The story of our relationship

di NellieLestrangeLovett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo bacio ***
Capitolo 2: *** Libero di amare ***
Capitolo 3: *** Casa dolce casa ***
Capitolo 4: *** L'attesa aumenta il desiderio ***
Capitolo 5: *** Lacrime di dolore... ***
Capitolo 6: *** ... E di gioia ***
Capitolo 7: *** Un'altra sorpresa ***
Capitolo 8: *** Bufera in arrivo ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il primo bacio ***


THE STORY OF OUR RELATIONSHIP

Capitolo 1: Il primo bacio
 
Helena Bonham Carter era sufficientemente soddisfatta del suo aspetto fisico: magnetici occhi scuri, capelli castani che prendevano sempre una piega diversa, statura medio-bassa, una seconda abbondante di seno, un vitino sottile ed un viso piccolo, pallido e molto delicato.
Sapeva di essere affascinante, e che poteva essere sia preda che predatrice con gli uomini, ed ultimamente aveva di gran lunga preferito la seconda.
Sapeva anche che, usando le armi giuste, avrebbe potuto far cadere ai suoi piedi chiunque.
E se aveva un difetto, era la testardaggine: se Helena Bonham Carter avesse voluto qualcosa, Helena Bonham Carter se la sarebbe presa. E c’era solo una cosa che voleva in quel momento: Tim Burton.
 
Tim, dal canto suo, era naturalmente attratto fisicamente da Helena, come d’altronde ogni maschio medio sopra ai dodici anni, ma non l’avrebbe mai sfiorata con un dito, dato che era già fidanzato “felicemente” (cioè prima era felice, ora non più di tanto) con Lisa Marie, una biondissima attrice di seconda categoria, che però aveva ottenuto notorietà grazie al compagno, che non perdeva occasione per inserirla, anche solo come comparsa, nei suoi film.
Stavano insieme da otto lunghi, lunghissimi anni e Tim si era leggermente stufato della superficialità della fidanzata, non riusciva a comprendere le sue “stranezze”, e si lamentava in continuazione di non avere abbastanza attenzioni da parte di lui, “Sei sempre impegnato con i tuoi stupidi film… bla bla bla bla… ormai non abbiamo più un attimo solo per noi due… bla bla bla bla… se non lavori esci con Johnny per parlare di lavoro… bla bla bla bla”. Ormai i tre quarti delle parole di Lisa entravano da un orecchio di Tim e gli uscivano dall’altro.
Le notti molto spesso, mentre la sua ragazza dormiva, lui rimaneva sveglio, a pensare a lei.
Ai suoi riccioli scuri, agli occhi color del cioccolato, al suo fisico diabolico ed al suo viso angelico. Pensava alle sue gambe, che lei amava coprire soltanto in parte da gonne o vestiti corti, al suo seno, alle sue labbra. A lei. Helena.
 
Quel giorno Helena, dopo la sessione di trucco quotidiana per l’ennesima volta era stata trasformata in una orribile scimmia.
Avevano girato una scena, ed il regista aveva permesso una pausa di venti minuti e l’attrice si era allontanata, per bere un poco d’acqua prima di ricominciare.
Era giusto nel suo camerino quando qualcuno bussò alla porta e lei invitò quel qualcuno, che altri non era che Tim, ad entrare.
I due si ritrovarono faccia a faccia per la prima volta, da soli. Nessun membro della troupe, nessun attore o produttore e, soprattutto, nessuna fastidiosa fidanzata impedì ai due di sedersi uno accanto all’altra per parlare.
Il regista era andato da lei per chiederle come andavano i corsi per “diventare più scimmia”, dato che l’attrice aveva movenze troppo femminili ed aveva dovuto frequentare delle lezioni in cui aveva imparato a comportarsi e a muoversi più da primate.
Poi il discorso era deviato su altre cose, dai gusti in fatto di musica e cinema, alle diverse esperienze dei due.
Non solo è bellissima pensò Tim, ma è anche molto intelligente e simpatica.
Quando poi gli altoparlanti richiamarono l’intera troupe ed il cast, regista compreso, sul set per ricominciare le riprese, Helena, non ricordandosi di essere ancora truccata come una scimmia, si avvicinò a lui e gentilmente appoggiò le labbra sulle sue.
Tim rispose con trasporto al bacio, e quando si separarono, dopo quella che sembrò per entrambi un’eternità, lei intrecciò le dita con le sue, e percorsero così il corridoio vuoto, fino a quando arrivarono sul set, dove già quasi tutti erano pronti a ricominciare, allora lui le lasciò la mano e si diresse al suo posto di regista, mentre si ricominciavano le riprese.
Sia per Helena che per Tim quella fu la giornata di lavoro peggiore della loro vita: lei si dimenticò quasi tutte le sue battute, e lui si perdeva spesso a guardarla quando invece avrebbe dovuto dirigere il film.
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Bene, ecco il primo capitolo, ambientato nel 2000, durante le riprese de 'Il pianeta delle scimmie'
Fatemi sapere cosa ne pensate

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Capitolo 2
*** Libero di amare ***


Capitolo 2: Libero di amare

Era sera piovosa e circa alle undici qualcuno bussò alla porta della camera d’albergo dove lei alloggiava durante le riprese de ‘Il Pianeta delle Scimmie’.
In camicia da notte,  un’insonne Helena Bonham Carter andò ad aprire e si ritrovò un fradicio e felicissimo Tim Burton davanti, che la prese tra le braccia, bagnandola tutta, e la strinse a sé.
“Ho rotto con Lisa!” esclamò tutto d’un fiato.
Lei si fermò per un attimo e poi gli gettò le braccia al collo, euforica.
Le loro labbra si incontrarono e lui la prese in braccio, portandola fino alla camera da letto.

Nella notte Tim era sdraiato sulla schiena, ad occhi aperti, con indosso solo i boxer, ed Helena al suo fianco che dormiva profondamente dopo una notte d’emozioni e d’amore.
Si voltò a guardarla, era appoggiata su un fianco e sembrava un angelo, i capelli sparsi in parte sul viso ed in parte sul cuscino. Era bellissima, ancora più bella del solito, e gli sembrò che sorridesse.
Lui, invece, di addormentarsi non ne voleva proprio sapere.
Ripensava a tutti gli avvenimenti della serata: per errore quella sera aveva chiamato Lisa ‘Helena’ e perciò lei, che già aveva dei sospetti, dato che durante le pause fra una ripresa e l’altra sia la Bonham Carter che Burton sparivano misteriosamente e nessuno sapeva dire dove fossero, inoltre gli sguardi, i piccoli gesti, le scuse che il regista cercava per parlare con l’attrice, non erano passate inosservate alla Smith*.
Così quella sera Tim si era lasciato sfuggire il nome della sua amante nel momento sbagliato, e la sua fidanzata l’aveva letteralmente messo alla porta dopo avergli urlato dietro diversi improperi definibili in ogni modo tranne che fini.
Lui aveva soltanto quindici dollari in tasca, nessun documento e nemmeno le chiavi della macchina, ma non ebbe dubbi sul da farsi: nonostante piovesse a dirotto era corso per strada, aveva preso il primo taxi fino all’albergo di Helena e le aveva detto che ora era libero: libero di amare, di stare con la donna che aveva sognato per tutte quelle notti, quella donna che baciava di nascosto nei camerini, al buio, attenti a captare ogni minimo rumore.
Tornò a guardarla nel buio.
Poi le diede un bacio sulla fronte e le sussurrò in un orecchio: “Ti amo, lo sai?”.
Era la prima volta, dopo quattro mesi di relazione segreta, che glielo diceva.
Lei aprì gli occhi e si limitò a sorridere. Poi gli si avvicinò, appoggiando la testa sul suo petto, mentre lui le faceva passare un braccio attorno alle spalle per stringerla ancora di più a sé.
Per un lungo momento nessuno dei due parlò, ma dopo Helena mormorò: “Ti amo anch’io”.
Fu il momento più felice per la vita di entrambi.



*Il vero nome di Lisa Marie è Lisa Marie Smith.

Non c'è molto da dire se non che... IO ODIO LISA MARIE! Non è un'attrice così brava, e non è nemmeno carina... mi chiedo come Tim sia potuto passare da quella a HELENA BONHAM CARTER (ok, sarò di parte, dato che è il mio idolo)?!
NellieLestrangeLovett

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Capitolo 3
*** Casa dolce casa ***


Capitolo 3: Casa dolce casa

“Tim! No! Non puoi… Timothy William Burton mettimi immediatamente a terra! Ti spezzerai la schiena! Mettimi giù!”. Queste erano state le prime parole di Helena quando aveva varcato con il compagno la soglia della loro nuova casa ad Hampstead, a Londra.
Tim aveva insistito per attraversare la porta tenendola in braccio, come una coppia di neo sposini, e, nonostante le proteste di lei, ci era riuscito. Ora la stava appoggiando dolcemente sul divano, iniziando a darle leggeri baci sul collo, mentre lei cercava flebilmente di toglierselo di dosso, nonostante le scosse di piacere che la pervadevano. Quando finalmente riuscì a liberarsi dalla presa del fidanzato, si era rimessa seduta e lo aveva spinto via.
“Adesso torna a casa tua!” gli aveva detto.
Quella di Tim era stata un’idea strampalata ma geniale: case separate, ognuna con la sua cucina, il salotto, le camere da letto, ma collegate da un corridoio.
Siccome entrambi avevano avuto esperienze di convivenza, lui con Lisa e lei con Kenneth Branagh, un attore inglese conosciuto sul set di ‘Frankenstein’ con cui aveva avuto una storia durata cinque anni, ed erano state un disastro, avevano convenuto che tutti e due che avere i propri spazi sarebbe stato meglio che vivere gomito a gomito tutti i giorni.
Inoltre Tim soffriva d’insonnia, ed amava mettersi a guardare la televisione nel cuore della notte.
Una cosa che però aveva alquanto insospettito Helena era stata l’insistenza del suo compagno di aggiungere due camere da letto in ogni casa, oltre alle loro.

Quella sera lei cucinò per entrambi e poi lui insistette per guardare ‘Camera con vista’, il film di debutto della Bonham Carter, abbracciati sul divano.
Poi, quando Helena andò a dormire, si sentì un poco  sola, così, in camicia da notte e scalza, attraversò il corridoio che connetteva le due case e raggiunse Tim nel suo letto, dove inaugurarono la nuova vita con una notte d’amore. Casa dolce casa.


Non me ne ero accorta ma... l'ho scritto davvero male questo capitolo! Imploro perdono...
Comunque Tim Burton ed Helena Bonham Carter vivono davvero in case separate ma connesse, secondo me è un'idea geniale!
NellieLestrangeLovett

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Capitolo 4
*** L'attesa aumenta il desiderio ***


 Capitolo 4: L'attesa aumenta il desiderio

Era il 4 ottobre 2003 e Tim Burton era seduto per terra nel corridoio di una delle più importanti e prestigiose cliniche private di Londra. Nella stanza alle sue spalle, Helena aveva passato quasi undici ore di travaglio. Il regista non era mai stato preoccupato in vita sua, le urla di dolore della sua compagna all’interno della camera si erano placate da solo qualche minuto e lui si sentiva in colpa di non essere riuscito a rimarle accanto, come aveva fatto Johnny quando erano nati entrambi i suoi figli, Lily-Rose e Jack. In quel momento sentì dei passi che si avvicinavano, alzò lo sguardo e vide la madre di Helena, Elena, che si avvicinava spingendo la sedia a rotelle su cui era seduto il marito. Burton si rimise in piedi di scatto per salutare i “suoceri”. Passò almeno un altro buon quarto d’ora, che sia per Tim che per i signori Bonham Carter sembrarono un’eternità, durante la quale la madre di Helena pensò bene di descrivere dettagliatamente i parti di tutti e tre i suoi figli. Poi un’infermiera si affacciò alla porta. “Signor Burton” lo chiamò “La signorina Bonham Carter vorrebbe vedervi in privato”. Tim entrò da solo nella stanza, e vide Helena sul letto, coperta e con indosso una camicia da notte candida. Sul viso aveva un’espressione stremata ma felicissima, mentre contemplava il fagotto che aveva tra le braccia. Poi alzò lo sguardo e quando vide il compagno un sorriso le illuminò la faccia di una luce che lui non aveva mai visto. Le si avvicinò. Lei gli allungò il bambino. Il loro bambino. “E’ un maschio” gli disse. Il regista guardò il neonato: stava dormendo, ma il viso era visibilmente quello della madre. “Come lo chiamiamo?” chiese alla sua compagna. “Mi sarebbe piaciuto chiamarlo Raymond, come mio padre, e tu mi avevi detto di avere un debole per il nome Billy quindi…”. “Billy-Raymond?” domandò come conferma. Le labbra di lei si incurvarono nuovamente in un sorriso. “Billy-Raymond Burton” confermò chiudendo gli occhi “E’ perfetto”.

Nove mesi fa Helena si era svegliata con una nausea terribile. Così, invece della solita brioche al cioccolato e cappuccino aveva preferito una tazza di cereali senza latte e un bicchiere di succo all’arancia. Nonostante ciò aveva rigettato tutto poche ore dopo. E così era stato per giorni. Il ritardo del ciclo fu solo la conferma ai suoi sospetti: era incinta. Come un lampo si fiondò a casa del fidanzato e lo trovò chino sulla scrivania in camera sua. Gli arrivò silenziosamente alle spalle e lo abbracciò. Sotto la sua stretta Tim sobbalzò. Lei ridacchiò ma poi si fece seria. “Devo parlarti” gli disse mentre si sedeva sul letto. Lui girò la sedia per guardarla in faccia, solo questo le dimostrò che era pronto ad ascoltarla. L’attrice si stropicciò le mani, erano rari i momenti in cui rimaneva senza parole, ma questo era uno dei rari in cui non sapeva proprio cosa dire. “Tim, vedi…” iniziò, sperando che nel frattempo le sarebbe venuto in mente qualcosa “Io…”. Burton iniziava a preoccuparsi seriamente. Che si fosse resa conto che fra loro due non avrebbe mai funzionato? E se avesse avuto già un altro? La Bonham Carter decise di rompere gli indugi e lasciar uscire la verità. “Sono incinta!”. Vide il viso del compagno pietrificarsi completamente, poi però un sorriso, che se fosse stato umanamente possibile gli sarebbe arrivato fino alle orecchie, increspò le sue labbra. La baciò con forza e tenerezza, facendola cadere di schiena sul materasso. La gravidanza passò lentamente ed ebbe i suoi alti e bassi, ma alla fine entrambi desideravano che il bambino nascesse presto. L’attesa aumenta il desiderio. E loro avevano tanto atteso e tanto desiderato quel figlio.
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Non so in quanti hanno visto delle foto di Billy-Raymond, ma è davvero identico alla madre!
Già che ci sono, voglio ringraziare tutti quelli che leggeranno questa storia :)
NellieLestrangeLovett

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Capitolo 5
*** Lacrime di dolore... ***


 Capitolo 5: Lacrime di dolore...

Era l’ora di cena a casa Burton/Bonham Carter. Helena aveva preparato per lei e Tim gli spaghetti con le polpette di carne, che lui stava già gustando, mentre lei cercava di dare a Billy la sua pappa. Erano passati  poco più di tre mesi dalla nascita del bambino e sia l’attrice che il regista avevano scoperto di essere ottimi genitori. Ma c’era qualcosa che turbava profondamente  Helena: suo padre infatti era da qualche tempo ricoverato in ospedale. Non era la prima volta, nelle sue condizioni era ovvio che ogni tanto avesse bisogno di un controllo. Ma questa volta era diverso, infatti quando la figlia minore era andata a trovare l’anziano genitore in clinica, il primario aveva chiesto di parlare in privato con sua madre. La signora Bonham Carter non aveva voluto rivelare a nessuno dei tre figli ciò che le aveva riferito il dottore. Il signor Bonham Carter quasi venticinque anni prima, in seguito ad un intervento per rimuovere un tumore al cervello, era rimasto paralizzato e costretto sulla sedia a rotelle. Helena aveva tredici anni e ricordava con malinconia i primi tempi in cui vedeva il padre in quello stato, e aveva fatto tutto il possibile per migliorare la situazione, o almeno, quello che una ragazzina poteva fare. Per aiutare sua madre era rimasta a vivere con i suoi genitori fino a trent’anni, dopodiché, anche se con un poco di riluttanza, si era trasferita a vivere con il suo fidanzato dell’epoca, Kenneth. Ormai tutta la famiglia Bonham Carter era al corrente che le condizioni del padre stavano peggiorando drasticamente, da pochi anni non riusciva più nemmeno parlare e anche la vista era ormai andata. Tutti erano pronti al peggio. Il telefono di Helena squillò proprio mentre stava dando a Billy l’ultima cucchiaiata di pappa. Lei si alzò e raccolse il cellulare dalla mensola accanto al piano di lavoro della cucina. Tim alzò lo sguardo dal piatto e la fissò incuriosito. “Thomas” rispose Helena al fratello, che si trovava all’altro capo del telefono  “Come? Sì arrivo in un secondo”. Poi riattaccò e prese cappotto e scarpe. “Devo andare in clinica da papà, prendo la macchina, tu dai un’occhiata a Billy mentre sono via” spiegò velocemente al compagno. Lui capì che c’era qualcosa che non andava, la afferrò dolcemente per il polso, costringendola a fermarsi per due secondi e a guardarlo. “Ehi” le disse cercando di mantenere un tono di voce tranquillo “Andrà tutto bene. Chiamami se hai bisogno di qualcosa”. Lei gli diede un lieve bacio sulle labbra, scompigliò gentilmente i pochi capelli del figlio ed uscì.

Meno di due ore dopo il telefono squillò nuovamente, svegliando sia Billy che Tim, che dormivano pesantemente sul letto di Helena. Il bambino attaccò a piangere disperato, ed il regista fece del suo meglio per recuperare il cellulare con una mano ed a cullare il figlio con l’altra. Quando riuscì a rispondere alla chiamata, la voce rotta dal pianto della sua fidanzata dall’altra parte dell’apparecchio singhiozzò poche parole: “Mio padre è morto”. Era il 17 gennaio 2004.
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Capitolo 6
*** ... E di gioia ***


 Capitolo 6: ... E di gioia

Erano passati più di due anni dalla morte di Raymond Bonham Carter e la famiglia trascorreva tranquilla e felice la loro vita, per quanto la vita di una coppia di divi e del loro figlio di quattro anni possa trascorrere felice e tranquilla, ovviamente. Tim aveva in cantiere un nuovo film: la versione cinematografica del musical “Sweeney Todd- il diabolico barbiere di Fleet Street”. Ovviamente Johnny Depp, il migliore amico di Tim, nonché padrino di Billy, era stato confermato per la parte del protagonista, il barbiere serial killer Sweeney Todd. Per il ruolo del malvagio giudice Turpin, il regista aveva scelto l’attore inglese Alan Rickman, e come messo Bamford Timothy Spall aveva confermato da pochi giorni la sua presenza, come d’altronde Sacha Baron Cohen nei panni di Adolfo Pirelli. Trovare gli altri attori era stato più difficile, ma Burton era soddisfatto delle sue scelte: ai provini aveva scelto il giovanissimo, appena quattordicenne, Edward Sanders come Toby, una bravissima cantante, Jayne Wisener per essere la bella Johanna, Laura Michelle Kelly per la parte di Lucy Barker ed infine il giovane Jamie Campbell Bower con il ruolo di Anthony Hope. Mancava solo un personaggio, un personaggio di fondamentale importanza per la storia: mrs. Lovett. Tim aveva visto centinaia di attrici e cantanti, ma nessuna l’aveva convinto abbastanza da assegnarle la parte. Il regista sapeva quanto ad Helena sarebbe piaciuto avere quel ruolo, ma non Burton non poteva semplicemente darlo a lei: affidare uno dei personaggi più difficili ad un’attrice senza nessun’esperienza precedente come cantante, che oltretutto era  la sua fidanzata, puzzava di nepotismo ed inoltre era un grande rischio. Così alla fine la coppia raggiunse un accordo: Helena avrebbe preso tre mesi di lezioni di canto, dopodiché si sarebbe presentata per un provino davanti a Stephen Sondheim, il compositore del musical. La Bonham Carter, anche se titubante inizialmente, alla fine accettò. Essere mrs. Lovett era stato il suo sogno da quando aveva undici anni e, niente e nessuno le avrebbero impedito di avere quella parte. Ciò che Helena Bonham Carter voleva, Helena Bonham Carter prendeva.

Helena era davanti ad una porta chiusa. Con dei fogli fra le mani, ripassava i testi delle canzoni. Erano passati tre durissimi mesi di lezioni di canto, e finalmente il grande giorno del provino era arrivato. Tim uscì dalla stanza di fronte a lei e la accompagnò al suo interno, in cui c’era solo Sondheim ed un registratore. Il cuore dell’attrice accelerò. Non solo si trovava davanti ad uno dei suoi miti, ma doveva anche cantare per lui. “Benissimo, signorina Bonham Carter… anzi, posso chiamarla Helena e darle del tu? Odio i convenevoli”. Lei annuì impercettibilmente, troppo nervosa per parlare. “Helena, scegli tu con cosa iniziare”. “M-Mi piacerebbe iniziare con ‘Wait’” riuscì infine a balbettare. Sondheim non disse niente, premette un tasto dello stereo, facendo partire la base strumentale della canzone, e lei cantò come non aveva mai fatto. “Easy now. Hush, love, hush. Don't distress yourself, what's your rush? Keep your thoughts, nice and lush. Wait. Hush, love, hush. Think it through. Once it bubbles, then what's to do? Watch it close. Let it brew. Wait. I've been thinking, flowers-- Maybe daisies-- To brighten up the room. Don't you think some flowers, Pretty daisies, might relieve the gloom? Ah, wait, love, wait...”. Sentì di non aver sbagliato nemmeno una nota. Poi recitò alcune parti del copione, e si esibì in un altro paio di brani. Dopodiché il compositore le sorrise e la congedò. “E’ abbastanza, Helena, puoi aspettare qui fuori con le altre”.

Tornata nella sala d’attesa, Helena ed un’altra decina di candidate per il ruolo di mrs. Lovett aspettarono una buona mezz’ora, prima che Burton e Sondheim annunciassero: “Vogliamo complimentarci con tutte le presenti, siete state tutte davvero brave, ma la nostra scelta è… Helena Bonham Carter”. Sotto le occhiatacce di tutte le altre presenti, scattò in piedi e gettò le braccia intorno al collo del fidanzato, bagnandogli addirittura la camicia di lacrime. Mentre la stanza si svuotava, ed anche il compositore salutò gentilmente e se ne andò, Tim confidò alla compagna le ragioni della scelta: “Sondheim ha convenuto che ci fossero cantanti più dotate, ma gli è piaciuto molto il tuo stile, e dice che sei una perfetta fusione fra canto e recitazione”. Poi le mise fra le mani un fascicolo scritto al computer con un titolo che recitava a caratteri cubitali: “Sweeney Todd- il diabolico barbiere di Fleet Street”.
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Capitolo 7
*** Un'altra sorpresa ***




 Capitolo 7: Un'altra sorpresa

Lei e Tim ci avevano provato in tutti i modi possibili ed immaginabili. E quando non erano riusciti da soli avevano fatto visite, usato medicinali… ma ancora niente. “Probabilmente è lo stress” le avevano detto. Ed in effetti per la coppia era un momento davvero intenso: le riprese sul set non erano ancora iniziate, ma negli studi di registrazione, fra stonature, cali improvvisi di voce e prove interminabili, il lavoro era già a buon punto. Essendo il primo musical per gran parte degli attori, Helena compresa, l’impegno richiesto per fare un buon lavoro sembrava il doppio, ed l’inconsueto nervosismo di Burton, che diventava irritabile ad ogni errore, di certo non aiutava. Ed in più c’era questo “impiccio”. La verità era che entrambi volevano dare un fratellino- o una sorellina- a Billy. Eppure lei non riusciva a rimanere incinta. Ogni volta che pensava di esserlo, poi rimaneva delusa. Forse è meglio così si ritrovò a pensare un giorno, mentre buttava l’ennesimo test di gravidanza negativo almeno potrò concentrarmi di più su mrs. Lovett. Ormai avevano una sola soluzione: l’inseminazione artificiale.

Avevano raggiunto un accordo: ci avrebbero provato un’ultima volta, e se anche questa volta avessero fallito, avrebbero utilizzato altri metodi per avere un bambino. Quella mattina la Bonham Carter si accorse di avere un ritardo. Senza nemmeno cambiarsi corse in strada fino alla farmacia più vicina, dove acquistò non uno, ma quattro test di gravidanza. Tornata a casa si chiuse in bagno e li fece tutti, uno per volta. Aspettò trepidante il risultato del primo: positivo. Il cuore mancò un paio di battiti e poi riprese più veloce. Il secondo… positivo; il terzo… positivo ed anche l’ultimo… positivo! Era incinta. Un solo test poteva sbagliare ma quattro no di certo! In meno di un secondo era nell’appartamento di Tim, in camera sua. Gli si gettò addosso. “Sono incinta! Sono incinta!” gridò saltando sul letto come una bambina. Ed in pochi secondi anche Billy, attirato dal baccano, saltava insieme alla madre sul materasso, mentre il regista li guardava divertiti. Poi l’attrice prese fra le mani il viso di suo figlio e gli disse, fissandolo dritto negli occhi, così simili ai suoi, “Billy, ti rendi conto? Avrai un fratellino… o una sorellina, chi lo sa”. Il bambino la guardò per qualche secondo e poi le sorrise. “Possiamo chiamarlo Willy Wonka?” chiese infine, scatenando le risate dei genitori.
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Capitolo 8
*** Bufera in arrivo ***


 Capitolo 7: Bufera in arrivo

A maggio iniziarono le riprese. Nonostante la proposta di Tim di lasciare la parte per dedicarsi al cento per cento alla gravidanza, Helena era intenzionata a rendere il suo personaggio epico. I primi giorno filò tutto più o meno liscio, e fortunatamente la sintonia fra Depp, la Bonham Carter e Burton tornava a farsi sentire, ed anche il resto del cast si era integrato bene. E nonostante il ventre della coprotagonista iniziava ad ingrossarsi, i costumisti avevano fatto un ottimo lavoro per mascherarlo, con degli stupendi, o almeno così pensava l’attrice, abiti ottocenteschi piuttosto eccentrici, ma adatti alla parte, tutti che davano sul grigio e sul nero. Poi però Tim diventò sempre più intransigente sugli errori, e la sua fidanzata, che a causa della gestazione era costretta a rinunciare al suo tanto amato caffè, cosa che non aveva mai fatto quando girava un film, e la cosa, aggiunta agli ormoni da donna incinta, la aveva resa ancora più irritabile e nervosa del compagno.

Un giorno stavano provando la scena in cui Sweeney ritrova per la prima volta i suoi amati rasoi ed inizia con mrs. Lovett  un duetto piuttosto difficile, che aveva portato via parecchie settimane di lavoro negli studi di registrazione. Proprio a metà canzone però Tim iniziò a sentire un certo fastidio per il comportamento di Helena, era troppo vicina a Johnny, sporgeva le labbra verso di lui, affondava il viso nei suoi capelli… e Burton, che di natura era un tipo geloso, si sentì in dovere di fare qualcosa. “STOOOOP” gridò con l’altoparlante, mentre i vari assistenti di scena si affrettavano ad interrompere la musica e spegnere le telecamere. I due attori fissarono torvi il regista, pensavano di star facendo un buon lavoro. Tim li raggiunse al centro della scena. “Ottimo lavoro Johnny, era perfetto” disse al suo migliore amico con un sorriso, poi si voltò verso la compagna e le disse: “Helena, ricorda che sei una panettiera e NON la troietta del villaggio, perciò vedi di comportarti come si deve, per favore”. Rimase sorpreso delle sue stesse parole, certo voleva dirle di smetterla di fare l’oca, ma di certo non in questo modo. La Bonham Carter, come d’altronde Depp ed il resto della troupe nei dintorni, rimase sbalordita. In pochi secondi gli occhi di lei erano ridotti a due fessure: “Che cosa?!”. Johnny finse di aver bisogno di un bicchier d’acqua per allontanarsi il più possibile dalla scena e dalla coppia, con lo strano sospetto che quando avrebbero finito, avrebbero potuto raccogliere quello che una volta era Tim Burton con un cucchiaino. “Mi hai sentito” rispose il regista alla sua fidanzata, non sapeva più cos’altro dire e sembrava aver perso il controllo di se stesso. Helena a quel punto esplose: “Ah, bene, allora perché con questo caldo atroce non ti metti tu questo stupido vestito, questo stupido cerone sulla faccia e non vieni a recitare il posto mio, dato che sembra che tu sappia bene come si fa, mentre io resto tutto il giorno seduta su quella sedia ad urlare ‘STOOOOP’ a mio piacimento?!”. Allora anche lui si arrabbiò e non poco, era piuttosto irritabile quando si parlava del suo lavoro: “Guarda Helena, che è più difficile di quanto sembri…” ma lei si era già voltata ed aveva raggiunto il resto del cast alle macchinette del caffè. Aveva bisogno di qualcosa da bere.

Quando Tim rivide Helena, lei aveva in mano un bicchierino. Le si avvicinò e le chiese sospettoso: “Che cosa stai bevendo?!”. La Bonham Carter sembrava tranquilla e gli rispose: “Oh, solo un bicchiere di caffè”. Lui spalancò gli occhi ed, alzando la voce la rimproverò: “SAI CHE NON PUOI BERE CAFFE’ NELLE TUE CONDIZIONI!”. L’attrice lo fissò con aria di sufficienza e gli rispose, sempre mantenendo la calma: “Oh, avanti tesoro, è solo un bicchierino, che male può fare?”. Burton, che era sul punto di gettarla sul serio in una fornace ardente, cercò di respirare profondamente e placare la sua rabbia. “Dammelo” disse, freddo, allungando una mano. “No” disse Helena utilizzando lo stesso tono. “Dammelo” ripeté lui, e lei gli diede la stessa risposta. Allora lui le strappò di mano il bicchierino, e lo gettò, ancora mezzo pieno, nel cestino più vicino, poi si voltò e se ne andò, mentre lei gli correva dietro gridando: “Ma chi ti credi di essere?! Non sei mio padre, Tim! E adesso ti giri e mi parli! TIM! Timothy Walter Burton fermati immediatamente!”. Lui la ignorò, come d’altronde fece lei alla mensa del cast, dove, invece di sedersi come sempre di fianco al fidanzato, con di fronte Johnny, si mise di fianco ad Alan, con cui parlò di ‘Harry Potter’, alle quali riprese avevano preso parte pochi mesi prima. La coppia non si parlò per il resto della giornata, ma alla fine fecero pace. Ci furono molte altre litigate del genere fra i due sul set, ma alla fine, pensavano entrambi, bisticciare era bello perché poi riappacificarsi era ancora meglio.
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Capitolo 9
*** Epilogo ***


 Il campanello a casa Burton/Bonham Carter squillò. Helena, mentre Nell e Billy uscivano correndo dalle loro stanze, si affrettò ad andare ad aprire la porta. Sulla soglia c’erano Johnny con i due figli Lily-Rose, di dodici anni, e Jack, di nove. Quella sera avevano deciso di ritrovarsi a festeggiare, non si sa bene cosa, semplicemente a festeggiare. Dopo il divorzio del migliore amico di Tim era sempre più difficile vedere i suoi bambini, eppure erano riusciti ad organizzarsi. Jack, Nell, Lily e Billy si spostarono nella stanza dei giochi, mentre i genitori ridevano e scherzavano nel salotto di Helena. La cena era stata squisita ed ora i due attori ed il regista stavano bevendo un po’ di champagne seduti sul divano. “Certo che ne abbiamo passate insieme” constatò Tim mentre svuotava metà bicchiere tutto d’un fiato. “Già” rispose Johnny “Davvero tante… il gotico regista…”. “… Il sex symbol americano…” proseguì lei. “E la bella attrice inglese” concluse Burton.

Quella notte Tim ed Helena dormirono insieme. Lui era, ovviamente, ancora sveglio e contemplava la madre dei suoi due stupendi figli, addormentata. Erano passati quasi dodici anni da quando l’aveva vista la prima volta, in quella soleggiata giornata estiva, il primo giorno delle riprese de ‘Il pianeta delle scimmie’, quando era scesa da quella macchina, con quel vestito corto senza maniche blu scuro, i tacchi alti e quegli enormi occhiali da sole. Era stato uno solo l’aggettivo che gli era venuto in mente per descriverla in quel momento: irriverente. Con il tempo si erano innamorati, erano passati anni, ed ora non erano più soli: c’erano anche Billy e Nell con loro. I loro bellissimi bambini… Billy era sveglissimo e sensibile, nonostante avesse soltanto otto anni, e Tim guardandolo vedeva la sua compagna, aveva il suo viso, i suoi occhi. Nell, l’avevano chiamata così in onore di mrs. Lovett, il cui nome di battesimo, secondo la tradizione, era Nellie, era una bellissima bimba bionda di quasi cinque anni. La loro vita era perfetta: aveva i suoi film, un migliore amico incredibile, una fidanzata fantastica e due figli meravigliosi. Andava tutto alla perfezione.

FINE
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