Viaggio nell'universo Shugo Chara!

di _Pikadis_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come da routine. ***
Capitolo 2: *** Bastano un sogno, una mensola e una parete. ***
Capitolo 3: *** Il buongiorno si vede dal mattino, o quasi. ***
Capitolo 4: *** Quando il destino si accanisce non c'è niente da fare, devi sederti e aspettare. ***
Capitolo 5: *** Curiosità e novità rendono un capitolo inutile degno di interesse. ***
Capitolo 6: *** Il profumo di mistero stona con l’aria di casa. ***



Capitolo 1
*** Come da routine. ***


Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiin Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin

Con un sforzo sovraumano spense il cellulare che aveva sul comodino."Maledette le sveglie e quel deficiente che le ha inventate"sussurò in modo agressivo rivolta al piumone. Quella mattina non voleva cominciare in modo giusto, ma nemmeno sbagliato, semplicemente come da routine. Scese dal letto con la velocità di un bradipo sveglio e si trascinò verso la porta. Quando ci arrivò bisbigliò mentalmente qualcosa contro gli inventori delle porte e spinse la maniglia.

Impiegò meno di quindci minuti per fare colazione e risalire su, senza incontrare anima viva. Non le piaceva stare con la famiglia di mattina, ma nemmeno di pomeriggio o di sera, semplicemente non voleva compagnia in casa. Non era asociale, solo che sua madre era una stacanovista, come d'altronde suo padre, che interpretava la parte dell'amorevole madre (e padre)anche se con scarsi risultati, e sua sorella era un esempio di futura gioventù bruciata, anche se pure lei interpretava un ruolo, per attirare un pò d'attenzione. Si sentiva come l'unica normale della famiglia, anche se non lo era affatto. Aveva un leggero complesso di inferiorità, che cercava di nascondere trasformandolo in una falsa superbia e poi aveva l'abitudine di usare parole difficili solo per farsi notare, tradotto, era la classica saputella. Abbandonò i suoi pensieri autodepressivi mattutini e iniziò a prepararsi.

Dieci minuti ed era pronta, si guardò allo specchio della sua camera e si ravvivò i capelli ricci, tenuti leggermente a bada da una cenerentola, e si guardò la divisa, quella stramaledetta divisa che era costretta a portare. L'avevano adottata l'anno prima che che lei entrasse alle medie, ed era da tre anni che sopportava quell'orrendo maglione nero e quella ridicola gonna a pieghe che accentuavano l'aria da saputella, che veniva completata ancor di più dalle calze biance e dalle scarpe "modello suora". Sospirò scoraggiata, prese la cartella appesa dietro la porta, ed aprì. Sentì un rumore di vetro rotto. Si precipitò giù dalle scale e corse verso la cucina. Si ritrovò davanti sua madre in vestaglia con i pantaloni del tallieur che spuntavano da sotto l'orlo di raso, inginocchiata davanti ad un cumolo di vetro, che in origine era una tazza, con in mano un manico che fissava con l'aria di una bambina che sta per piangere. Sospirò ancora più scoraggiata di prima e si avvicinò a sua madre, gli si inginocchio di fronte, guardò il vetro e poi lei.

-Ti sei fatta male?

-Io...la tazza...per far presto...lavoro...-biascicò sua madre. Si sembrava prprio una bimba.

-Cerca di non farti male mantre pulisci-disse mentre si alzava-io vado a scuola dovrei tornare verso,uhm...vediamo...le due meno un quarto le due. Ciao.- aveva messo un piede fuori dalla porta quando la voce di sua madre la raggiunse dalla cucina:

-Sicura che non vuoi che ti accompagni? Sono appena le sette e venti, e oggi al lavoro devo entrare più tardi, anche se io avevo chiesto il turno più lungo, però quella stup...

-Non ti preoccupare, incontro un'amica per strada.

Sbattè la porta con tutta la forza possibile. Se non l'avesse interrotta sua madre avrebbe cominciato a parlare del suo lavoro, e avrebbe finito col far esplodere tutta la sua rabbia. Non riusciva a sopportarla quando faceva cosi. Per colpa di quella cosa che lei chiamava lavoro, lei e suo padre si erano persi ogni singolo momento della vita sua e di sua sorella, perchè, appunto, dovevano lavorare...

"Calmati, calmati, calmati."scacciò mentalmente quei pensieri dalla sua testa. Non voleva farsi prendere un esaurimento per quelli. Sospirò ancora.

Stava camminando da qualche minuto, quando si bloccò, fece qualche passo indietro ed entrò in un negozio, una fumetteria. Non era una grande appasionata di manga, anime e compagnia bella(in realtà lo era ma non voleva ametterlo),ma si era fissata con un anime in particolare, che aveva visto di sfuggita in televisione, che poi aveva scoperto essere anche un manga, e,visto che sulla strada di casa c'era una fumetteria, ne aveva approfittato.

-Vale, è uscito l'ultimo volume di Shugo Chara?

-Si Zita,te lo metto da parte, come al solito?

-Grazie Vale, ci vediamo dopo!

Uscì dalla fumetteria e ricominciò a camminare. Zita. Zita. Ma che razza di nome era? Cioè, esistevano una varietà pressochè infinita di nomi sulla faccia di questa terra, e, proprio tra tutti, sua madre aveva scelto quello. "Perchè, perchè?" si domandava. Ma si era arresa da tempo a questo fatto, in fondo le suonava abbastanza bene, ed era meglio di Genoveffa o altro. Guardò l'orologio. Le 7:30 in punto. Doveva sbrigarsi.

Arrivò di fronte alla casa alle 7:37 spaccate. Suonò al citofono, e rispose la solita voce metallica:

-Chi è?

"Chi cavolo può essere alle sette di mattina?" pensò con un sorriso-Sono Zita.

-Scendo subito...vuoi salire?

-Non ti preoccupare e sbrigati!

-Ok...

Aspettò appoggiata alla colonnina che stava di fianco al cancello e quando senti lo sacatto della serratura si staccò subitò e si girò felice verso la sua amica

-Reiko!!!- l'urletto che le era uscito di bocca era alquanto fastidioso, ma non poteva fare a meno di essere felice. Reiko era una delle sue migliori amiche, e non solo: era giapponese, cioè, giapponese!!! Uno dei suoi sogni era quello di andare in Giappone, ed avere per amica una vera giapponese, bè...era il massimo! E poi era davvero simpatica: aveva sempre la battuta pronta, amava leggere di tutto (come anche Zita d'altronde), e anche lei era un'appasiona ta di manga e anime, ovviamente. Solo che Reiko sarebbe dovuta partire per il giappone tra qualche ora e avrebbe potuto rivedere quel nero caschetto e quella figura slanciata solo tra un anno, perciò nascose il suo improvviso dispiacere con un'allegria leggermente esagerata:

-Zita cerca di non soffocarmi, vorrei arrivare ancora viva a scuola!

Lasciò andare Reiko.

-Allora, dimmi ieri ci sei riuscita?- la faccia di Zita virò dall'allegria (che ora era diventata schizzofrenia) al cupo in frazioni di secondi-Zita...non dirmi che nemmeno oggi mi porti buone notizie!!!

-Mi dispiace Reiko- disse parlando con la strada- nemmeno oggi te ne porto. Che ci posso fare, ogni volta che cerco di aprire il discorso con mia madre...mi blocco.

-Però me lo avevi promesso! Hai detto testuali parole: "Te lo prometto Reiko, prima che tu parta per il Giappone riuscirò a far pace con la mia famiglia!" e ti ricordo che domani io parto e tornerò tra un anno!

-Però non è giusto! Mi abbandoni al mio destino e te ne vai a divertirti in Giappone!

-Guarda che io non ci torno da cinque o sei anni. Dovrò rivedere i miei parenti ogni tanto, no?

-Ma dove andrai a stare? In albergo?

-No:starò dai miei zii, te l'ho detto mille volte...approposito, sai che una dei loro figli è una idol famosa?

-Sul serio? Dai, portami con te!!! Ti prego!!!- Zita fece una faccia da cane bastonato ed entrambe scoppiarono a ridere. Di solito lei non si comportava cosi. Aveva, in apparenza, un caratere asociale e scostante, che di solito cercava di mantenere, ma che abbandonava del tutto quando era con delle amiche.

-Parlando di viaggi, indovina dove andrò a fine inverno?

-Vediamo un pò...mi verrai a trovare a Tokio?

-Magari, ma no, andrò con la scuola di danza a fare una rassegna a Milano!

- Sono felice per te, forse cosi riuscirai ad entrare alla Scala...

-Magari, ma è un sogno abbastanza improbabile.

-Cioè un'utopia.

-Esatto.

-Secondo me non dovresti considerarlo tale, i sogni sono tutti realizzabili, basta crederci, giusto?

Reiko le rivolse un sorriso, che Zita ricambiò. Sapeva tirare su di morale chiunque, ma quelle parole erano rivolte a lei in particolare, e non era una novità che Reiko la tirasse fuori dalla sua costante depressione: sembrava che sapesse leggere dentro di lei.A volte pensava che fosse una maga, e non si sbagliava poi di molto.

Piccolo spazio autrice:

Vi presento la mia prima fan fiction(anche se apparentemente non ha niente a che vedere con Shugo Chara, ma non preoccupatevi, molto presto succederà qualcosa!)Se avrete il buon cuore di recensire, vi prego di darmi qualche dritta riguardo il mio stile! Grazie in anticipo!

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Capitolo 2
*** Bastano un sogno, una mensola e una parete. ***


Scusate l’enorme ritardo, ma in questo periodo la scuola e altri vari impegni mi stanno assorbendo completamente -.-‘!!! Vabbè vi lascio alla storia!

 

-Quindi se Cavour non avesse aiutato i francesi nella guerra di…

Non le importava granché sulla argomento di quella lezione, in fondo il risorgimento italiano lo aveva studiato in estate, visto che per tre mesi non sapeva che fare. Sospirò in silenzio e girò lo sguardo sulla classe, il ritratto dell’attenzione in un improvviso attacco di sonnolenza. Quella professoressa aveva la straordinaria capacità di stordire i suoi alunni. "Non sarò per caso che ha un Pokemon sotto la cattedra?". Rise fra se. Se qualcuno in quella stanza avesse avuto il dono di leggere nella mente si sarebbe sorpreso, non era normale che una studentessa modello come lei fosse interessata a certe cose, se lo avesse detto a qualcuno si sarebbe sparsa la voce e la sua reputazione sarebbe andata a quel paese. "Ma a te che importa, almeno ti prenderebbero un po’ in simpatia, no?" ecco che ricominciava di nuovo, quella vocina, quell’odiosa vocina che le diceva sempre la cosa giusta da fare, ma che lei si rifiutava di seguire: era terribilmente perfettina. "Quasi quanto me" pensò tristemente. Intanto i suoi pensieri volarono a Reiko, che non era in classe con lei. Erano capitate in sezioni diverse all’inizio delle medie, ma erano rimaste amiche lo stesso. Però a pensarci bene, lei non era proprio l’unica amica che aveva, anche in quella classe c’era una ragazza che sin dalla prima aveva cercato di avvicinarsi a lei, e, diciamo, che c’era riuscita. Infatti era la sua compagni di banco, ora. Si chiamava Grazia, e, le stava piuttosto simpatica, visto che era lei che la trascinava per le varie feste di compleanno dei suoi compagni, che, loro malgrado erano costretti ad invitarla, giusto per essere educati. "Ma dico, se non volete che io vengo, cosa mi invitate a fare?" si chiedeva ogni volta. Eppure c’era sempre Grazia pronta a buttarla nella mischia. Anche se oltre a questo, non si frequentavano poi tanto. Le aveva dato il suo numero di telefono, ed ogni tanto si facevano una chiacchierata . Le sembrava come in quei film depressi in cui un medico prende particolarmente a cuore un paziente, prefissandosi come obbiettivo quello di guarirlo.

-Zita psssss. Zita psssss!!!

Si girò verso Grazia che le porgeva un foglio. Una delle sue passioni era il disegno, in cui riusciva particolarmente bene.

-Allora, che te ne pare?

Sul foglio che le aveva dato c’era la sua versione manga (che si riconosceva per i capelli ricci e per la cenerentola) e quella di Grazia (che invece aveva una frangia piuttosto lunga e uno chignon) mentre si abbracciavano e facevano il segno di vittoria. "Ma è possibile che tutte le persone che conosco sono appassionate di manga?"

-Zita, allora?- Grazia era impaziente. Aveva un carattere un po’ infantile, che le ricordava Yaya Yuiki, ma era molto meno esagerata. Scrisse con la matita un bel dieci in uno spazio vuoto del foglio e glielo passò. Era euforica.

-Davvero ti piace cosi tanto?

-Si, certo!- le sorrise con un entusiasmo mal celato, se avesse saputo un po’ di giapponese l’avrebbe chiamata "onee-sama", "sorellona", anche se sarebbe stata piuttosto fredda come sorella maggiore, nei sui confronti. Altro che la sua vera sorella minore, Alice(che chissà perché aveva un nome normale, a dispetto del suo), che a nemmeno undici anni compiuti, già entrava in camera sua per rubarle qualche trucco, di quei pochi che aveva, e cercava di estorcere a sua madre il permesso di tornare alle undici di sera, suscitando il suo stupore. Ok che a quest’età si iniziano a sviluppare le prime voglie di indipendenza, ma la sua era un’esagerazione, anche se programmata: lo aveva scoperto un’giorno che era andata a cercare in camera sua una trousse che iniziava a dare per dispersa. Aveva trovato sulla scrivania un quaderno, un normalissimo quaderno, che aveva sfogliato per curiosità, e che aveva scoperto essere il suo diario. In una nota di qualche mese prima c’era scritto: "Non voglio che continuino a comportarsi cosi, devo farli preoccupare talmente tanto da fare in modo che gli ritorni il sale in zucca", era stato un po’ come ricevere uno schiaffo dritto in faccia. Lei cercava da…da…da quando aveva imparato a parlare di far rinsavire i suoi genitori, e non ci era mai riuscita, invece sua sorella, sua sorella, che le sembrava stesse sempre di più per fare la sua fine, aveva avuto il coraggio di rovinarsi, pur di cercare di risolvere qualcosa. Ma la preoccupava di più la fine che avrebbe fatto, se avesse continuato su quella strada, ma le era passata subito, leggendo qualche nota più avanti in cui capiva che sua sorella non si sarebbe fatta corrompere dal mondo che stava per affrontare.

Così aveva deciso di aiutarla, facendo finta di non aver letto niente, e anzi, avrebbe recitato bene il ruolo della sorella esasperata. "Sei una codarda, ti rendi conto che stai lasciando in balia del mondo un’undicenne?" però questa volta la vocina si sbagliava, aveva sempre vegliato sulla sorella, anche se recitava talmente bene che risultava fin troppo credibile…va bè era meglio non pensarci. Girò ancora un po’ lo sguardo sulla classe e questa volta lo posò su un moretto seduto all’altra estremità della stanza, che per una strana congiunzione di astri si era girato verso di lei proprio in quell’momento. Non che non riuscisse a sostenere lo squadro di un ragazzo, ma il suo in particolare era particolarmente penetrante, e così, dopo nemmeno due secondi di duello, aveva finito con il cedere, abbassando il capo con rabbia. Quella specie di ipnotizzatore che aveva sfidato si chiamava Davide: alto, moro, fisico da atleta e un carattere da gentiluomo, se non fosse stato per il fatto che tutti lo consideravano una specie di inavvicinabile, avrebbe avuto una schiera di ragazze pronte a servirlo in tutto e per tutto, anche se ora come ora non gli mancavano affatto. Naturalmente vi starete chiedendo: "Ma sta tipa come fa a sapere tutte ste’ cose?" bè , dovete sapere che Davide era stato un suo vicino di casa per quasi tutta la sua infanzia, e che molto spesso, quando i suoi genitori andavano a lavoro, era rimasta a casa sua, a volte anche a dormire. Per questo semplice motivo, Zita sapeva cosi tante cose sul suo conto. Però non era solo per questo che si interessava a lui. Da quanto aveva cambiato casa, lo aveva visto rare volte alle scuole elementari, disinteressandosi quasi completamente di quello che faceva, ma, quando lo aveva rivisto alle scuole medie, e aveva scoperto che erano in classe insieme, bè…qualcosa dentro di lei, sembrava essere andato in tilt. Dall’ora i loro rapporti erano migliorati, tanto che quei duelli di sguardi erano piuttosto frequenti, e, di tanto in tanto, quando si incontravano per strada, o di fronte alla scuola, o all’uscita della scuola di danza(sua sorella era un piccolo prodigio del balletto) si fermavano e parlavano del più e del meno, a volte, si confidavano l’un l’altra i propri pensieri. Sembravano quasi migliori amici, ma a parte quelle occasioni di incontro, e di felicità per Zita, non avevano molti altri contatti. Aveva cercato di nascondere il più possibile quella sua particolare amicizia perché le dava fastidio che altri sapessero quello che faceva. Era un tipo di persona che fa tutto di nascosto. Anche se aveva dovuto dirlo per forza a Reiko, che aveva notato, come sempre, il suo stato d’animo. Chissà come avrebbe fatto senza di lei! Il suono di una campanella distrasse il filo dei suoi pensieri. La giornata a scuola era finita. Sistemò i quaderni e libri nella cartella e uscì, ma non fece in tempo a mettere il piede fuori dalla porta che un proiettile umano gli piombò addosso, facendola quasi cadere. Era un ragazzino di prima, un tappetto dai capelli biondi, che, accortosi di aver fatto un attentato alla sua vita, si era fermato a qualche passo di distanza, indeciso se chiederle scusa o se scappare a gambe levate.

-Non ti preoccupare, non mi sono fatta niente.- gli disse Zita con un sorriso affettuoso. Quello, invece di scusarsi diventò rosso come un pomodoro, e mormorò un timido "grazie" e corse via, mentre lei riprendeva a camminare per il corridoio, tra gli sguardi ammirati di tutti. Era strano. Nella sua classe nessuno la sopportava, ma quasi tutti la ammiravano. Succedeva in quasi tutto l’istituto, soprattutto tra i ragazzi di prima, che la chiamavano "l’angelo irraggiungibile". "Che nome stupido" aveva pensato la prima volta che lo aveva sentito "non sarebbe stato meglio "il candido angelo" o "la rosa intoccabile"?" inoltre era fastidioso, quando arrivava a scuola e passava vicino a gruppi di ragazzini sentirli mormorare sulla sua inarrivabilità o altro. Però cercava di essere cortese nei confronti di tutti, sperando che un giorno qualcuno oltre a Reiko e a Grazia si sarebbe interessato alla sua amicizia. Ancora una volta i suoi pensieri furono interrotti da un rumore fastidioso, anzi, da una voce fastidiosa.

-Ehi, Zitella! Ho saputo che la giapponesina se ne va, non ti sentirai sola e abbandonata senza la tua amichetta?

Si girò verso la voce, che ormai conosceva bene. Una ragazza alta, capelli biondi che avevano visto più di mille permanenti e dagli occhi di un azzurro sconvolgente, che non poteva sopportare nemmeno a vista. Si chiamava Agata, e cercava di eliminare completamente la sua popolarità, per motivi ai più sconosciuti.

-Ehi Zitella non rispondi?- le disse con un sorriso malefico. Zita, non rispose. Semplicemente si girò di nuovo e continuò a camminare, lasciando Agata con la bocca aperta a schiumare di rabbia. Mentre si allontanava, sapeva che gli sguardi stupiti e ammirati dei suoi compagni si stavano per l’ennesima volta posando su di lei.

Aveva raggiunto l’aula di Musica prima di uscire, come ogni giorno. Sapeva che Reiko si trovava lì, perché aveva avuto il permesso di usufruirne nell’ultima mezz’ora di lezione, grazie a una specie di concorso interno. Prima di entrare si era fermata a sentire la melodia che veniva dall’interno: Libertango. Reiko era una pianista, che secondo il modesto parere di Zita, superava di gran lunga il migliore degli insegnanti della scuola, anche se ogni volta che glielo diceva Reiko gli rispondeva-Dovresti sentire come suona mio cugino, allora si che rimarresti a bocca aperta!!!- ogni volta tirava in ballo quel cugino, chissà che aveva di speciale, sicuramente non poteva saper suonare meglio di Ikuto. Sorrise, al pensiero di un gatto che suonava il piano, e sentì che la musica all’interno dell’aula

era cessata. Bussò e aprì la porta

-Reiko, andiamo?

-Si vengo subito.

-Ti aspetto fuori.

Quando Reiko uscì aveva l’aria di chi stava appena uscendo da un funerale, cosi cercò di tirarle un po’ su di morale:

-Sai, oggi vado da Vale a ritirare l’ultimo volume, però mi dispiace che la serie sia finita, speravo di vedere Ikuto ancora per un po’…

A quel nome Reiko sussultò, non lo aveva mai fatto, aveva sempre condiviso la sua passione per Shugo Chara(anche se sembrava preferire Tadase a Ikuto, cosa alquanto strana).

-Dispiace anche a me, era divertente come serie!-dopo questa frase sfoderò un sorriso che tolse ogni preoccupazione a Zita. In fondo era normale che Reiko fosse triste, stava per lasciare la sua seconda casa per un anno. Ma il motivo non era solo questo.

Dopo aver accompagnato Reiko a casa, era arrivata davanti alla fumetteria. Di solito chiudeva a mezzogiorno, ma quando doveva passare lei restava aperta fino all’una e mezza.

-Eccomi Vale, sono 4,20 contati!

-Ecco a te! Allora questo è l’ultimo?

-Si purtroppo, ma forse collezionerò altri di manga in futuro, quindi ci rivedremo presto, ciao!

-Ciao Zita!

Finalmente aveva tra le mani l’ultimo volume di una serie che aveva segnato la sua vita. Si perché, finché non aveva conosciuto Amu, aveva pensato alla sua vita come un qualcosa di molto monotono, che non le piaceva affatto. Poi, girando su internet, aveva trovato Shugo Chara e da lì era iniziata quella passione. Fece una giravolta per la contentezza, che la sua maestra di danza avrebbe definito come un souteniou stentato. Ora finalmente avrebbe scoperto cosa sarebbe successo alla fine della storia! Sperava vivamente in un finale chiuso, perché i finali aperti le sembravano una pura invenzione commerciale, anche se, qualsiasi fosse stato il finale lo avrebbe accettato, in fondo si stava parlando di Shugo Chara!

/Nel frattempo, all’aeroporto…/

-Reiko ricordati di telefonare, quando arrivi.

-Si mamma.

-E cerca di non far preoccupare gli zii.

-Si papà.- Aveva dovuto anticipare la partenza a quel pomeriggio per un problema con l’aereo. Le dispiaceva di non aver potuto salutare Zita, ma tanto l’avrebbe vista di li a poco.

-E quando si aprirà la finestra dimensionale cerca di non far atterrare Zita in un posto troppo scomodo.

-Si mamma. Ho fatto un sacco di pratica! Ora posso partire?

-Si certo, abbi cura di te!!!

/Tornando a Zita…/

Era sul suo letto, nella sua camera, nella sua casa. Aveva sbarrato la porta e aveva urlato a sua sorella di non disturbarla. Tutto era perfetto. Tutto, a parte quello che stava leggendo. Esattamente il finale, le ultime pagine. Aveva detto che avrebbe accettato qualsiasi finale aperto o chiuso he fosse stato, ma quello proprio no. Allora, alle nozze di Nikaidou era tornato il padre di Ikuto, ma non si sapeva se poi si riunirà alla sua famiglia. Le coppie che erano state mostrate all’interno dell’albo non si sapeva che fine avrebbero fatto, e, in più, non facevano capire Amu chi avrebbe scelto. Vada per il finale aperto, ma quello era troppo! Le Peach- pit avevano fatto un capolavoro, ma quel finale era…bè quel che era. Però era meglio non lamentarsi, la storia di Amu l’aveva fatta sognare, e questo bastava e avanzava. Si alzò dal letto, e andò a sistemare il volume cogli altri su una mensola. Quando ebbe completato la collezione, fece qualche passo indietro e ammirò quelle opere d’arte. Come sarebbe stato bello poter incontrare Ikuto, Amu e i guardiani, e scoprire come la storia sarebbe andata avanti. Come avrebbe voluto veder nascere il suo shugo chara e fare un chara change o una chara trasformation, e potersi liberare da tutti quei preconcetti che si era cucita addosso. Si sarebbe stato un sogno bellissimo, ma purtroppo irrealizzabile. -I sogni sono tutti realizzabili, basta crederci.- le tornarono in mente le parole di Reiko, come un sussurro, che poi crebbe fino a diventare una voce che sicura la incoraggiava a provare, a buttarsi e a provare a realizzare quell’utopia. Le sembrava di vedere una specie di porta luminosa sotto la mensola. La ragione le imponeva di restare ferma e non pensarci, ma, uno strano istinto le urlava di buttarsi e di attraversare la parete. Alla fine cedette, con tutta la forza che in quel momento aveva in corpo vi si lanciò contro: fu come attraversare una corrente di aria calda, circondata da una luce accecante. Poi le sembrò di perdere i sensi per un tempo indefinito, fin quando non si risveglio in un parco. La vista le tornò pian piano, ma quando si abituò alla luce, si accorse di non trovarsi in un parco qualsiasi. Era un parco che le sembrava di aver già visto, ma non fece in tempo a chiedersi dove fosse, o come ci fosse arrivata, perché una voce la fece trasalire:

-Ehi, ti sei fatta male?

Quando si girò non poté credere ai suoi occhi, tanto che, per lo shock risvenne.

 

P.s.a.:

Allora in questo capitolo ho voluto presentarvi un po’ gli altri personaggi che appariranno nella storia e, naturalmente, proprio qui, in codesto capitolo, inizia anche la storia vera e propria. Spero che vi sia piaciuta!

By Pika.

 

 

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Capitolo 3
*** Il buongiorno si vede dal mattino, o quasi. ***


 

Si svegliò in una camera semibuia. Chissà per quanto aveva dormito. Aveva fatto un sogno stranissimo. Attraversava la parete e si svegliava in un parco, dove Ikuto, che era un suo sogno ricorrente, l’aiutava ad alzarsi. Era meglio non pensarci. Si tirò su e si mise a sedere sul letto. Quella mattina sarebbe dovuta andare all’aeroporto a salutare Reiko, e non voleva di certo fare tardi e poi…ma un momento. Quella in cui si trovava non era la sua stanza. Si stropicciò gli occhi, pensando di aver avuto un’allucinazione, e si guardò intorno: no, quella non era la sua stanza. Stava iniziando a preoccuparsi, quando vide sul comodino affianco a lei una busta da lettere. La aprì. Non era una minaccia di morte o di riscatto, come aveva pensato, ma una lettera piuttosto strana, che forse la avrebbe dovuta tranquillizzare. Diceva più o meno cosi:- Non ti preoccupare, questa sera avrai tutte le spiegazioni che vorrai. Nel frattempo puoi girare tranquillamente per casa.- sembrerà strano, ma Zita si tranquillizzò. Si alzò dal letto e girò per la stanza. Non sembrava granché, anche se però la stava vedendo al buio. Cercò a tastoni la porta, e quando la trovò la aprì delicatamente. Aveva paura di trovare valanghe di mostri ad aspettarla fuori, ma per fortuna cosi non fu. Uscì dalla camera e richiuse la porta senza fare il minimo rumore. Si trovava in un corridoio, non troppo lungo, con alcune porte e una scala. Lei si trovava giusto in mezzo, stava per andare verso la scala, quando sentì una musica provenire dalla stanza affianco alla sua. Era una musica che conosceva talmente bene, che non si ricordava il nome, quello che era sicuro era che la o il pianista, perché di un pianoforte si trattava, era un vero genio. Si avvicinò cautamente alla porta, e le venne in mente il nome della musica che stava sentendo: era "Per Elisa" di Beethoven. Quando arrivo difronte alla porta, ebbe quasi paura di aprire, non tanto perché temeva di incontrare il genio, ma perché non voleva interrompere quella melodia superba. Sembrava che chi la stesse suonando vi infondesse tutto l’amore e la dolcezza possibili: era una vera cura per l’anima. Però la curiosità era troppa, e, con la massima lentezza possibile, spinse la maniglia e aprì. Non voleva però rovinarsi l’emozione di scoprire la vera identità di quell’essere fuori dal normale che era al pianoforte. Aspettò che la musica fosse cessata e aprì del tutto la porta. Rimase del tutto scioccata. Aveva avuto diverse sorprese nella sua vita, ma quella non era possibile spiegarla, a parte che con una parola, che in quel momento era l’unica che riuscì ad urlare:

-I…I…Ikuto?!?!?!- svenne per la terza volta, visto che ormai era un’abitudine.

/Mentre Zita era svenuta…/

Aveva appena smesso di suonare, quando la senti gridare il suo nome, per poi svenire. Inizialmente si era spaventato, in fondo sentir gridare il proprio nome da una perfetta sconosciuta non è proprio normalissimo, ma quando si rese conto che quella era caduta come una pera matura si affrettò a controllare che non si fosse fatta male. Per fortuna sembrava fatta di metallo, anche quando era svenuta sul cemento del parco non si era fatta niente, cosi la prese in braccio e la portò sul letto dell’altra stanza.

Quando l’ebbe sistemata si fermò a guardarla: Come faceva una che non conosceva a sapere lui chi fosse? E perché si trovava in un parco mezza svenuta? E come mai sua cugina sembrava sapere fin troppe cose sul suo conto? Da solo, a queste domande non poteva rispondere. Doveva aspettare che sua cugina tornasse da scuola.

/Circa due ore dopo lo svenimento (esagerato) di Zita…/

-Zita? Zitaaaa!

Sentiva una voce confusa. Sicuramente era qualcuno che la stava chiamando, perché le sembrava di sentire vagamente il suo nome. Non ricordava dove fosse…no, aspetta un momento, era in un letto…si, era un letto, e quella voce che la chiamava…era Reiko! Doveva alzarsi, a tutti i costi, quel giorno Reiko partiva e non poteva farle far tardi. Biasciò un "sono sveglia" e si mise a sedere di scatto sul letto. Non si era sbagliata, quella voce era di Reiko, che infatti era seduta al capezzale del suo letto, come se lei stesse per morire. Scacciò dalla testa quei pensieri, perché doveva cambiarsi in meno di due nano secondi, per non far perdere l’aereo all’amica…che però la fermò:

-Zita non ti preoccupare. Ti devi riposare, dopo lo shock che hai avuto non è proprio la miglior cosa girare per casa.

-Shock?...Reiko ma che cavolo stai dicendo, tu oggi devi partire, non posso certo…eeehmm…Reiko, questa non è la mia stanza…come ci siamo finite qui?- Zita si era accorta leggermente in ritardo di non trovarsi più in camera sua, ma in un’altra, che le sembrava di aver già visto…aspetta, ma lei in quella stanza c’era già stata! Era quella stanza in cui si trovava nel sogno che aveva fatto, quello in cui vedeva Ikuto, e poi sveniva (una figuraccia colossale, meno male che l’aveva solo sognata), solo che ora era illuminata.

-Eccooooo…ti volevo parlare proprio di questo…vedi, quando ti parlavo di mio cugino…lui…- non ebbe il tempo di finire quella frase, perché qualcuno busso alla porta ed entrò, lasciando Zita con la bocca spalancata:

-Reiko, la tua amica si è svegliata?...Oh, scusa non ti avevo visto, piacere, io sono Ikuto, il cugino di Reiko.- cosi dicendo si avvicinò con la mano tesa. Naturalmente Zita rimase ferma immobile, senza proferir parola, ma senza nemmeno svenire (cosa alquanto strana), non solo perché quello che aveva difronte era Ikuto Tsukiyomi in persona, ma perché la figuraccia che aveva "sognato", era stata più che reale.

-Ikuto, ti aveva detto di aspettare prima di entrare!

-Ma Reiko io che ne potevo sapere…

-Dai su, esci!- cosi dicendo cacciò furi dalla stanza Ikuto. Nel frattempo Zita era rimasta ferma immobile come una mummia dopo essersi vista allo specchio .

-Be penso che non ci sia più bisogno di dirti chi sia mio cugino, quindi passiamo ad altro.

-…D-d-d-dove mi trovo?

-Se mi dai il tempo di spiegartelo forse!- a queste parole Zita si impose di stare zitta, perché sapeva che quando qualcuno interrompeva Reiko mentre parlava, non si sapeva che fine avrebbe fatto.

-Allora prima di tutto devi sapere che tutto l’universo di Shugo Chara esiste, che tutti i suoi personaggi sono reali. Però non nella nostra dimensione, in un’altra, che corre parallela alla nostra. È cosi per tutti gli anime, manga e affini. So che ti sembrerà strano ma è cosi.- Zita alzò la mano, e Reiko le concesse la parola.

-Ma gli autori come fanno a conoscere queste dimensioni? E io come ci sono arrivata qui? E cos’è sta storia del cugino?

-Allora, per la prima domanda: queste dimensioni le creano loro, con la loro fantasia, solo che una volta che la loro storia viene raccontata, la dimensione che hanno creato vanno avanti da sola oppure seguendo le idee che avevano gli autori, che però non hanno scritto. Per le altre due, ci stavo arrivando. Tu qui ci sei arrivata grazie ad una finestra dimensionale, che in pratica è l’unico modo per arrivare in una dimensione parallela. Ora: ti starai chiedendo come abbia fatto una finestra dimensionale ad aprirsi in camera tua, bè è piuttosto semplice da spiegare: bisogna avere con se qualcosa che rappresenti la dimensione in cui si vuole arrivare e un punto d’arrivo nella dimensione stessa. Tu avevi entrambi: qualcosa che rappresentava la dimensione-meta erano i tuoi manga e il punto d’arrivo ero io. Ti è tutto chiaro, ora?- Zita scosse la testa e prese la parola:

-In che senso tu saresti un punto d’arrivo?

-Nel senso che io provengo da questa dimensione, ma ho la capacità di viaggiare in tutte le altre, specialmente in quella principale, che è quella in cui vivi tu. Devi sapere che però non sono l’unica a poterlo fare. Ci sono parecchie famiglie in tutte le dimensioni che possono farlo, l’unico problema è che possono farlo solo in casi eccezionali, e senza far sapere nulla agli altri abitanti della dimensione, eccetto uno, che è incaricato inconsapevolmente dagli autori di mantenere l’ordine nella dimensione stessa.- Zita si rilassò sul letto. Guardò un orologio che era appeso alla parete: erano le cinque meno dieci. Fece qualche calcolo mentale, doveva essere lì da un giorno e tre ore circa, o pressappoco. Si girò verso Reiko:

-Reiko, ma perché mi hai portato qui?

-

Bè…questo lo scoprirai a tempo debito.

-Ma nella mia dimensione non mi daranno per dispersa?

-No, crederanno che tu sia partita per il Giappone con me, e mi stavo dimenticando di dirti che potrai comunicare tranquillamente con loro.- Zita stentava ancora a crederci. Stava pensando ad Alice, ai suoi genitori, a Grazia, a Davide ed anche ad Agata. Non avrebbe rivisto nessuno di loro per un anno, o forse più…per i suoi genitori, passi, ma sua sorella, Grazia e gli altri…ma almeno Reiko era con lei. Riflettè un attimo. Se Reiko era di quella dimensione, ed era anche capace di viaggiare nella sua e viceversa, voleva dire che…

-Reiko ma quindi tu hai uno shugo chara?- il viso di Reiko parve turbarsi leggermente.

-Bè…-mise una mano dentro una cartella e ne tirò fuori un uovo. Era blu, con delle note disegnate, era di sicuro quello di Reiko, perché il suo più grande sogno era diventare una grande pianista ed eguagliare suo cugino. Si rese conto solo in quel momento che parecchie volte le aveva detto che nessuno sarebbe riuscito a suonare meglio di Ikuto, ma, solo ora,capiva quando dolore gli aveva causato. Strinse le coperte, e si ripromise di non dirlo mai più, non avrebbe sopportato di ferire ulteriormente Reiko.

-è nato circa un’anno e mezzo fa- la voce di Reiko era diventata triste- In quel periodo ti ricordi che ero diventata distaccata, isolata ed asociale?- Zita annuì, quel periodo lo avevano soprannominato "La grande depressione", era stata dura tirarla fuori da quel catalessi, perché di solito era Reiko ad evitarle di sprofondare in una tristezza infinita, ma insieme ci erano riuscite.- Il motivo non te lo dissi, perché un po’ mi vergognavo, ma era perché avevo fallito l’ammissione al conservatorio. Mi vergognavo a dirtelo, perché tu mi hai sempre considerato una specie di divinità della musica, e non volevo deluderti. Ma proprio in quel periodo, è nato lui. All’inizio ero felice, ed infatti riuscì a tornare quella di un tempo, ma poi, col passare del tempo, iniziai a perdere le speranze. Insomma l’uovo non si schiudeva, e se non si schiudeva voleva dire che non ero ancora pronta, stavo quasi per farlo diventare X, ma, quando vedevo te, sola…bè ho capito che non potevo pensare solo a me stessa, dovevo considerare anche che tu ti stavi preoccupando per me, e, con tutti i problemi che avevi non potevo…Zita non ti sarai offesa, vero?- ora la voce di Reiko era risentita, forse si era resa conto di aver definito Zita una persona che aveva dei problemi. Ma non bastava cosi poco a rovinare la loro amicizia. Zita le sorrise. Capiva che Reiko aveva abbandonato il suo uovo del cuore, per prendersi cura di lei, non poteva arrabbiarsi, se la sua amica la considerava cosi importante.

-Reiko, ora che abbiamo chiarito tutto…che ne dici di farmi conoscere tuo cugino?- nello stesso momento in cui ebbe finito di pronunciare quella frase si sentì una voce dal piano di sotto che gridava "Sto uscendo!!!", e poi una porta che sbatteva. Zita rimase bloccata con un sorriso stampato in faccia che si trasformò in un pianto a dirotto una volta realizzato che l’opportunità di incontrare Ikuto, il suo idolo, era appena sfumata.

-Zita, calmati!!!

-Come faccio a calmarmi Reiko? Ikuto se ne è appena andato!

-Ma tornerà per cena, deve essere andato a trovare Amu…

-Cosa?-le lacrime scomparvero- Vuoi dire che stanno insieme?

-Bè veramente non lo so, ma...- Zita uscì dal letto, e si diresse verso la porta, poi si girò verso Reiko e le disse:

-Reiko prendi un giubbino e seguimi, devo scoprire se stanno insieme.

-Zita…

-Si?

-Sei in pigiama -.-‘

P.s.a.:

(Rullo di tamburi…)Ecco a voi il terzo capitolo!!!So che non è granché ma vi prego di perdonarmi, devo fare esperienza con le scene troppo movimentate. Spero che ora inizierete a capire un po’ meglio la storia, e che la apprezzerete ancora di più ^.^ Detto questo, vi ringrazio di seguirla con entusiasmo, grazie e ancora grazie

Pika

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Capitolo 4
*** Quando il destino si accanisce non c'è niente da fare, devi sederti e aspettare. ***


Scusate l'abnorme ritardo, ma le interrogazioni di fine quadrimestre si sono fatte sentire! Bè meglio che vi lascio alla storia ^_^


/Nella nostra dimensione…/

Si era finalmente deciso. Aveva preso il coraggio a due mani e si era incamminato verso casa di Zita. Quel giorno era sicuro di riuscire a confessarle tutto quello che provava per lei. Avevano vissuto insieme da piccoli, e già a quell’età gli sembrava provare qualcosa per lei, poi si era trasferito e non l’aveva rivista fino alle medie, dove aveva avuto conferma dei suoi sentimenti. Solo che era cosi diversa dall’allegra ragazzina di un tempo, spensierata e cocciuta. Ora sembrava una persona senza interessi che viveva solitaria. Gli sembrava impossibile, e lo era. Infatti l’aveva incontrata un pomeriggio alla scuola di danza, mentre accompagnava la sorella, all’inizio era un po’ imbarazzata, ma poi avevano iniziato a chiacchierare, tanto che l’aveva fatta arrivare in ritardo a lezione. In quel poco tempo che si parlarono, aveva capito che la vecchia Zita, quella che invece di giocare con le bambole preferiva arrampicarsi sugli alberi con lui, non era sparita, si era semplicemente nascosta, per paura o forse per semplice timidezza. Da quel giorno si era ripromesso di scoprire che cosa era successo a Zita, e, se avesse potuto, l’avrebbe aiutata. Ma, per quanto avrebbe voluto aiutarla, non ci riusciva poi molto. Zita era sfuggente, e, quando gli parlava a scuola, lei veniva sempre trascinata via da Grazia. Ma quel giorno si era deciso. E quindi eccolo li, a due passi dalla casa della sua amata. Si, due passi, che sembravano due kilometri. Le gambe non davano segno di volersi muovere, e lui rimaneva fermo impalato. Si stava scoraggiando, e stava quasi per tornarsene indietro, quando la porta della casa si aprì, e ne uscì, accompagnata dalla madre di Zita, Grazia. Davide rimase sorpreso. Perché dalla casa di Zita usciva Grazia sola? Nel frattempo Grazia aveva salutato la madre di Zita e se ne andava pensierosa per la sua strada, quando vide Davide fermo come un palo in mezzo alla strada.

-Uh…Davide, che ci fai qui? Stai cercando Zita?- Davide rispose con un debole cenno del capo. -Oh…allora mi dispiace- Disse con la voce di una bambina triste –Zita non c’è…è partita…con Reiko… per il Giappone.

A Davide parve crollare il mondo addosso. In pratica era sfumata del tutto l’occasione di dichiararsi a Zita. In pratica gli era successa, più o meno, la stessa cosa che era successa a Zita con Ikuto.

-Che??? Giappone? Ma…ma…non ha avvertito nessuno? Nemmeno te Grazia?

-No…sigh…non mi ha detto niente…sniff…p-p-p-erché?...uuuhaaaa!!!- Grazia iniziò a piangere come una fontana e lentamente scivolò a terra. In fondo la sua migliore amica se ne era andata senza dirle niente la sua reazione era più che normale.

-Grazia…calmati…tornerà…su…ma sua madre non ti ha dato un indirizzo?

-Sigh…si…eccolo…- Tirò fuori dalla tasca un post-it con un indirizzo e-mail, mentre lei continuava a piangere. Davide lo prese e gli diede un occhiata. Un indirizzo e-mail? Niente su una via, una casa, un numero civico o un numero di telefono? Gli sembrò un po’ strano, cosi avrebbero dovuto aspettare che qualcuno si facesse vivo su quell’indirizzo. Bè era poco, ma aveva comunque una speranza. Nel frattempo che lui pensava questo e cercava di calmare Grazia, arrivò, stranamente, anche Agata.

-Che chiasso! Ma, siete voi? Che state facendo?- La sola sua apparizione fece fermare il pianto di Grazia, che saltò in piedi e gli si parò davanti:

-Cosa ci fai tu qui?- Le parole gli uscirono quasi sibilate di bocca. Grazia non riusciva a sembrare cattiva, non era nel suo modo di fare, ma, almeno, ci provava.

-Niente, passeggiavo e…bè…ho sentito una bimbetta che piangeva, mi sono preoccupata ed eccomi qui.- L’ultima frase la pronunciò con un falso sorriso sulle labbra. Purtroppo a lei, sembrare cattiva, riusciva benissimo.

-Bè è meglio essere una bimbetta piuttosto che una vipera come te. E comunque se sei qui per Zita, non c’è. È partita per il Giappone, con Reiko.

-Cosa? Con la Giapponesina? Ma hai qualche numero, qualche indirizzo?- Il repentino cambio d’atteggiamento di Agata aveva sorpreso sia Davide che Grazia. Lei Zita non la poteva proprio vedere, ed ora chiedeva il suo indirizzo in Giappone. Cioè, era strano. Agata capita l’atmosfera che andavasi creando cercò di dissimularlo alla bell’e meglio:

- Bè volevo solo essere educata, ma se poi non volete darmelo non fa niente.

-Stasera ci riuniamo a casa mia: io, Grazia e Davide. Se vuoi alle sette ci colleghiamo .- Era stata Alice a parlare. Era uscita subito dopo Grazia, e, vedendo il trio, e sentendo quello che stava dicendo Agata, e capendo che era in difficoltà, era intervenuta.

-Bè ci penserò.- Agata si girò e si sbrigò ad andarsene. Ci era mancato poco che la situazione che si era creata le crollasse a dosso. Continuava a camminare, stringendo i pugni e a grande falcate. Nessuno l’avrebbe capita, se avesse detto perché in realtà il suo comportamento nei confronti di Zita era cosi strano. Non aveva voglia di spiegare il perché di tanti cambiamenti. Non era niente di equivoco, anzi, quasi banale, ma vallo a spiegare al "pubblico" della scuola. Si fermò in mezzo alla strada. No, nessuno avrebbe capito.

/Tornando a Zita…/

Si era cambiata in un tempo brevissimo. A quanto pareva anche i suoi vestiti si erano "trasferiti" lì. Aveva preso un jeans viola pallido, un maglioncino bianco e si era infilata un giubbino sempre di jeans. Si era vestita abbastanza bene. Ma intanto aveva trascinato Reiko con se. Quanto le dispiaceva! Ma non poteva non indagare. Era un suo preciso dovere di Amuto Fan scoprire cosa stava succedendo. Si, se riusciva a trovarla la casa di Amu.

-Reiko…ma tu lo sai dove dobbiamo andare?- Forse non avrebbe dovuto domandarglielo, anche se iniziava a scoraggiarsi, visto che stavano girando per quel quartiere, in tondo, da più di un quarto d’ora, e non riusciva più ad orientarsi (anche se nemmeno prima ci riusciva).

-COSA? VUOI DIRMI CHE NON SAI DOVE STAI ANDANDO E CHE MI HAI TRASCINATO PER MEZZA TOKIO SENZA UNA META PRECISA, SOLO PER RINCORRERE MIO CUGINO CHE AVRESTI RIVISTO QUESTA SERA?- Più Reiko urlava e più Zita si faceva piccola. Si l’aveva fatta grossa.

-S-s-s-s-scusami…- Reiko, da super incavolata che era, proruppe in una risata irrefrenabile.

-Certo che tu…hahaha…sei proprio fissata…hahahaha…ma non avevi detto…ahah…che ti piaceva Davide?- Ora invece era Zita ad essere arrabbiata. Ma, alla fine, si misero a ridere tutte e due come matte. Tanto che qualcuno, alle loro spalle, si fermò, incuriosito, a guardarle.

-Ehi voi! Lo sapete che è maleducazione ridere in mezzo alla strada? Per di più alla presenza della più famosa idol giapponese?- La risata schizofrenica di Zita e Reiko si fermò a stento, ma, quando si calmarono, le loro reazioni furono del tutto diverse:

-Utau!!!- Reiko che correva allegra verso la cugina.

-U-u-u-utau H-o-o-o-s-s-hina, barra, T-s-s-uki-yo-yo-yomi.- Zita che indicava con la mano tremante l’unica idol che conosceva e adorava.

-O scusami Utau, lei è Zita, una mia amica che resterà qui con me fino al mio ritorno in Italia. Ma tu non stavi lavorando? Come hai fatto a liberarti per venire?

-Ci hanno dato un paio di settimane di pausa e poi non potevo perdermi l’arrivo della mia cuginetta preferita. Ma…la tua amica…ha qualche problema?- Sussurrò Utau con tono preoccupato alla cugina, visto che Zita rimaneva bloccata come se avesse visto un fantasma.

-No, ha solo qualche difficolta ad ambientarsi…- Disse Reiko con un tono leggermente imbarazzato. Si avvicinò a Zita e le sussurrò- Ricordati che sono tutti reali, e che nessuno di loro sa che la tua dimensione esiste. Comportati normalmente!!!- Zita si riscosse e cercò di sembrare il più normale possibile, esibendo un sorriso a 32x4 denti. Sperava di non aver fatto brutta figura, o di essere sembrata strana, ma, purtroppo non poteva rimediare più di tanto.

-Bè, piacere sono Zita.- Disse allungando la mano.- scusa la mia reazione, è che sono una tua grande fan e…insomma ero un po’ "stupita", tutto qui!- Da dietro la testa di Utau spuntarono due esserini, che penso tutti voi conosciate:

-Hai visto che la tua fama, Utau, è arrivata anche oltreoceano?

-Eru è una cosa normale! Era prevedibile che Utau fosse già cosi famosa.- Disse il diavoletto con un aria di superbia.

-Eru e Iru!?- Urlò ancora Zita. Aveva un modo di reagire alle novità abbastanza esagerato, non trovate? Bè, intanto con il suo urlo fuori luogo aveva fatto girare qualche passante e, naturalmente, scioccato Utau, Eru e Iru, che si ripresero subito:

-Come fai a conoscere…- Iniziarono a dire Eru e Iru in coro, ma Utau le bloccò:-Ci penso io.- Disse con un tono secco. Essendo alta almeno quindici centimetri più di Zita, planò dolcemente con la testa fino alla sua altezza. -Riesci a vedere i miei shugo chara?- Lo chiese con curiosità, senza un particolare tono nella voce. Zita annuì. -E conosci i loro nomi?- Ora la sua voce era leggermente incrinata da un filo di rabbia. Zita annuì ancora. –Quindi sei una mia fan, portatrice di Shugo Chara e anche una stalker?-La voce dell’idol era sempre placida, ma pericolosa. Zita doveva imparare a controllarsi, perché andando di questo passo avrebbe finito col svelare tutto sulla sua dimensione. Però per lei era tutto nuovo. Aveva a che fare solo con Reiko, Grazia, Davide, Alice e, a volte Agata, e quindi non conosceva molto bene le tecniche d’approccio.

-No…non sono una stalker…è è è…stato un caso…

-Un caso che tu conosca il nome dei miei shugo chara di cui nessuno conosce l’esistenza?- La voce di Utau era sempre calma a parte il filo di rabbia, ma i suoi occhi erano quelli di un’assassina (per maggiori informazioni vedi il volume 8 di Shugo Chara! ^_^).

-Utau, non ti scaldare, glielo detto io! E poi ti pare il modo di trattare cosi una mia ospite?- L’intervento di Reiko fu provvidenziale. Se lei non la avesse fermata, Zita sarebbe stata fatta a pezzi dalla rabbia di Utau.

-Ma perché non me lo hai detto prima! Stavo per fare la Chara Trasformation senza motivo.- Poi si girò verso Zita e le sorrise senza più nemmeno l’ombra di una lieve arrabbiatura.- Scusami se sono stata scortese. Ci sono un sacco di fan che si spingono oltre il limite, e per questo scatto subito se sento qualcosa di strano.

-No, sono io che sono stata esagerata. È che è la prima volta che vedo uno shugo chara.

-Bè ma potevi dircelo! Ci saremmo presentate a dovere: Io sono Eru, la paladina dell’amore!

-Io invece sono Iru, uno spirito libero e inarrestabile!- Zita sorrise leggermente. Lei quelle due le conosceva da più di un anno, e non c’era bisogno di presentazioni, ma non poteva certo dirglielo.

-Io invece sono Zita: sono un’amica di Reiko e vivrò qui con voi per un anno e più.- Fece un leggero inchino e si rimise in piedi.

-Ma se riesci a vederle, vuol dire che anche tu ne possiedi uno?- Utau ora che si era calmata sembrava curiosa.

-No, il mio uovo non è ancora nato- Non ci aveva pensato ancora, ma, se riusciva a vedere shugo chara e uova del cuore voleva dire che il suo uovo stava per nascere.

-Non ti preoccupare, nascerà a breve.- Eru "dal vivo" era molto più simpatica, ma ancora non era riuscita a vederla con gli occhi aperti, chissà come faceva!

-Ok, ora che abbiamo chiarito ogni cosa, mi spiegate cosa state facendo in giro alle…sette meno un quarto di sera?- Disse Utau guardando l’orologio che aveva al polso.

-Stiamo cercando Ikuto. Ho parlato molto a Zita di come suonava bene il violino e il pianoforte, e aveva una voglia matta di sentirlo suonare.- Reiko sembrava essersi preparata prima il discorso, tanta era la sicurezza con cui parlava. Ma la fortuna non volse a loro favore, perché nel momento stesso in cui fini di pronunciare quella frase le vibrò il cellulare.

-Oh…è un messaggio di Ikuto…ehm…dice che è tornato a casa e ci sta aspettando…dice che verrai anche tu Utau.- Zita sentì vento gelido e silenzio intorno a lei. Una sfortuna così non l’aveva mai avuta. Prima se lo lasciava scappare sotto gli occhi, ed ora, dopo aver fatto girotondo per cosi tanto tempo per il quartiere, doveva tornare al punto di partenza. Intanto l’atmosfera cupa intorno a lei si espandeva ancora di più.

-N-n-non è possibile…- Mormorò Zita, che si era ridotta a una massa gelatinosa sul marciapiede.

-Dai Zita riprenditi…

-Ma cosa le succede?- Disse Utau mentre Reiko punzecchiava la gelatina con un rametto.

- Inizio a chiedermelo anch’io Utau.- Riuscirono per fortuna a rimetterla in sesto.

-Zita è tutto a posto?...Zita ci sei?- Ora, dopo lo stato gelatinoso, era entrata in uno strato di trans. -Zita?

L’ex gelatina, alzò il capo con gli occhi che ora fiammeggiavano. -Reiko torniamo a casa!- Così dicendo prese Reiko e Utau per mano e iniziò a correre come un cavallo al galoppo.

-Reiko ma che le succedeee?

-Non lo so nemmeno io Utauuuu…-

P.s.a.:

Allora? Che ve ne pare? A me il finale non piace molto, ma spero di aver reso l’idea del calo di morale improvviso di Zita. Ma a parte questo voglio ringraziare fs_rm, che mi ha dato la spinta a scrivere il quarto capitolo, spero che ti piaccia! Grazie a tutti di seguirmi!!!

Pika

 

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Capitolo 5
*** Curiosità e novità rendono un capitolo inutile degno di interesse. ***


-Allora, raccontami un po’ di te…

-Bè dimmi cosa vuoi sapere di preciso- Stavano camminando da circa una decina di minuti, dopo la sua folle corsa sfrenata per le vie di Tokio, che aveva incasinato ancor di più la situazione, poi presa in mano da Reiko e da una delle sue sfuriate.

-Mmmm…vediamo, anche tu suoni uno strumento?

-No, lei è una futura étoile della danza classica.- Aveva risposto Reiko, che camminava qualche passo avanti a loro.

-Davvero? Sei una ballerina? Aspetta…come si chiama quell’amica di Kukai che fa danza…Yuki…no aspetta…Yukari…

-Yaya!- Zita si sarebbe voluta tirare a schiaffi da sola. Era già la seconda volta che stava per far saltare la copertura.

-Come fai a…

-Colpa mia!- Reiko prontamente l’aveva tolta dagli impicci.

-Però non è vero che sono un étoile, sono una brava ballerina di fila, comunque. Ma dimmi, chi è questo "Kukai"?- Doveva recuperare la minima parte di copertura saltata, così finse di non conoscere Kukai, il secondo ragazzo più bello di quell’universo.

-Bè…diciamo…che è un mio "amico"…

-È il suo ragazzo.

-Tu zitta cugina della malora!

-Hihihi!!! Non lo ammetti ma state insieme, eppure sei più grande di lui di tre anni, di solito i bimbi non ti piacciono…

-Zitta!- Utau era saltata addosso a Reiko deformandogli la bocca. Quelle due che fino a un minuto prima sembravano pappa e ciccia, ora sembravano cane e gatto, ma in modo scherzoso. Però a pensarci bene, lei, di lì a poco, avrebbe dovuto partecipare alla rassegna…

-Oh no!!!- Reiko e Utau smisero di litigare e si girarono verso Zita, che fissava il vuoto con l’espressione sconvolta e le mani sulla bocca.

-Zita che è successo?

-La rassegna Reiko, la rassegna! Se sono qui, non potrò partecipare, e addio audizioni alla Scala!

-Ti preoccupi per una cosa simile?- Le sorrise Reiko- ho già preparato tutto, la rassegna ho fatto in modo che si posticipasse di un anno e tre mesi.

-E gli allenamenti? Dove mi allenerò?

-Nella scuola di Yaya, infatti sei già iscritta!

-E me lo volevi dire?-La faccia era sempre sconvolta, ma velata di umorismo. -Va bè lasciamo stare…tornando alla nostra strada…quanto manca a casa vostra?

-Direi più o meno tre isolati.- Sorrise Utau.

/Dopo una mezz’oretta…/

"Non ti preoccupare, stai calma, tranquilla…fai un bel respiro…" Zita era in preda al panico più totale. Una tale emozione la provava, di solito, soltanto prima di uno spettacolo. Ma ora era diverso. Lì non c’erano le sue compagne di corso, che nonostante tutto le stavano abbastanza simpatiche, che la tranquillizzavano e cercavano di sdrammatizzare un po’ la situazione. Lei ora era lontana da casa kilometri e kilometri, e, anche se quello non era uno spettacolo, le mancava quel calore momentaneo. La colse una strana malinconia. Una fitta di rimorso in fondo al cuore, che represse subito. Non voleva avere la faccia depressa al suo primo incontro decente con Ikuto. Reiko camminava spedita difronte a lei e ad Utau. Aveva bisogno di parlare una volta arrivata, si sentiva parecchio confusa.

Reiko svoltò in un vialetto illuminato e si diresse verso la porta. "Ci siamo!" Si disse mentalmente Zita. Reiko bussò lievemente alla porta, sapendo che il cugino le stava aspettando nel salottino attiguo all’ingresso.

"Tre, due, uno…" Con una precisione incredibile, la porta si aprì proprio mentre Zita scandiva mentalmente lo "zero", mostrando un ragazzo sui diciotto anni, alto, con i capelli d’un blu che sembrava velluto e un paio d’occhi magnetici.

-Ce ne avete messo di tempo, eh?- Esordì allegramente Ikuto, mentre posava lo sguardo sulle nuove arrivate.

-Vuoi farci entrare o no, cuginetto caro?- Lo apostrofò Reiko con fare impaziente.

-Calma cugina.- Disse con aria divertita Ikuto. –E poi non fare la maleducata, non mi presenti alla nuova arrivata?- Disse ammiccando a Zita, che si limitò ad abbassare leggermente il capo e mormorando un indistinto "Buonasera". Reiko sbuffò impaziente. Dovete sapere che aveva un appetito incredibile, quando ci si metteva.

-Zita ti presento Ikuto, il mio fastidiosissimo cugino, di cui ti ho parlato altre volte. Ikuto ti presento Zita, una mia amica italiana, che resterà con noi fino a tempo indeterminato.- Dettò questo si scansò per fare in modo che i due potessero stringersi la mano. Zita si aspettava un qualche tiro mancino da parte di Ikuto, così, tanto per divertirsi. E invece no. Con suo sommo dispiacere, Ikuto si comportò come un perfetto padrone di casa.

-Ok, ora che sei contento, ci fai entrare, si o no?

-Prego.

Zita cenò tranquillamente con quell’allegra famigliola. Nell’aria c’era una leggerezza che in casa sua non aveva mai sentito. Ebbe ancora quella fitta al cuore, che represse ostinatamente. Non voleva rovinarsi quella cena stupenda.

Dopo aver cenato, Zita se ne tornò in camera. Visto che Reiko voleva rimanere un po’ con i suoi cugini, e non voleva darle fastidio con le sue ciarle, anche se ne aveva bisogno, visto che moriva dal sonno, si era ritirata. Quando si fu sistemata, e stava per mettersi a letto, le venne lo sfizio di controllare il computer, che stava sistemato sulla scrivania della sua stanza. Accese e gironzolò un po’ su internet, poi, spinta da una certa curiosità, controllò la posta elettronica. Aveva avuto una giornata davvero incredibile. E pensare che doveva ancora conoscere i guardiani! Un trillo dal computer la fece risvegliare. Le era arrivata una e-mail.

/Nel frattempo al Royal Garden…/

Erano tutti riuniti: Nagi, Yaya, Kairi, Rima, e, naturalmente, Tadase. Mancava il Jolly, purtroppo costretta a letto da un febbrone da cavallo. Stavano discutendo se far entrare o no la nuova arrivata nei Guardiani. La situazione sembrava semplice: mancava l’Ace Chair e quindi Reiko avrebbe dovuto ricoprire quel ruolo, visto che Yaya e Kairi facevano parte dei guardiani delle elementari, insieme al guardiano in prova Hikaru, chissà perché erano indecisi. Sentivano che lei non avrebbe dovuto farne parte, del loro gruppo intendo. Per la prima volta si rendevano conto di non volerla ammetterla senza una motivazione precisa, per un semplice sfizio.

-Allora che si fa?- Tadase prese la parola per primo, essendo lui "il più importante del gruppo".

-Si fa che l’ammetiamo senza starci troppo a pensare. Non è giusto tentennare solo perché è arrivata a metà anno, durante le vacanze invernali o perché ci sta simpatica o meno. Ha uno shugo chara, o meglio un uovo del cuore, ed è una motivazione sufficiente.- Nagi era convinto di quello che diceva, perché era vero.- E poi una mano ci serve, visto lo strano aumento di Uova X in questo periodo, giusto Kairi?- Kairi aveva un cipiglio serio, degno di un dirigente, ed aveva delle carte con dei diagrammi posati sul tavolo, di fronte a lui.

-Si. Non so perché ma le Uova X sono aumentate, anche se lievemente. Potrebbe essere dovuto alla temporanea assenza del Jolly, visto che la Easter non è più attiva, ma se così non fosse, saremmo in guai seri.

-Ma se non ci sono problemi, e ci potrebbe anche essere d’aiuto, perché stiamo aspettando tanto per ammetterla?- Disse Rima sorseggiando del tè.

-Si esatto Tadase, perché ti opponi tanto?-Rincarò Yaya- Hai avuto qualche brutto presentimento?-Tadase si rabbuiò per qualche istante, per poi sorridere apertamente.

-No, ero solo un po’ titubante. -Detto questo decisero all’unanimità di ammettere Reiko Mifujio come Ace Chair dei Guardiani della Seiyo Accademy.

Quando la seduta fu sciolta, Tadase, nonostante fosse ormai sera inoltrata, si diresse al planetario. Quando vi entrò vide Tsukasa intento a bere il suo solito tè, mentre guardava il cielo stellato. Gli si sedette affianco e aspettò. Non voleva essere il primo ad intraprendere quel discorso. Infatti Tsukasa fu il primo a parlare:

-Allora, come è andata, sei riuscito ad evitare che l’ammettessero?- Il suo tono era sempre il solito, quello leggermente serafico, ma con una punta di tensione e serietà che non passava inosservata.

-No, alla fine l’abbiamo ammessa.- Nel suo tono c’era del risentimento, ma non tanto perché non era riuscito nella missione, ma perché era stato costretto a tacere la storia con i suoi amici.

-La sua stella è alquanto instabile. La giovane viaggiatrice, per quanto possa sentirsi sicura, è nei guai. La costellazione del cuore nero si avvicina al lucchetto e alla chiave, ma il suo gemello, il cuore bianco, sta entrando nelle loro traiettorie.- Tadase si girò di scatto. Conosceva la capacità di viaggiare nelle dimensioni, in quanto futuro custode era suo compito sapere il più possibile su tutta la storia, ma non pensava che si intromettesse anche qualcun altro.

-Cuore bianco? Chi è?- Tsukasa gli sorrise enigmatico.

-Non ti preoccupare, lo scoprirai tra poco.

P.s.a.:

Chiedo perdono!!!(si inchina fino a terra)!!! So che non ci sono scuse per il mio ritardo, me ne rendo conto, ma spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo. E' misero, me ne rendo conto, ma un pò di suspense alla storia la aggiunge. Detto questo vi saluto.

Baci, abbracci e chi più ne ha più ne metta,

Pika

 

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Capitolo 6
*** Il profumo di mistero stona con l’aria di casa. ***


/Nel salotto di casa Tsukiyomi, durante un’allegra riunione di famiglia…/

-Ok…si è fatto piuttosto tardi, io vado a dormire. Buonanotte!- Fece Utau stiracchiandosi.

-Dormi bene e sogni d’oro!- Le urlò dietro il fratello.

-Ci proverò!- Gridò di rimando la giovane idol. Dopo questo ultimo scambio di battute il silenzio scese nella camera. Erano rimasti tutta la notte a parlare dei soliti “bei vecchi tempi”, quelli in cui non si avevano pensieri e ci si divertiva solo. Ma purtroppo la bella serata che stavano trascorrendo si era interrotta alle dieci di sera, con la partenza di Utau per il mondo dei sogni. Erano rimasti solo Reiko e Ikuto, visto che i coniugi Tsukiyomi erano partiti per una seconda luna di miele, visto che non si vedevano da anni. Entrambi fissavano il pavimento, Reiko a gambe incrociate sulla poltrona, e Ikuto seduto sul divano a braccia conserte. Passarono giusto tre secondi, poi Ikuto sbuffò rumorosamente, facendo prendere un colpo a Reiko.

-Ora mi spieghi perché hai raccolto una completa sconosciuta in un parco e l’hai portata a casa spacciandola per una tua amica.- Ordinò con fare interrogatorio.


-Ma te l’ho già detto cosa è successo!- Sbuffò Reiko- Avevo perso di vista Zita all’aeroporto, lei deve essersi voluta orientare da sola e, visto che non ci è riuscita, si è ritrovata in quel parco, tutto qui.

-Tu non me la conti giusta…e poi è impossibile! Sei stata un giorno intero senza dire niente, una persona normale avrebbe avvisato subito le autorità, non ti pare?

-Ikuto noi non siamo persone normali…- Tentennò Reiko. Doveva trovare un modo per scamparsela, solo che il suo cervello si rifiutava di collaborare. –Senti…se vuoi sapere qualcosa veditela con Tsukasa.- E detto ciò scappò in camera. Certo, reindirizzarlo a Tsukasa non era la migliore delle cose, ma almeno si era tolta dagli impicci. O quasi. Si, perché quando entrò in camera, gli si parò davanti Zita, con l’aria sconvolta.  

-Reiko i miei genitori hanno intenzione di venirmi a trovare a Tokio entro un mese!- Anche Reiko ci rimase di sasso. Era più che sicura che i genitori di Zita si sarebbero disinteressati completamente della figlia, presi com’erano dal lavoro e eccetera, questa del viaggio era una mossa che non si aspettava.

-…Non ti preoccupare…ci penso io…- C’erano troppe novità all’orizzonte, avrebbe dovuto chiedere al custode una spiegazione.

/A casa di Zita, più precisamente in camera di Alice…/

-Novità?- Chiese con voce speranzosa Grazia sbirciando lo schermo del computer.

-No, elettrocardiogramma piatto…-Fu la tetra risposta di Alice.

-E ora che si fa?- Chiese sconsolato Davide.

-Ce ne torniamo a casa a dormire e rimandiamo tutto a un altro giorno.- Disse Agata con uno sbadiglio. Alla fine si erano riuniti tutti e quattro, c’era perfino Agata, che chissà perché era venuta. Alle sette si erano collegati, come da programma e, con la sfortuna più nera che si potesse avere, il computer era morto sul colpo, senza emettere nemmeno un bip. Avevano provato ad accenderlo, a ripararlo, ma non c’era niente da fare.

-Vabbè, ha ragione Agata, e poi sono già le otto e mezza, dovreste tornare a casa.- Mormorò Alice.

-Odio dirlo, ma la Svedese ha ragione.- Concordò Grazia. Alice li accompagnò al piano di sotto e li salutò, dandogli appuntamento per il giorno dopo alla stessa ora. Quando chiuse la porta, vi si appoggiò con la fronte. La partenza della sorella l’aveva lasciata un po’ con l’amaro in bocca. Capiva la sua voglia di fuggire, di andarsene, vista la loro situazione familiare, ma lasciarla sola…questo non lo doveva fare. L’avrebbe pagata. Si, forse ingannare i suoi amici per mettere in atto il suo piano era un po’ subdolo, ma non poteva certo arrivare fino in Giappone per sgridarla! Si sarebbe accontenta di uno scherzetto semplice, semplice…

/Reiko, dopo la notizia shock di Zita, nell’altra dimensione…/

Si strinse nel cappotto. Quella sera faceva piuttosto freddo, anche se più che altro tirava vento. Aveva tranquillizzato Zita, sceso di volata le scale, travolgendo il cugino, ed era uscita urlandogli che andava a sbrigare una faccenda importante. Sospirò emettendo una nuvoletta bianca dalla bocca. Quella passeggiata era davvero piacevole. Dopo tanto tempo tornava nel suo amato Giappone, e quella era la prima occasione che aveva di rilassarsi all’ombra dei sakura ancora assopiti illuminati da una luna piena stupenda. Non che l’Italia non le piacesse, anzi, vi aveva trovato un’ottima amica e un mondo straordinario, ma la missione l’aveva provata parecchio, e ormai erano poche le occasioni che aveva per rilassarsi un po’. Non ebbe tempo di pensare al relax che una fitta al cuore le mozzo il fiato, costringendola ad accasciarsi a terra. Non era la prima volta che aveva un attacco così. Le era capitato già nell’altra dimensione, ma non gli aveva dato peso, visto che il custode l’aveva avvertita che ci sarebbero state ripercussioni sul suo organismo. Si tirò su e prese un lungo respiro. Di solito il dolere era molto forte, ma passava presto. Si avviò di nuovo, e con più calma stavolta, per gustarsi appieno quei pochi attimi di tranquillità.

/Pochi minuti dopo, al Royal Garden…/

-Benvenuta Reiko!- Urlò allegro Tsukasa, felice di rivedere la sua allieva.

-Ehilà.- Rispose in tono sarcastico. Per quanto potesse capire l’entusiasmo del suo maestro, Reiko, non riusciva proprio a farselo simpatico. Troppo allegro, troppo smielato.

-Su siediti! È da tanto che non fai rapporto, deve essere successo qualcosa di interessante…una tazza di tè ti va? Dai su, non essere timida^_^!- Troppo allegro, troppo smielato. Punto. Si sedette in modo composto sulla poltrona. Meglio sbrigarsi e tornarsene a casa, altrimenti correva il rischio di trovarsi quel caro ragazzo di suo cugino che la pedinava.

-No, grazie. Il tè a quest’ora non mi va proprio.- Fece atona Reiko.

-Allora dimmi, cos’è che ti affligge?- Disse Tsukasa riprendendo la sua aria da monaco zen.

-I genitori di Zita. Stanno per venirla a trovare.- Telegrafica.

-Sei sicura, cara?- Disse Tsukasa con una punta di malizia nella voce.- Io credo che questo sia un tiro mancino di una certa Alice…- Reiko ci rimase un po’ male, si sarebbe dovuta accorgere prima che quella era una reazione impossibile da parte di quegli scellerati. Doveva aspettarselo da quella piccola pestifera. Si accomodò meglio sulla poltrona e guardò il cielo stellato.

-Dovevo arrivarci da sola…- Disse piccata.

-Hai ragione. Stai attenta, il ruolo di Zita è molto importante, non può avere distrazioni. In fondo, lei, è…l’embrione.

-Si…- Sussurrò Reiko con amarezza-…l’embrione.

-Allora è per questo che sei tornata, eh?- Mormorò qualcuno nell’ombra.

P.s.a.:
Fucilarmi sarebbe poco, visto il riploverissimo ritardo, ma, purtroppo, ho avuto una coincidenza tale di eventi che nemmeno Beautiful. Ma comunque, cosa ne dite di questo cap? Piccolo si, ma un po’ miscterioso =.=. Chi sarà mai l’uomo nell’ombra? Bè lo scoprirete, ma si accettano scommesse! Per ora è tutto, baci, bacini, bacetti,
Pika

 

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