Black Love

di Zeressa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** All'ombra del ciliegio (prima parte) ***
Capitolo 3: *** All'ombra del ciliegio (seconda parte) ***
Capitolo 4: *** Dispetti ***
Capitolo 5: *** Nightmare ***
Capitolo 6: *** Fantasmi del passato (Prima parte) ***
Capitolo 7: *** Fantasmi del Passato (Seconda Parte) ***
Capitolo 8: *** Fantasmi del Passato (Terza Parte) ***
Capitolo 9: *** "Dove sei?" ***
Capitolo 10: *** Back to Home (Prima parte) ***
Capitolo 11: *** Back to Home (Seconda Parte) ***
Capitolo 12: *** L'altra faccia della medaglia ***
Capitolo 13: *** La verità ***
Capitolo 14: *** Risveglio (Prima Parte) ***
Capitolo 15: *** Il Risvegio (Seconda parte) ***
Capitolo 16: *** Silenzi (Prima parte) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Londra, marzo 1943.

 La luna si rifletteva pigra e perfetta sulle acque torbide del Tamigi. Sulle stradine che si affacciavano sulle sponde nel silenzio facevano a volte capolino alcuni gatti randagi in cerca di cibo. All'improvviso il silenzio fu interrotto da un seguirsi di spari e, successivamente, da dei passi di corsa.
Da uno dei vicoletti apparve un ragazzo: sotto la pallida luce della luna apparve un giovane sulla trentina, con i capelli biondi e vestito con abiti abbastanza costosi. Il suo viso era contorto in una smorfia di dolore: una mano la teneva premuta sul fianco destro per bloccare l'emorragia.
« Non puoi andare molto lontano freak. Il proiettile che ti ha colpito era benedetto e non puoi scappare a lungo con una ferita che non puoi rimarginare.»
Un uomo uscì dal vicoletto da dove era corso fuori il ragazzo: era alto, vestito con un completo che rimandava allo stile vittoriano, con tanto di cappotto lungo fino ai polpacci di un rosso cardinale accompagnato da un cappello dello stesso colore e, infine, nonostante fosse notte inoltrata, portava un paio di occhiali da sole con le lenti sull'arancio. Nella mano destra portava una pistola e sul volto aveva stampato un ghigno feroce e divertito. Stese il braccio e puntò la pistola contro la sua preda e sparò nuovamente. Il proiettile tranciò di netto la gamba sinistra del vampiro che scappava. Tra le urla di dolore riuscì a dire "Bastardo. Sei un mostro!" L'uomo si fermò un attimo e, dopo aver guardato la sua preda, scoppiò in una fragorosa risata.
« Perchè ridi? Chi sei? Cosa vuoi da me!? »
« Rido perchè mi diverto. Sono venuto a mettere fine alla tua esistenza poichè io, Alucard, sono l'arma del Casato Hellsing. E tu sei solo spazzatura difronte a noi.
Ti saluto, stupido freak. Muori! »
Sparò un unico colpo mirato alla testa e, dopo qualche secondo, del ragazzo rimase solo polvere.

 

Alucard osservava la luna alta nel cielo. Si era andato a sdraiare per godersi lo spettacolo sulle tegole di un tetto, poco lontano da dove era finita la sua missione.
« La luna stasera è davvero bella. Forse 60 anni fa me la sarei potuta godere al pieno con te, Mina. »
Si alzò, diede un ultimo sguardo malinconico alla luna, e scomparve nel buio della notte, pronto ad affrontare una nuova missione.

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Capitolo 2
*** All'ombra del ciliegio (prima parte) ***


Alucard entrò nello studio del suo Master controvoglia. Era un uomo antipatico e, secondo lui, alquanto superficiale, ma , dopotutto, era il suo Master e non poteva cambiarlo. A meno che non fosse morto e avrebbe preso il suo posto Arthur, il più grande dei suoi figli, anche se aveva solo venti anni.
« Signore avete chiamato? »
Il Master alzò lo sguardo dal documento che aveva in mano e lo rimproverò, come d'abitudine ormai, del fatto che si presentava dinanzi alla sua persona con gli occhiali da sole, cosa che lui non sopportava: voleva leggergli negli occhi quello che provava.
Con un gesto di stizza il servo levò gli occhiali e apparvero due occhi rossi come il sangue.
« Sai perchè ti ho fatto chiamare? »
Si andò a postare dinanzi al finestrone che si trovava dietro la scrivania. Il sole era coperto da un velo di nuvole e, guardando verso il giardino, intravide i suoi figli che giocavano con un pallone.
« No mio Signore, non ne conosco il motivo, ma sono sicuro che qualunque sia il motivo è giusta cosa per voi. »
Il Master si voltò e indicò con lo sguardo la parte oscurata della stanza. Alucard se ne era accorto appena entrato della presenza di due figure, ma non gli aveva dato peso. Con un semplice gesto della mano le due persone si avvicinarono: erano un ragazzino di quindici anni appena, vestito con un completo tipico da maggiordomo, e una ragazza, probabilmente a disagio, vestita con pantaloni e e una camicia rossa.
Alucard rimase stupito: non aveva mai visto una donna in abiti maschili. Aveva i capelli neri, legati in una treccia  intrecciata con un nastro rosso lunga fino alla vita; portava un paio d'occhiali a lenti rotonde abbastanza grandi che cercavano di nascondere dei bellissimi occhi color cioccolato che si posavano sul pavimento per l'enorme imbarazza che provava.
Dinanzi a questa figura stramba e divertente, Alucard fece un profondo inchino che, agli occhi della giovane, parve canzonatorio nei suoi confronti.
« Alucard ti presento i nostri due nuovi membri della squadra: Walter e, mia figlia, Lucy Mary Rose. »
« Vostra figlia? »
« Esattamente. E' stata quindici anni ospite in Italia da un parente di mia moglie. Sarà lei un giorno a succedermi come capo dell'organizzazione Hellsing e come tuo Master. »
Il vampiro rimase stupefatto dalla risposta: non si aspettava di certo questa comparsa.
« Padre, chiedo il permesso di ritirarmi nella mia stanza, poichè il viaggio mi ha stancato molto.»
Il Master la squadrò per qualche secondo, disapprovando mentalmente i modi di fare della figlia e le diede il consenso. Appena la giovane uscì, anche il vampiro chiese di ritirarsi nei sotterranei, e seguì quella ragazza che le sembrava così strana.





La ragazza si chiuse alle spalle la porta della sua stanza.
Si diresse verso il bagno per concedersi una lunga doccia calda. Sotto il getto dell'acqua continuava a domandarsi per quale motivo aveva accettato di tornare a Londra. La sua vita era a Roma, dove aveva vissuto quindici lunghissimi anni felici, anche se il motivo per il quale si era trasferita era triste: dopo la morte di sua madre, quando aveva solo cinque anni, il padre l'ha mandata dai parenti della madre, per potersi risposare senza problemi e crearsi una nuova famiglia.
Non gli era mai andato a genio che il primo figlio fosse stata una bambina che non aveva neanche una delle caratteristiche fisiche degli Hellsing: occhi azzurri e freddi come il ghiaccio e capelli biondi. Per via della madre italiana era nata con caratteristiche mediterranee. Prese tra le mani una ciocca dei suoi capelli lunghissimi: chissà se fosse stata diversa forse il padre l'avrebbe accettata e forse, un giorno, voluto bene. Forse.
Forse l'odiava anche perchè era cattolica e se non fosse venuto a conoscenza del fatto che la XIII Divisione del Vaticano voleva che lavorasse per loro non l'avrebbe mai richiamata a Londra.
Uscì dalla cabina della doccia e cominciò a vestirsi. Per comodità scelse, come d'abitudine ormai, di indossare un paio di pantaloni, neri come i suoi capelli, una delle sue amate camice e un gilett rosso. Si acconciò la treccia con il nastro, prese la custodia con il violino dentro e uscì dalla finestra: era all'ultimo piano, ma la cosa non la preoccupava affatto. Saltò e atterrò delicatamente sul prato sottostante e si diresse verso l'enorme ciliegio che si elevava dietro la villa.

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Capitolo 3
*** All'ombra del ciliegio (seconda parte) ***


La guardava allontanarsi verso il grosso ciliegio del giardino. Ogni secondo che passava le sembrava ancora più divertente. Decise ancora di seguirla, magari si sarebbe divertito ancora di più.
Lucy arrivò sotto il maestoso albero e accarezzò la corteccia.
« Accidenti se sei cresciuto! Hai mantenuto la promessa. Sono così felice di vederti.
Visto? Sono tornata come ti avevo promesso, e sono pronta a suonarti qualcosa, come quindici anni fa. Sei felice? »
Detto questo guardò in alto: i primi rami più stabili su cui salire si trovavano a 2.5 metri da terra. "Nessun Problema" pensò la ragazza: in quei quindici anni si era allenata per raggiungere altezze più alte e questa di certo non la spaventava. Con n solo balzo arrivò al ramo che aveva scelto, si appoggiò al tronco e si mise a cavalcioni. Dopodiché presa la custodia e tirò fuori il suo amato violino. Si alzò e, tenendosi in equilibrio, cominciò a suonare una ballata allegra che si sparse nel vento e, in quel momento, sembrava che i fiori del ciliegio danzassero spinti dal vento.
«Complimenti siete davvero brava.»
A quelle parole si accompagnò un lieve applauso e Lucy, per lo spavento, perse l'equilibrio e cominciò a precipitare. Si aspettò il contatto con il terreno e un forte dolore al fondo schiena, invece Alucard si fece trovare e riuscì a prenderla in braccio. Cercava a stento di trattenere una fragorosa risata
«Mi dispiace, non era mia intenzione spaventarvi. Perdonatemi»
L'unico pensiero che Lucy si permise di fare era per quale motivo il vampiro non fosse diventato cenere sotto la luce del sole. Subito dopo diventò rossa per l'imbarazzo. Alucard la mise a terra e, non riuscendo più a trattenersi, scoppiò a ridere mettendo in bella mostra i denti appuntiti.
« Sono..Sono così divertente?»
La ragazza, imbarazzatissima, spostò lo sguardo a terra e si accorse, terrorizzata, che l'archetto era andato distrutto nell'impatto al suolo. Il violino, per fortuna, era riuscita a tenerlo in mano.
Mentre il vampiro continuava nella sua risata, la ragazza si avvicinò ai resti dell'archetto e li raccolse.
Nel preciso momento in cui li prese in mano sentì crescere dentro di lei una rabbia e un furore incontenibili. Si girò verso il vampiro e, con il fuoco negli occhi, si avvicinò a lui.
« Bravo continua a ridere stupido imbecille! Guarda cosa è successo! Si è rotto l'archetto e, per colpa tua, ora non potrò più suonare! Se tu non fossi sbucato dal nulla facendomi perdere l'equilibrio tutto questo non sarebbe mai successo! »
Alucard smise immediatamente di ridere e squadrò la ragazza.
« Non c'è bisogno di adirarsi così tanto per un archetto. Si può riaggiustare, oppure te lo farai ricomprare.
Voi umani non cambierete mai: sempre attaccati agli oggetti. »
In quel momento la ragazza non ci vide più. Posò a terra il violino e tirò fuori dallo stivale molto largo, con un gesto fulmineo, una pistola che sembrava essere molto pesante. Con una velocità inaspettata la mise sulla fronte del vampiro.
« Mi hai fatto proprio arrabbiare. Quello non era un archetto qualunque: era l'archetto che usava mia madre quando era ancora in vita! Ritieniti fortunato che non ti uccida. »
Alucard la guardò tra il meravigliato e il divertito.
La ragazza tolse la pistola raccolse il violino e se ne andò diretta verso una zona remota del giardino.
"Ho visto giusto: ci sarà da divertirsi con lei"
La guardò allontanarsi e rise ancora. Poi sparì nel nulla.

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Capitolo 4
*** Dispetti ***


Lucy si andò a nascondere in uno dei grossi cespugli del giardino e lì, tenendo ancora in mano i resti del suo archetto, cominciò a piangere.
"Perdonami mamma non sono riuscita a salvarlo. Era tanto importate per te quanto lo era per me. Sono un'idiota."
Rimase nascosta lì dietro per tutto il pomeriggio fino a tarda serata. Guardò il cielo passare dal nuvoloso, allo schiarito, dal cielo azzurro fino a diventare rosso con il tramonto e, successivamente, vide spuntare le prime stelle nel cielo e il sorgere della luna.
"Guardati: prima fai la spaccona (con un vampiro per di più!) e poi corri a piangere. Sei patetica"
Passò gran parte del tempo a piangere ed a rimproverarsi della sua timidezza, troppo forte per una persona debole come lei.
Solo quando sentì la voce di Michael, maggiordomo della residenza Hellsing, che la chiamava, decise di uscire allo scoperto.



Nella stanza sotterranea dove passava gran parte del suo tempo libero non c'era alcun tipo di luce, nè naturale nè artificiale. Dopo tutto era un vampiro e viveva nelle tenebre. Si andò a sedere su quella specie di trono al centro della stanza e allungò un braccio per prendere un calice che si trovava su un tavolino lì vicino.
Con il calice in mano ripensava all'episodio accaduto nel pomeriggio e un sorriso apparve sul volto pallido. Ripensò alle parole dette dalla ragazza "Ritieniti fortunato che non ti uccida". Per essere un'umana e aver detto queste cose ci dovevano essere due motivazioni: o non si era accorta che lui era un vampiro oppure se ne era accorta ed era una pazza. Oppure era sicura delle sue capacità? In effetti non si era nemmeno reso conto che avesse preso la pistola e ripensò pure al salto per arrivare al ramo. Non erano capacità normali per un essere umano.
In quel momento gli tornò in mente il momento in cui l'aveva presa al volo e al momento in cui le sue mani la toccarono. Subito dopo si rimproverò dei pensieri stupidi che faceva. Bevve in un sorso solo il sangue presente nel calice e decise di andare a dare un po' fastidio a quella ragazza.
Si alzò e si incamminò verso le scale che portavano ai piani superiori.


Ancora una volta sospirò guardando la misera stanza in cui si trovava e rimpianse la bella camera da letto che aveva a Roma.
La giovane Hellsing si andò a sedere al tavolo con lo specchio per spazzolarsi i lunghissimi capelli appena sciolti dalla treccia. Appoggiò il lunghissimo nastro rosso sulla scrivania e prese la spazzola, guardandosi allo specchio. All'improvviso la sua immagine riflessa scomparve e apparve un grosso occhio rosso.
Lucy urlò e cadde dalla sedia per lo spavento. Nel momento in cui cadde a terra, l'occhio cominciò a staccarsi dallla superficie dello specchio e cominciò a prendere forma, fino a diventare un grosso essere uniforme pieno di occhi rossi che la scrutavano
« VATTENE VIA! »
Detto questo la ragazza lanciò la grossa spazzola contro il mostro che aveva dinanzi, ma quest'ultimo si scansò subito come niente fosse. Lucy allora si alzò dal pavimento e corse verso la porta per uscire, ma "sfortunatamente" non si apriva.
Nel frattempo l'essere non ancora definito nelle sue fattezze si avvicinava a lei. La giovane allora cercò la pistola, ma nello stesso istante in cui toccò la caviglia pronta a tirarla fuori dallo stivale si ricordò che era in camicia da notte e che la pistola si trovava sul tavolo dietro al mostro.
Nel momento in cui pensò di dirigersi verso la finestra e scappare da lì, il mostro andò a definirsi completamente e la stessa risata che aveva sentito nel pomeriggio cominciò a risuonare nella stanza: il mostro si era completamente trasformato e Alucard era piegato in due dalle risate. Lucy sentì nuovamente salire nel suo corpo una rabbia cieca nei confronti del vampiro. Si avvicinò velocemente a lui e gli diede un cazzotto sulla mascella. Ma dovette maledirsi da sola per il dolore lancinante che provò subito dopo: non sapeva se gli aveva fatto male, ma lei se l'era fatto eccome!
Alucard si avvicinò alla ragazza, che nel frattempo si era andata a sedere nuovamente sulla sedia vicino al tavolo.
« Allora sei proprio pazza come immaginavo! Oltre alla minaccia di morte, ora anche il cazzotto! Sei proprio una stupida »
La ragazza si alzò di scatto con uno sguardo furioso.
« Io stupida? IO MI STAVO DIFENDENDO! L'unico stupido che vedo sei tu che ti metti a spaventare la gente senza motivo! Escisubito da questa stanza mostro! »
A quelle parole tutto il divertimento che aveva provato fino a quel momento sparì dal suo volto. Con un gesto fulmineo afferrò i polsi della giovane e l'attirò a se e, con i suoi occhi rossi che la fissavano dritta negli suoi di occhi, Lucy si sentì momentaneamente persa.
« E' vero, io sono un mostro, ma è la mia natura. E tu cosa sei Lucy Mary Rose Hellsing? »
La lasciò subito dopo e cominciò a guardarla: portava una camicetta da notte rossa come il sangue lunga fino al ginocchio con qualche stampo fioreale all'altezza delle spalline. Chiuse gli occhi e, mettendosi le mani in tasca, si voltò e si diresse verso la porta, l'aprì e quando fu fuori poco prima di richiudere la porta , si girò verso Lucy che era rimasta imbambolata dinanzi al tavolo, e fece un altro dei suoi sorrisi.
« Posso darti un parere sincero? Ti preferisco con la gonna »
In quel momento Lucy si ricordò di essere in tenuta da notte e, con le guance rosso fuoco per l'imbarazzo, prese la spazzola da terra e la lanciò contro Alucard, ma la andò a sbattere contro la porta chiusa.

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Capitolo 5
*** Nightmare ***


Il sole penetrava a chiazze dalle numerose foglie del ramo dove si era rifugiata. Il ciliegio dove era salita era molto alto, ma la cosa non la preoccupava: era brava ad arrampicarsi sugli alberi e, proprio su quel ramo, aveva costruito il suo piccolo rifugio: era nascosto dalle foglie e dai numerosi rami e d'estate raccoglieva le ciliege e se le mangiava per merenda. Era il suo piccolo rifugio. Il suo bellissimo rifugio di quando era bambina.
All'improvviso il cielo si fece scuro e cominciò a tirare un forte vento che le scompigliò i lunghissimi capelli.
Il ramo su cui era seduta cominciò a sgretolarsi e Lucy precipitò nel vuoto; si aspettò nuovamente in atterrare sul terreno e il dolore, ma, invece, il suo corpo fluttuava nel vuoto. Cercò di intravedere qualcosa nella lunga distesa di tenebre che la circondava ma non riusciva a vedere nulla.
"Dove mi trovo? Che cosa mi è successo?"
Cominciò a tastarsi in varie parti del corpo, per avere la certezza di esserci fisicamente; quando la mano toccò il suo viso si accorse di non portare gli occhiali. Toccandosi ancora si accorse che qualcosa nel suo corpo era cambiato: il suo naso piccolo e delicato e le labbra si erano ingranditi; qualcosa nella sua bocca cominciava a darle un tremendo fastidio, nonostante non avesse nulla dentro: con la lingua andò a rivedere i contorni dei denti e, quando arrivò ai canini, rimase terrorizzata: erano tremendamente lunghi e appuntiti. Ecco cosa le dava fastidio. Cominciò a tastarsi il petto e le gambe: si accorse con orrore che era diventata un uomo. Per di più un vampiro!
Se fosse stata nel suo corpo originario, avrebbe sentito le guance diventare incandescenti per l'imbarazzo. E invece niente.
Si accorse che il corpo non le ubbidiva più e iniziò a scendere verso il basso. Poco dopo sentì toccare il terreno e iniziò a camminare verso una fonte di luce remota che era apparsa in lontananza. Lucy sperò con tutto il cuore che appena raggiunta la luce si svegliasse perchè quel sogno la stava mettendo disagio.
I passi cominciarono ad essere più veloci e, man mano che si avvicinarono alla luce, il paesaggio cambiò: le tenebre lasciarono spazio ad un lungo corridoio fatto di specchi e la ragazza non perse l'occasione di  osservare la sua mutazione. Aveva visto giusto: era diventata un uomo. Aveva dei folti capelli castani raccolti in una lunga coda e il naso molto pronunciato. Vestiva come un uomo del Settecento e nella mano destra portava una lunga spada.
A pochi passi dalla porta luminosa l'uomo si fermò.
« Mi ripeta il compito. »
Lucy si accorse di una presenza alle sue spalle.
« Voglio che tu uccida mia moglie e la bambina. Uccidile e l'organizzazione ti lascerà andare via e potrai tornare nel tuo Paese natale.
DEVI UCCIDERLE! SONO DUE ESSERI CHE NON MERITANO DI VIVERE! UCCIDILE, E AVRAI LA LIBERTA'! »
Sul viso dell'uomo apparve un ghigno feroce e, uscì velocemente dalla porta. Il pensiero di poter tornare dai suoi cari gli diede tutta la forza che necessitava.
Percorse un lungo corridoio in pietra e si gustava di già il momento in cui avrebbe abbracciato la sua amata; dal canto suo Lucy sperava che quell'incubo finisse subito.
L'uomo arrivò dinanzi una porta: fece un altro ghigno, tirò fuori la spada dal fodero e, con un calcio, sfondò la porta.
Al suo internò c'era una donna in piedi che teneva in braccio una bambina che avrà avuto all'incirca cinque anni.
Lucy in quel preciso istante prese tutto il fiato che aveva in corpo e urlò all'usignolo con la bambina.
Si svegliò tutta sudata con il terrore negli occhi: quella era sua madre e la bambina era lei da piccola.

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Capitolo 6
*** Fantasmi del passato (Prima parte) ***


Arrivarono ad Edimburgo nel cuore della notte. Per quanto fosse stanca per via delle ultime notti passate in bianco per colpa del solito incubo che la perseguitava, Lucy cercava lo stesso di concentrarsi sulla missione: uccidere il vampiro che, in una settimana, aveva ucciso cinque ragazze.
Giunsero dinanzi al palazzo che gli informatori avevano segnato come "tana" del Freak.
La giovane Hellsing controllò per la decima volta se il suo equipaggiamento era completo: la sua Casull era caricata con i proiettili speciali; i coltelli da lancio in argento benedetto era legati con un nastro di cuoio al suo petto; nelle tasche interne del suo capotto nero (molto simile a quello di Alucard pensò in quel momento) c'erano abbastanza caricatori di emergenza per la sua pesantissima pistola. Spostò il suo sguardo verso Alucard; suo padre aveva ordinato di compiere quella missione insieme, in modo che servo e futura padrona potessero trovare un legame, oltre che burocratico, anche sul campo di battaglia.
Alucard dal canto suo non poté non rifiutare, non solo perchè era un ordine del suo Master, ma anche perchè era curioso di vedere come la ragazza si muoveva contro il nemico.
« Ti vedo alquanto pallida, ragazza. »
Lucy si girò verso il compagno con serietà.
« Cosa te ne importa. Pensa per te che sembri un fantasma per quanto sei pallido. »
Detto questo si voltò verso il portone e, con un calcio, lo aprì.
Entrarono nel salone principale dell'edificio: la polvere era ovunque e sembrava corrodere qualsiasi cosa fosse stato lì dentro, dai mobili alla tappezzeria.
Controllarono nelle varie stanze presenti nel pian terreno e, visto che non trovarono nessuno, decisero di andare ai piani superiori. Nel momento in cui Lucy finì di salire le scale si accorse di aver calpestato qualcosa, ma con il buio non riuscì a capire subito di cosa si trattava, quindi si chinò verso lo strano oggetto per prenderlo in mano. Una volta raccolto e avvicinato al suo volto si accorse, con orrore che si trattava di un dito. Con orrore lo gettò subito a terra e si voltò verso il vampiro.
« Non senti la sua presenza da qualche parte? »
« Si. E' dietro quella porta. E dall'odore persistente di sangue, suppongo che stia pranzando. »
Sul suo volto apparve uno dei suoi sorrisi da perfetto folle.
« Prima le Signore. »
Fece un inchino scanzonatorio rivolto verso la porta. Lucy sbuffò e, con il cuore in gola, sfondò la porta.
Al suo interno il vampiro era occupato a bere il sangue dalla gola di una ragazza dai capelli rossi. Alzò il volto dal suo pasto e con un ringhio si lanciò contro Lucy.
Con un gesto fulmineo prese uno del coltelli che teneva legati al petto e centrò in pieno alla gola. Il mostro cadde all'indietro urlando dal dolore. Alucard apparve accanto alla giovane che era stata morsa dal vampiro e dopo un po' si voltò verso la ragazza, che ne frattempo si era avvicinata per osservare al meglio il vampiro.
« La ragazza è morta. Uccidi quel freak e andiamocene. »
Lucy caricò la pistola e poco prima di mirare alla fronte del vampiro quest'ultimo cominciò  a guardarla con intensità,
« E' vero all'ora: alcuni Riuskà esistono ancora. »
Lucy guardò la sua preda confusa e poi spostò lo sguardo verso Alucard, che parve molto adirato.
« Non dire sciocchezze mostro! I Riuskà si sono estinti da secoli ormai. L'ultimo "esemplare" l'ho ucciso io! »
Il vampiro fece un ghigno e tornò a guardare la ragazza dai capelli neri.
« Ah davvero... E lei cosa sarebbe allora? Ahahahaha povero illuso . . . »
Non fece in tempo a finire la frase che una pallottola benedetta trapassò la sua fronte e diventò polvere.
Lucy rimase di sasso. Alucard rimise la pistola nella tasca interna del cappotto e si avvicinò a lei.
« Andiamocene. Questo posto puzza troppo di morte. »
Accarezzò la guancia della futura padrona e la guardò dolcemente. Lucy al tocco del vampiro si ritrasse subito con uno scatto improvviso. L'uomo le sorrise e la superò andando verso la porta.
« Torniamo a casa, Lucy »

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Capitolo 7
*** Fantasmi del Passato (Seconda Parte) ***


Per tutto il viaggio di ritorno la giovane Hellsing era combattuta se domandare o no al vampiro cosa potesse essere un Riuskà. Da quando erano saliti sul furgoncino, con Walter alla guida, era calato il silenzio più totale e la cosa rendeva a disagio Lucy.
"E se si arrabbia?"
Lanciò uno sguardo verso Alucard: se ne stava rintanato nell'angolo opposto a dove si trovava lei e guardava, da uno strappo della stoffa che copriva la parte posteriore del furgone,  dove si trovavano loro, la luna piena. Nonostante il buio che c'era, portava lo stesso gli occhiali da sole.
Decise di rischiare il tutto per tutto. Si spostò e si mise accanto al vampiro che, con aria incuriosita, la vedeva avvicinarsi a lui.
« Alucard. . . »
« Cosa c'è? »
« Mi stavo chiedendo. . . Cosa sono i Riuskà? »
Si aspettava che gli avrebbe fatto quella domanda. Sospirò e con un gesto semplice e aggraziato, si levò gli occhiali e i suoi occhi rossi si posarono su quelli color cioccolato della ragazza, così innocenti, così dolci.
Momentaneamente al posto di Lucy gli parve di rivedere Mina, la donna che aveva amato, il giorno in cui l'aveva conosciuta e le aveva rivolto la parola. Si sentì sopraffatto e gli vollero alcuni secondi per riprendersi e cercare una risposta adeguata alla domanda della ragazza.
« Sei proprio sicura di volerlo sapere? »
« Si.»
Tutto di Lucy pareva emanare decisione a partire dalla voce e all'ardore presente negli occhi.
L'unica cosa che Alucard poté fare fu un lungo sospiro prima di risponderle.
« I Riuskà erano un ibrido tra dei vampiri e degli umani. Non si è mai capito se lo erano in parti uguali o se uno era in prevalenza sull'altra parte. Non si sa nemmeno per quale motivo esistessero. Una cosa è certa: sapevano usare la magia.
Erano degli esseri spietati che uccidevano solo per il gusto di farlo: vampiri, umani, animali. . .
Ogni essere vivente presente in questo mondo, era una preda di equo valore per loro. Possiamo dire che erano dei perfetti mostri spietati e presuntosi.
Alcune famiglie di potenti vampiri decisero di sterminarli in quanto avevano ucciso molti, moltissimi dei nostri simili e ucciso innumerevoli umani con l'epidemia della peste tramite un potente incantesimo.
L'ultimo esemplare presente al mondo lo uccisi io quasi due secoli fa. »
Lucy ascoltava come rapita da quelle parole. Poi le venne un dubbio.
« Perchè allora, quel vampiro, ha detto che esistono ancora? »
Alzò lo sguardo verso la luna: era davvero magnifica. Alucard, invece di rispondere, la osservò. più la guardava, più trovava somiglianze con Mina. E ciò gli mise una tristezza enorme nel cuore.
"Mina perdonami."
Poichè l'uomo non rispondeva, rassegnata Lucy stava per allontanarsi, quando all'improvviso si sentì tirare i vestiti.
« Mina, non andartene. »
La ragazza guardò il vampiro: il suo viso era macchiato dalle lacrime di sangue e i suoi occhi rossi erano posati su di lei. Lucy osservò l'uomo con un po' di tristezza e si rimise lì accanto a lui, tirando fuori da una tasca interna del cappotto un fazzoletto con cui asciugare il sangue che colava dagli occhi simili a dei rubini.
Nel momento in cui si stava avvicinando per pulirgli il viso, lui l'abbracciò e la strinse forte a se.. Lucy rimase un po' scioccata dalla situazione imbarazzante in cui si trovava. Poi sorrise e ricambiò l'abbraccio.
Forse, per la prima volta nella sua vita, si sentì utile in qualcos'altro invece di essere solo e soltanto un'arma, utilizzata prima dai suoi parenti in Italia e poi da suo padre, per uccidere i mostri.

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Capitolo 8
*** Fantasmi del Passato (Terza Parte) ***


Alucard apparve dinanzi al suo Master che, in quel momento, era intento ad accendersi un sigaro.
« Allora come è andata ad Edimburgo? »
Posò l'accendino d'oro sulla scrivania e guardò il vampiro che si levava gli occhiali.
« La preda è stata annientata. Ma sono qui, mio Signore, per farle qualche domanda su Lucy. »
Aveva passato tutta la mattinata appena rientrati alla residenza degli Hellsing.
"E se quel vampiro avesse ragione? Se la ragazza fosse davvero una Riuskà?
No non è possibile: l'ultimo l'ho ucciso nel Settecento!
Però... Però questo spiegherebbe la sua velocità e agilità."
Guardava il suo Master in attesa di qualcosa. Neanche lui sapeva se un permesso per fare le domande o un "no" secco. Poichè non rispondeva decise quindi di continuare a parlare lui, ponendo il primo, fondamentale, dubbio.
« Lucy è una Riuskà, non è vero? »
Lo disse con molta calma, in modo da guastarsi la reazione del suo Signore, che rimase a lungo in silenzio. Poi si alzò e, come d'abitudine ormai, diede le spalle al vampiro per poter guardare il giardino dall'enorme finestra.
« Te ne sei reso conto quindi. «


Lucy andò a sedersi sotto l'enorme ciliegio. Appena rientrata da Edimburgo Michael le aveva dato una lettera proveniente da Roma. Decise che era arrivato il momento di aprirla.
Chissà cosa aveva da dirle il suo maestro d'armi romano: di solito era lui a scriverle quando era lontana da Roma. Gli venne in mente tutti gli allenamenti passati con lui e tutte le volte che le aveva strappato un sorriso con una delle sue battute. Sorrise, aprì la lettera e cominciò a leggere. Dopo qualche minuto lacrime calde cominciarono a rigare il suo volto.
« No. Non è possibile.»
Accartocciò la lettera e corse, urlando dal dolore, verso la villa.
Morti. La sua famiglia, i suoi parenti, persino il suo istruttore: tutti uccisi in un agguato nella residenza di Roma.


« Lucy è l'ultimo esemplare esistente sulla Terra di Riuskà.
La mia defunta moglie proveniva dall'ultimo, se non l'unico, casato di Riuskà che ha combattuto contro i suoi simili.
Purtroppo, diedi l'ordine ad un vampiro di ucciderla appena lo scoprii, e con lei anche mia figlia. Ai miei occhi erano solo due mostri che si erano insediati nella nostro organizzazione con il fine di distruggerla. »
Il capo dell'Hellsing si era rimesso seduto sull'enorme sedia della scrivania e guardava con tristezza il vampiro dinanzi a lui.
« Quando il vampiro uccise mia moglie, Lucy perse totalmente il controllo dei suoi poteri e lo distrusse rendendolo una poltiglia. La ritrovammo con gli abiti sporchi di sangue che girovagava per la villa in cerca della madre. Per giorni non parlò, non mangiò, non uscì dalla sua stanza per nessun motivo. Fino a quando non arrivò mio suocero da Roma che mi spiegò come erano realmente le cose. Era triste per la perdita della figlia, ma sapeva che era un rischio a cui era andata incontro.
Con un'enorme rammarico capii che scegliere l'organizzazione invece della mia famiglia era stato un grosso errore.
Decidemmo quindi di mandare la bambina a Roma, dove poteva avere un insegnamento sulle sue potenzialità. Decidemmo inoltre di cancellarle il ricordo della morte della madre e di non dirle mai nulla sulla sua vera natura. »
« Perchè? »
« Per proteggerla da se stessa. »
In quel momento la porta dello studio si aprì del tutto e Lucy entrò con le lacrime che le inondavano il viso.
« Voi avete ucciso mia madre. Voi non siete mio padre. Siete un mostro! »
Aveva sentito tutto: dalla prima all'ultima parola.
Era andata da suo padre per fargli leggere la lettera che le era arrivata, ma , appena arrivata dinanzi alla porta dello studio aveva sentito delle voci e si era messa ad ascoltare.
« Lucy. . . »
Alucard si era avvicinato alla ragazza e stava per accarezzarle una guancia come gesto di solidarietà. Lucy, come risposta, diede uno schiaffo alla mano per allontanarlo. Nei suoi occhi si poteva leggere benissimo il dolore e la frustrazione che provava.
« Lucy calmati. Abbiamo scelto di non dirtelo per poter fare in modo che potessi vivere gran parte della tua vita in serenità. »
« Proprio tu parli?! Tu che hai ucciso la donna che amavi solo perchè eri venuto a conoscenza che non era un'umana?!
Tu mi hai causato gran parte delle mie incertezze, dei miei dolori in ventun'anni di vita! Giuro che ti uccido! »
« Alucard, portala fuori di qui e cerca di calmarla. »
Il vampiro senza esitare prese Lucy come se fosse stato un sacco di patate e se lo issò in spalla, nonostante i tentativi della giovane di liberarsi con calci e pugni.
Appena usciti l'unica cosa che seppe dire il Master fu un solo e tormentato "Perdonami" e, mentre per il corridoio si sentivano le urla della figlia, si accese un altro sigaro.

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Capitolo 9
*** "Dove sei?" ***


« Mettimi giù subito! Voglio ucciderlo! Lasciami! Lasciami! »
Lucy si dimenava nel disperato tentativo di liberarsi dalla presa del vampiro, ma Alucard, più si contorceva, più aumentava la forza nel braccio per tenerla in spalla.
Scesero giù nelle segrete e, solo quando arrivarono in una stanza con una specie di trono al centro la fece scendere.
« Mettiti sedutà lì e non ti muovere. Se cerchi di scappare sappilo, sono pronto a riprenderti in qualsiasi momento. »
Detto questo scomparve nel buio. Lucy non riuscì a capire per quanto tempo rimase da sola lì nel buio, ma le parve per un'infinità di tempo. Si accucciò più che potè sulla sedia-trono, nel tentativo di scaldarsi un po' e si addormentò.
Poco dopo Alucard tornò con una coperta e del cibo. Appena vide Lucy raggomitolata su se stessa, sorrise e le mise addosso la morbida coperta; il cibo, invece, l'appogiò sul tavolino lì accanto.
Diede uno sguardo alla ragazza: sembrava così indifesa, così fragile, invece era come una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro: cosa avrebbe fatto una volta che la parte dormiente di lei, la più distruttiva, si fosse svegliata? L'avrebe aiutata a gestirla oppure avrebbe guardato l'orrendo spettacolo nel vederla diventare un autentico mostro come i suoi simili?
Però possedeva anche una buona parte di sangue umano: era una Riuskà solo per metà: dopotutto era nata dall'unione di un umano e una Riuskà. Forse il suo potere distruttivo non sarebbe mai venuto a galla.
Forse non avrebbe mai imparato a usare la magia; forse non le sarebbero mai cresciuti i canini e forse non si sarebbe mai nutrita di sangue.
" E se invece tutto ciò accadesse? "
Tornò a fissarla: la sua lunga treccia nera era, come al solito, intrecciata insieme al lungo nastro rosso.
" Non si direbbe proprio che il rosso è uno dei colori che preferisce."
Sogghignò e si avvicinò alla giovane: rimase nuovamente incantato dalla dolcezza che quella piccola figura emanava e, come la notte precedente, cominciò a paragonarla alla sua Mina: i tratti in cui si assomigliavano di più, il carattere, l'aspetto....
All'improvviso gli tornò in mente l'immagine di Lucy che suonava il violino e, subito dopo, di lei con i resti dell'archetto.
"Ma certo."
Diede un ultimo sguardo al piccolo fagottino che si trovava sulla sua sedia, si voltò e, come era ormai abituato a fare, sparì nel nulla.


Lucy aprì gli occhi piano piano, come per proteggersi dalla luce che aspettava inondasse la sua stanza, ma l'unica cosa che i suoi occhi videro era il buio totale. In quel momento si ricordò che non si trovava nel suo letto ma sullo strano trono nelle segrete.
« Ben svegliata.»
Due Occhi rossi la osservavano da lontano.
« Dormito bene? »
Alucard si avvicinò al trono. Più si avvicinava, meglio poteva vederlo Lucy. Quando arrivò davanti a lei, si mise seduto a terra, aspettando una risposta dalla ragazza.
« Non tanto bene. Mi fa male tutto, compresa la testa. »
Il vampiro sorrise: i suoi denti appuntiti brillarono al buio.
« Ti ho portato del cibo, nel caso avessi fame.»
Indicò il tavolino vicino alla giovane che non perse tempo a controllare: della carne, una mela e un bicchiere di vino.
Purtroppo Lucy non era dell'umore adatto per mangiare: ripensava alla lettera, alla confessione del padre su quello che era e sul perchè aveva fatto uccidere sua madre.
« La mia famiglia. . . Sono tutti morti.»
Una lacrima rigò il suo viso e, poco prima che cadesse, il vampiro la raccolse con un dito e la portò alle sue labbra.
« Non ho mai capito perchè le vostre lacrime sono salate.»
Lucy non diede ascolto alle parole dell'uomo: era troppo occupata a piangere in silenzio.
« Ti avevo portato una sorpresa ma se continui a piangere non potrò dartela.»
"Sai che me ne importa" pensò Lucy.
Il vampiro le mise sotto il naso un pacchetto: era lungo e sottile.
Lo prese un po' cofusa e guardò Alucard: appena aveva preso il pacchetto in mano aveva fatto uno dei suoi sorrisi, di quelli che non faceva mai. La ragazza lo aprì e trovo il suo archetto tirato a lucido come nuovo.
Guardò subito il vampiro, che le stava porgendo il suo violino, tra lo stupito e il felice.
« Ora però ti chiedo in ginocchio di suonare qualcosa per me, Padrona. »
Lucy lo guardò come s efosse la donna più felice del mondo e suonò la ballata che aveva suonato lo stesso giorno in cui era arrivata a Londra.
Alucard la'scoltava incantato: le dita sottili si muovevano velocemente sulle corde del violino. Poi all'improvviso la canzone si fece triste, e una nuova lacrima scese sulla guancia della ragazza.
Alucard questa volta non intervenne per farsì che le lacrime smettessero di scendere: sapeva che ora era il miglior modo di far sfogare la ragazza. Dopo un po' Lucy non riusciva più a continuare per il troppo dolore accumulato dai pensieri e smise di suonare. Alucard allora l'abbracciò e la prese in braccio e, dopo averla rassicurata un po' e averle promesso che lui, in un modo o nell'altro ci sarebbe sempre stato, la portò nella sua stanza.

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Capitolo 10
*** Back to Home (Prima parte) ***


La valigia era pronta vicino alla porta della camera. Aveva deciso di tornare a Roma per scoprire cosa era successo alla sua famiglia.
« Sei sicura che non vuoi che venga con te? »
Alucard guardava Lucy acconciarsi la lunghissima treccia con il nastro rosso.
« Te lo ripeto: tu servi qui E poi non ho bisogno di una balia che mi viene dietro. »
Il vampiro si avvicinò alla ragazza che era seduta davanti allo specchio e le mise una mano sulla spalla.
« Siamo in tempo di guerra. Pensi davvero che lì fuori sia sicuro? »
Lucy si alzò e, superato il vampiro, si avviò verso la porta; prese la valigia ed uscì.
Alucard sorrise, sapendo benissimo che la giovane non poteva liberarsi tanto facilmente di lui,  e la seguì fuori.



« Non se ne parla proprio! Lei non va da nessuna parte! »
Fu questa la reazione del suo Master quando gli riferì la decisione della ragazza, che aveva deciso di non avere più contatti con il padre e di usare Alucard come messaggero.
« Mio signore vostra figlia ormai ha deciso e sta già preparando il necessario per il viaggio. »
L'uomo si alzò e andò velocemente dinanzi al finestrone.
« Ho paura che se Lucy si troverà faccia a faccia con quelli che li hanno ammazzati, o peggio, con quei sporchi cani della XIII Divisione, non saprà affrontarli. E poi siamo in periodo di guerra: non sappiamo se Roma è sicura o meno. »
Alucard si andò a sedere su una delle poltrone che si trovavano nella parte più oscurata dell'ufficio e incrociò le braccia.
« Ha qualche idea su chi possa averli ammazzati? »
L'uomo si girò verso la zona in ombra dove era giunta la voce.
« Purtroppo no. Ed è questo che mi preoccupa: non sappiamo chi abbiamo contro. E non voglio che Lucy vada da sola a combattere contro dei Mulini a vento. »
Alucard si alzò e andò incontro al suo padrone. Arrivato dinanzi a lui si levò il cappello e se lo portò all'altezza del cuore, chinando la testa, e fece uno dei suoi folli sorrisi.
«Mi dia l'ordine di accompagnarla. Veglierò su di lei giorno e notte. Mi dia un'ordine, Padrone. »
L'uomo guardò il suo servo prima con aria confusa, poi con determinazione.
« E sia. Alucard, ti ordino di seguirla e di proteggerla. Se qualcuno dovesse solo torcerle un capello o risorgerle una parola di troppo, sappi che ne pagherai le conseguenze. E ora vai! »
Alucard si alzò e, con il fuoco negli occhi e un sorriso dove metteva in mostra le zanne appuntite, si allontanò verso la porta.
« Come desidera, mio Signore. »




Roma, 14 maggio 1943.
Lucy era appena giunta nella città dove era cresciuta. Era partita da Londra 20 aprile con destinazione Parigi: da lì, poi, aveva preso il treno per la capitale italiana. Era stato un viaggio lungo e il suo corpo un po' ne risentiva per la stanchezza. Ma non poteva fermarsi a riposare: doveva andare subito alla villa di suo nonno per scoprire cosa era successo.
Alla stazione l'aspettava il notaio che seguiva suo nonno da tantissimo tempo. Era un uomo basso, calvo e un po' grassottello. Quando vide arrivare la ragazza l'accolse con un grandioso sorriso.
« Signorina Lucy! è un grandissimo onore rivederla. »
Lucy lo fulminò con uno sguardo truce: quell'uomo, le era sempre parso come un manipolatore pronto a cogliere la situazione giusta per rivoltare la frittata a suo piacimento.
Ma doveva avere un incontro con lui per poter rientrare nella residenza, visto che era l'unica erede.
« Signor Mariandi, la prego di sbrigarci: ho dovuto subirmi un lungo viaggio e sono alquanto stanca e voglio, entro stasera, andare al cimitero, per rendere omaggio alla mia famiglia. »
L'unica cosa che voleva era liberarsi il prima possibile di lui per cominciare le sue indagini. Anche se era vero che voleva andare a trovare i suoi defunti cari: dopotutto, non era riuscita ad andare ad assistere i funerali, celebrati qualche giorno prima.
L'uomo sospirò.
« Già la capisco: deve essere stato un brutto colpo per lei. Prego mi segua, l'automobile è qui vicino. Dobbiamo andare al mio ufficio per firmare alcune carte e per leggerle il testamento di vostro nonno. »
Lucy rimase imbambolata un attimo a guardarlo.
« Testamento? »
« Esattamente. Vostro nonno un mese fa si presentò da me per mettere in regola il suo testamento. Anche io rimasi sbigottito quando me ne parlò e gli consigliai di rifletterci per bene su quello che faceva, ma, come ben sapete, era una persona talmente strana e testarda. . . »
Arrivarono alla macchina e l'uomo aprì la portiera per far entrare la giovane.
Nuovamente Lucy gli lanciò un'occhiata truce e salì sull'auto.



Da lontano Alucard si gustava la scena.
Guardava la lunga treccia ondeggiare sulla schiena della giovane, i suoi passi calmi e autoritari, ascoltava la sua voce fredda, piena di orgoglio. Eppure lo sentiva: Lucy stava soffrendo tremendamente.
La vide parlare e, successivamente,  salire in macchina con quell'uomo: quella scena l'aveva reso strano e nervoso. Non aveva parole per descrivere come si sentiva.
Vide l'automobile partire e, solo quando girò la curva, cominciò a seguirla.

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Capitolo 11
*** Back to Home (Seconda Parte) ***


Non  le sembrava vero che era riuscita a rimettere piede a casa sua; con difficoltà era riuscita a liberarsi dal noioso e antipatico notaio dopo la lettura del testamento dove era citata come unica erede della famiglia Moritta. 
Oltre alla lettura del testamento, il signor Mariandi si era preoccupato di consegnarle una lettera scritta da suo nonno e, naturalmente, le chiavi dell’enorme villa, che si trovava poco fuori Roma.
Con il volto pallido per la stanchezza si recò nella sua stanza. Le indagini le avrebbe iniziate il mattino seguente.
Salì la rampa di scale che la conduceva ai piani superiori e, una volta arrivata nell’enorme corridoio, notò con alquanto orrore che i ritratti dei suoi avi, compreso quello di sua madre, erano stai imbrattati con insulti, scritti con della presunta vernice nera.
Si sentì salire addosso la rabbia e alcune lacrime già rigavano il suo volto.
“ Maledetti! Non gli bastava uccidere la mia famiglia! Dovevano anche insultare i miei antenati!”
All’improvviso sentì posarsi sulla sua spalla una mano e, per lo spavento, urlò. Incondizionatamente tirò fuori dallo stivale la grandissima pistola e sparò verso l’uomo che l’aveva seguita.
Quando si accorse del lunghissimo cappotto rosso era ormai troppo tardi: Alucard era a terra ferito.
“Cosa ho fatto?!”
Lanciò a terra la pistola e si avvicinò di corsa al vampiro: aveva gli occhi chiusi e il volto contorto dal dolore. Lucy pensò subito che l’aveva ucciso per quanto era immobile.
Si avvicinò ancora di più al suo volto e, quando gli fu sopra, Alucard aprì gli occhi e la immobilizzò stringendola con un abbraccio improvviso al suo petto.
« Mia Signora dovete fare più attenzione: quella non è un giocattolo. Potete farvi male con una pistola del genere. »
« Ti avevo detto di non venire! »
Adirata cercò di liberarsi ma, come sospettava, il vampiro non cedeva a mollare la presa.
« Ho eseguito gli ordini di tuo padre. »
Detto questo la lasciò andare e la ragazza potè finalmente alzarsi e riprendere la sua amata Casull, che era andata a finire qualche metro più in là.
« Se permetti voglio andare nella mia stanza a riposarmi. Non sono come voi vampiri che non avete bisogno di dormire. »
Prese la valigia e continuò il suo percorso lungo il corridoio: evitava di postare lo sguardo verso i ritratti  imbrattati. Arrivò dinanzi la porta giusta e l’aprì: al suo interno, nonostante il buio fitto, riuscì a riconoscere il profilo dell’enorme letto a baldacchino, della scrivania, dell’armadio. . .  E anche quello di numerosissimi libri accatastati ovunque.
Un momento. Che ci facevano dei libri nella sua stanza?
Cercò il candelabro che teneva in camera e, con un po’ di difficoltà, lo accese: la sua era una delle poche stanze che mancava la luce elettrica e la cosa le piaceva molto; era una cosa così rilassante stare in una stanza con la sola luce della candela.
Si avvicinò verso la prima torre di libri, prese quello che era in cima, anche se erano tomi veramente enormi da prendere con una mano sola, e lesse il titolo a voce alta.
« Storia della magia? »
Prese i libri successivi con aria confusa e lesse nuovamente i titoli a voce alta.
« Magia in guerra? Incantesimi di difesa? Ma cosa significa? »
Alucard entrò nella grande stanza e prese anch’egli un libro da terra.
« Sono molto antichi. E parlano tutti di magia. »
« Si, ma cosa ci fanno qui? »
Lucy si sentiva terribilmente confusa; guardò il vampiro in cerca di sostegno morale.
« Posso ipotizzare che qualcuno sapeva che saresti tornata e ti ha lasciato qualche compito da svolgere. »
Lanciò il libro verso Lucy che lo prese al volo. Poi si voltò verso la finestra sbarrata e indicò altri libri sul pavimento.
« Qui ce ne sono altri. E lì sulla scrivania altri ancora. Tutti con lo stesso argomento. »
« La magia. »
L’aveva mormorato piano, come se fosse una parola tabù: le venne in mente il discorso che le aveva fatto il vampiro riguardo i Riuskà e sul fatto che adoperavano la magia per scopi malvagi. Ma la sua famiglia non ne aveva mai fatto uso, o almeno quando lei era presente.
Si mise seduta a terra a gambe incrociate e prese uno dei grossi tomi che erano lì vicino. "Incantesimi offensivi"
« Quell’uomo non ti aveva dato una lettera? «
Si voltò verso Alucard che nel frattempo si era andato a sedere sul letto. Lucy annuì e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la lettera.
Indugiò se aprirla oppure no.
« Che c’è? »
« Ecco. . . Non me la sento di aprirla. . . E' indirizzata a me e quindi. . .  «
Arrossì. Alucard si alzò e si andò a sedere di fronte alla giovane e la guardò intensivamente negli occhi.

« Se non la apri tu, lo farò io. «
Le strappò di mano la lettera e l'aprì con un gesto rapido. Lucy era rimasta imbambolata, con le mani dinanzi a lei che tenevano la busta, ormai in terra
.
All’improvviso dal piano sottostante si udì un frastuono, e successivamente delle grida di uomini.

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Capitolo 12
*** L'altra faccia della medaglia ***


Cinque uomini irrompero nell'immensa entrata di Villa Moriotta. Erano vestiti con le divise dei soldati nazisti
Un uomo entrò dietro di loro: era alto e portava un berretto con la visiera, in modo da coprire gli occhi rossi come il sangue.
Un soldato si avvicinò a lui e dopo aver fatto il saluto militare cominciò a parlare in tedesco.
L'uomo alto lo guardò e subito dopo si girò verso l'enorme portone distrutto.
« Trovatela. Il Maggiore la vuole viva. » Detto questo uscì.
Il soldato si girò verso gli altri uomini.
« Avete sentito? Trovatela ad ogni costo!»
I soldati si divisero e cominciarono la ricerca.
Lucy se ne stava rintanata dietro una delle colonne del piano superiore a spiare la situazione; prese la sua Casull e levò la sicura, pronta a difendersi. Alucard cominciò a contare i soldati, sicuro che non sarebbero stati un problema per lui. Cinque in totale, poteva annientarli anche con gli occhi chiusi. Due soldati salirono la scala che portava al piano superiore.
« Non ho parole: il nostro lavoro dell'altra volta è rimasto perfetto! »
L'altro soldato rise, puntò il fucile contro uno dei quadri imbrattati e sparò.
Risero malvagiamente entrambi e l'uomo che aveva parlato per primo continuò la frase:
« Mi correggo! Ora è perfetto! »
Ancora una volta Lucy sentì salire quella rabbia cieca e espandersi per tutto il corpo.
In quel momento ad Alucard parve che gli occhi della giovane fossero diventati rossi, per poi tornare subito dopo nel color cioccolato che tanto gli piaceva.
Con un gesto rapido la ragazza uscì dal suo nascondiglio e mirò alla testa del soldato più alto e sparò. Quello poco dopo cadde a terra tra gli sguardi stupiti del compagno. Approfittando dell'effetto sorpresa Lucy non perse tempo e mirò nuovamente. L'uomo cominciò a correre verso le scale. La ragazza sembrava il Diavolo in persona per quanto furore era stampato sul volto.
« Non puoi scappare alla mia Signora. »
Alucard gli si parò davanti e con un gesto rapido lo immobilizzò. Lucy si avvicinò al soldato e puntò la pistola alla fronte dell'uomo.
Ma nel momento in cui premette il grilletto la testa di Alucard cadde a terra, vicino ai suoi piedi, e due soldati velocemente la disarmarono buttandola addosso al muro, cominciandola a picchiare. Erano corsi appena sentito lo sparo che aveva ucciso il loro compagno: uno aveva in mano una lunga spada sporca di sangue, con la quale aveva decapitato il vampiro. Lucy per quanto cercava di reagire, non riusciva a sormontare i due uomini che, a forza di calci e pungi, l'avevano fatta cadere a terra senza forze. In fretta le misero ai polsi e alle caviglie delle pesanti catene.
« Ottimo lavoro. Anche se le signorine non andrebbero tratte così, vero ragazzi? »
L'ultimo soldato scavalcò i corpi senza vita di Alucard e del soldato e posò lo sguardo a terra. Fece un ghigno e prese con le mani la testa decapitata del vampiro.
« Che ne dite se prima di andarcene ci divertiamo un po'? »
Gli altri due risero e tutti e tre si avvicinarono al corpo senza vita di Alucard: l'uomo con la spada, con un unico gesto, mozzò entrambe le gambe, l'altro, invece, con il fucile sparò al petto. L'altro, con ancora la testa in mano, si gustava la scena.
" Questo è troppo! Possono distruggere i ritratti dei miei antenati, possono uccidere la mia famiglia, possono massacrarmi con calci e pugni, ma non possono trattare in questa maniera Alucar!"
La rabbia crebbe infinitamente e quasi le sembrava di scoppiare. Avvertì dolore all'altezza del cuore e poi, se fosse stata più attenta forse ne avrebbe sentito il rumore, qualcosa si spezzò dentro di lei dolorosamente. Rimase qualche secondo immobile e subito dopo, tutta la rabbia che sentiva entrò in circolo nel suo corpo. Si sentiva forte, micidiale, selvaggia.
Con un gesto solo spezzo le catene che la bloccavano e ruggì, come se fosse stato un animale.
I soldati si girarono verso la ragazza e l'uomo puntò il fucile e sparò.
« Cretino! Dobbiamo portarla viva dal Maggiore! Sei un. . . »
Non riuscì a finire la frase che Lucy gli si avventò sopra e, con una mano sola, gli staccò la testa. Il corpo cadde come un sacco e i due soldati rimasti cominciarono a correre verso le scale in cerca di una via di fuga.
Gli occhi di Lucy non mostravano più la dolcezza di cui Alucard si era innamorato. Erano rossi e emanavano solo una cosa: vendetta!
Guardò il corpo senza vita del soldato che aveva appena ucciso. Un sorriso feroce apparve sul suo volto, un tempo angelico.
« Tu hai ucciso il mio servo e io ho ucciso te. Ora siamo pari. »
Prese la lunga spada e la sua pistola che erano a terra e partì all'inseguimento dei nazisti rimasti.
« Andiamo che soldati sareste se non combattete contro il nemico? »
Fece una risate feroce, di quelle che aveva visto fare ad Alucard. Ora capiva perchè si divertiva quando doveva eliminare un vampiro. Lui era il gatto e loro i topi.
Ecco cosa era diventata: una predatrice a caccia.
Gli uomini dinanzi a lei urlavano e scappavano, proprio come dei topi che vedevano il gatto che li inseguiva.
» Avanti, voi avete ucciso la mia famiglia, lasciatevi uccidere. »
L'uomo con il fucile si fermò e sparò ancora, cercando di colpire Lucy in qualche organo vitale. La ragazza velocemente evitò tutti i proiettili: era stata talmente veloce che il soldato non laveva vista e con altrettanta velocità corse verso di lui e gli taglio la testa con la spada del compagno.
L'ultimo soldato si girò e vide quello che non voleva vedere: Lucy si stava avvicinando a lui con un ghigno feroce stampato sul volto e la pistola puntata contro di lui.
» Ti-ti prego non uccidermi! Ho solo eseguito gli ordini! Non vole. . . »
» TACI! Avete ucciso la mia famiglia, il mio compagno, vi siete divertiti ad infierire sul suo corpo morto!
E ora mia stai dicendo che. .  »
Si bloccò all'improvviso: una strana sensazione l'attanagliava alla gola. Era come se avesse . . . sete.
Guardò l'uomo dinanzi a lei che teneva tra le braccia ancora la testa del vampiro. Capì subito istintivamente cosa doveva fare. Sorrise e mostrò i lunghi canini cresciuti a dismisura.
» Hai ragione non ti ucciderò. »
L'uomo fece un profondo sospiro ribelatorio
» Berrò direttamente il tuo sangue. »
Velocemente raggiunse l'uomo e lo strinse alla gola con una mano sola. Con l'altra strappò la divisa all'altezza della spalla detra e cercò con gli occhi vermigli l'attaccatura al collo. Subito dopo morse violentemente e sentì il sangue scorrerle in bocca: si sentiva invasa da un piacere unico che la travolgeva. Più succhiava sangue, più ne voleva.
" E' così dolce. . . "
Nel buio della notte, nella campagna romana, si potè sentire chiaramente l'urlo straziato del soldato che moriva.





Note dell'autrice: Spero che fino ad adesso il racconto vi è piaciuto.
Ci vediamo alla prossima!

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Capitolo 13
*** La verità ***


"Cara Lucy,
Perdonami, ti avevo promesso che non ti avrei mai fatto soffrire e che ti avrei sempre difeso finchè ero in vita. Ma sto diventando vecchio, troppo vecchio, e non so fino a quanto posso mantenere la mia promessa.
E' giunto il momento che tu sappia tutta la verità.
Io e tua nonna, insieme a tuo padre, sedici anni fa decidemmo di tenerti nascosta la tua vera natura: piccola mia, sei una Riuskà, l'ultima Riuskà esistente al mondo.
Ti cancellai il ricordo della morte di tua madre e con esso cercai di limitare il più possibile i tuoi poteri tramite un sigillo. Per tutto questo tempo il sigillo ha fatto il suo dovere, ma si sta indebolendo: non so se quando leggerai questa lettera si sarà già spezzato o se invece è ancora intatto. Basterebbe poco, pochissimo per spezzarsi, e non è una cosa piacevole.
Da secoli la nostra famiglia ha combattuto i nostri simili e i vampiri, diventando generatrice di cacciatori di vampiri. E come tale vorrei che studiassi come si deve la magia e che imparassi ad usare al meglio i poteri che scorrono nel tuo sangue per continuare il compito della famiglia.
Noi tutti abbiamo accettato il nostro vampiro interiore e siamo riusciti a sottometterlo al nostro volere. Ti prego, te lo chiedo in ginocchio: non far sottomettere il tuo essere umana dal mostro.
Purtroppo sono diventato troppo vecchio per proteggerti e, sopratutto, per proteggerti da te stessa.
Rimani il più umana possibile.
Ti vogliamo bene,
Massimo Moritta."





Quando finì di leggere la lettera scritta da suo nonno, il sole cominciava a far capolino dalle pesanti tende nere del corridoio. Accartocciò la lettera le la buttò a terra con rabbia.
« Non sono più umana. Non lo sono mai stata.», disse con freddezza Lucy.
Gli occhi rossi della ragazza si posarono sul corpo morto del soldato, il cui tutto emanava dolore e terrore per la fine che aveva affrontato, e corsero lungo le mani, afflosciate vicino alla testa di Alucard. Si chinò e la raccolse: gli occhi del vampiro, socchiusi, la guardavano privi di vitalità e la bocca era chiusa in una smorfia di stupore, ma lei intravide anche tristezza.
Appoggiò, con le guance arrossate, le sue labbra su quelle fredde e pallide del vampiro e, subito dopo, lacrime rosse invasero il suo viso.
Si incamminò lungo il corridoio per raggiungere il corpo senza vita del compagno e appena lo raggiunse si accasciò a terra, sfinita mentalmente dalle cose successe. Prima di chiudere definitivamente gli occhi diede un ultimo sguardo al corpo morto di Alucard.
"Perdonami"
Poi il buio la invase.




Nel momento in cui Lucy svenne, accanto a lei delle fiamme nere presero vita e Alucard apparve tutto intero. Si toccò le labbra dove poco prima la ragazza aveva poggiato la sua bocca e sorrise; posò lo sguardo verso di lei e si chinò per prenderla in braccio. Sentì un immenso piacere nel tenere tra le braccia quel piccolo corpo esile, sentì una gioia fantastica nel sapere che lei, la sua Padrona, provava qualcosa per lui.
Immerso nei suoi pensieri portò la giovane Riuskà nella sua stanza per farla riposare al meglio. L'appoggiò sul letto e la coprì con il suo cappotto rosso. Le diede una carezza sulla guancia e si beò ancora una volta del suo aspetto innocente.
« Non temere Lucy Mary Rose Hellsing, io sarò qui a proteggerti. »
Si avvicinò al viso della giovane e, come aveva fatto lei prima, posò le sue labbra sulle sue.
Poi si alzò e si dileguò nel buio della stanza.
« Ti proteggerò per sempre. »

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Capitolo 14
*** Risveglio (Prima Parte) ***


Il sole, con il suo caldo tepore, stava invadendo il volto della giovane Lucy, che per il fastidio cominciò a storcere il naso e a girarsi dall'altra parte, nel tentativo di riaddormentarsi come si deve. Alucard, seduto sul materasso accanto a lei, la guardava svegliarsi lentamente.
Alla luce del sole il viso della ragazza era tremendamente pallido, scavato; la lunga treccia era in disordine con alcune ciocche di capelli che scappavano dall'intreccio con il nastro rosso; sotto agli occhi erano stampate due occhiaie livide. Ma a lui non importava di tutto ciò: era comunque bellissima.
Con delicatezza le scosse la spalla, nel tentativo di svegliarla del tutto.
« Mia Signora, è tempo di alzarvi. »
Appena le sue dita toccarono la spalla della giovane, con un gesto velocemente disumano, la sua mano fu bloccata da quella di Lucy e due occhi rossi come il sangue lo osservavano sconcertati.
« Co- Come . . »
« Non è così facile uccidere un mostro. », disse il vampiro capendo a cosa si riferiva la ragazza.
Lucy si guardò intorno cercando di coprire gli occhi con un mano dalla luce che entrava dalla finestra; intravide alcuni dei libri aperti sul pavimento. Capì che il vampiro doveva aver passato tutto il tempo in cui lei dormiva a leggerli. Si stropicciò l'occhio destro e scese dal letto in direzione della finestra spalancata per chiuderla.
« Alucard preparati. », cominciò la giovane « Voglio andare a far visita ad un traditore. »




« Vi ripeto che io non c'entro nulla! Signorina Lucy la prego! »
Il notaio era a terra circondato da una moltitudine di fogli e  Lucy ne teneva in mano uno e cominciò a leggere ad alta voce il contenuto. Alucard guardava la scena appoggiato al muro, con le braccia conserte e con un ghigno stampato sul volto, dietro la sua padrona.
« Non prendermi in giro! Qui c'è scritto che in cambio della mia famiglia hai ricevuto un enorme somma di denaro! »
I suoi occhi rossi erano pieni di rabbia. Accartocciò il foglio e lo buttò addosso all'uomo che era dinanzi a lui
« E come se non bastasse hai mandato quei bastardi in casa mia con la certezza che se gli davi me, loro ti avrebbero dato ancora più soldi. Ho sempre sostenuto che fossi una persona spregevole, ed ora ne ho le prove! »
Si avvicinò al notaio e si inginocchiò dinanzi a lui.
«  Sai cosa si merita la gente come te? - chiese la ragazza- La gente come te merita solo la morte«

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Capitolo 15
*** Il Risvegio (Seconda parte) ***


Allora, Capitano, i suoi uomini hanno portato a termine la missione? -
Un uomo sulla trentina, biondo, occhialuto, con una pancia prorompente, vestito con l'uniforme nazista, se ne stava seduto dietro un enorme scrivania in mogano e guardava l'uomo che era appena entrato.
- Maggiore, la informo che quei poveri sciagurati non sono sopravvissuti. -
- Questo vuol dire che. . . -
- Si Maggiore. La ragazza si è svegliata. -
L'uomo si alzò e si diresse verso l'uomo alto.
- Capitano è arrivato il momento di festeggiare! Il Millennium ora è pronto ad entrare in battaglia. - disse con uno sguardo folle - Avvisa Doc di tenersi pronto per ultimare il lavoro.-




Lucy tirò fuori dallo stivale la sua Casull e la puntò contro la fronte del notaio, che la guardava terrorizzato. Alucard dall'angoletto in cui si trovava assisteva la scena tra l'eccitato e l'allarmato: se Lucy perdeva il controllo doveva intervenire subito.
Gli occhi rossi della ragazza si posarono, folli, su quelli dell'uomo dinanzi a lei: vi si leggeva paura, tanta paura. Forse se si concentrava poteva sentire le preghiere che correvano nella mente del vecchio.
- Facciamo una cosa, - iniziò la giovane - tu mi dici cosa volevano quei nazisti e io ti ucciderò più in fretta possibile e ti risparmierò atroci sofferenze. -
- Loro... Loro mi avevano, - l'uomo deglutì e cominciò a tremare, - loro mi avevano promesso la vita eterna.-
Gli occhi rossi di Lucy si fecero più attenti
- Loro chi? Voglio i nomi! Dimmi chi sono quei luridi bastardi e cosa vogliono! -
Alucard si avvicinò velocemente alla sua padrona intuendo che presto sarebbe diventata una furia.
-  E'... E' il Millennium. So solo che. . . che cercano di fare dei vampiri. So solo questo! Risparmiami ti prego! -
Sul volto della ragazza comparve un sorriso folle.
- Bravo, vedo che capisci subito. -
Diede una lieve pacca sulla guancia dell'uomo.
- Bene e ora. . . - Premette la canna lunghissima della pistola contro la fronte della sua preda, - Ora ti saluto. -
- Lucy Fermati!! -
Nel momento in cui Alucard ritrasse il braccio di Lucy il proiettile aveva già perforato la testa del notaio.
Lucy non si sentiva terrorizzata dal gesto che aveva appena compiuto. Anzi, si sentiva estremamente eccitata: sul suo volto era ancora stampato uno spaventevole sorriso folle.




- Lo sai cosa hai fatto? -
Erano appena usciti dall'ufficio del notaio e sul volto di Alucard era chiaramente visibile la rabbia che ancora provava per il gesto compiuto dalla ragazza.
- Ho ucciso un uomo. Mi sento disgustata per quello che ho fatto e  dal godimento che ho provato nell'ucciderlo. Mi sento disgustata di me stessa, credimi. E' questo, - chiese indicandosi il cuore e tenendo lo sguardo a terra, - è questo che fanno i mostri? -
Alucard si bloccò poco più avanti della sua padrona.
- Cosa vorresti dire? -
- Non sono un'umana, non lo sono mai stata. Ho ucciso degli uomini che avevano solo la colpa di essere quello che erano. Erano umani! E io. . . -
Non terminò la frase che una lacrima rossa attraversò la guancia pallida; posò i suoi occhi su quelli del vampiro. Erano di nuovo castani, solo che si intravedevano benissimo sfumature di rosso nell'iride.
- Io li ho uccisi senza pensarci su due volte. E' così che fanno i mostri? E' così che vi comportate? -
In mano teneva ancora la pistola. Tese il braccio e la tirò al vampiro, che velocemente la prese al volo.
- Quella pistola. . . Me la donò mio nonno otto anni fa, dicendomi che avrei dovuto usarla solo contro i mostri che dovevo uccidere in qualità di cacciatrice. Quella pistola, - la indicò con malinconia, - non può meritare una padrona come me, nonostante sia stata fabbricata con l'unico scopo di stare nel mio palmo. Ti presento la Casull, una delle pistole più potenti che esistano su questo pianeta. -
Alucard guardò la sua padrona con aria triste e comprensiva: aveva capito dove voleva andare a parare.
- Alucard ti ordino di tenere tu la Casull e di usarla nelle tue numerose battaglie. Io non sono più degna di utilizzarla in quanto non sono riuscita a mantenere la promessa fatto a mio nonno. Spero che in te trovi un padrone giusto e coerente. -

 

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Capitolo 16
*** Silenzi (Prima parte) ***


Da quando erano tornati da Roma, Lucy si era chiusa nella sua stanza a studiare i voluminosi tomi lasciatole in eredità e, con essi, anche la consapevolezza dell’essere che realmente era.
 
Passava ore e ore in quella stanza, con le imposte chiuse per non far passare la luce; usciva solo per allenarsi con Walter e, qualche volta, si recava nelle segrete a far compagnia al vampiro, magari portandosi dietro il suo violino, poiché ad Alucard piaceva ascoltarla suonare.
Più passava il tempo con lei, più si rendeva conto di quanto Lucy e la sua Mina avessero in comune.
 
 
 
 
-          Walter, oggi cosa ti prende? Sei troppo lento. –
Si trovavano ai piedi del grosso ciliegio e il giovane si accasciò a terra stremato dalla lotta. I suoi fili, a quanto pare, non avevano effetto contro le magie della giovane, che ormai aveva imparato a controllare al pieno i suoi poteri: trasformava il suo corpo a suo piacere, scompariva e appariva in diverse zone della villa in pochissimo tempo, aveva aumentato la sua velocità, la forza e l’agilità. Era diventata un’ arma perfetta.
 
Eppure si odiava terribilmente. Era un mostro e non l’aveva mai capito.
 
-          Non è possibile che tutte le volte finisci per buttarmi a terra senza sforzarti! E pensare che questi sono solo allenamenti! –
La voce di Walter che si lamentava la distolse dai pensieri e la riportò con i piedi per terra.
Lucy si avvicinò al ragazzo a terra e gli porse la mano per aiutarlo a rialzarsi, sorridendo.
-          Beh, direi che ora gli allenamenti servono a te, non più a me. Anche se sappiamo bene che non ne hai per niente bisogno. –
-           
Walter agguantò la mano della ragazza, che si aspettava vederlo tirarsi su, invece la tirò, inaspettatamente, verso di lui e la baciò: da mesi aspettava quell’occasione, un piccolo gesto per farle capire che provava qualcosa nei suoi confronti: era stata la prima persona che era riuscito a batterlo in duello. Si aspettava di provare rimorso verso di lei, invece l’unico sentimento che riusciva a provare era ammirazione.
 
Ammirazione che poi nel corso dei mesi era diventato inspiegabilmente amore: ogni volta che la vedeva nei corridoi, ogni volta che combattevano, ogni volta che lo sconfiggeva rimaneva ammaliato dalla sua figura. E provava un moto di gelosia tutte le volte che la vedeva scendere nei sotterranei o la vedeva in compagnia del vampiro.
 
Lucy cercò di alzarsi, con le guance rosse dall’imbarazzo, ma Walter la teneva stretta.
-          È la prima volta che baci un ragazzo? -, chiese con tono scanzonatorio.
La ragazza, per quanto fosse sorpresa dal gesto del giovane sotto di lei, non rispose.
 
-          Signorina Lucy! Venga presto! Vostro padre sta molto male! –
La voce allarmata di Michael arrivò veloce alle orecchie dei due giovani. Lucy si divincolò dalla presa di Walter e scomparve per apparire dinanzi a Michael.
-          Cosa gli è successo? –
-          Ha avuto un collasso. Il medico è appena arrivato e sta per visitarlo. –
Lucy scomparve un’altra volta e il maggiordomo entrò nell’edificio.
Walter rimase qualche secondo incantato, poi si alzò e corse anch’egli verso l’enorme casa.
 
 
 
 
Alucard assisteva alla visita con la sua solita distanza dall’evento: il suo Master era disteso sul letto e il dottore gli stava facendo un prelievo del sangue.
 
Lucy apparve accanto a lui e il suo sguardo andò subito su i due ragazzi vicini al capezzale del padre: i suoi fratellastri, Arthur e Richard. Non li aveva mai conosciuti come si deve e forse ci aveva parlato due o tre volte nell’arco della sua vita.
Quando il dottore si alzò il più alto dei due gli andò incontro, con aria preoccupata.
 
-          Come sta? –
-          Male, molto male. Al momento non so dirvi di cosa si tratta, devo effettuare le analisi. Vi farò sapere al più presto. –
Detto questo si rimise il cappello e, accompagnato da Michael, uscì dalla stanza.
 
-          È tutta colpa tua. –
Arthur si girò verso la sorella. Lucy lo guardò con aria confusa.
 
-          È colpa tua se lui adesso sta male! È troppo preoccupato per te e tu non te ne accorgi! –
-          A lui non gli è mai fregato niente di me: ha ucciso mia madre, mi ha spedito per anni a Roma senza importarsi di ricevere le mie lettere e le mie notizie. Come puoi dire che lui si preoccupa per me, quando ha tentato di uccidermi quando avevo solo cinque anni?! –
 
Adirata si diresse verso la porta ed uscì. Alucard guardò il ragazzo e scomparve con l’intenzione di seguire e placare la rabbia della padrona.
Lucy si avviò in direzione della sua stanza, intenta a chiudersi dentro e continuare a studiare. Girò  l’angolo e si scontrò in pieno con Walter, che correva per raggiungere la stanza dell’uomo.
-          Scusatemi. . . –
-          Invece di scusarti dammi una mano a cercare gli occhiali! –
Non si era accorto di essere andato a scontrarsi proprio con Lucy, che nel frattempo era inginocchiata a terra a cercare gli occhiali da vista; aveva gli occhi chiusi: senza occhiali era completamente cieca. Eppure. .  Provò ad aprire un occhio e poi l’altro. Vedeva bene.
 
“Non capisco. . . “ Alzò lo sguardo e vide Walter che le passava dolcemente gli occhiali. Arrossì ripensando al bacio che le aveva dato dieci minuti prima e prese gli occhiali, cercando di non far notare il lieve tremore causato dal nervoso.
 
Mormorò un “grazie” e poi corse via, diretta verso la sua stanza.
Il ragazzo la guardò allontanarsi e, con un sorriso felice sulle labbra, si diresse nel corridoio opposto a quello che la ragazza aveva inforcato.

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