana verità
-Perché non lo troverà mai? Ha detto che ha capito chi è stato... – disse Hermos nella sua ingenuità
-Hermos, la persona che gli ha salvato la vita è ora un grande atleta.
-Come un grande atleta? Se è famoso deve averlo visto per televisione. –disse Thomas sicuro di sé.
-Non può averlo visto per televisione, e anche se l’ha visto non lo riconoscerebbe di sicuro.
-Mamma potresti essere più chiara?
-Non mi sembra il caso, Tom. Oggi lo chiamo e lo invito a casa, in modo da potergli parlare direttamente.
Mentre quella strana discussione continuava, Luca era sempre più convinto di ciò che sospettava e quindi decise di chiamare una persona. Sì, secondo lui la persona che l’aveva salvato quel giorno era la stessa che aveva sempre cercato e voluto accanto a sé, ma che non ha mai potuto vedere: suo fratello.
Anche se secondo la legge non poteva, chiamò suo fratello Giulio, che abitava a Parigi con sua madre.
-Pronto?
-Ciao Giulio, sono Luca.
-Chi? Non conosco nessun Luca!
-Sono tuo fratello. – disse con voce tremante. In quel momento nemmeno sapeva perché reagisse così.
-Cosa ti serve?
-Sei stato tu a salvarmi la vita sei anni fa?
-Io non ti ho mai visto! Sono sempre stato con la mamma a Parigi, mentre tu con papà a San Diego. Non ci siamo mai visti, quindi non ti ho mai potuto salvare la vita. Ciao.
-Aspe... – non riuscì a finire di parlare che il destinatario del suo messaggio aveva già riattaccato.
Era chiaro che non voleva sapere niente di suo fratello. Loro non si erano mai parlati, tranne una volta quando uno aveva quattro anni e l’altro cinque e mezzo. Ora erano adulti e mentre Luca desidererebbe rivedere sua madre e suo fratello, Giulio, troppo preso dalla sua vita nella sua azienda di moda, desiderava solo vedere soldi! Neanche di sua madre s’importava, ormai. Gli seccava infatti, anche cenare con lei, ma quella sera fu tutto diverso. C’erano delle domande che mettevano quasi in imbarazzo il giovane.
-Ciao Giulietto! Ho preparato la cena! – disse sua madre felice, poi continuò dopo aver visto il suo sguardo – qualcosa non va con l’azienda?
-No, tutto bene con l’azienda. Ma ho ricevuto una telefonata inaspettata e strana.
-Da parte di chi? Dai nonni in Italia? Da qualche casa di moda americana? Da alcuni stilisti che vogliono parlare o lavorare con te? Dai giornalisti? Dai fotografi? – e sarebbe potuta andare avanti ancora, ma fortunatamente Giulio la fermò.
-Mamma! Ho detto che non c’entra l’azienda! – disse urlando, poi continuò a bassa voce e con lo sguardo basso. –Mi ha chiamato Luca.
-Luca? Chi è Luca?
-Tuo figlio, chi altrimenti?
-Oh, il mio bambino. Chissà come sta! Cosa ti ha detto?
-Mi ha chiesto se sono stato io a salvargli la vita sei anni fa.
-Ha rischiato di perdere la vita? Quel buono a nulla di suo padre! Ma perché pensava che gli avessi salvato la vita?
-Non lo so. Ho riattaccato subito!
Mentre Giulio parlava annoiato con sua madre, Luca ricevette una chiamata dalla signora Jessie, la madre di Evelyn e Thomas che gli disse di venire a casa sua oggi pomeriggio.
Quelle poche ore che dividevano dall’incontro passarono molto rapidamente e qualcuno bussò alla porta di casa Daven.
-Oh, ciao. Tu devi essere Luca. Accomodati.
-La ringrazio per avermi invitato, deve dirmi qualcosa?
-In realtà sì. Innanzitutto ti ringrazio per aver salvato la vita a mio figlio – disse accomodandosi. – e poi volevo dirti che ho letto il biglietto che hai lasciato ad Hermos. Io so chi ti ha salvato la vita.
-Davvero? E chi?
-È stato mio cognato, ovvero il fratello di mio marito. L’ho saputo perché sei anni fa era solo un ragazzo di vent’anni e si ritrovò qui a raccontare tutto ciò. Lui avrebbe voluto raccontarti cosa ti è successo, ma doveva partire.
-E per dove?
-Himalaya. Era un assistente di montagna con altri tre, andato lì per accompagnare un atleta che cercava di scalare l’Everest.
-Wow. E cosa gli è successo?
-Durante una bufera di neve l’atleta non ce l’ha fatta, mentre i quattro ragazzi si sono salvati e dopo tanti brutti momenti in ospedale si sono salvati e ora stanno bene. Ognuno di loro smise di scalare, anche la più semplice montagna, ma la passione restò sempre. Dopo ciò ritornò qui per Natale e poi non l’ho più rivisto. Disse però che c’era un modo per rintracciarlo, disse di guardare nel vestito di una buona azione per sapere dov’è.
-Forse dovrei guardare nella mia tuta da trekking. Quella che indossavo in quella gara.
-Sì, credo che dovresti.
-D’accordo, vado! Grazie di tutto. Arrivederci. – disse andando via.
Mentre nell’entrata quella discussione si chiudeva, Evelyn dal piano di sopra chiedeva ad Hermos di salire:
-Hermos, ho bisogno di una mano col disegno di arte.
-Disegno di arte? Sei bravo a disegnare? – chiese Thomas.
-Vuoi scherzare? Hermos è un artista!
Hermos venne trascinato sopra da Evelyn senza capire.
-Cosa dovrei aiutarti a fare?
-Scemo! Era solo una scusa per stare un po’ da soli.
-Cos’è una scusa?
-Dire una bugia per fare un favore a se stessi. Ora però stai zitto e baciami amore mio.
I due si baciarono in modo passionale, poi staccandosi Hermos disse:
-Quando bacio le tue labbra sento il fuoco dell’inferno, ma allo stesso tempo sono in paradiso.
-Sarà perché l’amore non è né buono, né cattivo. È solo amore! Tra una settimana finirò la scuola e dopo aver fatto la maturità sarò davvero libera e avremo tutta l’estate con noi.
-Domani è sabato. Non vai a scuola.
-Hai ragione. Beh, stanotte sarà la nostra notte. Magari su una spiaggia.
-Mi da fastidio la sabbia, mi si infila dappertutto.
-Hermos! Ti sei svegliato pure tu, è?
-Perché stavo dormendo?
-Lascia perdere. Comunque se proprio non ti piace la spiaggia, potremmo andare nella campagna isolata.
-La campagna isolata?
-È un luogo deserto vicino alla montagna.
-Direi che è perfetto. – disse abbracciandola.
-Tu sei dannatamente perfetto!
-L’amore acceca gli occhi. Non esiste la perfezione.
-Ti amo.
-Anch’io.
-Evelyn non è che potresti cedermi Hermos che ho voglia di batterlo ai videogame!
-Thomas sei patetico. Comunque abbiamo finito col disegno. È tutto tuo.
Così si concluse anche quella giornata, in modo direi perfetto!


Sperooo vi sia piaciuto.. . Chissà che faccia avrà sto Liam :3 ahahahah ciaoo :D
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Una notte magica ***


Capitolo 15. Una notte magica                    
Erano le nove di sera e in casa Daven erano tutti a letto a dormire, tranne Evelyn.
La ragazza era vestita e pronta e andò a bussare alla porta-finestra della camera di Thomas e Hermos per andare via con il suo amato.
Sfortunatamente Thomas stava giocando ai videogame e Hermos lo guardava.
-Hermos?
-Evelyn! Potevi anche entrare dalla porta!
-Hermos devo parlarti. Vieni in camera mia!
-Di cosa dovete parlare? Credo che ascolterò anch’io.
-Thomas devo spiegargli come si fa un’equazione! – disse Evelyn per fargli cambiare idea.
-Che schifo! Condoglianze amico mio!
Evelyn rise, consapevole dell’ignoranza di suo fratello, e andò con Hermos nella sua camera.
-Allora sei pronto?
-Per cosa?
-Ma come per cosa? Non dirmi che ti sei già dimenticato! La campagna isolata...
-Ah! Ho capito. Sì sono abbastanza pronto.
-Bene. Allora, senza fare chiasso dobbiamo uscire dalla scala d’emergenza. Sei pronto?
-Sì.
I due uscirono nel balcone e poi scesero giù molto lentamente per la scala d’emergenza, attraversarono il cortile e infine aprirono il cancello e uscirono in strada. Corsero senza tregua fino alla collina: una collina isolata dietro ad una montagna ricoperta da un soffice manto erboso, a tratti verde e basso e ad altri giallo ed alto.
-Ti piace qui? – disse la ragazza entusiasta.
-Non è che si veda molto a quest’ora, ma sembra bello.
La ragazza si appoggiò a lui abbracciandolo stretto.
-Tu sei tutto ciò che voglio. –disse Evelyn guardandolo negli occhi.
-Già. – fu la risposta del ragazzo. – me ne sono accorto. Ma sappi che anch’io lo voglio. – disse tremando.
-Stai bene?
-Questa situazione è piuttosto imbarazzante.
-Devi scioglierti! Rilassati.
-Se tu mi dici cosa devo fare per rilassarmi, io lo farò.
-Lasciati andare alle tue emozioni e vedrai che sarai così rilassato e così sollevato che ti sembrerà di volare.
-Se lo dici tu.
I due si baciarono dolcemente per qualche minuto, fino a quando Evelyn si tolse le scarpe e le calze che aveva sotto quel vestito. Hermos stranamente capì cosa stava succedendo e sciolse i capelli ad Evelyn. La ragazza tolse la maglia al giovane, accarezzando i suoi bellissimi muscoli.
-Mi sono messa un vestito bianco e largo come mi hai detto, in segno di purezza.
-Ti ringrazio molto. E sono onorato ad essere io il primo a macchiarti per sempre.
-Hermos puoi evitare di dire quelle cose? Non mi stai uccidendo.
Il ragazzo rise e poggiando le mani sulle spalle della ragazza le tolse il vestito, lasciandola in biancheria. Egli rimase senza fiato e non riusciva a smettere di guardarla: era bellissima.
Hermos la prese in braccio e la stese sul prato iniziando a baciarla, mentre Evelyn gli tolse i pantaloni e gli accarezzò la schiena.
Quando furono finalmente nudi arrivò il momento decisivo.
Evelyn chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel dolce momento, così dolce che non voleva finisse mai!
Il ragazzo entrò in lei dolcemente, facendola rabbrividire e continuando a baciarla e a tenerla nelle sue braccia possenti.
Quella notte finì presto e arrivò l’alba. Hermos al sorgere del sole aprì gli occhi, si alzò e vestì sia lui che Evelyn, in segno di rispetto e poi le diede un dolce bacio sulla guancia.
-Evelyn, so che stai dormendo ma così mi è più facile. Non sai quanto sono felice che stanotte ti sia concessa completamente a me. È stata un’emozione forte, ma bellissima. Immagino che anche se non lo dimostravi, avevi paura. Beh, io di più... ma ci siamo dati sicurezza a vicenda e credo che questo sia l’amore. Quell’amore che ti porterebbe anche a morire per salvare ciò che ami. Beh, ci sono tre cose che amo profondamente nella mia vita, anche se purtroppo sono diventate due... ma sappi, comunque, che tu sei una di loro. Amo il mio paese e amo te. Tutto il resto conta poco.
-Io amo solo te, Hermos. Del mondo non me ne frega un cavolo! – disse con gli occhi ancora chiusi.
-Che ne dici, andiamo a casa prima che tua madre si svegli?
-E dai! Ho sonno. – disse riaddormentandosi.
Hermos la prese in braccio e iniziò a camminare verso casa ripensando alla notte appena trascorsa e quando furono arrivati a casa la appoggiò sul letto e poi andò a dormire.
Mentre lì l’atmosfera era delle migliori per tutti, Luca si era svegliato all’alba per andare in soffitta e prendere la sua vecchia tuta da trekking.
Così entrò in camera di suo padre, prese il mazzo di chiavi e si diresse in soffitta. Appena trovò la tuta la prese e scese giù, riposando le chiavi dov’erano.  
Iniziò a perquisire quell’indumento senza però trovare nulla fino a quando non allungò la mano nella tasca laterale del pantaloncino. C’era un oggetto di ferro. Luca lo tirò fuori e... era una chiave di ferro dipinta di tre colori: verde, bianco e rosso! Non c’erano dubbi: erano i colori dell’Italia!
Image and video hosting by TinyPic" style="width: 140px; height: 140px;" />
Non ci mise molto a capire: era un messaggio in codice di Liam. Una chiave con i colori dell’Italia.. poteva significare solo che la chiave è in Italia.
Decise di partire subito, quindi lasciò un biglietto a suo padre dicendo che sarebbe partito.
Nell’aereo fece delle ricerche sul conto di Liam e riuscì a scoprire dove abita. Per fortuna stava andando bene, era Roma il suo prossimo obbiettivo.
Il viaggio fu molto lungo e durò all’incirca dieci ore, ma il giovane non chiuse occhio, cercando ancora notizie su Liam e sulla sua scalata sul monte Everest.
Liam arrivò in quella casa e bussò, ma nessuno gli rispose, allora spinse la porta ed essa si aprì.
Dentro la casa era vuota, non c’era niente e nessuno. Solo un mobiletto con sopra un vaso con dei fiori finti, che reggeva un foglio. Era un biglietto e quando Luca lo lesse rimase stupito...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** La verità su Liam ***


Salve a tutti... scusate il ritardo, ma ho avuto da fare! Ecco a voi il capitolo, spero vi piaccia :D
Capitolo 16. La verità su Liam

Quel biglietto a righe e giallino forse perché era vecchio diceva:
Ciao Luca.
Non so se leggerai mai questo biglietto, ma se lo farai vuol dire che mi stai cercando. Vai al piano di sopra e affacciati alla finestra sulla tua destra. Osserva il panorama.– Luca andò di sopra e si affacciò alla finestra e ciò che vide era una città bagnata dal mare. – Osserva la spiaggia, è lì che devi andare. Dietro a questo biglietto c’è una mappa. – il ragazzo girò il biglietto, ma non vide nulla, quindi tornò a leggere – è inutile, non la puoi vedere. Bagna il foglio con del succo di limone e la vedrai. Appena l’avrai fatto vai in spiaggia, c’è una sola entrata, e segui la linea rossa sulla mappa. Quei numeri corrispondono a dei passi. Ciao. A presto.                                                                                                                                            LIAM.”
Quel biglietto era rivolto a lui, Liam lo stava aspettando ed era a quattro passi da lui. L’unica cosa che non capiva era perché tanti misteri? Perché tante incertezze dividevano lui da quell’incontro?
Dopo un po’ smise di porsi quelle domande e partì in volta della spiaggia: anche se fosse stato difficile ci sarebbe riuscito, avrebbe superato qualsiasi ostacolo pur di incontrare quell’uomo.
Uscì fuori, andò dal fruttivendolo e chiese un chilo di limoni, senza rendersi conto che ne bastava solo uno!
Rientrò in casa e passò il limone sul foglio, rendendo così visibile la mappa e iniziò a muoversi seguendola.
Andò sulla spiaggia e fece nove passi in avanti, poi quattro a destra e poi superò la scogliera e infine girò verso destra e vide un piccolo capanno all’inizio della scogliera.
Si convinse che quello era il posto e allora entrò.
Dentro non c’era nessuno, almeno lui non vedeva nessuno, finché non sentì una voce alle sue spalle:
-Finalmente sei arrivato, ti stavo aspettando.
-Buonasera signor Daven.
-Chiamami Liam, non sono poi così vecchio.
-D’accordo Liam.
-Allora Luca, cosa vuoi sapere?
-Prima di tutto vorrei ringraziarti per avermi salvato la vita sei anni fa. E poi so perché sei andato via. Dovevi partire per il monte Everest. Voglio sapere una cosa. Com’è andata lassù?
-Cosa? Chi te l’ha detto? Comunque sì, se lo vuoi sapere te lo racconto. C’era uno scalatore che voleva scalare l’Everest e aveva bisogno di quattro accompagnatori per partire, così cominciò a fare delle selezioni nelle migliori palestre statunitensi e tra quei quattro c’ero anch’io. A me non è mai piaciuto scalare, ma ero bravo e mi rendeva orgoglioso sapere che neanche uno degli aspetti più inquietanti della natura riusciva a battermi.
Eravamo arrivati a buon punto, 4010 metri s.l.m. e decidemmo di accamparci per la notte in una rientranza del monte. Lo scalatore uscì all’alba fuori, mentre noi dormivamo ancora e mentre si godeva dalla montagna le prime luci del mattino una valanga lo travolse scaraventandolo giù. La grotta ci permise di ripararci, ma rimanemmo comunque gravemente feriti, almeno due di noi. Per fortuna io me la cavai con una semplice frattura al radio e di tre falangi della mano sinistra.
-Cosa? E agli altri cosa successe?
-Il più giovane andò in coma per ipotermia, un altro si ruppe un piede e poi, il più grave, un altro ha perso la sensibilità delle gambe essendosi rotto il midollo.
-Che storia! Tu sei stato fortunato! Ma dimmi, per questo hai smesso di scalare?
-Non ho smesso di scalare. Certo, è stato un bel trauma, ma non mi ha segnato poi così tanto. Non faccio più quel che facevo prima, semmai, per il mio braccio.
-Capito. E lo scalatore, che gli è successo?
-Beh, lui... non ce l’ha fatta.
-Capito. Posso chiederti un’altra cosa? – chiese indugiando.
-Dimmi.
-Perché ti sei nascosto così tanto in questi anni? – disse quasi con paura.
-Non ho voglia di vedere nessuno che mi prenda per pazzo.
-In che senso che ti prenda per pazzo?
-Beh, nel senso che non voglio incontrare persone che mi compatiscano per quello che mi è successo. Per me è stata una cosa normale, sono cose che accadono. E se io avessi detto questo, beh, chiunque mi avrebbe preso per pazzo!
-Io no. Per me non sei pazzo, sei solo diverso.
-Ed è una cosa brutta? Sai, lo chiedo a te perché non ho avuto rapporti con molte persone nella vita e quindi non so apprezzare certi valori di essa o di me.
-Ti assicuro che essere diversi non è brutto. Io ad esempio, anch’io sono cresciuto da solo con mio padre e l’unico ragazzo che abbia incontrato, l’ho incontrato per caso.
-Hai fratelli o sorelle?
-Cosa? Ho un fratello, ma non lo vedo.. da sempre! I miei hanno divorziato quando avevo circa tre anni. Io vivo con mio padre in California, su una montagna a San Diego e lui vive con mamma a Parigi. E tu invece, hai fratelli o sorelle?
-Solo un fratello. Vive anche lui a San Diego, che coincidenza!
-Già. Lo conosco. E conosco anche sua moglie e i suoi figli.
-Cosa? Wow. Ti piacerebbe rivedere tuo fratello?
-Tu non immagini quanto. E tu?
-Io lo odio. Anche se sua moglie mi è simpatica. Cioè, non fraintendere, non capire che... lascia perdere!
-Stai tranquillo. Come mai lo odi?
-Siamo cresciuti insieme, e siccome era mio fratello maggiore aveva il privilegio di tutto. Se solo ci penso mi viene da prenderlo a bastonate. Ma parlando di te, hai detto che hai voglia di rivedere tuo fratello.
-Sì, ma non penso che per lui sia lo stesso. Sai, quando all’inizio non sapevo chi mi avesse salvato la vita ho chiamato lui per chiederglielo e dopo avermi detto di no in maniera molto fredda ha subito riattaccato. Ho capito che ha tanti impegni con la sua azienda di moda, ma che cavolo! Cinque minuti a parlare con suo fratello, almeno fai finta dico io! Chiedi almeno perché ho rischiato di perdere la vita, come sto. No! Ha detto solo “no”!
-È più grande di te?
-Sì. Di un anno e mezzo.
-Non di molto, quindi. E dimmi, come si chiama?
-Giulio.
-Lascia fare a me. Hai detto un’azienda di moda, giusto? Non dovrebbe essere difficile trovarlo. Quante aziende di moda italiane ci sono a Parigi?
-No, lascia perdere. Non voglio darti altro disturbo, già hai fatto tanto per me.
-Luca, non ho niente da fare, lasciami divertire un po’.
-D’accordo, se proprio insisti.
Così finì quella piacevole discussione tra Liam e Luca e l’eroe decise di avviarsi verso Parigi per incontrare Giulio.
Nel frattempo, Evelyn studiava serenamente per l’ultimo compito prima dell’esame.
-E che significa? Cosa? Ma scrivere parole normali, no è?
-Forse sei tu che non le capisci! – disse Thomas provocandola.
-Almeno ho capito di che si tratta. Tu non capiresti nemmeno che materia è.
-Ne sei convinta, vero?
-Sì. L’idiozia ti ha inquinato il cervello!
-Mai quanto te. Ti consiglio di non lasciare il tuo diario in giro. A proposito, auguri! Solo un idiota come Hermos poteva prenderti!
All’udire quelle parole Evelyn spezzò la matita che aveva in mano e sbiancò in viso.
-Chi ti ha detto che potevi guardare nel mio diario? – disse imbarazzata.
-Tranquilla, non sono geloso. Tanto so che essendo così idiota è un seguace della castità prematrimoniale.
-Ne sei proprio sicuro? Beh, comunque non dirlo a nessuno o ti ammazzo.
Evelyn non finì neanche di parlare che sua madre andò a farle gli auguri.
-Auguri tesoro, io e tuo padre siamo d’accordo sul fatto che non potevi scegliere di meglio.
-Grazie mamma. – disse felice, poi si rivolse a suo fratello e disse ad alta voce – Brutto cretino, come hai potuto? Ma non sei proprio capace di stare zitto?
Intanto Hermos assisteva alla “discussione” e rideva, forse sollevato per averla presa così bene.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Welcome to Paris ***


Bonjour a tout le monde, tanto per stare in tema ahahahaah :) Questo è il 17° capitolo. Spero vi piaccia :D
Capitolo 17. Welcome to Paris

Luca e Liam avevano preso il primo volo per Parigi anche se il primo era ancora all’oscuro del perché il suo eroe avesse preso quella decisione.
-Allora Liam, mi dici perché vuoi andare a Parigi da mio fratello?
-Voglio che tu sia felice e voglio che vi rincontrare, se è quello che vuoi.
-Ma lui non vuole.
-Tranquillo, ci penserò io.
Il ragazzo si fidava di Liam, d’altronde, era il suo eroe! Così decise di addormentarsi felice e spensierato per tutto il viaggio. Prima di cadere in un sonno profondo i suoi pensieri erano rivolti a Liam e a suo fratello e se davvero sarebbe riuscito a rivederlo dopo tanto tempo.
Dopo tanto tempo l’aereo atterrò a Parigi. La città era illuminata da un timido solo mattutino che risplendeva in ogni luogo, anche nei più isolati. Quella città era davvero meravigliosa, era tutto perfetto!
Mentre Luca era preso a guardare il paesaggio circostante, Liam aveva già chiamato un taxi per un hotel. Dopo un po’ il taxi arrivò e i due ragazzi partirono per un hotel sconosciuto.
-Si può sapere cosa andiamo a fare in un hotel?
-Dimmelo se vuoi dormire per strada e poi mi serve internet per fare delle ricerche.
-Su cosa?
-Sull’azienda di tuo fratello.
-Tieni. Ho internet e un portatile.
-Tu sei un genio!
Arrivarono all’hotel e prenotarono una stanza e quando furono arrivati in camera mentre Luca sistemava il tutto, Liam faceva delle ricerche su Giulio e la sua azienda e scoprì dove si trovava. Era nella strada opposta.
-Senti Luca, io vado a fare un giro. Tu aspetta qui.
-D’accordo. Credo che farò un riposino.
-Bravo dormi. Ciao!
Mentre Luca aveva deciso di dormire un po’, Liam era uscito per andare all’azienda di Giulio. All’improvviso, mentre era giunto sulla strada giusta, vide davanti a lui un imponente palazzo, tanto alto e ben architettato che sembrava un grattacielo. Decise di entrare, l’ingresso era immenso, ma allo stesso tempo deserto. C’era solo una signora sulla quarantina dietro una scrivania: decise di chiedere a lei.
-Buongiorno. Mi scusi dovrei parlare con Giulio urgentemente.
-Se è urgente glielo chiamo.
-La ringrazio.
Dopo qualche minuto d’attesa uscì da uno degli ascensori un ragazzo che era l’esatta fotocopia di Luca, solo un po’ più alto e con i capelli più scuri.
-Salve. È lei che voleva parlarmi?
-Sì. Giovanotto dammi pure del tu, non sono molto vecchio. Mi chiamo Liam.
-D’accordo Liam. Io sono Giulio.
-Lo so. tuo fratello mi ha parlato molto di te.
-Tu conosci mio fratello?
-Beh, si può dire che lo conosca perché io sono l’uomo che gli ha salvato la vita sei anni fa.
-Cosa? Senti, usciamo nel giardino qui fuori per parlare senza che le telecamere ci sentano. – disse prendendo il suo interlocutore per il braccio e trascinandolo fuori. – Qui andrà bene. Cosa ti ha detto mio fratello su di me?
-Non molto purtroppo. Solo che aveva una voglia matta di rincontrarti e che gli è dispiaciuto quando gli hai riattaccato il telefono in faccia.
-Quel giorno ero nervoso. E poi non avendolo mai conosciuto e di conseguenza apprezzato non riesco a parlargli.
-Per te bisogna conoscere le persone per parlare con loro? Secondo me bisogna parlare con le persone per conoscerle. E poi, tu sei cresciuto con molti amici, molte compagnie. Oggi dovunque ti giri c’è sempre una faccia diversa. Invece lui ha sempre abitato su una montagna isolata con la sola compagnia di suo padre.
-Affari suoi se non è mai sceso a valle.
-È l’unica cosa che ti viene da dire? Hai mai saputo perché non vivete insieme?
-Certo. I nostri genitori hanno divorziato poco dopo la nascita di Liam.
-Ti sbagli. Hanno divorziato quando Luca aveva tre anni e tu quattro.
-No. Tu stai mentendo.
-Ho preso dalla roba di Liam un DVD. Lo vediamo?
-D’accordo. Seguimi.
I due camminarono per qualche minuto fino a giungere in una casa nel palazzo, si sedettero in salotto e inserirono il DVD nel lettore. Pochi secondi di ansia e il filmato partì.
 
Flashback
Era il quarto compleanno di Giulio e in tutta la famiglia si festeggiava tranquillamente, fino a quando arrivò il momento dei regali. Il padre dei due non c’era in casa e nessuno sapeva dove fosse, ma la madre decise di cominciare lo stesso. Arrivò anche il turno di Luca. Il bambino essendo piccolo non aveva regalato un oggetto materiale e prezioso come sua madre, ma semplicemente un disegno di loro due da grandi, che camminavano felici per le strade di Parigi, la città dove sognavano di abitare da grandi.
-Tieni. Questo è per te. So che non vale niente, ma volevo farti qualcosa anch’io.
-Grazie. Non è vero che non vale niente. Questo vale più di cento lingotti d’oro per me.
-Sei il miglior fratello che potessi desiderare. – disse abbracciandolo.
Fine Flashback
 
Il filmato finì e Giulio rimase immobile a guardare lo schermo.
-Giulio? Sei tra noi?
-Ehm... io... – disse con un tono strano.
-Stai piangendo?
-No, ma figurati se piango per cose del genere – disse asciugandosi gli occhi. – Dopo i sette anni non ho più pianto.
-Eri così pieno di cose felici, che non riuscivi a renderti conto che mancava una parte di te. Non hai più pianto perché non ne conoscevi la ragione. Credevi di avere tutto. Dimmi, a che età ti ha detto tua madre che avevi un fratello?
-L’ho scoperto da solo all’età di 19 anni.
-E ora quanti anni hai?
-Quasi 21.
-Lui l’ha saputo da sempre.
-Portami da lui.
I due percorsero quella strada arrivando a quella opposta e arrivarono nella stanza. Luca si era svegliato e parlava invano a una foto.
-Non sai cosa darei per poterti riabbracciare. –disse a quel quadretto.
-Luca... –disse tremando.
-Giulio! – replicò andando verso di lui. –Liam ma come hai fatto? I veri eroi non si smentiscono mai.
-Ti ringrazio. Vi lascio soli.
-Come stai?
-Non sai in questo momento quanto sono felice.
-Io non ci credo. Non credo ancora che ho ritrovato la persona che era a fianco a me in quel disegno.
Dopo un attimo di esitazione i due fratelli si riabbracciarono come sedici anni prima...

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Il lieto fine non esiste solo nelle favole ***


Salveeeee... scusate ma il caldo mi fa perdere l'ispirazione ._. Ed ecco l'ultimo capitolo.. spero vi piaccia.. a settembre riprenderò a scrivere, promesso :)
Capitolo 18. Il lieto fine non esiste solo nelle favole

Quando Luca ebbe ritrovato suo fratello, insieme, partirono per San Diego. Nella stessa città la storia d’amore tra Evelyn e Hermos era diventata pubblica e tutti erano felici per loro, fin quando non arrivò il giorno dell’esame finale di Evelyn.
-Evelyn, sveglia! Hai l’esame! –gridò sua madre invano alla porta, ma quando dopo un po’ la ragazza non rispose entrò e la trovò addormentata su un libro sulla scrivania. Si avvicinò e la scosse ripetendo il suo nome.
-Mamma! Non dirmi che ho fatto tardi!
-No, ma hai studiato tutta la notte?
-Una piccola ripetizione... che è durata cinque ore. Ma sono pronta. –disse la ragazza andando in cucina.
-Secchiona sei pronta? –disse Thomas.
-Ovviamente. Ma dov’è Hermos?
-È un po’ in imbarazzo da quando abbiamo scoperto che state insieme, ma non so dove sia... stamattina è uscito presto.
-Capito. Ora vado. Ciao a tutti! – disse la ragazza varcando la soglia della porta.
Uscì e fece quel solito percorso mattutino, dove poteva scorgere tanti ragazzi come lei che non potendo andare a scuola, lavorano, dando una mano alla propria famiglia. Il suo punto di vista era cambiato, lei era cambiata, era cresciuta ed era pronta per la maggiore età.
Entrò in quell’imponente cancello che oggi risplendeva del suo colore originario e in seguito nella sua scuola, dove ogni cosa le sembrava sempre uguale e noiosa, che oggi le sembrava speciale, perché era l’ultima volta che vedeva ogni singola cosa.
E infine, entrò nell’aula in cui si teneva il suo esame, che a differenza del resto della scuola le sembrava pesante e cupa; ma Evelyn non si lasciò intimorire e appena arrivò il suo turno fece un esame ancora più bello e interessante di quanto chiunque dei presenti si aspettasse.
-Complimenti a tutti per l’esame, ci vediamo oggi pomeriggio alle quattro per il ritiro del diploma. – disse uno dei professori, salutando gli alunni.
Le quattro del pomeriggio arrivarono subito e Evelyn andò a scuola insieme alla sua famiglia, anche se non riuscì comunque a trovare Hermos, a ritirare “l’eventuale” diploma, anche se lei era convinta di avercela fatta.
La cerimonia iniziò dopo una ventina di minuti dal suo arrivo. Il preside cominciò a dire i nomi di tutti i ragazzi che avevano ottenuto il diploma, erano davvero tanti! Circa 600. Il direttore disse tutti i nomi in ordine alfabetico, ma tra questi non c’era il nome di Evelyn.
-Non è possibile, dopo tutto il lavoro che ho fatto... – disse, ma venne interrotta da una voce amplificata da un microfono.
-Un attimo di attenzione, per favore! Come forse avrete potuto notare qui c’è un diploma con un nastro rosso, rispetto a quello azzurro di tutti. Questo è un diploma un po’ speciale perché non c’è mai stato un tale risultato nella nostra scuola. Sono orgoglioso di dare questo diploma a una ragazza... una ragazza che ha davvero segnato i nostri cuori con la sua voglia di immaginare sempre qualcosa che non combaci in nessun modo con la realtà. E sono orgoglioso di dire che questo diploma, col voto più alto mai registrato in questa scuola va a... – attimi di panico per i presenti, anche se Thomas già rideva, era sicuro che fosse di sua sorella. – Evelyn Daven. Congratulazioni!
La ragazza si alzò in piedi incredula e andò a ritirarlo senza esitare un istante, ringraziando e salutando tutti con un gran sorriso.
-Ne ero sicuro, secchiona. – disse suo fratello abbracciandola. – e ora vieni con me. C’è una persona che vuole parlarti e... molla ‘sto pezzo di carta a mamma – disse dando il diploma a sua madre.
-Chi vuole parlarmi?
-È qui dietro, vieni. – disse prendendola per il braccio e trascinandola in un angolo della scuola isolato. – ecco, ora parlate.
-Ciao Hermos, dove eri finito?
-Ero andato a fare una cosa importante, ora vieni con me. – disse mettendole una benda davanti agli occhi e prendendola per mano.
Camminarono per un po’ fino ad arrivare in un posto in cui si sentiva forte la sabbia sotto i piedi. Evelyn si tolse la benda e notò tanti tavoli apparecchiati in modo strano, ma originale e tanta gente che usciva dalle rocce e gridava: “congratulazioni!”
La festa andò benissimo e la ragazza scoprì che era stata un’idea di Hermos e Thomas, ma che lo stile era stato deciso dal ragazzo greco.
 
Five years later
Erano passati ormai cinque anni e Evelyn ed Hermos erano ormai felicissimi insieme, fin quando arrivò una sera, che definirei, ancora più magica. I due erano seduti sul divano a guardare un film e il protagonista, inginocchiandosi, chiedeva alla donna che amava di sposarsi. A quel punto Hermos prese uno scatolino blu dalla tasca della camicia, si inginocchiò ai piedi della sua amata e pronunciò quelle parole magiche:
-Evelyn, vuoi sposarmi?
La ragazza tra l’incredulità e la commozione sussurrò un – sì! – mentre il ragazzo le metteva al dito l’anello.
Il giorno dopo non persero tempo e lo dissero ai genitori di Evelyn. Erano tutti entusiasti, e dopo la notizia, i due fidanzati parlarono allegramente.
-Sai che così mi hai reso davvero felice?
-Averti conosciuto mi ha reso la persona più felice al mondo. Non sono mai stato tanto felice che con te e ti devo molto, Evelyn.
-È stato il mio modo per sdebitarmi, mi hai salvato la vita, Hermos.
-Chiunque avrebbe fatto lo stesso.
-Non è vero. E poi non era chiunque, eri tu.
-Anche tu mi hai salvato la vita, quando finì la guerra. Quello è stato il tuo modo per sdebitarmi. Sei sempre in vantaggio tu, dimmi, cosa posso fare per te?
-In realtà ci sarebbe una cosa, una cosa che mi renderebbe tanto felice.
-Cosa?
-Sposiamoci nello stesso luogo in cui ci siamo conosciuti.
-Ma ci siamo conosciuti in Grecia!
-Beh, allora sposiamoci lì.
Due mesi dopo i ragazzi si sposarono in Grecia, come stabilito, e fu il più bel matrimonio che si fosse mai visto, forse perché erano loro i protagonisti di quella favola. Una favola che è finita a lieto fine, ma che dico, non è finita! Questo è solo l’inizio di una favola, che non finirà mai...

Grazie a tutti coloro che hanno sempre, o quasi, letto la mia storia e a quelli che l'hanno recensita. Ciaooo a tutti =)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1049294