Rise & Shine di thiniel106 (/viewuser.php?uid=206913)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Soli ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Luci e Ombre ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Speranza e Coraggio ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Mostri dal Passato ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - La Forza di Proseguire ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI - Un problema alla volta ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII - Legame ***
Capitolo 1 *** Capitolo I - Soli ***
Titolo
Fan Fiction:
RISE AND SHINE - they will be together again
Autore: Thiniel106
Pairings:
nessuno
Rating:
arancione
Personaggi: Dean
Winchester, Sam Winchester, Castiel, Jody Mills, Crowley
Warning:
–
angst, avventura, azione.
Spoiler: settima stagione
Timeline: fine settima stagione,
ipotetica ottava
Conteggio
parole:
Disclaimer: i protagonisti sono personaggi
di
SPN, non ci appartengono, questa è
una storia di pura invenzione, le autrici scrivono senza alcuno scopo
di lucro
e non intendono violare alcun copyright.
Note:
Primo esperimento per entrambe di
una fanfic scritta a quattro mani, abbiate pietà di noi, ci
stiamo mettendo
tutto l’impegno possibile per cercare di non fare una porcata
XD
Se vi
piace quello che abbiamo
scritto questi sono i nostri account singoli dove potete trovare le
altre cose
che abbiamo pubblicato
account
Thinias
account
ELE106
Trama:
Dick
Roman è stato sconfitto, ma questo ha
richiesto il pagamento di un prezzo molto alto. Sam è
rimasto solo sulla terra,
Dean e Cass sono bloccati in purgatorio, uno non sa dove sono gli altri
e
viceversa. Sembra che l’unico vero vincitore sia Crowley, che
è riuscito ad
ottenere quello che voleva, eliminare il problema dei leviatani e
liberarsi in
un colpo solo dell’angelo che lo aveva tradito e soprattutto
di Dean
Winchester. Il legame che lega i fratelli però resta forte e
Sam non si arrenderà
davanti a nulla pur di riavere suo fratello con sé. Seppur
separati, aiutati da
Castiel, faranno il possibile per riunirsi, sperando che
l’impresa non si
riveli fuori dalla loro portata.
Capitolo I - SOLI
Sioux Falls, South Dakota.
Jody Mills
lo capì immediatamente.
Il giorno in
cui incontrò i Winchester per la prima volta,
capì che avere a che fare con
loro avrebbe portato guai.
E non guai
normali … ma soprannaturali.
Di quelli
che, se ti va bene, finisci i tuoi giorni annegando
nell’alcool o internato in
una struttura psichiatrica, blaterando di demoni e fantasmi o entrambe
le cose.
Mentre
preparava il suo pickup, caricando sul retro ogni possibile armamento
fosse
riuscita a recuperare in centrale, rifletté per un attimo
sulla possibilità di
mandare il suo istinto a quel paese e continuare il suo lavoro di
sceriffo,
senza curarsi di certi dettagli.
Nelle ultime
quarantotto ore le erano piombati addosso un paio di decessi che
definire truci
e orridi era un eufemismo.
Corpi
dilaniati e smembrati, lasciati al sole ad arrostire e puzzare, senza
che il
colpevole avesse nemmeno tentato di occultarli in qualche modo.
Che ci fosse
qualcosa di poco ‘normale’ fu più che un
semplice sospetto per lo sceriffo, da
subito.
Lei stessa aveva
rimosso dai corpi piccolissime quantità di un liquido
viscido e nero, che le aveva
riportato immediatamente alla memoria l’ultimo
‘raduno Winchester-Singer’ al
quale aveva partecipato.
Leviatani.
Bobby e i
ragazzi le avevano spiegato qualcosa, anche se non nel dettaglio.
Jody sapeva
che erano pericolosi. Mostri che si nutrivano di carne umana, tra i
più
spietati e feroci che i ragazzi avessero mai affrontato.
C‘era
qualcosa che non andava però, perché le avevano
detto che agivano con molta
discrezione, tenendo un basso profilo e agendo nell’ombra.
Eppure quello che aveva
visto era tutt’altro che discreto.
Capì che
qualcosa non tornava.
Per due giorni
interi non fece che maledire la segreteria di Dean Winchester, il quale
sembrava essersi scordato del numero per le emergenze che le avevano
dato.
Provò
più
volte anche col numero che sapeva essere di Sam, senza successo.
Non
rispondevano.
Scientifica
e Dipartimento di Polizia, le fiatavano sul collo per avere notizie
fresche
sugli sviluppi delle indagini e presto, alla preoccupazione per il
proprio
futuro lavorativo, si unì la paura che ai ragazzi fosse
davvero successo
qualcosa di grave.
Proprio
quando le sembrò che i suoi poveri nervi, già
abbastanza provati, fossero
giunti al culmine della sopportazione, Jody ricevette un sms dal numero
di Sam,
con scritto solo un indirizzo e un ‘Vieni subito’, che non
lasciava spazio ad
interpretazioni. Trasudava urgenza da tutte le parti.
I suoi
timori divennero reali e seppe con certezza che era c’erano
problemi seri in
vista.
Senza
rifletterci un istante, la donna fece quanto in suo potere per partire
il prima
possibile e raggiungere l’indirizzo indicato.
Saltò sul
suo
pickup e si mise in viaggio. Le ci volle un intero giorno, senza soste,
accompagnato da una pioggia torrenziale che sembrava voler sommergere
l’intero
Stato ed esasperare quel senso di inquietudine ed angoscia, che
già pervadeva
ogni cellula del suo corpo.
Arrivò in
tarda serata.
Aveva già
incontrato i ragazzi nei luoghi più strani, ma non era
preparata all’enorme
edificio fatiscente che si trovò di fronte. Sembrava isolato
e apparentemente abbandonato.
Mentre la
pioggia scendeva ancora incessante, scese dal pickup riparandosi col
suo
giaccone e raggiunse il portone d’ingresso a grandi falcate,
maledicendo il cielo
e la pozzanghera appena centrata, che la inzuppò fino alle
ginocchia.
Bussò
insistentemente
per qualche minuto, l’ansia che cresceva ad ogni istante.
Aveva la sensazione
che ci fosse qualcosa di sbagliato, che fosse successo qualcosa di
grave, non
si spiegava il perché di tanto mistero.
“Ragazzi?”
Urlò,
esasperata.
Quando
finalmente il portone si aprì, non riuscì a
vedere all’interno, solo un
riquadro di oscurità oltre il quale lo sguardo non riusciva
a penetrare. Un
braccio sbucò dall’ombra tirandola dentro con
forza.
Con un
gemito di sorpresa si lasciò trascinare
all’interno e Sam Winchester le si parò
di fronte.
Infreddolita
e al buio, Jody non si curò subito di lui e gli diede le
spalle, scrollandosi
di dosso il giaccone fradicio.
“Era
ora!” esclamò,
cercando di asciugarsi i capelli come poteva, legandoli poi malamente
con un
fermacoda.
“Ragazzi,
non vi potete comportare così! Lo sapete cosa mi avete fatto
passare? Non ho
vostre notizie da giorni e ….” si interruppe
quando finalmente guardò Sam.
La osservava
a pochi passi di distanza. Sul suo volto un’espressione
tirata e quasi sofferente.
Le labbra
erano piegate in una smorfia di confusione, mista a tormento e
sconforto, ma fu
quello che lesse nei suoi occhi a gelarle il sangue nelle vene.
Profonde
occhiaie ne accentuavano il contorno, erano scavati, stanchi e colmi di
una
pena che era dolorosa anche solo da vedere.
“Mi
dispiace Jody …”
Sentì che
la
voce gli tremava, nonostante sussurrasse appena.
“Io
… io non
avrei voluto. Non avrei voluto coinvolgerti ma …”
il ragazzo non riuscì a
sostenere oltre il suo sguardo.
“Sam, ma che
succede?” lo interruppe lei.
Solo in quel
momento si rese conto che qualcosa … o meglio, che qualcuno
mancava all’appello.
La
preoccupazione che l’aveva accompagnata per tutto il viaggio
tornò prepotente a
farsi sentire, riducendo il suo stomaco alla dimensione di una noce.
“Dov’è
Dean?” nella sua voce si leggeva l’incertezza,
mista alla paura che stava
provando in quel momento.
A quella
domanda, Sam alzò lo sguardo dal pavimento, puntandolo su di
lei.
I suoi occhi
erano esausti e lucidi e la pena sembrava essersi fatta ancora
più grande. Jody
tremò, sentendo improvvisamente freddo, quando credette, per
un secondo, che fosse
successo il peggio e che il maggiore dei ragazzi fosse davvero morto.
“L’ho
perso,
Jody … non so dove sia! Potrebbe … Potrebbe
essere … Aiutami, ti prego …”
quella di Sam fu una preghiera disperata, che lasciò lo
sceriffo impietrita
davanti a lui e a quello che poteva significare.
*****
Purgatorio
“Svegliati!”
Dean aprì
gli occhi lentamente, richiamato alla realtà da quella che
riconobbe subito
come la voce di Castiel.
Avvertì il
suo corpo stranamente pesante, come se si trovasse in
un’atmosfera aliena.
Un odore
disgustoso, che non riconobbe, gli penetrò nelle narici,
talmente forte da
arrivare con prepotenza ad attivare gli altri sensi, mettendolo in
allerta.
Quando
finalmente riuscì a focalizzare l’angelo alle sue
spalle, si sentì in parte
rassicurato dalla sua presenza e dall’espressione famigliare,
seppure indecifrabile,
del suo volto.
Dean cercò
di
alzarsi facendo leva con le braccia, era indolenzito e spaesato, come
quando si
rinviene da un brutto colpo alla testa.
Ancora
confuso e stordito, diede una rapida occhiata in giro, senza riuscire a
capire dove
si trovasse, ma avvertendo istintivamente una forte sensazione di
pericolo.
Sembrava
fossero in una foresta.
Il luogo era
decisamente lugubre e spettrale.
Era notte e
non seppe dire quanto tempo fosse rimasto privo di sensi.
Ricordò che
era giorno quando erano entrati alla Sucrocorp.
“Bene.”
disse
Castiel, vedendo che Dean era di nuovo cosciente
“Dobbiamo
uscire di qui”, continuò l’angelo.
Nonostante
il tono monocorde, Dean riuscì a percepire la tensione nella
sua voce.
“Dove
siamo?” chiese.
“Non lo
sai?”
L’angelo lo
guardò sorpreso, come se la risposta alla sua domanda fosse
ovvia e si
meravigliò non poco del fatto che il cacciatore sembrava non
essere arrivato
subito alle sue stesse conclusioni.
Dean cercò
di focalizzare la mente sull’ultima cosa che ricordava.
“Ricordo
solo che abbiamo fatto fuori Dick, dannazione! Che è
successo?”
“E dove
potrebbe essere andato dopo la morte?” rispose Castiel, con
tono
accondiscendente.
A Dean
sembrò di aver preso un pugno in faccia, mentre nella sua
mente prendeva
rapidamente forma la comprensione della terrificante verità.
“Aspetta! Mi
stai dicendo …” .
L’angelo
spostò velocemente lo sguardo tra gli alberi che li
circondavano, quando nell’ombra
sentì rumori e fruscii che sembravano avvicinarsi sempre di
più.
“Ogni anima
qui, appartiene ad un mostro. È qui che giungono per darsi
la caccia l’un
l’altro per l’eternità”.
Solo allora
anche Dean si accorse che non erano soli.
Il brusio
indistinto che li circondava, divenne ben preso uno spaventoso crescere
di
orridi versi, che si facevano sempre più vicini e
minacciosi.
Gli parve
quasi di distinguere delle voci, nonostante il loro suono fosse
distorto.
Mormorii
soffocati e indistinti come una sorta di litania, facevano da
sottofondo a quei
versi … non seppe riconoscerne l’origine, ma lo
terrorizzarono a morte.
“Siamo in
Purgatorio?” chiese con voce incerta “…e
come usciamo da qui?!”
Sentì la
paura serpeggiare lungo la sua spina dorsale.
Castiel
continuava a guardarsi intorno, ben conscio della
pericolosità e delle intenzioni
delle creature che si muovevano tra le ombre intorno a loro.
“Temo di non
saperlo. Probabilmente finiremo fatti a pezzi”.
Il tono
dell’angelo rimase neutro e questo fece innervosire ancora di
più il
cacciatore.
Dean non
seppe come reagire, si sentiva vulnerabile ed esposto in quel luogo.
Un rumore di
rami spezzati lo fece voltare di scatto in quella direzione. Si
guardò intorno
e poté vedere le mostruose creature tra la vegetazione, con
occhi rossi che lo
osservavano famelici.
Quegli
esseri presero a girargli intorno, come grossi felini che fiutano la
preda,
riconoscendo l’odore della paura.
E dannazione,
Dean cominciava davvero a farsela sotto.
“Cass
… credo
che dovremmo subito …”
La frase gli
morì in gola. Quando si rigirò e si accorse che
l’angelo era sparito.
“Cass?!”
Dean non si
fidò a chiamarlo a piena voce, avendo paura di provocare in
qualche modo gli
esseri che in quel momento lo stavano circondando.
Cercò di
muoversi
il meno possibile, spostando lo sguardo intorno a sé,
intuendo di essere in
trappola e capendo con certezza come si dovesse sentire un animale
circondato
da un branco di lupi famelici.
Era sotto
shock.
Non riusciva
quasi a crederci. Cass lo aveva lasciato solo! Dove diavolo era andato?
Maledetto
angelo ...
Pensò che
fosse scappato per sfuggire al combattimento, ancora preda di quello
squilibrio
che lo aveva colto da quando aveva deviato le allucinazioni di Sam.
Si impose di
non pensare all’angelo.
Di non
pensare alla paura che, fredda come il ghiaccio, percorreva le sue
vene.
Poi
l’istinto
prese il sopravvento.
Se doveva
morire, avrebbe portato qualcuno di quei mostri con sé.
Infilò una
mano nella tasca interna della giacca e chiuse le dita intorno alla
solidità
rassicurante del coltello di Ruby.
Il manico
ben saldo in mano, estrasse l’arma, sperando che almeno fosse
in grado di
contrastare qualcuna di quelle creature prima che lo facessero a pezzi.
Quegli
esseri cominciarono a girare in cerchio intorno a lui, in spirali
sempre più
strette, forti della loro superiorità numerica e della
posizione di
vulnerabilità in cui Dean si trovava. Sembravano quasi
giocare con lui e con la
sua paura.
Dean
irrigidì i muscoli della schiena, stringendo più
saldamente il coltello.
Era
immobile, si guardava intorno con la coda dell’occhio,
cercando di indovinare
da che parte sarebbe arrivato il primo attacco. Sentiva un formicolio
alla base
del collo che gli diceva che il momento era sempre più
vicino.
Mano a mano
che si avvicinavano riuscì a vedere meglio quelle creature,
gli ricordavano
grossi felini neri, con gli occhi rossi come quelli di molti dei demoni
che
aveva visto. Rossi come quelli dei cerberi che avevano dilaniato le sua
carni e
lo avevano spedito all’inferno.
Un brivido
d’orrore
percorse la sua anima a quel ricordo.
“Odio quelle
dannate bestie schifose” disse fra i denti.
Ne aveva
contati circa una decina. Dean piegò le ginocchia, pronto a
scattare per
affrontare il primo attacco.
Percepì il
momento esatto in cui uno di loro stava per spiccare un balzo contro di
lui.
Fu solo un
secondo, durante il quale fece in tempo a credersi già
morto, poi un’ombra più grande delle
altre aggredì il mostro che
stava per attaccarlo, sbalzandolo lontano e avventandosi su di esso.
Sentì una
serie di mostruosi guaiti.
Il nuovo
arrivato era feroce, un ammasso di muscoli poderosi, grosso quasi il
doppio
degli altri, aveva lo stesso aspetto ferino, ma era decisamente
più minaccioso.
Dean rimase
spiazzato e quasi incredulo di essere ancora vivo “che
diavolo ...?”
Le altre
bestie intorno a lui parvero arretrare leggermente, lasciando uno
spazio
maggiore al più grosso, che di nuovo focalizzato su di lui,
si era lasciato dietro
il cadavere dilaniato della bestia che solo un attimo prima aveva
cercato di
ammazzarlo.
“Bene
… il
boss è in città!” disse Dean, piegando
le labbra in un mezzo sorriso che non
aveva nulla di divertente.
Non era
finita.
Le
intenzioni di quello che evidentemente era il capobranco, non potevano
essere
fraintese, gli altri stavano semplicemente lasciando campo libero, dopo
la
dimostrazione di superiorità appena data.
La preda era
sua.
“Cos’è?
Il privilegio di affondare i denti
nelle mie carni soffici spetta al capo?” il ragazzo
sputò quella frase intrisa
di sarcasmo.
“Beh, vieni
a prendertele allora! Basta giocare!”
Dean lanciò
occhiate frenetiche intorno a sé, in cerca di una via
d’uscita che non vedeva.
“Cass!
Questo sarebbe decisamente un buon momento
per smetterla di fare il bambino impaurito e venire a darmi una
mano!”.
Lo disse tra
i denti, quasi pregando, preparandosi a subire l’attacco del
mostro che aveva
di fronte.
Osservò
l’essere giragli intorno come per studiarlo, poteva sentire
la forza e l’aura
maligna che trasmetteva.
“Andiamo!!”.
Urlò Dean,
portando
il coltello davanti a sé.
“Andiamo,
fatti avanti!”.
Lo vide
fermarsi di scatto e in una frazione di secondo, spiccare un balzo
verso di
lui.
Gli sembrò
che la scena si svolgesse al rallentatore, mentre la mole della bestia,
quasi il
doppio della sua, lo sovrastava coprendogli interamente la visuale.
Nell’attimo
in cui lo vide avventarsi su di lui, lo scorrere del tempo parve
rallentare, i
particolari divennero estremamente vividi. Sentì il cuore
aumentare il ritmo dei
suoi battiti e il sangue pompare più velocemente nelle vene,
i sui muscoli si
irrigidirono preparandosi all’impatto.
Con quel
mostro ormai addosso e il suo olezzo sul collo, Dean imprecò
e, digrignando i
denti, chiuse gli occhi d’istinto, arreso alla fine
imminente.
Poi tutto
scomparve.
Nessun
orrendo verso o ringhio. Nessun lugubre mormorio nelle orecchie.
Riaprì gli
occhi, confuso e titubante, mentre le sue gambe rischiavano di cedere
sotto il
peso del terrore appena provato.
Si trovò
davanti ad uno scenario diverso.
La foresta
aveva lasciato il posto ad una radura sopraelevata.
Fece appena
in tempo a rendersi conto di trovarsi su una collina, quando
sentì il lieve
tocco di una mano che lasciava la sua spalla.
Si voltò,
Castiel era di fianco a lui, con l’espressione più
neutra che gli avesse mai
visto.
“Dio santo
Cass!”
Si concesse
finalmente di lasciar andare il respiro che aveva trattenuto fino al
quel
momento.
Tirò un
lungo sospiro di sollievo prima di infuriarsi con l’angelo.
“Dove
diavolo eri sparito?!” gli urlò in faccia, un
attimo prima di accorgersi del
rivolo di sangue che gli colava dal naso e di vederlo barcollare
pericolosamente.
Si sporse subito
verso di lui e lo agguantò al volo, prima che cadesse a
terra sfinito.
“Che diavolo
… Cass?!”
Riuscì a
frenare la sua caduta solo in parte, finendo per farsi trascinare a
terra con
lui.
Castiel era
davvero molto pallido e Dean si accorse che c’erano tracce di
sangue anche ai
lati della bocca.
“Cass….Cass!”
Dean lo
chiamò più volte, ma l’angelo era
evidentemente svenuto.
Per un
attimo pensò che fosse stato ferito da quelle bestie mentre
cercava di portarlo
in salvo, ma da un controllo sommario, sembrava che l’altro
non avesse ferite
superficiali.
“Ok amico,
va tutto bene …”
Disse, quasi
più per calmare sé stesso.
“Va tutto
bene” ripeté, con un filo di voce, guardandosi
intorno e cercando di fare
ordine nel delirio dei propri pensieri.
Il suo
sguardo tradiva tutta la sua preoccupazione.
Come diavolo
avrebbero fatto ad uscire da lì?
Stordito e
confuso dagli ultimi avvenimenti, con le immagini di quello che aveva
appena
vissuto ancora davanti agli occhi e il sibilo di quelle creature nelle
orecchie, mille domande e altrettanti pensieri gli affollavano la
mente.
Uno solo si
fece largo prepotentemente tra di essi e gridò con forza
dentro di lui.
Sam?
Dean si
guardò intorno, l’angelo ancora accasciato tra le
sue braccia, la paura era
tornata con violenza ad assalirlo, stringendo le dita ossute intorno al
suo
cuore.
Dovè Sam?
Cosa gli è successo?
N.d.A.
Il primo capitolo è andato *tirano un sospirone di sollievo*
Speriamo che la storia vi abbia intrigato almeno un
pò *ELE106 si mangia
compulsivamente le unghie - Thinias trattiene il respiro*
La storia che abbiamo in mente è abbastanza lunga e
probabilmente vi terremo compagnia per un pò ^^ (no no
tranquilli non è una minaccia -.-)
Per favore lasciateci un commento, così possiamo capire se
tornare a rinchiuderci nel nostro angolino e fare finta che questo non
sia mai accaduto oppure, sperando che il vostro giudizio sia positivo,
tornare alle nostre tastiere e continuare a battere sui tasti per fare
uscire altre idee malasane dalle nostre testoline.
Grazie a tutti per aver letto questo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo II - Luci e Ombre ***
Capitolo
II – LUCI E OMBRE
Rifugio
Campbell
Sam fissava
quel dannato caffè solubile, mentre il gorgoglio
dell’ebollizione si faceva
sempre più insistente, da troppo tempo ormai,
perché potesse sembrare
semplicemente sovrappensiero.
Era
sofferente e stanco.
Le mani
erano aggrappate a quel tavolino sgangherato, sopra il quale era
appoggiato il
bollitore, come a sostenere il peso di tutte le cose che si era tenuto
dentro.
Durante i
due giorni in cui era rimasto solo, aveva arginato, dietro una fragile
diga di
autocontrollo, tutte quelle emozioni e quelle paure, per rovesciarle
addosso
allo sceriffo Mills, solo pochi istanti prima.
Raccontandole
di come fosse pian piano scivolato nel panico più totale,
mentre prendeva
coscienza del fatto di essere rimasto senza mezzi ed aiuti. Senza la
benché
minima traccia da seguire, senza opzioni o indizi ai quali appigliarsi.
Solo.
Completamente
in balia degli eventi che aveva contribuito a mettere in moto, ma sui
quali non
aveva più alcun controllo.
Si sentiva
inghiottire rapidamente in un buco nero di angoscia e domande senza
risposta,
con mille dubbi che gli attanagliavano l’anima, fomentati
dall’incertezza di
non sapere cosa fosse successo in realtà.
Crowley
aveva giocato sporco e aveva vinto su tutti i fronti. Le dita
artigliarono il
legno con rabbia, sbiancando a causa della pressione che stava esercitando.
Che volesse
semplicemente levarsi tutti dai piedi, con un colpo solo, o che avesse
altri
piani in mente per il futuro, ormai a Sam non importava. Crowley aveva
ottenuto
quello che si era prefissato.
E un unico
pensiero ossessionava la mente del ragazzo: voleva disperatamente ritrovare suo
fratello.
Dopo aver
tentato invano di far parlare qualcuno dei leviatani rimasti,
cani sciolti,
feroci, famelici e senza più un capo a cui obbedire, Sam era
tornato nell’unico
posto sicuro che conosceva, ovvero il deposito di suo nonno Samuel, con
la sua
biblioteca sotterranea. Dopo la casa di Bobby, ormai andata in fumo,
quello era
l’unico luogo dove poteva sperare di trovare delle
informazioni utili.
Sam parve
cedere per un attimo, i muscoli delle braccia rigidi come quelli
della
schiena e la testa abbandonata in avanti, in un gesto di sconforto
che non
riuscì a controllare.
Due
stramaledetti giorni.
Due giorni
interi, senza nemmeno sapere se Dean fosse …. No, non
riusciva nemmeno a
pensarlo.
Gli sembrava
di impazzire ... se mai non lo fosse già, senza
essersene davvero reso
conto.
Rialzò la
testa e fissò il vuoto di fronte a lui, ciocche di capelli
scivolarono via dal
volto.
In quel
momento, solo uno scaffale di libri accatastati male lo separava e lo
nascondeva dallo sceriffo, che lo attendeva ansiosa … e non
certo per il caffè.
L’aveva
chiamata e lei era andata da lui senza esitare, eppure lui non le aveva
confidato tutto.
Si sentì in
colpa, ma come poteva dirglielo? Come poteva dirle cosa era davvero
successo a
Bobby?
Si passò una
mano sul viso, sentendo sotto le dita la ruvidezza della barba che
aveva
lasciato crescere.
L’immagine
straziante del fantasma di quello che era stato come un padre per lui,
che
bruciava e si dissolveva nel nulla, gli
passò davanti agli occhi.
No, non lo
avrebbe fatto. Era già stato ingiusto coinvolgerla in tutto
questo, mettendola
in pericolo, chiedendole di aiutarlo, non poteva volontariamente darle
anche
quel dolore. Non sarebbe servito a nulla. Sam aveva la sensazione che
la donna
fosse stata legata a Bobby più di quanto lui e Dean non
avessero immaginato.
Chiuse gli
occhi per scacciare l’immagine del vecchio cacciatore e
cercare di
riprendere il controllo, ma d’improvviso altre immagini si
sostituirono a
quella e lo costrinsero a riaprirli di scatto, deglutendo a fatica.
C'era
un’altra cosa di cui non le aveva parlato.
Non le aveva
detto delle sue condizioni e non le aveva detto nemmeno degli attacchi
psicotici e delle allucinazioni, dai quali Castiel lo aveva
miracolosamente
guarito.
Non seppe
dire esattamente perché … forse per paura.
Paura che il
sospetto di stare impazzendo davvero e che, Jody stessa, finisse per
crederlo
pazzo, fosse più che una sensazione.
Paura che
dirlo ad alta voce, avrebbe reso tutto reale.
Sam si
guardò le mani: stringeva il tavolino così forte
che le dita cominciarono a
fargli male. Si costrinse a mollare la presa rilassando i muscoli, per
quanto
possibile.
Accadeva nei
brevi istanti in cui la sua mente, sfinita e sottoposta a sforzi oltre
il
limite, si arrendeva alla stanchezza e smetteva di pensare.
Immagini
veloci e confuse, accompagnate da suoni indistinti, ma talmente forti
da essere
assordanti, lo aggredivano all’improvviso, facendogli quasi
mancare il respiro
e perdere i sensi, o svegliandolo di soprassalto nei rari momenti in
cui si appisolava.
Era tutto
estremamente confuso, nulla di limpido o di comprensibile, che anche
solo
somigliasse al Lucifero che lo aveva tormentato per mesi.
All’inizio
si era detto che dipendeva dalla mancanza di sonno e dalla stanchezza,
ma
quegli strani flash senza senso, erano iniziati proprio dopo la
scomparsa di
Castiel e di suo fratello.
E se ... via
l’angelo, anche la magia o qualunque cosa fosse quello che
aveva esercitato su
di lui, si fosse esaurita? Se l’effetto di quello che gli
aveva fatto, fosse
cessato dopo la sua scomparsa, facendolo sprofondare lentamente ma
inesorabilmente nella follia dei mesi precedenti?
Non si
permise di alimentare quel pensiero, perché questo dava
credito ad una verità
che non poteva accettare: Cass e Dean erano morti?
“Sam!”
La voce
della Mills che lo chiamava decisa, lo riscosse bruscamente dai suoi
pensieri.
Scosse la
testa, cercando di ricacciarli e soffocarli in un angolo della sua
mente. Non
voleva crederci. Non poteva …
Si voltò e
raggiunse velocemente lo sceriffo.
Il polveroso
magazzino, nel quale Sam l’aveva portata, era buio e umido e
lei era ancora
bagnata fino al midollo.
Gocce
d’acqua piovana producevano un fastidioso ticchettio, che la
rendeva ancor più
nervosa.
C’erano
libri accatastati ovunque e per un attimo le sembrò di
trovarsi
nell’incasinatissimo studio di Bobby.
Ebbe immediatamente
nostalgia di quel posto, nonostante avesse sempre pensato che servisse
un tocco
femminile, rappresentava quell’uomo alla perfezione.
Un sorriso
nostalgico comparve sul suo volto, al ricordo del vecchio cacciatore.
Non
voleva ammettere nemmeno a sé stessa quanto le mancava.
La donna si
guardò intorno, cercando di focalizzarsi su un dettaglio
alla volta e
riflettere per bene su quanto aveva appena appreso, cercando di non
farsi
prendere da una sensazione più che comprensibile di panico.
Sam le aveva
raccontato di Dick Roman e del piano per eliminarlo.
Le aveva
detto del coinvolgimento di Crowley e di Castiel e che
l’angelo loro amico, era
sparito insieme a Dean subito dopo l’eliminazione del
leviatano capo.
Le aveva
rivelato i terrificanti piani di questi mostri per dominare il Pianeta.
Follia.
Se non
avesse visto lei stessa qui mostri, le sarebbe sembrata tutta
un’enorme follia.
Ma Dean era
scomparso, Sam era sul punto di crollare e lei continuava ad avvertire,
dentro
di sé, la fastidiosa sensazione che il peggio dovesse ancora
venire e che il
ragazzo avesse volontariamente evitato di dirle qualcosa.
Non se ne
curò molto in quel momento, troppo preoccupata per le
condizioni di Sam, che
sembrava davvero ad un passo dal cedimento psico-fisico.
Il ragazzo
stava in piedi per miracolo, aveva la barba lunga e gli occhi
arrossati. Jody
non seppe dire se solo per la stanchezza o anche per il pianto.
Lo sceriffo
sapeva quanto i ragazzi fossero legati e poteva solo immaginare cosa
stesse
passando il più giovane dei Winchester. Era forte, e lei lo
sapeva, chiunque
altro sarebbe crollato di fronte ad una cosa del genere, ma Sam ora era
stanco
e stava oltrepassando il limite.
Durante il
suo racconto infatti, si era fermato spesso, portandosi le mani al
volto e
massaggiandosi le tempie con insistenza, preda probabilmente da un
feroce mal
di testa, dovuto alla disperazione e alla carenza di sonno.
Sam aveva parlato
con frasi che a tratti erano sembrate sconnesse.
“Non sapevo
più cosa fare Jody …
e-ero da solo. Ho
passato gli ultimi due giorni a caccia di leviatani per cercare di
farmi dire
qualcosa. Loro avrebbero dovuto sapere … è stato
inutile. Ho evocato quel
bastardo di Crowley un centinaio di volte, ma niente! E alla fine ti ho
chiamato, senza quasi rendermene conto … forse volevo un
volto amico vicino …
non so dov’è … Jody, non so se
è ancora vivo …”
La donna
aveva assistito allo sfogo del ragazzo senza intervenire, la stanchezza
gli era
penetrata nei nervi, impedendogli ormai di mantenerne il controllo.
Le mani nei
capelli, Sam non era più riuscito a trattenere rabbia e
frustrazione, e aveva
sbattuto i pugni sul tavolino al quale erano seduti, l’uno di
fronte all’altro.
Lei aveva preso al
volo una tazza che vi era appoggiata sopra, prima che precipitasse sul
pavimento.
“Calmati
Sam!” Jody aveva cercato di usare un tono rassicurante.
“Quel figlio
di puttana ci ha usati per levarsi dai piedi Roman. Lo sapeva! Sapeva
che
sarebbe successo questo, una volta compiuto il rituale
…”
Tremava
ancora e mai una volta l’aveva guardata negli occhi.
Lo sceriffo era certa
che Sam non le stesse dicendo tutto.
Sembrava
riflettere ad alta voce, più che parlare con lei e non aveva
avuto il cuore di
insistere per fugare questi dubbi.
Solo pochi
istanti dopo Sam si era alzato di scatto “Preparo un
po’ di caffè” e si era
allontanato senza aspettare una risposta. Nonostante le fosse evidente
il
malessere del ragazzo, lo aveva lasciato andare senza seguirlo.
Una volta
rimasta sola, aveva cercato di ripercorrere ogni dettaglio del
racconto, di
visualizzare gli avvenimenti, come se fosse stata presente. Era il suo
lavoro
dopo tutto.
Non era
diverso dal risolvere un caso. Si trattava sempre di indagini.
Ad un certo
punto, quando il vortice dei pensieri si era fatto sempre
più caotico e le era
sembrato di non capirci più nulla, Jody era stata tentata,
per un istante, di
arrendersi all’evidenza: avevano perso.
Dean,
insieme all’angelo Castiel, erano morti e loro due avrebbero
dovuto tirarsi su
le maniche e contenerne gli effetti collaterali.
Cominciò a
guardare distrattamente tra la pila di libri che ingombravano gli
scaffali e
riconobbe alcuni dei volumi appartenuti a Bobby. Li aveva visti negli
scatoloni
che aveva portato a Sam, quando Dean era rimasto bloccato nel passato
con
Cronos.
Si
immobilizzò all’improvviso,
quando un’intuizione si fece largo nella sua mente.
Cronos era
tornato nel passato trascinando con lui anche il maggiore dei
Winchester …
E se … Jody
si alzò di scatto dalla sedia e chiamò il ragazzo.
“Sam!”
Lui la
raggiunse dopo un attimo, allarmato dall’urgenza che aveva
percepito nel tono
dello sceriffo.
“Che
succede?” le chiese il giovane Winchester.
“Sam
…
Cronos!” era concitata “Non capisci?! Il
rituale!”.
Lui rimase
completamente spiazzato, non aveva idea di cosa stesse parlando.
Jody lo
afferrò per le spalle “Se Roman è
sparito, con quel maledetto incantesimo … e
Dean è scomparso nello stesso momento
…
forse, come con Cronos … forse anche Dean e Castiel
… sono finiti nel luogo in
cui è finito il leviatano!”.
Solo allora
lo sceriffo si accorse che fuori aveva smesso di piovere.
Un debole
raggio di sole, che penetrava attraverso il vetro dell’unica
piccola
finestrella in alto, illuminò il volto sgomento di Sam.
*****
Purgatorio
“Cass! Forza
amico” Dean aveva ancora l’angelo accasciato
addosso.
“Cass!”
lo
chiamò di nuovo, ma non si riprese.
Lo fece
scivolare di lato adagiandolo sul terreno e mise il palmo della mano
appena
sotto il suo naso per assicurarsi che stesse ancora respirando.
Lasciò
andare un sospiro di sollievo quando appurò che
l’altro era solo svenuto.
Rimase
inginocchiato vicino a lui, passandosi una mano sul volto e cercando di
riorganizzare i pensieri.
Solo in quel
momento cominciò a guardarsi intorno, improvvisamente
conscio che, per quanto
sembrassero soli e al sicuro, in quel luogo non potevano abbassare la
guardia.
Il cielo era
scuro, era ancora notte, o meglio sembrava di essere al crepuscolo.
Dean non
riusciva a vedere molto al di là di un paio di centinaia di
metri, le ombre
inghiottivano tutto il resto, in lontananza dei lampi squarciavano il
cielo.
Gli sembrò
di sentire di nuovo quei sussurri, versi che si ripetevano ad
intervalli
regolari e provenivano da luoghi sempre diversi.
Cominciò pensare che fosse una
sorta di richiamo, come
quando un cane comincia ad abbaiare e un altro risponde in lontananza
passando
il messaggio.
Non riusciva
a capire da dove provenissero, ma stabilì che almeno si
trovavano a distanza di
sicurezza.
Guardò di
nuovo Castiel, non si era mai sentito così vulnerabile ed
esposto, se fossero
stati attaccati, dubitava di poter difendere sé stesso,
figurarsi se poteva
proteggere l’angelo svenuto.
Strinse tra
le mani il pugnale di Ruby, cercando conforto nella solidità
dell’arma.
Probabilmente
non sarebbe servita a molto, ma almeno gli dava la sensazione di poter
vendere
cara la pelle.
Come diavolo
avevano fatto a finire in quel luogo?
Pensò con
terrore che probabilmente buona parte dei mostri che popolavano quel
posto, ce
li aveva spediti lui … e rabbrividì, sentendosi
ancora più in pericolo.
Un rumore
che sembrò essere particolarmente vicino lo fece trasalire,
si irrigidì
cercando di ascoltare per capire da dove provenisse.
Di nuovo il
rumore, come uno schiocco di qualcosa che si spezza, guardò
nella direzione da
cui proveniva e un secondo dopo, il ramo di un albero contorto si
spezzò,
precipitando al suolo.
Dean emise
un sospiro strozzato, rendendosi conto che aveva trattenuto il respiro
fino a
quel momento.
“Dannazione”
imprecò.
Cercò di
calmarsi, pur rimanendo allerta.
Erano stati
giocati, non riusciva a togliersi quella sensazione di dosso.
Dean aveva
ancora davanti agli occhi il ghigno di Dick, subito prima che
esplodesse.
Il bastardo
rideva come se sapesse cosa sarebbe successo.
Il
cacciatore si guardò i vestiti e si rese conto di non essere
coperto da quella
melma nera che i leviatani avevano al posto del sangue. Uno sguardo a
Castiel
gli fece appurare che nemmeno lui si era sporcato.
Come era
possibile?
Cercò di
ricostruire la sequenza degli eventi con cui avevano sconfitto Roman.
Ricordava
esattamente l’attimo in cui aveva trafitto quel bastardo e il
momento
successivo in cui Sam era entrato nel laboratorio seguito da Kevin.
Erano molto
vicini al leviatano, l’aria intorno a loro aveva cominciato a
distorcersi, come
se ondate di energia venissero emesse dal corpo di Roman, poi
quest’ultimo era
esploso.
Dean
ricordava di essersi girato e aver alzato un braccio sopra la testa per
proteggersi dall’esplosione.
Poi si era
svegliato lì e Castiel era vicino a lui.
“Sam!”
Lo stomaco
di Dean si contorse in una morsa dolora a quel pensiero.
Suo fratello
era vicino a loro quando Dick era esploso, doveva essere lì
anche lui.
Cercò
disperatamente di ricordare cosa avesse visto in quegli ultimi istanti,
se Sam
fosse scomparso con loro o se fosse stato colpito dagli schizzi neri
del sangue
di Dick.
Aveva chiuso
gli occhi quando il leviatano era esploso, dannazione non aveva
guardato verso
Sam, non aveva visto cosa gli fosse successo.
La paura
serpeggiò infida nella sua mente.
Dov’era Sam?
Perché non era con loro?
Possibile
che fosse finito in un punto diverso del Purgatorio?
I suo occhi
si dilatarono e il respiro si fece più veloce.
Sam era
solo, da qualche parte in quel luogo dimenticato da Dio e popolato da
mostri che
si sbranavano l’un l’altro.
Guardò il
pugnale che aveva in mano.
Era
disarmato. Dovunque fosse Sam, era disarmato.
Chiuse gli
occhi cercando di tenere a bada l’angoscia e la
preoccupazione che lo stavano
assalendo.
Un unico
pensiero portato all’esasperazione, si fece strada
sovrastando la paura: doveva
trovarlo. Doveva trovare suo fratello a tutti i costi.
Si guardò di
nuovo intorno non sapendo esattamente da dove cominciare.
Un altro
rumore catturò la sua attenzione, si voltò di
scatto verso la vegetazione
circostante.
Dovevano
spostarsi da lì, erano troppo esposti, doveva mettere al
riparo Castiel e poi
cercare Sam.
Doveva
trovare il modo di uscire da lì.
Prese la sua
decisione. Si alzò in piedi, afferrò il braccio
di Castiel, si piegò sulle
ginocchia e, tirando verso di sé il corpo inerme
dell’angelo, se lo caricò in
spalla.
Si diede una
piccola spinta, per bilanciare meglio il peso del corpo
dell’altro sulla
schiena e cominciò a camminare.
Non sapeva
bene che direzione prendere, decise che l’importante era
continuare a
spostarsi.
Sembrava che
l’aria si fosse fatta più pesante da respirare,
nelle narici cominciò a sentire
un tanfo di morte, era difficile da ignorare.
Si mosse
attraverso la vegetazione, nella poca luce che quel crepuscolo perpetuo
regalava,
continuando a guardarsi intorno, attento ad ogni rumore che arrivava
dall’ambiente circostante, si affidò
all’istinto e ai suoi sensi allerta per
decidere la direzione da prendere.
Dean non ci
mise molto a rendersi conto che procedere, col pennuto addosso, gli
sarebbe
stato più difficile del previsto.
Fargli
riprendere i sensi era l’unico modo per uscirne vivi, se mai
fossero riusciti
ad uscire da lì…
Dopo una
manciata di minuti, che gli parvero infiniti, individuò
un’insenatura in una
conformazione rocciosa.
Forse
avrebbero potuto nascondersi lì, almeno per il tempo
necessario a riprendersi.
Era esausto,
le gambe avevano cominciato a bruciargli, i muscoli della schiena erano
in
fiamme e il respiro sempre più affannoso.
Arrancò
verso l’apertura e vi scivolò dentro, fece solo
pochi passi poi si accasciò a
terra sfinito.
Cercò di
adagiare delicatamente il corpo dell’angelo sulla ruvida e
fredda roccia.
L’aria era
cattiva e l’ossigeno rarefatto, come se si trovasse in
montagna ad alta quota.
Faticò a
regolarizzare il respiro, cominciò a tossire stringendo i
denti per calmare gli
spasmi, fino a che non ebbe un conato di vomito e finì per
sputare bile in un
angolo.
Gli sembrava
di respirare aria velenosa, i polmoni gli bruciavano.
“Cas!”
Provò
nuovamente a chiamarlo, stavolta con voce incerta e arrochita.
L’affanno
tradiva tutta l’urgenza e la preoccupazione per le loro sorti.
Il
cacciatore tossì di nuovo, forse quel luogo maledetto aveva
effetti negativi su
di lui e forse anche su Castiel. L’angelo era ancora privo di
sensi, non
rispondeva.
“Svegliati,
dannato angelo!” urlò, afferrandolo per le spalle
e strattonandolo bruscamente,
“svegliati maledizione, dobbiamo trovare Sam! Cass!”
Immediatamente
dopo aver pronunciato il nome di suo fratello, gli occhi
dell’angelo si
spalancarono improvvisamente.
“Sam!” Castiel scattò in posizione
seduta, la schiena era rigida.
Dean si tirò
indietro sorpreso, improvvisamente sollevato dal fatto che finalmente
fosse
rinvenuto, non ebbe il tempo di parlare che Castiel, gli
afferrò i polsi come
se stesse fermando un aggressore.
“Dean ..
?”
“Si
Cass”
sono io, tossì di nuovo.
L’angelo
sembrò finalmente mettere a fuoco la figura del cacciatore e
riconoscerlo. Era
ancora visibilmente confuso e disorientato e strinse le mani intorno a
polsi
dell’altro con maggiore forza.
“Dean …
dov’è Sam?”.
N.d.A
Ele106:
Sammy dove sei?!?!? *piange* Dean, che fine hai fatto? *non ci capisce
più
niente e strizza la tazzina di carta del caffè, dal nervoso,
schizzandoselo
tutto addosso*
Thinias: U_U
si ... siamo state cattive ... lo ammetto! XD
Ele106: come
soffronooooooooooooooooooo ç_ç
Thinias: è
necessario Ele ...
Ele106: mi
sento in colpa, tu no? *si mangia di nuovo le unghie* Sei di pietra!!!
Thinias: *si
volta di spalle, fingendo di non asciugarsi le lacrime* Ele contegno!!
Abbiamo
due fratelli da far riunire!!
Ele106: *con
li occhi che brillano* nel sacro vincolo del wincest???
Thinias: ma
vafff .....
È vero siamo
state davvero cattive con I nostri fratellini, abbiamo immaginato
l’angoscia in
cui si trovano, separati, senza sapere nulla l’uno
dell’altro, nemmeno se sono
vivi. Per come sono stati divisi non sanno reciprocamente dove si
trovano e
come è d’obbligo per loro, il pensiero di un
fratello va subito a preoccuparsi
dell’altro.
Qui il
brotherly love è molto importante, è quello che
lega tutta la fanfic e quello
su cui stiamo basando la storia (Thinias: *guarda male la sua socia*
non il
wincest Ele106, solo il brotherly love!), per cui portate pazienza, ma
un pò di
sana sofferenza per questi due non poteva mancare, non sarebbe SPN
altrimenti.
Speriamo che
la storia continui ad intrigarvi e che continuerete a seguirci anche
nei
prossimi capitoli.
Grazie per
tutti i commenti che ci avete lasciato nel primo capitolo
*sbaciucchiano le
loro lettrici, stritolandole in un abbraccio*, li abbiamo apprezzati
tantissimo.
Se vorrete
vi aspettiamo al prossimo capitolo.
Ciauuuuz
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo III - Speranza e Coraggio ***
Capitolo III
– SPERANZA E CORAGGIO
Rifugio Campbell
“Sam!”
Lo sceriffo
prese il ragazzo per le braccia e cercò di scuoterlo, era
come se fissasse il
vuoto di fronte a lui senza davvero riuscire a vedere.
Un secondo
prima gli stava dicendo la sua idea di dove potesse essere Dean, un
secondo
dopo l’aveva visto mentre si bloccava e il suo sguardo si
perdeva nel vuoto.
“Sam!”
lo
chiamò di nuovo, sempre più preoccupata.
Il giovane
cacciatore sembrò riprendersi, scosse lievemente la testa e
chiuse gli occhi,
prima di riaprirli e guardare Jody. La mano destra era corsa a
schiacciare la
cicatrice sul palmo dell’altra mano.
La donna lo
teneva ancora per le braccia.
“Sto
bene.”
disse per tranquillizzarla, anche se la sua voce risultò
incerta.
“Certo e io
sono Madre Teresa di Calcutta!” lo spinse
all’indietro fino a che non lo fece
sedere su una delle due sedie.
Lui guardava
il pavimento, continuando a passare distrattamente il pollice sul palmo
della
mano sinistra.
Cosa diavolo
erano quelle immagini?
Chiuse gli
occhi di nuovo come per cercare di afferrare l’eco di quello
che aveva visto.
Si, ma cosa
aveva visto?
Si portò le
dita alle tempie e cominciò a massaggiarle per cercare di
tenere sotto
controllo il principio di emicrania che sentiva spingere dietro gli
occhi.
“Che diavolo
è successo?” Jody catturò di nuovo la
sua attenzione.
“Niente
…
sto bene.” Sam non voleva parlarle delle sue allucinazioni,
aveva bisogno di
rimanere concentrato su Dean e su quello che gli era successo, ma
quelle
immagini che aveva appena visto non sapeva come spiegarle.
Alberi
contorti, oscurità, occhi rossi tra la vegetazione, non
aveva nessun senso per
lui.
Cercò di
accantonare quel pensiero, non aveva tempo per distrarsi, doveva
pensare a
Dean.
“Cosa dicevi
di Cronos?” disse rivolto alla donna.
“Cosa dicevi
di cosa ti è successo?” gli rispose lei,
guardandolo dall’alto in basso.
Sam
sospirò,
la donna non avrebbe mollato l’osso così
facilmente.
“Sono solo
stanco.” disse, passandosi una mano sul volto.
La Mills non
faticava a credergli, sarebbe stato evidente anche ad un cieco che Sam
era
stanco, ma c’era qualcos’altro … ne era
certa. Come era già successo in
precedenza però, era sicura che se avesse spinto troppo non
avrebbe ottenuto
nulla da quel ragazzo.
Decise di
stare al gioco e di aspettare un momento più propizio per
capire cosa fosse
successo.
“Dovresti
dormire un po’.”
“Non
adesso”
Sam sospirò “dicevamo di Cronos? Forse hai
ragione, potrebbe essere successa
una cosa simile”.
“Dean era
stato trascinato con Cronos nel passato, perché lo aveva
afferrato prima che
saltasse indietro nel tempo…” la Mills
ragionò ad alta voce cercando di
dare un senso logico alla sua intuizione.
“Forse Dick
non è morto ed è semplicemente saltato da qualche
altra parte. Forse ha portato
tuo fratello con lui.”.
Sam in parte
ascoltava lo sceriffo, in parte cercava di focalizzare i proprio
pensieri.
“No,
è
morto, ne sono sicuro!” disse dopo un attimo
“L’ho visto esplodere con i miei
occhi, c’erano parti di lui sparse su tutti i muri”.
“Ti ricordi
se Dean e Castiel lo stavano toccando?”
Sam alzò la
testa “No, non mi sembra… Cass era alle spalle di
Dick e Dean era di fronte, ma
erano ad un paio di passi di distanza”.
Cercò di
ricordare.
Chiuse gli
occhi e cominciò a parlare, descrivendo quello che aveva
visto.
“Dean aveva
appena infilzato l’osso, bagnato col sangue dei caduti, nel
collo di Roman.
Entrambi, sia lui che Cass si sono tirati indietro. L’aria
intorno a Dick ha
cominciato come a pulsare, poi è esploso! Ho cercato di
proteggere Kevin che
era dietro di me e mi sono girato, volgendo la schiena
all’esplosione. Quando
mi sono voltato di nuovo, mio fratello e Castiel erano scomparsi e
c’era melma
nera ovunque”.
“Ok quindi
è
morto” la Mills cercava qualche particolare a cui
aggrapparsi, ma non riuscì a
pensare a nulla.
“Hei un
momento!” qualcosa nel racconto l’aveva colpita
“hai detto che l’aria ha
cominciato a pulsare, cosa intendi?”.
Sam
riportò alla mente quell’immagine, “Era
come
una sorta di vibrazione nell’aria, che creava delle onde
intono a lui. Come se venisse
spostata da una forte pressione” si bloccò di
nuovo.
I lineamenti
del viso di Dick si formarono nella sua mente, un fermo immagine che
gli
ricordò il suo ghigno.
“Rideva!”
si
passò una mano tra i capelli, “Quel figlio di
puttana stava ridendo. Guardava
Dean negli occhi e rideva, come se sapesse qualcosa che noi non
sapevamo, come
se nonostante tutto sapesse di avere ancora un asso nella
manica”.
“Sei sicuro?
Sam può voler dire qualsiasi cosa …”
Jody cercò di contenere la foga di Sam. A
lei sembrava davvero un particolare molto labile a cui aggrapparsi e
non voleva
che il ragazzo si illudesse.
“Probabilmente
non ha voluto darla vinta a tuo fratello fino
all’ultimo”.
Sam si alzò
dalla sedia in modo talmente veloce da farla andare a gambe
all’aria.
Andò a
frugare in un borsone che stava sul pavimento.
La Mills
rimase indietro in attesa, aveva già assistito a situazioni
del genere con Sam
e con Bobby, spesso le loro intuizioni avevano portato a delle svolte
decisive.
“Quel
bastardo rideva” Sam continuava a ripeterlo tra i denti.
Tirò fuori
dalla borsa il quaderno dove Kevin aveva scritto la trascrizione della
tavola
di Metatron.
Cominciò a
camminare avanti e indietro, mentre rileggeva quelle pagine per la
milionesima
volta, solo che ora sapeva cosa cercare.
“Eccolo!”
disse con entusiasmo, una manciata di secondi dopo. Poi
cominciò a leggere “Quando la testa
verrà recisa, l’aria si
muoverà e lo spazio dominato dall’acqua e dalla
terra espellerà la sua essenza,
ricacciandola nell’oblio.”
Sam alzò lo
sguardo con aria trionfante, ma Jody non riuscì a fare altro
che un’espressione
smarrita
“Cosa
diavolo vorrebbe dire?”.
“Che lo
sapeva! L’oblio … Non capisci?” le
parole dell’Alpha vampiro gli tornarono
subito alla mente.
Dove finiscono i mostri
quando muoiono?
“Roman
sapeva che sarebbe tornato di nuovo in Purgatorio! Quel figlio di
puttana
sapeva che, una volta colpito, sarebbe stato spedito a calci da dove
era
venuto. Noi non abbiamo dato peso alle conseguenze, ci siamo
focalizzati su
come eliminarlo. Forse lui lo sapeva e sperava che se li sarebbe
portati
dietro”.
Sam parve
fissarsi un momento come richiamando un ricordo…
Come aveva
fatto a non pensarci? Richiamò alla memoria il momento
immediatamente
precedente all’esplosione del leviatano.
“Erano nel
raggio d’azione di quello spostamento d’aria che ho
visto! Tutto fremeva
intorno a loro, come in una bolla, con al centro Dick Roman. Io e Kevin
eravamo
al di fuori di quella pulsazione. Maledizione li ha portati con
lui!”.
Sam si
appoggiò al muro che aveva alle spalle per reggersi.
“Li ha
portati con lui …” ripeté in un
sussurro “Dean e Castiel devono essere in
Purgatorio”.
Una voragine
si aprì nel cuore di Sam, che aveva ancora in mente la
parole con cui veniva
descritto il Purgatorio, nel libro che avevano trovato nella tana dei
Draghi,
l’anno precedente.
Se Dean era
lì poteva essere già morto.
Si mise una
mano davanti agli occhi e le immagini di suo fratello, braccato dalle
anime dei
mostri che abitavano quel luogo, gli affollarono la mente,
sovrapponendosi a
quelle che non era mai riuscito a dimenticare. Il petto di Dean
squarciato
dagli artigli del cerbero.
Le scacciò
in fretta. Fino a che non avesse avuto prova della sua morte, avrebbe
fatto
tutto quello che poteva per cercare di riportarlo indietro.
Sperò con
tutto il cuore che Castiel fosse davvero con suo fratello, quella
poteva essere
l’unica speranza di Dean di uscirne vivo.
*****
Purgatorio
“Cass
…
fermati … fermati un secondo.”
Dean si
appoggiò malamente al tronco marcio, di una delle migliaia
di piante intorno a
sé, ormai sola ed unica costante di quel lugubre panorama.
Camminavano
da parecchio, non avrebbe saputo dire quanto.
Era come se
lo scorrere del tempo non lasciasse traccia. Il cielo non si schiariva
mai,
tranne quando lampi improvvisi e rumorosi, ne squarciavano i contorni.
In certi
momenti sembrava addirittura farsi più scuro e minaccioso.
Dean
faticava a star dietro all’angelo, che procedeva senza sosta,
sembrava sapesse
esattamente dove andare.
“Maledizione”
Imprecò tra i denti, cercando di riprendere fiato.
L’aria era pesante, ogni
respiro era difficile e non riuscì a trattenersi dal tossire
di nuovo.
Castiel si
fermò immediatamente dopo aver sentito il richiamo di Dean.
Osservandolo,
mentre tornava verso di lui, l’angelo si ricordò
delle condizioni in cui era il
cacciatore, quando si era ripreso in quella grotta. Dean non stava bene.
Non avevano
avuto modo di rifugiarsi in quell’anfratto a lungo e non
avevano nemmeno avuto
modo di parlare.
Presto si
erano resi conto che, ogni qual volta rimanevano fermi in un punto,
anche solo
per pochi minuti, i richiami delle bestie di quei luoghi divenivano
sempre più
vicini e sempre più aggressivi.
Una volta
sveglio, Castiel aveva riconosciuto delle parole, tra quei versi. Una
lingua
arcaica, persa nel tempo, ma che in parte ricordava ancora.
Quelli che
sentivano come mormorii, litanie e orribili versi, intorno a loro,
erano in
realtà segnali … primitive forme di comunicazione
tra le spaventose creature
che popolano questi luoghi, stavano velocemente spargendo la voce: Dean Winchester è
qui.
Non lo disse
al cacciatore. Non ancora …
Aveva
risposto all’agitazione di quest’ultimo, che gli
aveva chiesto immediatamente
notizie di Sam.
Sam.
L’angelo si
rabbuiò, al pensiero del ragazzo e di dove potesse essere
finito. Solo e in
pericolo.
Non era
riuscito a trovarlo, ci aveva provato invano.
Aveva
raccontato a Dean che, non appena si era svegliato in Purgatorio, si
era reso
immediatamente conto dell’assenza del più giovane
dei Winchester. Aveva quindi
atteso che anche Dean si riprendesse, accertandosi che fosse in buone
condizioni di salute, per sparire in sua ricerca.
Una rapida
ispezione, lo aveva convinto che Sam non poteva trovarsi in quel luogo.
Eppure … lo
avvertiva. Avvertiva la sua presenza, come fosse lì con loro.
Avvertiva
una morsa di confusione e spavento che gli bruciava nel petto, ogni
volta che
provava a concentrarsi su di lui, per cercarlo.
Si sentì
impotente.
Aveva
scacciato dalla sua mente i dubbi e le paure che lo avevano
accompagnato fino a
quel momento, durante il periodo in cui era stato semplicemente
Emmanuel e dopo
aver assorbito le allucinazioni di Sam.
Si era
costretto a non pensarci, a non pensare alle colpe di cui si era
macchiato e
che avevano così ferocemente intaccato il suo essere e le
sue convinzioni. Si
era sforzato di accantonarli, senza lasciarsi vincere
dall’impulso di
rannicchiarsi in un angolo ed estraniarsi da tutto.
Una volta
che si era reso conto di trovarsi in Purgatorio, c’erano
questioni più
importanti di cui preoccuparsi: trovare Sam. Salvarli. Portarli via da
quel
posto.
Già al
primo
spostamento, subito dopo aver svegliato Dean, aveva sentito la potenza
della
sua Grazia venir meno per un istante. Come se vi si fosse aperta una
crepa. Era
atterrato su quella collina, dove in seguito avrebbe portato il
cacciatore,
stremato e senza forze, con un forte dolore al petto e il sapore del
sangue in
bocca.
Dopo qualche
secondo il dolore si era affievolito fino a che non ne era rimasto solo
l’eco.
Si era
passato una mano sulle labbra e aveva guardato in modo inespressivo le
dita
sporche di rosso.
Aveva
cercato di concentrarsi e di riprendere il controllo dei propri poteri,
ma
sembravano non rispondergli a dovere.
Aveva capito
che un altro spostamento del genere, sarebbe potuto essere
l’ultimo. Castiel
aveva fatto l’unica cosa che poteva fare: era tornato da Dean
e aveva
utilizzato le sue ultime energie per portarli al sicuro, poi era
svenuto.
Cass tornò
al presente, lanciando un’occhiata a Dean. Era pallido e
delle profonde ombre
scure avevano fatto la loro comparsa sotto gli occhi.
Quell’ambiente era
chiaramente ostile e rendeva difficoltosa la respirazione ad entrambi.
Persino il
suo corpo sembrava diventare più pesante ad ogni passo.
Il tramite
che occupava l’angelo avvertiva gli effetti deleteri di
quell’ambiente, ma, forte
della sua Grazia angelica, riusciva a gestirli meglio.
Per Dean la
situazione era decisamente peggiore, Castiel ne era perfettamente
consapevole.
Il fatto che fosse ancora in piedi, era una dimostrazione di estrema
resistenza
e forza fisica. L’angelo era impressionato dalla forza di
volontà dell’uomo,
non avrebbe potuto pretendere di più da lui.
Mentre Dean
ancora ansimava e tossiva debolmente, l’angelo gli si
avvicinò con fare
preoccupato.
Il
cacciatore era piegato in avanti, si sosteneva all’albero con
una mano, mentre
l’altra era appoggiata al ginocchio.
“Stai bene,
Dean? Se vuoi possiamo fermaci … sei debole e
…”
Dean lo
interruppe, non permettendogli di parlare oltre.
“Sto
bene!”
Affermò, rialzandosi di scatto e fissandolo negli occhi con
decisione. Si
sistemò il colletto della giacca ed assunse la solita aria
da sbruffone.
“Cosa?
Cos’è
quello sguardo? Ti preoccupi per me?” Disse, sarcastico, in
direzione
dell’angelo che lo guardava con rimprovero.
Rallentare
il passo agli altri non faceva per lui.
Avrebbe
sputato sangue più tardi. Ora dovevano continuare, dovunque
fossero diretti.
Non potevano
fermarsi. Sam era solo! Dean lo sapeva e, maledizione, non si sarebbe
piegato
per così poco.
Fece per
scattare in avanti, ma dovette sorreggersi di nuovo alla pianta, colto
da un
improvviso capogiro.
“Cazzo!”
imprecò, tra i denti.
Castiel lo
raggiunse alla svelta e posò, senza attendere il permesso,
due dita sulla
fronte di Dean, per sollevarlo, almeno in parte, dai segni della
stanchezza e
dalla fatica.
Un’improvvisa
e feroce fitta alle tempie, mentre sentiva fluire l’energia
attraverso le sue
mani, gli impedì di continuare, interrompendo quel contatto
e facendolo
scattare all’indietro, barcollando vistosamente.
Dean se ne
accorse, percependo il famigliare formicolio che si era irradiato in
tutto il
suo corpo al tocco dell’angelo, svanire di colpo, prima che
potesse avere
effetto e rigenerare un po’ le sue forze.
“Cass, che
succede?” Gli chiese, sporgendosi verso di lui come a
garantirsi di
acchiapparlo di nuovo, se si fosse accasciato a terra
un’altra volta.
“Credo di
dover limitare l’utilizzo dei miei poteri. Non utilizzarli
per nulla, sarebbe
preferibile.” Rispose l’angelo, che riprese
velocemente il controllo del
proprio corpo, portandosi in posizione bene eretta.
“Me ne sono
accorto … sei rimasto svenuto parecchio Aurora!”
** Dean lo disse con un
sorriso forzato e tirato a marcargli il volto.
Castiel lo
fissò perplesso “questo posto influisce sui miei
poteri, la mia Grazia viene
contaminata da quello che popola questi luoghi”
continuò poi, si guardò
intorno, per un attimo incerto su cosa fare.
Dean non si
stupì nemmeno del fatto che l’angelo non avesse
colto la battuta. Evidentemente
alcune cose non sarebbero mai cambiate.
“Amico, te
lo devo chiedere. Che stiamo facendo? Hai detto che Sammy non
è qui …”.
Mentre
parlava, il tono di Dean si faceva sempre più marcato e
nervoso.
La
frustrazione del non sapere nulla e di non avere uno straccio di piano
o idea
di come uscire di li, iniziò a pesare sulla mente e sul
fisico del maggiore dei
Winchester.
L’incertezza
in merito alle sorti del fratello, lo rendeva cieco e sordo a quello
che era il
problema maggiore: sopravvivere. Non sapevano per quanto. Ci avrebbero
pensato
dopo. Solo … dovevano rimanere vivi.
“Non lo so
Dean. Te l’ho spiegato. Per ora dobbiamo accontentarci di
essere ancora vivi.
Sono certo che Sam stia bene …”
Continuò l’angelo, insicuro anch’egli su
quali
fossero le parole corrette da utilizzare.
Non era mai
stato difficile come ora, parlare con Dean. Comunicare con lui.
Qualcosa si
era incrinato tra loro. Rotto. Entrambi ne erano consapevoli, per
questo
faticavano a capirsi e a parlarsi, come se fossero spaventati dalle
rispettive
reazioni.
Se, da un
lato, avevano accantonato tradimenti e dissapori per combattere fianco
a fianco
e vincere, dall’altro, il peso delle situazioni irrisolte
limitava enormemente
le loro capacità di interazione.
“Come fai a
saperlo?” urlò Dean a quel punto esasperato, ma un
nuovo attacco di tosse lo
lasciò senza fiato.
“Lo
… Lo sento
…” Rispose l’angelo, titubante, ma
fissandolo dritto negli occhi.
Dean sgranò
i suoi, a quelle parole. Trattenersi dal gridare e sfogare tutta la sua
rabbia
e tutta l’ansia accumulata fin ad allora, divenne quasi
impossibile.
Rivolse lo
sguardo a quel cielo buio e per nulla confortante e allargò
le braccia, in
segno di sconforto e di resa.
“Come, Cass?
Come sai che sta bene? E’ solo. E’ disarmato. Non
sa cosa sia successo, come
non lo sappiamo noi … Dannazione, come ne usciamo? I-Io
… ho bisogno di saperlo!”
Sputò fuori
tutto, senza più filtri in grado di fermare le parole, come
rivolgendosi a sé
stesso, come a cercare un senso, uno qualunque, al macello assurdo che
era
diventata questa storia.
Non poteva
credere che fosse successo qualcosa a Sam. Dentro di lui voleva credere
che, in
qualche modo, anche suo fratello se la stesse cavando.
“Dean
…”
La voce
dell’angelo lo interruppe all’improvviso, quasi
sussurrando.
Quando posò
di nuovo gli occhi su di lui, si accorse che questi non lo guardava.
“Penso sia
il momento di muoversi ora …” le iridi azzurre di
Castiel erano spalancate a
fissare un punto alle spalle del cacciatore. La postura rigida e la
tensione
che traspariva dalla sua espressione, suggerirono immediatamente a Dean
il
pericolo. Inconsciamente, mise la mano sul manico del pugnale che aveva
assicurato alla cinta dei pantaloni.
“Che
succede?” disse, voltandosi di scatto verso il punto che
Castiel stava
fissando.
L’angelo
portò una gamba indietro, flettendo le ginocchia, infilando
velocemente la mano
nel trench per estrarre il pugnale angelico e mettendosi in posizione
di
difesa.
“Quell’essere
ci sta puntando”.
**Nota per Thinias
(che evidentemente soffre di incolmabili carenze in materia di favole
X’D):
Aurora è il nome della Bella Addormentata. Grazie a tutti.
Ele106.
***Risposta
alla nota di Ele106: U.U le mie incolmabili carenze sono ampiamente
compensate
dalla padronanza della materia horror/splatter….da piccola
non guardavo la Bella
Addormentata, ma Nightmares, ve ne accorgerete! Muahhaahahhaah!!!!
Thinias.
N.d.A
Aaaaaaaaaaaallora
dunque! Signore e Signori non sappiamo veramente come esprimervi la
nostra
gratitudine! Siamo profondamente ed immensamente felici che la storia
sia stata
accolta così bene, nonostante (E DICIAMOLO) non sia una
slash, che tanto
piacciono al pubblico di EFP. Ci seguite già in tanti
(almeno crediamo … buah
ah ah ah ah ah) e speriamo di catturare, sempre di più, il
vostro interesse.
Nel frattempo settembre si avvicina … e noi siamo ansiose di
scoprire quanto di
quel che abbiamo ipotizzato qui, potrebbe rivelarsi esatto. Ci farebbe
tanta
paura …. XD
Vi
aspettiamo al prossimo capitolo, che a nostro parere sarà
davvero intenso ;)
Ciauuuuuuuuz
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo IV - Mostri dal Passato ***
Capitolo IV - MOSTRI DAL PASSATO
Purgatorio
“Dean
Winchester”
Il suono del
suo nome, pronunciato alla stregua di uno stridio fastidioso e
nauseabondo,
accompagnò il ghigno agghiacciante dell’essere che
li aveva colti ti sorpresa.
Il
cacciatore fece una smorfia e si maledisse per essere stato
così stupido.
Come avevano
potuto farsi fregare in quella maniera?
L’essere che
li fronteggiava non era che un’ombra nascosta tra la
vegetazione. Si fece
avanti, prendendo forma nella poca luce crepuscolare, rivelandosi come
un
qualcosa dalle sembianze decisamente umane.
Il lampo
improvviso di uno di quei dannati fulmini, squarciò il cielo
per un attimo,
illuminando quella … cosa.
Dean si rese
conto, con orrore, di riuscire a riconoscerla.
L’essere
rideva
ancora, avanzando un passo alla volta nella loro direzione.
Il
cacciatore indietreggiò istintivamente, finendo per
impattare contro Castiel,
esattamente dietro di lui. Arretrò ulteriormente verso
l’angelo,
costringendolo, col proprio corpo, a fare lo stesso.
“Oh andiamo
…
non è possibile!” disse, incredulo
“Gordon?... Figlio di …”.
Il solo dire
quel nome ad alta voce, ricordò al ragazzo
l’indegna e truce fine dell’ex
cacciatore di vampiri, tramutato egli stesso in una delle creature che
più
odiava e che aveva cacciato per quasi tutta la sua vita, fino a che non
aveva
cercato di uccidere Sam e suo fratello lo aveva decapitato.
Dean non
distolse lo sguardo da quella figura nemmeno per un attimo, mentre si
muoveva,
infida e melliflua, verso di loro, appena riconoscibile per quello che
era in realtà.
Dannazione,
proprio come temeva! Avevano finito per incontrare uno dei mostri che
lui e suo
fratello avevano spedito in quel luogo maledetto. Sapeva che non
sarebbe stato così
improbabile incappare in alcuni di loro, ma aveva sperato fino
all’ultimo che
non accadesse.
Gordon si
avvicinò ancora, con passi lenti ma determinati, lo sguardo
fisso su di lui.
Dean poté
vedere nei suoi occhi una tale furia e fame, da farlo rabbrividire
dalla testa
ai piedi, ebbe paura. Avrebbe attaccato, era solo questione di attimi,
ma il
cacciatore non si sarebbe fatto trovare impreparato.
Sembrava
ancora lui, il maggiore dei Winchester lo osservò meglio.
Poteva riconoscerne
alcuni tratti, in quella forma sfigurata, nonostante
l’aspetto sfatto e
trasandato, ma la cosa che percepiva maggiormente era l’aura
malvagia che lo
circondava.
“Sai, non ho
mai creduto nel karma … fino ad oggi!” Disse, con
scherno, quello che un tempo
era stato Gordon Walker.
“…Ma
sono
proprio felice che il tuo fratellino mi abbia spedito in questo buco
dimenticato da Dio … a farmi mordere il
culo dalle immonde bestie senza cervello, che popolano questi boschi
… visto
che questo ha portato ad averti qui, di fronte a me, adesso
…” continuò.
A Dean
sembrò di udire una specie di ringhio a sottolineare quelle
parole, che
distorse per un secondo il suono di quella voce a cui non rimaneva
più nulla di
umano.
Di che
stupirsi, poi? Le uniche presenze umane, lì, erano lui e il
‘barattolo’ che
conteneva Castiel.
Cercò di
pensare velocemente ad un modo per uscire da quella situazione, poi un
mezzo
sorriso di scherno comparve sul suo volto.
“Si beh
…” gli rispose, estraendo il pugnale di Ruby per
portarselo
davanti al volto.
Come aveva sperato, il
movimento della lama attirò ulteriormente
l’attenzione
di Gordon su di lui e Dean ne approfittò per fare segno a
Castiel di
allontanarsi lentamente da loro.
“Lo sai, io
e Sam siamo sempre pronti ad aiutare.”
Dean pensò
che forse, se fosse riuscito a distrarre Gordon, mantenendo
l’attenzione del
vampiro su di lui, poteva permettere a Castiel di coglierlo di
sorpresa.
Attaccare un nemico alle spalle era sempre la strategia migliore,
quando ci si
confrontava con avversari al di sopra delle proprie
possibilità. Era uno dei
primi insegnamenti di suo padre.
In quel
momento l’istinto prese il sopravvento e, quando si rese
conto che Castiel
aveva cominciato a spostarsi alla sua sinistra, i suoi muscoli si
tesero e
cominciò a muoversi nella direzione opposta, accertandosi
che quel mostro tenesse
gli occhi su di lui.
Gordon rise
di nuovo, un ghigno raggelante e crudele. Buttò la testa
all’indietro, quasi
ruggendo verso il cielo solcato da lampi, dando a Castiel
quell’unico attimo di
cui aveva bisogno, per consentirgli di portarsi fuori dal campo visivo
del
mostro, subito prima che quest’ultimo riportasse
repentinamente lo sguardo in
quello del cacciatore.
Gordon fece
un altro passo verso Dean, i suoi occhi si erano fatti rossi e quel
ghigno
terrificante, sembrava essergli rimasto marchiato in faccia, deturpando
ulteriormente
i suoi lineamenti.
“Che pensi
di fare con quello stuzzicadenti?” chiese, con voce tombale,
ormai a pochi
passi dalla sua preda.
“Non lo
capisci che sei spacciato? Presuntuoso, piccolo, inutile, ragazzino!
Non sei un
eroe, Dean Winchester … sei solo uno a cui hanno ammazzato
la mamma da piccolo!”.
A quelle
parole, Dean percepì la rabbia montare velocemente, il suo
sguardo si fece di
pietra e sentì l’impulso di avventarsi su di lui
all’istante, dando semplicemente
sfogo alla furia del momento.
Solo la
consapevolezza che avrebbe finito per farsi ammazzare prima del tempo,
lo frenò
dal muovere un muscolo.
Si
irrigidì,
ma si costrinse ad attendere, strinse i denti e il pugno intorno al
manico del
pugnale, preparandosi a contrastare l’attacco che, presto,
Gordon avrebbe sferrato.
Con la coda
dell’occhio, vide il movimento di Castiel e si
concentrò sul fatto di essere riuscito
a distrarre Gordon a sufficienza, da sviare la sua attenzione
dall’angelo. Cass
gli sarebbe stato addosso entro qualche secondo.
Dean era
certo che il vampiro non considerasse l’angelo una vera
minaccia, poiché non
poteva sapere chi, o meglio, cosa fosse davvero Castiel e lui contava
proprio
su quello.
L’attacco fu
veloce e improvviso, Dean non fece in tempo a difendersi, Gordon si
avventò su
di lui, afferrandolo per il collo con un braccio solo e alzandolo da
terra,
senza il minimo sforzo, come fosse un fragile uccellino.
Lo sbatté
violentemente
contro il tronco contorto di un albero, lasciandolo senza fiato e
facendolo
rantolare di dolore, la schiena in fiamme per l’impatto e i
denti che
stridevano per impedirsi di urlare.
Gordon strinse
sempre di più le sue dita, scure ed insanguinate, intorno
alla gola del
ragazzo.
Avvicinò
pericolosamente il viso a quello di Dean, che ne avvertì il
fiato puzzolente,
come di una bestia mangia carogne.
Una volta
era stato un uomo, un ottimo cacciatore, che si era perso nella parte
più losca
della professione, che aveva smarrito definitivamente la sua mente,
perdendo di
vista il concetto di quello che era giusto e quello che era sbagliato.
Paradossalmente, Dean provò pietà per Gordon,
anche se non ebbe nessun rimorso
per quello che lui e soprattutto Sam, avevano fatto per eliminarlo.
“Ti fa
schifo quello che vedi?” chiese l’ex cacciatore,
intuendo i pensieri del
giovane, così chiari e trasparenti,
dall’espressione disgustata e tirata del
suo volto.
“Decisamente
si …” rantolò Dean cercando di prendere
fiato, mentre il mostro gli strappava
di mano il pugnale e si preparava ad affondare i denti nelle sue carni.
Gordon si
avvicinò al suo collo, lo annusava, come pregustandone il
sapore. Il ragazzo
sentì sulla pelle il fiato disgustoso di quella creatura,
cercò di tirare
indietro le testa per allontanarsi da lui, mentre un brivido di
repulsione gli
percorse il corpo.
“Oh si!
Dimenticavo
… perché tu e tuo fratello invece, siete anime
pie, giusto? I salvatori
dell’umanità …”
continuò, abbassando ulteriormente il tono di
quell’orribile
voce.
“Mi
piacerebbe proprio sapere a cosa vi ha portato tanta ipocrisia e finta
integrità morale … cosa ci avete guadagnato? Tu
… insignificante pezzettino di
carne succulenta, sei finito in Purgatorio per chissà quale
missione suicida finita
male. E tuo fratello …”
A stento
Dean riuscì a trattenere le lacrime, che bruciavano e
premevano per uscire a
causa della mancanza di ossigeno, aveva il respiro mozzato e la gola
schiacciata nella morsa di Gordon, quest’ultimo era
concentrato a far passare
giusto quella piccola quantità di aria, sufficiente a
mantenerlo vivo ancora
per qualche secondo.
Il
cacciatore artigliò il braccio del vampiro, cercando di
liberarsi dalla sua
presa, ma non riuscì a contrastare la forza soprannaturale
del mostro. Lo
spingeva contro quel tronco con una tale ferocia, da far sì
che Dean sentisse
la corteccia conficcarsi dolorosamente nella sua schiena.
Gordon rise,
vedendo la smorfia di sofferenza sul viso del ragazzo.
“A proposito
… dov’è tuo fratello, Dean? Ha
finalmente avuto la fine che meritava?” continuò
il suo monologo, sputando fiele ad ogni parola.
Il dolore e
la costrizione, ormai insopportabili, neutralizzarono le
capacità del Winchester
di reagire, i suoi tentativi di liberarsi per riprendere a respirare,
divennero
sempre più deboli, le sue dita ormai non riuscivano
più nemmeno a fare presa
sulla morsa che gli schiacciava la gola.
Ma le sue
parole … le parole che Gordon aveva pronunciato, lo ferirono
in un modo che, a
quel punto della sua vita e dopo tutto quello che aveva passato, Dean
non
credeva fosse ancora possibile.
Si sentì
sopraffare e vincere dal peso delle responsabilità della
quali si era sempre
caricato. Dal suo sentirsi incapace di risolvere le situazioni e,
soprattutto,
dalla consapevolezza che, si, Gordon aveva ragione: lui e Sam erano due
ragazzini che giocavano a fare gli eroi.
Era cosi.
Perché, se
era vero che avevano impedito l’Apocalisse, era altrettanto
vero che questo non
aveva portato nulla di buono, a nessuno.
Il mondo non
se n’era nemmeno accorto e continuava ad essere il letamaio
ripieno di viscidi
approfittatori, puttane e bastardi senza fede, che era sempre stato.
Il Paradiso
e gli Angeli erano chiaramente incapaci di sostenere gli effetti del
libero arbitrio
e si erano bevuti il cervello, persi nel dolore per la mancanza del
loro Dio
Padre. I Demoni prolificavano e traevano profitti dagli eventi, come
era nella
loro natura fare.
E, ciliegina
sulla torta, i più antichi e spietati
mostri del creato era sbucati fuori dal Purgatorio e si volevano
letteralmente
mangiare la fetta più grossa dei verdi e rigogliosi pascoli
di Dio.
Con l’ultimo
barlume di razionalità rimastagli, Dean cercò di
rifuggire quel pensiero e lo
schiacciante senso di colpa che stava provando, focalizzandosi
sull’ultima
frase che il mostro aveva pronunciato.
‘Dov’è
tuo
fratello?’
Se Gordon sapeva
che Dean era in Purgatorio, perché a sua detta la voce si
era sparsa
velocemente, come mai non aveva idea di dove fosse Sam, né
di che fine avesse
fatto?
Quel
pensiero lo colpì con tutta la sua forza. Quel figlio di
puttana non sapeva
dove si trovava Sam! Se fosse stato lì, lo avrebbero saputo
tutti, così come
sapevano di lui.
‘Sam non
è
in Purgatorio’.
Si attaccò
a
quella flebile speranza con tutto sé stesso.
Ma la
sensazione momentanea di sollievo che lo attraversò
nell’accogliere quella
verità, fu spezzata dal nuovo aumento di pressione delle
dita di Gordon intorno
alla sua gola e alla mancanza d’aria che ormai si faceva
insopportabile.
Dean sentì
i
sensi venir meno, i sui polmoni cercavano di risucchiare
l’ossigeno che non
potevano raggiungere contraendosi in spasmi dolorosi, le ginocchia gli
cedettero e la vista iniziò ad offuscarsi.
Di contro,
l’odore del fiato di Gordon era ancora nitido e
riuscì a paralizzarlo, così
come la pressione del suo corpo addosso.
Stava
inesorabilmente soffocando.
In un ultimo
gesto disperato, cercò di spingere via la faccia di Gordon
per allontanarlo da
sé, ma quest’ultimo rise di nuovo prendendosi
gioco di lui. Prese ad agitargli
il suo stesso coltello vicino alla faccia, appoggiandogli poi la fredda
lama su
una guancia e premendo piano, finché un sottile rivolo di
sangue iniziò a
scorrergli sulla pelle.
Dean sentì
la stilettata di dolore arrivargli dritta al cervello e squarciare il
velo nero
che stava coprendo i suoi sensi, a causa della carenza di ossigeno.
Ritornò in
parte presente a sé stesso e fissò di nuovo il
suo sguardo in quello di Gordon.
“Potrei
scannarti come si fa con in maiali Winchester … raccogliere
tutto il tuo sangue
in una botte e scolarmelo mentre guardo il tuo corpo marcire. Sai, il
bello di
essere un vampiro morto, è che non ci si deve più
preoccupare di cosa si
mangia.” Sibilò di nuovo, vicino al volto del
ragazzo, che cercò di girare di
lato il viso, serrando gli occhi e sentendo tutto il suo corpo scosso
da spasmi.
Gordon
diminuì
la pressione sulla gola lo stretto necessario a far prendere un respiro
a Dean,
fece scivolare il pugnale di Ruby sempre più in basso e
terminò il suo viaggio sul
fianco destro del cacciatore, premendo energicamente con la punta,
finché il
ragazzo la sentì penetrare nella sua carne.
Non riuscì
a
trattenere l’urlo di dolore, che alla fine si
spezzò in un gemito strozzato
senza che potesse controllarlo, si rese conto che Gordon lo aveva fatto
respirare solo per sentirlo urlare.
“Cass
…” riuscì
a dire, quasi sussurrando, mentre Gordon continuava a ridere come una
iena
affamata e il dolore si faceva così intenso da rischiare di
fargli perdere i
sensi definitivamente.
Fu allora
che Castiel comparve alle spalle del vampiro. Lo afferrò per
il collo con un
braccio, da dietro, strattonandolo lontano da Dean e scaraventandolo a
terra, la
lama angelica a pulsargli tra le scapole.
Non erano
passati più di un paio di minuti da quando Gordon aveva
attaccato il cacciatore.
Al primo
segnale di Dean, l’Angelo aveva intuito immediatamente le sue
intenzioni e si
era allontanato da loro, cercando di farsi spazio e aggirare il nemico.
Era evidente
che quel vampiro faceva parte della schiera di mostri che i Winchester
avevano
spedito in Purgatorio.
Quando Castiel
lo aveva visto avventarsi sul cacciatore e sbatterlo con forza contro
l’albero
alle sue spalle, aveva cercato di reagire velocemente, senza
riflettere, provando
ad utilizzare i suoi poteri, per materializzarsi alle spalle del mostro
e trafiggerlo,
ma non ci era riuscito.
Era stato
colto da una nuova ondata di nausea e si era piegato su un ginocchio,
preda di
vertigini che non riusciva a fermare. Un forte dolore al petto lo aveva
trafitto con tutta la sua forza, strappandogli il respiro dai polmoni.
L’angelo
aveva guardato verso Dean, che ormai era cianotico e stava soffocando.
Sentì di
nuovo in bocca il sapore del proprio sangue, cercò di
combattere contro il
dolore al petto e di rimettersi in piedi.
Doveva
aiutarlo, doveva salvarlo.
Per un breve
istante, Castiel ebbe paura di non farcela. Il terrore di non riuscire
ad
arrivare in tempo e di assistere, impotente, alla morte di Dean,
finì per
sconvolgerlo e paralizzarlo.
I secondi
passavano al rallentatore, il cacciatore non riusciva a liberarsi ed
era sempre
più debole, Gordon stava giocando con lui.
L’ondata di
preoccupazione e di rabbia che l’angelo provò, lo
travolse completamente,
mentre usava tutta la forza residua per tentare di rialzarsi in piedi.
Chiuse gli
occhi ed ebbe la fugace visione di un luogo che gli sembrò
di riconoscere. Sentì
una nuova ondata di angoscia, sommarsi a quella che già
stava provando, come se
venisse da ‘fuori’, come se non fosse sua. Ma
così potente da lasciarlo
sconcertato.
Un secondo
dopo sentì Dean urlare e subito dopo chiamare il suo nome.
La sua voce penetrò
lo spettro di sentimenti che sembrava aver chiuso Castiel dentro ad una
bolla e
permise all’angelo di scacciarli con forza, riaprendo gli
occhi di scatto e
focalizzandosi di nuovo sul cacciatore.
Ci aveva
messo più di un minuto a riprendersi a sufficienza da
riuscire di nuovo a
muoversi.
Li aveva
raggiunti una frazione di secondo dopo che il maggiore dei Winchester
aveva
urlato di dolore, sfoderando contemporaneamente la sua lama angelica e
affondandola
senza esitare nelle carni di Gordon.
Quando la
morsa intorno alla sua gola scomparve, Dean si accasciò a
terra, piombando
sulle ginocchia con un verso strozzato, inspirando a forza una prima
ondata di
ossigeno che gli bruciò i polmoni, seguita da ripetuti e
frequenti respiri, spezzati
da violenti colpi di tosse.
Si sostenne
con un braccio, piegandosi su sé stesso sotto la forza delle
fitte che provenivano
dalla ferita al fianco. Portò l’altra mano a
premere sulla coltellata,
accorgendosi subito dell’abbondante quantità di
sangue.
Alzò lo
sguardo e vide Gordon ai piedi di Castiel, che lo osserva urlare e
contorcersi mentre
esalava gli ultimi respiri.
“Cass…”
cercò di chiamarlo, ma la sua voce morì
nell’ennesimo colpo di tosse.
L’angelo
sentì il suo richiamo e si voltò di scatto verso
di lui, accorgendosi immediatamente
della sua mano sporca di sangue.
“Dean!”
Esclamò preoccupato, precipitandosi al suo fianco.
Quando fu in
ginocchio in parte a lui, allontanò la mano del cacciatore
per controllare di
persona le sue condizioni. L’uomo non riusciva ancora a
respirare regolarmente,
ma sembrava aver ripreso colore in viso.
“Meglio
tardi che mai …” ironizzò il ragazzo,
riuscendo a confezionare per l’angelo, un
tono sarcastico, decisamente fuori luogo.
“Figlio di
puttana! Mi ha quasi ammazzato …” gemette con voce
roca a malapena
comprensibile, cercando di riprendere fiato, tremando ancora mentre
Castiel
ispezionava attentamente la sua ferita.
Dean lasciò
che Cass lo aiutasse a mettersi seduto, appoggiando la schiena allo
stesso
albero che, poco prima, aveva quasi visto la sua fine, quindi
l’angelo gli scostò
la giacca ed alzò la camicia zuppa di sangue per vedere
l’entità del danno.
“Non sembra
troppo
grave … possiamo fasciarlo con un pezzo di
stoffa.” Disse piano, per
tranquillizzarlo.
Dean grugnì
in risposta, rabbrividendo sotto il tocco gelido delle mani di Castiel
e cercò
di strappare un pezzo della propria camicia, per premerlo sulla ferita
e
tamponarla.
L’angelo si
accorse che le mani dell’uomo tremavano, capì che
aveva perso molto sangue e
che era debole. Senza dire nulla, strappò lui stesso la
stoffa e la appoggiò
sulla ferita, cercando di fare attenzione.
Dean fece
pressione sulla medicazione improvvisata, una smorfia di dolore gli
comparve
sul volto.
Quando vide
che il cacciatore stava cedendo alla stanchezza, Castiel mise una mano
sopra la
sua, esercitando una maggiore pressione e aiutandolo a tamponarla
meglio.
Rimasero
immobili per qualche minuto, senza guardarsi ne parlare, assorti
ciascuno nelle
proprie riflessioni e personali paure. Eppure Castiel avrebbe voluto
dire molte
cose e per un attimo fu sul punto di farlo.
Aveva
esitato.
Aveva perso
il controllo di nuovo.
E Dean era
quasi morto … di nuovo.
Non riuscì
nemmeno ad alzare lo sguardo su di lui, terrorizzato
dall’idea di poterci
vedere biasimo o disprezzo.
“Dean
…. Io
…” provò a scusarsi, gli occhi puntati
al fagotto inzuppato che insieme stringevano
sul fianco del ragazzo. Quest’ultimo lo interruppe, scansando
le sue mani e
liberando la ferita che sembrava aver smesso di sanguinare.
“Il sangue
si è fermato …” disse, facendo per
alzarsi, ma accettando l’aiuto di Castiel
quando si rese conto di non farcela da solo.
L’angelo
sbuffò, arrendendosi al fatto che la conversazione fosse
finita ancor prima di
iniziare, ma gli parve di scorgere un sorriso, per un istante, spuntare
da
qualche parte, sul viso di Dean.
Insieme
raggiunsero il corpo di Gordon, riverso a terra in una pozza di sangue
scuro e
denso.
Qualcosa non
andava, si muoveva ancora, come scosso
da tremiti involontari.
“Avrebbe
dovuto svanire nel nulla …” constatò
Castiel.
“Povero
imbecille …” sputò Gordon
all’improvviso, con il sangue che gli fuoriusciva
copioso dalla bocca. Evidentemente aveva ancora fiato per parlare.
“Non lo
capisci Winchester?” chiese, ridendo di gusto.
“Tutti sanno
che sei qui … Se non ti ammazza qualcuno di noi, morirai
comunque! Te l’ho
detto … non siamo che spiriti, ma tu sei umano! E questo non
è un luogo dove un
umano può sopravvivere. Morirai di fame
…” terminò, beffandosi
un’ultima volta
di loro, prima che un altro violento spasmo, piegasse il suo corpo.
Un attimo
dopo venne avvolto da fiamme scure e dense come liquame, che lo arsero
fino a
che di Gordon non rimase che cenere.
Dean fissò
la
macchia scura che era rimasta sul terreno, colpito al cuore dalle
parole che il
vampiro aveva appena pronunciato. Diede un nuovo colpo di tosse e
cercò di
soffocare il gemito dovuto alla fitta dolorosa, che lo spasmo gli
causò alla
ferita al fianco.
Castiel era
vicino a lui, i due si guardarono, gelati dall’assoluta
veridicità di quello
che Gordon aveva appena detto.
Il
cacciatore era arrivato in Purgatorio in carne ed ossa! Un essere vivo
in un
luogo privo di vita, l’ambiente stesso sembrava rigettarlo,
rendendogli
difficile perfino respirare.
Se non
avessero trovato velocemente un modo per uscire da lì, Dean
non sapeva per
quanto tempo sarebbe riuscito a sopravvivere.
Se non lo
avesse ucciso una delle creature che popolavano quella landa desolata,
probabilmente lo avrebbe fatto l’aria fetida che stava
respirando o semplicemente
sarebbe morto di fame o di sete.
Aveva
ragione.
Gordon aveva
ragione, in un modo o nell’altro, Dean capì che
sarebbe morto in Purgatorio.
N.d.A.
Ok non
abbiamo molto da dire questa volta, se non che ci siamo pericolosamente
lasciate andare e che il povero Dean ne ha fatto le spese X’D
Non era
nostra intenzione chiudere il capitolo senza nemmeno un accenno al
povero Sam,
ma ci siamo rese conto che questa parte … funzionava. Da
sola era perfetta e
‘bella carica’ già per conto suo.
Speriamo di
ritrovarvi ancora al prossimo capitolo, se siete sopravvissuti ;D
Baci e
grazie a tutti quelli che stanno seguendo la storia.
Alla
prossima Ciauuuuuuuuuuz
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo V - La Forza di Proseguire ***
Capitolo
V – LA FORZA DI PROSEGUIRE
Rifugio Campbell
“Potrebbe
essere in Purgatorio quindi …” suppose Sam, quando
Jody gli si avvicinò a gli
prese dalle mani il quaderno da cui aveva letto quel passo.
“In
Purgatorio … sul serio? Ragazzi, ma esiste un qualche buco
oscuro in cui tu e
tuo fratello non vi siete ancora infilati?”
mormorò lei, con sincera curiosità
più che sarcasmo, prendendo a leggere quelle righe, senza
capire bene cosa
fossero.
“Cos’è
questa roba?” chiese dopo un attimo.
“È la
trascrizione della parola di Dio” Sam lo disse come se fosse
la cosa più
normale del mondo, ma lo sceriffo si bloccò e
alzò lo sguardo da quegli
scritti, fissandolo ad occhi sgranati.
“Ah si?”
esclamò Jody, con finta naturalezza. La tentazione di
lasciarsi andare ad una
risata isterica era davvero molto forte, ma se lo avesse fatto sarebbe
stata la
conferma di aver definitivamente perso la sanità mentale.
Lei era al
corrente di come funzionavano le cose, di cosa si nascondeva
‘negli armadi’,
sapeva dei Demoni, degli Angeli e dell’Apocalisse, per cui,
sentire quella
frase dalla bocca di Sam, aveva un significato decisamente diverso, che
non
sentirla da un pastore che parlava dei passi della Bibbia, durante un
sermone.
“Vuoi dire,
tipo … le tavole di Mosè?” chiese
titubante.
Sam la
guardò e non poté fare a meno di
sorridere, perché lui aveva smesso da molto tempo di pensare
a Dio e agli
Angeli come alle creature superiori e magnifiche, dipinte nei quadri
dei grandi
pittori.
“No … voglio
dire come una backdoor, dentro un cervello elettronico, che ti permette
di
rimettere a posto i file impazziti. Sembra che Dio abbia lasciato delle
indicazioni su come rimettere a cuccia i suoi animaletti fuori
controllo”.
Fu la volta
di Jody di bloccarsi e cercare di continuare a respirare normalmente,
con la
bocca spalancata e gli occhi sgranati. Capiva quello che intendeva Sam,
ma per
lei era ugualmente come avere tra le mani le vere tavole di
Mosè. Cercò
comunque di concentrarsi e leggere di nuovo, ma era difficile capirne
il senso.
Sam continuò
a raccontare, spiegandole come avevano fatto ad ottenerle e che era
stato
Kevin, il ragazzo Profeta, a tradurle. Le disse anche che sicuramente
era
quello il motivo per cui Crowley lo aveva preso.
Passarono
ore intere discutendo di quello che poteva o non poteva essere successo
a Dean,
senza mai venirne a capo o trovare un qualche appiglio sul quale
ragionare, per
farli uscire da li. Anche Jody era distrutta, il lungo viaggio e la
tensione
continua che sentiva contrarre i muscoli indolenziti della schiena,
cominciavano a chiedere il loro tributo.
Ormai da
qualche minuto i due erano in silenzio, ognuno perso nei propri
pensieri.
Jody aveva
ripreso a camminare su e giù per la stanza, si muoveva per
cercare di
combattere il sonno e la stanchezza. Sfinita, si risedette al tavolo e
cominciò
di nuovo a sfogliare le pagine del quaderno di Kevin, leggendo qua e
là stralci
del contenuto.
“Pensi che
qui possa esserci qualcosa che ci aiuti a capire come ritrovare tuo
fratello?
Se davvero è finito in Purgatorio a causa di questo rituale,
ci deve essere
scritto anche come farlo tornare indietro”.
Sam si era
appoggiato di nuovo al muro con la schiena, aveva gli occhi chiusi, la
tensione
lo stava logorando.
“L’ho già
riletto decine di volte ... non c’è niente in quel
maledetto quaderno!”. Diede
un pugno dietro di sé, contro la parete, quasi ringhiando,
“Dannazione! Non c’è
scritto nulla, nulla che parli di come far uscire qualcuno dal
Purgatorio”.
La lieve
scintilla di speranza, accesa dall’aver compreso finalmente
dove si trovasse
suo fratello, si era lentamente affievolita e poi spenta
nell’alito gelido
della paura che, sapere dove fosse, non servisse assolutamente a nulla.
Che non
sarebbe mai riuscito a raggiungere Dean e salvarlo.
La paura era
stata, ed era, sua compagna inseparabile da giorni. La sentiva
sussurragli alle
spalle e sentiva quei brividi freddi, ormai famigliari, risalirgli
lungo la
spina dorsale e prendere dimora nel suo cuore.
Piegò la
testa in avanti, i capelli gli ricaddero sul viso, le spalle erano
incurvate in
una posa di sconfitta, come se ormai non fosse più in grado
di sopportare il
peso che stava portando e si stesse piegando sotto di esso.
Jody lo
osservò e non poté fare a meno di sentire,
riflesso dentro di lei, lo stesso
senso di impotenza che provava Sam, perché sapeva quanto i
due fratelli fossero
legati e, vedere il ragazzo in quello stato, la faceva stare male.
“Vedrai che
riusciremo a trovare Dean e a riportarlo indietro.”
Nonostante ne dubitasse lei per
prima, lo disse cercando di infondere nelle sue parole tutta la
convinzione che
riuscì a trovare.
Sam quasi
non la sentì, il suo pensiero era tornato di nuovo a
focalizzarsi su Dean,
erano passati ormai tre giorni dalla sua scomparsa, tre giorni in
Purgatorio o
forse di più.
Non poté
fare a meno di pensare a come, all’Inferno, il tempo fosse
trascorso in modo
diverso.
I quattro
mesi in cui Dean era stato lì, si erano trasformati in
quarant’anni. Suo
fratello poteva essere in Purgatorio già da mesi, per quanto
ne sapeva.
Il significato
di quel ragionamento lo colpì come una scure, spezzando le
sue fragili
speranze.
Sentiva la
disperazione crescere dentro di sé e rischiava di farsi
trascinare via con
essa. Cominciò a battere piano con la nuca contro il muro,
gli occhi serrati,
sotto lo sguardo vigile dello sceriffo, cercando di cacciare indietro
la paura
e di rimanere lucido.
Di nuovo
immagini, flash improvvisi, gli passarono davanti agli occhi, dietro le
palpebre chiuse. Ancora quegli alberi spettrali e una radura isolata,
il cielo
scuro, solcato da lampi di tempesta. Questa volta non erano solo
immagini … ma
anche emozioni. Confuse, potenti e fuori controllo. Preoccupazione,
paura per
un pericolo imminente, ansia per qualcuno … per Dean.
Poi
sollievo, seguito subito da una nuova stilettata di paura e
… dolore. Dolore
fisico. Una morsa al petto, il sapore del sangue in bocca.
Un unico
pensiero, chiaro come il sole: salvare Dean.
Tutte queste
sensazioni arrivarono così forti che quasi lo stordirono, le
provò dentro di
sé, ma era come se non fossero sue. Le gambe gli cedettero e
Sam dovette
appoggiarsi completamente al muro e lasciarsi scivolare verso il basso,
fino a
che non si ritrovò seduto per terra.
Un attacco
di panico? Sam pensò di essere arrivato al capolinea.
Jody l’aveva
visto barcollare e scivolare a terra, ed era corsa verso di lui.
“Sam!” si
chinò sul ragazzo, respirava in brevi rantoli, gli occhi
ancora chiusi, il
petto che si alzava ed abbassava in un ritmo concitato.
Jody ricordò
che erano passate diverse ore dall’attacco precedente e le fu
ormai chiaro che
il problema, qualunque esso fosse, era più grave del
previsto.
“Sam!” lo
chiamò di nuovo, quasi urlando.
Sembrava che
il giovane Winchester non fosse completamente presente, esattamente
come era
capitato prima, ma molto peggio. Questa volta stava tremando, senza
controllo.
Jody si spaventò. Gli posò le mani sulle spalle e
cercò di scuoterlo, per farlo
rinvenire.
Sam lasciò
andare un rantolo strozzato, poi si irrigidì per un secondo,
prima di
rilassarsi completamente e cominciare di nuovo a respirare regolarmente.
“Sam … Dio,
ma che ti succede?” Jody cercava di restare calma, ma la
situazione stava
davvero cominciando a terrorizzarla. “Ti senti
bene?”. Era una domanda stupida,
lo sapeva, ma voleva accertarsi che Sam fosse di nuovo in sé.
Lui tirò su
le ginocchia e ci appoggiò sopra i gomiti, prendendosi la
testa tra le mani e
premendo forte, gli sembrava che sarebbe potuta scoppiare da un momento
all’altro.
Sentiva la
presenza dello sceriffo vicina, la sua mano ferma
sull’avambraccio. Cercò di
calmarsi, inspirando piano, una boccata d’aria alla volta,
focalizzando la
mente su quell’unica funzione basilare.
Cos’era
quello che aveva appena visto? Non erano allucinazioni … non
erano così! Che
diavolo gli stava succedendo?
Il dolore
che aveva percepito era stato così forte … ma la
preoccupazione che era
seguita, lo era stata ancora di più e il centro di tutto era
Dean. In tutto
quel marasma di emozioni che aveva provato, il perno intorno a cui
tutto
ruotava era suo fratello.
Aveva ancora
in bocca il sapore del sangue e, dentro di sé,
l’eco di quelle emozioni, che
sentiva estranee eppure affini alle sue .
Quando
riaprì gli occhi, Jody era ancora accanto a lui.
“S-sono
stanco … solo stanco …” era una cosa
sciocca da dire, ma lo fece lo stesso, lo
disse piano, con voce arrochita, cercando di concentrarsi su di lei, la
vista
appannata.
“Da quanto
tempo non dormi?” Jody gli fece quella domanda pur sapendo
perfettamente che il
problema non era quello.
“Da quando
Dean è scomparso.” rispose il ragazzo, sospirando
e continuando a guardala
negli occhi.
“Tre
giorni?” si alzò in piedi e si mise le mani sui
fianchi, guardandolo dall’alto
verso il basso.
“Ok ora
basta! Chiaramente non stai bene e altrettanto chiaramente non vuoi
dirmi cosa
ti sta succedendo.” La sua non era affatto una domanda e Sam
iniziò a
sospettare di non avere alcuna possibilità di replica.
“Non ti
chiederò di spiegarmi nulla, per ora! Al momento credo sia
più importante che
tu vada a riposarti, quindi ne riparleremo più
tardi”.
Sam ebbe
immediatamente la sensazione di essere alla stregua di un bambino
rimproverato
dalla madre. Ricordò anche di avere avuto quella stessa
impressione durante il
tentativo di salvare Dean da Cronos. In quell’occasione
pensò che Jody usufruisse,
con pieno successo, dell’indiscussa autorità del
suo ‘tono da mamma’.
“Io…” provò
a risponderle, ma lei lo zittì, troncando sul nascere le sue
rimostranze.
“Ci sarà una
branda per dormire, da qualche parte in questo posto … va a
letto, coraggio!”
Sam puntò le
mani a terra per alzarsi, una volta in piedi, sovrastò lo
sceriffo di parecchi
centimetri.
Eppure gli
bastò guardarla per un attimo, per arrendersi a lei e
dirigersi verso una delle
stanze, in cui sapeva avrebbe trovato delle brande.
Jody lo
guardò mentre si allontanava traballante, dandole le spalle,
ed imprecò tra sé
e sé contro la cocciutaggine dei Winchester. Si chiese se
Bobby non fosse stato
contagioso, passando ai suoi ragazzi quel pessimo tratto del suo
carattere.
Era sfinita
anche lei, ma era intenzionata a saperne di più sulla parola
di Dio.
Si sedette
di nuovo al tavolo e si mise pazientemente a leggere quelle
trascrizioni.
Le ci
vollero più di due ore, sprofondata in blateri senza senso
apparente, per
venire a capo di qualcosa.
Ma alla fine
trovò il passo in cui si parlava del sangue dei caduti e
anche quello che,
secondo Sam, doveva essere il riferimento all’espulsione del
leviatano e al suo
ritorno in Purgatorio.
Più lo
rileggeva e più le sembrava che il ragionamento di Sam
filasse: Dean e Castiel
dovevano trovarsi lì.
Lo scritto
si riferiva a quel luogo come all’Oblio,
e lo definiva come un posto dove ‘le
creature nate dall’abominio e morte nel Regno della Terra e
dell’Acqua, si
cacciano l’un l’altra per
l’eternità’.
Jody cercò
di fare mente locale. I Demoni andavano all’Inferno, gli
Angeli andavano in
Paradiso, le anime degli uomini si dividevano tra le due destinazioni e
i
mostri finivano nel mezzo.
Cercò di
scacciare dalla mente i suoi ricordi scolastici sulla Divina Commedia,
che
evidentemente non avevano nulla a che fare con quello che il Purgatorio
era in
realtà: una prigione.
Continuò a
leggere fino a che gli occhi non presero a bruciarle, ormai preda della
stanchezza e di tutto quello che era successo dopo che era arrivata in
quel
maledetto capannone.
Tornò
indietro con le pagine, sfogliandole distrattamente, mentre ripensava a
tutto
quell’enorme casino. Stava per chiudere la copertina, quando
l’occhio le cadde
sulle prime righe dello scritto.
Si fermò di
botto, rileggendole con più attenzione: ‘Queste
sono le parole di Metatron nel secondo Regno, dominato dalla Terra e
delle Acque,
tra il Regno del ghiaccio, lambito dal fuoco, e l’Oblio, in
ascesa verso il Regno
dei Cieli, casa delle creature ad immagine di Dio …’.
“Le parole
di Metatron nel secondo Regno…” Jody
accarezzò quella frase. Aveva la
sensazione che fosse importante.
Ragionò,
pensando che il secondo Regno doveva essere la Terra, mentre avevano
appurato
che l’Oblio era il Purgatorio. Ovviamente il regno dei Cieli
era il Paradiso,
quindi il Regno del ghiaccio era … l’Inferno?
Ricordò che i ragazzi, tempo
prima, le avevano accennato il particolare che Lucifero fosse freddo e
non
caldo, come tutti credono, per cui la descrizione del ghiaccio, lambito
dal
fuoco, calzava a pennello.
Jody si alzò
dalla sedia con il quaderno in mano e ricominciò a camminare
per la stanza. Era
una cosa che la aiutava a concentrarsi, lo aveva fatto spesso, quando
si era
trovata bloccata in un caso che non riusciva a risolvere.
“Il secondo
Regno …” ripeteva, come in preghiera.
“Le parole nel secondo Regno …” quella
frase continuava a suggerirle che ci fosse di più.
Si fermò di
nuovo, in mezzo alla stanza e sorrise.
Forse non
avevano tutte le informazioni di cui avevano bisogno, ma credeva di
aver appena
trovato una traccia che potevano seguire.
La tavola
riportava le parole del Regno della Terra.
Poteva
benissimo significare che la parola di Dio era scritta anche su altre
tavole.
E se fosse
esistita una tavola del regno dell'Oblio?
******
Purgatorio
Subito dopo
l’attacco, Dean aveva deciso che dovevano continuare a
muoversi, non aveva
sentito ragioni, anche se era ferito e faticava a reggersi in piedi.
Fermarsi
in quel luogo era troppo pericoloso.
Castiel
sapeva che aveva ragione, ma le condizioni dell’altro lo
preoccupavano sempre
di più.
Non aveva
voluto aiuto, cocciuto e orgoglioso come sempre, il cacciatore aveva
fatto il
possibile per muoversi da solo, avanzando tra la vegetazione come
poteva.
L’angelo lo
seguiva da vicino, pronto a sorreggerlo se fosse stato necessario, si
dirigevano verso quello che sembrava un crinale roccioso, alla ricerca
di un
rifugio dove potersi nascondere per qualche ora. Sembrava che anfratti
e
caverne come quello dove si erano già rifugiati in
precedenza, fossero gli
unici luoghi parzialmente sicuri.
Il cielo
sopra di loro non aveva mai cambiato la sua sfumatura cupa, Castiel ora
era
certo che il tempo lì rimanesse immutato, un eterno
crepuscolo che nascondeva
la ferocia tra le sue ombre e mostrava la sua crudeltà, solo
nei brevi lampi di
luce che squarciavano la volta celeste.
Il senso di
oppressione di quel luogo schiacciava perfino la sua stessa Grazia,
l’angelo
poteva sentirlo chiaramente, percepiva il proprio potere fluire da
sé come
sangue da una ferita aperta.
Ripensò a
quello che era successo durante l’attacco.
Era stato
uno stupido, preoccupato per l’incolumità di Dean,
aveva finito per esporre
entrambi ad un pericolo maggiore. A causa del suo errore, il cacciatore
era
quasi morto.
Castiel
sentì una fitta di rimorso, lo stesso che lo accompagnava
fin da quando si era
reso conto per la prima volta di aver tradito Dean.
Di nuovo il
maggiore dei Winchester era in pericolo e di nuovo quella situazione
poteva
imputarsi alle scelte che la creatura celeste aveva fatto. Era colpa
sua se si
trovavano in Purgatorio.
In un certo
senso, per la prima volta, l’angelo poté
relazionarsi con il senso di colpa che
da sempre accompagnava Dean, quel sentimento subdolo che lo logorava
tutte le
volte che non era riuscito a salvare qualcuno o quando non era riuscito
a
rimediare ad una situazione.
Guardò il
cacciatore di fronte a lui, camminava cercando appoggio di tanto in
tanto
contro gli alberi, andava avanti per pura forza di volontà,
tenendosi il fianco
ferito. Era evidente che stava soffrendo, ma stringeva i denti e andava
avanti,
un passo dopo l’altro, scosso da occasionali colpi di tosse.
L’aria
malsana che stavano respirando, stava continuando a fare danni
logorando i loro
corpi.
Castiel si
chiese, per l’ennesima volta, per quanto tempo Dean avrebbe
potuto resistere
alla violenza che quel luogo stava esercitando sul suo fisico.
L’angelo,
come già aveva fatto diverse volte nell’arco della
loro amicizia, non poté che
provare una stima profonda, per quello che il ragazzo era in grado di
fare.
Un momento
dopo, Dean si piegò in avanti soffocando un eccesso di tosse
più forte degli
altri, ma restò in piedi appoggiandosi ad un ramo contorto.
Dopo una manciata
di secondi parve riprendersi e ricominciò a camminare.
Castiel era
lì ad un passo da lui, ma no lo toccò, rimase in
attesa, riprendo a seguirlo
non appena Dean si rimise in movimento. In quel momento
l’angelo avrebbe solo
voluto portarlo fuori di lì, curare le sue ferite e fargli
riabbracciare Sam,
sperando con quel gesto, di trovare l’assoluzione di cui
sentiva tanto il
bisogno.
Sam.
I suoi
pensieri tornarono di nuovo sul minore dei Winchester. Si
domandò se anche Dean
stesse pensando a lui, ma sapeva già la risposta. Era quella
la forza che lo
faceva arrancare e restare in piedi.
Chiuse gli
occhi e richiamò alla memoria le immagini che lo avevano
assalito durante lo
scontro con Gordon, mentre stava lottando per riuscire a muoversi e
salvare
Dean.
Gli sembrò
di aver riconosciuto un luogo famigliare, c’era stato solo
una volta, ma era
sicuro fosse il rifugio di Samuel Campbell, il nonno dei Winchester.
Aveva
sentito un’ondata emotiva simile alla sua che lo invadeva,
portando con sé la
stessa frustrazione, paura e pena, che aveva provato anche lui nel non
riuscire
a raggiungere Dean.
Era Sam. Era
sicuro che quello che aveva visto e quello che aveva provato, fossero
sensazioni che provenivano dal minore dei Winchester.
Ebbe la
certezza che fosse vivo e che fosse sulla Terra, ma che in qualche modo
fosse
anche lì con loro.
Con gli
occhi fissi sulla schiena di Dean, in modo da non perdere di vista i
suoi
movimenti, cercò di concentrarsi su Sam e di richiamare a
sé quelle immagini.
Si sforzò di
raggiungerlo, protendendo la sua Grazia verso il ragazzo, ma sembrava
non fosse
in grado di spingersi fino a lui.
Era come una
figura sfocata, appena al di fuori del suo capo visivo, lo percepiva,
sapeva
che era lì, ma non riusciva a vederlo con chiarezza. Non
appena cercava di
focalizzarsi su di lui, Sam o meglio la sua essenza, sembrava
sfuggirgli,
spostandosi di nuovo fuori dalla sua percezione cosciente.
Non riusciva
a comprendere quale fosse il legame che li univa, ma aveva la
sensazione che,
in qualche modo, lui e il ragazzo condividessero gli stessi pensieri.
Castiel
ipotizzò che fosse un effetto collaterale
dell’aver deviato le allucinazioni
dalla mente del ragazzo. Averle convogliate dentro di lui,
probabilmente aveva
aperto una sorta di canale di collegamento, che, nonostante fossero su
due
piani materiali differenti, gli permetteva di provare quello che
provava
l’altro.
Più spingeva
e si protendeva verso di lui però, più quel
contatto sembrava sfuggirgli.
Castiel
chiuse gli occhi per un attimo cercando di concentrarsi, ma li
riaprì subito
quando sentì un tonfo.
Dean era
caduto a terra e aveva emesso un gemito strozzato, quando aveva
picchiato il
fianco ferito contro il terreno.
Si piegò su
sé stesso, mettendosi in posizione fetale, tossendo e
tenendosi il fianco
dolorante.
Castiel fu
al suo fianco in un attimo, la paura che di nuovo risaliva lungo la
schiena.
Lo vide
sputare sangue.
In quel
preciso momento, per una frazione di secondo, l’angelo
sentì Sam, vicino come
lo era stato in occasione dell’aggressione di Gordon.
Un fugace
visione del rifugio Campbell e di una donna che lui non conosceva. Fu
solo un
attimo, poi un nuovo eccesso di tosse di Dean lo riportò al
presente, facendolo
concentrare di nuovo sul cacciatore.
Castiel
rimase spiazzato da quello che aveva appena vissuto. Ebbe la certezza
che a
collegare entrambi fosse Dean. I sentimenti che avevano per lui erano
affini,
ora riusciva a sentirlo chiaramente.
Il
cacciatore aveva gli occhi chiusi e continuava a tossire, ogni nuovo
respiro
bruciava nei polmoni, il corpo era attraversato da una serie di leggere
convulsioni.
Aveva cercato di andare avanti, muoversi per trovare un luogo sicuro
dove
rifugiarsi, era questo il pensiero che gli aveva consentito di mettere
un passo
davanti all’altro.
Alla fine
però, aveva dovuto cedere, non era più riuscito a
sorreggersi ed era rovinato a
terra.
Sdraiato sul
terreno, sentì l’angelo posargli una mano sulla
schiena, ma non percepì il suo
potere di guarigione, sembrava stesse solo cercando di confortarlo.
Dean sentì
il calore trasmesso dal palmo della mano dell’altro
attraversare i vari strati
di stoffa, fino a raggiungere la muscolatura contratta. Si
calmò poco a poco,
lasciando che la tensione muscolare si sciogliesse.
L’aria gli
sembrava sempre più difficile da inalare e il fianco gli
bruciava
maledettamente.
Respirò in
brevi tratti, cercando di calmarsi.
Quando
finalmente riuscì a riprendere il controllo,
sentì Castiel che lo aiutava ad
alzarsi o forse sarebbe stato più corretto dire che lo aveva
praticamente
sollevato di peso.
L’angelo si
mise il braccio di Dean intorno al collo, tenendolo con una mano,
mentre con
l’altra gli circondava la vita per sorreggerlo meglio. Il
cacciatore si tenne
il fianco, premendo sulla stoffa che aveva usato per tamponare la
ferita
ricevuta, cercando di trattenere il gemito che gli era salito in gola.
Non protestò
con Castiel quando ripresero a camminare, non ne ebbe la forza,
l’angelo stava
praticamente sostenendo gran parte del suo peso.
Quando
finalmente trovarono un rifugio riparato, Dean era a malapena
cosciente.
Castiel lo
fece sdraiare a terra e controllò la sua ferita. Il pezzo di
stoffa era sporco
di sangue, ma sembrava che l’emorragia si fosse arrestata di
nuovo.
“Dean devo
cercare di curare la tua ferita”, guardò il
cacciatore, rendendosi conto che
l’altro si stava sforzando di rimanere cosciente,
“questo probabilmente
esaurirà le mie energie per un po’ …
” continuò quando ebbe la certezza che il
ragazzo lo stesse comprendendo, “devi rimanere sveglio,
perché dopo che ti avrò
guarito, probabilmente io non lo sarò”.
Dean
gemette, scuotendo la testa in senso di diniego “No! Cass no
… è troppo
pericoloso …” diede un altro colpo di tosse che
fece tremare il suo corpo.
L’angelo non
gli diede retta. “C’è un’altra
cosa che devi sapere, prima
…”. Non aveva ancora finito di
pronunciare quella frase, che le sue mani si erano già
posate sul fianco ferito
del cacciatore. Castiel chiuse gli occhi e si concentrò per
dosare il suo
potere, doveva stare attento a non esagerare o avrebbe potuto non
riuscire più
a riprendersi.
“Cosa? Cosa
devo sapere?” chiese Dean, rilassandosi a quel tocco,
lasciandosi andare
all’indietro e trattenendo l’ennesimo gemito di
sofferenza. Sentì il calore
delle mani dell’angelo aumentare e il suo dolore diminuire.
Gli sembrò che
anche il senso di oppressione che sentiva sui polmoni scivolasse via,
rendendogli più facile respirare.
Era già
stato guarito altre volte da Castiel, ma non era mai accaduto in quel
modo,
sentì le forze tornare anche se non completamente,
cominciava a sentirsi
decisamente meglio.
“Sam sta
bene … non è qui Dean. Ora ne sono certo
…” Continuò l’angelo.
Dean riportò
immediatamente l’attenzione sull’angelo, aveva
ancora gli occhi chiusi ed era
sempre più pallido, un rivolo di sangue cominciò
a colargli dal naso.
“Che vuol
dire? Basta! Maledizione … fermati Cass!” Dean era
tornato completamente
cosciente e non voleva che l’altro andasse oltre.
Richiamato
da quella frase, Castiel aprì gli occhi e li
fissò in quelli del ragazzo, un
piccolo sorriso gli piegò gli angoli della bocca subito
prima di perdere i sensi
ed accasciarsi vicino a lui.
Dean si
sporse sul corpo inerme dell’altro, constatando che era
svenuto, “Dannazione
Cass! Non dovevi farlo! Che volevi dire?”
‘Sam sta bene … non
è qui’ Dean si
aggrappò a quella frase cercando di calmarsi. Si
guardò intorno, di nuovo
conscio di dove si trovasse.
Il dolore al
fianco era ancora presente, ma quando controllò la ferita,
si rese conto che
era chiusa, quasi come se fosse stata cicatrizzata. Il segno della
pugnalata
era ancora lì, Cass non lo aveva guarito del tutto, ma
quanto bastava per
permettergli di andare avanti.
Riusciva
anche a respirare meglio, nonostante l’aria avesse sempre
quel sentore di
putrido e malsano.
Riportò
l’attenzione sull’angelo, era pallido, ma respirava
regolarmente, sperò che
Cass non avesse fatto il passo più lungo della gamba e che
fosse in grado di
recuperare le energie che aveva usato per curarlo
“maledizione” imprecò tra i
denti.
Si tolse la
giacca, la piegò fino a farne un fagotto e la mise sotto la
testa di Castiel,
“grazie …” sussurrò.
Si appoggio
con la schiena alla roccia, rimanendo vicino all’angelo
svenuto e si preparò a
montare la guardia pregando che gli dessero un po’ di tregua.
Le ultime
parole su Sam gli avevano alleggerito il cuore, ma oltre a quello,
c’era un
atro problema con cui presto sarebbe dovuto venire a patti, erano
passate
parecchie ore da quando si era svegliato in Purgatorio ed ora
cominciava ad
avere sete.
N.d.A.
Ringraziamo
subitissimo tutti le personcine che ci stanno seguendo e commentando
… anche
solo seguendo … anche solo leggendo … anche solo
…
*thinias da
uno scoppellotto ad ele*
Thinias: ele
cosa stai scrivendo?
Ele106: ma
non lo so! Guarda thinny, lascia stare che sono completamente fusa!
Thinias: ce
ne faremo una ragione! Ci penso io vah …
Allora,
gente! In questo capitolo abbiamo puntato sullo sviluppo e
l’evoluzione del
legame che sta nascendo tra Sam e Jody *la amano*.
Speriamo di
avervi accompagnati, senza fare troppa confusione, lungo quello che
è stato uno
dei passaggi più difficili da scrivere.
La parte delle parole di Metatron, che è
completamente inventata, è
stata in assoluto la più complicata, quindi speriamo sia
risultata comunque
credibile e comprensibile. In caso contrario … invochiamo
clemenza XD
Ultima cosa,
ma non meno importante: col prossimo giro il nostro angioletto custode
la farà
da padrone.
Speriamo di
ritrovarvi nei commenti.
Ciauuuuuuz
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo VI - Un problema alla volta ***
N.d.A.
(della vergogna) *indossano l’elmetto, per evitare
la furia della folla
inferocita*:
or dunque
eccoci qua! Per chi avesse temuto per le nostre vite, tranquilli! Siamo
vive e
vegete …
*coro dei
lettori: disgraziate!!!!!!!!!! Cosa cacchio avete fatto fino ad ora????*
Come tutti
voi probabilmente immaginate, la sola ed unica responsabile del ritardo
è
Ele106 *ma va?? Che strano*, mentre la povera Thinias è
completamente innocente
e scalpitava per scrivere! *Ele106: …e si sfogava di
conseguenza, partorendo
focose one-shot sul fandom del cast… che poi son diventate
long, perché si sa
il fuoco va estinto con calma*. *Thinias: dovevo pur tenermi occupata!
u.u *
Comunque, in
fondo al capitolo la colpevole vi chiederà perdono in
ginocchio, mentre
l’innocente punterà il dito dietro di lei *e la
decapiterà con una katana
giapponese …ah no! Quella è un’altra
cosa XD*
Buona
lettura ;D
Capitolo
VI – UN PROBLEMA ALLA VOLTA
Rifugio
Campbell
Sam si
sdraiò su una delle brande del dormitorio, la testa gli
faceva ancora male così
come il petto. Non riusciva a darsi una spiegazione per quella sorta di
visioni
che aveva avuto e nemmeno per le sensazioni così forti che
aveva provato.
Jody aveva
ragione, aveva bisogno di dormire, ma si convinse che non sarebbe
riuscito a
prendere sonno.
A dispetto
di quello che lo sceriffo gli aveva praticamente ordinato, seguitava a
ripensare a quello che aveva visto, concentrandosi di nuovo
sull’unico pensiero
che aveva percepito nitidamente:
Dean.
Salvare
Dean.
Un’idea fissa,
un tormento continuo che lo assillava fin della scomparsa di suo
fratello, avvenuta
ormai più di tre giorni prima.
La
frustrazione di non riuscire a trovare appigli che gli permettessero di
trovare
Dean, lo stava consumando, così come la disperazione e la
paura che fosse tutto
perduto.
Si rigirò
nel letto cercando invano di dormire e, nonostante ogni fibra del suo
corpo lo
implorasse di riposare, lui non riusciva ad escludere quei pensieri
dalla sua
mente.
Si portò una
mano sul petto, là dove aveva sentito distintamente la fitta
di dolore qualche
ora prima. Qualunque cosa fossero quelle strane percezioni, la
preoccupazione
per le sorti del fratello aveva surclassato tutto il resto. Aveva la
sensazione
che quelli che aveva provato, non fossero sentimenti suoi, o almeno,
che non
fossero ‘solo’ suoi.
Aveva ancora
quelle immagini davanti agli occhi quando finalmente, quasi senza
rendersene
conto, scivolò nel sonno.
Fu presto
preda dei sogni.
La figura di
suo fratello cominciò a popolarli e le immagini che vedeva,
erano le stesse che
lo avevano perseguitato dopo che Dean era finito all’inferno.
Sam si agitò
nel letto, gemendo.
Il
susseguirsi di eventi cambiava velocemente, passava dai momenti
peggiori che
avevano vissuto assieme, agli attimi in cui Dean era quasi morto.
Una sola
immagine ricorrente continuava a tornare, sempre vivida e devastante.
Rivedeva il
momento in cui il petto di suo fratello veniva squarciato dagli artigli
famelici del cerbero, come in un terrificante film
dell’orrore.
Sentiva che
il senso di vuoto che aveva provato quando Dean era morto, lo assaliva
nuovamente,
rendendo il dolore che aveva provato allora, ancora intenso e presente.
Il suo
inconscio cercò di combattere contro quella sensazione, ma
la visione del corpo
martoriato di suo fratello seguitava a rimanere di fronte a lui.
Il sangue
era dappertutto, usciva velocemente da quelle terribili ferite,
raccogliendosi
in una pozza scura sotto di lui.
Sam sentiva
le lacrime bruciare e solcargli il viso in rivoli salati.
Niente di
tutto quello era reale, in qualche modo il ragazzo era consapevole che
si
trattava di un sogno, se lo ripeteva di continuo, ma allo stesso tempo
sembrava
tutto così vero e così doloroso.
Non si rese
conto immediatamente del cambiamento, serrò gli occhi nel
tentativo di
escludere quelle immagini così devastanti e quando li
riaprì, si trovò per
l'ennesima volta a percorrere con lo sguardo il corpo esanime di suo
fratello e
le ferite sul suo petto.
Fu un mutamento
fluido, come l'effetto di una dissolvenza.
Il sangue
sembrò sparire, come se non fosse mai esistito e con esso
gli squarci sulla
pelle.
Sam rimase
attonito, apriva e chiudeva gli occhi, cercando di far andar via le
lacrime che
li riempivano e gli appannavano la vista.
Le ferite
sparirono una dopo l’altra, fino a che non ne rimase una
sola, sul fianco.
Sanguinava
debolmente.
Guardò il
volto di suo fratello, era pallido e aveva profonde occhiaie scure
sotto gli
occhi, ma con
sollievo, Sam si rese
conto che aveva ripreso a respirare.
Seguendo
l'istinto più che la razionalità, cadde in
ginocchio a lato di Dean e premette
le mani sulla ferita per arrestare l'emorragia.
Nell'istante
in cui lo toccò, sentì delle altre mani sotto le
sue.
I contorni
dell'ambiente in cui si trovava, che fino a quel momento erano rimasti
indistinti, presero forma e concretezza. Gli sembrava di trovarsi in
una specie
di grotta.
Suo fratello
cominciò a gemere debolmente.
Quando alzò
lo sguardo si trovò di fronte Castiel, aveva un lieve
sorriso sul volto.
Erano le
sue, le altre mani posate sulla ferita di Dean.
Sam sentì
una sensazione di calore sui palmi e pur senza vedere, seppe che
l'angelo lo
stava curando.
Nel momento
in cui il taglio si richiuse, il ragazzo vide Dean aprire gli occhi, un
attimo
dopo era scomparso e lui e Castiel erano rimasti soli.
"Ciao
Sam".
****
Castiel
aveva sentito la presenza del minore dei Winchester farsi
più concreta, quando
la preoccupazione per le condizioni di Dean era aumentata.
Aveva
cercato di protendere la sua grazia verso Sam e nello stesso tempo, di
dosare
le sue energie per riuscire a curare Dean.
Il loro
collegamento era più forte di quello che credeva, l'angelo
era riuscito a
percepire l'angoscia e il dolore che il ragazzo stava provando.
Aveva
cercato di rassicurarlo, portando la coscienza di Sam vicino a quella
del
fratello. Voleva che il ragazzo percepisse che Dean era vivo.
Incredibilmente
Sam, non solo era riuscito a percepirlo, ma era riuscito anche ad
interagire
con loro.
Castiel
aveva sentito le mani del minore dei Winchester sopra le sue e il
potere di
quel contatto, aumentare la propria forza.
Forte di
quell'aiuto aveva curato Dean, senza però perdere la
connessione con Sam, ma concentrando
le poche energie rimaste per mantenere il contatto con il minore dei
Winchester. Solo quando fu sicuro che il legame onirico creatosi tra
loro fosse
abbastanza forte, Castiel permise al suo corpo fisico, spossato, di
cedere alla
mancanza di energie, ed accasciarsi vicino a Dean.
L’angelo e
il ragazzo rimasero soli, in quello spazio senza tempo in cui le loro
coscienze
sembravano essersi fuse.
"Ciao
Sam"
****
Purgatorio
Dean rimase
a vegliare l’amico privo di sensi.
Si alzò e si
avvicinò di nuovo a Castiel, posando due dita sotto il suo
naso, per
assicurarsi che il respiro fosse regolare. Restò in quella
posizione per alcuni
secondi, sentendo il ritmo della respirazione appena accennato, debole,
ma regolare.
Il maggiore
dei Winchester fece un involontario cenno di assenso con la testa, poi
si tirò
indietro e si rimise di nuovo a sedere, con le spalle appoggiate alla
parete di
roccia. Tirò le ginocchia vicino al petto e vi
poggiò sopra i gomiti prima di
prendersi la testa tra le mani.
Dopo che
Cass lo aveva curato, Dean sentiva che era di nuovo in grado di
respirare, aveva
ancora fastidio al fianco dove era stato ferito, ma stava bene.
Non si
faceva illusioni, sapeva che presto
la
situazione sarebbe peggiorata nuovamente.
Era chiaro
che quell’ambiente aggrediva il suo corpo come un virus. Pian
piano avrebbe di
nuovo fiaccato le sue resistenze.
Chiuse gli
occhi e cercò di ripercorrere tutti gli eventi che lui e
Castiel avevano
vissuto da quando erano finiti in Purgatorio.
Da quando
quel casino era cominciato, tutto era accaduto molto in fretta e
l’unica cosa
di cui era stato davvero cosciente fino a quel momento, era che fossero
in
fuga.
Si era
portato dentro, per tutte quelle ore, la sensazione schiacciante di non
sapere
dove fosse Sam, se stesse bene, se fosse ancora vivo. Ora il peso che
aveva sul
cuore sembrava essersi alleggerito, le ultime parole di Cass avevano
avuto il
potere di fargli tirare un respiro di sollievo.
Non aveva
dubbi della veridicità di quelle parole, soprattutto dopo
che avevano
affrontato Gordon.
Il destino,
nel suo modo subdolo di far susseguire gli eventi, aveva fatto
sì che in quel
luogo dimenticato da Dio, incontrassero di nuovo l’ex
cacciatore.
Come un
fiume in piena, la notizia della sua presenza sembrava essere dilagata
in lungo
e in largo per il Purgatorio e le bestie che lo abitavano, avevano
cominciato a
dargli la caccia.
Nessuna di
loro però sembrava sapere di Sam. Gordon non aveva idea di
dove si trovasse suo
fratello.
Dean non era
riuscito ad elaborare subito quella notizia, perché oltre
che con il coltello,
quel maledetto bastardo aveva colpito dove faceva più male,
con le sue parole.
Quello che
gli aveva detto bruciava ancora sulla sua anima, quelle frasi erano
come lingue
roventi capaci di causare un dolore profondo che non poteva essere
cancellato,
soprattutto quando, nel punto più nascosto del suo cuore,
Dean era convinto fossero
vere.
Si era
sempre sentito inadeguato e soprattutto colpevole, per le cose che non
era
riuscito ad aggiustare, per gli affetti che non era riuscito a salvare,
per
tutte quelle vite che non era riuscito a sottrarre alla morte.
La voce di
suo fratello gli venne in soccorso, facendosi spazio tra le parole di
Gordon, ‘non possiamo salvarli tutti
Dean’, gli
aveva ripetuto quella frase migliaia di volte, eppure lui si sentiva in
colpa
per ognuna delle vite che non aveva salvato.
Strinse gli
occhi cercando di scacciare quelle sensazioni, ‘non
è la colpa che ricade sulle tue spalle’
le parole di Castiel,
dette tempo addietro, gli tornarono alla mente.
Nonostante
tutto, nonostante quello che era successo, quello che lui e Sam avevano
scatenato, aveva sempre cercato di fare del suo meglio.
Scacciò come
meglio poté le parole di Gordon dalla sua mente, dopotutto,
si disse, almeno di
una cosa poteva andare fiero, lui e suo fratello avevano spedito in
quel luogo
una serie infinita di mostri, impedendogli di nuocere ad altre persone
innocenti.
Si riscosse
dal torpore che lo stava cogliendo, si passò le mani sul
viso cercando di
riprendersi.
Quando le
ritrasse, rimase qualche attimo ad osservarle. Erano sporche del suo
stesso
sangue, di terra e sudore.
Si alzò con
fatica, emettendo un gemito quando la schiena gli mandò
delle fitte dolorose.
Non aveva
bisogno di controllare, per sapere che sicuramente era coperta di
lividi, se li
era probabilmente procurati quando aveva impattato contro
l’albero, durante la
lotta con il vampiro.
Cerò di
sciogliere un po’ i muscoli indolenziti e si diresse verso
l’apertura dell’anfratto
in cui si erano rifugiati.
Una pioggia
sottile aveva preso a cadere, l’acqua scivolava sulle parete
di roccia in
piccoli rivoli, che si riversavano in minuscole pozze, dove la pietra
creava
dei leggeri avvallamenti.
Dean affondò
le mani in una delle pozzanghere più ampie e
cercò di lavare via la sporcizia
dalle dita, assieme alla terra e al sangue rappreso. Subito dopo si
lavò il
viso, digrignando i denti quando passò la mano sulla ferita
che Gordon gli
aveva procurato sulla mascella.
L’odore di
marcio proveniente dall’acqua che stava usando, gli
riempì le narici, mischiato
con il sentore di terra bagnata. Cercò di reprimere un
conato e usò la camicia
per asciugarsi.
Si trovò a
fissare i rivoli d’acqua che scivolavano verso il basso. La
sete che gli aveva
tenuto compagnia nelle ultime ore, intensificò la sua morsa.
Si leccò le
labbra, dove era rimasta traccia dell’acqua che aveva usato
per sciacquarsi il
viso.
Sentì la
bocca arida e il desiderio di bere farsi irresistibile.
Rimase fermo
per qualche istante ad osservare le gocce che scivolavano sulla pietra,
“oh al
diavolo!” disse e si sporse in avanti.
Avvicinò la
bocca ad una delle scie e appoggiò le labbra alla roccia.
Succhiò l’acqua
cercando di scacciare l’odore di marcio che rischiava di
fargli rivoltare lo
stomaco e di non pensare a cosa stava inghiottendo insieme
all’acqua.
La sete
prese il sopravvento e si trovò a bere con
avidità.
Chiuse gli
occhi e bevve, cercando di placare la sensazione di arsura che provava.
Quando si
staccò dalla roccia gli sembrò di stare meglio,
ma la sensazione durò poco,
bastarono una manciata di secondi perché si piegasse in due
tenendosi lo
stomaco.
Delle fitte
lancinanti lo fecero ripiegare su sé stesso, tenendosi la
pancia con un braccio,
si puntellò con l’altra mano sulla parete di
pietra. I conati arrivarono subito
dopo, cominciò a sudare freddo e i muscoli del suo corpo, si
contrassero in una
morsa dolorosa subito prima di rigettare il contenuto dello stomaco ai
suoi
piedi.
Fu più che
altro bile e quel poco di acqua che aveva bevuto.
Si lasciò cadere
sulle ginocchia, cercando di rilassare i muscoli.
Ebbe alcuni
altri conati, fino a che non ci fu più nulla nel suo stomaco
di cui liberarsi.
Gli occhi erano colmi di lacrime dovute allo sforzo di rigettare.
Sputò in
terra, cercando di togliersi il sapore acido dalla bocca.
Non andava
bene per niente.
“Merda… quel
figlio di puttana aveva ragione!” Le parole di Gordon
riecheggiavano nuovamente
nella sue orecchie. “Moriremo di sete…”
Dean si strinse le braccia intorno al
corpo, mentre cercava di rilassarsi.
Nella vita non
si era mai arreso, non l’avrebbe fatto nemmeno stavolta, ma
la situazione era
disperata e le nozioni apprese in anni di duro addestramento, non gli
davano
molte speranze. Vedeva le loro possibilità di sopravvivenza
ridursi sempre di
più.
Fece un
sorriso amaro, almeno sapeva che suo fratello stava bene…
qualunque cosa fosse
successa di lì a breve, almeno Sammy era al sicuro.
Cercò di
farsi forza. Non era molto, ma quel pensiero era pur sempre qualcosa a
cui
aggrapparsi.
In qualche
modo riuscì a rimettersi in piedi e, una volta ripreso
l’equilibrio, portò lo
sguardo in direzione della grotta. Pensò che fosse meglio
tornare a stendersi sulla
pietra, per cercare di conservare le energie.
Si incamminò
lentamente, tenendosi un braccio intorno alla vita, mettendo un piede
davanti
all’altro.
Fece solo
alcuni passi, prima di bloccarsi nel bel mezzo del movimento e voltarsi
nuovamente
verso l’acqua che scendeva lungo la parete rocciose.
Gli venne un’idea
che per quanto assurda, avrebbe consentito loro di sopravvivere. Ed era
assolutamente certo che suo padre sarebbe stato orgoglioso di lui.
Curvando le
labbra in un sorrisetto appena accennato, Dean girò i tacchi
e tornò barcollando
alle pozzanghere di acqua putrida.
****
Quando
Castiel riprese conoscenza, la prima sensazione che pervase il suo
corpo,
stanco e severamente provato dagli sforzi appena compiuti, fu un lieve
e
rassicurante tepore.
Si trovava
al caldo? Com’era possibile?
Aveva ancora
gli occhi chiusi, li sentiva bruciare dietro le palpebre abbassate.
Castiel
ricordava alla perfezione la conversazione appena avuta con Sam. Quando
si
erano separati lui si era di nuovo ritirato nel suo involucro di carne,
ma era
come se il suo corpo fosse ancora addormentato e la sua essenza, ancora
intrappolata
nel ricordo di quel sogno, non fosse in grado di riprenderne
completamente il
controllo.
Sentì un
lieve formicolio ai muscoli indolenziti e rumori confusi in sottofondo,
gli
arrivavano ovattati, come se si trovassero al di là di una
porta chiusa.
Quel
particolare stato di semicoscienza sembrò quasi rilassarlo,
ritardando così il suo
risveglio.
Lottò con
quello stato di torpore, ancora intento nello sforzo di aprire gli
occhi, aveva
bisogno di verificare le sue effettive condizioni e quelle di Dean.
Dean.
Il pensiero
del compagno lo fece scattare in posizione seduta ad una
velocità sorprendente,
tanto da far sobbalzare il cacciatore, che si trovava proprio accanto a
lui, di
spalle, intento a trafficare con qualcosa di non ben precisato.
Alzandosi
così bruscamente, il logoro trench che lo ricopriva per
tenerlo al caldo, gli scivolò
in grembo, raccogliendosi sulle gambe.
“Ehi guarda
un po’ che si è svegliato! Buon giorno
Aurora!” la voce di Dean rimbombò
all’interno della grotta,
attirando l’attenzione
di Castiel, che subito spostò lo sguardo su di lui,
guardandolo mentre si
avvicinava e si inginocchiava al suo fianco. Nella mano destra, reggeva
una strana pietra.
L’angelo
osservò i suoi movimenti, Dean era ancora visibilmente
stanco, ma sembra tutt’altro
che abbattuto. Un buffo sorrisetto, misto tra orgoglio e soddisfazione,
gli
incorniciava il viso, accentuandone le rughe in parte agli occhi.
“Stai bene?”
gli chiese l’angelo. Sapeva di non averlo curato
completamente e lui per primo
era stupito dalle buone condizioni dell’uomo, che fino a poco
prima rischiava
di morire.
“Quello svenuto
eri tu, mi pare…” rispose il cacciatore,
sarcastico.
Castiel lo
vide sporgersi verso di lui, porgendogli la particolare pietra che ora
reggeva con
entrambe le mani, “Tieni! Bevine un
po’..” continuò il ragazzo.
Ancora
confuso, l’angelo ebbe finalmente modo di guardarci dentro:
era cava e al suo
interno c’era …
Acqua.
Senza
pensarci, come mosso da puro istinto di sopravvivenza, improvvisamente
conscio
della gola che gli bruciava come l’inferno e delle labbra
secche e tagliate,
Castiel afferrò la pietra e bevve velocemente, a grandi
sorsate, finendo per
tossire in modo incontrollato subito dopo, per la violenza con cui
l’acqua era
scesa nella sua gola provata.
“Piano
tigre! Con calma…” disse Dean, afferrando al volo
la pietra, prima che finisse
a terra con quel
poco di acqua che
ancora rimaneva.
Qualche
altro colpo di tosse e l’angelo si riprese. Si
passò il braccio sulla bocca,
asciugandola con la stoffa del pigiama striminzito. Rimase spiazzato
dalla sua
stessa reazione, non aveva mai provato il desiderio di bere, non ne
aveva mai
avuto bisogno, non sapeva cosa fosse la sete. Eppure nonostante fosse
ancora
scosso da piccoli eccessi di tosse, pensò che la sensazione
di sollievo che bere
quell’acqua gli aveva dato, era una cosa piacevole e
inaspettata, nonostante il
sapore non fosse dei migliori.
“E’
disgustosa…” gracchiò Castiel, poi
spalancò gli occhi preoccupato, se l’aria
aveva il potere di indebolirli, l’acqua poteva addirittura
essere letale per
loro.
“Dean! Sei
impazzito?? E se... se? Tu l’hai bevuta?!” Chiese,
alzando il tono della voce,
visibilmente turbato, cercò con fatica di rimettersi in
piedi.
Sfortunatamente
la grotta in cui erano rifugiati non era propriamente grande e
confortevole.
Era bassa e stretta.
Alzandosi,
Castiel urtò il soffitto con la testa, emettendo uno sbuffo
di dolore, ma prima
che potesse ricadere nuovamente a terra, il cacciatore lo
afferrò prontamente
per le spalle.
Dean sorrideva
ancora, soddisfatto e felice, come se, in poche ore avesse magicamente
risolto
tutti i loro problemi.
“Tranquillo,
l’acqua è buona… beh, si fa per dire!
L’ho bollita.” Gli disse ammiccando e
accompagnando quelle poche parole, con un paio di sonore pacche sulle
spalle. Prima
di lasciarlo andare, si assicurò che l’angelo si
reggesse in piedi da solo.
Nonostante
la solita rigidità nei movimenti, Dean lo vide rilassarsi,
evidentemente aveva
accettato le sue rassicurazioni.
Castiel
sembrava quasi imbarazzato per la reazione istintiva e troppo emotiva
appena
avuta, si guardò in giro come se non sapesse cosa fare di
sé stesso, poi si
sedette stancamente a terra, prendendo di nuovo la pietra cava dalle
mani del
cacciatore e bevendo le ultime sorsate d’acqua, stavolta con
più calma.
Dean aveva
ripreso ad armeggiare con qualcosa, dandogli le spalle e
l’angelo poté
osservarlo distrattamente, ripensando alle parole appena sentite, ma
non
riuscendo a darsi una spiegazione convincente. Non capiva…
“Dean come
hai fatto a bollirla?” chiese, con sincera
curiosità e, perché no, un pizzico
di timore e diffidenza.
Il
cacciatore si voltò verso di lui, il sorrisetto si era
trasformato in un ampio
sorriso ed era salito fino ad illuminargli gli occhi, che ora
brillavano di
fiera soddisfazione.
“Lo sai, moccioso…
lo devo proprio dire! Ci sono dei vantaggi nell’avere come
padre un ex marines
degli Stati Uniti …” spiegò,
spostandosi leggermente, così che Castiel vedesse
cosa stava facendo.
“Uno di
questi vantaggi, consiste nel doversi imparare a memoria il manuale di
sopravvivenza del Corpo.” annunciò, mostrando
all’angelo quello che era
riuscito a fabbricare.
Castiel vide
che Dean aveva approntato un piccolo falò. Una serie di
pietre, addossate
vicino alla parete dell’ingresso, trattenevano degli arbusti
e dei piccoli
legni che stavano bruciando. Dovevano essere legni nuovi,
perché poté scorgere
una brace già formata sotto di essi.
Appoggiata
sulle pietre, in bilico sul fuoco, c’era una pietra piatta
più grande e sottile
delle altre, leggermente concava, tanto da riuscire a stento a
contenere
l’acqua al suo interno.
Da dove si
trovava, Castiel poteva vederla bollire, evidentemente la pietra
scaldandosi
riusciva a trasmettere sufficiente calore per portare a termine tutta
la
procedure di purificazione dell’acqua.
Guardando
quel sistema improvvisato, l’angelo si rese conto che Dean
doveva averci
lavorato parecchio, perché si poteva purificare solo una
piccola quantità di
liquido alla volta.
Castiel
rise, colpito dall’inventiva del cacciatore e contagiato
dalla sua euforia.
Dean
guardandolo si lasciò andare in una risata lunga,
liberatoria e completamente
assurda, priva di qualsiasi senso logico.
Non c’era
proprio un bel niente da ridere, lo sapevano entrambi. Questa trovata
li
avrebbe fatti andare avanti ancora, quanto? Un paio di giorni? Ammesso
che i
giorni passassero davvero in quel buco dimenticato da Dio.
Erano
deboli, stanchi e affamati. Dean non si faceva illusioni, avrebbero
resistito
ancora per poco.
Ma erano
vivi! Diavolo, un problema alla volta! Avrebbero ammazzato tutto quello
che gli
si parava di fronte e, dannazione, se fosse stato necessario, si
sarebbero
nutriti delle bestie che ammazzavano. Qualsiasi cosa fossero.
Quando
l’euforia scemò pian piano, di pari passo con le
risa, l’espressione di Dean
tornò a farsi sempre più seria e preoccupata.
Pensava a Sam.
Castiel lo
intuì immediatamente e fu il momento di ritornare alla
realtà, di ricordarsi
quel che gli era successo e di dargli spiegazioni.
“Dean…” disse piano, per distogliere il
cacciatore dai suoi pensieri,
cercando rapidamente di fare mente locale e trovare il modo giusto per
dire
all’uomo quel che era successo mentre era svenuto.
Il cacciatore lo fissò preoccupato, intuendo che si trattava
di
qualcosa di importante e sopportando a stendo, i pochi secondo
d’attesa che
l’angelo impiegò per mettere insieme le parole.
“Oh andiamo che c’è?”
sbottò, alzando le braccia in aria,
visibilmente frustrato.
L’espressione tirata di Castiel, tradiva tutta
l’urgenza
dell’argomento “Ho parlato con Sam,
Dean… ci ho parlato in sogno.”
Il cacciatore rimase a fissarlo incredulo.
N.d.A. (del pentimento) ç_ç
Ele106: chiedo umilmente perdono a tutti per l’attesa! Ho
avuto
un’estate da incubo che lasciamo stare, e bla bla bla
bla… beh! Insomma portate
pazienza, vi prego!! Speriamo di procedere con più costanza
da ora in poi,
sappiate che non ho la minima intenzione di lasciare nulla di
incompiuto! Un
bacionissimo a tutti e scusate ancora ;DDD … ah! Ovvio che
la cover è comparsa
apposta per farci perdonare *paracule-mode-one*
Thinias: *era ora, sospira* dopo averla minacciata per tutta
l’estate
di continuare la fanfic da sola ed essermi sfogata scrivendo un paio di
cosette
alternative, sono riuscita a spingere ELE a rimettere mano a questa
storia e
alla fine abbiamo partorito il nuovo capitolo. Le scuse con chi
aspettava di
leggere il seguito sono d’obbligo e come dice ELE, da qui si
dovrebbe
riprendere a postare con un po’ più di costanza :)
Ora, speriamo che, nonostante l’abominevole ritardo, il tutto
continui ad intrigarvi ed appassionarvi! Abbiamo appena avuto modo di
vedere
l’inizio dell’ottava e … siamo
letteralmente impazzite! Ci piace tantissimo e
siamo elettrizzate all’idea della stagione che ci aspetta.
Dean è un mito!!! Lo
amiamo sempre più, anche se nella nostra storia è
succube del Purgatorio,
l’idea di vederlo invece predatore, ci ha fatte andare fuori
di testa! Non è
detto che in qualche modo non finiremo per avvicinarci a questa
versione più
aggressiva ;)
Grazie ancora a tutti, con tutto il cuore!
Ps. e… PER DIO…qualcuno ci dica come cavolo si fa
a bollire l’acqua
senza un maledettissimo contenitore!?!?!?!?!?!? Salvateci :DDDD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo VII - Legame ***
Capitolo
VII - LEGAME
Rifugio Campbell
Quando Sam
si svegliò, stropicciandosi gli occhi, si sentì
indolenzito e stanco, come se
non avesse dormito un secondo.
Si tirò a
sedere sul letto e si scrocchiò le ossa del collo, cercando
di riprendere un
minimo di mobilità.
Gli ci volle
un attimo per schiarirsi la mente e rendersi conto di dove fosse.
Quell’attimo
fu sufficiente per ricordargli quello che aveva appena sognato.
Si guardò le
mani, aprendo e chiudendo i pugni, come per testare che fossero le sue,
che
fossero reali, le sentiva calde.
“Non era un
sogno…” mormorò tra sé,
prima di balzare fuori dalla branda, improvvisamente
vigile e raggiungere velocemente la stanza accanto.
Jody era
addormentata sul logoro divano della biblioteca, distesa su un fianco e
coperta
con la sua stessa giacca. Vicino al cuscino c’era ancora il
quaderno scritto da
Kevin.
Quando la
vide, Sam rimase a fissarla per un attimo, mentre tutto quello che era
successo
nelle ultime ore tornava lentamente a galla. Cercò di
mettere ordine nei suoi
pensieri, non sarebbe stato facile spiegare quello che aveva appena
vissuto.
Le si
avvicinò, accucciandosi vicino al divano e, nel farlo, una
ciocca ribelle di
capelli gli ricadde sul viso. Lui la portò distrattamente
dietro l’orecchio, chiuse
gli occhi e fece un lungo sospiro, cercando di calmare i nervi. Quando
li
riaprì, gli sembrò di sentirsi relativamente
più calmo e risoluto.
“Jody!”
disse piano, con tono fermo, ma cercando
di non spaventarla.
Un altro
paio di tentativi a vuoto, finché lo sceriffo si decise a
schiudere gli occhi,
stancamente.
Mise a fuoco
il volto di Sam e, appena le fu chiara l’espressione tirata
ed ansiosa, scattò
a sedere, quasi sbattendo la testa contro il naso del ragazzo, che si
ritrasse
appena in tempo.
“Che succede?”
gli chiese improvvisamente allarmata, afferrandolo per un braccio.
“Stai bene
Sam?” senza che se ne rendesse conto, si ritrovò
ad utilizzare con lui, di
nuovo lo stesso tono che era solita usare con suo figlio, ormai molto
tempo
prima.
Il minore dei
Winchester sorrise per la prima volta negli ultimi tre giorni e lei
rimase
ancora più spiazzata.
Il sorriso
era comparso sul volto di Sam, senza che avesse davvero buone notizie
da darle.
Affiorato
per il semplice fatto che, finalmente, da quando suo fratello era
scomparso, aveva
una certezza. La avvertiva farsi sempre più concreta,
prendeva forma nella sua
mente e metteva radici nel suo animo.
“Jody, è vivo…” le disse.
“Dean è vivo!” il sorriso ancora sulle
labbra, ad aggiungere confusione e domande sul volto interdetto della
donna che
lo stava guardando.
****
"Ciao Sam!" Castiel lo disse come
se fosse la cosa più naturale del mondo, cercando di non
allarmare il ragazzo.
Mantenne il tono della voce tranquillo e conservò la tipica
rigidità del
proprio aspetto.
Soltanto il luccichio dei suoi occhi azzurri,
tradiva l’urgenza dei suoi pensieri. Dovevano fare in fretta,
lo sapeva, lo
avvertiva. Quel contato poteva svanire da un momento
all’altro.
"Cass…" la risposta del giovane fu
titubante. "T-tutto questo è reale?" chiese, dopo un
ulteriore attimo
di esitazione.
"Si" lo rassicurò l'angelo, che
ormai credeva di aver capito cosa stesse succedendo.
Quando Castiel aveva assorbito
le allucinazioni di Sam, deviandole su sé stesso, in qualche
modo era andato a
toccare la sua anima. L’aveva vista, percepita e, non sapeva
spiegarsi come,
aveva finito con il portarsene via un frammento, quello danneggiato dal
dolore,
dai ricordi più bui della gabbia, sanando l’anima
del ragazzo quel tanto che
bastava da permettergli di continuare a vivere. Forse in quel modo si
era
venuto a creare tra loro una sorta di legame, un passaggio, una
finestra aperta
tra le loro due menti.
Era un legame di cui non si era
reso conto, che era rimasto sopito, nascosto allo stesso angelo, fino a
che non
si era trovato in Purgatorio e Dean non era stato in pericolo. Sembrava
che
quello che entrambi provavano per Dean, fosse l’elemento che
dava forza a
quella connessione.
“Era reale?" Chiese di
nuovo Sam, riportando l’attenzione dell’angelo su
di lui. Il ragazzo guardava
nel punto in cui, fino ad un attimo prima, giaceva suo fratello.
“È vivo?" dal tono della
sua voce, traspariva la paura di conoscere la risposta.
"Si… Dean è ancora
vivo." L’angelo
piegò la testa di lato, continuando a fissare il giovane
Winchester. Un lieve
sorriso gli piegò gli angoli della bocca, quando vide il
sollievo affiorare sul
volto dell’altro.
Stordito e confuso, Sam non seppe cosa
credere. Stava solo sognando? Oppure no? Quello di fronte a lui era
davvero
Castiel? Come poteva esserne certo?
Per un momento si disse che la sua mente
stava solo cercando di rassicurarlo, che desiderava così
tanto che Dean fosse
vivo, da creare quella sorta di illusione onirica, con
l’unico scopo di
attenuare il suo dolore.
Eppure, aveva ancora le mani posate su
quelle dell’angelo e le sentiva estremamente concrete sotto
le proprie, calde. Non
si azzardò a spostarle, preoccupato di perdere quel
contatto.
Doveva essere vero! Se ne convinse, cercando
di lasciarsi andare e fidarsi del suo istinto.
“Dean…
dov’è ora? Perché è sparito?
Posso
parlare anche con lui?” la raffica di domande investi
Castiel, che non fu
sorpreso da tanta irruenza, ma si rammaricò di non avere
risposte immediate da
dargli… almeno non tutte.
“Non è possibile Sam.
Questo passaggio… questo
collegamento, a quanto sembra è possibile solo tra noi
due.” Lo disse
avvertendo un fastidioso senso di dispiacere, per il solo fatto di non
poter
accontentare quella semplice richiesta, lo smarrimento sul volto di Sam
era fin
troppo evidente.
“Cass…” il nome
dell’amico uscì a stento
dalle sue labbra. “Come è possibile? Come riesco a
parlare con te, a vederti
qui di fronte a me?” Sam lo fissò per un momento,
poi parve intuire. “È perché
hai…
preso le mie allucinazioni? Quando sei entrato nella mia
mente… ”
L’angelo sorrise, il giovane
Winchester era
sempre stato acuto.
“Penso che quella sia la causa, ma
credo che
il legame si sviluppi attraverso quello che entrambi proviamo per tuo
fratello.”
Sam non riuscì a capire fino in
fondo come
fosse possibile, scelse semplicemente di non reputarla una
priorità. Non in
quel momento. Prima doveva essere certo delle condizioni di Dean.
“Siete davvero in Purgatorio? Cosa
vi è
successo?” la sua voce era poco più di un sussurro.
“E’ così! Tu e
la donna che ho visto nelle
visioni, lo avete già intuito, vedo.”
L’angelo non distolse mai lo sguardo dal
ragazzo, cercando di mantenere il collegamento tra di loro, traendo
energia dal
contatto tra le loro mani.
Girò i palmi verso l’alto
e prese i polsi di
Sam, stringendoli tra le dita. Voleva che il cacciatore sentisse che
quello che
stava succedendo era reale.
“Quando Dick è morto, io
e Dean eravamo
molto vicini… troppo vicini. Probabilmente la stessa forza
che lo ha rispedito
qui, ci ha trascinato giù con lui.”
Castiel si soffermò, per la prima
volta, a
pensare quale potesse essere la forza che li aveva portati in quel
luogo. L’arma
che avevano usato era impregnata del sangue di creature molto potenti,
sapeva
che Dick era in Purgatorio ora, poteva percepirlo. Evidentemente,
quello stesso
potere, era stato in grado trascinare lì anche loro.
Sam percepì la pressione delle dita
dell’angelo che tenevano saldamente le sue braccia,
sentì che era reale, che
per quanto sembrasse impossibile, stava davvero parlando con Castiel.
La diga che aveva arginato le sue emozioni
fino
a quel momento, si frantumò in mille pezzi.
“State bene?” Una lacrima
involontaria, frutto
del sollievo provato, dopo tutti quei giorni di insicurezza sulla sorte
di Dean
e dell’angelo, rotolò lungo la sua guancia. Poi
l’immagine del corpo di suo
fratello, steso sul pavimento di quella grotta, tornò con
ferocia a stagliarsi
davanti ai suoi occhi.
“Dean è ferito? Dimmelo
Castiel!”
Quest’ultimo, cercò le
parole giuste per
spiegare al giovane Winchester quel che stava accadendo loro in quel
luogo.
“Questo posto è malato
Sam. I suoi effetti
sono tossici su chi è di carne e sangue. Le anime dei mostri
che lo popolano
sono come bestie fameliche, che si divorano l’un
l’altra.”
Fece una pausa, prima di costringersi a
continuare. Non voleva che Sam si agitasse, più di quanto
già non stesse
facendo, ma aveva bisogno che si rendesse conto della
gravità della situazione.
Restava poco tempo, dovevano fare in fretta, prima che per Dean fosse
troppo
tardi.
“Sanno che Dean è
qui… siamo continuamente braccati.
Non riusciremo a fuggire a lungo!” L’angelo
abbassò lo sguardo, per la prima
volta. “Lui è in pericolo e io non posso
proteggerlo…” La sua voce si incrinò
leggermente, sotto il peso di quelle ultime parole.
Sam cercò di assorbire il colpo.
Dio, erano davvero
in Purgatorio… era tutto così pazzesco, eppure
così logico. Quindi lui e Jody avevano
avuto ragione fin dall’inizio, a pensare che fossero finiti
lì. Avevano intuito
il giusto. Non poté fare a meno di ricordare la descrizione
di quei luoghi,
trovata nel libro dei draghi. Sentì la paura serpeggiare di
nuovo dentro di
lui, cancellando il sollievo appena provato nell’apprendere
che Dean era ancora
vivo.
Quello era il posto dove le anime dei mostri
finivano, dopo essere stati uccisi sulla Terra.
Impallidì. Molti di quei mostri
erano lì a
causa loro… e Dean era là in mezzo.
Era praticamente un bersaglio.
Ripensò alla grotta che li
circondava in
quel momento. “Cass, siete nascosti?”
“Sam…”
l’angelo sembrò incupirsi.
“…Dean è
debole. Perfino l’aria che respiriamo è putrida.
Il poco potere che resta alla
mia Grazia, riesce ancora a protegge il mio tramite, ma non
c’è nulla che possa
fare per proteggere tuo fratello. Non sarò in grado di
tenerlo in vita a lungo,
non posso salvare nemmeno me stesso.” La voce
dell’angelo quasi si spense“…sto
diventando umano.”
Sam faticò a capire il vero
significato di
quelle parole.
“Cosa vuoi dire? State male? Dean
sta male?”
si fece velocemente sopraffare dall’ansia.
Castiel riportò lo sguardo su di
lui e Sam vide
distintamente il senso di colpa nei suoi occhi, come una muta richiesta
di
perdono per non essere forte abbastanza.
L’angelo fece una smorfia di
amarezza. “Ci
stiamo indebolendo. Ogni respiro sembra portar via con sé un
briciolo di forza
dal corpo di Dean, come se stesse inalando dei fumi
velenosi…” Continuò, lo
sguardo ancora basso.“Sento la mia natura angelica diventare
sempre più debole,
non posso fare nulla per impedire questo processo.”
Castiel combatteva, anche in quel momento,
contro
il senso di inadeguatezza che provava per non essere in grado di
proteggere
Dean, per non essere all’altezza della situazione…
di nuovo.
“Dobbiamo trovare un modo per uscire
di qui,
non abbiamo molto tempo. Presto non sarò più in
grado di mettermi in contatto
con te…” Disse alla fine. “E’
passato poco più di un giorno da quando siamo
giunti qui, ma non resisteremo a lungo, questo ambiente ci sta
consumando.”
Sam ascoltava senza fiatare, la sua
preoccupazione era salita ulteriormente di livello, ma quello che
Castiel aveva
appena detto lo scosse, forzandolo a reagire.
Strinse a sua volta i polsi
dell’angelo, per
attirare la sua attenzione.
“Solo un giorno? Cass siete in
Purgatorio
solo da un giorno?” la sua mente cominciò a
ragionare, frenetica.
“Si… poco più
di un giorno.” Castiel lo
guardò, non riuscendo a capire perché quel
particolare fosse così importante.
Sentiva quella sorta di connessione farsi velocemente sempre
più fragile. Presto
non sarebbe più riuscito a mantenere il contatto con Sam.
“Cass!”
Quest’ultimo gli strinse ancora di
più i polsi “Il tempo scorre in modo differente
qui. Sono passati quattro
giorni, da quando siete scomparsi!”
L’altro lo guardò per un
momento, assorbendo
quell’informazione.
“Dean non resisterà a
lungo, Sam” lo ripeté
di nuovo e di nuovo nel suo tono era leggibile il senso di impotenza
che
provava. “Dobbiamo riportarlo indietro o
morirà.”
“Lo troverò Cass,
troverò il modo di far
uscire entrambi!” Il ragazzo deglutì con forza.
Voleva disperatamente mantenere
il controllo. “Cass, digli solo... dì a Dean dinon
farsi ammazzare, ok? Non fatevi
ammazzare, vi prego! Dovete darmi un po' di tempo!”
Terminò, cercando di
trovare la forza di credere alle sue stesse parole.
Non aveva idea di come avrebbe fatto, ma non
poteva lasciarli soli al loro destino. Ora che sapeva che Dean e Cass
erano
vivi, avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per salvarli.
Sentì come se la consistenza fisica
dell’angelo stesse diminuendo, Sam avvertì la
presa sull’altro diventare
difficile, si fece quasi prendere dal panico.
“Come faccio a rimettermi in
contatto con
voi?” chiese velocemente.
L’angelo stava scomparendo, ormai il
ragazzo
non sentiva più la solidità dei polsi che stava
stringendo tra le dita.
“Non puoi”
L’angelo rispose perentorio. “Lo
farò io, il prima possibile. Posso spingere la mia Grazia
attraverso il
collegamento che si è creato tra di noi…
” Castiel fissò il suo sguardo in
quello dell’altro, con lucida decisione.
“Un’arma, creata da un rituale, ci ha
trascinato in Purgatorio. Potrebbe esserci un rituale anche per
uscirne...”
La figura di Castiel prese a sbiadire sotto
i suoi occhi, la sua presenza scivolava via lentamente, mentre il suono
della
sua voce era ancora forte.
“Sam!” sentì il
suo nome, come un suono
debole e lontano, poi non ci fu più nulla.
Prima che il cacciatore riuscisse a
rispondere, le sue dita non stringevano che aria. Sam si
sentì trascinare
all’indietro e tutto intorno a lui perse consistenza, fino a
che non fu
inghiottito dall’oscurità.
****
“Diavolo,
voi altri si che la sapete movimentare la vita di una donna!”
Esclamò lo
sceriffo, rivolgendosi ad un Sam ancora visibilmente scosso ed
ansimante.
Il ragazzo
si guardava le mani, le teneva come se ancora stessero stringendo i
polsi dell’angelo.
Jody era
seduta sul divano su cui aveva dormito e guardava il minore dei
Winchester,
indecisa se chiamare l’ospedale per farlo rinchiudere o
chiamarlo per fare
rinchiudere sé stessa.
Sam sospirò
al termine del suo racconto. Si sentiva spossato, svuotato. Le parole
erano
uscite d’un fiato, furibonde, come l’esondazione di
un fiume in piena, senza
riuscire a frenarsi, finendo per fare ordine anche nella sua mente.
Ci fu un
momento di silenzio. Sam era seduto su una sedia di fronte al divano.
L’aveva
girata e ci si era seduto a cavalcioni, appoggiando i gomiti sullo
schienale
che gli si parava davanti al petto.
Dopo un
momento distolse gli occhi dalle mani vuote e se le passò
tra i capelli,
tirandoli all’indietro.
Si
guardarono per un momento, incapaci anche solo di sperare nella quanto
mai
remota possibilità di riuscire a risolvere una situazione
del genere.
Jody spezzò
il contatto visivo e lo sguardo le cadde sul quaderno, ancora poggiato
vicino
al cuscino. Le sue pupille si dilatarono, quando focalizzò
l’oggetto. I suoi
processi mentali lavorarono veloci, ricollegando le scoperte fatte
alcune ore
prima, con quello che Sam le aveva appena raccontato.
“Cazzo!” Imprecò,
afferrando il quaderno di Kevin e cominciando a sfogliarlo. Dopo un
attimo lo
porse al ragazzo, aperto su una pagina in particolare. “Sam,
forse ho capito!
Il vostro angelo ti ha parlato di un rituale, io penso che abbia
ragione. Leggi
qui… ”
Jody prese a
riassumere brevemente, ad alta voce, quel che aveva letto prima di
addormentarsi,
spiegando a Sam la sua teoria, in base alla quale avrebbero potuto
esistere
altre Tavole, oltre a quella tradotta da Kevin.
“E se le
Tavole fossero collegate tra loro?” si chiese infine la donna.
Sam era
ancora chino sul quaderno, completamente assorto nella rilettura
minuziosa di
parole già lette e rilette mille volte, ma che ora
assumevano un nuovo
significato.
Alzò lo
sguardo su di lei. “Come dici?” Le chiese
distrattamente, mentre il contenuto
di quelle frasi maturava nella sua mente.
“Sam!” Esclamò
lo sceriffo, strappandogli di mano gli scritti, per destarlo da quella
specie
di torpore. “E se ci fosse un rituale che collega le Tavole?
Se trovassimo una
Tavoletta sul Purgatorio? Se esistesse un modo, attraverso di esse, per
aprire
un passaggio? Forse potremmo farli uscire… ”
Lui la fissò,
mentre la sua mente elaborava le informazioni, facendo combaciare tutti
i pezzi
di quell’assurdo puzzle. Se, nella Tavoletta che avevano
avuto per le mani,
c’era un rituale per rispedire qualcuno in Purgatorio, forse
su una delle altre
poteva esserci scritto un modo per tirarlo fuori.
Aveva un
senso. I pezzi sembravano incastrarsi perfettamente.
“Si… forse
potremmo farli uscire.” Disse. “Ma dobbiamo trovare
le altre Tavole e
soprattutto… ci serve Kevin!”
****
L’urgenza
trasmessagli da Castiel, durante il loro breve incontro onirico,
sembrò essersi
cementata nella mente di Sam. Doveva fare in fretta! In un modo o
nell’altro,
doveva riuscire a trovare Kevin. Era l’unica certezza a cui
era arrivato. Se davvero
esistevano altre Tavolette, il Profeta era l’unico che poteva
leggerle e
l’unico a poter dire loro se esisteva un modo per riportare
indietro Dean.
Lui e lo
sceriffo discussero parecchio sul da farsi, mentre raccoglieva le sue
cose e
preparava le armi da caricare nel bagagliaio dell’Impala.
Per trovare Kevin,
avrebbe prima dovuto trovare Crowley e non poteva permettersi di
perdere altro
tempo.
Secondo
Castiel, Dean non sarebbe sopravvissuto a lungo in Purgatorio, quindi
doveva muoversi
e doveva farlo in fretta. Non avrebbe lasciato suo fratello e
l’angelo, a
morire in quel luogo dimenticato da Dio.
“Sam,
aspetta! Non puoi andare da solo!” Jody lo raggiunse alla
macchina, gli arrivò
alle spalle e lo afferrò per un braccio, per portare
l’attenzione del ragazzo
su di lei. Cercava di farlo ragionare già da qualche minuto,
ma lui sembrava
non volerla ascoltare.
Non poteva
mettersi contro il Re dell’Inferno senza avere un piano e,
soprattutto, non
poteva lanciarsi contro di lui, come un maledetto kamikaze suicida.
“Non puoi
affrontare Crowley da solo! Se davvero è potente come mi hai
detto, non hai
speranze di riuscire a sopravvivere.” Gli disse, esasperata.
Sam si voltò
verso di lei. “Non ti preoccupare! Non ho intenzione di
affrontarlo
direttamente. Quello che voglio fare è scoprire dove tiene
Kevin.” Le sorrise,
cercando di rassicurarla.
“E come
diavolo pensi di fare?” chiese lei, scettica.
“Devo solo
trovare qualcuno dei suoi tirapiedi. Mi farò dire quello che
ho bisogno di
sapere, cercando di rimanere nascosto a Crowley il più a
lungo possibile…”
Sam sapeva
che era pericoloso. Senza contare il fatto che non era più
in possesso del
coltello di Ruby, il ché significava solo una cosa: uccidere
demoni, sarebbe
stato ancora più difficile.
Allo stesso
tempo, non poté fare a meno di ringraziare il cielo, per il
fatto che Dean lo
avesse con sé, nel momento in cui era scomparso. Almeno
aveva un’arma valida
con cui difendersi in Purgatorio.
Jody gli
strinse più forte il braccio, costringendolo a rifocalizzare
l’attenzione su di
lei.
“Ok… mi
sembra una stronzata, ma non te la lascerò fare da
solo!” La donna lo guardò
con risolutezza, non sembrava voler mollare la presa.
“No, non se
ne parla!” Sam sciolse il braccio dalla presa dello sceriffo,
con quanta più
gentilezza poté. “Tu non sei una
cacciatrice… e io non voglio mettere la tua
vita in pericolo.”
“Non sono
una donnetta indifesa da dover proteggere Sam! So come si usa
un’arma da fuoco.”
Sam ammirò
la sua tenacia, ma non aveva nessuna intenzione di portarla con
sé. Non avrebbe
mai permesso che le succedesse qualcosa e non poteva rischiare di
mandare tutto
a puttane per salvarla, mentre un demone cercava di ucciderla. Aveva
bisogno di
focalizzare l’attenzione solo su sé stesso e
quello che stava facendo, senza doversi
preoccupare dell’incolumità di un’altra
persona.
“Sam…” La
donna ricominciò a parlare per convincerlo.
“Mi aiuterai
di più rimanendo qui, Jody.” La interruppe subito
il ragazzo. “Ho bisogno che
tu scopra tutto quello che puoi sul Purgatorio e sulle Tavole. Forse ci
è
sfuggito qualcosa e forse, tra i libri della biblioteca di mio nonno,
c’è
qualcosa che ci può essere d’aiuto.”
Jody non
voleva che andasse da solo e nessuno le toglieva dalla testa che, in
quel
momento, la stabilità emotiva di Sam, fosse appesa ad un
filo. Credeva
fermamente che le capacità di giudizio del ragazzo fossero
decisamente
alterate… come farsi un giro della morte, sulle montagne
russe.
“Sam…
posso esserti d’aiuto se me lo permetti.
Non puoi farlo da solo, mi capisci? Ti farai
ammazzare…”
Lo guardò
negli occhi, cercando di persuaderlo in un ultimo disperato tentativo.
Sam sostenne
il suo sguardo. “Mi dispiace Jody, ma… non posso
mettere in pericolo la vita di
altri, per salvare quella di mio fratello. E’ una cosa che
devo fare io.”
Lei si rese
conto di quale fosse la reale preoccupazione del ragazzo e,
paradossalmente,
capì di riuscire perfettamente a comprendere le sue ragioni.
Alla fine cedette,
consapevole che non avrebbe potuto convincerlo a cambiare idea.
Quest’ultimo
sorrise, quando si accorse di averla spuntata. “E poi, ne ho
una sola di queste!”
Disse, voltandosi verso la sacca che stava preparando ed estraendo una
Colt.
Jody osservò
l’arma, incuriosita. Conosceva quel tipo di pistola, ma non
ne aveva mai vista
una con decorazioni e scritte come quelle.
“Con questa
posso uccidere qualsiasi demone, perfino Crowley.” Sam
carezzò la canna, passando
le dita sulla scritta che vi era incisa sopra. Non c’era
bisogno di leggerla,
conosceva le parole a memoria.
‘Non Timebo
Mala’, non temerai alcun male. Sorrise di nuovo, con maggior
sicurezza.
Quella
pistola era legata alla sua famiglia da molto tempo ormai ed era
l’unica cosa,
a parte il coltello di Ruby, in grado di uccidere qualsiasi demone su
cui fosse
riuscito a mettere le mani, prima che questi potessero avvisare
Crowley, che stava
cercando il Profeta.
“È una
pistola diversa dalle altre quindi?” Lo sceriffo la
guardò affascinata.
“Si
decisamente. Con questa sarò in grado di proteggermi e di
ottenere le
informazioni di cui abbiamo bisogno.”
Lei parve
scettica, ma poi sembrò convincersi. “Ok, quindi
questo significa che io dovrò
aspettare qui…” Si mise le mani sui fianchi e si
guardò intorno, indecisa su
cosa fare. Non le piaceva… non le piaceva per niente.
“Puoi darmi
una mano facendo quelle ricerche… ” La
incoraggiò lui, titubante.
“Ho il
sospetto di non avere molta scelta, vero Winchester?” Fece
una mezza smorfia, sospirando
e si voltò di nuovo verso Sam. “Vedi di fare in
fretta! E magari di non farti
ammazzare!”
Sam sorrise,
sembrava che quella fosse diventata una frase ricorrente nelle ultime
ore.
“Mi farò
vivo presto.”
“Sam?” Jody
lo trattenne per un braccio, proprio mentre stava aprendo lo sportello
dell’auto.
“Come lo
sapevi?” Gli chiese, decisa. “Come sapevi che Dean
era ancora vivo?”
Lo guardò
negli occhi, come in attesa di una risposta, che probabilmente
già intuiva da
sola.
“Insomma...
quando mi hai chiamata e mi hai raccontato cosa vi era successo, devo
confessarti che... personalmente… credevo fossero morti
entrambi, Sam. Ma tu
non ti davi per vinto, non dormivi, non mangiavi, cercavi e cercavi,
dando per
scontato che fosse vivo... Come facevi ad esserne sicuro?”
“Non lo ero...”
rispose lui, incerto.
‘Solo che
non poteva... non poteva essere morto.’ Avrebbe voluto
aggiungere, ma non lo
disse, non avrebbe saputo come spiegarle che semplicemente non poteva
sopportare di pensare il contrario.
Distolse lo
sguardo, fissandolo nuovamente sulla pistola che aveva in mano.
Ricordò quel
dolore, che sentiva bruciare e schiacciargli il cuore, da quando Dean
era
scomparso. E lo percepì affievolirsi gradualmente, schermato
dalla nuova
speranza, regalatagli dall’incontro con Castiel.
Questa volta
avrebbe salvato suo fratello o sarebbe morto provandoci.
Perché se
avesse fallito, il suo cuore avrebbe smesso di battere assieme a quello
di
Dean.
“Lo sentivo,
Jody...” continuò, tornando a guardare lo
sceriffo. La luce, che lei vide
accendersi nei suoi occhi, in quel momento, sembrò
rassicurarla un poco. Si
rese conto di non vederla da tanto tempo e questo la rese
improvvisamente più
serena, anche se preoccupata da morire.
Sam aprì la
portiera e salì in macchina, accendendo il motore e
salutandola un’ultima volta,
con un sorriso sicuro, dipinto sul volto.
“Sai,
forse... forse era Castiel a dirmelo.”
Mentre lo osservava
allontanarsi e sentiva il rombo dell’Impala farsi sempre
più lontano, Jody
sperò che questo angelo Castiel, potesse parlare anche a
lei... per assicurarle
che Sam e Dean, sarebbero tornati sani e salvi.
N.d.A.
Ele106: va
beh, non lo dico neanche più...
Thinias: no,
no, dillo Ele! Fa sempre bene essere precisi. Su, su!
Ele106
*guarda male thinny*: scusate il ritardo, come sempre colpa mia... XD
*arrossisce e si porta la Colt al petto, sul cuore*
Thinias: ma
vaff....
Ele106
*fugge*
Thinias: *la
riacchiappa al volo* dove scappi abbiamo delle note da
scrivere…
Ringraziamo
davvero di cuore tutti voi che avete la pazienza di seguire la nostra
storia.
Sappiamo che l’attesa è sempre snervante, ma siamo
in due (una delle quali,
cronicamente lenta) e cerchiamo il più possibile di non
farci prendere dalla
fretta e dall’ansia di pubblicare. Piuttosto di continuare a
mantenerci fedeli
e sviluppare al meglio quello che abbiamo in mente. La passione per
quello che
stiamo costruendo è sempre tanta e abbiamo pure in mente...
incontri
inaspettati!
Un abraccio
forte a tutti e a presto... speriamo!
Thinias:
vero, Ele?
Ele106: *è
fuggita*
Thinias:
*sbuffa* vabbè vi aspettiamo alla prossima ;)
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1140653
|