Undisclosed Desires

di applestark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The day I first met you, you told me you never fall in love ***
Capitolo 2: *** First date! ***
Capitolo 3: *** Up all night ***
Capitolo 4: *** I wish ***



Capitolo 1
*** The day I first met you, you told me you never fall in love ***


Ehm...salve a tutti! Altra fanfic sui McFly! (si è capito che li adoro u.u)
Comunque... ero così depressa che il mio caro Tom sposava Giovanna e non me che stanotte
ho sognato questa storiella... hahaha, dai, w gli sposi!
Spero che vi piaccia, vedrò di aggiornare al più presto.
Recensite, accetto le critiche u.u
Baci baci, stargirl.





Mi sentivo davvero fortunata a partecipare al matrimonio di mia cugina Giovanna, infondo I McFly erano molto conosciuti , e non solo in Inghilterra, sarei stata invidiata da tantissime fan, tipo la mia migliore amica.
Nonostante questo, da Irlandese Doc, non mi sentivo molto a mio agio tra tutti quegli inglesi, specialmente perché non conoscevo quasi nessuno se non i genitori di Giovanna, la sposa stessa e suo marito , ci eravamo incontrati l’anno precedente per una cena natalizia e avevamo scambiato quattro chiacchiere.
Per tutta la cerimonia me n’ero stata in disparte , applaudendo al bacio degli sposi, piangendo allo scambio delle fedi, lanciando fiori e riso e a sorridere a tutti gli invitati, zii che mi dicevano che ero cresciuta, prozii che si lamentavano che non mi ero più fatta sentire….cose del genere.
Indossavo un vestito rosso chiaro con lo scollo a barca, lungo fin sotto il ginocchio e con un cinturino più giù del seno. Le scarpe avevano dei tacchi modestamente alti, data la mia singolare altezza e i capelli li avevo lasciati mossi e sciolti. Potevo benissimo passare inosservata , me ne stavo al mio posto, seduta accanto ad altre cugine civettuole e osservavo ogni singolo dettaglio, ogni scena, i sorrisi del testimone, un ragazzo di bellezza quasi estenuante, mi ricordava Hercules, doveva essere Danny Jones; la sua ragazza, miss Inghilterra non era molto carina, mentre la ragazza del batterista, Harry, aveva l’aria di una che sa divertirsi. Il bassista, Poynter se non erro, ex ragazzo di una delle mie cantanti preferite, Frankie delle Saturdays, sembrava solo e sconsolato.
Tutto procedeva liscio, Gi e Tom sembravano così felici che provavo invidia, un formicolio nelle mani e nelle ginocchia, desideravo che qualcuno mi amasse come quel ragazzo amava mia cugina. Stanca e annoiata di vedere quelle scene da film americano a lieto fine mi incamminai, con la scusa di andare al bagno, verso l’interno del giardinetto in cui so stava svolgendo la cerimonia. Non c’era nessuno, si sentivano solo gli uccellini cinguettare e nessun imboscato si era messo appartato a fare cosacce con il proprio amato o amata. Vi era un albero sulla destra, forse una quercia, maestoso e possente , mi venne voglia di costruirvi sopra una casetta di legno come l’avevo a Dublino.  Mi guardai intorno, come quando stai per attraversare la strada in una città trafficata e poi mi slacciai le scarpe beige, stringendole in mano. Mi alzai un po’ la gonna di tulle del vestito e iniziai ad arrampicarmi sull’albero  come una scimmia. Mi piaceva il pericolo e il verde, perché sprecare il mio tempo a sorridere agli sposi?
Arrivata alla cima osservai tutto il panorama tenendomi stretta a un ramo, il vestito tirato fin sopra le cosce e le scarpe con l’altra mano.  Diedi un mezzo urletto dondolando le gambe su e giù, su e giù, intanto iniziavano con le ballads, e tutte le coppiette che si stringevano tra loro, sussurrandosi paroline dolci. Feci un espressione disgustata e iniziai a canticchiare un motivetto popolare del mio paese, non vedevo l’ora di tornare a casa.
Tutto quel magico momento fu rovinato da un rumore. Guardai in basso preoccupata e solo in quel momento mi resi conto di stare su una quercia, al matrimonio di mia cugina. Mi avrebbero presa per pazza ma stavo troppo in alto.
“Come fai a scendere, Juliet?” chiesi a me stessa nel panico.
Ancora quel rumore di passi, si faceva sempre più vicino. Non doveva essere una donna perché sennò avrei sentito i tacchi produrre quel rumorino tic tac, tic tac, tic tac…
-Oh God-
Sentii la voce di qualcuno , in perfetto inglese, esclamare confuso. Era la voce di un ragazzo, mi sporsi lievemente muovendo il braccino timidamente.
-Oh God- ripeté lui, si trattava dell’ex ragazzo di Frankie. Poynter….mi sfuggiva il nome.
-Aiutami- dissi in tono preoccupato
-Come faccio? Tu che ci fai su un albero?- chiese lui prendendo un’ampia boccata dalla sua sigaretta.
-Mi stavo annoiando. Fai qualcosa!- lo incitai
-Chiamo….chiamo qualcuno dai-
-No- esclamai seria. –Stai fermo lì, Poynter!-
Lui si bloccò, guardandomi di scatto alzando lo sguardo. –Chi sei?- domando con un sorriso da idiota.
-Juliet Flanagan, cugina della sposa-
Sbuffai.
-Voglio scend…-
Mi bloccai, il ramo al quale mi reggevo si stava spezzando. Le scarpe precipitarono giù, finendo accanto ai piedi di quel tipo che intanto rideva, continuando a fumare tranquillamente.
-Mi lascerai morire?- chiesi muovendo i piedi, nel vuoto trattenendomi con le unghie al ramo quasi spezzato.
-Sei stupida- fece lui lanciando via il mozzicone di sigaretta
-Forse…ma…anche tu lo sei! Aiutami cavolo! Non farmi essere volgare!- urlai.
-Mi piacciono le ragazze volgari- mi sorrise alzando un sopracciglio.
-Sei idiota come dicono- borbottai
-Chi lo dice?- chiese Poynter stringendo le braccia al petto
Diedi un urlo chiudendo gli occhi, avevo paura. Se sarei caduta dall’albero avrei detto addio a tutti i miei sogni nel cassetto! Se ne avevo ancora…
-La gente- gli risposi guardandolo con uno sguardo che implorava aiuto
A quel punto sorrise, un sorriso sghembo che trovai carino e si tolse via la giacca dello smoking arrampicandosi all’albero lentamente , senza un minimo di agilità.
-Come fai a conoscermi?- domandò ancora , mentre saliva sulla quercia.
-Sei l’ex di…- mi bloccai portandomi la manina destra sulla bocca,  era tipico di me fare figuracce.
Mi sorrise, come per dire che era tutto okay e mi porse la mano.
-Dai…prendi la mia..mano- disse con un tono che risultò essere dolcissimo.
Annuii stringendomi alla sua mano, mentre il ramo si staccava lentamente dalla quercia.
-Ho paura- ammisi
-Anche io, è la prima volta che salgo su un albero-
-Eretico- esclamai facendogli una mezza linguaccia e man mano che iniziavamo a riscendere, l’altezza diminuiva e mi sentivo meno preoccupata.
Improvvisamente però le mie mani, sudate, scivolarono lungo il tronco e caddi. Il botto fu minimo ma credo che il bassista si spaventò molto. Il suo tono era quasi disperato.
-Non ricordo come ti chiami, qualcosa con la J, sei viva?- urlò scendo velocemente giù dall’albero e scuotendomi, toccandomi il braccio con la sua mano calda e liscia.
Mi mossi svogliatamente verso il suo lato e alzai un braccio.
-Calmati. Sono qui! Viva!-
-Amen- esclamò guardando verso il cielo all’imbrunire.
Aveva gli occhi azzurri, chiarissimi più dei miei e rimasi ad osservarlo per un po’, mi piaceva da quella prospettiva.
-Come hai detto prima…che ti piace Frankie?- disse intono scherzoso
-No..le Sats- dissi in risposta io mettendomi a sedere e aggiustandomi il vestito, avevo le mutande da fuori. Lo guardai avvampando.
-Hai le mutandine verdi, oddio!-
Sbuffai arrossendo, le guance erano caldissime.
-Sei irlandese scommetto-
Mi alzai e mi portai le mani al viso. –Ti prego smettila-
Scoppiò a ridere, era dolce il suono della sua risata.
-Scusami dai-
-Ci siamo conosciuti in modo buffo- sorrisi, sistemandomi il vestito e pulendomi un po’ le ginocchia, sporche di terriccio.
-Ricominciamo da capo-
Annuii piegandomi in due dalle risate e dandogli le spalle.
Un secondo dopo lo sentii picchiettarmi sulla spalla, era lievemente più basso di me.
-Mi scusi signorina ha da accendere?-
-Oh mi perdoni ma ho dimenticato la borsetta al tavolo degli invitati-
-Che peccato, io sono Dougie Poynter, piacere di conoscerla signorina- disse scimmiottando un inchino
Presi la sua mano sorridendo – Piacere mio, sono Juliet Sarah Flanagan, mi chiami Julls-
Scoppiò a ridere facendomi fare una piroetta e poi mi strinse, iniziando a dondolare.
-Le ho salvato la vita, merito un ballo?-
-Credo di si-
 risposi ridendo e portai una mano sulla sua spalla, mentre lui faceva scorrere la sua lungo il mio fianco, muovendoci piano al ritmo di una canzone lenta e romantica che stavano ballando al matrimonio.
-Forse dovremmo andare di là- dissi storcendo le labbra
-Nah-
-Nah?-
-Nah.-
Scoppiammo entrambi a ridere.
-Scommetto che inizierebbero a prendermi in giro-
-Dev’essere divertente-
-Allora metti le scarpe e andiamo- disse sorridendo lasciandomi andare un attimo, il tempo di infilarmi le scarpette e chiudere la cinghia, sistemarmi i capelli e poi mi prese sotto braccio, ritornando dagli sposi.
-Uno…due…tre- sussurrò piano e poi mi strinse di nuovo come poco prima. Giovanna mi guardò strizzandomi l’occhio, le mie cugine mi indicavano con invidia e il chitarrista dei McFly rideva.
-Avevi ragione- gli sussurrai all’orecchio e lui fece spallucce, accarezzandomi la schiena mentre ballavamo piano.
Non potevo crederci, dalla noia mortale a un lento con il bassista, l’ex di Frankie.
Ridacchiai e Dougie mi osservò con fare interrogativo.
-Erano secoli che non ballavo con qualcuno, forse dal liceo-
-Anche io, sai? Non mi innamoro mai-
-E questo che centra?- mi mordicchiai il labbro
-Nulla-
Sorrisi semplicemente e appoggiai la testa alla sua spalla, proprio nell’incavo del collo, potevo sentire il fresco odore della sua colonia misto alla puzza di tabacco.
Dondolammo così per quasi tre canzoni, poi partirono i balli movimentati e ci scatenammo come due idioti.
Il miglior matrimonio della mia vita.
 
Ci credete che mi accompagnò persino a casa?
-Grazie- borbottai assonnata  Sull’uscio della porta.
-E’ un vizio quello di stare scalza?- mi chiese appoggiando un braccio sulla porta d’entrata
Ridacchiai. –Sono uno spirito libero-
-Così libero da non concedermi il numero di telefono?- mi scrutò attentamente
Guardai in alto ridendo, ci stava provando con me!
-Dammi il braccio-
Senza pensarci due volte si sbottono i bottoncini della camicia al polso e si tirò la manica su.
Presi il mio rossetto rosso dalla borsetta e gli segnai il mio numero sul braccio, ridendo come un ossessa.
-Grazie Julls-
-Nah-
-Nah?-
-Nah-
Ridemmo ancora, poi mi accarezzò la guancia e arricciò il naso.
-Buonanotte-
-Notte-
Mi diede le spalle e ritorno verso la sua macchina, intanto io chiusi la porta di casa a chiave e mi lasciai scivolare a terra, ero felicissima!

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Capitolo 2
*** First date! ***


Lalalalal, nuovo capitolo.
Ma avete visto le foto rilasciate del matrimonio? Meravigliosi.
Specialmente il mio Poy u.u
Ecco a voi il secondo capitolo. Recensite recensite, fatemi sapere la vostra!
Enojoy :)

stargirl.


Dougie P.O.V
 
Due giorni dopo il matrimonio me ne stavo con Tom in salotto a discutere del più e del meno, non era cambiato niente. Solo che adesso il mio amico aveva la fede al dito, sembro idiota se dico che un po’ lo invidiavo?
Non avevo ancora ne chiamato ne mandato un sms a Juliet, nonostante a volte mi ritrovavo a pensarla.
Avevo dei bei occhi. E non solo.
Bevvi un sorso di caffè e Giovanna si venne a sedere accanto a me, facendomi sobbalzare.
-Vuoi entrare in famiglia eh?- esclamò dandomi una scherzosa gomitata.
Feci lo gnorri. –Scusa non capisco-
-Non c’è più sordo di chi non vuol sentire!- fece Tom stiracchiandosi sulla poltrona.
-Ho visto come guardavi Julls-
-Io?- mi indicai scuotendo la testa. –Le ho solo fatto compagnia-
-Tutto inizia così caro…-
Risi fingendomi indifferente e guardai Gi. –Ma no, io…no non è così, è stata una cosa durata poche ore non me ne importa di Julls lo giuro…-
-Hai il suo numero?-
Annuii estraendo il cellulare dalla tasca. –Non mi sono fatto sentire però, la vedo una tipa tosta!- dissi arrampicandomi sugli specchi, trovavo scuse per…fingere che davvero non me ne importava dell’irlandese.
-E’ un guscio- disse Giovanna intenerita, infondo era sua cugina.
-e va bene come volete! Le manderò un messaggio promesso!-
Tom si sporse per darmi una pacca sulla spalla –E’ arrivata l’ora di mettere la testa a posto, Poynter-
Gli lanciai un occhiataccia, sapeva come ero fatto. Dopo la mia super delusione disprezzavo non poco le donne.
Dovevo però ammettere che Juliet era simpatica , piacevole, gnocca.
-Dai, se vuoi ti do qualche consiglio per conquistarla!- esclamò felice la sposa novella.
-No. Stai troppo fomentata! – La guardai quasi sconvolto.
-Adora il pericolo!- continuò lei ignorandomi completamente.
-L’avevo capito – risposi ridendo, ripensando che quando ci eravamo conosciuti stava per cadere da un albero. Per discrezione non lo disse, non sarebbe stato carino dire “sai Gi, tua cugina si rompeva le scatole del tuo matrimonio e si è arrampicata su una quercia rischiando di cadere”.
Ridacchiai sommessamente a quel pensiero e poi si alzò di scatto. –Io vado sposini, buona giornata!-
I due mi salutarono sorridenti, come sempre dopo che si erano sposati e uscii velocemente di casa.
Chiusi il cancello d’uscita ed  entrai subito in macchina dopo aver tolto l’antifurto. Misi in moto e accesi la radio che andava in sottofondo con una canzone nuova che nemmeno conoscevo , rimuginai su vari pensieri, su quello che mi avevano detto i miei amici e sull’effetto che mi aveva fatto Juliet.
Forse dovevo andare da Harry e chiedergli consiglio.
Ma infondo…era solo una chiamata.
Una telefonata non costava niente, e poi sarebbe stato piacevole sentire la vocina di Julls.
Accostai al primo marciapiede e mi sistemai i capelli, quasi come se lei fosse vicino a me, poi presi il cellulare e composi il suo numero.
Biip.
Biiip.
Biiiip.
Segreteria telefonica.
Pensai che probabilmente stesse ancora dormendo, allora lasciai perdere. Mentre mettevo in moto però, pensai che lasciarle un messaggio in segreteria sarebbe stato più educato. Mi schiarii la voce e aspettai il ‘’meeep’’
“Ciao Julls, sono Dougie…Poynter. Ehm…scusa se non mi ero ancora fatto sentire ma ho avuto dei…” la mia voce si bloccò e scoppiai a ridere in cerca di una scusa plausibile “ehm si dei problemi! Comunque volevo dirti se ci stai per un uscita…. Richiamami, ciao.”
Detto questo,  posai il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e corsi via per le strade di Londra.
 
Juliet POV
 
Non si era fatto sentire per due giorni. Ma cosa potevo aspettarmi dal bassista dei McFly?
Come poteva la mia migliore amica idolarlo tanto? Brava Frankie che gli aveva ridotto il cuore a brandelli. Mi svegliai nervosa e mi buttai sotto la doccia, sperando che il getto caldo dell’acqua mi rilassasse un po’. Zero.
Desideravo tornare a Dublino, ma dovevo aspettare ancora qualche settimana. Su forza, calma Julls, mi ripetevo.
 Uscii dalla doccia, mi avvolsi nell’asciugamano e mi osservai allo specchio facendo strane smorfie. I capelli sembravano scuriti dall’effetto bagnato, gli occhi erano grandi e verde smeraldo come sempre, le guance più rosse per via del sole preso in quei giorni. A proposito, era da troppo che non sentivo Phoebe , la mia migliore pazza amica. Era rimasta a Dublino nonostante fino all’ultimo momento mi avesse pregata di portarmela a presso , lei e la sua fissa per quei ragazzi inglesi. Dovevo ammettere che però con quei smoking e il fazzolettino verde nel taschino erano niente male. Sorrisi scuotendo la testa e sgattaiolai in camera, indossai la biancheria, un paio di jeans e una maglietta, poi, ancora con i capelli bagnati mi misi a pancia sotto sul letto e accesi il cellulare. Tantissimi messaggi mi intasavano la memoria. Sbuffai. “che cavolo “ borbottai, tutti che mi cercavano.
Tra le chiamate perse risultavano due urgenze: Mamma, Phoebe e Dougie.
Dougie si era ricordato di me. Scattai a sedere e pigiai il tasto verde per sentire il messaggio che mi aveva rimasto in segreteria.
Scoppiai a ridere un attimo dopo, il suo tono era quasi comico.
“God” sospirai, buttandomi nuovamente sul letto, voleva uscire con me e avrei accettato, infondo mi sarei divertita da morire con quel tipo.
Digitai un veloce “Perfetto” e mentre stava inviando il messaggio, già pensavo a cosa dire a Pho , sarebbe morta d’infarto a sapere che uscivo con Poynter.
Composi il suo numero e mi avviai alla finestra.
-Pronto?- disse lei con la voce impastata dal sonno
-Amore!- dissi sorridendo
-Cavolo Julls ma non dormi?- fece lei, stizzita.
-E’ l’una, tesoro. Suvvia.-
-Va bene,  oddio ho visto el foto del matrimonio, Poynter è stupendo!-
Iniziai a ridere, piegandomi in due.  –Io con Poynter ci esco stasera-
Sentii un tonfo.
-Scusa ripeti.-
-Esco con Dougie-
Phoebe iniziò ad urlare, le ma immaginai, il viso paffuto incorniciato da lunghi capelli castano scuro e le vene gonfie di rabbia!
-Sei una stronza! Ti sto invidiando! Divertiti pure, stupida!-
La telefonata continuò così… con offese e dolci paroline, tipico delle migliori amiche, no? .
Non appena misi giù la chiamata con Phoebe, il cellulare mi squillò di nuovo.
Borbottai qualche bestemmia, avevo ancora i capelli bagnati! Mi allungai con il braccio verso il comodino e risposi
Con un “si” interrogativo.
-Disturbo?-
La voce da idiota. Okay, ammetto che in quel momento ero felice…cioè, si era fatto risentire magari avevo anche fatto colpo su di lui.
-Ehm certo che no-
-Ma hai capito chi sono?- disse ridendo
-Poynter- sospirai, sedendomi a gambe incrociate sul letto
-Juliet. Allora, va bene per stasera? Andiamo…al luna park-
Ridacchiai , il luna park era infantile ma lo adoravo. –Bene – risposi semplicemente per non dargli a vedere che in realtà morivo dalla voglia di trascorrere un po’ di tempo con lui, infondo al matrimonio  ci eravamo divertiti insieme.
-Ti passo a prendere stasera, ricordo dove si trova il tuo loft-
-Bravo Doug. A stasera allora-
Ci salutammo e poi sistemai di nuovo il telefono. Le chiamate per quel giorno dovevano essere out no?
Avrei mandato un e-mail a mia madre più tardi per augurarle buona festa della mamma, ora dovevo asciugarmi i capelli se non volevo una bronchite.
 
Qualche ora dopo mi stavo truccando per l’”appuntamento” con Dougie. Non era un vero e proprio appuntamento , forse, va bè, qualunque cosa fosse ci tenevo a fare una bella figura, nonostante a quanto sapevo Dougie frequentava una certa Lara che però al matrimonio non mi era sembrato di vedere.
Scrollai le spalle e continuai a spolverarmi la cipria sul viso, passando poi alla matita e a un leggero strato di rossetto rosa chiaro. Indossavo il mio paio di jeans preferiti , stretti e a sigaretta, una canotta giallina abbinata alle ballerine e una giacca stretta sopra. Ero più o meno presentabile.
Raccolsi i capelli in una treccia e dopo qualche spruzzo del mio profumo preferito fui pronta.  Uscii dall’appartamento che avevo preso in affitto per quelle due settimane e mi misi ad aspettare Dougie fuori il cancello d’entrata.
Non era in ritardo, ero io che adoravo anticiparmi.
Dieci minuti dopo cambiai idea. Mi accesi una Philip Morris e inziai a fumarla lentamente, sbattendo il piede a terra nervosamente nell’attesa.
Il clackson di un auto mi fece alzare lo sguardo e immediatamente gettai via la sigaretta incrociando le braccia al petto.
-Siamo in anticipo eh?- borbottai sarcastica osservando Dougie da dietro i suoi Ray ban.
-Scusa Julls- sorrise, aprendomi lo sportello ed io entrai nella macchina, che aveva il suo odore.
-Perdonato- ricambiai il sorriso facendo un gesto con la mano come per dire ‘’tutto okay’’
Iniziò a camminare verso il luna park scrutandomi di tanto in tanto.
-e così fumi- sbottò all’improvviso
-Si dai, ogni tanto-
-Bene, saprò a chi scroccare-
-Una star come te, ancora che scrocca?- dissi per provocarlo guardando fuori dal finestrino
Lui fece spallucce sorridendo . –Non è mai troppo tardi per scroccare cara Juliet-
Sorrisi, senza però guardarlo negli occhi. Poi ci fu silenzio, i soli rumori erano il nostro respiro calmo, il motore dell’auto, la strada e il vociferare per le strade.
-Siamo arrivati- disse semplicemente lui, mentre cercava di parcheggiare l’automobile, in lontananza potevo sentire le urla provenienti dal parco divertimenti, con le sue giostre pericolose e infantili, lo zucchero filato e i palloncini colorati.
-Finalmente – sospirai e non appena fu spento il motore scesi dalla macchina, evitandogli di dover fare quel gesto di finta galanteria di aprirmi lo sportello.
-Signorina, posso almeno tenerla sotto braccio- chiese sorridendo, il suo sorriso sembrava da scemo, ma io lo adoravo.
-E va bene, come se non sapessi dove siamo diretti-
-Che lingua spuntata-
-Non me ne tendo dentro una- esclamai fiera
Iniziammo a camminare lentamente verso l’entrata del luna park.
-Sembri una tosta- mi disse improvvisamente, scrutandomi negli occhi.
Abbassai lo sguardo mordicchiandomi il labbro inferiore, era la prima impressione che facevo sempre.
Una tipa tosta. Sapevo bene come nascondere la mia dolcezza con il guscio che mi ero creata.
-Tu sembri idiota- risposi per sdrammatizzare e dandogli una gomitata che Dougie incassò in silenzio.
-Ehm…-
Mi voltai a guardarlo confusa e lui mi caricò sulle sue spalle , ridendo.
-E questo che significa?- borbottai dimenandomi
-Mi hai chiamato idiota, mi sto solo vendicando!-
-Infantile!- gridai, dandogli qualche leggero pugno sulla spalla imprecandolo di farmi scendere giù.
 
Era solo l’inizio del divertimento.

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Capitolo 3
*** Up all night ***


Eccomi di nuovo qua con il terzo capitolo che prende il nome di una canzone dei  1D!
Grazie a te che stai leggendo e un grazie speciale a @Leti B per le sue recensioni...grazie grazie grazie!
:D

stargirl.


Dopo circa due ore avevamo fatto il giro di quasi tutte le giostre, ero scleratissima, i capelli scompigliati e la giacca non sapevo che fine aveva fatto. Ci eravamo tenuti per mano sulle montagne russe , era stata una bella sensazione sentire le sue dita intrecciare le dita e poi urlare come ossessi tirando su le braccia, senza mai staccare le nostre  mani.
Ci mancavano ancora molte giostre, e a quanto pare Dougie voleva farsi un giro su tutte, era davvero un pazzo quel tipo! Più di me!
-E dai Julls, la ruota panoramica!- disse in tono implorante, appendendosi al mio braccio.
Scossi la testa ridendo. –Ho detto no Doug, non mi piace-
Mi fece il labbruccio, lo sguardo da cucciolo con gli occhi dolci, era irresistibile! Ma la mia paura dell’alto lo era ancora di più.
-Ti prego Juliet, vado a vincere un peluche per te dopo-
-Ma…non ho bisogno di animali pelosi- ,sgranai gli occhi, gli orsacchiotti non erano mai stati il mio punto debole.
-Dimmi almeno cosa non ti piace delle ruote panoramiche. Le ragazze le adorano!-
-Beh, io non sono una delle ragazze con cui sei uscito tu- dissi scrollando il braccio per allontanarlo
-E dai…ora non fare la permalosa- si lamentò cingendomi la vita con il braccio
-Ho paura dell’altezza Poynter. Okay? Adesso non rompere e andiamo a comprare zucchero filato, cavolo! – sbottai evidentemente stizzita.
Il bassista alzò le braccia al cielo, guardandomi. –Scusa non lo sapevo. Dai, ti abbraccio tutto il tempo-
Sorrisi teneramente, senza rispondere. Il mio silenzio venne preso per una risposta affermativa però.
-Io sono super Poy sai? – mi disse trascinandomi per mano verso la cassa della Ruota panoramica
-Certo e io Mary Jane, eh?-
Mi guardò un po’ confuso roteando gli occhi azzurri. –Si tu sei quella-
-Salvami Spider Poy!- gridai, in tono melodrammatico, facendo girare un po’ di persone a guardarci.
-Arrivo, Mary Juliet!-
Ci guardammo un attimo negli occhi e poi scoppiammo a ridere, piegandoci in due.
-Mi piaci baby-
Alzò la mano per battere il cinque e io feci lo stesso, facendo poca attenzione al fatto che mi aveva detto che gli piacevo.
Dopo aver fatto i biglietti per la ruota panoramica, fu il turno di salirci sopra.
-ho paura ho paura ho paura- continuavo a ripetere mentre Dougie stava dietro di me, accarezzandomi la spalla per rassicurarmi.
-Ci sono io con te, ci mettiamo a cantare canzoni dei McFly lì sopra, li conosci? Sono bravissimi – esclamò facendo lo gnorri. La sua espressione mi fece ridere.
-E si che li conosco, il chitarrista, trovo sia molto sexy-
Quasi senza accorgermene eravamo anche seduti lì sopra, uno accanto all’altro.
-Danny?- commento lui facendo una faccia disgustata –sono più sexy io-
-Contaci- gli risposi arricciando il naso.
Beh, nemmeno lui scherzava ma… ma… ma no, non poteva piacermi quel tipo strano.
-Hai visto che non ti sei preoccupata dell’altezza?-
Guardai un attimo sotto di me. Il vuoto. Le persone sembravano delle bambole ai miei occhi. Mi si chiuse lo stomaco e mi avvicinai sempre di più a Dougie. –Perché me l’hai fatto notare?-
Il mio tono era terrorizzato.
Scrollò le spalle e poi mi avvolse nelle sue braccia, come mi aveva promesso. Aveva un buon odore, misto al tabacco. Mi piaceva.
-Scusa sono idiota- sorrise, stringendomi forte. –Sei morbida- aggiunse poi, intenerito.
-Davvero? Quindi sono grassa-
-Per niente, quel vestito ti stava benissimo al matrimonio-
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante. Non sapevo che dire, quindi lo guardai come per dire ‘’grazie’’.
Cercai di concentrarmi su Dougie e sul cielo che ormai era all’imbrunire, il sole era calato nel cielo e qualche stella iniziava a brillare.
La missione era: non guardare giù. Se guardavo il basso avevo sensi di vomito perché sapevo che ero altissima.
-Allora, lo vuoi questo peluche?-
La voce del biondo mi riportò con i piedi per terra.
-Non mi piacciono, l’ho già detto-
-Mi scusi. Com’è possibile che i coccolosi animaletti non ti piacciono eh?- disse facendo una smorfia adorabile
-Preferisco le lucertole- commentai secca.
Vidi i suoi occhi illuminarsi.
-Anche io preferisco le lucertole-
Lo guardai ridendo. –Abbiamo un po’ di cose in comune-
-E dimmi un po’, la tua band preferita, esclusi i McFly , lo so che siamo bravissimi- esclamò abbracciandomi più forte
-Modesto. Beh, la mia band preferita sono i Blink 182- dissi fiera del gruppo che tanto adoravo.
Mi lasciò andare improvvisamente, tanto che barcollai un po’.
-Non ci credo! Anche io li adoro!-
-Figo- sorrisi battendo le manine per l’euforia. –La mia migliore amica ti adorerebbe-
-E tu no?-
-Questo che centra?- Incrociai le braccia al petto.
-E’ una domanda- . Fece spallucce spostandosi un po’ il ciuffo biondo dal viso
-E io non ti rispondo-
-Perché?- chiese apparentemente molto incuriosito
Fortunatamente il giro era finito e non dovetti dare una risposta a quella domanda. Ammettere che lo adoravo era come spiaccicargli in faccia il fatto che mi piaceva. Poteva scordarselo.
-Allora, com’è stato?- mi chiese porgendomi la mano per farmi scendere giù.
-Divertente- ignorai la sua mano e iniziai a camminare verso il bancone dello zucchero filato
-Dove si va?- domandò seguendomi come un cagnolino
-Zucchero filato!-
-E’ appiccicoso-
-E’ buono- replicai dandogli una scherzosa gomitata.
-Allora non mi sembra carino farti fare la fila, Flanagan-
Scossi la testa sorridendo. Ogni volta che ero in compagnia di Dougie non facevo che sorridere, lui ci riusciva bene a farmi scordare tutti i problemi.
-Come vuoi-
Mi strizzò l’occhio e ordinò il ragazzino al bancone di farmi dello zucchero filato, era rosa, il mio preferito.
-Grazie- mormorai quando il tipo me lo porse e lo avvicinai subito alla bocca leccandomi il labbro superiore e poi mordendone un po’.
-E’ buonissimo!-
-Nah.- scosse la testa e mi prese per mano trascinandomi vicino ad una panchina libera
-Ti prego sediamoci sono stanchissimo- borbottò mentre si metteva a sedere spaparanzandosi.
Lo imitai, continuando a mangiare lo zucchero. –Ne vuoi un po’?- gli chiesi gentilmente.
-No grazie, voglio qualcos’altro.-
Lo osservai accennando una risatina.  Il suo tono era sembrato quasi subliminale. –E cosa?-
-Birra. Voglio della birra, e la berrai anche tu mia cara-
Lo guardai stranita. –Siamo al luna park-
-Se ti muovi andiamo al pub qui vicino e ci ingozziamo di birra. Sei un Irish o  no?-
Annuii- E ‘ da un po’ che non mi faccio una bella bevuta allegra-
Mi guardai intorno, le luci delle giostre tutte illuminate, le risate dei bambini, gli spari delle pistole da gioco, la musica di sottofondo che diventava sempre più alta, il cielo stellato, un leggero vento e le risate che Dougie mi stava facendo fare. Una serata memorabile della mia mini-vacanza a Londra.
-Ti muovi?- mi disse in tono impaziente, riportando la mia attenzione a lui.
Annuii gettando via il bastoncino di legno dello zucchero filato e mi alzai, sistemandomi i jeans.
-La mia giacca?- domandai grattandomi la nuca pensosa.
-Persa. Adesso andiamo-
-un attimo un attimo- dissi sciogliendomi la treccia e mettendo il codino al polso, prima che venissi trascinata via dal Luna park da Poynter.
-Ci arriviamo a piedi?- chiesi intrecciando le nostre dita quasi naturalmente, come se fosse una cosa di tutti i giorni.
-Certo, è proprio dietro l’angolo-
Lo seguii senza parlare, quella strada non era molto gremita di gente, solo qualche gruzzoletto di ragazzi qua e là.
Mi accarezzò il dorso della mano facendomi un dolce sorriso, se qualcuno ci avesse visto avrebbe pensato che saremmo stati una coppia carina. E invece no, eravamo conoscenti, amici…nulla più. Deglutii e staccai la mia mano dalla sua, non mi guardò nemmeno, continuò a camminare con me che lo seguivo un po’ disorientata per le strade di Londra.
-Ci siamo-
Di fronte a noi un pub piccolo e con pochissima gente all’interno, un insegna fuxia e un po’ malandata.
-Ma dove mi hai portata?- chiesi ridacchiando
-A sbronzarti irish- rispose strizzandomi l’occhio e aprendomi la porta del locale.
Varcai l’uscio guardandomi intorno incuriosita , la stanza era ampia e i tavoli quadrati, non c’erano molte persone all’interno e si sentivano i rumori delle stoviglie appena lavate.
-Carino – commentai incurante della sua affermazione e mi lasciai trascinare verso il bancone
-Dovresti vedere le cameriere-
Gli lanciai un occhiataccia –sei il solito maschio maiale-
-Che palle- borbottò rivolgendosi poi a un uomo sulla cinquantina dietro il bancone per chiedere due birre alla spina.
Mi sedetti sullo sgabello, appoggiando la testa su una mano e guardando Dougie sorridere.
-Mi sto divertendo con te sei…piacevole- sospirò, quasi come se volesse ammetterlo a se stesso.
-Grazie- risposi lusingata –anche tu sei simpatico si-
-Nonostante ti ho portata ad ubriacarti ora?-
Ridacchiai guardando in alto –si, nonostante questo-
Il bar man ci porse i bocali di birra e avvicinai il mio bicchiere al suo facendoli scontrare.
-Cin cin- dicemmo all’unisono e poi ne bevvi un sorso molto lentamente facendo una faccia disgustata per il sapore amaro della birra. Intanto Dougie si era già scolato tutto il contenuto. Chiusi gli occhi e buttai giù il resto della birra per non fare una brutta figura. Il liquido al malto scese giù la mia gola, era freddo e provai un tonfo nello stomaco.
L’alcol non faceva proprio per me.
-Ah- Dougie fece uno strano verso, risi mentre si puliva le labbra sulla manica del suo giubbotto scuro.
-Ehm…buona-
-Hai una strana espressione Julls- disse avvicinando l’indice alla punta del mio naso.
Sorrisi seguendo il suo dito con lo sguardo. –Dai, ancora-
-Ai suoi ordini miss-
Altre due birre per noi.
-Dai, a chi la beve più veloce!- mi sfidò Poynter buttandosi giù altra birra, lo imitai , deglutii e posai giù il bocale ormai vuoto prima di lui
-Ho vinto!-
Si leccò il labbro superiore e poi mi diede una gomitata. –E’ proprio vero che gli irlandesi bevono molto allora-
Gli feci cenno di no con la testa e chiedi alla cameriera che si trovava vicino al bancone altre due birre.
-Quanti anni avete ragazzini?- squittì con la sua voce da papera.
-20! E poi lui  è Poynter dei McFly- risposi accompagnando il tutto con una risatina idiota.
La birra iniziava ad avere i suoi effetti su di me.
La donna scosse la testa e ci porse comunque altra birra.
-Non reggi bene Julls?- mi domando il bassista prendendo un sorso dal suo bicchiere.
-Non reggo proprio!-
-Ti propongo un gioco allora-
Lo scrutai negli occhi azzurri con fare interrogativo
-Io ti faccio delle domande, tu mi rispondi. Voglio conoscerti.- mi guardò con la coda degli occhi mettendo sul bancone il bicchiere di vetro facendo uno strano rumorino.
-Ci sto-
La mia mente iniziava ad essere offuscata, avevo solo voglia di…ridere. Ridere e ridere e ridere, come succedeva sempre le volte che mi ubriacavo. Peccato che non mi ero mai ubriacata in compagnia di un ragazzo…e poteva essere pericoloso, almeno nei film così dicevano.
-Rispondi anche tu però eh!- aggiunsi indicandolo con la birra nella mano sinistra.
Fece un cenno con la testa e si sistemò il ciuffo biondo, pensoso.
-Allora, sei tipo…fidanzata?-
Dondolai leggermente sullo sgabello e ingoiai lentamente il sorso di birra, prima di rispondere.
–No, brutta delusione. Tu?-
Alla mia risposta affermativa lo vidi sorridere sotto i baffi, ma poi, la sua espressione cambiò radicalmente.
-Io no, cioè, lunga storia-
Annuii, ero troppo confusa per capire il suo girare intorno…tutti quei “cioè”…perché non gli chiesi di Lara?
Farsi domande sotto l’effetto dell’alcol era stata un idea pessima.
-E…da quand’è che non baci qualcuno?-
Lo guardai male –Non è una domanda gentile- sbuffai e presi la birra che mi mise davanti come si fa con i cani affamati di croccantini.
-E dai, si scherza-
-un po’- mormorai.
Quella era l’unica risposta che si meritava, non mi sarei sputtanata del tutto davanti a lui, considerando che lui non lo stava facendo.
 
 
Dougie P.O.V
 
Buttarle davanti tutte quelle birre non era stato un gesto molto carino da parte mia, ma infondo ci stavamo solo divertendo, mentre l’orologio andava avanti, i minuti e le ore passavano.
Se Giovanna avesse saputo quello che stavamo combinando mi avrebbe fatto un a sgridata memorabile.
Le domande si stavano facendo sempre più intime e personali, Juliet sotto l’effetto della birra si stava esponendo abbastanza mentre io restavo sulla difensiva rispondendo schivo.
-Okay, è passata le mezza notte, questa è l’ultima domanda che ti concedo Poy!- esclamò passandosi una mano tra i setosi capelli castani, era davvero carina. Se pure il suo tono era tremante da brilla.
-E va bene…ho la domanda- disse facendole cenno di avvicinarsi di più a me.
Le passai una mano a cingerle i fianchi e avvicinai la mia bocca al suo orecchio.
-Sei vergine?-  sussurrai guardandola poi avvampare. Le guance rosse non solo dalla sbronza ma dall’imbarazzo del momento, la mia domanda era stata un po’ indiscreta ma…infondo l’alcol aveva colpito anche Capitan Doug Wash!
-Non sono domande che si fanno caro- sospirò allontanandosi dalla mia stretta e bevendo l’ultimo goccio di birra rimasto nel suo bicchiere.
-Tu?- domandò poi, facendomi ridere.
-Ah mi scusi! Lei è una star…le star fanno orge!- continuò ancora, stizzita.
Era un misto tra irritata, gelosa e sbronza. La trovavo assolutamente adorabile.
-Scusa, non volevo. Dai…credo che sia ora di tornare a casa Cenerentola- esclamai alzandomi e stiracchiandomi un po’.
-Che razza di domande mi fai…- continuò a borbottare piegandosi sulle ginocchia, non riusciva a tenersi in piedi da sola, l’alcol le faceva proprio un effetto tragico.
-Su andiamo- dissi pagando le numerose birre bevute e facendola appoggiare a me, per scortarla verso l’uscita.
-Dov’è la macchina?-
-Qui vicino piccola- le disse dolcemente accarezzandole la testa mentre camminavamo a passo di formica verso il posto doveva avevo lasciato la mia auto.
Juliet era ubriaca fradicia, sapevo quasi tutto di lei.
Adorava le rose gialle, aveva avuto tanti ragazzi al liceo ma poi dopo si era ritrovata sola con il suo gatto che si chiamava Lee (mio secondo nome), la sua migliore amica Phoebe mi adorava ed era invidiosa di Giovanna visto che aveva trovato una persona dolce come Tom , era simpatizzante di Georgia la ragazza di Danny , odiava il gelato al cioccolato e il solletico e…cosa mi sfuggiva? Ah, era stata in Inghilterra per numerosi concerti delle Saturdays.
Sorrisi stringendola un po’, si era accoccolata sotto il mio braccio borbottando cose incomprensibili.
Ah, un'altra cosa la sapevo, adorava i Busted ma non i McFly.
-Sciocchina- le dissi ripensando a quello che mi aveva detto riguardo ai suoi gusti musicali. Praticamente il suo iPod conosceva solo Blink, Busted e una cantante irlandese di cui mi sfuggiva il nome.
-Dov’è la macchina?- chiese ancora, proprio quando ci trovavamo di fronte alla vettura.
Tolsi l’antifurto e le aprii lo sportello facendola sedere, prima di andare al mio posto e mettere in moto.
-Eccoci, tra un po’ saremo a casa Julls- la rassicurai, stupendomi della mia stessa dolcezza. Sapevo cos’era…i sensi di colpa per averla fatta sbronzare.
-Okay- rispose semplicemente e poi chiuse gli occhi accoccolandosi su di un lato, dandomi le spalle. Accesi la radio che dava come sottofondo una canzone di Katy Perry che non conoscevo, nonostante canticchiassi sempre lo stupido motivetto.
Si addormentò qualche attimo dopo, russando anche. Il respiro era abbastanza tranquillo e si teneva una mano sullo stomaco, sperai fino alla fine del tragitto che non vomitasse sulla tappezzeria della MIA auto.
Mentre guidavo, pensai che forse le avrei dovuto dire di Lara. Ma cavolo, quella Phoebe se si faceva sempre i miei cavoli sulla rete, non sapeva di me e Lara?
Stavamo passando un periodo no ma tecnicamente stavamo tipo insieme, nonostante non la rispondessi agli sms da giorni.
Sbuffai e arrivato davanti l’appartamento di Juliet spensi il motore e le scossi il braccio lentamente.
-Julls siamo a casa, svegliati- dissi con calma e la vidi aprire gli occhi uno alla volta , stropicciandoseli sporcandosi le nocche di mascara.
-Ce la faccio da sola- borbottò
-Certo- esclamai ironicamente e le aprii lo sportello prendendola in braccio. Non era molto pesante, l’avevo già notato prendendola al luna park, si strinse con le braccia attorno al mio collo e sorrisi, guardandola sonnecchiare.
-Le chiavi sanno qui- mugolò facendo un singhiozzo estraendo dalla sua tasca le chiavi e porgendomele.
Un po’ goffamente riuscii ad aprire la porta d’entrata e la misi giù.
La casa era carina, molto piccola e con le pareti tutte gialline. Qualche fiore qua e là e un odore di vaniglia , lo stesso che sentivo quando ero vicino a Julls.
-Grazie Dougie…- disse guardandomi negli occhi
-Ti accompagno in camera- le proporsi prendendola sotto braccio facendomi guidare nella sua stanza.
Non avevo secondi scopi, non sono così stronzo!
Camminai accarezzandole il braccio lungo il corridoio e poi svoltai  a destra.
-Bella- commentai osservando l’ordine della stanza, le pareti verde chiaro, come i contorni dei suoi occhi e il letto con una coperta rosa confetto sopra.
Si buttò immediatamente sul letto, facendomi cenno di avvicinarmi.
-Si Juliet? –
-Mi togli le scarpe?- chiese alzando la lunga ed esile gamba, il suo tono sembrava quello di una bambina piccola.
Annuii e le sfilai piano le ballerine gialle, scoprendo un tatuaggio sul suo piede destro.
Vi era inciso “Walk in the sun”.
“e meno male che non le piacevano i McFly” pensai soffocando una risatina e mi avvicinai  a lei, accarezzandole la fronte prima di lasciarle un dolce bacio tra i capelli.
-Notte Julls-
-Sogni d’oro Doug- mi rispose tirandosi addosso la coperta.
Rimasi un attimo a fissarla sull’uscio della porta della camera e poi andai via.
Mi ero divertito tantissimo con lei, sembra strano, ma Juliet cominciava a piacermi davvero.
Un attimo dopo però, mi squillò il cellulare.
Ops…si trattava di Lara.

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Capitolo 4
*** I wish ***


 Lalalalala, adoro quando recensite! Mi sento felice lalalalala
ecco a voi il seguito, spero di non essere stata noiosa.
Enjoy :3

Il dopo sbornia fu tragico, mi svegliai con un dolore alla testa atroce e dei crampi allo stomaco. Cosa peggiore: Non ricordavo quasi nulla, dopo aver mangiato zucchero filato con Dougie, i miei ricordi erano bloccati.
Birra, tanta birra. E poi delle domande…domande personali che quel Poynter mi aveva fatto riuscendo a conoscere un po’ della vera me. In camera mi ci aveva accompagnato lui se non sbagliavo, mi aveva tolto le scarpe…poi mi aveva augurato la buona notte ed io ero sprofondata nel sonno più acuto, risvegliandomi dieci ore dopo in uno stato pietoso. Me ne stavo seduta sul divano in uno stato di coma, senza fare niente. Il frigo era vuoto e il sole si era nascosto dietro una coltre di noiosissime nuvole, aaah Londra.
Decisi che forse era meglio darmi una mossa, riprendermi, magari andare a correre al parco e rimettere a posto i pensieri. Una corsa faceva sempre bene no? Non c’era nemmeno molto sole, questo significava che non mi sarei abbrustolita la pelle bianchissima.
“Bene, forza Julls!” mi dissi trascinandomi lentamente strusciando le pattine sul pavimento in camera per indossare i leggins, più comodi per fare jogging.
Mi legai i capelli in una coda di cavallo e dopo aver indossato le converse rosa abbinate alla t-shirt  uscii di casa.
Una folata di vento mi fece sentire freddo improvvisamente, tanto che pensai di tornare a casa. Ma mi feci forza comunque, iniziando a correre non avrei sentito più nemmeno il freddo.
Con la metro arrivai al centro, per poi dirigermi ad Hyde Park e iniziare a camminare lentamente per godermi il paesaggio. Gli alberi erano verdi, il prato fiorito e colorato dalle corolle multicolore dei fiori , gli uccellini cinguettavano sulla mia testa e le farfalle svolazzavano libere. Sembrava tutto così tranquillo, era un posto adatto per riflettere. E io dovevo riflettere su un po’ di cose.
I piani erano che a Londra ne approfittavo del matrimonio di Giovanna per stare due settimane e capire come funzionavano le cose in Inghilterra visto che avevo compilato il testo di iscrizione per un corso triennale di giornalismo , le possibilità che mi avrebbero presa sarebbero state minime ma…non bisogna mai perdere la speranza mi dicevano.
Il problema però era un altro: Dougie.
Magari , anzi, sicuramente lui con me ci aveva semplicemente scherzato e tutta quella dolcezza non era altro che semplice gentilezza mentre io, da sognatrice e illusa romantica, da quando ci eravamo incontrati non facevo che farmi i film mentali so come sarebbe stato bello stare insieme.
C’è di fatto che niente poteva essere sicuro perché la differenza tra l’amicizia e l’amore sta in un bacio, come dice una famosa citazione.
Quel bacio non c’era ancora stato e forse, non ci sarebbe mai stato.  Scossi la testa e iniziai a correre dapprima lentamente e poi sempre con più ritmo e velocità. Sentivo la fronte imperlata di sudore e la playlist  dell’iPod scorrere avanti senza fermarsi, il battito del mio cuore era sempre più accelerato e il fiato corto, cercavo in tutti i modi per non soffermarmi troppo a pensare a Dougie, al suo sorriso, ai suoi occhi chiari e vispi...ma i risultati erano scarsi, ormai, mi sentivo come una tredicenne con una cotta pesante con cui dover fare i conti.
Continuai con i miei giri di corsa per una scarsa mezz’ora, non ce la facevo più, sentivo le tempie pulsarmi, un po’ per lo sforzo un po’ per la sbronza del giorno precedente. Non avevo nemmeno ancora fatto colazione ne preso un’aspirina per alleviare il dolore. Appena intravidi una panchina mi ci buttai praticamente sopra portando le mani alle ginocchia riprendendo fiato man mano allo scorrere dei minuti.
L’unica cosa che desideravo in quel momento era un letto. Un letto e del caffè bollente , iniziava pure ad abbassarsi la temperatura, L’azzurrino terso e nuvoloso di prima si era trasformato in grigio e quasi nero oltre le cime degli alberi di Hyde Park.
“Temporale in arrivo” pensai mentre mi sistemavo la coda di cavallo alta sulla testa e mi incamminavo all’uscita del bellissimo parco, per non scontrarmi con la pioggia e tornare a casa bagnata fradicia.
Le mie scarpe da ginnastica producevano uno strano rumorino sul terriccio di Hyde Park, era la cosa a cui in quel momento mi ritrovavo a prestare attenzione tanto per liberare la mia mente da pensieri…”seri”.
Ma infondo Dougie, era un pensiero serio?
Rimasi con quel punto interrogativo per la mente, affrettai il passo verso l’uscita, le gambe mi dolevano, l’acido lattico era finito nelle fibre muscolari, non ero più abituata nemmeno ad un po’ di corsetta!
Per recuperare forze, sarei passata da Starbucks, un muffin ai mirtilli era quello che vi voleva in occasioni come quelle in cui il male era fisico e psicologico.
Anche Phoebe sarebbe stata d’aiuto ma il cellulare non me l’ero portato dietro. Avrei rimediato non appena tornata a casa. Delle leggere gocce d’acqua mi bagnarono il capo e mi portai subito una mano sulla testa come per assicurarmi che non era stata solo mia impressione.
-Damn!- borbottai iniziando a camminare più veloce verso la caffetteria tenendomi sempre ai cornicioni delle abitazioni per evitare che gli schizzi d’acqua mi colpissero.  Quando in lontananza intravidi la famosa insegna di Starbucks  mi sentii sollevata , arrivai all’angolo e mentre osservavo la vetrina con tutti quei dolcetti e tazze particolari mi sembrò di scorgere nella folla che stava all’interno un viso familiare.
I capelli biondi e un po’ arruffati, gli occhi azzurri, sembravano lapislazzuli.
Si trattava senza dubbio di Dougie.
Ma a raggelarmi il sangue nelle vene, non fu quello. Non fu nemmeno la pioggia che man mano si faceva più forte.
Fu la ragazza che stava con il bassista. Non molto alta e con i capelli scuri. Si tenevano per mano. Le dita intrecciate proprio come lo erano state le nostre sulle montagne russe e tante altre volte.
I loro corpi vicini come quando stavamo sulla ruota panoramica e avevo paura dell’alto, come quando mi aveva invitata a ballare al matrimonio di mia cugina…
Non ne potevo più. Fissavo quella scena e la testa mi martellava, mi si chiuse lo stomaco, non desideravo nemmeno più mangiare.
Il modo in cui quella tipa, che sicuramente era una certa Lara, gli stava appiccata addosso mi faceva bruciare di rabbia. Rabbia e gelosia nei confronti di Dougie che mi aveva fatta sentire…unica.
E io ci avevo creduto.
Per un attimo purtroppo, i nostri sguardi si incrociarono. L’azzurro delle sue iridi si specchiò nel mio verde, oltre la vetrina della caffetteria. Probabilmente, aveva pure notato che una lacrima mi aveva attraversato il viso, seguendo il percorso dei miei zigomi finendo giù per il collo.
Piangevo perché ero nervosa, perché ero…stizzita. Non riuscivo a mantenere la calma.
Lo sguardo di Dougie era stato di compassione. E io non rappresentavo la seconda scelta di nessuno!
Che stronzo, la star dei McFly.
Mi voltai di spalle e iniziai a correre a più non posso per raggiungere la stazione della metropolitana al più presto,  raggiungere casa e starmene sola.
Non vedevo l’ora di tornare a Dublino.
 
Dougie P.O.V
 
Nel messaggio della sera precedente Lara mi implorava di incontrarci per rimettere insieme quello che ne rimaneva della nostra relazione, avevo accettato nonostante la vedessi assolutamente dura.
Ormai il posto che aveva lasciato, Juliet era riuscita a colmarlo davvero molto bene. Il suo sorriso, la naturale tenerezza dei suoi gesti più comuni, il fatto che fosse un po’ più alta di me, le sue gambe esili e lunghe…i capelli castani e ondulati, insomma, era bella fuori e piacevole dentro.
Si sapeva divertire e mi era sembrata una a posto, uno di quelle che mia madre avrebbe detto “non lasciartela scappare”.
E pure, era quello che avevo fatto.
Andando da Starbucks abbracciato a Lara era stato un allontanamento involontario di Juliet da me.
Quando l’avevo vista fuori la vetrina, con i capelli tirati su e il viso allo scoperto, mi ero pentito immediatamente di aver lasciato che Lara invadesse di nuovo i miei spazi.
Cosa mi aveva bloccato?
Quella mattina avevo sentito Giovanna parlare al telefono e raccontare a sua madre che Juliet sarebbe dovuta tornare in Irlanda dopo qualche settimana.
Non potevo lasciare che i miei sentimenti per lei si facessero più forti. Ma si sa, il cuore non mente mai.
E cercare di autoconvincermi di amare solo ed esclusivamente Lara è piuttosto stupido da parte mia.
Ad ogni modo il misfatto era già stato compiuto. Juliet era scappata via dalla vetrina della caffetteria arrabbiata e triste ed io non avevo mosso il mio culo dalla sedia e la mia mano da quella di Lara per uscire lì fuori e dirle che era tutto okay, che non l’avevo presa in giro, che non le avevo fatto quelle domande perché ero un ninfomane…
Avevo combinato un bel casino, ero bravo solo a quello ormai.
Dopo averla vista correre via infatti, avevo mentito a Lara dicendole che dovevo sbrigare del lavoro importante e non potevo stare più con lei. L’avevo riaccompagnata a casa e poi ero sfrecciato a casa Fletcher.
Prendevo in giro Lara e avevo fregato anche Juliet.
Non potevo tenere due piedi in una scarpa ma non sapevo come fare. Come dire alla mia…ragazza che non volevo più stare con lei?
E come convincere Julls che non stavo mentendo?
Continuavo a fissare il soffitto della mia camera tamburellando le dita sulla mia pancia come per trarne l’ispirazione e fare qualcosa per riparare il misfatto.
Mi sentivo uno stupido.
Scavando in fondo ai miei sentimenti, eh si anche io ne avevo, cosa volevo davvero?
Il primo pensiero che mi affiorò alla mente fu il sorriso di Juliet.
Se spegnevo l’interruttore del cervello e lasciavo parlare i sentimenti volevo solo Julls. Volevo baciarla, volevo abbracciarla…la desideravo in tutti i modi in cui una ragazza può essere desiderata. E la volevo solo per me, mentre Lara poteva essere lasciata andare via…
 
Juliet P.O.V
 
Avevo passato tutto il pomeriggio a dormire, sotto le coperte nella mia camera ad ascoltare canzoni tristi che mi ricordavano tutte le fregature ricevute in amore.
Poco prima di andare a dormire avevo scritto un veloce sms a Phoebe : “il tuo idolo mi ha spezzato il cuore”.
E infatti il mio cuore a forza di essere rotto e riparato si era ridotto a brandelli.
Magari me la stavo prendendo per poco ma con Dougie ci ero stata davvero bene e speravo in un seguito.
Ci speravo davvero.
Passare tutto il tempo a dormire forse era stata una pessima idea ma non avevo la forza di chiamare Dougie e farlo una merda per telefono.
A svegliarmi fu il campanello. Due o tre suonate consecutive. Avevo infilato le pantofole verdi ai piedi  mi ero trascinata ad aprire, speravo inconsciamente che fosse Poynter , ma subito il pensiero si deviò.
-Chi è?- chiesi con la voce impastata dal sonno
-Sono Gi tesoro!-
Mia cugina. Benissimo. Perfetto proprio.
Le aprii la porta cercando di rivolgere un cordiale sorriso, che però non mi riuscì così bene.
-Che ti succede?- domandò spalancando gli occhi.
Chiusi la porta alle sue spalle e le feci segno di sedersi in salotto, sul piccolo divano beige.
-Nulla dai…-
Mi scrutò bene negli occhi sedendosi accanto a me e porgendomi un pacchetto. –ti ho portato dei biscotti-
-Grazie mille…era quello che ci voleva-   
-Vuoi dirmi che succede?- chiese ancora Gi guardandomi seria questa volta e accarezzandomi la guancia. –Dai- aggiunse dolcemente.
-Gli…uomini, non tutti sono come Tom sai?- esclamai scrollando le spalle
Rise. –Che ha combinato Poynter?-
Scossi la testa mordendomi il labbro nervosamente. –Ehm…nulla, sai come sono, io mi faccio i film mentali e…rimango fregata-
Mia cugina corrugò la fronte –Spiegati meglio- .
Iniziai a raccontarle tutto dal principio, escludendo sempre che i eravamo conosciuti perché ero rimasta bloccata su un albero, la nostra uscita, poi il giochetto della sbronza allegra e alla fine  “l’incontro”      del mattino , quello struggente. Quello che mi aveva fatto capire che c’era già un'altra ragazza ed io…io desideravo essere Lara.
Volevo stare al suo posto,  perché mi ero sentita male a vederli.
Desideravo di essere io.
Dal nervosismo addentai un biscotto con le gocce di cioccolato portatomi da Giovanna e le mi sorrise, speranzosa.
-Vedrai che…si sistemerà tutto, mi piacerebbe averti nella famiglia delle McGirls-
Le diedi una spinta ridendo. –Smettila di farmi fare i film mentali!-
Scoppiammo entrambe a ridere. –Sarebbe divertente dai….potresti trasferirti a Londra-
-Questo potrebbe accadere davvero, se mi prendono al corso di giornalismo a Oxford-
-Che bella notizia!-
Annuii, pulendomi le labbra con un tovagliolo.
-Lo spero-
-Anche io. Ma…ora volevo proporti una cosa per il weekend-
Le feci cenno di continuare a parlare, curiosa.
-Andremo in una discoteca fuori città, tanto per divertirci un po’. Ci saranno i ragazzi, Izzy, Georgia… ci stai? Sarebbe bello se venissi anche tu-
Il mio primo impatto fu quello di sorridere e dire si ma…Lara?
Ci sarebbe stata anche lei? Lei appiccicata a Dougie?
Giovanna probabilmente lesse i miei pensieri perché mi strizzò l’occhio. –Un bel make up, tacchi alti e Dougie sarà ai tuoi piedi.-
Non dissi niente, presi un respiro e sorrisi, stringendo mia cugina fortissimo.
Infondo aveva ragione, dovevo prendermi una rivincita.
E andare in discoteca era un punto a mio favore.
Non era mai stato da me arrendermi, perché lasciare Poynter nelle mani di Lara?

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