amante di lupo

di elrohir
(/viewuser.php?uid=6871)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amante di lupo ***
Capitolo 2: *** solitudine allo specchio ***
Capitolo 3: *** fratello giurato ***
Capitolo 4: *** capogiri e visioni ***
Capitolo 5: *** stelle malate e sogni incarnati ***
Capitolo 6: *** dimmi di sì mio dolce dolore ***
Capitolo 7: *** la luce di arda ***
Capitolo 8: *** tesoro di neve ***
Capitolo 9: *** serata serena ***
Capitolo 10: *** campo di battaglia ***
Capitolo 11: *** dolente canzone ***
Capitolo 12: *** Occhi Grigi ***
Capitolo 13: *** bianca coperta di neve ***



Capitolo 1
*** Amante di lupo ***


Sbadigliò, lieve, aprendo gli occhi sul giorno

Sbadigliò, lieve, aprendo gli occhi sul giorno. E allora sorrise, riconoscendo il ben familiare calore. Cominciò a scivolare fuori dal letto, inconsapevolmente sensuale, il sonno ancora sulle palpebre. Ma mani forti cinsero la vita snella, attirandolo di nuovo tra le coperte ammassate.

Rise, cercando di divincolarsi dalla stretta. Una bocca affamata schiuse le sue labbra, e lui smise di lottare, abbandonandosi al bacio.

Ogni mattina la stessa cosa. Non sapevo resistere alla tentazione… era troppo bello appena sveglio.

Quando ci separammo per respirare, aveva di nuovo chiuso gli occhi. –Las, lass dithen, devi andare, qualcuno potrebbe arrivare e…

-E lascia che arrivi, mio piccolo principe. Lascia che arrivi chiunque, lascia che tutti sappiano con chi hai passato la notte. Così, forse la smetteranno di guardarti in quel modo, nei corridoi.- sussurrai sulle sue labbra. Lui ridacchiò, malizioso. –E come mi guarderebbero, sentiamo.

-Come si guarda un dolce al cioccolato. Il desiderio è celato a stento nei loro gesti, quando ti sfiorano, quando ti parlano… non lo sopporto!

-Non credere che siano diversi gli sguardi che seguono te…

Mi lasciai cadere sul letto, con un sospiro. –Ma una differenza c’è, Elan.

-E quale sarebbe?

Per tutta risposta lo rovesciai sulla schiena. Quando lo sentii gemere sotto i miei baci, sussurrai roco. –Mia gelida stella, luce splendente, quando permetterai a qualcuno di accenderti? Quando questa bellezza andrà a fuoco, chi sarà capace di infiammarti d’amore? Solo un Valar sarebbe capace, solo un Valar sarebbe degno di te…

Soffocai la replica con un bacio –Amin mela lle, Elladan Peredhel. Ti amo così tanto…

Lui chiuse gli occhi. Avrebbe voluto poter rispondere alla mia preghiera, lo sapevo, ma la sua bocca era ancora serrata. –Non dirlo, melethron. Non dirlo. Sarebbe una menzogna.- lo avvertii.

-Las, perché non vuoi credermi? Non ti fidi di me?

-Sai che non è così, El.

Un bussare discreto alla porta, e dovemmo interrompersi. –Entra.- rispose il mio amante, il respiro affannoso, ed Erestor fece capolino.

-Legolas. Dovevo aspettarmelo. Chi altro potrei trovare qui, nel letto del mio pupillo?- mormorò, guardando accigliato i nostri corpi avvinghiati. Elladan sorrise, sollevandosi su un gomito. –C’è una ragione per questa interruzione? O forse vuoi unirti a noi…

Erestor sollevò una mano. –Non scherzare su queste cose, pen neth. Non è il caso. Sono venuto ad avvertirti che tuo padre vuole vederti. Prima di mezzogiorno, possibilmente.- aggiunse acido.

Elladan alzò gli occhi al cielo mentre io cominciavo ad alzarmi. –Sarà meglio che vada allora…

-No, Legolas. Elrond ha espresso il desiderio di vedere anche te.

-Me?- chiesi sgranando gli occhi. Cosa poteva volere Lord Elrond da me? Lanciai uno sguardo perplesso al mio amante, che scrollò le spalle.

-Siamo nei guari, Res?- chiese poi all’elfo più anziano. Che scosse la testa. –Non più del solito, pen neth. Ma credo che fareste meglio a sbrigarvi comunque. Quindi, fossi in voi uscirei dal letto e mi vestirei in fretta, prima che la tentazione di riprendere quel che stavate facendo sia troppo forte.

Il consigliere ci voltò le spalle e chiuse la porta, ma avrei giurato che sulle sue labbra severe aleggiasse un ombra di sorriso.

 

Mi sentivo piuttosto incerto, mentre seguivo il mio amante nei corridoi. Non mi piaceva che qualcuno arrivasse di primo mattino e mi strappasse dalle lenzuola calde, e dalle braccia di Elladan. Ma ancora meno mi piaceva che lo facessero per portarmi dal padre del mio amante.

Sapevo bene che non tutti vedevano di buon occhio la mia relazione con El. La causa principale erano i vecchi dissidi delle nostre famiglie. Io ero lì per rinforzare una relazione decisamente incerta, e nessuno si era lamentato vedendo crescere la nostra complicità. Ma da qui a trovare il principe di Mirkwood tra le gambe di quello di Imladris…

Eppure, nessuno poteva negare il profondo affetto che ci legava. Da quando ci eravamo incontrati io avevo cominciato a perdere la fastidiosa tendenza a contraddire tutto e tutti, e gli occhi di Elladan avevano smesso la profonda tristezza che da troppo tempo li abitava.

In ogni caso, non volevo immaginare cosa avrebbe detto mio padre se l’avesse saputo. Di sicuro avrebbe accusato Elladan di aver sedotto il suo bambino. Quando in realtà, sarebbe stato vero piuttosto il contrario. Sorrisi affettuoso, mentre lo sguardo mi cadeva sue sedere del giovane che mi camminava davanti, e ricordavo la fatica che avevo fatto per infilarmi in quel letto agognato. La fatica, e le notti spese in solitudine, e le lacrime, le disperazioni… prima di vincere finalmente la sfida e vedere le labbra di Elladan schiudersi in un sorriso di resa, dolce e timido nella sua audacia.

Decisamente, ne era valsa la pena.

Ma cosa poteva volere adesso Elrond da me? Da… noi?

Trattenni il fiato, mentre El apriva la porta, con fare deciso.

Lo studio di Elrond non era mai sembrato più affollato. Elfi, elfi di tutti i regni, e uomini, Istari, nani addirittura, con le asce pesanti strette nel pugno.

Vidi un giovane elfo biondo stringere la spalla di Elladan, come in un saluto, e il mio amico rispondere un po’ inquieto. Poi Elrond si schiarì la gola, e tutti rimasero zitti.

-Elladan, Legolas… ragazzi miei… mi scuso per avervi svegliato così presto.

Una guardia di Lorien ridacchiò, e Erestor la fulminò con lo sguardo. Il giovane tornò silenzioso, ma ci rivolse un’occhiata maliziosa. Mi sentì arrossire. Elladan, che evidentemente conosceva l’elfo, si limitò a scuotere la testa.

-Non l’avrei fatto se non ci fosse stato un motivo serio. Abbiamo bisogno del vostro aiuto per una missione della massima importanza.

Vidi  Elladan alzare occhi sognanti sul padre. Avventura… ecco cosa sembravano gridare. Lo conoscevo troppo bene per non sapere cosa gli passasse per la testa in quel preciso momento. In fondo, lo amavo anche per questo.

Elrond fece un cenno a Gandalf. L’Istari avanzò di un passo, i capelli grigi spettinati e lunghi sulla schiena. –Dimmi, pen neth, cosa sai degli ambaryanwë (1)?

Elladan aggrottò le sopracciglia. – Ambaryanwë? Bè… poco a dire il vero. Ho sempre creduto che fossero una specie di fiaba…

Gandalf si voltò per parlare con Elrond, sembrando indeciso su come proseguire.

Mi mossi a disagio al fianco di El. –Cosa sono gli ambaryanwë?

Lui mi guardò. –Ponti tra i mondi. Varchi dimensionali. Dei passaggi che possono portarti in altri universi. In altre realtà.

-E… sono usati spesso?

Lui mi guardò negli occhi. –A quanto ne so, non si conosce nessuno che sia ritornato. Potrebbero aprirsi su inferni di gelo, o di fuoco, a quanto ne sappiamo.

-Non è del tutto esatto, pen neth. In realtà, alcuni sono in grado di sapere con certezza cosa si trova dall’altra parte del sentiero. E non è vero che nessuno è mai ritornato. Semplicemente, non è conoscenza comune.

Gli occhi di Elladan erano se possibile ancora più accesi. –Qualcuno li ha attraversati? Ed è tornato per raccontarlo? Chi?

Elrond scosse il capo. –Queste domande troveranno risposta a loro tempo, ion nin. Adesso taci, e ascolta cosa ha da dirti Gandalf.

L’Istari riprese la sua lezione. –Sono realtà pericolose, su questo hai senza dubbio ragione. Eppure spesso ciò che è pericoloso è anche affascinante e perfetto. Credo che tu capisca cosa voglio dire, narmomelindo. (2)

Inspiegabilmente, Elladan arrossì. Io lo guardai incuriosito. Perché Gandalf l’aveva chiamato così? Narmomelindo… amante del lupo… cosa significava?

Ma Elladan non diede spiegazioni, si limitò ad annuire, senza distogliere gli occhi dal mago.

-Gli ambaryanwë sono rari, e si cerca di tenere la loro posizione quanto più nascosta possibile. Sono difficili da attraversare, difficili da comprendere, lo sai, Elladan. E non vorrei mandare in questa missione elementi non qualificati. Eppure…

Guardò Elrond, come a chiedere il permesso di continuare. Gli occhi del sovrano di Imladris erano tristi, pieni di ombre, eppure annuì.

Gandalf si rivolse di nuovo al principe. –Elladan, uno degli ambaryanwë più potenti si apre a Lorien, nel cuore del Bosco d’Oro, sotto la protezione di Irmo e di tua nonna, lady Galadriel. Conduce a un mondo abitato solo da mortali, un mondo diverso dal nostro eppure simile per molti aspetti. In quel mondo, parecchi inverni or sono, nascondemmo qualcosa di prezioso, per metterlo al riparo dalle ombre lunghe di Mordor. Adesso è giunto il momento che questo qualcosa torni a noi, torni al luogo cui appartiene. E tu dovrai riprenderlo.

Per un attimo cadde il silenzio. Strabuzzai gli occhi e mi voltai verso il mio amante. Ma Elladan fissava solo Gandalf, assorto nei suoi pensieri. Lento, annuì. –Sono pronto. Ditemi solo cosa devo cercare.

L’Istari scosse la testa. –No, mio piccolo guerriero. Questo non è possibile.

Solo allora Elladan mostrò la sua incertezza, e il timore. –Cosa vuol dire? Come farò a trovarlo, se non so cosa cercare?

Le labbra di Gandalf si aprirono in un sorriso dolce. –Non preoccuparti di questo, pen neth. Quando lo vedrai, non avrai dubbi. Lo riconoscerai.

Senza lasciare a nessuno tempo di contestare, si alzò in piedi. –Partirai domani all’alba, insieme a Legolas. Haldir e Orophin vi scorteranno fino a Lorien, dove vi aspetta Lady Galadriel.- posò una mano sulla spalla di Elladan. –A presto, narmomelindo. Non spegnere mai i tuoi sogni. Non abbandonare mai la tua luminosa follia.

 

(1)   Ambaryanwë- me la sono inventata io, sta parola, usando i due termini quenya ambar (mondo) e yanwë (ponte)… così dovrebbe essere uscito qualcosa che nelle mie intenzioni significa “ponte tra i mondi” o simili… questo comunque è il significato che assumerà nel corso della storia. Se qualcuno ha suggerimenti per migliorarla, sono ben accetti!

(2)   Narmomelindo- di nuovo quenya, da narmo (lupo) e melindo (amante). Non so bene da dove mi sia uscito… ma ci stava bene. E ho qualche mezza idea per una spiegazione, tranquilli… 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** solitudine allo specchio ***


Dio che palle quel film

Dio che palle quel film. Abbandonò la testa contro lo schienale, fingendo indifferenza. Nel frattempo lanciò un’occhiata a Stefano. Stava con gli occhi incollati allo schermo, affascinato. Elia gemette. Lo sguardo disperato volò su Marco, che era riuscito finalmente a far scivolare un braccio dietro la schiena di Francesca e non sembrava per niente disposto a cambiare posizione. Infine, cercò Gabri.

Gli occhi azzurri dell’amico risposero pieni di orrore, mentre un altro bombardamento iniziava.

Elia trattenne una risata: il mondo non era ancora completamente impazzito, se il suo Gabri faceva quella faccia.

Fuori il cielo era turchese chiaro: un pomeriggio troppo bello per sprecarlo gettati su un divano, la testa infilata in una guerra lontana.

Un cenno del capo, e Gabri fu in piedi.

-Dove andate?- mormorò Elisa, una ciocca di capelli tra le labbra, senza distogliere lo sguardo dalla televisione. Elia si chinò su di lei, le accarezzò i capelli. –Solo a prendere un po’ d’aria… fa troppo caldo qui!

Ste e Marco neanche si accorsero che erano usciti.

E finalmente… liberi!

Gabri lasciò scappare una risatina –Avevo paura che sarei morto di noia… non credevo che al mondo ci fosse qualcosa di più letale delle lezioni della Tarti!

Elia scosse la testa. –Ho dormito per metà film… mi fai un riassunto?

Gabri gli diede uno spintone. –Coglione…

Elia rise –Dai che scherzo… bè, ora che si fa?

Gli occhi di Gabri incrociano i suoi –Direi… pallone e campetto?

 

-EL! Ehi, El! Di qua!

Elia si fermò in mezzo al campo, guardandosi intorno. Alessio gli faceva cenni, ma era troppo vicino a Toni… non sarebbe riuscito a intercettare il pallone in tempo. Restava una sola cosa da fare.

Si voltò di nuovo, rapido. Il canestro era sgombro… e lui stanco di aspettare. Con la coda dell’occhio vide Gabri appoggiato alla ringhiera, la testa tra le mani, un sorriso di sfida e attesa. Dietro di lui, Marco e Ste stavano stravaccati sulle gradinate, fumando e chiacchierando con le ragazze.

Elia scrollò mentalmente le spalle, concentrandosi nuovamente sul gioco.

Respira profondo, mira dritto… non è impossibile. Niente è impossibile. Basta volerlo…

Tirò. Sentì Ale imprecare, convinto che l’amico avesse sprecato l’occasione di fare il punto finale. Ma Elia sapeva che il pallone sarebbe rimasto incastrato nella rete. Non aveva dubbi.

Si passò una mano tra i capelli, mentre la sua squadra scoppiava a ridere e gridare. Sentì una mano sulla spalla, Sei stato grande, Fantastico, Sempre in gamba, El. Sorrise a tutti i compagni, poi guardò Alessio. Era fermo, ansante, i capelli sudati. Lo guardava incredulo.

Scosse la testa, avvicinandosi. –Non mi ci abituerò mai.

Elia rise, e lo spinse negli spogliatoi.

 

Valentina accavallò le gambe. Fra lanciò un’occhiata all’orologio.

La partita era finita da dieci minuti. E loro ancora non si vedevano.

Quando il film era finito, non avevano avuto dubbi su quale direzione prendere. Non c’era neanche da chiedersi dove sarebbe andato Elia. E infatti avevano trovato Gabri seduto sulle gradinate del campo da basket, Elia in campo a sudare e giocare con altri amici.

Avevano seguito la partita. Era sempre uno spettacolo vedere Elia muoversi con il pallone in mano, e quella velocità liquida che lo trasformava in un essere strano. Quasi magico.

-Allora, che ve n’è parso?

Si voltarono di scatto. Alessio e Elia erano comparsi.

Ale si lasciò cadere sul gradino accanto a Fra, continuando –Che dici, Ste, piaciuta la partita?

-Grandiosa, ma non per merito tuo Ale.

Elia sorrise storto e si sporse verso l’amico, sfilandogli la sigaretta dalle labbra. –Fammi fare un tiro.

Chiuse gli occhi, ispirando. Si appoggiò con la schiena alla ringhiera, rovesciando la testa all’indietro.

Indossava un paio di pantaloni verdone, di quelli larghissimi con il cavallo basso, tenuti sui fianchi da una cintura borchiata, e una maglietta nera dei Sex Pistols. I capelli erano umidi dopo la doccia, e scendevano sulle spalle arricciandosi alle punte.

Sembrava quasi troppo perfetto per essere vero.

Troppo esotico, per essere loro. La pelle chiarissima, il contrasto con i capelli neri, e le ciglia scure, le sopracciglia sottili. Gli zigomi alti, segnati, e gli occhi dal taglio leggermente mandorlato, orientale.

Gabri gli diede un leggero spintone. –Allora, che fai, stasera vieni?

Lui scosse il capo. Si chinò, afferrò il borsone e spettinò i capelli dell’amico. –Non lo so, dipende da come mi gira…

Stefano si risvegliò dal torpore. –Cosa? Ci tiri pacco così? Brutto stronzo, l’avevi promesso!

-Magari vengo, Ste..

-Non magari… tu vieni, bastardo… a costo di tirarti giù dalle scale per i capelli.

Gabri sorrise, ma gli occhi erano preoccupati. Elia finse di non accorgersene e si voltò, masticando un saluto tra i denti.

Sentì ancora Stefano urlargli dietro –Alle 9, allora!-, poi voltò l’angolo.

 

Gettò la borsa in un angolo della stanza, scazzato. Alzò il volume dello stereo a palla, e subito gli Iron Maiden cominciarono a urlare nella stanza.

Gli davano alla testa. Avrebbe dovuto spegnere, o almeno abbassare, perché per quanto amasse quella musica in quel momento sembrava incidergli il cranio. Non lo fece.

Altrimenti, tutti avrebbero sentito i suoi singhiozzi. E questo non doveva succedere. Non di nuovo.

Cosa c’era di sbagliato in lui?

Aveva tutto quel che poteva desiderare: uno sciame di amici che avrebbero dato il braccio destro per farlo sorridere, ragazze tutte quelle che voleva, buoni voti a scuola, una famiglia apprensiva ma non troppo, musica sport e poesia, una vita splendida davanti, le vacanze appena cominciate, l’estate intorno che si schiudeva come un bocciolo tiepido…

E allora, perché quella solitudine?

Solitudine, lui! Era quasi ironico. Doveva difenderli con le unghie e con i denti, i suoi spazi privati, e anche se sapeva che allontanarsi dal caos degli amici significava la disperazione, non poteva evitarlo.

Aveva bisogno di comprendere quel vuoto.

Rabbrividì nonostante il caldo. Non era quella la sola cosa di cui avesse bisogno.

Riluttante, si portò davanti allo specchio. Fissò contrariato la sua immagine riflessa.

Non era normale. Decisamente, non era normale.

Forse avrebbe dovuto farsi portare da uno psicologo. Da uno psichiatra. Chiedere l’internamento in qualche clinica privata.

Scusi dottore, credo di avere qualche problema. Mi dica, la sto ascoltando. Vede, è un po’ di tempo che quando mi guardo allo specchio provo questa strana sensazione allo stomaco, come se uno esercito di farfalle ci stesse volando dentro, e poi la notte faccio questi sogni strani, e se ritorno allo specchio mi metto a parlare, e mi dica dottore, sono io che mi sbaglio o davvero ho la bocca più bella che si sia mai vista? Sa, a volte faccio fatica a trattenere l’impulso di baciarla… E poi, ecco, ci sarebbe anche quell’episodio un po’ bizzarro, la volta che mi sono ferito perché ho cercato di abbracciare il mio riflesso… strano, i tagli non facevano male quanto la solitudine che ho provato quando mi sono trovato da solo… che dice dottore, sono pazzo?

Sorrise amaro, Elia, e scosse la testa. Naaa. Non poteva dirlo a nessuno. Neanche a Ga.

I suoi genitori, quando aveva rotto lo specchio, aveva pensato fosse svenuto. E per un po’ aveva provato a crederci a che Elia. Ma era bastato ritrovarsi davanti a quel maledetto riflesso, perché tutto ricominciasse da capo.

Dio, che male al cuore…

Basta. Era ora di smetterla.

Afferrò il lettore cd, infilò gli auricolari e uscì di casa.

La porta si chiuse alle sue spalle, con un tonfo secco.

Lui alzò gli occhi verso il cielo. Era il tramonto, un tramonto rosso e viola. Che gli metteva una strana nostalgia nel petto, una voglia di mare ampio, calmo, sconfinato, ricordo sognato di radure verdi e valli nascoste, e un grande castello ai piedi di una collina.

E l’acqua fredda di un fiume che lenta si chiudeva su di lui.

Scosse la testa e riprese a camminare. Era giugno, la scuola era finita, e lui voleva vivere.

In fondo, domani i suoi genitori sarebbero partiti per le vacanze, e lui avrebbe avuto la casa tutta per sé.

C’era di che esser felici, pensò deciso.

O almeno, di che accontentarsi.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** fratello giurato ***


Rumil

Rumil

 

Il tramonto era rosso. Violaceo tra le nuvole. Se fissavo lo sguardo tra gli alberi, potevo quasi sentire il loro arrivo.

Lady Galadriel mi aveva mandato ad accoglierli ai confini del bosco.

I miei fratelli, e il mio narmomelindo.

Elladan. Lo conoscevo da sempre, e da sempre lo amavo.

Come un amico. Come un fratello. Come uno spirito affine, un compagno dell’anima. Come…

Come la vita. Il sole, la pioggia, il verde della mia foresta. Le stelle.

Le stelle che tanto gli somigliavano.

Era un amore platonico, il più delle volte. Non sempre, certo. Non ho mai conosciuto nessuno capace di resistere alla sua bellezza. E io… io c’ero cresciuto insieme. Era naturale che fosse lui a svegliare quelle strane e nuove sensazioni.

Facemmo l’amore sotto gli alberi di Lorien, in una notte di luna. Facemmo l’amore per la prima volta insieme, imparando lentamente la canzone arcana di pelle e labbra.

E poi un'altra volta. E un’altra ancora. Per intere stagioni.

Ma non ci fu mai nient’altro che questo. Il nostro era un amore guerriero, l’amore fatto nel fuoco delle battaglie, per scaldarsi e confortarsi a vicenda quando la sera è più scura.

Amore di pattuglia, amore di guardiani. L’amore dei galadhrim, quell’amore che ho sempre cercato, in cui sempre mi sono spento e bruciato. Il mio amore.

Non aveva niente a che fare con le promesse dolci dei futuri sposi. I nostri giuramenti erano sanciti dal sangue, e dai polsi incisi. Fratelli giurati, e amanti occasionali.

Ma sempre, sempre legati.

Conoscevo Elladan per quello che era. Quello che era realmente. L’avevo ascoltato piangere davanti a un incendio, l’avevo ascoltato narrare con voce tremante la storia struggente di suo padre e suo zio, i gemelli peredhel che scelsero le opposte strade, morte e vita eterna. L’avevo ascoltato sussurrare tra i singhiozzi “Ru perché mi sento così solo?”, ascoltato i mille suoi tremiti, sotto l’amore sotto il dolore sotto il piacere sotto la paura. Ascoltato dormire e sognare, e cantare e ridere.

L’avevo visto con il Lupo.

Così identici, così pericolosi. Belli.

Il Lupo era uscito dal folto del bosco, simile a un’ombra ritagliata su quello sfondo buio da un coltello di ghiaccio. Eravamo soli, io ed El, gli altri galadhrim poco distanti. Il Lupo aveva pelo nero, nero turchino, lo stesso colore dei capelli del mio amico.

E occhi di mithril purissimo, argento fuso e incastonato nell’ebano.

El era caduto in ginocchio, e io avevo guardato l’animale avvicinarlo con passi eleganti, felpati. Troppo terrorizzato anche per corrergli al fianco.

Avevo guardato il naso del Lupo sfiorare quello di El, e lui chiudere gli occhi, come stregato.

Il Lupo aveva voltato lo sguardo su di me, irridente e beffardo. Avevo avuto paura.

Ma Elladan si era chinato su di lui. –No, fratello. è un amico. Non mi farà male….- e i suoi occhi avevano perso quel grigio luminoso a metà strada tra la nebbia e il fumo, quel grigio dei crepuscoli piovosi, erano diventati argentei come quelli del Lupo.

Quando gli altri galadhrim e Gandalf ci avevano trovati, lui era ancora inginocchiato solo in mezzo alla radura, e io incapace di muoversi. Il Lupo se n’era andato, dopo aver sfregato un’ultima volta il muso contro il viso di El, come in un saluto.

Gandalf mi aveva chiesto cosa fosse accaduto. E quando avevo finito di raccontare, si era voltato verso El, l’aveva preso tra le braccia.

Era stato in quel momento che l’aveva chiamato Narmomelindo. Amante del Lupo.

Narmomelindo. Così lo chiamavo anche io da allora. Narmomelindo. Il mio narmomelindo.

Lo strinsi tra le braccia, salutandolo.

E lui arrossì, felice. Lo baciai sulla guancia, casto e fraterno.

-Ru, voglio presentarti Legolas Thranduilion, il mio…

-Amante.- terminò l’altro, facendogli scivolare un braccio intorno alla vita.

Lo guardai storto. Non ero geloso. Non lo ero mai stato.

Ma non mi piaceva quel suo atteggiamento possessivo. Non mi piaceva lui.

O forse mi piaceva troppo? Bello era bello, non c’erano dubbi. Alto e snello, simile a una spiga di grano. Con lunghi capelli biondi acconciati alla moda di Mirkwood, un paio di treccine ai lati del viso. E quegli insopportabili occhi azzurri, irridenti, beffardi, che sembravano leggerti dentro.

Mi irritava.

Elladan sorrise, poi intrecciò la sua mano alla mia. –Sono contento di rivederti, Ru.

E con questo pose fine a ogni mio dubbio.

Legolas poteva essere il suo amante, poteva anche amarlo, ma io restavo il suo migliore amico, il fratello che non aveva mai avuto.

Lady Galadriel ci aspettava nel giardino del palazzo. Come sempre trattenni il fiato, quando la vidi.

È una Maga, la mia signora, una potente incantatrice che conosce i segreti di ogni pianta e di ogni erba, che sa come piegare al suo volere le acque e che protegge Lorien dall’Ombra con mano ferma. è capace di leggere il futuro nello specchio, o nei cieli tersi dell’estate.

Ma è la sua delicata bellezza la prima cosa che ti colpisce. Capelli oro chiaro, lunghissimi e morbidamente ondulati, occhi celesti e lineamenti dolci, assorti. Eterea come solo le donne degli Eldar sanno essere. (1)

È strano, perché Elladan somiglia terribilmente a suo padre, o forse ancora di più alla sua antenata Luthien Tinuviel, (2) la bellissima figlia di Melian, eppure… eppure da qualche parte, nascosta nei suoi lineamenti, c’è la prova della sua parentela con la signora del Bosco. Con sua nonna.

Quel giorno Galadriel ci aspettava in piedi. Abbracciò il nipote, lo baciò sulla fronte. –Elladan, mia piccola stella, sei sicuro di volerlo fare?

Lui la guardò negli occhi. –C’è qualche altra possibilità?

Lei scosse la testa. –No. No, piccolo mio… vieni dunque. Sono molte le cose che tu devi conoscere, prima di imbarcarti per questo viaggio, e le notti a disposizione troppo poche.

Lady Galadriel parlò ininterrottamente a suo nipote, durante quei mesi nel Bosco d’oro, riversando nella sua mente tutto quel che sapeva poteva tornargli utile.

E poi, infine, Gandalf tornò.

 

L’ambaryanwë si apriva in mezzo a una radura violetta, i riflessi strani dell’acqua e dei fiori come una collana di pietre preziose tutto intorno.

Io portavo i capelli sciolti sulle spalle, e le spalle coperte da una tunica candida.

Eravamo vestiti tutti così, noi pellegrini, e presto ci saremmo spogliati anche di quello, per restare nudi, offerti alla luna.

Sentii la mano dell’Istari sulla spalla e mi voltai a guardarlo. –Bada a lui, dolce guerriero. Bada a lui, e stagli vicino. La strada è irta di ostacoli, e di dolore. Soffrirà molto, senza capire perché.

Annuii, era quello il motivo per cui avevo chiesto di poter accompagnare Elladan. Voltai lo sguardo su di lui. Stava in piedi nell’acqua, il corpo snello evidente sotto la tunica. Era così bello. Così fragile.

Si spogliò. Legolas fece altrettanto.

Portai la mano al laccio che teneva fermo il mio vestito, e lo lasciai cadere. Poi raggiunsi i miei compagni nel lago.

Galadriel stava davanti a suo nipote, ne teneva il viso tra le mani e parlava guardandolo negli occhi. Non capivo le sue parole, ma l’amore e la paura erano evidenti nel tono dolce.

Infine, lo baciò sulla fronte. –Buon viaggio, mio narmomelindo.

E poi Gandalf alzò il bastone, e tra le dita di Galadriel comparve un ciondolo violaceo, a forma di lacrima. Lo posò nel palmo della mano, e parlò con voce chiara.

Accadde tutto molto in fretta.

Lui comparve al suo fianco, bellissimo e sfolgorante. Sorrise, e chinò il capo.

-Drava vasara.- (3) mormorò gentile, e poi fu come se la luce ci inghiottisse, e la notte fosse lasciata indietro.

 

1-     Galadriel me la immagino molto simile a quella del film… forse ancora più bella, perché gli elfi sono comunque elfi, e lei è descritta nel Simarillion come “la più bella di tutta la casata di Finwe”, insomma, di certo non simile a un umana. Però tra tutti gli attori scelti per interpretare gli elfi, è l’unica che mi soddisfi abbastanza (sarò l’unica, ma sono stata molto delusa quando ho visto Bloom come Legolas… per non dire ORRIPILATA ritrovandomi a guardare quegli strani cosi che avrebbero dovuto essere i MERAVIGLIOSI Elrond, Haldir e Celeborn… sì, forse Rumil si può salvare, è davvero grazioso l’arciere che lo impersona).

2-     Ecco, come dicevo. Elladan, e quindi anche Elrond (scusate se è un chiodo fisso ma io non me lo vedevo proprio con quella faccia) discendono dai più belli di tutti gli Eldar. Voglio dire. A parte Galadriel che è la nonna di El, e quindi non ha nulla a che fare con Elrond, dalla parte paterna troviamo: Idril (che ha fatto innamorare suo cugino ed è stata la causa involontaria della caduta di Gondolin, insomma, la versione elfica di Elena di Sparta quasi)  Melian (cioè una maiar, una specie di divinità minore) Luthien (leggetevi la sua descrizione nel Simarillion, è inconcepibile, e anche lei ne ha spezzati di cuori, risvegliando gli istinti più bassi di fin troppi elfi… e innamorandosi di un mortale! Tanto per gradire, piaceva anche a Sauron!). Tutto questo per ribadire che secondo me Elladan può a buon diritto essere incoronato come il più bello dei mezzi elfi (finchè non compare il suo gemellino certo… o credevate mi fossi scordata del mio personaggio preferito?), con queste antenate alle spalle.

3-     Irmo. Adoro Irmo, il valar di Lorien. E credo avrà un ruolo piuttosto importante nella storia, se tutto va come deve andare. Comunque, il suo comando in elfico dovrebbe voler dire Lacera il velo, o qualcosa del genere. Non sono brava con le formule magiche… sorry!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capogiri e visioni ***


Capogiri e visioni

Capogiri e visioni

 

-Piantala di guardarmi in quel modo.

Gabriele sbattè le palpebre, perplesso. –Scusa?

-Hai capito benissimo. Finiscila. Sto bene.

Gabriele lasciò scorrere lo sguardo sul viso dell’amico. Quei capelli scuri, spettinati, quelle labbra sensuali e quegli occhi assurdamente grigi… e la pelle. Candida come neve. Avorio puro.

-A me non sembra.

Elia si alzò in piedi di scatto, infastidito. –Cazzo Gabri te l’ho detto. Era solo un capogiro. Un fottutissimo giramento di testa. Succede quando non mangi niente tutto il giorno.

-Che? Ti sei messo a dieta, fenomeno?- si informò Stefano, sedendosi accanto a loro e incrociando le mani dietro la nuca. Elia lo incenerì con lo sguardo, poi riprese a rivolgersi a Gabriele. –Davvero Ga…

-El, mi sei praticamente svenuto davanti. In mezzo alla strada. Sai che potevi restarci secco?

Elia sbuffò. E non ti ho detto tutto, mio caro Gabri, pensò sarcastico. Se sapessi cosa ho visto, mentre stavo sdraiato sull’asfalto…

Rabbrividì. Il buio, il buio squarciato da una luce talmente forte e chiara da essere accecante.

E in mezzo a quella luce, un viso. Bellissimo, luminoso, sorridente. Un viso androgino, perfetto e delicato. Altero. Remoto.

Un viso amato.

Aveva guardato meravigliato quel viso, e in quel momento aveva sentito una scossa elettrica, e davanti ai suoi occhi si era aperta una radura dalla strana luce violetta, e un lago bagnato dalla luna, strane figure indistinte e quel bellissimo viso… quel bellissimo viso aveva parlato parole in una lingua sconosciuta, per poi rivolgersi a lui. –El…

-…ia! Elia! EL! Svegliati, svegliati, El…

Aveva aperto gli occhi sulla terra, un preoccupatissimo Gabriele a pochi centimetri da lui, e tutti gli altri intorno.

-Un capogiro, solo un capogiro- li aveva rassicurati. Ma era poi vero?

Non riusciva a togliersi dalla testa la sua visione.

Sto proprio diventando pazzo, pensò tra sé e sé.

Fu allora che Francesca se ne uscì con la sua proposta.

Elia storse il naso. Non gli piaceva quel pub. Non gli piaceva quella zona. Troppe luci, troppa musica di merda. Lo irritava.

Di solito, quando i suoi amici decidevano di andarci, lui tornava a casa.

Aprì la bocca per parlare. E stupì anche sé stesso.

-Ok, andiamo.

Gabriele lo guardò strabuzzando gli occhi, qualunque dubbio sulla sua salute mentale ormai dissolto. “Commozione celebrale” sembravano dire i suoi sguardi rassegnati.

Francesca sorrise, prendendolo sottobraccio. –Forza, allora. Let’s go!

Seduto su un muretto, sotto la luce azzurrina dell’insegna del locale, Elia si chiese per l’ennesima volta cosa ci stesse a fare, in quel luogo.

Perché aveva detto di sì? Proprio quella sera….

Non aveva voglia di compagnia, e poi casa sua era vuota…

Avrebbe potuto starsene coricato sul divano, qualche disco a tutto volume nello stereo, qualcosa di freddo in mano e in gola, gli occhi chiusi…

Sì certo, e poi potevi sempre farti la tua chiacchieratina con lo specchio, è da un pò che non senti cos’ha da dirti, vero?

Dio che fatica…

Chiuse gli occhi, trattenne un gemito e poi voltò la testa.

Fu allora, in quel preciso momento, che li vide.

 

Ps- scusate se è cortissimo questa volta, ma davvero questo è un capitolo di transizione…giusto per presentare la situazione da tutti i punti di vista. Mi scuso soprattutto con Poppy… ma non preoccuparti, anche io adoro Elia. La sua parte nella storia non sarà per niente indifferente! E ne approfitto per ringraziarvi dei commenti: vi adoro!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** stelle malate e sogni incarnati ***


Legolas

 

Legolas

 

Era tutto così strano. Irmo era giunto, bellissimo e perfetto, e aveva salutato El, come se lo conoscesse, come se lo amasse. Aveva detto il suo incantesimo, e poi sorriso. Ho sempre pensato che fosse questa la morte, il sorriso di un dio.

E infatti la morte era giunta, morte di buio e di luce, e per un attimo avevo avuto paura.

Di cosa? Non lo so. Ma era tutto così strano, tutto così insensato, quel mondo vuoto di colori, vuoto di rumori e impressioni. Soltanto noi tre. Noi tre soltanto.

Il corpo nudo di Elladan era per me come i boschi che circondavano Mirkwood. Bellissimi, selvaggi, potevi percorrerli quante volte volevi e sempre ti saresti perso. E io li avevo percorsi, innumerevoli volte. Così come avevo percorso innumerevoli volte il corpo statuario di Elladan, quando la notte giaceva nel letto offerto ai miei sguardi, l’avevo percorso con le mani, con le labbra, con la lingua, cercando di accenderlo, cercando di abitarlo. Di renderlo vivo. Di renderlo diverso da quel dio di ghiaccio che fremeva sotto i miei baci, senza però lasciarsi raggiungere.

Conoscevo il corpo nudo di Elladan, eppure non potevo evitare di fissarlo, sconvolto come sempre dalla sua perfetta bellezza. Non potevo evitare di desiderarlo.

Rumil invece… Rumil era come i boschi di Lothlorien. Più morbido, più tenero, più sconosciuto. La pelle lattea e i riccioli biondoramati sciolti sulla schiena, alto e fiero, al fianco di El, lo sguardo vigile rivolto al nulla intorno a noi.

La mano sul suo braccio, come a trattenerlo dal muoversi.

Odiai Rumil in quel momento. Come si permetteva di toccare il mio amante?

-Lascialo- sibilai. Non mi piaceva la familiarità con cui stavano vicini. Lui mi rivolse uno sguardo incredulo –Scusa?

-Hai capito benissimo. Lascia il mio amante.

La stretta di Rumil sul suo braccio si fece ancora più forte, mentre mi guardava con gli occhi ridotti a due fessure. –Ascoltami, principino viziato. Ascoltami bene. Il tuo amante prima di essere il tuo amante è il mio amico. Il mio migliore amico. Sono venuto in questa missione per proteggerlo, e dato che non so cosa potrebbe spuntare da questa strana nebbia gli sto vicino. Non ho intenzione di distrarmi dal mio compito per dar retta a un bambino capriccioso. Mi sono spiegato?

Feci per ribattere ma El mi interruppe. –Smettetela. Ru, rilassati. È tutto sotto controllo. Lass…

E poi ci fu quella specie di schianto, e ci ritrovammo in piedi. In mezzo a una strana strada scura, il cielo nero abitato da stelle pallide e stanche, l’aria pesante intorno a noi, e uno spicchio di luna morta a infestare la notte. Il terreno sotto i nostri piedi era grigio, il sentiero pareva lastricato in un materiale sconosciuto. Non era pietra, né marmo né legno.

E intorno a noi rumori strani, confusi, e luci colorate e lampeggianti, che facevano male alla testa. Parole scritte in una lingua misteriosa, che stranamente riuscivo a leggere. Non che le parole mi dicessero qualcosa.

Solo allora mi accorsi di noi. Non eravamo più nudi. Rumil indossava un paio di pantaloni blu chiaro, di un tessuto misterioso e spesso, e una maglietta scura con qualche disegno sul petto. El pantaloni verdi, larghi e strani, un’altra maglietta, i capelli sciolti sulle spalle. Quanto a me… una veloce occhiata mi disse che ero vestito di nero. Scrollai le spalle.

I miei compagni stavano particolarmente bene con addosso quella roba. I capelli di Ru risaltavano, ed El… El era spettacolare. Mi avvicinai per dirglielo, e magari strappare un bacio da quelle sue labbra troppo invitanti, ma notai la sua strana espressione.

Così mi voltai. Per scoprire cosa stava guardando con tanta attenzione.

Fu allora che la mia attenzione si posò su quel gruppo di ragazzi. Umani, senz’altro. Graziosi alcuni, per la maggior parte d’aspetto comune, chiassosi e vivaci… umani normalissimi.

A parte…

Lo vidi, e mi trattenni a stento dall’urlare per la sorpresa. Sentii le ginocchia cedere, e pensai che sarei caduto. Ma mani forti mi cinsero la vita, tenendomi in piedi. Mi abbandonai contro il petto di Rumil, e chiusi gli occhi.

Decisamente, i Valar erano impazziti.

 

 

Elladan.

 

Gandalf me l’aveva detto. Me l’aveva detto, che quando avessi trovato quel che cercavo, non avrei avuto dubbi. L’avrei saputo per certo.

Me l’aveva detto. E io, come sempre, non gli avevo creduto.

Ero andato in quella missione con la mia solita voglia suicida di bruciarmi, ferirmi, per non sentire quel dolore profondo che sempre mi cullava, per non pensare a quella frattura nel cuore che mi impediva di vivere. Ci ero andato per curiosità, rabbia, disperazione.

Ma non avrei mai pensato di raggiungere il mio scopo.

Neanche quando Irmo stesso mi aveva salutato, augurandomi buon viaggio, gli avevo creduto. Si sbagliava, il mio dio, si sbagliava. Non sarei tornato vittorioso, non questa volta.

E come avrei potuto? Mi avevano sbattuto in un mondo nuovo, sconosciuto, con due compagni ingenui quanto me, riempiendomi la testa di raccomandazioni inutili perché incomprensibili, con quale scopo? Trovare qualcosa, (e cosa? un gioiello, un libro, un animale, una persona?), fare qualcosa con questa cosa, ( e cosa? indossarla, leggerla, spezzarla, distruggerla, ucciderla, conoscerla?) tornare da loro e dirgli cosa avevo fatto con questa cosa e aspettare altri ordini.

C’era di che finirci pazzi.

Eppure, mentre lo guardavo, potevo quasi vedere il sorrisetto di Gandalf. Te l’avevo detto, narmomelindo, che avresti saputo cosa fare.

Eppure… io non sapevo cosa fare. Non sapevo fare altro che restare fermo, immobile, le labbra socchiuse e gli occhi spalancati, sgranati, fissi sul suo viso.

Fissi sul mio viso.

Fissi sul viso del mio esatto specchio.

 

 

Elia.

 

E chi erano quelli? Due ragazzi bellissimi, mai visti prima, abbracciati poco lontano.

Il biondo aveva posato la testa sulla spalla del rosso, e si era abbandonato nelle sue braccia, gli occhi chiusi, un’espressione beata sul viso. L’altro lo abbracciava da dietro, e intanto… intanto fissava me!

Mi sentii rabbrividire sotto il suo sguardo. Aveva occhi verdi, dolcissimi, e un sorriso che strappava il cuore. Mi sentii inspiegabilmente attratto verso di lui. Come… se lo conoscessi. Come… se lo amassi. Come se mi fosse caro.

Distolsi lo sguardo, e lo voltai sul loro compagno. E lì rimase, inchiodato.

Capelli neri, occhi grigi, labbra disegnate e naso elegante. Maglietta e pantaloni militari, come me. Come me.

Sentii le lacrime agli occhi, e improvvisamente non provai più niente. Non paura, non vuoto, non meraviglia.

Mi accorsi che era vicino, abbastanza vicino da parlargli. Così lo feci.

E sapete quale fu la prima cosa che dissi? Quali furono le mie prime parole per quel sogno divenuto carne, quell’incubo dissolto nella bellezza, quello specchio finalmente tridimensionale?

Esattamente queste. –Perché ci hai messo tanto?

 

Rumil.

Legolas stava beatamente svenendo nelle mie braccia, e io non mi lamentavo. Insomma, il principino non mi piaceva troppo, vero, ma non era esattamente un peso. Così, che dormisse pure. E si perdesse la scena.

Quanto a me, niente al mondo avrebbe potuto impedirmi di assistere al primo incontro tra il mio migliore amico e il suo gemello.

Stranamente, non ero sorpreso. Così tante cose assumevano senso, in quel modo. Così tanti frammenti di rompicapo finalmente trovavano posto in quell’affascinante arazzo che era Elladan. Solitudine, vuoto, dolore inaspettato. Paura e indecisione. Non c’era da stupirsi che El si fosse sempre sentito incompleto. Metà della sua anima bighellonava allegramente in un’altra dimensione!

Osservai quel ragazzo terrestre, e mi chiesi cosa avrebbe fatto. Si stava perdendo negli occhi di El, certo, ed El nei suoi, ma prima o poi uno dei due avrebbe dovuto parlare. E cosa si sarebbero detti?

Me li immaginai crollare uno nelle braccia dell’altro, piangendo e ridendo, fratello adorato finalmente ti posso stringere, ti amo, non mi lasciare più.

-Perché ci hai messo tanto?

Fu come una doccia fredda. Il terrestre era decisamente il fratello di Elladan!

Il mio amico scosse lento la testa. Credo che lui solo, tra tutti i presenti, avesse capito il significato di quella strana frase, perché rispose guardandolo negli occhi. –Non lo so.

Gli altri umani intanto erano ammutoliti. Guardarono me e Legolas abbracciati, poi Elladan.

-El… chi sono questi?

El? EL? Quell’umano si chiamava El, Stella? Com’era possibile?

Decisi di risolvere quel problema dopo, e dedicarmi a cose più urgenti.

El-terrestre sembrava sperso. Decisi di andargli in soccorso. –La storia della nostra famiglia è piuttosto complessa da spiegare in poche parole. Dico bene, El?

Entrambi i gemelli mi guardarono, poi quello terrestre annuì. –Sì… scusate ragazzi, credo sia meglio che io vado…

Vidi un ragazzino biondo prendergli il braccio. –El… sicuro che sia tutto ok?

Lui annuì, ma sembrava stregato. Si riscosse e sorrise. –Tranquillo Ga, è tutto sotto controllo. Ci vediamo domani, ti chiamo… notte raga!

Ci raggiunse in pochi passi, ci guardò in faccia. Poi afferrò il mio El per il gomito, deciso, e ci spinse via. Mentre cominciavamo a camminare mormorò, a nessuno in particolare. –Spero che abbiate una buona spiegazione per tutto questo…

Io alzai gli occhi al cielo. Vedere le stelle così malate mi faceva male al cuore.

Amico mio, pensai, temo che la nostra non sia proprio quella che definiresti una buona spiegazione.

 

NOTA DELL’AUTRICE scusate per tutto questo casino di El, El-terrestre e mio-El… Adesso vi trovo una buona spiegazione.

Dunque. Ormai credo che tutti abbiano capito che Elia altri non è che Elrohir, quindi non credo di rovinare niente nel dirlo a chiare lettere. I nomi di entrambi i gemelli sono composti dal termine El, Stella (o elfo… per la precisione Elrohir vuol dire cavaliere elfico, o cavaliere della stella- e io preferisco questo significato-, mentre Elladan uomo elfico- credo). Normalmente, io abbrevio Elladan in El ed Elrohir in Roh. Ma anche Elia si abbrevia in El. Quindi… abbiate pazienza fino a quando non si rivelerà la sua verà identità. Forse voi vi chiedete Ma se sapevi tutto questo perché cavolo hai chiamato il tuo personaggio Elia?!! Ma raga, sta proprio qui il bello!!! Un nome italiano che inizia per El, esattamente come quello elfico… era una tentazione troppo forte! Sorry…;) kisses Roh (mi è appena venuto il sospetto che questa nota sia più confusa della parte che intendeva spiegare…o bè, ormai è fatta…)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** dimmi di sì mio dolce dolore ***


Elia

Elia

 

Sto tremando. Mi guardo le mani. Bianche, dalle lunghe dita. Così fragili, sembravano, come fatte di vetro. Le infilo nelle tasche e mi arrischio a lanciare uno sguardo ai tre.

Camminano in silenzio. Quello che ha parlato, quello dai capelli rossi e il sorriso tenero, osserva triste le stelle, come perso nei suoi pensieri.

Il biondo invece mi guarda spesso, come incuriosito, e si tiene vicino a… vicino a…

Chi è lui? Perché è spuntato adesso? Sono impazzito del tutto?

E la sua risposta… Perché sei arrivato adesso, perché ci hai messo tanto, perché ho dovuto aspettare diciotto anni per vedere il tuo viso in carne ed ossa, perché…

Non lo so.

Tre parole, e degli occhi così sterminati, pieni di incertezze e dubbi e… paura?

Cosa hai visto in me che ti ha spaventato, straniero dagli occhi grigi? Perché il mio viso, tanto simile al tuo, dovrebbe incuterti timore?

Apro la porta di caso, faccio loro cenno di entrare. Sgusciano dentro con eleganza, come se danzassero.

Lui è l’ultimo. E per sbaglio passandomi accanto mi sfiora il ventre con la mano… mi irrigidisco, mentre un brivido giunge e passa, e mi lascia stremato.

Lui si è fermato e mi guarda. Respira a fatica, ha le labbra socchiuse… è così bello…

-Va avanti, devo chiudere.

Non ho mai sentito la mia voce così spaventata. E al tempo stesso, non sono riuscito a impedire alla dolcezza di abitarla.

Il rosso si è seduto sul divano e mi sta osservando.

-El.

Di nuovo ci voltiamo entrambi. Possibile che anche il nome sia lo stesso?

Il rosso scuote la testa, si passa una mano tra i capelli. Il biondo sembra sul punto di crollare.

-Insomma Ru che cazzo sta succedendo?- strilla, guardandolo arrabbiato.

Ru alza lo sguardo. –Ma che ne so io! E poi scusa manco volevi che vi accompagnassi, adesso perché pretendi che abbia le risposte?

-Visto che hai insistito per aggregarti potresti almeno renderti utile, no?

-Senti chi parla! Lo sai che non fosse per me saresti crollato in mezzo alla strada?

-Hai intenzione di rinfacciarmelo per l’eternità?

Il rosso fa una smorfia. –Oh, imploro il vostro perdono, altezza! Non volevo arrecarle disagio…

-BASTA!

Lui si è alzato in piedi e sembra arrabbiato. Mi abbandono contro lo schienale della poltrona, guardandolo.

-Finitela! Abbiamo abbastanza casini senza metterci anche a litigare, quindi vedete di fare i bravi per un volta.

Si volta verso di me, mi guarda negli occhi. Di nuovo quella strana sensazione allo stomaco. Quel desiderio di… piangere… e ridere…

Oh, al diavolo! L’unica cosa che vorrei fare è alzarmi in piedi stritolarlo tra le braccia e non lasciarlo più andare.

Strano. Parlo come se mi appartenesse, come se fosse mio. Come se lo fosse stato, in passato. Nel presente. Nel futuro.

Resto fermo al mio posto. Lo ascolto.

-Scusa se ti abbiamo turbato. Cominciamo da capo, d’accordo? Le presentazioni. Lui- indica il biondo. – è Legolas Thranduilion di Mirkwood… anche se il nome non ti dirà niente. E lui- il rosso questa volta. –è Rumil di Lothlorien, guardiano del Bosco d’Oro. Io mi chiamo Elladan, Elladan Peredhel, figlio di Elrond di Imladris.

Annuisco, anche se non posso dire di ricordare tutti i loro nomi. –Io sono Elia.

E di nuovo il mio sguardo cade nel suo. È come un vortice di inchiostro, di argento liquido, mi sento sciogliere e annegare… bruciare…

Morire… rinascere… che differenza fa?

 

Elladan

Lo guardo negli occhi e sento le lacrime pulsare.

Perché sei stato distate tutto questo tempo? Perché non sei stato al mio fianco?

Quante notti passate a sognarti, quanti giorni sprecati ad odiarti, tu, mio incubo, mio dolce dolore. Quanta rabbia, quanta paura, quanta solitudine cancellata da un solo gesto della tua mano, da un tuo sguardo tempestoso, da un tuo sorriso tremante.

Elia. Vederti lì, seduto su quella poltrona, vestito con queste strane stoffe colorate o scure, i capelli lunghi e spettinati, è una tortura. Sei vicino e lontano, ci separano diciotto anni di vita, ci separano mondi, realtà differenti.

Ma…

-Lo senti anche tu, vero? Questo… legame, questo turbamento, questo rivoltarsi del sangue e questa canzone silenziosa… lo senti anche tu, vero?

Dimmi di sì, mio dolce dolore. Dimmi di sì.

Non risponde. Non subito. Poi lento annuisce, e allora crollo in ginocchio davanti a lui, e gli prendo le mani, le bacio.

Le ritira di scatto, sorpreso.  Sento Rumil alle mie spalle, mi tira indietro.

-Cosa volete da me?- chiede, e sembra così fragile…

La voce gentile di Ru gli risponde. –Non lo sappiamo. Veniamo da un’altra dimensione, e so che l’hai capito da subito. Vero?

Annuisce, lento, e Rumil riprende. –Siamo stati mandati qui per riprendere qualcosa. O meglio, qualcuno. Alla luce degli ultimi avvenimenti credo non ci siano più dubbi. Il nostro scopo qui sei tu, Elia. Ma l’unico che può dirlo davvero è tuo fratello.

 

Rumil

Non posso crederci.

Non ho finito di parlare, che tutti e tre si voltano a guardarmi sconvolti.

-Fratello?- balbetta Elia.

-Fratello?- sussurra Elladan.

-Fratello?- chiede perplesso Legolas.

Non so se ridere o piangere. Come è possibile che non abbiano ancora realizzato?

Come al solito, me la prendo con sua altezza reale.  –Ma sei cretino o cosa? Cioè, ci troviamo davanti la fotocopia di El, cosa credi che sia? Un terrestre normale?

Legolas non risponde, e allora mi rivolgo a Elladan.

Lui guarda Elia e respira piano. Poi mormora. –Non so cosa devo fare. Ma…

-Ma?

Si morde le labbra, e vedo che Elia fa lo stesso. Non hanno smesso di fissarsi un attimo.

-Ma so che non posso perderlo. Non adesso. Non di nuovo.

Mi volto appena, e vedo che gli occhi azzurri di Lass sono tristi, come lontani.

 

Legolas

In fondo l’ho sempre saputo. Che sarebbe finita così.

Io El lo amo, ma so che non è mio. Per questo non gli ho mai permesso di dirmi quelle parole. Mai, neanche una volta le sue labbra si sono aperte su quella dolce maledizione. Per impedirglielo l’ho distratto in tutti i modi, baciandolo mordendogli le labbra la pelle, strappandogli gemiti e rantoli invece di parole articolate. Sapevo che non doveva succedere.

E adesso, adesso che lo vedo davanti a quello che Ru ha molto gentilmente ricordato essere suo fratello, capisco perché.

Elladan… Elladan non è mai stato intero. Non è mai stato libero. Metà della sua anima era strappata, portata lontano. Nascosta qui. Tra queste nuvole basse, e queste stelle dalle fiamme flebili. Forse, su questo pianeta sbiadito, l’unica stella accecante è proprio lui. E ora El l’ha ritrovato…

Anche se è triste, devo andare avanti.

In fondo, non ho perso niente. Niente cui non avessi già rinunciato dalla partenza.

Bisogna andare avanti. E mentre vedo il mio amante smarrirsi sempre più negli occhi grigi del suo riflesso vivente, mi rivolgo all’irritante galadhrim che ho ormai accettato come compagno di viaggio. –Dovremmo tornare da Gandalf, credo.

 

Nota- vi piace questo capitolo? Io non lo so… mi sono accorta che stavo facendo Legolas piuttosto antipatico, e ho cercato di rimediare nella sua parte. Poi, mi stupisce come ne esce Rumil: di solito è la perfetta controparte dei gemelli, vivace e combinaguai, qui invece pare il più maturo e saggio dei quattro… boh.

E i gemelli… come si possono descrivere le emozioni di due frammenti di anima riuniti? Sto facendo del mio meglio ma il risultato… vi prego commentate, con critiche, consigli, suggerimenti… ma ditemi cosa ne pensate! Thanks…

Ps- grazie Felicity, sono davvero contenta che ti piaccia! Spero che anche questo capitolo e i prossimi non ti deludano!

Boh, ora posso anche salutarvi… bye-bye Roh

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** la luce di arda ***


Rumil

Rumil

 

-E quindi adesso che facciamo?

Mi chiedo perché qua tutti diano per scontato che io ho le risposte. Ok, sarò anche un galadhrim, ma non è che stare a stretto contatto con Dama Galadriel automaticamente mi dia il potere di leggere il futuro. Insomma ragazzi, io ne so quanto voi! Cosa aveva detto Gandalf? Che dovevamo tornare là appena avevamo trovato la cosa?

Anche se poi, continuare a chiamare cosa quella meraviglia dagli occhi grigi che sta rannicchiata nella poltrona e sbadiglia… non è un po’ riduttivo?

Bè, e adesso che succede? Ah no, ti prego, El non ti ci mettere anche tu…

-Beh io non ci penso nemmeno ad andarmene proprio adesso.

Elbereth, El, dovevi scegliere proprio questo istante per cominciare a fare i capricci? Tu devi venire… andiamo mio bel narmomelindo, comportati da elfo maturo quale sei…

-No. Ho detto di no. Io non me ne vado senza di lui.

Con mia grande sorpresa, è sua altezza reale a sbottare –E come pensi di portarcelo? Valar, El a volte sei così infantile…

Elladan sbatte le palpebre ma non ribatte. Siede a terra, vicino a Elia, facendo bene attenzione a non toccarlo. Cercano di nasconderlo, ma ogni volta che la loro pelle entra in contatto sobbalzano.

Mi chiedo quale sia il motivo. È doloroso? O forse… non sono abituati alla scarica di emozioni?

Dovrei chiederlo a Gandalf, quando torneremo. Aggiungiamolo alla lista delle curiosità su questo terrestre improbabile.

Certo che Elia è proprio un mistero. Cosa ci fa qui, su questo mondo sporco e schifoso, una stella elfica di una tale purezza? È del nipote di Luthien che stiamo parlando… ho sentito mille volte dire che Elladan è il più bell’elfo che abbia mai illuminato Arda, e adesso mi ritrovo con la sua fotocopia tra gli scialbi terrestri… come una perla nascosta nel fango…

Gandalf ha detto che l’hanno nascosto qui, per impedire a Mordor di prenderlo. Perché era in pericolo? Non può essere solo per la sua discendenza, altrimenti Elladan sarebbe a rischio quanto lui. Ma cosa poteva determinare, alla nascita, una tale maledizione?

E perché adesso può tornare? Non è che Sauron sia stato esattamente sconfitto, a quanto mi risulta…

Sua altezza reale mi fissa. Cosa vuole? Sorride, poi torna a osservare Elladan. Ho la vaga impressione che abbia qualche idea per far ragionare il mio testardo narmomelindo.

Decisamente, se ci riesce la mia stima verso di lui sale. Forse dentro quella bella testolina bionda si nasconde un cervello, dopo tutto, anche se lui si sforza di passare per completo minorato mentale.

 

 

Legolas

 

Incredibile, Rumil ha ammesso di non sapere cosa fare. Non credevo che sarebbe arrivato questo giorno. Come tutti i galadhrim, ha la fastidiosa tendenza a credersi imbattibile.

Adesso però è proprio a terra, per arrivare a suggerire di tornare su Arda.

Cioè, si è bevuto il cervello? Come pensa di schiodarlo, Elladan?

Devo ammettere però che l’idea non è male… e poi è quello che siamo tenuti a fare. Così ha detto Gandalf. Certo, non sarà facile far ragionare il mio dolce peredhel, ma ci proverò…

-El, ascolta. Qui non possiamo fare niente. Non sappiamo cosa si aspettano da noi, cosa vogliono, qual è la nostra missione. Non sarebbe un addio… torneremmo qui subito, appena saputo cosa Gandalf ha in serbo per noi. E poi dovresti parlare a tua nonna, e a tuo padre…

Una reazione… finalmente! Sapevo che l’accenno a Elrond avrebbe funzionato. In fondo, è l’unico che può far chiarezza nella tempesta di emozioni che lo scuote, l’unico che sa cosa significa avere un gemello.

Elia apre gli occhi e mi guarda. Mi sento sciogliere sotto quel mare di argento. Lui guarda la nuca di suo fratello, che gli sta accucciato davanti. Gli posa una mano sulla spalla, ed Elladan si volta. Dopo essersi fissati per un po’ come fanno ogni volta, Elia parla.

-Elladan… forse hanno ragione. Dovresti… andare.

Elladan gli afferra la mano. –Non sopporto l’idea di essere di nuovo separati, Elia…

-Ma sarebbe per poco… vero?- chiede Elia, improvvisamente spaventato. Rumil tira un sospiro di sollievo, vedendo lo sguardo risoluto di Elladan ammorbidirsi. Poi annuisce. –Sì, sarebbe per poco. Il tempo di andare e tornare, davvero.

Elladan –Se tu ce la fai… se tu ce la fai, io ce la farò.

È strano vederli parlare. Come se soltanto loro capissero davvero cosa stanno dicendo. Come se… come se usassero le parole con altri significati.

Elia lo guarda fisso, sembra ponderare la risposta. Poi sorride tremante e annuisce. –Ce la farò.

 

 

Elladan

 

Io non volevo venirci, qui. Ma non poteva dirci tutto subito, quel vecchio scemo?

Lasciare il fianco di Elia proprio adesso che l’ho ritrovato… come credono che stia? Ma loro lo capiscono bene come mi sento, e infatti non mi parlano, stanno dietro di me con la testa bassa e si scambiano a volte occhiate colpevoli.

Quanto a me, bè, mi sento uno schifo.

Non credevo che avrei sentito tanto dolore. Invece, salutare El dopo averci dormito tutta la notte di fianco… è stato come se mi avessero staccato un pezzo di fegato.

Anzi. Un pezzo di cuore. O i polmoni. Tutta la parte sinistra del mio corpo fa male. Non riesco neanche a respirare bene, adesso…

Non mi ero accorto di stare così male, prima di vederlo. Le stelle sembrano essersi spente. Anche se quelle che adesso ci brillano in testa sono mille volte più belle e vive e chiare dei pallidi lumini della terra, mancano di vita. Perché la loro vita, quella è rimasta su quel merdoso pianeta chiamato Terra. Negli occhi di mio fratello.

Spero solo che facciano in fretta a dirci tutto. Quando quest’oggi all’alba ho aperto gli occhi, e mi sono trovato il suo viso vicino… ho creduto di morire.

Ci siamo addormentati separati, ieri sera. Ma dormendo, ci siamo avvicinati, fino ad abbracciarci. La sua testa sul mio petto era il peso più dolce avessi mai portato.

E lui era così bello… così perfetto… con quelle labbra chiare, e i capelli spettinati… l’ho accarezzato cercando di non svegliarlo, ma non ce l’ho fatta. Lui ha sorriso e si è chinato nella mia carezza, come un gatto che fa le fusa. Poi, però ha aperto gli occhi. E ha capito.

Si è spostato in fretta, arrossendo. Certo che sono strani i terrestri.

Non posso dire di non essere turbato anche io dai sentimenti che lui risveglia dentro di me. Il cuore sembra essere impazzito del tutto, a volte.

E poi, Elia forse non è abituato a svegliarsi tra le braccia di un ragazzo. Credo siano piuttosto ristretti come mentalità, da queste parti… mi ricordo la faccia dei suoi amici quando hanno visto Ru e Lass abbracciati… che poi, due amanti più improbabili di quei due, con il loro continuo tirarsi frecciatine e sospiri infastiditi… anche se adesso sembrano essersi calmati. Probabilmente hanno fatto fronte comune contro la mia ostinazione a non partire.

Arda non mi è mai sembrata più spenta. Voglio mio fratello di fianco, ho bisogno della sua luce.

A proposito di luce…

Chi è quello?

Gli altri li conosco, Gandalf, i miei nonni, i miei genitori… Erestor, Glorfindel, i fratelli di Ru… un elfo biondo che dall’espressione altera può essere solo un emissario di Thranduil, venuto a controllare che il principino di Mirkwood sia sopravvissuto indenne al soggiorno nel nido dei Noldor (darei qualunque cosa per vedere la faccia di Thranduil quando saprà che il suo bambino è stato mandato in missione attraverso un ambaryanwë)… sì, tutti li conosco, a parte lui.

Ha capelli neri, e occhi grigi. Come me, come mio padre.

Ha labbra perfette, e i lineamenti più puri che abbia mai visto.

È addirittura più bello di mio fratello (ma che paragoni mi metto a fare adesso?!?).

E di fianco a lui… ha un lupo!

Mi guarda dritto negli occhi, e improvvisamente capisco. Irmo.

Il valar dei sogni accarezza il lupo tra le orecchie, e mi scopro a bere dalla sua bellezza. Le altre volte che sono stato al suo cospetto, la luce era troppa perché ne scorgessi bene i tratti. E adesso… sono disarmato.

Alle mie spalle anche Ru e Lass trattengono il fiato.

Gandalf si fa avanti. –L’avete trovato?

A stento distolgo lo sguardo dal dio. –Sì… sta bene…- improvvisamente mi ricordo perché sono lì, e cosa mi aspetta sulla Terra. –Perché l’avete mandato laggiù? Perché ci avete condannato a questo?

Vedo mio padre distogliere lo sguardo, e mia madre intrecciare le dita alle sue. Galadriel rivolge uno sguardo preoccupato a Irmo, che fa un passo avanti.

La sua voce priva delle risonanze magiche è talmente bella da fare male. –L’hanno fatto su mia richiesta.

Sbatto le palpebre, non riesco a crederci. Perché il mio dio avrebbe fatto qualcosa di tanto crudele?

Modera le parole ragazzino. Niente di quel che è stato fatto era crudele.

La voce è sferzante e io rabbrividisco. Ma non è stato Irmo a parlare. Anzi, lui fa un cenno infastidito con la mano, come a scacciare un pensiero. –Oh, insomma Namo (1), smettila. Ha tutto il diritto di essere arrabbiato… tu come avresti reagito?

Per un attimo mi sono spaventato dall’essere redarguito proprio da quel valar, ma adesso ho la netta sensazione che il silenzio intorno a noi sia colpevole. Irmo ridacchia, ed è terribilmente sensuale. Come faccio a pensare certe cose di un dio?

-Ecco, appunto. Quindi stai buono, fratellino…. Elladan, tu ed Elrohir dovete riunirvi al più presto, qui su Arda.

-Elrohir? è questo il suo nome?

-Sì, è il nome scelto dai vostri genitori alla sua nascita… alla vostra nascita.

Elrohir…. cavaliere elfico, cavaliere della stella. Mio cavaliere…

-Elladan… ascolta cosa ha da dirti Irmo.

La voce di mio padre è foderata di tristezza. Lo guardo per un attimo, poi mi rivolgo al bellissimo valar. Lui continua.

-Come dicevo, dovete riunirvi qui su Arda, ma c’è una complicazione. Vedi, per riuscire a trasportarlo attraverso l’ ambaryanwë, devi essere davvero unito a lui, non deve esserci più nessuna… reticenza, da parte di entrambe le parti… dovete essere davvero un intero, capisci? Altrimenti non riuscirà a passare il velo.

Lo ascolto attento, il lupo struscia il muso contro la sua mano, e lui sorride proseguendo. Non ha smesso un attimo di fissarmi negli occhi e io sono perso in quel suo incantesimo.

-Elladan, pensi di farcela? Pensi di riuscire a conquistare la fiducia di Elia, la sua completa fiducia? Lui è più fragile di te, e più ferito… questi anni per lui sono stati molto duri.

La voce di Irmo è pervasa da un sottile dolore, e di nuovo ho la sensazione che l’aria si chiuda intorno a lui, come per consolarlo. Il lupo gli lecca le dita, e Irmo ridacchia.

-Smettila Namo.

Namo? Il lupo ha lo stesso nome del dio dei morti? La cosa mi sembra strana, anche se guardando quegli occhi grigi… sono così simili a quelli di Irmo, a quelli di un valar…

Mi distolgo da quelle considerazioni e guardo di nuovo il dio. Annuisco. –Sì. Sono sicuro di riuscirci.

Lui sorride. –Allora torna indietro, mio narmomelindo. Torna da lui, e fallo vivere. Accendi la sua stella, liberala dalla polvere e dagli affanni, sciogli la prigione di ghiaccio che si è costruito negli anni…

Gli bacio la mano, sotto lo sguardo irridente del lupo. –Stai tranquillo, mio dio. Non lo lascerò cadere.

 

 

Elrohir

 

Mmm… cos’è sto rumore? E questo freddo…

Quei tre se ne sono andati lasciando la finestra aperta, per caso?

Apro gli occhi. Quei tre se ne sono andati. La finestra è chiusa, ma loro se ne sono andati.

Lui se n’è andato. Ecco perché il freddo…

Dio che male al cuore…

E sto rumore di merda… ah, il telefono… chi è, cosa vuole…?

-Sì?

-El stavi dormendo?

-Mmm, sì ma non importa. Fra… che c’è?

La sento singhiozzare. Ora sì che sono sveglio. –Fra, cazzo, rispondi… ehi…

-El…El posso venire da te?

Le apro la porta con addosso ancora i pantaloni del pigiama. Lei ha gli occhi rossi, è evidente che ha pianto molto.

L’abbraccio. –Tesoro, che succede?

Lei nasconde il viso nel mio petto. Le lacrime mi bagnano la pelle nuda, mi fanno rabbrividire. Le alzo il viso per guardarla. Le bacio la guancia salata. –Su, Fra, vieni dentro…

Ci corichiamo nel letto e le continua a piangere. Dopo un po’ si calma.

-Scusa, devo esserti sembrata una completa idiota…

-Smettila di dire scemenze. Piuttosto… vuoi parlarne?

Lei sorride. –C’è poco da dire… i miei hanno di nuovo litigato, io mi sono messa in mezzo e mi sono presa uno schiaffo. Non è stato piacevole.

La stringo forte. –Immagino.

Lei tiene il viso sotto il mio mento. Sento le rotelline girare nella sua testolina bionda. –El… chi erano quei ragazzi, ieri? Volevamo tutti chiedertelo ma non ci osavamo, e adesso…

-Sono… miei parenti. Quello con i capelli neri in realtà è mio fratello… gemello… non mi aspettavo di vederli. Sai non… non li conosco molto bene.

Fra capisce che non voglio parlare e rispetta il mio silenzio.

-Ho sonno.- mormora, e si accoccola meglio contro di me.

Sorrido, e chiudo gli occhi.

Ma non posso ingannarmi. Per quanto lei sia tiepida, e mi scaldi la pelle, il suo non è il calore di vita e di fuoco di Elladan.

Lei non è mio fratello. E questa consapevolezza fa male.

 

Note

1-     Namo è il valar dell’oltretomba, più o meno l’Ade elfico. È il fratello di Irmo (nella mia immaginazione sono gemelli) e questo è la spiegazione dello scambio tra i due, al cospetto di Elladan. Sapendo che Namo è il valar dei morti, capirete anche perché El ci rimane un po’ male nel venire sgridato proprio da lui… comunque, se mi permettete vorrei riportare il brano del Silmarillion dove vengono descritti i due. Scusate la debolezza, ma a me piace troppo.

“ I Fëanturi, signori di spiriti, sono fratelli e per lo più sono detti Mandos e Lorien. Questi però a rigor di termine sono i nomi dei luoghi in cui dimorano, mentre i loro nomi veri sono Námo e Irmo.

Námo, il maggiore, dimora in Mandos (…). Egli è il custode delle Case dei Morti, colui che evoca gli spiriti del massacro. Nulla dimentica; e conosce tutte le cose che saranno, eccezion fatta soltanto per quelle che ancora stanno nel libero arbitrio di Ilúvatar. (…) Irmo, il minore, è signore delle visioni e dei sogni. I suoi giardini stanno in Lòrien, nella terra dei Valar, e sono i più belli di tutti i luoghi del mondo, affollati di molti spiriti. “

Curiosità: i Fëanturi hanno anche una sorella, che ha il compito più o meno di piangere i dolori del mondo. Sarà un caso, ma a me ricordano da matti i gemellini peredhel e Arwen… lo so che sono fissata! ;)

Comunque, veniamo a noi… volevo ringraziare tutti quelli che continuano a leggere questa e le altre mie storie, in particolare Felicity89 e Poppy… anche perché ogni volta che leggo un loro commento mi viene voglia di ricominciare a scrivere! Grazie davvero, di cuore!

Ah, un’ultima cosa… Poppy stai tranquilla, il tuo Legolas non resterà mai solo come un cane… gli voglio troppo bene per condannarlo a un simile destino! E poi ho in mente proprio una bella conclusione per il nostro principino adorato..! Ma credo che qualcuno abbia già immaginato come finirà questa storia, almeno da quel punto di vista! Baci a tutti e a presto,

Roh

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** tesoro di neve ***


Legolas

Legolas

La casa è aperta, quando torniamo. Io e Ru ci scambiamo uno sguardo, un sorriso.

O forse sarebbe più esatto dire un sogghigno.

Perché la porta della camera da letto di Elia è socchiusa, e sentiamo un doppio respiro provenire da dietro il legno.

Incapaci di trattenerci, sbirciamo.

Sono entrambi addormentati, la testa di lei incastonata sotto il suo mento, i capelli di lui simili a un manto scuro, che li vela e protegge.

Sento Rumil sussurrare al mio orecchio –Direi che decisamente non ha preso dal fratello, circa la scelta degli amanti.

Non posso trattenermi dal ribattere, sfottere Ru è una delle gioie della vita –Ti dispiace?

Lui arrossisce e si scosta –Cazzo dici Lass, solo perché sono andato a letto un paio di volte con El non vuol dire che…

-Sei andato a letto con El?- lo interrompo, gli occhi minacciosi. Spingendolo contro il muro, continuo –Quando pensavi di dirmelo, bastardo? Stai forse cercando di rubarmi l’amante?

Rumil è indescrivibile: il suo bel viso si colora di porpora, mentre comincia a balbettare –No… N-no L-lass, p-perché di-dici una cosa simile? Insomma, io… noi… è stato molto tempo fa e…

Incredibile, sembra sul punto di mettersi a piangere. Non riesco a trattenermi: scoppio a ridere. Non credevo di essere tanto convincente!

Mentre mi lascio cadere sulla poltrona, vedo il suo sguardo scurirsi, e le labbra stringersi in una piega minacciosa –Mi stavi prendendo per il culo, Greenleaf?

Non riesco a smettere di ridere –Dovevi vederti, Ru… l’intrepido galadhrim, la guardia del Bosco d’Oro…

Mi arriva un colpo nello stomaco, non forte da far male, ma abbastanza da spezzarmi il fiato. Ru è sopra di me, impegnato a picchiarmi –E pensare che io mi sentivo in colpa per te, razza di truffatore…

Quando si decide a piantarla, si sdraia al mio fianco, la testa sulla mia spalla. Respira affannato, e i suoi capelli mi solleticano piacevolmente la guancia. La voce arriva attutita –Comunque davvero Lass, è stato un casino di tempo fa, non hai motivo di…

-Ru, tranquillo. Non sono geloso.

E mentre lo rassicuro, scopro che sto dicendo la pura verità.

 

Elladan

Io mi chiedo se quelli si immaginano anche solo vagamente che cosa sto vivendo. No, vorrei saperlo. Perché in questo caso sono sadici.

Cioè, va bene tornare su Arda per fare rapporto. Questo lo posso anche accettare.

Ma quando è troppo è troppo!

Voglio dire…

Rimandare sulla Terra Ru e Lass, e ME tenermi QUI ancorato con non ho capito bene quale assurda motivazione… hanno intenzione di farmi impazzire del tutto…?

La lontananza da Elia è il dolore più insopportabile che abbia mai conosciuto.

Elia. Il mio dolce fratellino appena ritrovato.

Elrohir. Quel miracolo dagli occhi di fumo.

Roh. Il mio Roh.

Mi chiedo quando ho cominciato a chiamarlo così. Forse, dal primo istante in cui ho saputo il suo vero nome. Mi è sembrato così giusto, allora, così… esatto. Necessario. Non poteva essere altrimenti.

Elladan ed Elrohir… come ho mai potuto credere il contrario? Come ho potuto vivere tutto questo tempo senza sapere? Senza… anche solo intuire. Immaginare.

-Ehi, pen neth, cos’è quella faccia scura? Qualche problema?

Quella voce… quanto bene la conosco, quella voce? Profonda, tenorile… bellissima.

Osservo l’elfo sedersi al mio fianco, il torace nudo e sudato, i biondi capelli sparsi sulle spalle, spettinati. Glorfindel è sempre stato il mio sogno.

Mio insegnante di scherma, e di lotta libera, amico intimo di mio padre, siniscalco di Imladris e capitano della guardia di palazzo. Nonché marito del primo consigliere Erestor.

Glorfindel il bello, il redivivo, colui che è morto con la caduta Gondolin uccidendo il Barlog, ed è rinato. Per essere spedito a Granburrone, a controllare quello scavezzacollo di Elrond Peredhel e mettere un po’ di scompiglio tra le foglie secche di quegli autunni interminabili.

-Se te lo dicessi non ci crederesti mai, Fin.

Lui fa un sorriso sapiente. –Faccende di cuore?

Sbatto le palpebre, sorpreso –No… come ti è venuto in mente?

Lui sembra più stupito di me. –Beh, avevi una faccia tanto assente… a chi pensavi, se non a… ma che cretino, sembra che non ti veda da una vita… perché dovresti preoccuparti di questo, tu che hai il bel figlio di Thranduil tra le braccia…

Scoppio a ridere, Glorfindel è sempre riuscito a mettermi di buonumore. Anche se questa sua osservazione mi ha stupito: sembro davvero uno che soffre per amore?

-Hai saputo di… beh, delle ultime novità?

Lui mi spintona leggermente, scherzoso. –Ehi, ragazzino, non dimenticare che sono un importante consigliere… certo che sono al corrente, come potrei non esserlo, con tutti i dispacci che devo ogni giorno firmare, e poi è il mio lavoro, è il minimo che…

-Cosa ti ha detto Erestor?- lo interrompo con un sorrisetto. Lui fa una faccia infastidita, coricandosi all’indietro. –Poco in realtà. Sai che quello se decide di non parlare… a dire il vero speravo di cavare qualche informazione da te… sei molto più malleabile- aggiunge, con un’espressione seducente.

Giuro, Glorfindel ò Gondolin è unico, il mio mito. Non conosco una creatura più maliziosa.

Irresistibile.

Mi sottraggo ridendo alle sue carezze. –Ma smettila… ti accontento solo perché sei tu.

Lui si poggia su un gomito, si mette comodo. Sa ascoltare. E mi conosce abbastanza da capire quando ho bisogno di parlare. Per questo lo adoro. –Forza, pen neth. Sputa il rospo.

Gli racconto di Roh, della terra, di Irmo e del lupo, di Namo. Gli racconto di Roh, dei suoi occhi, della sensazione incredibile provata al suo fianco, della sua voce. Gli racconto di Roh, di me, del dolore che sento a saperlo lontano. A sentirlo lontano.

Gli racconto di Roh, e quando termino lui ha le lacrime agli occhi.

Non ho mai visto il vecchio Fin commuoversi, neanche quando si raccontava di Gondolin, e della morte del suo amante, Ecthelion della Fontana. (1)

Respira a strattoni, cerca di calmarsi. Alla fine sussurra –El, è colpa mia.

Spalanco gli occhi. –Cosa? Fin, cosa…

-Io ho portato Elrohir sulla terra. Quando siete nati… perché siete nati insieme, siete gemelli, lo sai, pochi minuti di distanza l’uno dall’altro… quando siete nati tuo padre era felicissimo. Credo di non averlo visto così felice neanche quando ha sposato tua madre. Mi ha trascinato alla vostra culla, per vedervi… ed eravate così belli, così perfetti… con la pelle di rosa e gli occhi di uno strano azzurro grigiastro, che preannunciava quel colore strano che avrebbe poi stregato Arda.

Arrossisco. Non sono mai riuscito a restare impassibile sotto i complimenti di Glorfindel. Ma non lo interrompo. Sono stregato dal suo racconto.

-Sembrava tutto giusto, tutto… tutto. E poi… ricordo Elrond sbiancare, i suoi occhi farsi lontani, come se ascoltasse voci sussurrate. Voci che sentiva solo lui. E la finestra si è aperta, la neve è entrata, ha danzato intorno a voi, candida e lieve. Il vento… sembrava cantare. E poi, d’improvviso, Elrohir ha cominciato a tremare, le labbra si sono fatte livide, e tu piangevi…

Glorfindel si interrompe, rabbrividisce. Non mi guarda mentre continua. –Comparve Irmo, subito, con uno sguardo cupo che mai gli avevo visto. Al suo fianco stava Namo, identico eppure diverso, così gelido e indifferente. Irmo ha avvolto Elrohir in una coperta, mentre Namo si inginocchiava davanti a Elrond soffiandogli in viso incantesimi sussurrati. Io li guardavo impietrito, finchè Irmo non mi ha messo un fagotto tra le braccia. “Sella Asfaloth” mi mormorò veloce “E corri a Lothlorien. Galadriel saprà cosa fare.” E fu infatti Galadriel che mi condusse all’ambaryanwë, che mi disse dove andare, a chi affidare quel bambino. Elrohir aveva solo poche ore quando lo diedi nelle mani di quelli che sarebbero stati i suoi genitori. Non so come Galadriel abbia ordinato le cose, cosa abbia fatto loro credere, come abbia nascosto l’evidenza elfica dal viso di tuo fratello, che allora era solo un bellissimo neonato. Ma ricordo Elrohir quella sera, splendeva più di Earendil (2), anche attraverso il freddo.

-Mio padre sa cosa è successo?

Lui scuote piano la testa. –Non credo. Non penso che i valar gli abbiano dato spiegazioni. Non lo fanno mai.- aggiunge amaro, ripensando sicuramente a quando si trovava lui di fronte a Namo, spirito morto in attesa di ricongiunsi al suo amato, ai suoi cari, senza sapere di essere destinato ad altro invece, a una nuova vita. Amara e dolce come la precedente, solo più lunga.

Sento la voce di mia nonna chiamarmi, e so che è giunto il momento di attraversare nuovamente il velo. Capisco solo in questo momento che per questo sono rimasto: per poter parlare con Glorfindel, e ascoltare la sua storia.

Neanche ho chiesto al mio vecchio maestro cosa diavolo ci faccia, lui, qui a Lothlorien.

Ma Glorfindel prima di lasciarmi mi abbraccia forte, sussurrandomi –Tienilo stretto tuo fratello, pen neth, conservalo come conserveresti un fiocco di neve. Perché di una cosa sono stato certo, mentre quella porta si chiudeva davanti a me, separando Elrohir dal nostro mondo. Sapevo che quel che mi stavo lasciando dietro era il tesoro più prezioso che potessimo trovare.

Annuisco, prima di correre via. E lo vedo di lontano, asciugarsi il dolore al sole, mentre Arda sbiadisce, e altre stelle si illuminano nei cieli.

 

Note

1-     Glorfindel di Gondolin è morto combattendo un Barlog, il giorno della caduta di Gondolin (vi ricordate quando ho detto che una delle antenate dei gemelli era stata la causa della caduta di una città? Che uno impazzito per il suo amore aveva tradito il suo popolo? Ecco, mi riferivo proprio a Gondolin, la città segreta). Ma nel Signore degli Anelli si parla di un Glorfindel, quello che porta Frodo a Gran Burrone. La maggior parte delle fic che ho letto, quasi tutte inglesi, immaginava che i due fossero in realtà la stessa persona, e che i Valar avessero rilasciato il vecchio Fin dalle Sale dell’Attesa perché doveva difendere Elrond. Poi, ci sono molte versioni chiaramente, alcune vedono Elrond e Glorfindel amanti, un’altra bellissima addirittura sosteneva che il vero scopo della rinascita di Glorfindel era difendere Elrohir, il suo amore. La maggior parte però mette insieme Glorfindel ed Erestor, l’arcigno primo consigliere di Elrond (davvero, la loro è una delle coppie più quotate…). Io mi sono attenuta a questa tranquilla visione, senza scombussolarla troppo (in questa storia, almeno). Quanto a Ecthelion, purtroppo ne so poco. Dicono che lui e Glorfindel siano sempre descritti insieme, nei capitoli di Tolkien dedicati a Gondolin, e si somigliano molto. Entrambi eroi, entrambi morti lo stesso giorno nello stesso modo (uccisi da un barlog…ma mi pare che Ecthelion ne avesse fatti fuori tre, prima)… insomma, sono una coppia perfetta. A me personalmente intrigano molto, peccato abbia trovato solo due o tre serie su di loro (di cui una però spettacolare). La più bella è quella che vede Elrohir come reincarnazione di Ecthelion, e Glorfindel innamorato di lui di nuovo… ma adesso non divaghiamo. Se qualcuno è interessato me lo faccia sapere, sono pronta a riassumere per filo e per segno tutto, fornire indicazioni su dove trovare le fic in questione (peccato siano in inglese…) e anche tradurre se volete…

2-     Earendil è la stella più brillante del firmamento di Arda. In realtà sono i Silmaril che vengono portati nel cielo da… indovinate chi? Sì, proprio lui, il nonnino di Elrohir ed Elladan. Non è colpa mia se gira e rigira loro vengono sempre fuori… ;-)

3-     Pen neth. In inglese significa young one, quindi io lo tradurrei con qualcosa tipo “ragazzino”… Glorfindel chiama sempre così Elladan, e anche Gandalf… mi piace. È paterno ma non troppo. Simpatico. Un bel vezzeggiativo.

4- Ho finito con le spiegazioni, lo giuro… mi ci sono fatta prendere la mano, vero? Comunque, che ne dite del capitolo? Spero che riuscirò a tenere sotto controllo tutte le idee che mi stanno venendo… in realtà pensavo di scrivere altre scene oggi, vorrà dire che le metterà nel prossimo! L’arrivo di Glorfindel è stato del tutto inaspettato, ma credo sia servito. E per la prossima puntata aspettatevi una bella partita di basket, e qualche comparsa in più di Elrohir-Elia… che oggi si è proprio riposato! A PRESTO!!!

Kisses Roh

Ps- grazie mille per i commenti, sono sempre molto apprezzati! Felliss, spero ti piaccia anche questo… baci

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** serata serena ***


Elladan

 

Elladan

La Terra è grigia e insipida in confronto al mio mondo, ma so che Roh è qui, e questo basta per renderla bellissima.

Apro la porta della casa di mio fratello e mi fermo sulla soglia.

Non so respirare.

Lass e Ru sono sdraiati insieme sul divano, Lass ha le mani infilate tra i capelli di Ru e parlano tranquilli, sereni. Sembrano molto più vicini di quando li ho lasciati.

Ma non è questo a togliermi il fiato. No.

Ho lo sguardo fisso su di lei, sui capelli castani che scivolano sulla schiena quando li tira all’indietro ridendo, sul sedere perfetto evidenziato dai pantaloni attillati mentre striscia fuori dal letto, fuori dal groviglio di coperte nato generato da una notte agitata, fuori dal groviglio di coperte dove Roh resta a giacere, un sorriso soddisfatto e pigro e sensuale sul volto.

Dice qualcosa, che io non capisco, e lei ride e fa finta di picchiarlo con la maglietta. Lui si ripara e rotola su un fianco, la porta tra le lenzuola con sé. Lei strilla e si divincola, non riesco a distogliere lo sguardo.

Qualcuno deve spezzare l’incantesimo, ed è Rumil a farlo.

-El! Sei tornato? Stai bene?

A quelle parole mio fratello volta la testa verso di me, e incontra il mio sguardo. Arrossisce lievemente, e lascia andare la ragazza.

Lei si tira in piedi e sistema i capelli, ancora ridacchiando. Mormora qualcosa tra i denti, e Elia interrompe il contatto visivo con me per guardare lei, per parlare.

Elia, è tornato a essere Elia, penso, mentre una pugnalata di gelosia mi uccide lo stomaco.

Legolas intanto è al mio fianco, preoccupato, mi sfiora la fronte, le guance –Come sei pallido, sicuro che sia tutto a posto? Guarda Ru non ti sembra che sia pallido?

Scaccio via le sua mani con un gesto insofferente, mentre il mio migliore amico mi guarda con aria critica –El qual è il problema?

Sto per rispondergli qualcosa di cattivo quando la sua voce mi frena.

-Finalmente sei ritornato ma… stai bene?

Questo è troppo. –Ma la finite tutti? Sì, sto bene, sto bene, sono solo stanco… è un reato? Un crimine?

Rumil si morde il labbro, si diverte lo stronzo. Legolas scuote la testa e passa un braccio intorno alla vita di Elia, sussurrando –Quando non dorme è così…

Io sono ancora fermo a fissarlo. Il suo braccio. Intorno a Elia.

Il suo braccio. Intorno a Roh.

Lo lascia subito dopo. Ma le cose non migliorano.

Perché lei rispunta dal bagno dove si era rifugiata, e si avviluppa al collo di mio fratello, miagolando “Io vado tesoro, ci vediamo dopo, vero?” lo bacia veloce sull’angolo della bocca, e scivola fuori dalla porta. Lui la guarda andare via con uno sguardo indecifrabile, poi si volta verso di noi. –E allora? La vostra spedizione ha portato qualche frutto?

Lascio andare il respiro che stavo inconsciamente trattenendo.

Legolas apre la bocca. E la richiude. Perché…

-Sentite, io ho fame, che ne dite se prima di darci alle cose serie…- tutti ci voltiamo verso Rumil. Il galadhrim sbatte le ciglia e sorride innocente a Legolas. Soffoco una risata, e mentre li guardo ricominciare con i battibecchi, è come se il mondo fosse tornato normale.

 

Rumil

Decisamente, questo è un mondo strano. Non mi stupisce che Elrohir ne sia uscito così. Certe volte i terrestri farebbero impazzire chiunque.

E queste luci, poi. Questo… rumore.

Musica, lo chiamano. Non posso evitare di storcere il naso, e ripensare ai capelli argentei di Lindir, alla sua arpa.

Elrohir siede in un angolo, da solo. Ha i capelli legati in una coda, non è vestito in maniera molto diversa dalla prima volta che l’ho incontrato.

La luce verde esplode, lo illumina. Riesce a essere bello anche così.

La ragazza, quella che ho visto a letto con lui, gli si avvicina, si siede sulle sue ginocchia. Vedo El irrigidirsi mentre lei gli passa un braccio intorno al collo.

Non l’avrei mai fatto così geloso, il mio narmomelindo. Verso il  fratellino, poi…

Lui certo nega tutto. Alzando gli occhi al cielo, come se stessi dicendo follie.

Fa pure, mio bel narmomelindo. Tanto ti conosco troppo bene, non mi inganni. So che ti brucia vedere lei così vicina a lui, le sue labbra sul suo viso, il suo fiato sulla sua pelle. So che vorresti avere tuo fratello tutto per te. Che lo metteresti sotto una campana di vetro, e sfido chiunque a toccarlo.

Del resto, chi non lo farebbe? Elrohir è così… incontaminato. Puro. Come un bambino, cui bisogna insegnare tutto. Un bambino racchiuso in un corpo di fauno.

Un bambino curioso, curioso quanto un uccello canterino.

Credevo che saresti impazzito, prima, sotto la sua scarica di domande.

-Ti chiami Elrohir e…

-Cosa vuol dire Elrohir?

I tuoi occhi che cercano i miei. –Bè, cavaliere elfico… o cavaliere della stella. Comunque, Galadriel ha detto….

-Chi è Galadriel?

-Nostra nonna. Ma…

-Nonna da parte di chi?

-Materna. È la madre di nostra madre, un Eldar… cioè una dei più antichi- prevenne la domanda che formavano quelle labbra –Comunque, ha detto che Irmo…

-E questo da dove spunta?

Sfibrante. Ci abbiamo messo quattro ore, tra tutti e tre, per riassumere dieci minuti di conversazione. E so che El non ha sputato tutto quel che si trova sul gozzo, lo sento che mentre era solo su Arda qualcos’altro è successo, qualcosa che deve ancora pienamente comprendere.

Quando abbiamo deciso di rinunciare, per oggi, a illustrare la storia del mondo al nostro grazioso parente, Elrohir ha guardato il cielo, era scuro, e ha deciso che aveva voglia di uscire.

Così, ci ha trascinati in camera, infilato qualche altro strano indumento informe, e spinti fuori di casa. Dopo aver svoltato qualche curva in questa labirintica città, ci ha fatto cenno di entrare qui. Le luci non mi ispiravano più di tanto, ma non ho potuto rifiutarmi.

Elrohir saprebbe convincerti a fare qualunque cosa, ormai l’ho capito.

L’osservo filtrare gioiosamente con la sua ragazza, e mi sorprendo a valutarlo. Oh sì, identico a El in ogni minimo aspetto, eppure… se possibile ancora più intrigante. Prevedo che farà girare la testa a molti, quando torneremo a casa.

A proposito… dove sarà finito il principino? L’ho perso di vista quando si è alzato per andare a prendersi qualcosa da bere. Mi sporgo, e attraverso le teste scorgo i suoi inconfondibili capelli dorati.

Mmm, Elladan è precipitato in una delle sue crisi mistiche, non farà casini. Mentre sua altezza si è assentata e starà probabilmente prosciugando le scorte di birra del bar, data la sua famosa immaturità. Meglio dargli una controllatina, non si sa mai.

Mi faccio largo tra la ressa, e quando arrivo resto piuttosto spiazzato.

Legolas è seduto su uno sgabello- bellissimo nel suo nero integrale- beve con aria disinvolta e distratta, lascia lo sguardo libero di volare tra la gente danzante. Al suo fianco, un ragazzo parla e sorride.

Vedo le labbra sottili del mio amico curvarsi, evidentemente infastidito. Eppure, il suo compagno non se ne accorge.

Decido di mettermi comodo, e godermi la scena.

Uno spettacolo che non mi perderei per nulla al mondo, Legolas abbordato da un terrestre… meglio di quanto potessi sognare. E poi sono abbastanza vicino, giusto nel caso…

Giusto nel caso. Aggrotto le sopracciglia, mentre osservo le mani del tizio attardarsi un istante di troppo sulla spalla di Lass, che continua a bere imperterrito.

Il verme striscia, si insinua, si china più vicino. Sussurra.

Legolas, da genio qual è, lo guarda negli occhi. “Capisco sempre quando qualcuno mi desidera” mi ha sussurrato una volta, sulle labbra, giusto per farmi incazzare.

Ora scopro che davvero, lo capisce sempre. Sicuro…

Infatti si alza, e segue il tizio verso l’uscita, ingenuo e candido come un bimbo di due anni.

Per un attimo medito di lasciarlo al suo destino. Mi trastullo con l’idea di avere sua altezza reale di Mirkwood ai piedi, che si scusa e ammette la mia superiorità in materia.

Ma mi pento subito di questo pensiero egoista. Anche perché non oso immaginare la reazione di Elladan, se lo sapesse. Minimo minimo mi spellerebbe vivo.

Quindi lo seguo. Di malavoglia, ma lo seguo. Borbottando insulti a mezzavoce, ma lo seguo.

E arrivo giusto in tempo.

Mister Conosco-l’animo-umano è appoggiato contro il muro, il tipo addosso, e cerca di scostarsi. Solo che l’idiota si crede ancora un elfo, non ha fatto i conti con il fatto che adesso è un ragazzo normale, per di più ubriaco.

Li osservo pigro, quasi restio a intervenire. E poi qualcosa scatta.

Perché vedo la mano del verme scendere, e improvvisamente mi accorgo che non è più un gioco. Non ti azzarderai a toccarlo, vero stronzo? Non esiste che io stia fermo qui mentre quello…

Veloce sono al loro fianco, spintono il tipo.

-Che cazzo ti credi di fare?- sibilo, con il viso di ghiaccio. Sento Legolas ansimare, e mi riprometto di fare un bel discorsetto a quel cretino, quando se ne presenterà l’occasione.

Il verme mi guarda, e io decido di giocarmi il tutto per tutto. Faccio scivolare un braccio intorno alla vita del mio principino, sia per calmare il suo cuore che sento impazzito, sia per rinforzare le parole –Sarà meglio per te che non ti becchi un’altra volta con le mani addosso al mio ragazzo…- mormoro minaccioso. So che Legolas ha sgranato gli occhi, e lo stringo più forte a me, conficcandogli un dito nelle costole. Spero che abbia capito, sto deficiente è capace di rovinarmi tutto. Lass geme, e nasconde il viso tra i miei capelli.

Fantastico, ho un principe ubriaco e quasi violentato tra le braccia…

Comunque, devo tenere in considerazione questa mia espressione per altre occasioni, perché nonostante la costituzione esile riesco a intimorire il tizio, che esita.

-Direi che puoi anche andartene, prima che ci ripensi.- continuo, gelido, e dev’esserci un bagliore elfico nei miei occhi, perché lui rabbrividisce e scappa via.

Legolas ridacchia, e io sospiro. Mi metto il suo braccio intorno al collo e lo riporto dagli altri.

Elladan si distrae un attimo dai suoi mugugni per osservarci. Riesco addirittura a scorgere un lieve bagliore di preoccupazione nel suo sguardo. Ehi, ma allora sei ancora vivo…

-Sentite, io porto sto qui a casa, sta male, ha bevuto troppo…

Elrohir si è staccato dalla tipa e parla con altri amici, ma si avvicina a noi premuroso. –Volete che vi accompagniamo?

-No grazie cuginetto (1)… ce la faccio da solo. Voi restare pure… mi dai le chiavi?

Forse non tutti i mali vengono per nuocere, penso, mentre realizzo che i gemelli dovranno farsi la strada da soli. Magari riusciranno a parlarsi, e conoscersi un po’ meglio.

Magari domani El sarà d’umore migliore, e si degnerà di scambiare qualche parola con resto del mondo.

-Quanto manca?

Lass ha perso la voce da ubriaco, ora è un bimbo lamentoso. Ridacchio e gli tiro una ciocca di capelli. –Ci siamo quasi vostra altezza, un ultimo sforzo…

L’aria fredda gli ha fatto bene, ora riesce quasi a camminare da solo. Lo lascio, ma resto vicino per riacchiapparlo al volo quando barcolla.

-Sia ben chiaro che questa è l’ultima volta che bevi in mia presenza.- lo informo, armeggiando con le chiavi.

Lui si appoggia al muro, guarda le stelle. Improvvisamente sorride, di un sorriso malizioso.

-Ti è spiaciuto poi tanto venire in mio soccorso?- chiede, e io mi fermo a guardarlo.

Decido che è meglio non scherzare. Non quando si ha a che fare con degli idioti.

-Legolas, mi sarebbe dispiaciuto arrivare troppo tardi, e trovarti chissà come. Soprattutto, mi sarebbe dispiaciuto dover dire a tuo padre cosa era successo. E passare il resto dei miei giorni in una prigione di Mirkwood.

Lui scrolla le spalle. –Perché, mica sei la mia balia. E poi cos’hai contro le prigioni di Mirkwood? almeno…- di nuovo il bagliore malizioso –Avresti la mia compagnia.

Sbuffo, entrando. Incorreggibile. –Giusto per rendere la pena più dolce, eh? Della serie, al peggio non c’è mai fine!- commento sarcastico. –Fila a letto, adesso, e magari domani ti risparmi il mal di testa.

Mi volto per entrare in bagno, ma lui mi chiama. -Ru?-

Lo guardo, sembra quasi incerto.

-Che c’è?- chiedo, inginocchiandomi davanti a lui. E mi accorgo dell’errore, mentre gli occhi tornano maliziosi. –Non mi dai neanche un bacio? In fondo, sei il mio ragazzo…

Lo osservo per un lungo momento. Così bello… troppo per il suo bene. Agisco d’impulso, mi chino e gli poso un bacio rapido sulle labbra. Mentre mi ritraggo, vedo che ha spalancato gli occhi, sorpreso. Non si aspettava che raccogliessi la provocazione.

Mi concedo un sogghigno vittorioso. –Buonanotte allora, amore- sussurro scherzoso, prima di scivolare in bagno. Per impedirgli di riprendersi quel tanto che basta da sentire i battiti veloci del mio cuore.

(2)

 

Elia-Elrohir

Camminiamo l’uno di fianco all’altro, la notte sulle nostre teste. Lui è silenzioso, sembra assorto in chissà quali pensieri. Io mi lascio trasportare dalla cornice e dalla sua vicinanza, inizio a fantasticare. Come sarebbe bello se tra noi fosse stato sempre così, se avessimo diviso tutto e tutti, come era scritto che dovevamo fare. Come sarebbe bello se…

La sua voce mi riporta alla realtà. –La conosci da tanto, quella?

Lo osservo, perplesso, ma lui parla e cammina dritto. Guarda davanti a sé, simile a una statua. Gli occhi grigi sono fermi, seri, fissi.

Ci metto un po’ a capire di chi sta parlando. –Quella? Ah, intendi Fra? Bè, direi di sì, eravamo insieme già alle medie…

Mi interrompo, e la mente corre da lei. Questa sera mi stringeva il cuore vederla. Faceva il possibile per nasconderlo, ma si notava che stava male. E anche Marco l’ha notato… forse dovrebbe farsi avanti e basta, smetterla con i giochini scemi. Tanto Fra non ci casca, non è quello che cerca. Lei vuole cose serie, e Marco… Marco vuole lei.

-A cosa stai pensando?

La sua voce è più dolce, e mi scopro a respirarla. Vivrei per quella voce, per quelle sue parole casuali, indifferenti… basta un suo sorriso e tutto sparisce.

Scrollo le spalle. –A niente, ai miei amici. Senti…- l’idea è improvvisa, mi si illuminano gli occhi mentre lo afferro per il braccio. –Domani mi hanno invitato a giocare con loro, io non pensavo di andarci ma…

Mi accorgo che lo sto toccando. È una mia impressione o è arrossito? E fissa la mia mano… imbarazzato lo lascio andare, come se bruciasse. –Ma?- chiede allora lui, facendomi cenno di continuare.

Riprendo a camminare. –Ma… vorresti venirci? Anche Legolas e Rumil, certo… non farti problemi, tranquillo, libero di dire di no…

-Certo che vengo… non posso di sicuro obbligarti a rinunciare ai tuoi amici… e poi voglio stare con te, non importa dove.

Arrossiamo tutti e due. È incredibile questa scossa elettrica, mi sento così vivo…

-Ehm… Elrohir?

-Sì?

-A cos’è che giochereste, scusa?

Scoppio a ridere, senza sapere neanche io bene il motivo. Lui mi guarda sorpreso.

-A basket- rispondo, scotendo la testa. –A basket- ripeto, senza smettere di ridere.

 

Nota

1-     Dal momento che gli elfi hanno tutti tratti comuni, i nostri eroi hanno deciso di far leva su quella somiglianza e spacciarsi per cugini… a parte Elia ed Elladan, che ammettono di essere fratelli. Così si giustifica in qualche modo a)il loro spuntare dal nulla e insediarsi a casa di Elia, b) la loro strana bellezza.

2-     Uffa, di nuovo mi sono sfuggiti! Non pensavo di affidare quasi tutto il capitolo a Rumil ma… ha insistito tanto! C’era qualche sua fan, tra le lettrici, per caso? Spero che Legolas non abbia fatto troppo la figura del cretino, lo adoro ma mi diverto a presentarlo come un ragazzino ingenuo… Comunque, per colpa loro ho dovuto di nuovo rimandare la partita di basket!

Boh, spero di poter continuare presto… in questi giorni ho un po’ di casini con la scuola, quindi non so quando avrò tempo… si vedrà. Per ora baci, Roh

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** campo di battaglia ***


Elladan

Elladan

 

Sto seduto sulle gradinate, il sole delle dieci e mezzo a battere sulla testa.

Ru e Lass mi stanno di fianco, impegnati come sempre a litigare. Inutile, non impareranno mai. Li guardo, mentre si stuzzicano sulla minima cosa. Eppure, è tutto molto diverso dalla prima volta che si sono incontrati.

Legolas non fissa più Rumil con l’aria dell’amante geloso. Forse anche perché non ha più un amante da difendere… Si accorge che lo guardo e mi sorride. Sì, splendido principe, avrai sempre un posto nel mio cuore, anche se il nostro rapporto dovesse diventare casto come quello tra due fratelli. E sinceramente, conoscendo entrambi, credo che questo sia molto improbabile!

Comunque non è solo questa la ragione. Anche Rumil ha cambiato atteggiamento, adesso a volte scorgo quasi una scintilla di rispetto, nei suoi occhi di galadhrim dissacratore. Mi ha anche detto, ieri sera, che Legolas potrà essere un bambino viziato e immaturo, ma ciò non toglie che sia quasi simpatico. Sottolineando il quasi.

Io non posso lamentarmi di questo sviluppo. Li amo entrambi, sono i miei migliori amici… e non potrei mai scegliere tra loro.

Ma adesso perché tutto questo concentrarsi su loro due? Forse… forse perché voglio evitare di guardare il campo?

Elbereth, mio fratello è talmente bello che sono quasi invidioso. Mi spiace davvero che quaggiù guardino l’omosessualità in questa maniera strana, mi fanno pena tutti gli amici di Roh… avere un simile miracolo vicino, e non poterlo avvicinare. Quanti, tra quei ragazzi che adesso lo spintonano rudi, questa notte si sono svegliati ansanti, il suo nome tra le labbra?

Potrei saperlo, sarebbe così facile… basterebbe concentrarsi, e avrei srotolati davanti a me tutti i loro sogni, le loro fantasie… anche i loro stessi pensieri, quei pensieri cacciati in un angolo, che li fanno vergognare.

Potrei farlo, e sono quasi sul punto di iniziare…. Quando la mano di Rumil mi afferra la spalla.

Lo guardo, i suoi occhi verdi brillano minacciosi. –Non ci provare, El, non pensarci nemmeno- sibila in elfico, a voce talmente bassa che nessun mortale potrebbe sentire.

Incredibile, anche mentre sfotte Lass la mia personale guardia dorata non si distrae, ed è pronta a riportarmi sulla retta via. Decisamente, questo è un bene…

Non oso immaginare cosa succederebbe se avessi davanti a me l’immagine di Roh nudo, in un letto caldo, completamente perso nel piacere…

Rabbrividisco, non so bene per quale ragione, e volto di nuovo lo sguardo sul campo.

Elrohir scuote la testa, e i suoi capelli neri fluttuano. Ha una smorfia ironica, indica con il capo nella nostra direzione. Un ragazzo si sporge, gli prende il viso tra le mani, sussurra qualcosa. Roh si tira indietro ridacchiando nervoso, i suoi occhi grigi dardeggiano di nuovo verso di me. Sospira, in maniera impercettibile, e si avvicina.

Il tipo è dietro di lui. Non mi piace il modo in cui lo guarda. In cui lo segue con gli occhi, praticamente divorandolo.

Decisamente, ho trovato qualcuno che non considera affatto vergognose le sensazioni che mio fratello accende in lui.

Chissà se quel cretino ne è al corrente… forse dovrei avvertirlo. In fondo, io sono il maggiore, e in queste cose ho più esperienza… non vorrei che quello stronzo lo turbasse, che ci provasse mentre lui è impreparato…

Come scusa? Che stai dicendo?

Elrohir sospira, questa volta in maniera evidente, e sento Legolas alle mie spalle ridacchiare.

Il tipo alle sue spalle mi sorride. Cazzo vuoi, coglione?

-Ci manca un giocatore… pensavamo che potresti entrare tu, che ne dici?- ripete, con un tono gentile. Troppo.

Lo guardo. Guardo Roh. Roh mi guarda.

-Ehm, in verità io…

-Non sa giocare!- interviene Rumil, in fretta. Sembra divertirai… gli tiro una gomitata –Non è vero!

Il tipo sogghigna –Avremmo la prova almeno che il basket sta proprio nelle tue vene, Elia! Se anche tuo fratello è un fenomeno come te…

Elrohir mi guarda. –Non sei obbligato…

Esito, ma il tipo gli passa un braccio intorno alla vita. Mi irrigidisco a quella vista. Elrohir sposta il capo per guardarlo, l’altro sussurra –Cosa c’è, Elia? Siete in minoranza senza di lui… sembrerebbe che tu ci tenga a perdere!- continua, e vedendo il rossore colorare le gote candide di mio fratello. Ho la certezza di essermi perso qualche passaggio. Mi alzo in piedi –Non ci sono problemi, gioco!

Scambio uno sguardo con Roh, ma lui si limita a scrollare le spalle. Non me la conti giusta, fratellino, lo vedo benissimo che sei teso…

Il tipo mi tende la mano –Andrea.

La stringo. –Daniele.

(Non provatevi nemmeno a commentare, Roh era entusiasta di questo nome, “Almeno posso chiamarti Dan ed è un diminutivo reale!”… quanto avrei voluto strozzarlo in quel momento!)

Resto in piedi sull’asfalto anche io, con Elia al fianco che concitato mi spiega quante più regole possibili in pochi minuti, ma sono distratto, continuo a pensare alle occhiate di Andrea, alla sua aria soddisfatta.

Andrea si avvicina, la palla in mano. Sogghigna verso di me, e ancora di più verso di Roh.

-Allora, Elia, diamo inizio a questa sfida? Che dire… che vinca il migliore, no?

Poi tira mio fratello vicino, afferrandogli la maglietta. –Ti assicuro che farò il possibile per batterti, occhi grigi. Sono molto più motivato dell’ultima volta, credimi.

Mi schiarisco la gola e Andrea lascia andare Roh. Il mio gemello ha le gote in fiamme e gli sfioro la tempia con le dita. –Ehi tutto ok?

Annuisce, svelto, poi prende la palla. E comincia il finimondo.

Dunque, ammetto di essere beatamente all’oscuro delle regole base di questo sport. Ma i fenomeni li so riconoscere lo stesso, e mio fratello è senz’altro tra questi. Anche Andrea non è male, ma tra i due non c’è storia.

O meglio, non ci sarebbe non fosse per il sottoscritto.

Sono più di impaccio alla squadra che altro, e comincio a sentirmi maledettamente a disagio. Lancio uno sguardo a Ru e Lass, sembrano preoccupati e mi guardano attenti.

Non so quanti cazzo di punti facciano, gli altri, ma devono essere un buon numero, e di certo un numero prestabilito, perché Andrea dopo l’ennesimo canestro ferma la palla e si volta verso mio fratello.

-Allora Elia? Cominci a dubitare di te stesso?

Fatica a mantenere il controllo, il mio gemello. Lo vedo scuotere la testa, il respiro affannoso. Tuttavia gli occhi lampeggiano furiosi, quando Andrea con una faccia da schiaffi, senza staccargli gli occhi di dosso, sussurra –Ehi, occhi grigi. Non ti sembra di aver dimenticato qualcosa?

Elrohir stringe le labbra, replica con un quieto –Fottiti, Andre.

Poi toglie la maglia, un gesto lento e sensuale, e la getta in un angolo. Mi chiedo se si rende conto di quanto quella sua azione ci ha sconvolti.. e cazzo, perché mi ritrovo anche io come gli altri, a fissarlo rapito? È mio fratello, miseria, non uno spogliarellista umano!
Eppure lo sguardo di Alberto non lascia dubbi, mentre scivola avido sul torace nudo e candido di Roh. La pelle è sudata sotto il sole, e i muscoli ben definiti. Mi inumidisco le labbra, mentre cerco di trattenere la gelosia.

Riprendiamo a giocare. Più passa il tempo e più faccio schifo, Elia sembra sempre più preoccupato.

Alla fine mi si accosta, ansimante.

-‘Scolta Bro (1)- dice, riprendendo fiato. –Non puoi essere così scarso. Non esiste. Sei un elfo, cazzo!

-Grazie dell’incoraggiamento, consolante- ribatto, storcendo il naso. Lui scuote la testa. –No, Dan, ascolta… tu ce la puoi fare. In questi muscoli c’è abbastanza forza da mandare sto pallone dritto nel cestino, e da questa distanza!

Guardo il canestro, poi lui, dubbioso. –Ne sei sicuro?

-Certo! Tu sei me, fratello, l’hai scordato? E io con il pallone…- sorride, per un attimo di nuovo baldanzoso, prima di saltare prendendo tutti di sorpresa –me compreso- e facendo un meraviglioso canestro, senza muovere un passo.

Andrea ride –Bello occhi grigi, ma questo non cambierà il risultato. Abbiamo vinto, lo sai vero?

Lui annuisce, stanco. Andrea continua, facendo un passo avanti. –E sai anche cosa significa…

Elrohir lo spintona. –Sì, sì lo so, finiamo sta cazzo di partita e non pensiamoci più…

Andrea lo ferma per il braccio. –Non saprei, Elia… credo che io ci penserò ancora molto, molto a lungo.

-Così fiero di avermi battuto sul campo, Andre?

Lui lentamente traccia il contorno delle labbra di mio fratello con le dita. –Sai benissimo che non è questo l’importante, El.

Elrohir si libera con uno scatto, ma quel che ho visto non mi è piaciuto.

Dovrò parlare con Elrohir, chiarire sta cosa.

E l’occasione si presenta prima di quanto pensassi. Appena finita la partita.

Gli altri stanno raccogliendo le loro cose, chiacchierano andandosene e salutando.

Andrea esita, incerto. –Che fai Elia, non vieni?

Vedo mio fratello scuotere la testa. –No… io pensavo di restare qui ancora un po’.. con Dan.

Spalanco gli occhi, poi penso di capire. Andrea si avvicina a lui. –Certo non avrai dimenticato…

Elrohir sospira –No, Andrea. Stasera qui, ci sarò.

L’altro si scioglie in un sorriso sensuale.

-Bene… A dopo, allora, occhi grigi. Ciao Dan, è stato un piacere.

Lo guardo allontanarsi, poi mi rivolgo a mio fratello. Scelgo un tono ironico.

-Mi fa piacere che abbia scelto di concedermi un po’ della sua preziosa compagnia, re del basket.

Lui ridacchia, poi replica vivace –Mica potevo lasciare che il mio unico fratello continuasse a fare certe figure…

Il sorriso mi muore. –Che vuoi dire?

Lui sorride ancora di più, irresistibile. –Che adesso io e te, fratellino, vediamo di imparare a giocare…

-Ah no basta, penso di aver visto abbastanza palloni per…- mi fa tacere con un dito sulle labbra. –Zitto. Me lo devi, dopo che mi hai fatto perdere la scommessa.

-Sco…scommessa? Quale scommessa?- balbetto, ma lui si è portato alle mie spalle. Sento il suo respiro sul collo, tra i capelli, sulla punta dell’orecchio… e per un attimo credo di impazzire.

Poi decido che sono decisamente già impazzito, se penso certe cose del mio gemello.

Eppure, la pelle nuda di Elrohir alle mie spalle è qualcosa di intossicante…

Mi mette un pallone in mano, bisbiglia –Concentrati, Bro. Concentrati e fissa il canestro. Ce la puoi fare. Ce la fai…

Tiro. Incredibilmente, la palla sfiora il canestro. E le labbra di Elrohir mi sfiorano l’orecchio.

Lo sento sorridere contro la mia pelle, mentre mi posa quel bacio. –Bravo. Hai visto… forza, continua.

Giochiamo per ore, fino a quando non ci lasciamo cadere all’ombra, stremati.

Allora mi corico sullo stomaco, lo guardo. È bellissimo. Incontaminato.

Lo amo così tanto che sto male.

Non permetterò mai a nessuno di ferirlo.

E mi torna in mente Andrea.

-Elrohir… adesso devi rispondermi sinceramente: cos’è quella storia della scommessa?

Lui volta gli occhi sul cielo del primo pomeriggio. Sono le tre passate, e ancora non abbiamo pranzato. Non che mi importi. Con Roh vicino non sento la fame.

-Ma niente, Bro, niente. Una cazzata tra amici, non preoccuparti…

-Elrohir, quel tipo, Andrea… non mi piace.

Il suo viso si illumina di un sorriso dolce. –Andrea? Non è cattivo… tranquillo davvero, Bro, so quel che faccio…

Sarà. Ma di certo questa sera non ti lascerò venire qua da solo. Che ti piaccia o no, ti terrò d’occhio, fratellino…

 

Legolas

Cammino di fianco a Rumil, e lui non mi guarda. Meglio. Almeno posso pensare con calma e raziocinio… see, calma e raziocinio… Non fosse per quest’irritante e borioso galadhrim, adesso starei chissà come, prigioniero del buio, forse anche peggio. Perché quello stupido mortale non poteva saperlo, ma per gli elfi lo stupro può essere mortale. E noi elfi di Mirkwood siamo sempre stati particolarmente fragili, da quel punto di vista.

Quindi, dovrei davvero ringraziare Ru. E invece non so fare altro che lanciargli frecciatine, e battutine acide… Non che lui si lamenti, sia chiaro. E neanche mi mostra quel minimo di rispetto che sarebbe naturale da uno nella sua posizione. Maledetto galadhrim sfacciato, un giorno capirai i tuoi errori… ma nessuno potrebbe piegare una guardia del Bosco d’Oro. Di tutti gli elfi, sono loro i più ostinati.

Lo osservo. Siede sul muretto, un paio di ragazzine vicine. Vicine…

Sarebbe più corretto dire appiccicate, avvinghiate, incollate, pressate contro di lui.

Non che le possa biasimare. Ru non è mai sembrato più bello, con il volto candido simile a marmo e quei capelli ramati una cascata di lava sulla schiena, riccioli perfetti e caldi, così soffici al tatto, così profumati sul viso.

Ma che vado a pensare? Meno male che non ho parlato a voce alta, altrimenti sai le risate…

E poi, queste gelosia, per cos’è? Per Ru che mi ruba il pubblico? O per quelle cretinette che mi rubano lui?

Va bè, forse sono ancora sotto shock per ieri. In fondo mi ha salvato, no? Il mio cavaliere dalla bianca armatura… vestito di jeans e magliette stinte, che sembrano urlare Elrohir anche a chilometri di distanza.

Ehi, che cazzo fa la troietta? Non mi piacciono quelle labbra così vicine alle sue…

Sogghigno, mentre decido di intervenire. Scivolo tra di loro, mi siedo vicino a Ru. Lui mi riserva uno sguardo indecifrabile, e le ragazzine sembrano ignorarmi. Irritante. Ma ancora più irritanti sono le loro mani sul mio amico.

Mi schiarisco la gola, faccio scivolare un braccio intorno alla vita di Ru. Che trasale stupito.

Sorrido, il mio sorriso più dolce. –Vi piace?

Loro sbattono le ciglia, ridacchiano. –Come?

-Vi ho chiesto se lui vi piace. Perché vi capisco, è bellissimo e tutto ma… si da il caso che sia impegnato.

Rumil non riesce a spiccicare parola, e le due oche ridono. –Ah davvero? E tu saresti il suo guardiano?

Io il guardiano di Rumil? È fantascientifico! Ma in fondo, sì, che male c’è?

Ridacchio, attirandolo più vicino. Sono bravo nella parte dell’angelo. –No, avete frainteso. Lui è impegnato con me. È il mio ragazzo.

Rumil adesso mi sta guardando davvero orripilato. È troppo divertente…

Una delle due oche mi osserva diffidente. –Ma scusa, non siete fratelli?

Occazzo, mi ero dimenticato della balla che avevamo raccontato sul fatto di essere tutti una grande famiglia… Rumil mi guarda soddisfatto, pensa Legolas pensa, non puoi farti smerdare da una troietta in minigonna e top scollato…

E poi, l’illuminazione. Rido. –Bè, no, in realtà siamo cugini… lo so che è un po’ strano, ma cosa volete farci… l’amore…

-Non ci credo.

Come scusa?

-Non ci credo, che state insieme. Ve lo si legge in faccia. Provalo, se puoi. Altrimenti… potresti anche andartene, no?

Lo sguardo di Rumil mi rilancia la stessa sfida. Se la ride, il mio galadhrim di fuoco, aspetta solo di vedermi capitolare… mi sfotterà in eterno se non cado in piedi…

Fanculo Rumil, c’hai poco da fare quella faccia… e quel sorrisetto… dio, quel sorriso…

All’improvviso mi ritrovo a guardargli la bocca e pensare che ha le labbra più sensuali che abbia mai visto. A parte quelle dei gemelli, naturale.

-Volete una prova?- mormoro, perso nei suoi occhi verdi. Lo vedo vacillare, ma non gli permetto di ritrarsi. Mi chino e lo bacio, non un bacetto casto e sfuggevole come quello che mi ha dato lui ieri sera (e maledizione mi sono venuti i brividi lo stesso, quasi come quando baciavo El), ma un bacio vero, con la lingua che chiede l’ingresso e –che strano!- lo ottiene.

Mi sciolgo in quel bacio, mentre le ragazzine ci guardano allibite.

Alla fine è lui che si scosta, e mi ritrovo a boccheggiare. Le ochette se ne sono andate, probabilmente a leccarsi le ferite in privato.

Rumil mi guarda con aria contrariata, e io ridacchio.

-Perché cazzo l’hai fatto?- chiede, e io rispondo innocente –Dai, Ru, stavo solo rendendoti il favore! Preservavo la tua virtù…

-Dagli assalti di due sedicenni sculettanti?- chiede lui, visibilmente incredulo. Io lo prendo sotto braccio, continuo premuroso –Bè, sai, non si può mai dire. E poi non dovresti impegnarti in storie serie, lo sai che dovremo andarcene presto.- lo ammonisco. Lui distoglie lo sguardo.

-E chi ti ha detto che io voglia storie serie?

Lo guardo e mi fingo allibito. –RUMIL! Da te questo non me lo sarei mai aspettato… abusare così di due candide fanciulle…

-Fino a tre secondi fa erano loro che cercavano di violentare me.- mi fa notare.

Io scuoto la testa. –Bè, non puoi negare che ti guardavano con aria piuttosto… famelica! E come dar loro torto- continuo, come meditando tra me e me.

Lui mi spinge via. –Ma piantala, Lass!

Rido, e lo riafferrò. –Eddai, che scherzo… comunque, potrei fare la stessa domanda a te.

-Cioè?

-Bè, non ero certo da solo in quel bacio, Ru! Non puoi negarlo, io ho iniziato, ma tu hai accettato più che entusiasticamente. Perché?

Un fantasma di sorriso aleggia sul suo volto. –Bè, ormai eravamo in ballo, tanto valeva divertirsi un po’ e dare spettacolo. E poi non volevo che sua altezza reale di Mirkwood perdesse la faccia davanti a due ragazzine mortali.

-Mmm-mmm… e questa sarebbe l’unica ragione?- chiedo, ammiccando nella sua direzione.

Fa una smorfia sarcastica. –Bè, no, è una scusa per non dirle che in realtà ho completamente perso la testa per la sua divina bellezza, o mio principe. Cazzo, Greenleaf, la finisci di comportarti da stupido? Non ti reggo quando fai così l’idiota…- sbotta, allontanandosi da me e cominciando a camminare verso casa. –Vado a vedere se i gemelli sono finalmente tornati. Mi stai lontano qualche oretta, vuoi farmi sto favore? Te ne sarò eternamente grato…

Lo guardo andarsene e scuoto la testa. Che fatica avere a che fare con galadhrim testardi.

-Sai una cosa, mio dolce Ru? Dama Galadriel ti avrà insegnato alla perfezione ogni sua arte, ma a mentire non sei proprio capace.- sussurro divertito alla strada ormai deserta.

Poi giro i tacchi, e mi incammino nella direzione opposta. Darò a Rumil quel che chiede.

In fondo, se mi mandasse definitivamente a quel paese, come farei a divertirmi così tanto?

 

Note

1-     Bro, sta per brother, fratello in inglese. È un vezzeggiativo spiccio con cui Elrohir chiama Elladan, prima di abbandonarsi a nomignoli più affettuosi. In fondo, El significa stella, Elia è un po’ imbarazzato a chiamarlo così, almeno all’inizio. L’idea non è mia, però, l’Elrohir di non ricordo bene quale fic inglese chiamava Elladan così, e mi è subito piaciuto. Tanto che anche un altro gemello di mia invenzione, Niki, chiama Bro suo fratello, in un’altra fic che sto scrivendo, Il nero si spezza nel bianco. Quindi, se per caso le avete lette entrambe, non fatemene una colpa. È solo una piccola debolezza.

2-     Andrea. Non so come ne esce, da questa prima apparizione. Ma non è male come sembra. Non è male per niente. Tenete per buono quel che dice Elrohir alla fine, e considerate il resto solo come il risultato dei deliri gelosi e protettivi di Elladan. Avrete tempo di conoscerlo meglio più avanti, credo, se continuerete a leggere…

3-     Finalmente ho scritto sta benedetta partita! Premetto subito che io di basket non ne so assolutamente NIENTE, quindi mi scuso per tutti gli errori che ho fatto. L’ho usato perché volevo uno sport di squadra, e il basket mi sta più simpatico di calcio e pallavolo, non so perché. È più bello da vedere, credo. E mi piacciono di più le “divise”, almeno sui ragazzi…

4-     In ogni caso, non pensavo che il capitolo venisse fuori così lungo. Ad esempio, Andrea si è autoinvitato, non avevo la più pallida idea che esistesse finchè non ho descritto quel ragazzo che prendeva il viso di Elrohir tra le mani. E ho scoperto che ci stava bene, anche se all’inizio condividevo le opinioni di Elladan su di lui. Ma il mio dolce Roh, la mia musa, è riuscito a convincermi che sbagliavo. Voi che ne dite?

5-     Credo ormai sia piuttosto evidente che tra Legolas e Rumil c’è qualcosa di strano… con gioia di Felicity, immagino! A proposito, Fellis, io la tua fic la commenterei volentieri, ma non ho capito dove trovarla! Mi spiegheresti meglio dove cercarla, e mi daresti anche il titolo? Thanks….

Ciao a tutti, and see you soon!!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** dolente canzone ***


Elrohir

Elrohir

 

Mi attacco al campanello e continuo a premere finchè la porta non si apre.

Uno spettinato Gabriele mi scruta truce. –Elia.- sospira –Avrei dovuto aspettarmelo.

In effetti, avrebbe dovuto. Solo io suono in quel modo… anche perché so per esperienza che il mio adorabile angelo non si schioderebbe dal letto, non fosse per ragioni urgenti.

Ben inteso, le ragioni urgenti non consistono nel fatto che io stia davanti a casa sua, quanto piuttosto nel  trillare del campanello che gli perfora i timpani.

Comunque, mi fa entrare.

-A cosa devo l’onore?- chiede.

-Ga, è successo, è il momento e io non so che cazzo fare… ho paura, sono in ansia, dio mancano solo due ore, ho paura e… te l’ho già detto che ho paura?

Lui si lascia cadere sul divano. Sospira di nuovo –non so perché, ma quando Gabriele è con me sembra avere bisogno di una quantità di ossigeno stratosferica. Poi risponde. –Sì. Quel che non mi hai detto è cosa è successo di tanto incredibile.

-Non puoi immaginarlo?

-Dunque, conoscendoti potrebbe essere qualunque cosa… che so, ti hanno proposto di andare sulla luna per spolverare la bandiera americana, o magari a sondare la fossa delle Marianne, sarebbe più nel tuo stile, oppure… una banda di alieni è piombata in casa tua e ammaliata dal tuo fascino ha deciso di portarti via su Plutone, o ancora…

-Ga dacci un taglio, parlo sul serio io…

-E io no? Forse non ti rendi conto, El, che l’ultima volta che sei piombato qui mi hai annunciato trafelato che avevi trovato il tuo fratello gemello, che questo non era umano e che quindi neanche tu lo eri, che siete entrambi elfi e che presto partirete per tornare sul vostro Mondo, o come diavolo lo chiamate, Asta….

-Arda- lo correggo, sedendomi nervoso.

-Ecco, sì, appunto, Arda… quindi scusami tanto, ma non ho la più vaga idea di cosa sia potuto succederti di così straordinario…

Cazzo. Gabri ha ragione, ne ho passate di incredibili in queste ultime settimane, e lui è l’unico che sappia tutto, l’unico a cui abbia parlato, rovesciando quel grumo di incertezze e dubbi e paure che minacciava di strozzarmi, l’unico che conosca tutti i miei incubi, l’unico che conosca tutti i miei sogni, l’unico che sappia della lenta cantilena dello specchio, l’unico che sappia la velocità cui batte il mio cuore, l’unico che mi abbia tenuto la fronte mentre vomitavo nella tazza del suo cesso la prima notte che mi sono ubriacato, l’unico che… l’unico.

Il mio angelo. Mio. Angelo. Gabriele.

Così, respiro e mi decido a spiegargli. Scelgo una frase brillante e intuitiva per presentargli l’accaduto. –Oggi ho giocato a basket.

Dio, ma da dove mi escono? Gabri mi guarda con un sopracciglio alzato, gli trema un labbro, si sta sforzando di non ridere. –Davvero incredibile, sono sconvolto…

-No, non hai capito. Ho giocato e… ho perso.- tento di precisare. Lui fa una faccia scettica, poi ironica –Una tragedia terribile, lo giuro, mi addolora immensamente… ora posso tornare a dormire?- chiede, ma non si muove. Sa benissimo che non è tutto qui, il mio angelo. E sa anche che sono davvero sconvolto, se dico ste cazzate.

-C’era anche Andrea.

Gabri spalanca gli occhi e si mette più comodo. Tiro un sospiro di sollievo. Vedo le rotelline girare sotto i suoi riccioli biondi da cherubino, sta cominciando a intuire.

-Cosa ha fatto di nuovo?

-Bè, mi ha sfidato… mi ha sfidato e io ho perso. Così adesso devo pagare.

-Eh…?

Mi mordo il labbro, non lo guardo. La mente mi torna a questa mattina.

//Andrea in mezzo all’asfalto, i capelli castani spettinati, quegli occhi nocciola brillanti. Mentre mi guarda. Mentre mi spoglia lentamente con gli occhi. Divorandomi.

Merda, è così eccitante stare davanti a lui, facendo finta di non accorgermene, fingendo di ignorarlo… fino a quando non lo sento stancarsi, e pretendere la mia attenzione.

Nel suo solito modo sbruffone e buffone, da pagliaccio malizioso. –Ehi, occhi grigi, un sorriso non me lo regali?

Mi volto, l’aria distaccata e fredda. –Perché dovrei, Andrea?

Mi si avvicina. –Dai, Elia, fai il bravo…

Mi prende il viso tra le mani, e le sue dita sono sorprendentemente dolci, carezzevoli. Pollice e indice intorno al mento, mi alza la faccia per costringermi a guardarlo. Intanto, mi solletica la gola. Ridacchio, e lui sorride avvicinandosi ancora di più –Il mio micino che fa le fusa…

Mi scosto, imbarazzato perché gli altri ci fissano. Ma Andrea non è tipo da fermarsi davanti agli sguardi indiscreti. Il suo viso brilla mentre la stretta sul mio braccio diventa sbrigativa e cameratesca, da compagno di strada. –Ehi, occhi grigi, che ne dici di una piccola sfida?

Scrollo le spalle. –Vuoi perdere Andrea?

-A dire il vero preferirei vincere… ma dipende tutto da quel che scommettiamo.

-Scommessa?- chiedo, arcuando un sopracciglio. Lui ride. –Che sfida è senza? Allora, sei pronto? Dimmi cosa vuoi che faccio se perdo.

-Così su due piedi non lo so… facciamo che lo decido sul momento, ok?

Lui scrolla le spalle. –Per me… ma io so benissimo cosa chiedere a te, occhi grigi.

Tace, e mi fissa. Con quel suo sguardo ardente. Mi sento a disagio. –Bè, sarebbe?

Lui sorride divertito, si china su di me, sul mio orecchio. –Non lo immagini? Una tua notte, dolcezza.

Mi tiro indietro di scatto, tutti hanno sentito. E tutti aspettano la mia reazione. Rido nervoso, poi faccio un cenno con la mano. –Non ti pare di esagerare, Andrea?

-Paura di perdere?- domanda serafico il mio amico.

È una sfida, dice una vocetta dentro di me. È una sfida, e tu non puoi lasciarla cadere.

-Figurarsi!- rispondo veloce, e afferro la sua mano a mezz’aria. –Ma sappi che quando sarà il momento non avrò pietà.

-Neanche io.- promette Andrea, accarezzandomi con lo sguardo.//

-Cazzo!- esclama Gabri, passandosi una mano tra i capelli. –Ne ha di fegato il ragazzo! E tu sei riuscito a perdere proprio oggi? Mica l’avrai fatto apposta, vero?

-Ma ti sei rincoglionito? È solo che hanno obbligato anche Elladan a giocare, e lui non aveva mai visto un pallone… poi un po’ l’agitazione per lui, un po’ per Andrea… non è facile giocare bene quando uno ti guarda come se volesse trascinarti nel primo angolo e…

-Così Andrea ci è finalmente riuscito…- mormora pensieroso Gabri –E tu?

-Io cosa?- mento.

-Eddai El che hai capito benissimo. Lui ti piace, si vede lontano un miglio… e sai benissimo che Andrea tiene troppo a te per forzarti in qualunque modo. La scommessa era solo uno scherzo, un modo per metterti un po’ in imbarazzo…

Mi alzo in piedi. –Ti faccio sapere domani. Per ora… per ora so solo che ho il cuore che sembra esplodere, e i brividi su tutta la schiena.

-Si chiama eccitazione, El- sento ribattere Gabri, mentre io mi chiudo la porta alle spalle.

resto fermo un attimo, a riflettere su quelle sue ultime parole.

Ma poi, cosa rifletto a fare? Lo so benissimo cosa provo.

Lo so benissimo cosa voglio.

Andrea.

 

Rumil

 

-Posso entrare?- chiede Legolas, esitando sulla soglia. Io gli sorrido, gli faccio cenno di avanzare.

Sembra pentito il principino… un cucciolo bastonato… sono stato troppo duro con lui, prima?

Naaa. Se lo meritava, quel bimbo viziato. Deve imparare che non sono tutti pronti, disponibili, dei pupazzi da prendere e usare. Deve imparare a controllare il suo senso di proprietà, deve imparare che può essere principe quanto vuole, e anche re e imperatore, ma le persone non può controllarle. Non può possederle.

Non può possedere me.

E se nessuno si è premurato di insegnargli questa lezione, bene, lo farò io. Non ci sono problemi, davvero, sono abituato a trattare con i ragazzini. E stia tranquillo, Sire, non succederà niente al suo bambino. Dovrebbe conoscerlo, ormai, il suo pargoletto.

Se qualcuno uscirà malconcio da questo scontro, stia pur certo che quel qualcuno sarò io.

Già adesso mi sembra di sentire il cuore spezzarsi, mentre lo guardo camminare, con quella sua insopportabile grazia sovrannaturale, e quegli odiosi capelli di sole…

Irmo come erano dolci le sue labbra, prima, mio signore di sogno, come avrei voluto potermi sciogliere nella sua stretta.

Perché hai creato esseri come loro, mio valar dagli occhi di mithril? Non lo capirò mai.

Gli Eldar sono una razza splendente, che bisogno c’era di creare tali… tali turbamenti.

I gemelli peredhel (come sarà strano d’ora in poi abituarsi a parlare di due mezz’elfi al posto che uno), il Thranduilion, la bella Luthien ormai nel vento… Idril della Citta Nascosta.

Non è naturale che una sola creatura porti in volto tanta bellezza. È pericoloso, per loro stessi.

Davvero, mio signore…

-Rumil che stai facendo?

Questo poi oltre che essere innaturalmente bello, è anche innaturalmente cretino…

-Ru, sei ancora arrabbiato?

Sospiro. –No. Non lo sono mai stato, Lass. Ma… avevo bisogno di un po’ di tempo per me. Non sono abituato a vivere a lungo gomito a gomito con altri.

-Con me, vorrai dire.- mi corregge. Io sogghigno e mi sporgo a spettinargli i capelli. Sembra davvero un bimbo rimproverato, è troppo dolce.

Merda. Lo sto facendo di nuovo. Mi sto lasciando intenerire. Bisogna correre ai ripari… urge un po’ di ironia.

-Dai Lass… non sei poi così male. Devo ammettere che all’inizio ti credevo un idiota completo, senza il minimo senso dell’umorismo.

-Ah grazie…

-Adesso mi sono ricreduto, però.- mi sorride, soddisfatto. –Adesso so che sei un idiota completo, ma devo ammettere che hai un buon senso dell’umorismo, anche se piuttosto perverso…

Mi lancia un cuscino in faccia. Poi mi si siede in grembo, per meglio tenermi inchiodato al divano. Ansimo, sotto il cuscino che mi soffoca. Lui preme ancora un po’, poi rilascia la presa. Ma non si sposa. Invece, con aria indifferente mi sposta un ricciolo, dicendo –E i gemelli? Non sono ancora tornati?

Scuoto la testa, rilassandomi. Pesa quanto una piuma. In fondo, non è sgradevole tenerlo in braccio…

-Dì, Ru, l’hai visto il tipo che ha invitato El a giocare?

-Uh-uh.

-Hai visto come guardava Elrohir?

Ridacchio –Sembrava volesse mangiarselo… ma il nostro cuginetto non mi pareva particolarmente preoccupato dalla cosa. Anzi, direi che…

-Sì anche a me ha dato la stessa impressione. Mi chiedo El cosa…

Si blocca. Anche io. Improvvisamente il ritardo dei gemelli ci pare qualcosa di piuttosto sinistro.

Guardo fuori dalla finestra. È sera, la luce sta calando.

Incrocio lo sguardo di Legolas, è impallidito. –No, Ru… non mi dire che….-sussurra.

Vorrei poterlo rassicurare. Ma conosco il mio narmomelindo, e so quanto geloso può essere, se si impegna.

Posso solo pregare che non faccia niente di irrimediabilmente idiota.

 

Elladan

Scivolo nelle ombre, entro nel parco. Il campo è buio, la notte cola sull’asfalto disegnando profili di rami. I lampioni illuminano tutto di una luce spettrale.

Lui è lì. Il bastardo.

Lo avvicino, lui alza la testa e mi sorride.

Mi ha scambiato per mio fratello, lo so. E so anche cosa fare.

Si alza in piedi, mi passa un braccio intorno alla vita.

Mi costringo a restare fermo, mentre mi lecca l’orecchio e sussurra –Allora dolcezza, sei pronto per…

A questo punto lo spingo contro il muro, e lui sobbalza sorpreso. Io poso la lama del mio coltello di mithril, coltello di Lothlorien e di cielo, contro la sua gola, sulla vena pulsante.

-Ti consiglio di stare lontano da mio fratello, stronzo. Hai capito?

Lui annuisce, e io sorrido mettendo a posto il pugnale.

Oppure le cose non vanno così bene e lui combatte, si ribella, così io lo sgozzo e lo lascio a bagno nel suo sangue, dopodiché vado a recuperare mio fratello, che mi ringrazia per averlo liberato dal suo persecutore, e ce ne andiamo insieme a casa.

Le varie fantasie cruente scorrono nella mia mente di vendicatore mentre raggiungo il parco.

Spero di arrivare prima di Roh, altrimenti potrebbero esserci complicazioni.

Sorrido, quando scorgo la sagoma seduta. Lui è solo.

Vorrei uscire dall’ombra, ma qualcosa me lo impedisce.

La luna brilla alta e calda sulla scena che si apre davanti ai miei occhi, e io non posso fare altro che fissare, impotente, la canzone lentamente suonata su quel campo deserto.

Guardo a lungo, mentre i polmoni si riempiono di rugiada.

Solo allora mi alzo, e allontanandomi mormoro, al cielo e al mio dio

“Non mi avevi detto, Irmo dalle iridi argentee, che una canzone tanto bella poteva fare tanto male.”

 

nota

1-     il mithril è l’argento elfico.

2-     Se qualcuno non l’avesse capito, la parte in corsivo è solo una fantasia di Elladan. Piuttosto protettivo, il mio gemello maggiore. Ma Elrohir non corre il minimo pericolo nelle mani di Andrea. Ve lo assicuro. Solo che, fateglielo entrare voi, in testa, a quel peredhel cocciuto…

3-     Spero di riuscire ad aggiornare abbastanza in fretta, ma ho paura che i prossimi giorni saranno un po’ pieni… comunque farò il possibile, ok?

4-     Per favore, chiunque abbia voglia di uccidere Elladan in questo capitolo si trattenga: lo dico perché anche io l’avrei preso a sberle mentre scrivevo, ma… scusatelo! È spaventato, ha paura che qualcuno faccia male al suo adorato fratellino… si farà perdonare, lo giuro!

5-     Poppy… direi che negare il mio AMORE FOLLE per i gemelli sarebbe assurdo… praticamente non c’è una storia che non ne veda una coppia per protagonista… sono il mio punto debole, lo ammetto… ma che ci posso fare, se sono così belli e dolci e puri e perfetti… comunque non sai quanto sono contenta di sapere che ti piace anche l’altra fic… THANKS!

6-     ColdFire, grazie mille per quello che hai detto, davvero, ogni volta che leggo un commento mi si apre il cuore. Però dovete giurare che se trovate qualcosa che non vi convince me lo dite… ci terrei a saperlo! Spero che continui a piacerti, e che il prossimo mi venga meglio, perché di questo capitolo non sono per niente soddisfatta… A presto! kisses Roh

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Occhi Grigi ***


Andrea

Andrea

 

(è passato un po’ di tempo, quindi non so quanti si ricorderanno di questo personaggio comparso solo negli ultimi due capitoli. Per tutti quelli che si stanno chiedendo ‘è sto andrea da dove è saltato fuori?’, in breve si tratta del giocatore di basket che ha sfidato elrohir e che deve incontrarsi con lui la sera. L’incontro è visto appunto dai suoi occhi.)

 

Sorrido, mentre qualcuno si siede al mio fianco. Non ho bisogno di guardare, per sapere che è lui.

Il buio è trasparente, sfuma le distanze. Non pensavo che sarebbe venuto.

Non pensavo che sarebbe successo.

E adesso siamo qui, nella notte in silenzio, e non so cosa dire per spezzare l’incantesimo.

Ma non avrei dovuto preoccuparmi troppo. Occhi grigi ha sempre la soluzione per ogni mia esitazione.

-Beh neanche mi saluti?- chiede ironico.

Volto lentamente la testa. È bellissimo. La luce della luna investe il suo viso, bagna gli zigomi alti, carezza le labbra ben disegnate.  Si scioglie dentro quegli occhi incredibili, dal taglio mandorlato, quegli occhi di nebbia mischiata a fumo e pioggia. Quegli occhi che mi hanno ucciso ferito distrutto.

Quegli occhi che mi hanno derubato.

-Non dici niente?- continua, e avverto un sottofondo provocante nel suo sussurro velato.

-Che vuoi che ti dica occhi grigi?– chiedo e allungo la mano per scostargli i capelli dal viso. Lui si tira indietro di scatto –Non mi toccare!- sibila e lo guardo stupito.

-Beh che c’è siamo nervosi?-

-Fanculo stronzo.

Decido che è meglio gettare la maschera del buffone. La cosa sembra seria.

-Elia si può sapere che succede?

-Tu che dici? Ci vuole tanto a capirlo? Sono incazzato coglione, che ti è saltato in mente oggi? Ti ha dato completamente di volta il cervello?

Non fosse così preoccupato risponderei con una battuta ma credo che il mio cuore non reggerebbe un altro insulto. Mi sono sempre divertito a provocare Elia, ma oggi il micino sembra essersi trasformato in una pantera. Ho paura di aver fatto qualcosa di incredibilmente stupido. Mi sforzo di ricordare tutto quello che ho detto stamattina. Non è facile calcolando che la metà delle cose che mi passavano per la testa me le sono tenute per me… o almeno spero! A Elia non sarebbe piaciuto immagino, sapere con esattezza cosa pensavo mentre lo guardavo stare in piedi in mezzo al campo, a petto nudo, con quel suo delizioso fratellino di fianco….

No, decisamente non sono ancora così idiota da lasciarmi sfuggire certe cose.

Quindi, rimane solo la scommessa.

La scommessa.

Che è anche la ragione per cui Elia si trova qui adesso. La scommessa.

Occazzo…! alzo le mani in segno di resa. Si morde le labbra, oh no Andrea avanti per una volta ragiona con la testa, non lasciarti distrarre… ma come diavolo fa a essere così sensuale? Ho il cervello in palla. Deglutisco a vuoto, poi finalmente mi scuoto. –Elia aspetta un attimo non avrai preso la sfida sul serio… stavo solo scherzando, te lo giuro!

-Simpatico… bel modo di divertirsi, vero, ci godi così tanto a mettermi in imbarazzo?

Lo fisso sconvolto. –Ma che cazzo dici?

-Davanti a tutti… Andrea davanti a tutti… Comunque adesso basta, sono qui come promesso, quindi fai quel che devi e diamoci un taglio.

È in piedi, si dondola nervoso. Non posso credere che mi conosca talmente poco da dire certe cose. –Allora, ti muovi? Non è quello che volevi? Sono ai tuoi completi comandi, che devo fare? Cominciare a spogliarmi? Vuoi baciarmi prima? O ti interessa solo una scopata, e…

-Adesso fermati un attimo, e smettila di sparare stronzate come se avessi davanti l’ultimo pirla della scuola. Pensavo che in questi due anni avessi capito come sono fatto, ma evidentemente sono rimaste un paio di cose da chiarire. Non ho nessuna intenzione di… scoparti… o roba simile, mi sono spiegato? Dio, mi fa schifo solo l’idea che tu abbia pensato…

I suoi occhi sono improvvisamente immensi. –Ma… pensavo di piacerti…

-Ma tu mi piaci, Elia. Mi piaci da impazzire. Nessuno è mai riuscito a farmi perdere la testa in questo modo, e ti assicuro che prima di conoscerti non avrei mai pensato che avrei fatto un giorno un discorso simile a un maschio. Né pensavo che mi sarei sentito morire al solo pensiero di sfiorare le labbra di un ragazzo. Ma se succederà mai qualcosa tra di noi, sarà perché lo vogliamo entrambi, e non perché tu hai perso una stupida scommessa.

La sua voce è un sussurro. –Oggi però non dicevi così…

Merda Elia, oggi era oggi. Te non ti sei visto, in mezzo a quel campo, con il sole tra i capelli, e quegli occhi che mi ridevano in faccia… avrei venduto l’anima per poterti baciare. In mancanza di un diavolo disposto a stipulare un contratto, mi sono risolto a sfidarti a basket…

Mai avrei pensato che tu perdessi, però. E mai avrei pensato che avresti preso così sul serio quella cazzata… mi hai creduto davvero così insensibile da approfittare così di te?

Lo ammetto, quando ti sei tolto la maglietta ho pensato che non avrei resistito e ti avrei preso lì, davanti a tutti… ma è stato solo un impulso momentaneo, e questo non toglie che non ti avrei mai potuto forzare, davvero, mai, e…. e che diavolo ci fai a tre centimetri da me? No ti prego stammi lontano, merda occhi grigi non sono fatto di pietra…

-Fallo.

-C-co-cosa?- balbetto, mentre ti chini sempre di più. Indietreggio, e non fossi troppo occupato a fuggire riderei di questa scena, le parti non dovrebbero essere invertite?

Improvvisamente, sento il muro alle mie spalle. Ops… e ora che faccio.

Tu avanzi ancora, posso sentire il tuo respiro sulle mie labbra… dio sto morendo… alzo il viso, trovo il coraggio e ti guardo negli occhi.

Ti guardo negli occhi.

Guardo te.

Te.

 

Lo vidi per la prima volta due anni fa. Era seduto in questo campetto, le gambe incrociate sopra una panchina. Mi dava le spalle, lo vedevo chino su un qualche libro.

Poesie, mi pare. Non ricordo l’autore. Forse Garcìa Lorca… sì, probabile.

Comunque, i suoi capelli brillavano sotto la luce di riflessi azzurrini. Era una giornata limpida, serena, e sembrava che il cielo si riflettesse su di lui.

A quel tempo fumavo, e avevo un dannato bisogno di un accendino. Stavo seduto sulle gradinate con un gruppo di amici, e chiaramente quei cazzoni non mi erano di nessuna utilità… così sbuffando mi alzai e decisi di chiedere alla figura seduta in fondo.

Lo raggiunsi, e senza pensare lo apostrofai. –Ehi tu…

Si voltò. Gli occhi più splendidi che avessi mai visto mi fissarono da un viso tanto perfetto che per un attimo rimasi senza parole. –E te che cazzo saresti?- balbettai, completamente tramortito.

Lui fece una smorfia ironica, che col tempo avrei imparato a conoscere ma che in quel momento mi parve solo strafottente, e replicò. –Non male come tecnica di abbordo, dimmi funziona di solito? Vedrò di servirmene…

Questa risposta sferzante mi riportò più o meno alla realtà. Da macho idiota che ero, non potevo permettere che un ragazzino mi trattasse in quel modo. Per quanto grazioso fosse…

-Ehi moccioso, guarda che non ci penso minimamente ad abbordare proprio te. Non sono un frocio, io…

-Mi fa piacere, un problema di meno. Non sei esattamente il mio tipo, sai..

-Senti, io sono qua solo perché mi serve un accendino. Ce l’hai?

Scrollò le spalle. –Non fumo.- e abbassò la testa, considerando chiusa la conversazione.

Ora, ero pronto ad andarmene. Davvero. Non so cosa mi spinse a restare. Forse, la sua mano che mentre ancora lo guardavo salì distratta a scostare una ciocca di capelli corvini, denudando l’orecchio perfetto. Un gesto talmente sensuale che mandò una scarica di adrenalina dritta al mio inguine… e così invece di scappare via, terrorizzato di mettere in gioco la mia identità sessuale, mi sedetti al suo fianco. –Che leggi?

-Ma non volevi solo un accendino?- domandò lui stancamente, alzando lo sguardo con un sospiro. Sogghignai, sfiorandogli lo zigomo. –Vietato cambiare idea, occhi grigi?

Lui si tirò indietro, scocciato. –Mi chiamo Elia, chiaro?, e se permetti…

-Andrea.- dissi porgendogli la mano. Lui non la strinse. –Tanto piacere, ora vorresti gentilmente togliere il disturbo.

Era così bello incazzato… decisi di provocarlo un po’. Feci scorrere lo sguardo sul suo corpo, con un sorrisetto. –Direi di no…

Lui si alzò in piedi. –Ma vaffanculo!

-Ehi! Dove te ne stai andando?- gli urlai dietro, lui neanche si voltò. –Non sono cazzi tuoi.- mi gridò di risposta, e io rimasi seduto, a guardare la sua schiena che si allontanava.

Non lo rividi più per tre mesi. Non di persona almeno.

Perché, nei miei sogni, passammo insieme ogni notte.

Quando per la prima volta mi svegliai e scoprii di essere venuto sognando di lui, diedi la colpa al troppo sole, e ai suoi maledetti occhi grigi. La seconda volta rabbrividii incerto, e la terza mi spaventai. Non potevo parlarne con nessuno, perché tutti mi avrebbero preso per il culo a non finire… tutti tranne Luca. Il mio migliore amico, che per un simpatico scherzo del destino era anche gay dichiarato, fu felice di accogliermi nel suo club. –Non sono gay, continuavo a chiarire, e lui sorrideva –D’accordo, bisex allora…

Mi incazzavo, e Luca se la rideva delle mie proteste. Ma io davvero non sapevo cosa pensare. Non è che improvvisamente mi piacessero i ragazzi. A me piaceva solo Elia.

La situazione cambiò in maniera inaspettata, durante una partita di basket. Dovevamo affrontare una squadra che non conoscevo, e stavo ciondolando ai bordi del campo, quando improvvisamente lo sguardo mi cadde sugli avversari.

Lui era là.

Sogghignai, mentre Luca mi si avvicinava. –Andre, vedi di fare attenzione, dicono che tra loro ci sia un mago… vogliono che gli stai dietro tu…

-Spiacente ma ho altri piani. Credo che la partita sarà molto divertente…

-Perché?

Gli indicai Elia, e lo vidi spalancare gli occhi mentre capiva. Ricambiò il sogghigno. –Direi che te lo sei scelto bene, capisco ora come sia riuscito a farti perdere il controllo… delizioso davvero…

-Ehi giù le mani, vedi di non provarci Lu.

-Ok ok… ma che vuoi fare?

-Niente… solo giocare un po’.- risposi malizioso.

E dicevo sul serio. Ero convinto che fosse un novellino, qualcuno che mi sarei mangiato in due bocconi… meditavo di divertirmi un po’ con lui, e poi occuparmi del cosiddetto dio del pallone. Mi parai davanti ad Elia, sogghignando. –Ehi occhi grigi, ci si rivede…

-Che gioia…- mormorò lui sarcastico. Senza lasciarmi il tempo di aggiungere altro si spostò, raggiungendo i suoi compagni. Fabrizio mi mise una mano sulla spalla. –Vedo che hai già fatto conoscenza… bene, ti consiglio di marcarlo stretto perché tra quelli è il più pericoloso.- vedendo il mio sguardo stupito, specificò. –Oh Andre, ti senti bene? Mi hai sentito? Possiamo lasciare Elia a te, ci pensi tu?

-Elia? Elia è…

-Strano vero, sembra un ragazzino, ma è pazzesco quando gioca. Quindi, ci stai?

Gli occhi mi brillavano. –E me lo chiedi?

Pensavo ci sarebbe voluto poco per farlo capitolare. Sembrava così emotivo… ma dovetti ricredermi, come ogni volta che facevo previsioni. Quando mi piantai davanti a lui, aveva uno sguardo distante che per un attimo mi sconcertò. Poi –Allora, ti sono mancato?

-Da morire…- sibilò, guardandosi intorno pronto a scattare, aspettando il pallone.

–Bene, perché anche io ti ho pensato spesso. Molto spesso. Specialmente di notte, ti ho anche sognato… vuoi sapere cosa facevamo?

-Ti prego, risparmiami- mormorò lui, annoiato. Intanto la partita andava avanti. Dovevo distrarlo, e ci stavo riuscendo. O almeno, così pensavo.

Mentre, marcandolo stretto, mi impegnavo a descrivere nei particolari la scena, le sue gote si coloravano leggermente, e un paio di volte, correndo, mi lanciò uno sguardo esasperato. Ero certo di averlo in pugno… quando improvvisamente, senza che io neanche me ne accorgessi, la palla gli finì tra le mani, e tutto cambiò.

Lo vidi saettare nella direzione opposta, con movimenti così veloci…

Non riuscii a ribeccarlo per tutta la partita.

Solo alla fine me lo trovai davanti, ansimante. Aveva i capelli spettinati, era sudato, e sorrideva compiaciuto. –Bella partita…- disse, strafottente. –Mi spiace che tu non abbia potuto concludere il tuo interessantissimo racconto… sarà per un'altra volta, voglio sperare. Ciao ciao…

Rimasi a bocca aperta, gli occhi piantati sulla sua figuretta esile che spariva negli spogliatoi.

Cazzo, Elia non era solo un corpo divino abbinato a un viso perfetto e a una lingua lunga e veloce… Elia era come il vento di notte, le stelle sul mare, la sabbia bagnata e odorosa di sale. Elia era un sogno, sfuggente e misterioso.

Caldo come il fuoco o un ferro rovente, capace di fare a botte alla minima provocazione. Non mi sono mai davvero spiegato perché a me non abbia mai tirato nemmeno una sberla, con tutto quel che gli dicevo ogni volta che mi capitava davanti. Freddo e assente se voleva, eppure nei suoi occhi, quando mi guardava, compariva quasi una scintilla di dolcezza.

Diventammo amici, con il tempo. Imparai a conoscerlo e a rispettarlo, imparai a preoccuparmi per lui e a capirlo. Imparai a leggerlo, a decifrarlo.

E lui pian piano si lasciò afferrare.

 

Lo guardo negli occhi. Non mi è mai sembrato una creatura del tutto umana, ma questa volta è davvero… etereo. Sovrannaturale. Letale.

-Fallo.- sussurra di nuovo, e io scuoto la testa. Non sopporto l’idea di forzarlo.

-Andrea, ti prego… io ho solo paura.

-E di che?- mormoro, pensando che paura non descrive il mio attuale stato d’animo. Forse sarebbe più esatto parlare di terrore.

Quelle iridi grigie paiono sul punto di esplodere, e distruggere tutto quel che sta loro intorno. me compreso. Cos’è quell’emozione che le turba?

-Di tutto e di niente. Di te e di me. Di noi. Di… di questo…. Questo qualcosa che sento pulsare quando mi sei vicino. E ho paura di…

Smette di parlare e mi bacia. Adesso muoio davvero. Non posso resistere a questo, alle sue labbra sulle mie, ai suoi denti alla sua lingua, la sua lingua, la sua saliva, la sua bocca, la sua lingua, la sua lingua… si scosta e posa la testa sulla mia spalla, fiato caldo su pelle tesa. Muoio.

-Scusa per prima non volevo volevo solo provocarti vendicarmi vedere come reagivi scusami non so cosa mi è preso ma oggi mi hai messo davvero in imbarazzo, per mio fratello più che altro, cazzo ti è saltato in testa di parlare così davanti a lui, Andrea non sai che fatica ho fatto a continuare a giocare con te che mi guardavi in quel modo, non mi sono mai dovuto trattenere tanto e dio Andrea quante volte ho sognato di…

Mi bacia di nuovo, e come in trance io lascio che le mie mani salgano a cingergli la schiena, carezzandola, lo sento gemere. Ma… non doveva essere il contrario? Le posizioni non andavano invertite? Non dovrei essere io quello che lo sbatte al muro e lo obbliga a confrontarsi con i suoi sentimenti, quello che geme e sogna e assapora ogni centimetro di carne concessa? Cazzo, perché, Elia sempre così timido, scostante, delicato, mi scombussola tutto vederlo sotto questa luce…

Ma del resto, mi importa poi davvero tanto? Voglio dire, ho davvero intenzione di lamentarmi se mi morde il labbro e mi accarezza il collo, con quei movimenti languidi che minacciano di farmi impazzire?

Decisamente no, decido, mentre la mia mano scende sul suo sedere e lo attira più vicino a me, il suo inguine sfiora il mio ed è come se una scarica elettrica mi avesse accecato.

Ricado all’indietro contro il muro, gli occhi chiusi e le sue labbra sul collo.

Improvvisamente lo sento allontanarsi. Rialzo la testa a incontrare il suo sguardo.

-Andrea? Tutto bene?

Gli bacio il naso, e lui sorride. –Benissimo, occhi grigi. Finchè mi starai vicino, tutto andrà benissimo.

Vedo il suo sorriso sbiadire, ma è solo un attimo, poi le sue labbra cercando di nuovo le mie.

Non posso trattenere un brivido, in cui piacere e dolore si intrecciano uguali.

Perché lo conosco bene, oramai, so leggere il suo sguardo. E poco fa…

Non ho molte certezze, nella vita e in questo momento.

Ma di due cose sono sicuro. La prima è che amo Elia, l’Elia che mi sta tra le braccia.

La seconda, è che Elia non ci sarà sempre. 

 

Elladan

 

Le strade sono piene di ombre, lunghe e fumose, ritagliate nella luce fredda e aliena dei lampioni. Io cammino e ho la testa bassa, sento gli occhi stanchi… non vedo l’ora di rientrare in casa, infilarmi nel letto di Lass (e chi cazzo se ne sbatte se lui è riuscito a portarcisi Ru, ci sarà comunque spazio per me) e dormire tutta la notte tra i due corpi solidi e caldi dei miei migliori amici.

Merda, sto così male…

Non so cosa è stato peggio. Vedere mio fratello avvinghiato a quel ragazzo, o rendermi conto che bastava un ritardo di pochi istanti, e lo stesso ragazzo si sarebbe trovato afflosciato in un angolo, un coltello in gola. Il mio coltello.

Dio, devo vomitare…

C’è un odore strano nell’aria. Odore di miele, di fiori, di sottobosco dorato, odore di foresta e di fieno, di alberi alti e vivi, di selvaggio. Odore di madre e di infanzia, odore di acqua argentea e specchio proibito. Odore di Lothlorien.

Ma è diverso, più penetrante e leggero, più dolcemente acre, odore di pioggia. Odore di Lupo.

Mi guardo intorno, non vedo niente. Nessuno.

E poi, improvvisamente…

È Irmo, quello che avanza nell’abito nero, il viso perfetto una maschera assente? Diverso da solito, più fisso e cupo, serio, concentrato. Manca la tenera giocosità del mio dio di sogno. Non è Irmo…

Capisco.

Cado in ginocchio, la fronte sull’artificiale terreno bruno che chiamano asfalto.

-Namo…- sussurro, e la sua mano è gelida mentre mi sfiora i capelli.

Non ho mai saputo che il tocco della Morte fosse così dolce. Mai saputo che gli occhi grigi del Dio del Fato potessero brillare come quelli del suo gemello.

Vorrei aver salutato Elrohir, prima di dover lasciare questo mondo.

Le dita fredde come marmo scendono lungo il mio viso, mi afferrano gentilmente il mento costringendomi ad alzare la testa.

Non ho mai saputo di nessuno sopravvissuto alla carezza del Dio.

Eppure io sono ancora qui. E so che qui resterò.

-Non ti crucciare, figlio mio. Non è ancora venuto il momento di bagnare il tuo pugnale. Il mithril ha bisogno di rubare luce alle stelle, prima di quel giorno.

Lo guardo stupito. Poi piango.

Namo non mi stringe, non parla. Solo quando smetto di singhiozzare sorride. –Hai molta strada da compiere, mio coraggioso. Verrà un tempo in cui la vita di tuo fratello dipenderà dalla tua spada. Ma ora Elrohir ha bisogno solo d’amore. Sarai disposto a dargliene?

-Ha già chi gli offre l’amore.- rispondo amaro prima di potermi trattenere. Ma Namo non pare offeso, e sorride. –Sciocco. Voi due siete legati, lo siete nella mente- mi tocca la fronte –nel cuore- mi posa la mano sul petto –nell’anima- mi tocca le labbra- e nel corpo- intreccia la mano alla mia. La porta al suo viso, e la bacia. La sua bocca è più vellutata di una pesca, di un frutto succoso di Imladris. E di nuovo, non dovrei fare simili pensieri su un Valar.

Lui ride, e fa un passo indietro. –Sei audace, Elladan Elrondion. Credo che mio fratello avesse avuto ragione fin da subito, su di te.

-Cosa vuoi dire?

-Lo scoprirai a suo tempo, narmomelindo.- sussurra, ma già sta svanendo.

Il profumo di Lothlorien se ne va, e la strada torna vuota.

Ma la solitudine adesso sembra pesarmi di meno.

 

Note

Ehila! Come state? Speravate di esservi liberati di me, vero? E invece no… eccomi qui come sempre, per il mio solito monologo…

Cominciamo con le spiegazioni post-capitolo.

Non chiedetemi perché improvvisamente Andrea sia così importante, né come farò a sistemare tutto quando i gemelli partiranno per Arda. Non ne ho la più vaga idea. Anzi, vi dirò che sono moooolto perplessa e sto meditando di farlo fuori in qualche modo (scherzavo, scherzavo andrea, tranquillo, ti voglio troppo bene per buttarti giù da un ponte!). Comunque volevo far risaltare la particolarità di Elrohir, anche quando era solo Elia il ragazzo umano.

Poi mi devo scusare, perché mi ostino a mettere il basket in mezzo quando non ne so assolutamente niente. Ma tra tutti gli sport è quello che mi piace di più vedere… non che l’abbia visto molto, però… e comunque il questo periodo mi sono trovata un infinità di ff yaoi su Slam Dunk e temo che presto ve ne troverete davanti una scritta da me… anche se non ho letto neanche un manga o visto una puntata, quei personaggi sono straordinari…

Vabbè, a parte queste divagazioni torniamo nella Terra di Mezzo.

Premetto che sto capitolo l’avevo scritto prima del casino con il sito, indi per cui sono passati quanto? Tre settimane? In ogni caso, non ricordo niente dei possibili proseguimenti, e le frasi che Namo dice a Elladan sono oscure per me quanto per voi. Non so cosa intendesse con quei sibillini riferimenti, mi inventerò qualcosa al momento giusto. Voi non vi preoccupate, tutto si risolverà (perché ho l’impressione che questo non vi rassicuri per niente?)

Comunque sia… credo di aver finito di rompervi con le note a fine capitolo, per sta volta.

Quindi…. Vi saluto miei cari, mi siete mancati in queste settimane! Anche perché ho scoperto che non riesco più a continuare sta storia se non la legge qualcuno…

See you soon, boys! Love, Roh

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** bianca coperta di neve ***


Andrea

Sì, sono ancora viva. Sì, amo ancora i miei gemellini- non potrò mai tradirli, tesorucci miei…

E forse sono riuscita, dopo non so quanti mesi, a produrre qualcosa di decente. Spero sia anche sensato. Ho paura di aver buttato troppa carne al fuoco, tre miliardi di spunti che- come sempre- non saprò continuare. Temo.

Comunque. Ditemi che ne pensate, ok?

Io cercherò di aggiornare in un tempo più ragionevole, promesso…

Per ora, eccovi il capitolo. E scusate ancora il ritardo abominevole!

Ps- Ultima cosa, nel caso non ve lo ricordaste- molto probabile, e giustificabile- nell’ultimo capitolo Elrohir andava a letto con quel suo compagno di basket, Andrea. E Elladan lo vedeva, e si sentiva assalire dalla gelosia, poi incontrava Namo e scambiava con lui qualche sibillina parola. Legolas e Ru si addormentavano insieme, dopo aver fatto pace per l’ennesima volta. È tutto, credo…

Pps- ci sono scene che io considerei quasi Nc-17, qui dentro. Lo dico per avvertirvi, e anche per chiedervi consiglio: devo cambiare il rating? Credo sarà quasi inevitabile, tra un po’…

 

Legolas

 

La porta sbatte, sobbalzo nel letto. Mi volto su un fianco, perdendomi per un attimo nei lineamenti immoti di Rumil.

Elbereth, se è bello. Il pensiero di lui e El a letto insieme mi fa impazzire.

Ultimamente, sono molte le cose che mi danno alla testa, in effetti.

Tutta colpa di un irritante galadhrin che si diverte a spiazzarmi…

Che poi non stanno neanche così le cose. In fondo, lui è sempre il solito irritante sapientone, la medesima guardia dorata dalla lingua tagliente. Non è che basta un sorrisino ogni tanto, per cancellare tutto.

Però… però non posso negare che ci sono state volte, negli ultimi tempi, che mentre litigavamo la voglia di chiudergli la bocca con un bacio c’era. E poi magari spingerlo sul letto, con delicatezza, per mostrargli una volta di più la superiorità degli elfi di Mirkwood.

È diverso dal desiderio per Elladan. Tutta un’altra cosa.

Si muove nel sonno, Rumil, si rannicchia al mio fianco. Passo le dita tra i suoi riccioli rossi, soddisfatto.

Adesso che dorme posso coccolarmelo quanto mi pare. Fosse sveglio, sarebbe già dall’altra parte della stanza con il pugnale sguainato, ma sveglio non è, quindi…

Mi chino, poso un bacio leggero sulla sua fronte. Niente.

Irmo, ti amo. Tientelo ancora qualche tempo nei tuoi giardini, d’accordo?

Lasciami giocare un altro pò.

Il sogghigno mi si scoglie in un sorriso gentile, mentre faccio scorrere le labbra sulla sua pelle chiara- profumata di miele e di gigli, profumata di Lothlorien -e mi fermo a mordicchiargli il mento.

Delizioso.

Certo che per essere una guardia del bosco dorato ha il sonno pesante, Ru!

Meglio per me.

Scosto le lenzuola, slaccio i bottoni del pigiama. Il suo petto liscio si presenta ai miei occhi, perfetto, tutto da giocare. Un altro bacio sulla gola, e lui geme leggero nel sonno.

Valar, che voglia che ho di mordere la punta candida di quell’orecchio perfetto. Ma neanche tutto il potere di Irmo potrebbe tenerlo addormentato, se lo facessi. Si sveglierebbe senz’altro, travolto da un’onda di piacere più forte dell’orgasmo.

E non deve aprire gli occhi, non ancora.

Percorro con le dita il suo corpo, sfiorandolo appena.

La bellezza di Rumil è diversa da quella di Elladan, l’ho sempre saputo.

El è splendido, altero. Pare sempre di passaggio, non puoi mai possederlo interamente. Amare Elladan è come amare un Valar, ti rendi conto che devi godere di ogni singolo istante, ti rendi conto che potrebbe sparire insieme all’alba. Le stelle si spengono in fretta, vanno assaporate con devozione.

Rumil, invece, è vivo. Saldo. Come un fiore di Lothlorien, resterà. Una freccia potrebbe portarlo via, il veleno di un orco. Altrimenti, sarà saldo nella tua vita. Altrimenti resterà tiepido e bello, delicato. Pungente. Leale.

La mano si ferma sul suo fianco. Trattengo a stento l’improvviso impulso di attirarlo a me, stringerlo. Invece, mi chino nuovamente e poso un bacio sulla sua spalla.

Un altro rumore in cucina. Sarà tornato Elladan?

Decido che il gioco è durato a sufficienza. Il bell’addormentato può anche svegliarsi, fuori il sole è già alto.

Prendo tra i denti il lobo del suo orecchio, lo tiro leggermente, prendo a succhiarlo. Lui geme, socchiude gli occhi. Quanto è bello…

Un balzo improvviso lo porta a due metri da me –Cazzo stai facendo Las?

-Uno dei gemelli è ritornato, andiamo a salutarlo?

Uno spettacolo, le gote candide di Rumil arrossate, per la vergogna o il desiderio non lo so. Sogghigno- tutta la tenerezza che mi abitava lavata via dalla voglia di inchiodarlo a quel letto, oppure di sfotterlo fino a sera. Indico con il mento il suo inguine, la stoffa dei calzoni tesa, intrigante. –Qualche problema, mellon nin? Se ti serve una mano…

-Fanculo Las.- sibila lui.

-Certo che di prima mattina sei davvero un piacere, Ru.- si adombra ancora di più, mentre io mi tiro in piedi stiracchiandomi. Non mi sono mai considerato davvero un provocatore, ma Rumil è semplicemente troppo invitante, per essere lasciato in pace.

-Io vado dai gemelli. Raggiungici, quando hai finito, lirimael…

Esco dalla stanza, lanciandogli un ultimo sogghigno soddisfatto.

Di nuovo, il sorriso ritorna, mentre mi allontano da lui. Mi sento un po’ bambino, in questo momento. Eppure, al tempo stesso, mi sembra di crescere ogni minuto.

Decisamente, ho trovato un bel modo di iniziare la giornata. E anche il cielo sembra pensarla come me, perché ridacchia fuori dalla finestra, azzurrissimo e caldo come il mattino a Imladris.

 

Rumil

Mi lascio cadere sul letto, le ginocchia improvvisamente deboli. Sento il viso andare a fuoco, e la tentazione di inseguire il maledetto principino per riempirlo di pugni è difficile da combattere.

Passo le dita tra i capelli, cercando di ritardare l’inevitabile. Qualunque cosa, pur di non darla vinta a Legolas.

E al ricordo della sua bocca, intorno al mio lobo.

La sua bocca sorpresa, socchiusa su un bacio che non si aspettava, qualche sera fa. La sua bocca, una carezza veloce e provocante sulla mia, per la prima volta. La sua bocca morsa dalla mia, la sua lingua, il suo sapore… La sua bocca, la sua bellissima bocca, le sue labbra…

Irmo, dammi la forza.

Faccio scivolare una mano dentro i pantaloni. Mordo un gemito tra i denti, chiudendo gli occhi e rovesciando la testa all’indietro. Lotholorien appare davanti a me in tutto il suo splendore, con i suoi campi di grano e il miele nei fiori. Caldo piacere mi attraversa le vene, e intanto ricordo Elladan riverso su una roccia, il fiume blu, specchio di cielo, sotto di lui. La sua bocca sulla mia pelle, le sue mani tra i miei capelli.

Ed è solo un caso, se alla fine mi ritrovo a far l’amore con un elfo biondo, la bellezza scura del mio migliore amico sbiadita in un bagliore di mitrhil. È un caso.

Solo un caso, un fastidioso, stramaledettissimo caso.

Ho ancora il respiro un po’ affannoso, quando bussano alla porta. Arrossisco, senza poterlo evitare. Giuro, Namo, che se è quel pervertito lo strangolo. Preparati ad accoglierlo, e per favore, assicurati che non venga rilasciato dalle tue Aule prima che siano passati come minimo mille ere.

Il bussare continua. E se all’inizio la tentazione di non rispondere c’è stata, so di non poter evitare il mondo dei vivi per sempre. Poi, Legolas non avrebbe aspettato così tanto prima di entrare. Dannato bambino viziato.

Infatti, la voce melodiosa di uno dei gemelli filtra attraverso la porta.

-Rumil? Ru stai bene? Posso entrare?

Elrohir, capisco, mentre guardo la testa bruna far capolino, e sorridere. Elrohir.

Gli occhi di Elladan sono diversi. Gli occhi di Elladan hanno visto le luci di Arda, gli occhi di Elladan hanno respirato le stelle. Hanno bevuto dal cielo di Lothlorien. Gli occhi di Elladan sono stati battezzati dai bagliori delle battaglie, dall’amore delle foglie. Gli occhi di Elladan…

Gli occhi di Elrohir sono la cosa più bella e pura che mi sia mai capitato di guardare. Mi chiedo se questo sia dovuto alla sua innocenza, alla sua infanzia passata lontano. O se quell’argento chiaro sia la vera ragione per cui è stato allontanato, strappato al nostro mondo e al suo destino. Se tutto questo è stato un disperato tentativo di mantenerlo integro, intatto.

Ma se così è, quale ragione ha spinto i nostri saggi a richiamarlo a casa?

Come sempre, la consapevolezza del pericolo mi chiude lo stomaco. Chissà se anche il principino la sente, questa incertezza. Chissà se anche i gemelli la intuiscono, questa paura?

Il peso di Elrohir cambia l’equilibrio del materasso, e il movimento mi riporta al presente. Lo guardo, seduto sul letto al mio fianco, i capelli sugli occhi, il sorriso imbarazzato.

Pare splendere, questa mattina. Allungo una mano, infilo dietro il suo orecchio una ciocca scura.

Potrei passare la vita a carezzare questo viso. Invece, costringo le mani a cadere sul lenzuolo, mentre mi chino più verso di lui.

-Cosa ti turba, Lirimael?

Sorride di nuovo, arrossisce leggermente.

Si lascia cadere sul letto, i capelli un ventaglio intorno al capo.

Resto fermo. Aspetto che parli.

Che mi dica qualcosa, una didascalia per coronare le immagini che mi hanno affollato la testa.

Il suo corpo chiaro contro una superficie scura, gli occhi brillanti di un’emozione mai provata. E un ragazzo alto, bruno, chino su di lui con reverente passione. Baci lenti, bagnati, e fremiti di pelle su pelle, nervi scoperti e scosse lungo la schiena.

-Dov’è Elladan?

Trasalisco, mentre la domanda inaspettata scaccia di colpo tutti i bagliori di ricordo.

Non vuol parlare del ragazzo- con tutta probabilità neanche si aspetta che sia al corrente di come ha passato la notte. Ancora non abbiamo avuto tempo di spiegargli con precisione la portata della sensibilità elfica.

Poi, un brivido di freddo mi sorprende. –Non è in casa?

Scuote la testa. –Non lo trovo. Io ho… dormito fuori… sono tornato poco fa ma…

Mi alzo in piedi, raggiungo il soggiorno.

Legolas sta sdraiato sul divano, alza gli occhi a guardarmi. Vedo il bagliore malizioso attraversargli le pupille, ma qualcosa nel mio atteggiamento lo inquieta, perché si tira a sedere bruscamente, ogni scherzo evaporato.

-Ru che succede?

-Hai visto El?

Batte le palpebre. –Non sta dormendo?

-Non è in casa.

-Merda.

I suoi occhi sono gli occhi di un guerriero, adesso. Incredibile come possa passare da bambino viziato a principe di un regno in così poco tempo. Per la prima volta da quando lo conosco, sento di potermi fidare di lui, e il sollievo è così forte che quasi sorrido.

Prima che un dolore improvviso mi attraversi la testa, mozzandomi le ginocchia e togliendomi l’equilibrio.

Las se ne accorge, in un lampo è al mio fianco.

Parla, forse, ma io non lo sento. L’unica cosa di cui ho coscienza, è il suo braccio intorno alla vita, sostegno sicuro e forte, mentre mi porta a sedere.

Poi, la luce mi acceca la vista. E gli occhi di Legolas si fanno sempre più lontani.

 

Elrohir

-Cazzo.

Pare nebbia, quella che avvolge la stanza. Fatico a restare in piedi, mentre la sensazione lentamente si dirada. Solo allora, mi accorgo che Legolas sta parlando, e che Rumil siede sul divano, la testa reclinata all’indietro.

-Ru, Ru, apri gli occhi, dai… va tutto bene, ci siamo qui noi, El arriverà presto, apri gli occhi, dobbiamo andare a cercarlo… Ru mi stai spaventando, Ru…

-Cosa gli succede?

Legolas alza appena gli occhi a guardarmi, ma non smette di carezzare il viso di Rumil. Carezze frenetiche e spaventate, dolci al tempo stesso. Non li ho mai visti così vicini, mai da quando sono arrivati.

-Non lo so, non capisco cosa…

-Cos’è questa nebbia?

-Nebbia? Di che nebbia parli, Elrohir?

Sbatto le palpebre, mi chiedo se stia scherzando. Mi guardo intorno: è più rada di prima ma c’è ancora. Socchiudo le labbra, cerco le parole. Poi. –Tu non la vedi?

-Non capisco cosa… merda! Rumil apri sti cazzo di occhi lo scherzo dura poco…

Trema, Legolas. Trema, e io sento il terrore riempirmi pian piano.

Poi, improvvisamente, tutto torna normale.

Una mano si posa sulla mia spalla, me la stringe. Mi volto appena, per incontrare gli occhi duri di mio fratello.

-Rilassatii.- mi dice, e fa un passo avanti per portarsi al fianco di Legolas.

-Spostati.

-El non so cosa gli sia successo, stava parlando e…

-Spostati Las. Non è niente di grave, datti una calmata.

Si inginocchia davanti a Rumil, prende i suoi polsi tra le dita.

Sono così sottili, e candidi, paiono sul punto di spezzarsi. Elladan fa un cenno con la testa a Legolas. –Siediti, fallo sdraiare. Massaggiagli le tempie, potrebbe servire.

Legolas è impacciato, le sue dita tremano. Me ne accorgo anche io, e Elladan sorride quasi. –Ehi, mellon nin. Non è successo niente. Ha solo perso conoscenza, tra un paio d’ore starà bene. Se lo aiutiamo, si risparmierà un bel mal di testa. Altrimenti, tornerà comunque come nuovo.

-El… cosa…

-Siediti, Elrohir. E dimmi come stai.

-Come sto?

Lui annuisce, scoccandomi un’occhiata. –Vedi bene, oppure c’è ancora una specie di patina intorno a tutto?
–No, adesso va tutto bene ma…

La voce mi si spegne. Elladan non parla, continua a massaggiare i polsi di Rumil. Intanto, anche le dita di Legolas hanno assunto un ritmo deciso.

Elladan si alza in piedi, infine, incrocia le mani di Rumil sul suo petto. Legolas scambia uno sguardo con lui, smette di massaggiargli le tempie. Non cambia posizione, però, e continua a posare carezze leggere su quei riccioli ramati. Elladan sorride, quasi malizioso, poi siede al tavolo, e si prende la testa tra le mani.

-Valar. Che fatica.

Sospira.

-El, cazzo è successo, me lo vuoi dire?

Aggrotta le sopracciglia. –Non ne sono del tutto sicuro. Credo che Galadhriel abbia cercato di contattarci… ero in strada, quando mi è preso un mancamento. E anche Elrohir ha avuto la vista annebbiata, fino a che non sono tornato… il legame di Galadrhie è tanto più forte quanto più sei legato a Lothlorien, lo sai.

-Quindi Rumil…

-Ru starà parlando con mia nonna, presumo. È più facile portare nei giardini di Irmo una guardia del bosco d’oro, che un noldor mezzo galadhrin. Per non parlare di un arciere di Mirkwood…

Legolas annuisce, e continua a carezzare Rumil.

Io cerco gli occhi di Elladan, e scopro di non riuscire a incontrarli.

Infine, lui si tira in piedi.

-Vieni Elrohir- dice, e mi precede in cucina.

C’è qualcosa di freddo nel petto, mentre lo osservo di schiena, indaffarato a preparar una tisana.

C’è qualcosa di freddo nel petto, mentre lui mi porge una tazza bollente, colma di un liquido dolce, e resta appoggiato al tavolo a bere, senza guardarmi.

C’è qualcosa di freddo, mentre posa nel lavandino la sua tazza e infine si volta verso di me.

E quel freddo si tramuta in gelo quando vedo le lacrime nei suoi occhi, e mi accorgo del tremito che lento percorre il suo corpo.

-Scusami.- mormora, mentre una goccia di sale scende lungo la sua guancia, lenta e esitante.

Allungo una mano spontaneamente, a raccoglierla. È bagnata e fredda, vorrei assaggiarla. Ho sempre amato il gusto delle mie lacrime, e mi trovo a chiedermi se il sapore di quelle di mio fratello sarà lo stesso.

Ma prima di rendermene conto, sono inginocchiato a terra, avviluppato intorno al suo corpo singhiozzante. Le labbra tra i suoi capelli, apprendo per la prima volta l’odore di casa mia, l’odore del suo corpo, delle sue paure.

E so già, mentre lo stringo e lo ascolto chiedere perdono per un peccato che non riesco a riconoscere, so che non potrò più farne a meno.

 

Dunque, incredibilmente non ho molto da dire. Se non che non so quando aggiornerò- l’ispirazione è ballerina, e ultimamente ho mille storie in testa, quasi tutte lontane anni luce da Arda. A volte mi prende la nostalgia dei miei peredhel, ma non riesco a produrre niente di abbastanza buono.

Spero vi sia piaciuto. Spero che l’abbiate letto, anche se sono passati secoli dall’ultima volta, e probabilmente avrete scordato tutta la trama.

Vi saluto, adesso. A presto, spero.

Un bacione a tutti, soprattutto a Solosogni e Menel che hanno commentato l’ultima volta…

Roh

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=77261