Laurie & Jo

di Chiaretta
(/viewuser.php?uid=3425)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One-shot ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** One-shot ***


Salve

Salve!

Quella che mi appresto a scrivere è un’opera di mia fantasia, composta da 5 capitoli, che di certo non può rispettare gli avvenimenti degli ultimi capitoli del romanzo “Le piccole donne crescono” e tantomeno quelli di “Piccoli uomini” perché in questa fic, Laurie non si sposa con Amy e Jo non si mette con il professor Bhear. Non so voi, ma io ssin da piccola sono sempre stata una fan accanita di questa coppia, e quindi sono rimasta pressochè sconvolta da come la Alcott ha concluso le relazioni dei due ragazzi! Allora mi sono presa questa piccola libertà... spazio agli stravolgimenti!

I cambiamenti iniziano dal capitolo 18 di “Le piccole donne crescono”. Buona lettura.

Chiaretta

°°°

Laurie & Jo

1- Ritorni

Theodore Laurence era sdraiato sul divano dell’ampio salone.

La testa appoggiata sui cuscini purpurei e le gambe lunghe distese liberamente, lo sguardo perso, l’espressione corrucciata.

Era tornato a Parigi da suo nonno la sera precedente, colto da un improvviso malumore.

Si scompigliò la chioma ricciuta con una mano e fece una smorfia: perché, nel momento più importante, gli era tornata in mente Jo?

I ricordi del giorno prima continuavano a scorrere davanti ai suoi occhi, increduli che tutto fosse successo veramente, e delle domande rimbombavano nelle sue orecchie.

Aveva fatto la cosa giusta?

E si rivedeva su quella barca con Amy, l’ultima delle sorelle March, intento a remare e a prepararsi: avrebbe sicuramente chiesto alla bella ragazza di sposarlo.

Lei si divertiva ad agitare l’acqua con la mano, mentre lui remava. Dopo un po’ aveva posato i remi e l’aveva fissata intensamente. Si erano scambiati alcune parole e poi l’irreparabile era successo.

“Come si sta bene noi due insieme, vero?” aveva sussurrato Amy, imbarazzata.

Agli occhi blu della ragazza aveva iniziato lentamente a sovrapporsi altre due iridi scure, alla bocca delicata, delle labbra decise, ai boccoli biondi, una lunga chioma castana e liscia.

“Talmente bene, che…” stava replicando Laurie, ma poi l’aveva vista.

Aveva rivisto nella sua mente il volto sorridente di colei che più aveva amato: Josephine March, la sua Jo.

Fissava di nuovo i suoi vivaci occhi grigi, il naso buffo, la bocca decisa e i lunghi e corvini capelli, e non si spiegava perché, proprio mentre faceva la sua propostadi matrimonio alla ragazza che forse, oltre a lei, avrebbe potuto renderlo felice, non poteva fare a meno di pensarla.

Jo...

“Laurie?” l’aveva allora richiamato Amy, ma ormai era troppo tardi. Non poteva più chiederle di sposarlo perché quel pensiero aveva riportato lo sgomento nel suo cuore, quello sgomento che a poco a poco credeva di aver allontanato per sempre.

“Scusa Amy, in effetti sono molto stanco. Torniamo.”

Ed era ripartito alla volta di Parigi, senza avvertire nessuno, sperando con tutto se stesso che quel pensiero assurdo gli fosse tornato in mente per puro errore, sperando con tutte le sue forze di non essere ancora innamorato dell’unica donna che l’aveva rifiutato.

Si mise a sedere sul divano rosso e si scompigliò ancora i capelli: doveva smettere di rimuginare sull’accaduto, altrimenti la sua immagine non sarebbe mai sparita dalla sua mente! Ma mentre pensava questo, subito la rivedeva, piangente, abbracciata al cuscino rosso di Beth, la terza delle sorelle March prematuramente scomparsa poco tempo prima.

Proprio nel momento più doloroso per lei, lui l’aveva lasciata sola, ma che altro poteva fare? Non era stato forse freddamente rifiutato ben tre volte?

Eppure, nonostante l’orgoglio gli ordinasse di dimenticarla, quel pensiero lo faceva impazzire.

“Cosa c’è Theodore?”

Il giovane alzò stupito lo sguardo e vide il signor Laurence sulla soglia, che lo guardava con aria preoccupata.

“Nulla, nonno.” cercò di tranquillizzarlo il nipote, sedendosi compostamente.

“Anche ieri sera, quando sei arrivato, stavi poco bene, dimmi, forse ti fa ancora male la testa?” il vecchio si avvicinò e si accomodò sul divano.

“Si, mi fa ancora male, ma non molto forte… cosa stavi facendo?” doveva sviare l’argomento. Aanche se il nonno sapeva tutto di come erano andate le cose tra lui e Jo, non aveva voglia di raccontargli della sua angoscia.

“Stavo scrivendo una lettera ad un conoscente.” il nonno aveva capito con un solo sguardo che il nipote voleva nascondergli qualcosa, ma pensò di reggergli il gioco: non stava certo a lui costringerlo a confidarsi!

“L’ho invitato a venire, una di queste sere, a trovarci… non l’ho ancora spedita, se vuoi gli chiedo di portare qualche giovane da farti conoscere, per farti compagnia…” azzardò.

“Grazie, nonno, ma credo che presto ripartirò, quindi non ti disturbare.” Laurie si alzò e fece lentamente il giro del salone cercando di concentrare la sua attenzione sui piccoli soprammobili di ceramica che facevano capolino sul grande pianoforte a coda. Perché diavolo la voce di Jo continuava a risuonargli nelle orecchie? Perché ripensava al suo sguardo mentre lo chiamava affettuosamente ‘Teddy’?

“Va bene, allora vado a chiuderla e la faccio spedire…” concluse il signor Laurence riferendosi alla lettera. Forse doveva veramente chiedere al quel conoscente di portare urgentemente dei giovani e delle fanciulle per far compagnia al nipote…

“Stai tranquillo, nonno.” Dal tono con cui il vecchio aveva parlato, non era stato difficile per il nipote intuire a cosa stava pensando “non ho bisogno di nessuna compagnia.” Affermò.

Laurie attese qualche istante che il nonno si allontanasse e poi si avvicinò alla finestra spostando l’elegante tendaggio con una mano.

“Forse dovrei tornare…” pensò.

@@@

INTERMEZZUCCIO

Scusate l'interruzione, ma prima di ricominciare, avrei una domanda da porre a tutti voi gentili lettori…

QUANTI ANNI HA LAURIE?

Sembra una domanda idiota, ma, secondo “Piccole donne”[cap 1], Jo e Meg si passano un anno e Teddy è più piccolo di Meg e più grande di Jo, quindi deduco che i due ‘innamorati’ si passino qualche mese, ma in “Le piccole donne crescono”[cap 20], Jo ad un certo punto dice a Laurie che *lui ha qualche anno in più di lei*… com’è possibile?

Com’è possibile che abbia qualche anno in più di Jo, ma sia comunque più piccolo di Meg (che in teoria dovrebbe essere più grande solo di un anno di Jo)?

Mah… pensateci e poi inviate le vostre risposte alla casella postale de “le domande che avrebbero risposta solo se gli autori fossero ancora vivi, peccato che siano morti da parecchio…”

@@@

Josephine March sedeva in soffitta, avvolta dal suo famoso vestito da scribacchina, il cappello nero abbandonato per terra.

Si era rifugiata nello ‘studio’ per cercare di lenire il suo dolore con la scrittura, ma niente poteva distrarre la sua mente dal ricordo della dolce Beth.

Era passata quasi una settimana dalla morte di sua sorella, ma ogni giorno una nuova sofferenza le attanagliava il cuore; oltretutto si sentiva terribilmente sola ed incapace di trattenere il peso di quella così spiacevole situazione.

Aveva promesso a Beth di essere forte e di sostenere i suoi genitori, ma lei stessa si sentiva così vulnerabile e confusa!

Spesso scoppiava nel pianto, senza riuscire a darsi pace, mossa da una ribellione.

Perché Beth era morta? Perchè era dovuto succedere proprio a lei, la creatura più dolce che esistesse?

Anche quel giorno, la sofferenza non le dava pace. Tornò nel salotto e prese tra le braccia il cuscino rosso di sua sorella, come ormai era solita fare, e pianse ancora amare lacrime, senza riuscire a dar sfogo al suo dolore.

Fortunatamente, come spesso accade, qualcuno le venne in aiuto: i suoi genitori.

Lei e i signori March ripresero a parlare, e ben presto, la cara Jo, sentì la mancanza di qualcun altro, oltre a Beth…

Aveva iniziato a pulire la casa con ardore e ad occuparsi sempre più volentieri delle faccende domestiche, e proprio mentre rassettava la sua stanza, lo sguardo le si era posato su una grande casa, oltre la finestra, che nel suo lusso faceva quasi scomparire la casa dei Mach…

La residenza dei Laurence…

La casa di Teddy…

Le si strinse il cuore ripensando al suo caro amico d’infanzia.

Da quanto tempo era partito?

Sicuramente da parecchio, ma ancora più lontano era stato il loro incontro… lo ricordava ancora benissimo…

Allora lei aveva 15 anni… quel Capodanno passato, aveva ricevuto un’interessante notizia da Meg, la sorella maggiore, che l’aveva trovata in soffitta, sdraiata su un vecchio divano a tre gembe con in mano un libro… non ricordava bene che libro fosse, quello che stava leggendo, ma era di sicuro molto commuovente… forse ‘L’erede di Redcliffe’…comunque sia, la signora Gardiner aveva invitato sia Meg che Jo ad un ballo… era stato lì, che lei e Teddy si erano incontrati… proprio mentre stava per essere invitata a ballare, era sgusciata via, in una saletta attigua, ma non era rimasta sola, il giovane Laurence era lì ed avevano cominciato a parlare…

Come avevano iniziato?

Ah, già! Jo l’aveva ringraziata dei fiori che aveva mandato loro a Natale, poi avevano discusso circa i loro nomi, e da quel momento aveva iniziato a chiamarlo Laurie… poi avevano ballato soli sulla terrazza e le aveva anche insegnato un ballo tedesco tutto piroette e salti che le era piaciuto molto…

“Quelli sì che erano bei tempi…” si sorprese a pensare Jo, ma subito un ricordo più doloroso aveva preso spazio.

La prima dichiarazione di Teddy…

Lei non riusciva a provare altro che amicizia per lui ed aveva invano cercato di farglielo comprendere, ma quel giorno, quando lei gli era andata incontro come al solito, Laurie l’aveva guardata intensamente ed allora aveva capito cosa stava per succedere:

“No, Teddy, per favore, non dire niente!”aveva supplicato

“Parlerò, invece, e tu devi ascoltarmi. E’ inutile, Jo, continuare a menare il can per l’aia, prima chiariamo tutto, meglio sarà per tutti e due.

“E allora avanti, ti ascolto”

La voce di Laurie tremava, ma deciso aveva proseguito:

“Io ti amo da quando ci siamo conosciuti, Jo. E non avrebbe potuto essere altrimenti perché sei sempre stata tanto buona con me…”

Quelle parole adesso avevano un effetto diverso, pensando che Teddy era molto lontano…

“Il mio amore per te è diventato ancora più forte” aveva continuato il giovane “ho lavorato duro per farti piacere, ho rinunciato a giocare a biliardo e ad un’altra infinità di cose che tu non gradivi, ho aspettato e aspettato senza dare mai segni d’impazienza perché speravo di conquistarti, anche se non ti merito”

Ma lei lo aveva rifiutato ugualmente e poi aveva detto con tono pacato:

“Laurie, devo confidarti una cosa.”

Lui aveva avuto un sussulto, aveva alzato la testa e aveva gridato, furente:

“No, non dirmela, non in questo momento! Non potrei sopportarlo!”

“Sopportare… cosa?”

“Che sei innamorata di quel vecchio!”

“Quale vecchio?”

“Quel dannato professore al quale non hai fatto altro che scrivere da quando sei tornata. Guarda, Jo, se dici che lo ami, io… giuro che faccio una pazzia!”

Il professor Bhear... chissà perché Teddy pensava che ne fosse innamorata… certo, lo stimava molto, ma niente di più… e pensare che la cosa che doveva confidargli non riguardava affatto i suoi sentimenti, ma quelli della mamma che non era d’accordo alla loro unione!

Ma dopo il litigio, Laurie non si era certo arreso.

Adesso gli occhi di Jo indugiavano sulla finestra della camera di Teddy…

Il secondo tentativo di conquista di Laurie era stato un più veloce. Nel momento dei saluti, quando lui stava per partire per l’Europa, l’aveva abbracciata chiedendole ancora se i suoi sentimenti per lui fossero sempre gli stessi: amicizia e nient’altro.

La risposta non era cambiata.

E poi, l’ultimo tentativo, via lettera.

A quella domanda, Jo non aveva neppure riflettuto, stavolta, nonostante fosse passato parecchio tempo. Aveva scritto il suo NO deciso per orgoglio e ribellione, senza badare veramente ai suoi sentimenti. Inoltre, a quei tempi, credeva che la sua Beth fosse innamorata del giovane Laurence… non sospettava che i sospiri della sorellina non erano affatto per un ragazzo, ma per la sua vita che la lasciava…

Una grossa lacrima le scivolò lungo la guancia.

Come aveva fatto a diventare una tale piagnucolona?

Eppure, solamente nel pianto riusciva a trovare un poco di conforto, solo singhiozzando pensava di poter resistere al dolore che la divorava, nonostante i suoi genitori adesso le fossero più vicini che mai.

Se solo Teddy fosse stato lì con lei….

Se solo lui avesse potuto parlarle, sicuramente l’avrebbe consolata…

“Perché non torni?” bisbigliò, in modo che solamente le bambole di Beth, lì vicino, avrebbero potuto sentirla.

***

Alla fine lo aveva fatto.

Laurie aveva preso il suo coraggio ed era ripartito.

Aveva inviato un messaggio ad Amy per scusarsi di essere andato via così improvvisamente ed aveva salutato il nonno pochi minuti prima della partenza, ma solo per non farsi venire altri dubbi e rimandare il suo ritorno a casa.

Doveva tornare.

In che razza di situazione si era cacciato!

Aveva rimandato il momento più bello della sua vita perché si era ricordato di una ragazza!

Non aveva fatto la sua proposta di matrimonio!

Perché? Perché non poteva dimenticare Jo?

Ma sorrise, nonostante la gravità del problema, sorrise e ripensò ai buffi momenti che avevano passato insieme, e a quanto lui fosse cambiato.

Una volta era un ragazzo allegro e un po’ dispettoso, che non perdeva mai l’occasione di scherzare, adesso invece era pieno di dubbi e una profonda tristezza lo circondava.

“Chi sono i tuoi eroi?” gli aveva chiesto una volta Jo, durante il gioco ‘verità’ che aveva fatto molti anni addietro al campeggio Laurence, con Fred Vaughn, Sallie e Jo.

“Il nonno e Napoleone.” Aveva risposto Laurie, in tutta onestà.

“Qual è la ragazza più carina tra le presenti?” aveva chiesto Sallie.

“Meg.”

“E quale ti piace di più?” aveva interrogato Fred.

“Jo, naturalmente.”

“Che stupide domande fate!” aveva alzato le spalle la signorina March, un po’ imbarazzata.

Quella volta sì che si erano divertiti… e poi, lui sapeva perfettamente quello che provava e non aveva nessun problema a dirlo ad alta voce.

“Quale ragazza ti piace di più?”

“Jo, naturalmente.”

Jo, naturalmente… e adesso?

Chi gli piaceva di più? Amy o Jo?

Con Amy, ultimamente, aveva passato dei momenti meravigliosi proprio mentre credeva di non potersi più riprendere dal rifiuto di Jo, ma lei, la secondogenita delle sorelle March… bè, lei era semplicemente Jo, e questo bastava a fargli battere il cuore, a fargli tornare in mente tutte le cose più belle, a farlo sentire sereno.

Era in viaggio da vari giorni. Ormai non mancava molto al suo arrivo in America… forse due o tre ore, non di più… che avrebbe fatto?

Si immaginava tutto: innanzitutto avrebbe fatto la strada cantando, poi avrebbe saltato lo steccato di casa March, come faceva sempre, ed era in quel momento, che Jo usciva dalla porta chiamandolo ‘Teddy’. Si sarebbero abbracciati? Forse, dipendeva dal momento.

Poi sarebbe entrato in casa, avrebbe dato un bacio alla mamma e stretto la mano al signor March e dopo… dopo avrebbe terminato la giornata chiacchierando con la sua cara, vecchia amica d’infanzia.

Dai loro discorsi, lui avrebbe capito cosa provava veramente e avrebbe potuto scoprire quello che pensava Jo, e in seguito avrebbe deciso sul da farsi…

Ecco.

Come sospettava.

Era bastato pensare a lei un po’ di più, che subito gli tornava il buon umore!

Mentre rifletteva con un placido sorriso stampato in faccia, si avvicinò a lui un uomo alto, con un grosso cappello, avvolto da un cappotto.

“Posso sedermi?” chiese indicando una delle seggiole del ponte della nave dove era seduto anche Laurie. Aveva un accento straniero, Teddy avrebbe giurato fosse tedesco.

“Ma certo! Si accomodi, prego!”

“Sa, il ponte dall’altro lato è piuttosto affollato” sì, aveva un forte accento tedesco.

“Non si preoccupi… dov’è diretto?” chiese il giovane Laurence, fissando più attentamente il nuovo venuto, che nel frattempo si era tolto il cappello, mostrando dei capelli ispidi.

Ascoltò la risposta in silenzio e poi sussultò, sorpreso:

“E’ proprio il posto in cui vado io! Ma lei senta! E’ buffo, ci sono un sacco di persone che vanno in America, da un sacco di posti differenti, e ci si trova a parlare con qualcuno che va proprio nello stesso, identico paese!”

L’uomo parve un po’ sorpreso dall’entusiasmo del giovane che gli era seduto di fronte, ma sorrise dolcemente, mostrando dei denti bianchissimi e fissando l’altro con i suoi occhi gentili.

“E’ per lavoro?” chiese Laurie.

“No, mi piacerebbe andare a trovare un’amica. Lei?”

“Oh, io torno a casa. Abito lì.”

“Capisco… da dove è partito, se posso chiederlo?”

“Da Parigi.”

“Io dalla Germania, da Berlino, precisamente”

“E’ una bella città” affermò Teddy “ci sono stato un paio di volte…”

“Viaggia spesso?”

“Ho viaggiato molto durante l’infanzia e adesso sono in giro da parecchio tempo.”

“Di cosa si occupa? … mi scusi, se faccio tante domande, ma mi piacciono le conversazioni allegre…”

“Anche a me, non si preoccupi! Dunque, per adesso non lavoro, mi sono da poco laureato. Invece, lei? Di cosa si occupa?”

“Sono un professore… insegno a New York…”

“Anche una mia cara amica è sta a New York, un po’ di tempo fa, ma adesso è tornata a casa.”

Sembrava una persona molto cordiale e aveva subito ispirato simpatia a Laurie, che continuò a parlare un bel pezzo con lui, senza però mai sentire il bisogno di presentazioni: discutevano come se si fossero conosciuti da una vita, con tranquillità e umorismo.

“Guardi, stiamo per attraccare al porto.”

Laurie guardò la terraferma. Adesso sentiva un po’ d’agitazione addosso.

“Già. Bè, è stato un viaggio veramente lungo, ma grazie a lei, piuttosto piacevole.”

“La ringrazio anch’io per la compagnia.” Disse il professore, con il suo buffo accento, stringendogli la mano, poi si separarono per prepararsi a scendere.

A quanto pare, l’insegnante non si sarebbe recato subito al paese, quindi Laurie si allontanò da solo per prendere una carrozza.

°°°

Fine del primo capitolo!

Spero che la ff risulti di vostro gradimento e che non vi abbia fatto perdere troppo tempo. L'aggiornamento è settimanale, quindi il secodo episodio sarà disponibile lunedì prossimo ^___^

Se volete farmi sapere che siete passati di qua, per favore, lasciate un commento.

Grazie mille

Chiaretta

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Laurie

Laurie & Jo

 

 

 

2- In soffitta

 

 

Non era cambiato niente.

Theodore Lorence guardava rapito le strade e i negozi, le case, e anche le persone, ma tutto gli sembrava uguale a come lo aveva lasciato, tanto tempo addietro.

Doveva essere un sogno.

Non era assolutamente possibile che nulla fosse cambiato: tutto cambia, è una legge di natura, ma ogni cosa pareva al suo posto.

 

 

Eccola.

 

Poteva già vederla,  la residenza dei Laurence, nonostante fosse abbastanza lontano.

Il cuore iniziò a battergli più forte al pensiero che casa March, anche se non era ancora possibile vederla, si trovava proprio lì, vicino al suo grande palazzo…

 

Fece fermare la carrozza prima di essere arrivato a destinazione, pagò e salutò il cocchiere, e respirò lentamente.

 

Ok. Il momento era arrivato. Calma.

 

Iniziò a camminare e, come secondo il piano, pensò ad una canzoncina da fischiettare, ma in primo luogo non gli veniva nessuna idea, in secondo luogo, la voce non aveva la minima intenzione di uscire dalla sua gola.

 

Andiamo… niente. Cercare di fischiare era impossibile.

 

Non importava. Ormai era veramente vicinissimo.

 

Le finestre di casa March erano tutte aperte: buon segno, evidentemente c’è qualcuno in casa… qualcuno che sperava si chiamasse Jo…

 

Le tende della finestra del salotto erano aperte anch’esse, mosse dal lieve vento.

Era da lì che le guardava.

Quando era più giovane, gli bastava sbirciare un po’ attraverso quel vetro per vedere le quattro sorelle March intorno a loro madre, intente a cucire e chiacchierare amabilmente.

Gli trasmettevano serenità.

Poi anche lui era entrato a far parte del gruppo, ma adesso, da quella finestra che una volta era un quadro, si leggeva solo la desolazione.

Non si era ancora propriamente avvicinato, ma poteva vedere la sedia della signora March vuota, e nessuno dei radiosi visi delle ragazze.

Beth era morta.

Meg si era sposata.

Amy era partita.

Jo era rimasta sola.

Tutto sembrava essere andato per il verso sbagliato, eppure era il normale corso della vita.

Non si può fermare il tempo. Era logico che i bei tempi che aveva trascorso con la famiglia March sarebbero passati, prima o poi, lasciando cosa?

 

Tristezza.

 

Laurie si fermò un istante, lo sguardo sicuro.

 

Adesso era tornato lui. Sarebbe riuscito a renderli felici.  Era questo che aveva sempre cercato di fare. Aveva esaudito il desiderio del nonno di vederlo al suo posto, aveva cercato di accontentare in tutto Jo, si era fatto in quattro per Meg e John, era stato un amico per Amy ed un fratello per Beth.

 

Anche se il risultato sembrava deludente, non tutto era perduto.

 

Non tutto era perduto.

 

Si avvicinò velocemente allo steccato per saltarlo, ma all’ultimo momento le gambe lo tradirono e si fermarono davanti al cancelletto accostato.

 

Era immerso nei suoi pensieri quando una voce femminile lo chiamò.

 

“Laurie?”

 

Teddy alzò di scatto la testa: la mamma!

 

Due braccia lo circondarono ed due baci sulle guance gli trasmisero tutto l’affetto della signora March.

 

“Caro Laurie, sei tornato adesso? Come mai non ci hai avvisati del tuo arrivo? Hai fatto un buon viaggio?” domandò la donna, tenendo il volto del giovane Laurence tra le mani e guardandolo con dolcezza.

 

Laurie la baciò a sua volta sulla fronte.

 

“Il viaggio è andato bene e non vi ho avvertiti perché volevo farvi una sorpresa.”

 

“Entra, il  signor March sarà felice di vederti.”

 

“Mamma, Jo? Dov’è?”

 

Gli occhi della signora si rabbuiarono un po’ al sentire quella domanda:

 

“Adesso non c’è, è andata a fare delle commissioni per Meg, sai com’è impegnata con i gemelli, non ha un attimo di pace!”

 

Anche l’interno della casa sembrava uguale: l’unica differenza era l’assenza di Beth, in genere seduta a cucire o a suonare. C’era uno strano silenzio e, anche se l’accoglienza dei signori March era stata come sempre molto affettuosa,  l’atmosfera triste e la mancanza di Jo, in quel momento fecero pentire Laurie di essere tornato: aveva abbandonato la tristezza dei dubbi e della malinconia, per trovare altro dolore?

 

Però, l’aveva promesso a se stesso: far tornare l’allegria in quella casa era adesso il suo unico obiettivo.

 

Quella sera parlò molto con il signor March di come aveva trascorso il periodo passato in Europa e si fece raccontare l’esperienze vissute da loro, durante la sua assenza.

John e Meg avevano alcuni problemi e, a quanto pareva, avevano litigato per la prima volta dopo il loro felice matrimonio; Jo era sempre abbattuta e da qualche tempo non ricevevano notizie di Amy.

 

Durante la cena furono silenziosi e Laurie glissò meglio che potè l’argomento del suo improvviso ritorno, soprattutto davanti alla mamma.

 

Sapeva bene che alla signora March non era mai andato a genio il sentimento che lui provava per Jo, quindi, perché farla rattristare? Ancora non l’aveva neppure vista… ma che fine aveva fatto? Perché non tornava a casa per cena?

 

“Mamma, scusa, ma Jo non doveva fare solo delle commissioni per Meg?” domandò dopo dieci minuti, un poco ansioso.

 

“Bè, mi aveva anche avvertita che probabilmente si sarebbe fermata a mangiare con sua sorella, non te l’avevo detto?”

 

“Non mi sembra…”

 

“Dunque, mi stavi dicendo”  lo interruppe il signor March “che hai conosciuto un professore tedesco?”

 

“Proprio così. Ha detto che insegna a New York.” Rispose Theodore, bevendo un sorso dal suo bicchiere pieno.

 

“Oh, come Jo.”

 

“Si, è quello che gli ho detto anch’io!”

 

“Come si chiamava?”

 

“Non ne ho la minima idea.” Affermò tranquillamente il giovane, tra le occhiate stupite dei due signori. Si affrettò ad aggiungere:

 

“Parlavamo con tanta confidenza ed educazione, che mi è parso fuori luogo chiedergli il nome. Comunque si trova in paese, molto probabilmente lo vedrò ancora, così ve lo presenterò, è una persona così gentile, vedrete!”

 

A fine pasto, il signor March andò a dormire presto e la signora si mise a sistemare insieme ad Annah, così che Laurie rimase solo nel salotto a contemplare la “salsiccia”, il famoso cuscino che Jo utilizzava come muro tra loro due, quando erano entrambi seduti sul divano, o come arma, per colpirlo durante i giochi.

 

Si sedette sul divano, con le gambe distese e le braccia appoggiate allo schienale, come suo solito, e chiuse un momento gli occhi: la stanchezza del viaggio si faceva sentire e il “motivo” del ritorno non si trovava lì.

 

Si annoiava.

 

Improvvisamente si alzò e prese a salire velocemente le scale, diretto in soffitta.

Gli era venuta voglia di stare un po’ lassù, nell’angolo di Jo.

La soffitta era buia, con la sola luce della luna che entrava indirettamente dalla finestra chiusa creando delle linee argentate sulle assi del pavimento ligneo e disegnando curiosi ghirigori sul piccolo divano a tre gambe dove la secondogenita delle sorelle March usava sedersi per leggere.

Al suo ingresso, il topino Sgranocchio squittì rivelando la sua presenza, e Laurie vide delle mele su un piattino sul divano ed un libro, riposto freddolosamente su un vecchio mobile.

 

Il giovane si sedette un momento sul sofà sgualcito e guardò fuori dalla finestra.

 

Com’era silenziosa quella stanza… si stava davvero bene, anche se, man mano che i secondi passavano in quella semi-oscurità, Laurie sentiva che la tristezza e la malinconia si impossessavano del suo cuore.

Sapeva che spesso Jo piangeva in soffitta, commossa dai libri, o addolorata per la vita reale, ma solo adesso si accorgeva di quanto fossero desolanti quella stanza e quella casa in generale, nonostante un tempo le considerasse un po’ come i contenitori dell’allegria e la felicità.

 

Com’era possibile che tutto questo fosse successo senza che lui se n’accorgesse?

 

“Teddy?”

 

Eh?

 

Laurie si voltò lentamente, senza capacitarsi da dove provenisse quella voce, in mezzo all’immenso silenzio della soffitta; poi, i suoi occhi incrociarono un paio di iridi scure e vide una ragazza dai capelli intrecciati, con indosso un lungo vestito ed uno scialle opaco sulle spalle, che lo guardava stupita, aguzzando la vista per via dell’oscurità.

 

“Sei tu, Teddy?” disse ancora, ma stavolta con una voce più dolce e allegra.

 

“Jo…”

 

 

 

***

 

Quando Josephine March era tornata a casa, quella sera, sua madre l’aspettava sulla soglia, con un sorriso.

 

“Com’è andata, Jo? Tua sorella sta bene?”

 

“Benissimo. Mi ha preparato una cena deliziosa.” Rispose entusiasta la ragazza, entrando in casa e togliendosi il cappellino scuro che aveva portato in testa per tutto il tragitto.

 

“Ma sei tornata da sola?” domandò ancora la mamma, un po’ preoccupata.

 

“Già.”

 

“Oh, Jo! Sai che non sta bene che una ragazza vada in giro di sera tardi da sola…”

 

“Erano solo due passi, mamma, è tutto a posto.” La rassicurò “Papà è a dormire?”

 

“Si… ti consiglio di andare un momento in soffitta, credo ci sia una sorpresa per te…” aggiunse la signora March con un mezzo sorriso.

 

“Per me? Una sorpresa?”

 

Jo prese a salire silenziosamente le scale per non disturbare il sonno del padre, ma anche un po’ curiosa, senza immaginare cosa avrebbe potuto trovare nella soffitta.

 

Era stata una giornata un po’ pesante, quella. Si stiracchiò salendo gli ultimi scalini e mise la testa dentro la stanza.

Era molto buia e per qualche istante non vide nulla, poi il contorno dei mobili cominciò a farsi nitido, seguito da quello del divano a tre piedi…

 

“C’è qualcuno?” pensò, notando solo dopo un po’ una sagoma nera che pareva appartenere ad una persona. Chi poteva essere?

 

Non ricordava di aspettare visite…

 

Si avvicinò silenziosamente nella speranza di riconoscerla prima che questa si voltasse e la vedesse… questa persona aveva delle gambe lunghe, accavallate.

L’ospite mosse di lato la testa. Adesso la luna illuminava parte del suo volto e Jo poteva vedere bene i suoi occhi, la bocca e i capelli corti e corvini… le sembrò che il cuore avesse iniziato a battere più velocemente dentro il suo petto e chiamò con voce quasi strozzata per l’incredulità:

 

“Teddy?”

 

Lui voltò.

 

“Sei tu, Teddy?” sentì il sorriso che le si allargava sul volto e non riuscì a trattenere il suo corpo per la gioia.

 

“Jo…”

 

Gli fu subito addosso e lo baciò sulla guancia prendendogli una mano.

 

La sua voce. Quanto aveva desiderato di risentirla al più presto?

 

Quanto aveva sognato la stretta della sua mano?

 

Improvvisamente, la giovane Jo, sentì il suo fardello farsi più leggero, sentì che forse poteva farcela a superare quella situazione così pesante e dolorosa che stava attraversando dalla morte di Beth, ora che lui era tornato.

 

Fissò Laurie negli occhi e guardò il suo sorriso.

 

“Oh, Teddy, quando sei arrivato? Perché non mi hai avvisato del tuo rientro?”

 

“Mi hai fatto le stesse identiche domande che mi ha posto la mamma!” rise lui, stringendo un po’ più forte la sua mano “Sono tornato questo pomeriggio sul tardi e non ho avvisato perché volevo farvi una sorpresa.”

 

“E ci sei riuscito perfettamente!”

 

Si guardarono un momento, senza dire niente, ma senza sciogliere la stretta delle mani, poi Jo continuò:

 

“Raccontami qualcosa! Com’è andato il viaggio? Hai visto ancora Amy? Perché non è venuta con te? Non poteva tornare?”

 

Laurie sembrò rabbuiarsi un momento:

 

“Il viaggio è andato bene; per quanto riguarda la seconda domanda, la risposta è , circa la terza è non sapeva che sarei tornato neppure lei e per la quarta domanda è non ne ho idea e vedi risposta 3 per maggiori approfondimenti. Soddisfatta?

 

“Direi di no… mancano ancora molti particolari: forza! Fuori i fatti! Ci dev’essere un altro motivo per cui sei corso qui in fretta e furia, qual è?”domandò Jo con fare investigativo.

 

“Il motivo è quello che ho detto: puro desiderio di sorprendervi…”

 

“Lei mente, signore…”

 

“Ok, ok… non ti si può nascondere nulla, detective?”

 

“Nulla.” Confermò la ragazza, sorridendo.

 

“Sono tornato perché non riuscivo a stare lontano da te.” confessò lui, nel suo solito tono scherzoso, ma questa volta, al contrario degli episodi passati, qualcosa si mosse in entrambi…

 

“Non dire sciocchezze! Ho detto che voglio la verità, non una battuta.”

 

“Bene, allora mi vedo costretto a svelarti il mio segreto…”

 

“Non ci sono mai stati segreti tra noi, mi sembra…”

 

“Eh, mia cara, l’Europa cambierebbe anche te… ha un’influenza inimmaginabile!” continuava a scherzare il ragazzo “Comunque…”

 

Si sentirono dei passi su per le scale e subito dopo comparve la signora March con una candela in mano:

 

“Ragazzi, ormai è molto tardi, vi racconterete il resto domani. Laurie, resti qui da noi a dormire?”

 

“Oh… no, grazie, penso che andrò a casa. Buonanotte.” Il ragazzo lasciò la mano di Jo ed uscì dalla stanza in silenzio, senza voltarsi.

 

 

***

 

Steso nel suo letto, Laurie ripensava alla giornata, o meglio, alla serata trascorsa dai March.

Finalmente aveva rincontrato Jo, ma non avevano parlato molto, in verità, così non era riuscito a capire cosa effettivamente lei provasse.

 

Gli aveva dato un semplice bacio e gli aveva preso la mano, ma questi non erano affatto dei segni, erano cose che accadevano spesso tra loro con puro significato fraterno.

Cosa doveva pensare?

 

Gli tornò alla mente il tono allegro che aveva usato Jo per chiedergli notizie di Amy: si erano rivisti?

 

Già, per essersi rivisti, lui ed Amy si erano visti, ma era il caso di raccontarle che per poco non la chiedeva in moglie?

 

Amy. Che strano rapporto lo legava a lei… Durante l’infanzia non si erano minimamente filati, lei era la signorina March che meno notava; poi, in Europa, stare in sua compagnia gli era parso così bello e rilassante, avevano trovato dei punti comuni, degli argomenti, e avevano trascorso ore molto piacevoli, però adesso che erano di nuovo lontani, non gli sembrava così irresistibile: che fosse l’influenza Europea?

Poteva darsi…

 

Comunque una strana irrequietezza lo aveva preso: cosa provava Jo per lui? Come gli era mancato?

 

Nella lettera l’aveva nuovamente rifiutato, però… Possibile che lei non potesse vederlo in altro modo se non come un amico? Ma perché? Lui l’amava tanto!

 

Si sentì un po’ stupido a farsi quelle domande, sembrava un bimbo alle prese con la prima cotta, ed in effetti anche per lui poteva essere così, anche se ormai non era più tanto piccolo…

 

Decise che l’indomani avrebbe cercato di avere una risposta da Jo…

 

 

***

 

 

Jo si rigirava tra le lenzuola senza riuscire a smettere di sorridere.

Le era sembrato un sogno che il suo Teddy fosse tornato, e rendersi conto che quella era la realtà la rendeva così felice!

Chissà perché era tornato… alla fine non le aveva dato una risposta sincera, però…

 

“Sono tornato perché non riuscivo a stare lontano da te.”

 

Possibile che fosse quello il motivo?

 

Eppure lei lo aveva rifiutato ben tre volte, possibile che lui l’amasse ancora?

 

No, non era possibile, forse, la voleva ancora come migliore amica, forse in Europa si era sentito solo… doveva essere questo il motivo: evidentemente in Francia si annoiava.

 

Chiuse gli occhi decisa ad addormentarsi, ma dopo pochi minuti li spalancò.

Si sentiva la faccia calda, ma non la smetteva di sorridere.

 

“Devo essere diventata tutta scema!” pensò cercando di cambiare espressione “Cara Beth, sei stata tu a farlo tornare perché mi hai ascoltato?”

 

Si alzò da letto e andò a lavarsi la faccia.

 

Lungo il corridoio si soffermò davanti alla porta della stanza che un tempo era quella di Amy e Beth e toccò la maniglia per aprirla, ma all’ultimo momento esitò e la sottrasse, lasciando quella soglia chiusa.

 

“Mi metterei sicuramente a piangere, e non voglio farlo stasera perché sono tanto contenta…”

 

Sorrise teneramente alla porta, come se lì davanti a lei ci fosse stata Beth in persona, poi tornò a stendersi tra le lenzuola e, felice, scivolò nel sonno.

 

 

°°°

Grazie mille a subaru e Vivy per la recensione! ^__^

Il prossimo capitolo sarà disponibile venerdì.

Ciao ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Laurie

Laurie & Jo

 

 

 

3- Incomprensione

 

“Stai uscendo, Jo?” domandò la mattina seguente Annah, notando che la signorina si era già vestita e stava afferrando silenziosamente il cappello nell’ingresso.

 

“Si, vado da Teddy.” Rispose lei.

 

“Ma è ancora molto presto. Quel pigrone di Laurie non si sarà ancora alzato!”

 

“Invece è sveglio, l’ho visto dalla finestra!” spiegò la ragazza aprendo la porta “Torneremo per l’ora di pranzo. Ciao!” e uscì richiudendo l’uscio rumorosamente.

 

Se Annah avesse scostato le tende della finestra della cucina, l’avrebbe vista saltare lo steccato e correre su per la stradina oltre la siepe, ma nella sua tranquilla indifferenza ricominciò a preparare la colazione per i signori March, che presto si sarebbero alzati.

 

Arrivata davanti al grande portone di casa Laurence, Jo fece un respiro profondo: si era vestita bene e si era pettinata di tutto punto. Suonò il campanello e attese pochi secondi; subito una domestica aprì e le disse che l’avrebbe annunciata al signorino Laurence, ma Jo la pregò di non chiamarlo perché voleva fargli una sorpresa.

 

Si tolse il cappello e salì le scale marmoree che portavano alle camere da letto e ad un salotto personale di Laurie, la domestica l’aveva avvisata che il padrone era lì,  così, silenziosa aveva superato la soglia della stanza e aveva notato che era vuota.

 

“Dove sarà?”si domandò avvicinandosi alle poltrone e controllando che il suo amico non fosse seduto alla scrivania, un po’ coperta da una grossa tenda. Niente, non c’era.

 

Stava per voltarsi quando due braccia l’afferrarono alle spalle facendola sobbalzare ed una voce gridò:

 

“Presa!”

 

Jo rise rendendosi conto che anche stavolta era stato Teddy a sorprenderla:

 

“Ehi! Non è da gentiluomini tendere un’imboscata agli ospiti!” scherzò lei.

 

“Non è da gentildonne saltare lo steccato e correre.” Fece lui.

 

“Allora mi spiavi!”

 

“Oh no, cara Jo, è solo che quando una giovane così carina capita sott’occhio, è impossibile non notarla…”

 

Jo non disse nulla, si limitò a fare lo sguardo severo, anche se non era arrabbiata per niente.

 

“Vieni” proseguì Laurie “sediamoci.”

 

Presero posto su due poltrone diverse e si fissarono ancora un momento con espressione beata, come se non si vedessero da moltissimi anni, anziché dalla sera precedente, poi presero a parlare del più e del meno, allegramente.

 

Da parte sua, Laurie cercava continuamente l’occasione di chiedere a Jo se gli era mancato in modo particolare, o se aveva attenzioni per qualche altro ragazzo, ma lei abilmente riusciva a sventare ogni suo tentativo proponendo nuovi argomenti o facendo battute.

 

“Non mi hai portato nessun regalo dall’Europa?” domandò ad un certo punto Jo.

 

“Si, ti ho portato me stesso, l’originale in persona…”

 

“Grazie, un dono splendido! … però non intendevo questo… oh, chiaro, non che m’importi molto dei regali, ma dato che non sono mai stata in Europa, magari potevi portarmi qualcosa di interessante…” aveva continuato lei, ma vedendo che l’altro non capiva, o fingeva di non capire, come era probabile, fece cadere l’argomento con un semplice “non importa, l’importante che sei tornato almeno tu!”

 

Discussero a lungo di ogni cosa, anche la più disparata, senza però toccare mai il tasto Beth, come se quello avrebbe distrutto tutta la gioia che si era formata nell’atmosfera, intuendo che uno dei due sarebbe inevitabilmente andato in pezzi, per la disperazione della perdita, o per il dispiacere di non poter essere di troppo conforto.

Sapevano entrambi che prima o poi il momento di parlare della morte della piccola sorella March sarebbe arrivato, ma temporeggiavano, forse cercando le parole adatte, o forse non cercandole affatto, per paura che il minimo accenno rendesse tutto più doloroso.

 

Jo aveva seriamente creduto che con la vicinanza di Laurie la sua sofferenza sarebbe passata, ma, adesso che parlavano, temeva di non riuscire a sopportare la tensione durante le spiegazioni e i discorsi sulla brevità della vita che sicuramente avrebbero fatto…

 

“Si è fatto tardi, Teddy…” dichiarò la signorina March.

 

“Oh, hai ragione! E’ quasi ora di pranzo! Ti fermi a farmi compagnia?” disse Laurie lanciando un’occhiata all’orologio appeso alla parete e alzandosi in piedi per aiutare Jo a fare altrettanto.

 

“Veramente pensavo che saresti stato tu a fare compagnia a noi…”

 

“Non so…”

 

“Mi spiace, ma ho già detto ad Annah che saremmo tornati entrambi a casa; non cercare scuse, anche se in realtà lo so che muori dalla voglia di venire…”

 

“Va bene, va bene! Lo ammetto, stavo cercando di ricevere nuovamente l’invito… bè, andiamo?” porse il braccio all’amica che lo prese sorridendo.

 

 

***

 

 

Dopo pranzo, Laurie, seduto sul divano vicino al cuscino “salsiccia”, guardava Jo trafficare in cucina con la mamma ed Annah. Le sembrava più bella, o forse era per via della pettinatura e del vestito…

 

“Jo, ti è arrivata una lettera; mi sono dimenticata di dirtelo prima di pranzo, è nella tua stanza.”

 

“Oh, grazie mamma, vado a prenderla!”

 

La ragazza corse su per le scale e tornò dopo pochi secondi con una busta un po’ ingiallita in mano e Laurie la sentì annunciare:

 

“E’ da parte del professor Bhaer!”

 

“Ancora quel dannato professore?” non poté fare a meno di pensare il giovane Laurence.

 

Jo si sedette a sua volta sul divano ed aprì la busta estraendovi due fogli scritti in piccolo e prese a leggere con attenzione, senza badare allo sguardo torvo che Teddy le aveva lanciato per poi rivolgerlo al cuscino “salsiccia”, come se volesse dirgli “stai sempre in mezzo, tu?”

 

Vedeva il sorriso di Jo allargarsi mentre scorreva le pagine e si chiedeva se loro due si fossero scritti molto durante la sua assenza.

 

“Forse hanno già deciso di fidanzarsi, ma nessuno mi ha ancora detto nulla per non offendermi!” si ritrovò a pensare il ragazzo, deciso ora più che mai a scoprire i sentimenti della ragazza. Quando lei ebbe finito di leggere disse allegramente:

 

“Il professore sta venendo qui! Mi ha mandato questa lettera dalla Germania dicendo che sarebbe partito presto!”

 

“Oh, che bello!” esclamò la signora March “così finalmente lo conosceremo…”

 

“Si, si, che gioia…” sussurrò tetramente Laurie chiedendo poi a Jo di andare a fare due passi.

 

“Adesso?”

 

“Certo, adesso!”

 

“Va bene, Teddy, andiamo, ma non stiamo fuori troppo, ho anche un impegno…”

 

“Fai la misteriosa?”

 

“Dovrebbe essere una cosa importante.”

 

 

Uscirono a braccetto e oltrepassarono la collina in silenzio, guardando il panorama, ognuno perso nei propri pensieri.

 

“Anche il professore verrà!” pensava Jo “Prima il ritorno di Teddy, ora lui. Questo dev’essere un periodo proprio fortunato!” e ripensava all’aiuto che il suo amico di New York le aveva dato leggendo il suo ultimo romanzo dicendole che appena si fossero incontrati avrebbe espresso il suo giudizio.

 

La mente di Laurie invece vagava per altre vie… ormai era certo: era innamorato di Jo.

Era inutile mentire, in realtà non l’aveva mai dimenticata, per questo, proprio mentre stava per commettere uno sbaglio, il suo cuore gli aveva suggerito di tornare la lei… 

 

“Come siamo diventati seri, Teddy…” disse piano Jo “Un tempo, non avremmo mai trascorso così tanto tempo in silenzio, senza fare una battuta…”

 

“Adesso dobbiamo pensare a cose più importanti.” Rispose ancora più serio lui.

 

“Per esempio? A quale cosa più importante?”

 

A te… a te, Jo!

 

“Bè, ora non saprei…” rispose, sopprimendo quello che qualcuno gli stava come gridando nelle orecchie.

 

“Allora dimmi a cosa stavi pensando…”

 

“Prima tu, ma sii sincera.”

 

Si fissarono intensamente negli occhi.

 

“Bè, io stavo pensando… … pensavo al professor Bhear.” 

 

Ecco.

 

L’ha detto.

 

Quello che prova per me non è cambiato.

 

“Bene…” Laurie fece un sorriso amaro.

 

“Ora tu, Teddy!”

 

“… è meglio se rientriamo adesso. Hai detto di avere un impegno, no?”

 

Quell'’improvvisa freddezza sorprese a tal punto Jo che non se la sentì di contraddirlo, ma lasciò il suo braccio e disse semplicemente “va bene” iniziando a tornare indietro.

 

 

°°°

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Laurie

 

Laurie & Jo

 

 

 

4- Gelosia

 

“Io esco,Teddy, ci vediamo dopo…” disse timidamente Jo, mettendosi lo scialle sulle spalle.

 

“Si, ciao.” Rispose lui senza guardarla negli occhi, voltandole le spalle.

 

“… vuoi venire con me?”

 

“No, se è una cosa tanto importante, è meglio se vai da sola.”

 

“Va bene. Ciao.”

 

Laurie ascoltò il suono dei suoi passi allontanarsi e il rumore della porta che si chiudeva, poi tirò un sospiro.

 

Com’era possibile che, mentre passeggiava con lui dopo tanto tempo, lei avesse pensato al “suo” professore?

 

Perché?

 

Cosa aveva scritto quel tizio sulla lettera  da averla tanto rapita?

 

Involontariamente lanciò un’occhiata alla busta ingiallita e ai fogli che erano rimasti sul divano, dove Jo li aveva lasciati, e un’irrefrenabile desiderio di leggerla lo spinse a prendere in mano i pezzi di carta scritti…

 

“No… non devo leggere… però…”

 

Gli occhi gli finirono inevitabilmente sulle prime righe della lettera, che si apriva con un semplice “Cara amica”, ma nonostante la semplicità, questo bastò a far rivoltare lo stomaco del giovane Laurence, che non resistette all’impulso di leggere il seguito.

 

 

 

Cara amica,

vi scrivo queste poche righe per avvisarvi del mio imminente ritorno dalla Germania.

 

 

 

Poche righe? Laurie si rigirò tra le mani i due fogli che mostravano quattro facciate fitte fitte di scritte minute.

 

 

 

Cara amica,

vi scrivo queste poche righe per avvisarvi del mio imminente ritorno dalla Germania.

Partirò domani e ho seriamente pensato di venire a trovarvi.

Vi ringrazio per le vostre lunghe e divertenti lettere, le conservo tutte con cura e le rileggo spesso perché mi aiutano a sentire meno la vostra mancanza.

Ho letto il vostro libro, ma non vi voglio ancora rivelare il mio giudizio, preferisco parlarvene di persona, per vedere l’espressione del vostro volto; l’ho letto con molta attenzione e mi sono permesso di prepararvi una sorpresa: spero di non aver sbagliato e ancor più mi auguro di non avervi offeso…

 

 

 

Seguivano lunghe riflessioni circa la differenza tra la vita New Yorkese e quella tedesca che occupavano quasi tre facciate, poi il professore le esprimeva tutta la sua amicizia e la salutava con un “Con la speranza di rivedere il vostro allegro volto amico, un abbraccio, il Vostro Fritzgerald Bhear”

 

“Il Vostro Fritzgerald Bhear”, niente di più disgustoso!

 

Ma come aveva fatto, Jo, a farsi incantare da quelle quattro smancerie, quando lui gli aveva dedicato tutta la vita?  

 

Era incredulo ed amareggiato, ma anche se pensava che avrebbe dovuto essere arrabbiato, si sentiva invece sconsolato e triste più che mai… come poteva fare?

 

Ripose la lettera e incrociò le braccia, corrugò la fronte e prese a riflettere sulle sue possibilità di far tornare da sé Jo, quando qualcuno bussò alla porta.

 

Laurie sentì solo le parole della mamma e poi sussurri dell’ospite appena arrivato, prima di ritrovarsi davanti un uomo alto, con un lungo cappotto ed i capelli ispidi.

 

“Guarda Laurie, l’amico di Jo, il professore, è arrivato!” disse la signora March tutta soddisfatta indicando la persona appena entrata, e il giovane Laurence vide i suoi occhi gentili, e stavolta stupiti, per la seconda volta.

 

“Lei?” boccheggiò, vedendo l’uomo che aveva incontrato sulla nave, adesso nel salotto dei March.

 

“Che curiosa coincidenza!” fece il professor Bhear sorridendo “non pensavo che lei fosse amico della signorina Jo.”

 

“Neanch’io pensavo che lei fosse suo amico.”

 

Improvvisamente, cominciò a trovare terribilmente odioso colui che invece gli era parso così amabile e simpatico durante la traversata.

 

“bè, comunque sono lieto di rivederla, signor…?”

 

“Laurence, signor Laurence.” Rispose inacidito.

 

“Piacere. Io sono il professor Bhear.”

 

“So benissimo chi è.”

 

“Oh, Jo le ha parlato di me?”proseguì amabilmente l’ospite.

 

“Già.”

 

Notando il tono secco, il tedesco pensò bene di interrompere momentaneamente quella conversazione per rivolgersi gentilmente alla signora March e chiederle notizie di Jo.

 

“E’ andata al giornale. A quanto pare il redattore l’ha convocata urgentemente.” Spiegò la mamma, giustificando l’assenza della figlia. “Perché non l’aspetta con noi? Può restare a cena, se le fa piacere. Noi ne saremmo molto lieti.”

 

“Bè… se non sono di disturbo accetto volentieri.”

 

“Bene! Si accomodi pure dove vuole, tra poco arriverà anche mio marito.”

 

“Grazie.”

 

Anche il suo accento tedesco cominciava ad infastidire Laurie, ma cosa di quell’uomo non gli procurava disturbo?

 

“Adesso io vado da Meg e John.” Affermò Teddy alzandosi dal divano e avviandosi verso la porta “Credo che non tornerò per cena, ho un appuntamento… arrivederci professor Bhear.” Dopo questa piccola bugia, uscì rumorosamente dalla casa e s’incamminò per il viale, con le mani in tasca e l’aria nervosa.

 

***

 

“Cosa?”domandò incredulo John, fissando intensamente Laurie e togliendo contemporaneamente il bicchiere dalle manine di Daisy, che minacciavano di farlo andare in mille pezzi.

 

“Hai capito benissimo!”

 

“E’ per questo che vuoi fermarti da noi? Per non incrociare Jo e il professore? Bè, avrei preferito un’altra motivazione…”

 

“Per esempio?”

 

“ ’E’ da tanto che non ci vediamo, caro John, come sono lieto di essere di nuovo con te…’ e roba di questo genere…”

 

“Comunque, Laurie, il tuo comportamento è molto infantile!” lo rimproverò Meg, con i suoi grandi occhi severi e materni “La situazioni non andrà avanti così per molto…” assicurò poi, vedendo la smorfia che si era dipinta sul viso del giovane ospite.

 

Gli occhi di Teddy si spostavano ora sul piccolo Demi, ora su un lembo della tovaglia, poi mandò giù l’ultimo boccone della cena e si alzò.

 

“Che devo fare?”

 

“Essere sincero.” Risposero simultaneamente gli sposi, scambiandosi un sorriso di assenso.

 

“La fate troppo facile, voi… Jo non vuole saperne di me!”

 

“Oooh! Allora lasciala stare!” sbottò la signora di casa, irritata dal comportamento testardo del ragazzo.

 

“Non posso lasciarla a quel tipo!” spiegò lui.

 

“Ma magari è una brava persona.” Disse John, un po’ esitante.

 

“No, è una persona orribile… … e va bene! Sembra un tizio in gamba, ma sono io quello che ama di più Jo! Ne sono sicuro!”

 

Meg infilò nella bocca di Demi il cucchiaio pieno per farlo mangiare e smettere di giocare con il tovagliolo, prese due piatti e li portò rumorosamente in cucina con aria sdegnosa e stufa di risentire per l’ennesima volta quella menata.

 

“Amico, devi parlarle sinceramente! D’accordo, lei pensava ad un altro, però potrebbe essersi trattato solo di un attimo di distrazione… non avere paura…” assicurò il signor Brooke, che prese in braccio Daisy e le accarezzò i capelli biondi.

 

“Secondo te, quindi, dovrei andare a casa loro, prendere in parte Jo e dichiararmi per la quarta volta, poi andare da Bhear ed intimargli di scordarsi li lei?”

 

“Più o meno.”

 

Il giovane Laurence non rispose.

 

“Sveglia! Mente tu stai qui a girarti i pollici, il tuo rivale è con Jo!”

 

 

 

“Lo faccio.”

 

“Eh?”

 

“Ci vado veramente. Mi piace soprattutto la seconda parte, la prima la temo un po’, ma lo faccio lo stesso.”

 

“Sul serio?”

 

Ma Laurie aveva già salutato a voce alta ed era corso fuori da casa Brooke, senza nemmeno notare che i piccoli gemelli erano andati alla finestra per salutarlo con la mano.

 

***

 

“Professor Bhear!” Jo era senza parole. Proprio mentre tornava a casa, in un giorno che iniziava a sembrarle incredibilmente bello, aveva trovato seduto nel salotto di casa sua il suo secondo miglior amico.

Ormai cominciava davvero a credere che tutto fosse un sogno: prima il ritorno di Teddy, poi la visita di Bhear e poi…

Commossa lanciava uno sguardo al fagotto che teneva tra le mani e al volto del professore, senza capire cosa convenisse prima fare: ringraziarlo per la “sorpresa” o ringrazialo della visita?

 

Strinse forte il pacchetto e chiese banalmente:

 

“E’ da molto che aspetta?”

 

Il professore le sorrise con gentilezza e disse che era arrivato solo da una mezz’oretta e che aveva avuto il piacere di conoscere i suoi genitori.

 

I signori March sedevano sereni sulle poltrone vicino all’ospite e i biscotti che Hannah aveva preparato quella mattina erano sul tavolino.

 

Jo si tolse velocemente lo scialle dalle spalle con una mezza giravolta e corse a sedersi anche lei in salotto; si accomodò affianco all’amico, senza lasciare il fagotto che aveva portato e gli avvicinò il vassoio con i biscotti.

 

“No, grazie, ho già favorito… Come state, cara Jo?”

 

“Non potrei stare meglio!”

 

La signora March si alzò e fece segno al marito di fare altrettanto dicendo velocemente:

“Adesso noi abbiamo molto da fare, ma avremo modo di parlare più tardi, adesso discutete liberamente… a dopo…” e si dileguò sorridendo per la fortuna che era capitata alla figlia di essere simpatica ad un uomo di tale gentilezza e cultura.

 

I due educatori si guardarono un momento senza dire nulla, poi Jo non resistette e gli lanciò gli braccia al collo:

 

“Grazie! Grazie per la sorpresa!”

 

“Sei andata al giornale, ho saputo…”

 

Si ricomposero e lei proseguì:

 

“Non potevo credere ai miei occhi quando il padrone del giornale mi ha mostrato questo!” ed indicava il pacchetto, senza trovare il coraggio di aprirlo e guardarlo di nuovo.

 

“Sono felice che non si sia arrabbiata… vede, non volevo fare tutto di nascosto, ma quando ho letto il suo romanzo, ecco, io non sono riuscito a trattenermi, tanto forte era la commozione e la delizia… sono corso all’editore più vicino e ho chiesto un parere, e anche loro sono rimasti meravigliati, ma non ho permesso che fosse pubblicato lì, ho preferito inviarlo al vostro giornale…”

 

“Ha fatto benissimo! Io non so  se l’avrei fatto! Oh, sono così felice! Mi racconti, per favore, come ha passato gli ultimi mesi? Deve essere molto stanco! Deve assolutamente fermarsi a cena!”

 

“Si calmi, Jo, rimarrò certamente, ma adesso, siate voi la prima a raccontarmi, parlatemi di tutto per favore, tutto quello che mi ha trasmesso il vostro romanzo, devo sentirlo anche dalla vostra voce.”

 

Si fissarono un momento in silenzio.

 

Come poteva fare? Trasmettere quello che provava e pensava a parole… lo aveva già fatto con il suo romanzo, “My Beth”, che ora giaceva sul divano vicino ai due dentro il fagotto, ma guardando negli occhi il professore sentiva già le lacrime pungolare mentre riordinava i pensieri.

 

C’era un pensiero, in particolare, che sembrava non voler essere accantonato: Teddy.

Con lui non aveva ancora parlato nonostante da quando era morta Beth, Jo non avesse desiderato altro che aprire a lui il suo cuore gonfio di dolore.

 

“Jo?”

 

Del professor Bhear, infondo, poteva fidarsi totalmente.

 

“Mi sono sentita così sola…” bisbigliò, e una lacrima le scivolò lungo lo zigomo destro.

 

 

°°°

^^ Scusate se ci ho messo così tanto ad aggiornare, il prossimo ed ultimo capitolo arriverà la prossima settimana!

Ringrazio ancora tutti coloro che hanno seguito fin qui: subaru, Vivy, Rayne, Gertie e Silvi76

Grazie mille!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Laurie

 

Laurie & Jo

 

 

 

5- Decisioni

 

 

“Sei tornato presto, Laurie.” Disse la signora March aprendo la porta e trovandosi di fronte un Laurence tremendamente teso. “Qualcosa non va?”

 

“Dov’è Jo?”domandò lui cortesemente.

 

“Nel salotto con il professor Bhaer, ma” proseguì vedendo che il giovane si era mosso velocemente per raggiungerla “non è il caso che entri anche tu. Stanno parlando di cose delicate…da soli…”

 

Dallo sguardo del giovane trasparivano tutta la tristezza, la delusione, la rabbia e la gelosia che poteva provare.

Mosse ancora qualche passo verso il salotto dal quale provenivano solo dei sussurri, poi, lanciato un’altra occhiata come di rimprovero alla signora March, uscì di casa sbattendo la porta e si sedette sotto un albero del giardino.

 

Voltando la testa avrebbe potuto vedere attraverso la finestra almeno uno dei due, ma si sforzava di non girarsi per nessun motivo.

 

“Stupido! Stupido Laurie!” si diceva. Perché non aveva tenuto fede alla sua intenzione di dichiararsi subito a tutti i costi? Era l’occasione giusta per far mantenere le distanze a “quel Bhaer”…

 

Qualcosa, nel tono di voce della signora, o nella sua espressione convinta, l’aveva turbato, e adesso non poteva fare altro che stare lì, seduto sul prato,  a chiedersi si cosa mai stessero parlando Jo e il professore.

 

Cose serie, aveva detto la signora March.

 

Ma quali cose serie?

 

Un viaggio insieme?

Un possibile ritorno a New York?

Fidanzamento?

Matrimonio?

 

Sentì un sommesso singhiozzo provenire dal salotto.

 

Ora aveva capito di cosa stavano parlando.

 

Di Beth.

 

Ormai la rabbia si era impossessato di lui: perché ne aveva parlato con il professore e non con il suo migliore amico?

 

L’allettava la possibilità di dare un calcio all’albero, o di andare alla finestra e urlare due cosette, ma Teddy si limitò a scompigliarsi un po’ i capelli e ad allontanarsi rumorosamente, maledicendo la sua gelosia, la sua lentezza, e anche un po’ Jo, che lo feriva così.

 

 

***

 

Jo uscì dal salotto soffiandosi il naso, seguita subito dal professor Bhaer, che sfoggiava un’espressione più tenera che mai.

La signora, con la coda nell’occhio, vide che le aveva circondato le spalle con un braccio, ed ora si sorridevano, avviandosi per la soffitta.

“Ho promesso al professore di mostrargli alcune nuove novelle.” Disse la ragazza ad alta voce, intuendo che la madre li stava osservando da lontano.

“Jo, un momento.” L’interruppe la signora March, avvicinandosi a loro e allontanado un po’ sua figlia dal professore con fare serio. “Si tratta di Laurie.”

“Teddy? Cosa gli è successo?” domandò subito preoccupata.

“Oh, non temere cara, nulla di male, solo…” abbassò la voce per non farsi sentire troppo dall’ospite tedesco “vedi, credo non sia rimasto molto contento del vostro colloquio privato, ecco.”

Jo la guardò interrogativa.

“Poco fa era tornato a casa, tutto teso, e chiedeva di te, ma appena gli ho detto che voi due stavate parlando in privato, mi ha guardato furente ed è corso fuori… per favore, potresti parlargli?”

“Ma… certo, si… ma cosa gli è preso?”

La mamma sospirò un “figlia mia” e tornò in cucina da Hannah.

Se fossero state da sole, e qualche anno addietro, sicuramente le avrebbe parlato saggiamente, ma adesso la signora March aveva deciso di non intervenire. Sua figlia era grande, e la “questione Teddy” andava risolta una volta per tutte.

Jo guardò il professore, come facendo a lui la stessa domanda appena rivolta alla madre.

 

“Cara Jo, io penso che il suo amico sia un po’ preoccupato.”

 

“Preoccupato? Ma di cosa?”

 

L’uomo sorrise, si avvicinò alla porta e l’aprii guardando se riusciva a vedere il giovane Laurence.

 

“E’ un suo caro amico?”

 

“Il più caro in assoluto.” Rispose schiettamente lei.

 

“Nient’altro?”

 

Jo esitò un momento, ma era giunta l’ora di essere sinceri con tutti.

 

“Teddy è innamorato di me, da molti anni…”

 

“Questo l’avevo  capito, ma io mi domandavo cosa provasse lei…”

 

Arrossì di colpo.

 

Cosa provava veramente per lui?

 

Lì per lì non poté fare a meno di paragonare il tono di voce così amabile di Fitzgerald a quello irruente e appassionato di Laurie.

 

Uscì di casa e andò ad appoggiarsi contro il tronco dell’albero del giardino.

 

“Io gli voglio bene, e molto. Però… non capisco come.”

 

Il professore sospirò avvicinandosi a lei.

Aveva capito che forse era meglio sopprimere i sentimenti che nutriva per l’amica da alcuni mesi a questa parte. Avrebbe voluto dichiararsi, certamente, ma sapeva che avrebbe portato solo maggiore scompiglio nell’anima già abbastanza provata da Jo, così si limitò a rivolgere lo sguardo lontano e continuare a farla parlare, nella speranza che il signor Laurence fosse la persona giusta.

 

“Ho desiderato ardentemente che ritornasse. Ho pianto per la sua lontananza e mi sono sentita così felice, quando l’ho trovato in soffitta, l’altro giorno, ma…”

Fissò Bhaer:

“Nonostante lui mi ami così tanto, io sono ancora molto indecisa. La mamma non è d’accordo, e anch’io a volte penso che caratterialmente non potremmo essere più che amici. Resta il fatto che mi piacerebbe ringraziarlo per tutte le attenzioni che mi ha sempre rivolto, ma, Cristoforo Colombo!, questa non mi sembra una ragione giusta per un matrimonio!”

 

“Che confusione, cara amica.” Sorrise il professore con amarezza “io credo che… sarebbe il caso di rifletterci un po’ più a lungo sopra, di parlare con Laurence e, chissà…dargli un’occasione…”

 

“Lei crede?”

“Io vorrei solo che lei fosse felice, amica mia, nulla di più.”

“Grazie. Non so come avrei fatto senza di lei.”

“Allora corra. Forse è il caso che vada a cercarlo. Potrebbe immaginare dove si sia cacciato?”

“E’ andato verso il fiume.”

Al sentire questo l’uomo sussultò un momento pensando al peggio.

“Non si preoccupi” lo rassicurò Jo “E’ andato lì anche la prima volta che l’ho rifiutato. Adesso lo raggiungo”

 

Jo aprì il cancelletto di casa e lanciò un ultimo sguardo colmo di gratitudine al suo amico, poi, con calma, scese per il sentiero.

 

Se lei si fosse voltata di nuovo, guardando il professore, probabilmente sarebbe tornata indietro. I suoi occhi limpidi e gentili, erano adesso tristi e sconsolati. Si passò una mano tra i capelli e, quando l’amica fu abbastanza lontana, sussurrò:

 

“Addio, mia amata Jo.”

 

Entrò un attimo in casa a prendere il suo cappotto e a salutare, e andò alla stazione.

Per prendere il primo treno per New York.

 

***

 

Jo correva a perdifiato giù dalla collina. Poteva già vedere le acque limpide del fiume scorrere verso valle, ombreggiate qui e lì da grandi alberi e smosse ogni tanto dal guizzo di un pesce, ma di Laurie, per ora, non c’era nessuna traccia.

 

Che si fosse sbagliata?

 

Doveva parlare sinceramente con lui. Doveva farlo subito.

 

Si fermò ormai vicinissima alla sponda e scrutò con attenzione tutto ciò che la circondava, con l’erba alta le solleticava le caviglie nude sotto la gonna, finché, lì, in mezzo al prato, notò  una cosa scura che si rivelò essere un gomito, il gomito di Laurie avvolto nella sua camicia nera.

 

Il ragazzo se ne stava sdraiato supino, con le braccia incrociate dietro la nuca, le gambe un po’ divaricate e uno sguardo severo rivolto al cielo terso di quel pomeriggio. Quando Jo gli si sedette vicino, con le ginocchia al petto, non fece il minimo movimento ed evitò accuratamente di guardarla facendo finta di niente.

 

La signorina March sorrise. La stava deliberatamente ignorando. Proprio come quando erano ragazzini. Quante volte, dopo aver litigato, Teddy aveva assunto quell’espressione dura e allo stesso tempo offesa e viziata? Tante volte, ma alla fine, era sempre lui che cedeva e chiedeva scusa, perché non era capace di portare rancore e ancora meno di essere arrabbiato con la sua migliore amica.

 

Non sapeva bene perché, ma quella situazione così familiare la rendeva così serena e le diceva che tutto sarebbe andato come in passato: lui avrebbe iniziato a parlare senza molta cognizione e poi, dopo alcuni giri di parole, le avrebbe detto “mi dispiace, Jo, facciamo pace?”

Continuando a sorridere, iniziò a guardare anche lei il cielo, in un’attesa per nulla impaziente, senza nemmeno il bisogno di cercare le parole giuste, perché anche questa volta, loro due avrebbero parlato liberamente, senza segreti né paure, perché erano sempre veri amici.

 

“E’ una giornata veramente bella.”disse finalmente Laurie. Non era in grado di resistere più di cinque minuti. Parlò senza girare gli occhi, con un tono un po’ lugubre.

 

“E’ vero. L’ideale per una passeggiata sul fiume.”

 

In tutta risposta Teddy emise una specie di grugnito. Jo allora riprese a parlare guardandosi le scarpe, con un’espressione dolce.

 

“Sai, Teddy, prima sono andata alla redazione del giornale… quando sono entrata, il direttore mi ha rivolto un sorriso raggiante e si alzato dalla sua scrivania per stringermi energicamente la mano mentre diceva ‘Finalmente è arrivata, signorina March, l’aspettavamo con ansia!’…”

 

Laurie abbassò la guardia. Il direttore del giornale che sorrideva e stringeva la mano a Jo? Ma che era successo? Poi, accorgendosi di aver lasciato spazio ad un’espressione stupita, con un colpo di tosse tornò alla sguardo severo, sperando di non essere stato visto, come invece era successo.

 

“Anche gli altri signori lì dentro erano tutti contenti, poi” proseguì la giovane, facendo finta di non aver notato la curiosità dell’amico, ma sorridendo divertita “il direttore mi ha dato un fagotto. Ah! Forse tu non lo sai, ma quando ero a new York e scrivevo attivamente per un giornale, il professore (e qui Laurie si lasciò sfuggire una smorfia) mi disse che tutto ciò che avevo scritto in quel periodo non erano racconti, non erano niente, solo obbrobri, perché li avevo scritti solo per fare soldi e perché alla gente piacevano, non perché li sentissi io, così avevo smesso di dedicami alla scrittura, almeno fin quando mi fosse tornata l’ispirazione… mentre tu non c’eri, ho terminato un romanzo, un romanzo sulla mia Beth, e prima di mostrarlo al giornale, l’ho inviato al professore.”

 

Adesso il giovane Laurence si era voltato dall’altra parte e aveva incrociatale gambe con  fare indifferente, ma in realtà stava attentissimo a non perdersi neppure una sillaba del discorso della sua amata, anche perché gli stava dicendo una cosa veramente importante: un intero romanzo su Beth…

 

“Il professore mi ha detto che l’ha gradito molto e, per farmi una sorpresa, l’ho inviato al giornale. Nel fagotto, c’era la prima copia di “My Beth”. Anche al giornale sono rimasti entusiasti e hanno deciso di pubblicarlo…”

 

Teddy spalancò gli occhi per la gioia ed era lì lì per saltare al collo di Jo per congratularsi, ma si ricordò che era arrabbiato, così cercò ancora di trattenersi.

 

“Mentre eri all’estero, piangevo ogni giorno e mi dicevo ‘Oh, se Teddy fosse qui, sicuramente lui mi starebbe vicino!’ e aspettavo con impazienza il tuo ritorno. Credevo che se avessi parlato un po’ con te, mi sarebbe passato tutto, come è sempre stato in passato, ma quando sei finalmente tornato, oltre alla gioia, ho avuto anche paura, inizialmente, di non essere in grado di dirti ciò che sentivo. Però, poco fa, mentre ero nel salotto, il professore mi ha chiesto di aprirmi con lui ed io esitavo pensando che prima dovevo parlarne con te, ma poi ho pensato ‘Teddy starà sempre con me, lui è troppo importante e mi capisce perfettamente, anche se non riesco a dirgli ciò che voglio, lui comprenderà ugualmente e, se saremo insieme, ci faremo forza a vicenda, come è sempre stato, le parole non servono, andrà tutto bene, siamo pur sempre insieme.’…”

 

A quel punto Laurie non si trattenne più, subito si mise in ginocchio e abbraccio forte la ragazza:

 

“Si, Jo, si! Siamo sempre insieme! Io starò sempre vicino a te, non ti lascerò mai! Voglio rendere tutti felici, tutti!”

 

“Lo so, Teddy, lo so che ci vuoi bene. Io mi fido di te.” Si commosse l’altra, ricambiando l’abbraccio.

 

All’improvviso Laurie l’allontanò tenendola delicatamente per le spalle e guardandola intensamente negli occhi decise che era il momento di ricordare a Jo i suoi sentimenti.

 

“Io ti amo, Jo. Ho fatto di tutto per dimenticarti, me ne sono andato lontano, ma io non riesco a non volerti bene. Per me sei tutto. Una sorella, la mia migliore amica, l’unica donna che amo. Lo so che la mamma non crede che potrei renderti felice, ma questa è l’unica cosa che desidero da sempre!”

 

Le prese le mani senza smettere di fissarla.

 

“Ti prego, dimentica quel professore! Lo so che è una brava persona, ma sono io che ti amo di più! Ne sono sicuro! Se tu mi dessi l’opportunità, io potrei dimostrarti quanto veramente valgo, potrei farti capire quanto bene voglio a te e alla tua famiglia! Qualunque cosa tu desideri, te la donerò! Ascolta…”

 

Jo lo interruppe scoccandogli un piccolo bacio sulla guancia:

 

“Ma Teddy, io so già quanto vali, quanto ci vuoi bene. Non devi dimostrare proprio niente. Io desidero solo restare insieme a te e agli altri, per sempre.”

 

“Jo, io voglio sposarti!” proseguì Laurie con enfasi, stringendole involontariamente ancora di più le mani.

 

Lei si alzò. Rifletté un attimo, poi prese Teddy a braccetto e lo condusse silenziosamente un po’ con lei lungo la riva del fiume.

 

“Io non posso ancora accettare.”

 

Laurie si fermò. Addolorato.

 

“Ma perché?”

 

“Perché non capisco ancora bene ciò che provo. Se vero amore o profonda amicizia. So solo che adesso sei la persona più importante per me e non voglio farti soffrire.”

 

“Bè, mi stai facendo soffrire!”

 

“Non essere sciocco, Teddy! Se io accettasi di sposarti con leggerezza e poi mi accorgessi di non amarti, ti farei doppiamente male!”

 

L’altro non ribatté nulla.

 

“Lo so che hai aspettato tanto, ma io devo ancora riflettere… se non vuoi darmi altro tempo, sappi che in questo momento la mia risposta resta NO, ma penso che, dopo un’accurata riflessione, qualcosa potrebbe cambiare, non credi?”

 

“Per me sei unica, Jo. Insostituibile. Ma a volte penso che tu sia crudele…”

 

“Perché?”

 

“Perché sai che con me vincerai sempre tu, e sembra che ti diverta a tenermi sulle spine, a sconfiggermi…”

 

Jo sorrise raggiante. Quel discorso stava a significare che non avrebbe rinunciato a lei.

 

“Io ti aspetterò per sempre, se vorrai.”

 

“Grazie.” Gli sussurrò lei, poi, data un’occhiata in giro propose: “Torniamo a casa?”

 

“Va bene.”

 

“Però di corsa. Chi arriva ultimo farà una penitenza!” e la ragazza cominciò a correre su per la collina, seguita subito da Laurie.

 

 

The End

 

°°°

Eccoci giunti alla fine!

^^" scusate se ci ho messo tanto a postare un capitolo che era praticamente già pronto...

Grazie ancora a quanti hanno seguito la fic, e un particolare ringraziamento a calcifer e Elyonchan che hanno commentato il 4° capitolo!

Spero che la conclusione vi abbia aggradato!

Un bacio

Chiaretta

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=90798