The
Groundhole Chronicles
Chapter
2
Debhy
Williams si rigirò
nel letto per l’ennesima volta. Non riusciva a dormire e il
caldo non le era
amico.
Era
più di un’ora ormai
che cercava invano di prendere sonno e lasciare da parte, almeno per il
momento,
gli strani eventi del pomeriggio. Aveva continuato a riflettervi per
ore, non
aveva praticamente toccato cibo durante la cena con sua madre.
Era
frustrante; non solo
il suo pomeriggio era stato completamente stravolto, ma non poteva
trovare
nemmeno pace nel sonno.
Sbuffò
e si alzò dal
letto, scostando il lenzuolo a lato; se non le era possibile dormire
tanto
valeva affrontare il tutto razionalmente. O almeno provarci.
Trascinò
i piedi fino
alla finestra e si sedette sul piccolo ripiano sottostante,
completamente
ricoperto da cuscini di tutte le dimensioni.
Adorava
i cuscini: suo
padre aveva colto questa sua simpatia per quegli oggetti morbidi e
coccolosi
praticamente sin da quando le era nata ed allora era diventato un loro
piccolo
rituale comprarne uno talora avessero fatto un viaggio. Ce
n’erano otto.
Debhy
prese quello a
forma di mela. Proveniva da New York. Era del viaggio numero sette.
Il
penultimo prima della
morte di suo padre, sette anni prima. Non era il più bello
ma era quello che
lei abbracciava più spesso nei momenti difficili.
E
questo era uno di
quelli.
Passò
una mano a sfiorare
quello che ormai era solo il flebile segno della ferita.
Il
cerotto era svanito
misteriosamente ma il taglio si era completamente rimarginato.
Continuava
a capirci sempre
meno.
Se
n’era resa conto
appena era rientrata a casa, quando aveva appoggiato il libro sul
tavolo della
cucina con la mano sinistra. Le era subito balzata all’occhio
la mancanza del
cerotto.
Era
corsa subito in bagno
e cercato in tutte le maniere di vedere il taglio sotto una luce
diversa, ma
indipendentemente da come rigirasse il dito sotto la lampadina era
chiaramente
visibile che si fosse completamente rimarginato.
Per
la seconda volta in
quella lunga giornata tirò un lungo sospiro. Fissando il suo
riflesso ripensò a
quanto non fosse stata un’ardua impresa convincere Claire che
non era
impazzita. A conti fatti, trovava decisamente più difficile
convincere se
stessa.
š›
-
Ehm…ok ok stavo facendo qualcosa. –
cominciò Debhy ancora
sotto shock.
- Ma
tu non mi dire. Questo mi era passato completamente
inosservato. – sentenziò l’amica in un
consueto attacco di sarcasmo.
Peccato
che per Debhy non fosse esattamente il momento
migliore per avere a che far con del sarcasmo. Era confusa, se non
completamente scioccata e voleva chiarirsi le idee. Anzi doveva.
Indi,
doveva liberarsi di Claire. Quest’ultima stava nel
frattempo aspettando una risposta coerente dalla sua neo-pazza amica.
-
Ascolta io… -
-
Tu… -
-
Io…beh stavo facendo un provino per una parte nella
“Commedia
del Rogo”! – esclamò Debhy, ma subito si
pentì amaramente, conscia che quella
poteva essere solamente una stupida, stupida e cretinissima scusa di
scarso
livello.
Ma
non è che avesse avuto tanto tempo per rifletterci su.
Aveva visto l’avviso e aveva sparato la balla.
Claire
alzò il viso dal livello di quello dell’amica
continuando a fissarla.
- E
dimmi, non ti sarebbe stato più facile chiedere a me di
farti da seconda nelle prove? Piuttosto che sembrare una completa
pazzoide nel
bel mezzo della piazza parlando da sola? -
Debhy
tirò mentalmente un sospiro di sollievo. Non ci avrebbe
mai sperato in qualcosa di così semplice. E Claire era
sistemata.
-
Comunque, a parer mio. – continuò
l’amica. – La “Commedia
del Rogo” non è tutta questa gran cosa a cui
aspirare. E poi non sapevo che a
te piacesse recitare. -
-
Infatti è qualcosa che ho scoperto io stessa recentemente!
–
Se
Claire avesse capito o meno la sua ultima frase per quanto
veloce l’aveva pronunciata a lei non era dettato saperlo. Il
viso dell’amica
era più piatto di una tavola.
Decise
che quello era il momento più opportuno per andarsene
e ci riuscì praticamente scappando via con una frase del
tipo “scusa-impegno
urgente-shopping da sola- scusa”.
š›
Aveva
convinto Claire, o
almeno ci sperava, ma i fatti restavano fatti. Aveva davvero parlato
con il
nulla per cinque lunghi minuti pur essendo convinta di parlare con una
simpatica vecchietta?
No.
Era
certa che la
vecchietta fosse li per davvero. Ma allora cosa era successo? Non
riusciva a
spiegarselo.
Fu
con questi pensieri
che le braccia di Morfeo l’accolsero ancora accovacciata
sulla mensola dalla
finestra.
Essersi
addormentata con
la testa appoggiata alla finestra non era stata una fantastica idea.
Aveva
dormito certo. Ma ora aveva solo un gran mal di testa.
E le
due ore di italiano
che le si prospettavano davanti non le affievolivano il dolore.
I corsi di recupero estivi potevano essere una vera noia. Nemmeno il fatto che i tre quarti della sua classe fossero nella sua stessa situazione le sollevava il morale. Guardò fuori
dalla finestra per distrarsi un po’.
La
Groundhole High
School si affacciava su
di una laterale nei pressi della piazza. Dalla sua classe poteva vedere
il
parco e la panchina dove, il giorno prima, era rimasta seduta a
leggere. E dove…beh,
Debhy cercò di non pensarci. Oggi era il compleanno di sua
madre e lei non
aveva intenzione di rovinare la bella atmosfera a causa di quel suo piccolo problema.
Sentì
la professoressa
richiamare due suoi compagni e decise che forse concentrarsi sulla
lezione
poteva, anche se lei dubitava fortemente, aiutarla a non pensare a
tutto il
resto. Dopotutto letteratura dell’ultimo anno era decisamente
pesante.
Fece
appena caso alla
professoressa Johnson sbraitare per un volontario che andasse in
biblioteca a
ricercare un raccoglitore con
documenti storici sulla
città. A quanto sembrava quella si prospettava come
un’altra lezione di
letteratura sfociata in cultura generale. Che poi, che aveva Groundhole
di
speciale.
-
Williams
vada lei. -
Quasi
a farlo apposta, la Johnson aveva scelto la
vittima designata. Debhy. Quest’ultima non poté
far altro che obbedire e
pigramente si alzò dal suo posto per dirigersi in biblioteca.
Percorse
i corridoi quasi
deserti della scuola fino ad arrivare, due piani più in
alto, alle grandi porte
in legno che permettevano accesso all’immensa ala della
vecchia scuola dedicata
alla biblioteca. Era davvero immensa; se cercavi un libro, per certo
lì c’era.
Cominciava a credere che la loro fosse addirittura una biblioteca
più fornita
di quella pubblica.
Debhy
si fermò davanti al
banco della sig. Pruss, la bibliotecaria, e aspettò di avere
la sua attenzione.
-
Titolo del libro,
classe e nome del professore. -
- Si
ehm, veramente non
saprei il titolo. – cominciò Debhy. La Pruss
le era sempre risultata antipatica, schietta fino
all’inverosimile e acidamente schiva. – Mi hanno
mandato a cercare un
raccoglitore di documenti storici di Groundhole. –
La
signora Pruss la
guardò sottecchi.
-
Chi lo vuole? -
-
Professoressa Joselyn
Johnson. Per l’ultima liceo sezione L. –
Senza
dire niente la
Pruss scomparve dietro
qualche catasta di libri per tornare meno di un minuto più
tardi con un vecchio
raccoglitore polveroso.
-
E’ l’unico che la Johnson
usa da sempre. Una
volta all’anno. Cristo che puntualità. –
disse sarcastica la Pruss più tra
se che rivolta
a Debhy. – Riportalo per la fine dell’ora. -
-
Certamente. – E detto
questo si allontanò dalla biblioteca con il pesante e
polveroso volume tra le
mani.
Decise
di allungare il
passo lungo le scale ma non fu un’idea saggia. Su uno degli ultimi
scalini perse
l’equilibrio e ruzzolò giù per gli
ultimi quattro.
-
Ahia! – mugugnò
cercando di scollare la faccia da terra. Non era ancora riuscita a
constatare
se qualcuno aveva assistito al suo teatrino ma sperava che il corridoio
fosse
deserto.
-
Tutto bene? –
Giornata
no. Decisamente
non lo era.
Debhy
si ritrovò a
fissare un ragazzo che dava l’impressione di avere la sua
stessa età. L’innominato
ragazzo tese una mano e l’aiutò ad alzarsi dal
pavimento freddo e sporco del
corridoio.
-
Grazie. – sussurrò
Debhy. Si sentiva una completa idiota.
Il
moretto la guardò
decisamente sollevato notando che era in grado di stare tranquillamente
in
piedi malgrado la caduta.
-
Figurati. Bel volo
quello di poco fa! Direi che correre per le scale non vada
d’accordo con te. –
sorrise.
- Eh
eh così sembrerebbe…
-
-
Kevin, Kevin Perse. –
concluse lui capendo il problema della rossa.
- Io
sono Debhily
Williams, ma Debhy è sufficiente. –
Tese
la mano verso Kevin
che la strinse. Quest’ultimo le sorrise; durò solo
qualche istante perché poi
un cipiglio serio gli riempì il volto.
-
Cavolo ma allora ti sei
fatta male. Dai ti accompagno in infermeria hai cominciato a
sanguinare. –
sentenziò serio.
Debhy
sorpresa si tastò
la tempia constatando che in effetti un po’ di sangue
appiccicoso le colava
lungo il viso.
Stava
per accettare
l’offerta di Kevin quando si ricordò del
raccoglitore da portare in classe. Era
caduto un metro più avanti aprendosi, ma non sembrava avesse
subito danni.
-
Kevin grazie ma prima
devo portare questo in classe … - disse mentre si accucciava
a raccogliere il
faldone ocra.
-
Senti quello dopo lo
porto io se ci tieni mi dici la classe e vado. Dai muoviamoci.
–
-
Oddio. –
-
Oddio cosa? – chiese il
ragazzo accucciandosi di fianco a Debhy.
La
ragazza fissava ad
occhi spalancati la pagina su cui si era aperto il raccoglitore.
Era
un cartoncino nero su
cui vi era stato incollato un ritaglio di giornale di
quarant’anni prima.
Disgrazia
alla GreyHouse
Il
giorno Sabato 14
febbraio 1972, la casa di riposo
GreyHouse
è brutalmente
andata a fuoco.
La
causa è sconosciuta e…
L’articolo
era lungo e
descriveva i danni causati dall’incendio. Una solo foto
accompagnava l’articolo,
ritraendo l’unica vittima dell’incidente e pareva
essere quella la causa del
turbamento di Debhy.
Kevin
non ne capiva il
motivo ma sapeva che al momento la ragazza aveva bisogno di andare in
infermeria; prese il blocco e lo richiuse trascinandosi dietro la
giovane fino
all’infermeria.
Come
poteva poi, una
fotografia crearle così tanti problemi.
Dopotutto
era solamente la
foto di un’anziana signora in un vestito sobrio con scialle e
borsetta, come
tante donne avanti con l’età. I capelli in una
crocchia che lasciava scappare
qualche ciuffo ribelle e un viso che faceva trasparire la sua
anzianità.
L’unico
elemento di particolare
interesse era che era deceduta da quarant’anni no?
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