Rise & Shine

di thiniel106
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Soli ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Luci e Ombre ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Speranza e Coraggio ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Mostri dal Passato ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - La Forza di Proseguire ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI - Un problema alla volta ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII - Legame ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Soli ***


Titolo Fan Fiction: RISE AND SHINE - they will be together again
Autore: Thiniel106
Pairings: nessuno
Rating: arancione

Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester, Castiel, Jody Mills, Crowley 
Warning: – angst, avventura, azione.
Spoiler: settima stagione
Timeline: fine settima stagione, ipotetica ottava
Conteggio parole:
Disclaimer: i protagonisti sono personaggi di SPN, non ci appartengono, questa è una storia di pura invenzione, le autrici scrivono senza alcuno scopo di lucro e non intendono violare alcun copyright.
Note: Primo esperimento per entrambe di una fanfic scritta a quattro mani, abbiate pietà di noi, ci stiamo mettendo tutto l’impegno possibile per cercare di non fare una porcata XD

Se vi piace quello che abbiamo scritto questi sono i nostri account singoli dove potete trovare le altre cose che abbiamo pubblicato
account Thinias
account ELE106

 
Trama: Dick Roman è stato sconfitto, ma questo ha richiesto il pagamento di un prezzo molto alto. Sam è rimasto solo sulla terra, Dean e Cass sono bloccati in purgatorio, uno non sa dove sono gli altri e viceversa. Sembra che l’unico vero vincitore sia Crowley, che è riuscito ad ottenere quello che voleva, eliminare il problema dei leviatani e liberarsi in un colpo solo dell’angelo che lo aveva tradito e soprattutto di Dean Winchester. Il legame che lega i fratelli però resta forte e Sam non si arrenderà davanti a nulla pur di riavere suo fratello con sé. Seppur separati, aiutati da Castiel, faranno il possibile per riunirsi, sperando che l’impresa non si riveli fuori dalla loro portata.
 
 
Capitolo I - SOLI
 
Sioux Falls, South Dakota.
 
Jody Mills lo capì immediatamente.
Il giorno in cui incontrò i Winchester per la prima volta, capì che avere a che fare con loro avrebbe portato guai.
E non guai normali … ma soprannaturali.
Di quelli che, se ti va bene, finisci i tuoi giorni annegando nell’alcool o internato in una struttura psichiatrica, blaterando di demoni e fantasmi o entrambe le cose.
 
Mentre preparava il suo pickup, caricando sul retro ogni possibile armamento fosse riuscita a recuperare in centrale, rifletté per un attimo sulla possibilità di mandare il suo istinto a quel paese e continuare il suo lavoro di sceriffo, senza curarsi di certi dettagli.
Nelle ultime quarantotto ore le erano piombati addosso un paio di decessi che definire truci e orridi era un eufemismo.
Corpi dilaniati e smembrati, lasciati al sole ad arrostire e puzzare, senza che il colpevole avesse nemmeno tentato di occultarli in qualche modo.
 
Che ci fosse qualcosa di poco ‘normale’ fu più che un semplice sospetto per lo sceriffo, da subito.
Lei stessa aveva rimosso dai corpi piccolissime quantità di un liquido viscido e nero, che le aveva riportato immediatamente alla memoria l’ultimo ‘raduno Winchester-Singer’ al quale aveva partecipato.
Leviatani.
Bobby e i ragazzi le avevano spiegato qualcosa, anche se non nel dettaglio.
Jody sapeva che erano pericolosi. Mostri che si nutrivano di carne umana, tra i più spietati e feroci che i ragazzi avessero mai affrontato.
C‘era qualcosa che non andava però, perché le avevano detto che agivano con molta discrezione, tenendo un basso profilo e agendo nell’ombra. Eppure quello che aveva visto era tutt’altro che discreto.
Capì che qualcosa non tornava.
 
Per due giorni interi non fece che maledire la segreteria di Dean Winchester, il quale sembrava essersi scordato del numero per le emergenze che le avevano dato.
Provò più volte anche col numero che sapeva essere di Sam, senza successo.
Non rispondevano.
Scientifica e Dipartimento di Polizia, le fiatavano sul collo per avere notizie fresche sugli sviluppi delle indagini e presto, alla preoccupazione per il proprio futuro lavorativo, si unì la paura che ai ragazzi fosse davvero successo qualcosa di grave.
Proprio quando le sembrò che i suoi poveri nervi, già abbastanza provati, fossero giunti al culmine della sopportazione, Jody ricevette un sms dal numero di Sam, con scritto solo un indirizzo e un ‘Vieni subito’, che non lasciava spazio ad interpretazioni. Trasudava urgenza da tutte le parti.
 
I suoi timori divennero reali e seppe con certezza che era c’erano problemi seri in vista.
Senza rifletterci un istante, la donna fece quanto in suo potere per partire il prima possibile e raggiungere l’indirizzo indicato.
Saltò sul suo pickup e si mise in viaggio. Le ci volle un intero giorno, senza soste, accompagnato da una pioggia torrenziale che sembrava voler sommergere l’intero Stato ed esasperare quel senso di inquietudine ed angoscia, che già pervadeva ogni cellula del suo corpo.
Arrivò in tarda serata.
Aveva già incontrato i ragazzi nei luoghi più strani, ma non era preparata all’enorme edificio fatiscente che si trovò di fronte. Sembrava isolato e apparentemente abbandonato.
 
Mentre la pioggia scendeva ancora incessante, scese dal pickup riparandosi col suo giaccone e raggiunse il portone d’ingresso a grandi falcate, maledicendo il cielo e la pozzanghera appena centrata, che la inzuppò fino alle ginocchia.
Bussò insistentemente per qualche minuto, l’ansia che cresceva ad ogni istante. Aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato, che fosse successo qualcosa di grave, non si spiegava il perché di tanto mistero.
“Ragazzi?” Urlò, esasperata.
Quando finalmente il portone si aprì, non riuscì a vedere all’interno, solo un riquadro di oscurità oltre il quale lo sguardo non riusciva a penetrare. Un braccio sbucò dall’ombra tirandola dentro con forza.
Con un gemito di sorpresa si lasciò trascinare all’interno e Sam Winchester le si parò di fronte.
Infreddolita e al buio, Jody non si curò subito di lui e gli diede le spalle, scrollandosi di dosso il giaccone fradicio.
 
“Era ora!” esclamò, cercando di asciugarsi i capelli come poteva, legandoli poi malamente con un fermacoda.
“Ragazzi, non vi potete comportare così! Lo sapete cosa mi avete fatto passare? Non ho vostre notizie da giorni e ….” si interruppe quando finalmente guardò Sam.
La osservava a pochi passi di distanza. Sul suo volto un’espressione tirata e quasi sofferente.
Le labbra erano piegate in una smorfia di confusione, mista a tormento e sconforto, ma fu quello che lesse nei suoi occhi a gelarle il sangue nelle vene.
Profonde occhiaie ne accentuavano il contorno, erano scavati, stanchi e colmi di una pena che era dolorosa anche solo da vedere.
 “Mi dispiace Jody …”
Sentì che la voce gli tremava, nonostante sussurrasse appena.
“Io … io non avrei voluto. Non avrei voluto coinvolgerti ma …” il ragazzo non riuscì a sostenere oltre il suo sguardo.
“Sam, ma che succede?” lo interruppe lei.
Solo in quel momento si rese conto che qualcosa … o meglio, che qualcuno mancava all’appello.
 
La preoccupazione che l’aveva accompagnata per tutto il viaggio tornò prepotente a farsi sentire, riducendo il suo stomaco alla dimensione di una noce.
“Dov’è Dean?” nella sua voce si leggeva l’incertezza, mista alla paura che stava provando in quel momento.
A quella domanda, Sam alzò lo sguardo dal pavimento, puntandolo su di lei.
I suoi occhi erano esausti e lucidi e la pena sembrava essersi fatta ancora più grande. Jody tremò, sentendo improvvisamente freddo, quando credette, per un secondo, che fosse successo il peggio e che il maggiore dei ragazzi fosse davvero morto.
“L’ho perso, Jody … non so dove sia! Potrebbe … Potrebbe essere … Aiutami, ti prego …” quella di Sam fu una preghiera disperata, che lasciò lo sceriffo impietrita davanti a lui e a quello che poteva significare.
 
 
*****
 
Purgatorio
 
“Svegliati!”
Dean aprì gli occhi lentamente, richiamato alla realtà da quella che riconobbe subito come la voce di Castiel.
Avvertì il suo corpo stranamente pesante, come se si trovasse in un’atmosfera aliena.
Un odore disgustoso, che non riconobbe, gli penetrò nelle narici, talmente forte da arrivare con prepotenza ad attivare gli altri sensi, mettendolo in allerta.
 
Quando finalmente riuscì a focalizzare l’angelo alle sue spalle, si sentì in parte rassicurato dalla sua presenza e dall’espressione famigliare, seppure indecifrabile, del suo volto.
Dean cercò di alzarsi facendo leva con le braccia, era indolenzito e spaesato, come quando si rinviene da un brutto colpo alla testa.
Ancora confuso e stordito, diede una rapida occhiata in giro, senza riuscire a capire dove si trovasse, ma avvertendo istintivamente una forte sensazione di pericolo.
Sembrava fossero in una foresta.
Il luogo era decisamente lugubre e spettrale.
Era notte e non seppe dire quanto tempo fosse rimasto privo di sensi.
Ricordò che era giorno quando erano entrati alla Sucrocorp.
 
“Bene.” disse Castiel, vedendo che Dean era di nuovo cosciente
“Dobbiamo uscire di qui”, continuò l’angelo.
Nonostante il tono monocorde, Dean riuscì a percepire la tensione nella sua voce.
“Dove siamo?” chiese.
“Non lo sai?”
L’angelo lo guardò sorpreso, come se la risposta alla sua domanda fosse ovvia e si meravigliò non poco del fatto che il cacciatore sembrava non essere arrivato subito alle sue stesse conclusioni.
Dean cercò di focalizzare la mente sull’ultima cosa che ricordava.
“Ricordo solo che abbiamo fatto fuori Dick, dannazione! Che è successo?”
“E dove potrebbe essere andato dopo la morte?” rispose Castiel, con tono accondiscendente.
 
A Dean sembrò di aver preso un pugno in faccia, mentre nella sua mente prendeva rapidamente forma la comprensione della terrificante verità.
“Aspetta! Mi stai dicendo …” .
L’angelo spostò velocemente lo sguardo tra gli alberi che li circondavano, quando nell’ombra sentì rumori e fruscii che sembravano avvicinarsi sempre di più.
“Ogni anima qui, appartiene ad un mostro. È qui che giungono per darsi la caccia l’un l’altro per l’eternità”.
 
Solo allora anche Dean si accorse che non erano soli.
Il brusio indistinto che li circondava, divenne ben preso uno spaventoso crescere di orridi versi, che si facevano sempre più vicini e minacciosi.
Gli parve quasi di distinguere delle voci, nonostante il loro suono fosse distorto.
Mormorii soffocati e indistinti come una sorta di litania, facevano da sottofondo a quei versi … non seppe riconoscerne l’origine, ma lo terrorizzarono a morte.
 
“Siamo in Purgatorio?” chiese con voce incerta “…e come usciamo da qui?!”
Sentì la paura serpeggiare lungo la sua spina dorsale.
Castiel continuava a guardarsi intorno, ben conscio della pericolosità e delle intenzioni delle creature che si muovevano tra le ombre intorno a loro.
“Temo di non saperlo. Probabilmente finiremo fatti a pezzi”.
Il tono dell’angelo rimase neutro e questo fece innervosire ancora di più il cacciatore.
Dean non seppe come reagire, si sentiva vulnerabile ed esposto in quel luogo.
Un rumore di rami spezzati lo fece voltare di scatto in quella direzione. Si guardò intorno e poté vedere le mostruose creature tra la vegetazione, con occhi rossi che lo osservavano famelici.
Quegli esseri presero a girargli intorno, come grossi felini che fiutano la preda, riconoscendo l’odore della paura.
E dannazione, Dean cominciava davvero a farsela sotto.
“Cass … credo che dovremmo subito …”
La frase gli morì in gola. Quando si rigirò e si accorse che l’angelo era sparito.
 
“Cass?!”
Dean non si fidò a chiamarlo a piena voce, avendo paura di provocare in qualche modo gli esseri che in quel momento lo stavano circondando.
Cercò di muoversi il meno possibile, spostando lo sguardo intorno a sé, intuendo di essere in trappola e capendo con certezza come si dovesse sentire un animale circondato da un branco di lupi famelici.
Era sotto shock.
Non riusciva quasi a crederci. Cass lo aveva lasciato solo! Dove diavolo era andato? Maledetto angelo ...
Pensò che fosse scappato per sfuggire al combattimento, ancora preda di quello squilibrio che lo aveva colto da quando aveva deviato le allucinazioni di Sam.
Si impose di non pensare all’angelo.
Di non pensare alla paura che, fredda come il ghiaccio, percorreva le sue vene.
Poi l’istinto prese il sopravvento.
Se doveva morire, avrebbe portato qualcuno di quei mostri con sé.
 
Infilò una mano nella tasca interna della giacca e chiuse le dita intorno alla solidità rassicurante del coltello di Ruby.
Il manico ben saldo in mano, estrasse l’arma, sperando che almeno fosse in grado di contrastare qualcuna di quelle creature prima che lo facessero a pezzi.
Quegli esseri cominciarono a girare in cerchio intorno a lui, in spirali sempre più strette, forti della loro superiorità numerica e della posizione di vulnerabilità in cui Dean si trovava. Sembravano quasi giocare con lui e con la sua paura.
Dean irrigidì i muscoli della schiena, stringendo più saldamente il coltello.
Era immobile, si guardava intorno con la coda dell’occhio, cercando di indovinare da che parte sarebbe arrivato il primo attacco. Sentiva un formicolio alla base del collo che gli diceva che il momento era sempre più vicino.
 
Mano a mano che si avvicinavano riuscì a vedere meglio quelle creature, gli ricordavano grossi felini neri, con gli occhi rossi come quelli di molti dei demoni che aveva visto. Rossi come quelli dei cerberi che avevano dilaniato le sua carni e lo avevano spedito all’inferno.
Un brivido d’orrore percorse la sua anima a quel ricordo.
“Odio quelle dannate bestie schifose” disse fra i denti.
Ne aveva contati circa una decina. Dean piegò le ginocchia, pronto a scattare per affrontare il primo attacco.
Percepì il momento esatto in cui uno di loro stava per spiccare un balzo contro di lui.
Fu solo un secondo, durante il quale fece in tempo a credersi già morto, poi un’ombra  più grande delle altre aggredì il mostro che stava per attaccarlo, sbalzandolo lontano e avventandosi su di esso.
Sentì una serie di mostruosi guaiti.
Il nuovo arrivato era feroce, un ammasso di muscoli poderosi, grosso quasi il doppio degli altri, aveva lo stesso aspetto ferino, ma era decisamente più minaccioso.
 
Dean rimase spiazzato e quasi incredulo di essere ancora vivo “che diavolo ...?”
Le altre bestie intorno a lui parvero arretrare leggermente, lasciando uno spazio maggiore al più grosso, che di nuovo focalizzato su di lui, si era lasciato dietro il cadavere dilaniato della bestia che solo un attimo prima aveva cercato di ammazzarlo.
“Bene … il boss è in città!” disse Dean, piegando le labbra in un mezzo sorriso che non aveva nulla di divertente.
Non era finita.
Le intenzioni di quello che evidentemente era il capobranco, non potevano essere fraintese, gli altri stavano semplicemente lasciando campo libero, dopo la dimostrazione di superiorità appena data.
La preda era sua.
 “Cos’è? Il privilegio di affondare i denti nelle mie carni soffici spetta al capo?” il ragazzo sputò quella frase intrisa di sarcasmo.
“Beh, vieni a prendertele allora! Basta giocare!”
 
Dean lanciò occhiate frenetiche intorno a sé, in cerca di una via d’uscita che non vedeva.
“Cass!  Questo sarebbe decisamente un buon momento per smetterla di fare il bambino impaurito e venire a darmi una mano!”.
Lo disse tra i denti, quasi pregando, preparandosi a subire l’attacco del mostro che aveva di fronte.
Osservò l’essere giragli intorno come per studiarlo, poteva sentire la forza e l’aura maligna che trasmetteva.
“Andiamo!!”. 
Urlò Dean, portando il coltello davanti a sé.
“Andiamo, fatti avanti!”.
 
Lo vide fermarsi di scatto e in una frazione di secondo, spiccare un balzo verso di lui.
Gli sembrò che la scena si svolgesse al rallentatore, mentre la mole della bestia, quasi il doppio della sua, lo sovrastava coprendogli interamente la visuale.
 
Nell’attimo in cui lo vide avventarsi su di lui, lo scorrere del tempo parve rallentare, i particolari divennero estremamente vividi. Sentì il cuore aumentare il ritmo dei suoi battiti e il sangue pompare più velocemente nelle vene, i sui muscoli si irrigidirono preparandosi all’impatto.
Con quel mostro ormai addosso e il suo olezzo sul collo, Dean imprecò e, digrignando i denti, chiuse gli occhi d’istinto, arreso alla fine imminente.
Poi tutto scomparve.
Nessun orrendo verso o ringhio. Nessun lugubre mormorio nelle orecchie.
Riaprì gli occhi, confuso e titubante, mentre le sue gambe rischiavano di cedere sotto il peso del terrore appena provato.
Si trovò davanti ad uno scenario diverso.
 
La foresta aveva lasciato il posto ad una radura sopraelevata.
Fece appena in tempo a rendersi conto di trovarsi su una collina, quando sentì il lieve tocco di una mano che lasciava la sua spalla.
Si voltò, Castiel era di fianco a lui, con l’espressione più neutra che gli avesse mai visto.
“Dio santo Cass!”
Si concesse finalmente di lasciar andare il respiro che aveva trattenuto fino al quel momento.
Tirò un lungo sospiro di sollievo prima di infuriarsi con l’angelo.
“Dove diavolo eri sparito?!” gli urlò in faccia, un attimo prima di accorgersi del rivolo di sangue che gli colava dal naso e di vederlo barcollare pericolosamente.
Si sporse subito verso di lui e lo agguantò al volo, prima che cadesse a terra sfinito.
 
“Che diavolo … Cass?!”
Riuscì a frenare la sua caduta solo in parte, finendo per farsi trascinare a terra con lui.
Castiel era davvero molto pallido e Dean si accorse che c’erano tracce di sangue anche ai lati della bocca.
“Cass….Cass!”
 Dean lo chiamò più volte, ma l’angelo era evidentemente svenuto.
Per un attimo pensò che fosse stato ferito da quelle bestie mentre cercava di portarlo in salvo, ma da un controllo sommario, sembrava che l’altro non avesse ferite superficiali.
“Ok amico, va tutto bene …”
Disse, quasi più per calmare sé stesso.
“Va tutto bene” ripeté, con un filo di voce, guardandosi intorno e cercando di fare ordine nel delirio dei propri pensieri.
Il suo sguardo tradiva tutta la sua preoccupazione.
Come diavolo avrebbero fatto ad uscire da lì?
 
Stordito e confuso dagli ultimi avvenimenti, con le immagini di quello che aveva appena vissuto ancora davanti agli occhi e il sibilo di quelle creature nelle orecchie, mille domande e altrettanti pensieri gli affollavano la mente.
Uno solo si fece largo prepotentemente tra di essi e gridò con forza dentro di lui.
Sam?
Dean si guardò intorno, l’angelo ancora accasciato tra le sue braccia, la paura era tornata con violenza ad assalirlo, stringendo le dita ossute intorno al suo cuore.
 
Dovè Sam? Cosa gli è successo?


N.d.A.

Il primo capitolo è andato *tirano un sospirone di sollievo*
Speriamo che la storia vi abbia intrigato almeno un pò 
*ELE106 si mangia compulsivamente le unghie - Thinias trattiene il respiro*

La storia che abbiamo in mente è abbastanza lunga e probabilmente vi terremo compagnia per un pò ^^ (no no tranquilli non è una minaccia -.-)
Per favore lasciateci un commento, così possiamo capire se tornare a rinchiuderci nel nostro angolino e fare finta che questo non sia mai accaduto oppure, sperando che il vostro giudizio sia positivo, tornare alle nostre tastiere e continuare a battere sui tasti per fare uscire altre idee malasane dalle nostre testoline.
Grazie a tutti per aver letto questo capitolo!

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Luci e Ombre ***


Capitolo II – LUCI E OMBRE
 
Rifugio Campbell
 
Sam fissava quel dannato caffè solubile, mentre il gorgoglio dell’ebollizione si faceva sempre più insistente, da troppo tempo ormai, perché potesse sembrare semplicemente sovrappensiero.
Era sofferente e stanco.
Le mani erano aggrappate a quel tavolino sgangherato, sopra il quale era appoggiato il bollitore, come a sostenere il peso di tutte le cose che si era tenuto dentro.
Durante i due giorni in cui era rimasto solo, aveva arginato, dietro una fragile diga di autocontrollo, tutte quelle emozioni e quelle paure, per rovesciarle addosso allo sceriffo Mills, solo pochi istanti prima.
Raccontandole di come fosse pian piano scivolato nel panico più totale, mentre prendeva coscienza del fatto di essere rimasto senza mezzi ed aiuti. Senza la benché minima traccia da seguire, senza opzioni o indizi ai quali appigliarsi.
Solo.
Completamente in balia degli eventi che aveva contribuito a mettere in moto, ma sui quali non aveva più alcun controllo.
Si sentiva inghiottire rapidamente in un buco nero di angoscia e domande senza risposta, con mille dubbi che gli attanagliavano l’anima, fomentati dall’incertezza di non sapere cosa fosse successo in realtà.
 
Crowley aveva giocato sporco e aveva vinto su tutti i fronti. Le dita artigliarono il legno con rabbia, sbiancando a causa della pressione che stava esercitando. 
Che volesse semplicemente levarsi tutti dai piedi, con un colpo solo, o che avesse altri piani in mente per il futuro, ormai a Sam non importava. Crowley aveva ottenuto quello che si era prefissato.
E un unico pensiero ossessionava la mente del ragazzo: voleva disperatamente ritrovare suo fratello.
 
Dopo aver tentato invano di far parlare qualcuno dei leviatani rimasti, cani sciolti, feroci, famelici e senza più un capo a cui obbedire, Sam era tornato nell’unico posto sicuro che conosceva, ovvero il deposito di suo nonno Samuel, con la sua biblioteca sotterranea. Dopo la casa di Bobby, ormai andata in fumo, quello era l’unico luogo dove poteva sperare di trovare delle informazioni utili.
 
Sam parve cedere per un attimo, i muscoli delle braccia rigidi come quelli della schiena e la testa abbandonata in avanti, in un gesto di sconforto che non riuscì a controllare.
Due stramaledetti giorni.
Due giorni interi, senza nemmeno sapere se Dean fosse …. No, non riusciva nemmeno a pensarlo.
Gli sembrava di impazzire ... se mai non lo fosse già, senza essersene davvero reso conto.
Rialzò la testa e fissò il vuoto di fronte a lui, ciocche di capelli scivolarono via dal volto.
In quel momento, solo uno scaffale di libri accatastati male lo separava e lo nascondeva dallo sceriffo, che lo attendeva ansiosa … e non certo per il caffè.
 
L’aveva chiamata e lei era andata da lui senza esitare, eppure lui non le aveva confidato tutto.
Si sentì in colpa, ma come poteva dirglielo? Come poteva dirle cosa era davvero successo a Bobby?
Si passò una mano sul viso, sentendo sotto le dita la ruvidezza della barba che aveva lasciato crescere.
L’immagine straziante del fantasma di quello che era stato come un padre per lui, che bruciava e si dissolveva nel nulla,  gli passò davanti agli occhi.
No, non lo avrebbe fatto. Era già stato ingiusto coinvolgerla in tutto questo, mettendola in pericolo, chiedendole di aiutarlo, non poteva volontariamente darle anche quel dolore. Non sarebbe servito a nulla. Sam aveva la sensazione che la donna fosse stata legata a Bobby più di quanto lui e Dean non avessero immaginato.
Chiuse gli occhi per scacciare l’immagine del vecchio cacciatore e cercare di riprendere il controllo, ma d’improvviso altre immagini si sostituirono a quella e lo costrinsero a riaprirli di scatto, deglutendo a fatica.
C'era un’altra cosa di cui non le aveva parlato.
Non le aveva detto delle sue condizioni e non le aveva detto nemmeno degli attacchi psicotici e delle allucinazioni, dai quali Castiel lo aveva miracolosamente guarito.
 
Non seppe dire esattamente perché … forse per paura.
Paura che il sospetto di stare impazzendo davvero e che, Jody stessa, finisse per crederlo pazzo, fosse più che una sensazione.
Paura che dirlo ad alta voce, avrebbe reso tutto reale.
Sam si guardò le mani: stringeva il tavolino così forte che le dita cominciarono a fargli male. Si costrinse a mollare la presa rilassando i muscoli, per quanto possibile.
Accadeva nei brevi istanti in cui la sua mente, sfinita e sottoposta a sforzi oltre il limite, si arrendeva alla stanchezza e smetteva di pensare.
Immagini veloci e confuse, accompagnate da suoni indistinti, ma talmente forti da essere assordanti, lo aggredivano all’improvviso, facendogli quasi mancare il respiro e perdere i sensi, o svegliandolo di soprassalto nei rari momenti in cui si appisolava.
Era tutto estremamente confuso, nulla di limpido o di comprensibile, che anche solo somigliasse al Lucifero che lo aveva tormentato per mesi.
 
All’inizio si era detto che dipendeva dalla mancanza di sonno e dalla stanchezza, ma quegli strani flash senza senso, erano iniziati proprio dopo la scomparsa di Castiel e di suo fratello.
E se ... via l’angelo, anche la magia o qualunque cosa fosse quello che aveva esercitato su di lui, si fosse esaurita? Se l’effetto di quello che gli aveva fatto, fosse cessato dopo la sua scomparsa, facendolo sprofondare lentamente ma inesorabilmente nella follia dei mesi precedenti?
Non si permise di alimentare quel pensiero, perché questo dava credito ad una verità che non poteva accettare: Cass e Dean erano morti?
“Sam!”
La voce della Mills che lo chiamava decisa, lo riscosse bruscamente dai suoi pensieri.
Scosse la testa, cercando di ricacciarli e soffocarli in un angolo della sua mente. Non voleva crederci. Non poteva …
Si voltò e raggiunse velocemente lo sceriffo.
 
Il polveroso magazzino, nel quale Sam l’aveva portata, era buio e umido e lei era ancora bagnata fino al midollo.
Gocce d’acqua piovana producevano un fastidioso ticchettio, che la rendeva ancor più nervosa.
C’erano libri accatastati ovunque e per un attimo le sembrò di trovarsi nell’incasinatissimo studio di Bobby.
Ebbe immediatamente nostalgia di quel posto, nonostante avesse sempre pensato che servisse un tocco femminile, rappresentava quell’uomo alla perfezione.
Un sorriso nostalgico comparve sul suo volto, al ricordo del vecchio cacciatore. Non voleva ammettere nemmeno a sé stessa quanto le mancava.
La donna si guardò intorno, cercando di focalizzarsi su un dettaglio alla volta e riflettere per bene su quanto aveva appena appreso, cercando di non farsi prendere da una sensazione più che comprensibile di panico.
 
Sam le aveva raccontato di Dick Roman e del piano per eliminarlo.
Le aveva detto del coinvolgimento di Crowley e di Castiel e che l’angelo loro amico, era sparito insieme a Dean subito dopo l’eliminazione del leviatano capo.
Le aveva rivelato i terrificanti piani di questi mostri per dominare il Pianeta.
Follia.
Se non avesse visto lei stessa qui mostri, le sarebbe sembrata tutta un’enorme follia.
 
Ma Dean era scomparso, Sam era sul punto di crollare e lei continuava ad avvertire, dentro di sé, la fastidiosa sensazione che il peggio dovesse ancora venire e che il ragazzo avesse volontariamente evitato di dirle qualcosa.
Non se ne curò molto in quel momento, troppo preoccupata per le condizioni di Sam, che sembrava davvero ad un passo dal cedimento psico-fisico.
 
Il ragazzo stava in piedi per miracolo, aveva la barba lunga e gli occhi arrossati. Jody non seppe dire se solo per la stanchezza o anche per il pianto.
Lo sceriffo sapeva quanto i ragazzi fossero legati e poteva solo immaginare cosa stesse passando il più giovane dei Winchester. Era forte, e lei lo sapeva, chiunque altro sarebbe crollato di fronte ad una cosa del genere, ma Sam ora era stanco e stava oltrepassando il limite.
Durante il suo racconto infatti, si era fermato spesso, portandosi le mani al volto e massaggiandosi le tempie con insistenza, preda probabilmente da un feroce mal di testa, dovuto alla disperazione e alla carenza di sonno.
 
Sam aveva parlato con frasi che a tratti erano sembrate sconnesse.
“Non sapevo più cosa fare Jody …  e-ero da solo. Ho passato gli ultimi due giorni a caccia di leviatani per cercare di farmi dire qualcosa. Loro avrebbero dovuto sapere … è stato inutile. Ho evocato quel bastardo di Crowley un centinaio di volte, ma niente! E alla fine ti ho chiamato, senza quasi rendermene conto … forse volevo un volto amico vicino … non so dov’è … Jody, non so se è ancora vivo …”
La donna aveva assistito allo sfogo del ragazzo senza intervenire, la stanchezza gli era penetrata nei nervi, impedendogli ormai di mantenerne il controllo.
Le mani nei capelli, Sam non era più riuscito a trattenere rabbia e frustrazione, e aveva sbattuto i pugni sul tavolino al quale erano seduti, l’uno di fronte all’altro.
Lei aveva preso al volo una tazza che vi era appoggiata sopra, prima che precipitasse sul pavimento.
“Calmati Sam!” Jody aveva cercato di usare un tono rassicurante.
“Quel figlio di puttana ci ha usati per levarsi dai piedi Roman. Lo sapeva! Sapeva che sarebbe successo questo, una volta compiuto il rituale …”
Tremava ancora e mai una volta l’aveva guardata negli occhi.
 
Lo sceriffo era certa che Sam non le stesse dicendo tutto.                                                
Sembrava riflettere ad alta voce, più che parlare con lei e non aveva avuto il cuore di insistere per fugare questi dubbi.
Solo pochi istanti dopo Sam si era alzato di scatto “Preparo un po’ di caffè” e si era allontanato senza aspettare una risposta. Nonostante le fosse evidente il malessere del ragazzo, lo aveva lasciato andare senza seguirlo.
 
Una volta rimasta sola, aveva cercato di ripercorrere ogni dettaglio del racconto, di visualizzare gli avvenimenti, come se fosse stata presente. Era il suo lavoro dopo tutto.
Non era diverso dal risolvere un caso. Si trattava sempre di indagini.
Ad un certo punto, quando il vortice dei pensieri si era fatto sempre più caotico e le era sembrato di non capirci più nulla, Jody era stata tentata, per un istante, di arrendersi all’evidenza: avevano perso.
Dean, insieme all’angelo Castiel, erano morti e loro due avrebbero dovuto tirarsi su le maniche e contenerne gli effetti collaterali.

Cominciò a guardare distrattamente tra la pila di libri che ingombravano gli scaffali e riconobbe alcuni dei volumi appartenuti a Bobby. Li aveva visti negli scatoloni che aveva portato a Sam, quando Dean era rimasto bloccato nel passato con Cronos.

Si immobilizzò all’improvviso, quando un’intuizione si fece largo nella sua mente.
Cronos era tornato nel passato trascinando con lui anche il maggiore dei Winchester …
E se … Jody si alzò di scatto dalla sedia e chiamò il ragazzo.
“Sam!”
 
Lui la raggiunse dopo un attimo, allarmato dall’urgenza che aveva percepito nel tono dello sceriffo.
“Che succede?” le chiese il giovane Winchester.
“Sam … Cronos!” era concitata “Non capisci?! Il rituale!”.
Lui rimase completamente spiazzato, non aveva idea di cosa stesse parlando.
Jody lo afferrò per le spalle “Se Roman è sparito, con quel maledetto incantesimo … e Dean è scomparso nello stesso momento  … forse, come con Cronos … forse anche Dean e Castiel … sono finiti nel luogo in cui è finito il leviatano!”.
 
Solo allora lo sceriffo si accorse che fuori aveva smesso di piovere.
Un debole raggio di sole, che penetrava attraverso il vetro dell’unica piccola finestrella in alto, illuminò il volto sgomento di Sam.
 
*****
 
Purgatorio
 
“Cass! Forza amico” Dean aveva ancora l’angelo accasciato addosso.
“Cass!” lo chiamò di nuovo, ma non si riprese.
Lo fece scivolare di lato adagiandolo sul terreno e mise il palmo della mano appena sotto il suo naso per assicurarsi che stesse ancora respirando.
Lasciò andare un sospiro di sollievo quando appurò che l’altro era solo svenuto.
Rimase inginocchiato vicino a lui, passandosi una mano sul volto e cercando di riorganizzare i pensieri.
Solo in quel momento cominciò a guardarsi intorno, improvvisamente conscio che, per quanto sembrassero soli e al sicuro, in quel luogo non potevano abbassare la guardia.
Il cielo era scuro, era ancora notte, o meglio sembrava di essere al crepuscolo. Dean non riusciva a vedere molto al di là di un paio di centinaia di metri, le ombre inghiottivano tutto il resto, in lontananza dei lampi squarciavano il cielo.
Gli sembrò di sentire di nuovo quei sussurri, versi che si ripetevano ad intervalli regolari e provenivano da luoghi sempre diversi.
Cominciò  pensare che fosse una sorta di richiamo, come quando un cane comincia ad abbaiare e un altro risponde in lontananza passando il messaggio.
 
Non riusciva a capire da dove provenissero, ma stabilì che almeno si trovavano a distanza di sicurezza.
Guardò di nuovo Castiel, non si era mai sentito così vulnerabile ed esposto, se fossero stati attaccati, dubitava di poter difendere sé stesso, figurarsi se poteva proteggere l’angelo svenuto.
Strinse tra le mani il pugnale di Ruby, cercando conforto nella solidità dell’arma.
Probabilmente non sarebbe servita a molto, ma almeno gli dava la sensazione di poter vendere cara la pelle.
Come diavolo avevano fatto a finire in quel luogo?
Pensò con terrore che probabilmente buona parte dei mostri che popolavano quel posto, ce li aveva spediti lui … e rabbrividì, sentendosi ancora più in pericolo.
Un rumore che sembrò essere particolarmente vicino lo fece trasalire, si irrigidì cercando di ascoltare per capire da dove provenisse.
Di nuovo il rumore, come uno schiocco di qualcosa che si spezza, guardò nella direzione da cui proveniva e un secondo dopo, il ramo di un albero contorto si spezzò, precipitando al suolo.
Dean emise un sospiro strozzato, rendendosi conto che aveva trattenuto il respiro fino a quel momento.
“Dannazione” imprecò.  
 
Cercò di calmarsi, pur rimanendo allerta.
Erano stati giocati, non riusciva a togliersi quella sensazione di dosso.
Dean aveva ancora davanti agli occhi il ghigno di Dick, subito prima che esplodesse.
Il bastardo rideva come se sapesse cosa sarebbe successo.
Il cacciatore si guardò i vestiti e si rese conto di non essere coperto da quella melma nera che i leviatani avevano al posto del sangue. Uno sguardo a Castiel gli fece appurare che nemmeno lui si era sporcato.
Come era possibile?
Cercò di ricostruire la sequenza degli eventi con cui avevano sconfitto Roman.
Ricordava esattamente l’attimo in cui aveva trafitto quel bastardo e il momento successivo in cui Sam era entrato nel laboratorio seguito da Kevin.
Erano molto vicini al leviatano, l’aria intorno a loro aveva cominciato a distorcersi, come se ondate di energia venissero emesse dal corpo di Roman, poi quest’ultimo era esploso.
Dean ricordava di essersi girato e aver alzato un braccio sopra la testa per proteggersi dall’esplosione.
Poi si era svegliato lì e Castiel era vicino a lui.
 
“Sam!”
Lo stomaco di Dean si contorse in una morsa dolora a quel pensiero.
Suo fratello era vicino a loro quando Dick era esploso, doveva essere lì anche lui.
Cercò disperatamente di ricordare cosa avesse visto in quegli ultimi istanti, se Sam fosse scomparso con loro o se fosse stato colpito dagli schizzi neri del sangue di Dick.
Aveva chiuso gli occhi quando il leviatano era esploso, dannazione non aveva guardato verso Sam, non aveva visto cosa gli fosse successo.
La paura serpeggiò infida nella sua mente.
Dov’era Sam? Perché non era con loro?
Possibile che fosse finito in un punto diverso del Purgatorio?
I suo occhi si dilatarono e il respiro si fece più veloce.
Sam era solo, da qualche parte in quel luogo dimenticato da Dio e popolato da mostri che si sbranavano l’un l’altro.
Guardò il pugnale che aveva in mano.
Era disarmato. Dovunque fosse Sam, era disarmato.
Chiuse gli occhi cercando di tenere a bada l’angoscia e la preoccupazione che lo stavano assalendo.
Un unico pensiero portato all’esasperazione, si fece strada sovrastando la paura: doveva trovarlo. Doveva trovare suo fratello a tutti i costi.
Si guardò di nuovo intorno non sapendo esattamente da dove cominciare.
 
Un altro rumore catturò la sua attenzione, si voltò di scatto verso la vegetazione circostante.
Dovevano spostarsi da lì, erano troppo esposti, doveva mettere al riparo Castiel e poi cercare Sam.
Doveva trovare il modo di uscire da lì.
Prese la sua decisione. Si alzò in piedi, afferrò il braccio di Castiel, si piegò sulle ginocchia e, tirando verso di sé il corpo inerme dell’angelo, se lo caricò in spalla.
Si diede una piccola spinta, per bilanciare meglio il peso del corpo dell’altro sulla schiena e cominciò a camminare.
 
Non sapeva bene che direzione prendere, decise che l’importante era continuare a spostarsi.
Sembrava che l’aria si fosse fatta più pesante da respirare, nelle narici cominciò a sentire un tanfo di morte, era difficile da ignorare.
Si mosse attraverso la vegetazione, nella poca luce che quel crepuscolo perpetuo regalava, continuando a guardarsi intorno, attento ad ogni rumore che arrivava dall’ambiente circostante, si affidò all’istinto e ai suoi sensi allerta per decidere la direzione da prendere.
Dean non ci mise molto a rendersi conto che procedere, col pennuto addosso, gli sarebbe stato più difficile del previsto.
Fargli riprendere i sensi era l’unico modo per uscirne vivi, se mai fossero riusciti ad uscire da lì…
Dopo una manciata di minuti, che gli parvero infiniti, individuò un’insenatura in una conformazione rocciosa.
Forse avrebbero potuto nascondersi lì, almeno per il tempo necessario a riprendersi.
Era esausto, le gambe avevano cominciato a bruciargli, i muscoli della schiena erano in fiamme e il respiro sempre più affannoso.
Arrancò verso l’apertura e vi scivolò dentro, fece solo pochi passi poi si accasciò a terra sfinito.
Cercò di adagiare delicatamente il corpo dell’angelo sulla ruvida e fredda roccia.
L’aria era cattiva e l’ossigeno rarefatto, come se si trovasse in montagna ad alta quota.
 
Faticò a regolarizzare il respiro, cominciò a tossire stringendo i denti per calmare gli spasmi, fino a che non ebbe un conato di vomito e finì per sputare bile in un angolo.
Gli sembrava di respirare aria velenosa, i polmoni gli bruciavano.
“Cas!” Provò nuovamente a chiamarlo, stavolta con voce incerta e arrochita. L’affanno tradiva tutta l’urgenza e la preoccupazione per le loro sorti.
Il cacciatore tossì di nuovo, forse quel luogo maledetto aveva effetti negativi su di lui e forse anche su Castiel. L’angelo era ancora privo di sensi, non rispondeva.
“Svegliati, dannato angelo!” urlò, afferrandolo per le spalle e strattonandolo bruscamente, “svegliati maledizione, dobbiamo trovare Sam! Cass!”
Immediatamente dopo aver pronunciato il nome di suo fratello, gli occhi dell’angelo si spalancarono improvvisamente.
“Sam!” Castiel scattò in posizione seduta, la schiena era rigida.

Dean si tirò indietro sorpreso, improvvisamente sollevato dal fatto che finalmente fosse rinvenuto, non ebbe il tempo di parlare che Castiel, gli afferrò i polsi come se stesse fermando un aggressore.
“Dean .. ?”
“Si Cass” sono io, tossì di nuovo.
L’angelo sembrò finalmente mettere a fuoco la figura del cacciatore e riconoscerlo. Era ancora visibilmente confuso e disorientato e strinse le mani intorno a polsi dell’altro con maggiore forza.
“Dean … dov’è Sam?”.
 
N.d.A
 
Ele106: Sammy dove sei?!?!? *piange* Dean, che fine hai fatto? *non ci capisce più niente e strizza la tazzina di carta del caffè, dal nervoso, schizzandoselo tutto addosso*
Thinias: U_U si ... siamo state cattive ... lo ammetto! XD
Ele106: come soffronooooooooooooooooooo ç_ç
Thinias: è necessario Ele ...
Ele106: mi sento in colpa, tu no? *si mangia di nuovo le unghie* Sei di pietra!!!
Thinias: *si volta di spalle, fingendo di non asciugarsi le lacrime* Ele contegno!! Abbiamo due fratelli da far riunire!!
Ele106: *con li occhi che brillano* nel sacro vincolo del wincest???
Thinias: ma vafff .....
 
È vero siamo state davvero cattive con I nostri fratellini, abbiamo immaginato l’angoscia in cui si trovano, separati, senza sapere nulla l’uno dell’altro, nemmeno se sono vivi. Per come sono stati divisi non sanno reciprocamente dove si trovano e come è d’obbligo per loro, il pensiero di un fratello va subito a preoccuparsi dell’altro.
Qui il brotherly love è molto importante, è quello che lega tutta la fanfic e quello su cui stiamo basando la storia (Thinias: *guarda male la sua socia* non il wincest Ele106, solo il brotherly love!), per cui portate pazienza, ma un pò di sana sofferenza per questi due non poteva mancare, non sarebbe SPN altrimenti.
Speriamo che la storia continui ad intrigarvi e che continuerete a seguirci anche nei prossimi capitoli.
Grazie per tutti i commenti che ci avete lasciato nel primo capitolo *sbaciucchiano le loro lettrici, stritolandole in un abbraccio*, li abbiamo apprezzati tantissimo.
Se vorrete vi aspettiamo al prossimo capitolo.

Ciauuuuz

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Speranza e Coraggio ***


Capitolo III – SPERANZA E CORAGGIO
 
Rifugio Campbell
 
“Sam!”
Lo sceriffo prese il ragazzo per le braccia e cercò di scuoterlo, era come se fissasse il vuoto di fronte a lui senza davvero riuscire a vedere.
Un secondo prima gli stava dicendo la sua idea di dove potesse essere Dean, un secondo dopo l’aveva visto mentre si bloccava e il suo sguardo si perdeva nel vuoto.
“Sam!” lo chiamò di nuovo, sempre più preoccupata.
Il giovane cacciatore sembrò riprendersi, scosse lievemente la testa e chiuse gli occhi, prima di riaprirli e guardare Jody. La mano destra era corsa a schiacciare la cicatrice sul palmo dell’altra mano.
La donna lo teneva ancora per le braccia.
“Sto bene.” disse per tranquillizzarla, anche se la sua voce risultò incerta.
“Certo e io sono Madre Teresa di Calcutta!” lo spinse all’indietro fino a che non lo fece sedere su una delle due sedie.
Lui guardava il pavimento, continuando a passare distrattamente il pollice sul palmo della mano sinistra.
Cosa diavolo erano quelle immagini?
Chiuse gli occhi di nuovo come per cercare di afferrare l’eco di quello che aveva visto.
Si, ma cosa aveva visto?
Si portò le dita alle tempie e cominciò a massaggiarle per cercare di tenere sotto controllo il principio di emicrania che sentiva spingere dietro gli occhi.
 
“Che diavolo è successo?” Jody catturò di nuovo la sua attenzione.
“Niente … sto bene.” Sam non voleva parlarle delle sue allucinazioni, aveva bisogno di rimanere concentrato su Dean e su quello che gli era successo, ma quelle immagini che aveva appena visto non sapeva come spiegarle.
Alberi contorti, oscurità, occhi rossi tra la vegetazione, non aveva nessun senso per lui.
Cercò di accantonare quel pensiero, non aveva tempo per distrarsi, doveva pensare a Dean.
“Cosa dicevi di Cronos?” disse rivolto alla donna.
“Cosa dicevi di cosa ti è successo?” gli rispose lei, guardandolo dall’alto in basso.
Sam sospirò, la donna non avrebbe mollato l’osso così facilmente.
“Sono solo stanco.” disse, passandosi una mano sul volto.
 
La Mills non faticava a credergli, sarebbe stato evidente anche ad un cieco che Sam era stanco, ma c’era qualcos’altro … ne era certa. Come era già successo in precedenza però, era sicura che se avesse spinto troppo non avrebbe ottenuto nulla da quel ragazzo.
Decise di stare al gioco e di aspettare un momento più propizio per capire cosa fosse successo.
“Dovresti dormire un po’.”
“Non adesso” Sam sospirò “dicevamo di Cronos? Forse hai ragione, potrebbe essere successa una cosa simile”.
 
“Dean era stato trascinato con Cronos nel passato, perché lo aveva afferrato prima che saltasse indietro nel tempo…” la Mills ragionò ad alta voce cercando di dare un senso logico alla sua intuizione.
“Forse Dick non è morto ed è semplicemente saltato da qualche altra parte. Forse ha portato tuo fratello con lui.”.
Sam in parte ascoltava lo sceriffo, in parte cercava di focalizzare i proprio pensieri.
“No, è morto, ne sono sicuro!” disse dopo un attimo “L’ho visto esplodere con i miei occhi, c’erano parti di lui sparse su tutti i muri”.
“Ti ricordi se Dean e Castiel lo stavano toccando?”
Sam alzò la testa “No, non mi sembra… Cass era alle spalle di Dick e Dean era di fronte, ma erano ad un paio di passi di distanza”.
 
Cercò di ricordare.
Chiuse gli occhi e cominciò a parlare, descrivendo quello che aveva visto.
“Dean aveva appena infilzato l’osso, bagnato col sangue dei caduti, nel collo di Roman. Entrambi, sia lui che Cass si sono tirati indietro. L’aria intorno a Dick ha cominciato come a pulsare, poi è esploso! Ho cercato di proteggere Kevin che era dietro di me e mi sono girato, volgendo la schiena all’esplosione. Quando mi sono voltato di nuovo, mio fratello e Castiel erano scomparsi e c’era melma nera ovunque”.
 
“Ok quindi è morto” la Mills cercava qualche particolare a cui aggrapparsi, ma non riuscì a pensare a nulla.
“Hei un momento!” qualcosa nel racconto l’aveva colpita “hai detto che l’aria ha cominciato a pulsare, cosa intendi?”.
Sam  riportò alla mente quell’immagine, “Era come una sorta di vibrazione nell’aria, che creava delle onde intono a lui. Come se venisse spostata da una forte pressione” si bloccò di nuovo.
I lineamenti del viso di Dick si formarono nella sua mente, un fermo immagine che gli ricordò il suo ghigno.
“Rideva!” si passò una mano tra i capelli, “Quel figlio di puttana stava ridendo. Guardava Dean negli occhi e rideva, come se sapesse qualcosa che noi non sapevamo, come se nonostante tutto sapesse di avere ancora un asso nella manica”.
“Sei sicuro? Sam può voler dire qualsiasi cosa …” Jody cercò di contenere la foga di Sam. A lei sembrava davvero un particolare molto labile a cui aggrapparsi e non voleva che il ragazzo si illudesse.
“Probabilmente non ha voluto darla vinta a tuo fratello fino all’ultimo”.
 
Sam si alzò dalla sedia in modo talmente veloce da farla andare a gambe all’aria.
Andò a frugare in un borsone che stava sul pavimento.
La Mills rimase indietro in attesa, aveva già assistito a situazioni del genere con Sam e con Bobby, spesso le loro intuizioni avevano portato a delle svolte decisive.
“Quel bastardo rideva” Sam continuava a ripeterlo tra i denti.   
Tirò fuori dalla borsa il quaderno dove Kevin aveva scritto la trascrizione della tavola di Metatron.
Cominciò a camminare avanti e indietro, mentre rileggeva quelle pagine per la milionesima volta, solo che ora sapeva cosa cercare.
 
“Eccolo!” disse con entusiasmo, una manciata di secondi dopo. Poi cominciò a leggere “Quando la testa verrà recisa, l’aria si muoverà e lo spazio dominato dall’acqua e dalla terra espellerà la sua essenza, ricacciandola nell’oblio.”
Sam alzò lo sguardo con aria trionfante, ma Jody non riuscì a fare altro che un’espressione smarrita
“Cosa diavolo vorrebbe dire?”.
“Che lo sapeva! L’oblio … Non capisci?” le parole dell’Alpha vampiro gli tornarono subito alla mente.
Dove finiscono i mostri quando muoiono?
“Roman sapeva che sarebbe tornato di nuovo in Purgatorio! Quel figlio di puttana sapeva che, una volta colpito, sarebbe stato spedito a calci da dove era venuto. Noi non abbiamo dato peso alle conseguenze, ci siamo focalizzati su come eliminarlo. Forse lui lo sapeva e sperava che se li sarebbe portati dietro”.
 
Sam parve fissarsi un momento come richiamando un ricordo…
Come aveva fatto a non pensarci? Richiamò alla memoria il momento immediatamente precedente all’esplosione del leviatano.
“Erano nel raggio d’azione di quello spostamento d’aria che ho visto! Tutto fremeva intorno a loro, come in una bolla, con al centro Dick Roman. Io e Kevin eravamo al di fuori di quella pulsazione. Maledizione li ha portati con lui!”.
Sam si appoggiò al muro che aveva alle spalle per reggersi.
“Li ha portati con lui …” ripeté in un sussurro “Dean e Castiel devono essere in Purgatorio”.
 
Una voragine si aprì nel cuore di Sam, che aveva ancora in mente la parole con cui veniva descritto il Purgatorio, nel libro che avevano trovato nella tana dei Draghi, l’anno precedente.
Se Dean era lì poteva essere già morto.
Si mise una mano davanti agli occhi e le immagini di suo fratello, braccato dalle anime dei mostri che abitavano quel luogo, gli affollarono la mente, sovrapponendosi a quelle che non era mai riuscito a dimenticare. Il petto di Dean squarciato dagli artigli del cerbero.
Le scacciò in fretta. Fino a che non avesse avuto prova della sua morte, avrebbe fatto tutto quello che poteva per cercare di riportarlo indietro.
Sperò con tutto il cuore che Castiel fosse davvero con suo fratello, quella poteva essere l’unica speranza di Dean di uscirne vivo.
 
*****
 
Purgatorio
 
“Cass … fermati … fermati un secondo.”
Dean si appoggiò malamente al tronco marcio, di una delle migliaia di piante intorno a sé, ormai sola ed unica costante di quel lugubre panorama.
Camminavano da parecchio, non avrebbe saputo dire quanto.
Era come se lo scorrere del tempo non lasciasse traccia. Il cielo non si schiariva mai, tranne quando lampi improvvisi e rumorosi, ne squarciavano i contorni. In certi momenti sembrava addirittura farsi più scuro e minaccioso.
 
Dean faticava a star dietro all’angelo, che procedeva senza sosta, sembrava sapesse esattamente dove andare.
“Maledizione” Imprecò tra i denti, cercando di riprendere fiato. L’aria era pesante, ogni respiro era difficile e non riuscì a trattenersi dal tossire di nuovo.
Castiel si fermò immediatamente dopo aver sentito il richiamo di Dean. Osservandolo, mentre tornava verso di lui, l’angelo si ricordò delle condizioni in cui era il cacciatore, quando si era ripreso in quella grotta. Dean non stava bene.
 
Non avevano avuto modo di rifugiarsi in quell’anfratto a lungo e non avevano nemmeno avuto modo di parlare.
Presto si erano resi conto che, ogni qual volta rimanevano fermi in un punto, anche solo per pochi minuti, i richiami delle bestie di quei luoghi divenivano sempre più vicini e sempre più aggressivi.
Una volta sveglio, Castiel aveva riconosciuto delle parole, tra quei versi. Una lingua arcaica, persa nel tempo, ma che in parte ricordava ancora.
Quelli che sentivano come mormorii, litanie e orribili versi, intorno a loro, erano in realtà segnali … primitive forme di comunicazione tra le spaventose creature che popolano questi luoghi, stavano velocemente spargendo la voce: Dean Winchester è qui.
 
Non lo disse al cacciatore. Non ancora …
Aveva risposto all’agitazione di quest’ultimo, che gli aveva chiesto immediatamente notizie di Sam.
Sam.
L’angelo si rabbuiò, al pensiero del ragazzo e di dove potesse essere finito. Solo e in pericolo.
Non era riuscito a trovarlo, ci aveva provato invano.
 
Aveva raccontato a Dean che, non appena si era svegliato in Purgatorio, si era reso immediatamente conto dell’assenza del più giovane dei Winchester. Aveva quindi atteso che anche Dean si riprendesse, accertandosi che fosse in buone condizioni di salute, per sparire in sua ricerca.
Una rapida ispezione, lo aveva convinto che Sam non poteva trovarsi in quel luogo.
 
Eppure … lo avvertiva. Avvertiva la sua presenza, come fosse lì con loro.
Avvertiva una morsa di confusione e spavento che gli bruciava nel petto, ogni volta che provava a concentrarsi su di lui, per cercarlo.
Si sentì impotente.
Aveva scacciato dalla sua mente i dubbi e le paure che lo avevano accompagnato fino a quel momento, durante il periodo in cui era stato semplicemente Emmanuel e dopo aver assorbito le allucinazioni di Sam.
Si era costretto a non pensarci, a non pensare alle colpe di cui si era macchiato e che avevano così ferocemente intaccato il suo essere e le sue convinzioni. Si era sforzato di accantonarli, senza lasciarsi vincere dall’impulso di rannicchiarsi in un angolo ed estraniarsi da tutto.
Una volta che si era reso conto di trovarsi in Purgatorio, c’erano questioni più importanti di cui preoccuparsi: trovare Sam. Salvarli. Portarli via da quel posto.
 
Già al primo spostamento, subito dopo aver svegliato Dean, aveva sentito la potenza della sua Grazia venir meno per un istante. Come se vi si fosse aperta una crepa. Era atterrato su quella collina, dove in seguito avrebbe portato il cacciatore, stremato e senza forze, con un forte dolore al petto e il sapore del sangue in bocca.
Dopo qualche secondo il dolore si era affievolito fino a che non ne era rimasto solo l’eco.
Si era passato una mano sulle labbra e aveva guardato in modo inespressivo le dita sporche di rosso.
Aveva cercato di concentrarsi e di riprendere il controllo dei propri poteri, ma sembravano non rispondergli a dovere. 
Aveva capito che un altro spostamento del genere, sarebbe potuto essere l’ultimo. Castiel aveva fatto l’unica cosa che poteva fare: era tornato da Dean e aveva utilizzato le sue ultime energie per portarli al sicuro, poi era svenuto.
 
Cass tornò al presente, lanciando un’occhiata a Dean. Era pallido e delle profonde ombre scure avevano fatto la loro comparsa sotto gli occhi. Quell’ambiente era chiaramente ostile e rendeva difficoltosa la respirazione ad entrambi.
Persino il suo corpo sembrava diventare più pesante ad ogni passo.
Il tramite che occupava l’angelo avvertiva gli effetti deleteri di quell’ambiente, ma, forte della sua Grazia angelica, riusciva a gestirli meglio.
Per Dean la situazione era decisamente peggiore, Castiel ne era perfettamente consapevole. Il fatto che fosse ancora in piedi, era una dimostrazione di estrema resistenza e forza fisica. L’angelo era impressionato dalla forza di volontà dell’uomo, non avrebbe potuto pretendere di più da lui.
 
Mentre Dean ancora ansimava e tossiva debolmente, l’angelo gli si avvicinò con fare preoccupato.
Il cacciatore era piegato in avanti, si sosteneva all’albero con una mano, mentre l’altra era appoggiata al ginocchio.
“Stai bene, Dean? Se vuoi possiamo fermaci … sei debole e …”
Dean lo interruppe, non permettendogli di parlare oltre.
“Sto bene!” Affermò, rialzandosi di scatto e fissandolo negli occhi con decisione. Si sistemò il colletto della giacca ed assunse la solita aria da sbruffone.
“Cosa? Cos’è quello sguardo? Ti preoccupi per me?” Disse, sarcastico, in direzione dell’angelo che lo guardava con rimprovero.
 
Rallentare il passo agli altri non faceva per lui.
Avrebbe sputato sangue più tardi. Ora dovevano continuare, dovunque fossero diretti.
Non potevano fermarsi. Sam era solo! Dean lo sapeva e, maledizione, non si sarebbe piegato per così poco.
Fece per scattare in avanti, ma dovette sorreggersi di nuovo alla pianta, colto da un improvviso capogiro.
“Cazzo!” imprecò, tra i denti.
 
Castiel lo raggiunse alla svelta e posò, senza attendere il permesso, due dita sulla fronte di Dean, per sollevarlo, almeno in parte, dai segni della stanchezza e dalla fatica.
Un’improvvisa e feroce fitta alle tempie, mentre sentiva fluire l’energia attraverso le sue mani, gli impedì di continuare, interrompendo quel contatto e facendolo scattare all’indietro, barcollando vistosamente.
Dean se ne accorse, percependo il famigliare formicolio che si era irradiato in tutto il suo corpo al tocco dell’angelo, svanire di colpo, prima che potesse avere effetto e rigenerare un po’ le sue forze.
 
“Cass, che succede?” Gli chiese, sporgendosi verso di lui come a garantirsi di acchiapparlo di nuovo, se si fosse accasciato a terra un’altra volta.
“Credo di dover limitare l’utilizzo dei miei poteri. Non utilizzarli per nulla, sarebbe preferibile.” Rispose l’angelo, che riprese velocemente il controllo del proprio corpo, portandosi in posizione bene eretta.
“Me ne sono accorto … sei rimasto svenuto parecchio Aurora!” ** Dean lo disse con un sorriso forzato e tirato a marcargli il volto.
Castiel lo fissò perplesso “questo posto influisce sui miei poteri, la mia Grazia viene contaminata da quello che popola questi luoghi” continuò poi, si guardò intorno, per un attimo incerto su cosa fare.
Dean non si stupì nemmeno del fatto che l’angelo non avesse colto la battuta. Evidentemente alcune cose non sarebbero mai cambiate.
 
“Amico, te lo devo chiedere. Che stiamo facendo? Hai detto che Sammy non è qui …”.
Mentre parlava, il tono di Dean si faceva sempre più marcato e nervoso.
La frustrazione del non sapere nulla e di non avere uno straccio di piano o idea di come uscire di li, iniziò a pesare sulla mente e sul fisico del maggiore dei Winchester.
L’incertezza in merito alle sorti del fratello, lo rendeva cieco e sordo a quello che era il problema maggiore: sopravvivere. Non sapevano per quanto. Ci avrebbero pensato dopo. Solo … dovevano rimanere vivi.
 
“Non lo so Dean. Te l’ho spiegato. Per ora dobbiamo accontentarci di essere ancora vivi. Sono certo che Sam stia bene …” Continuò l’angelo, insicuro anch’egli su quali fossero le parole corrette da utilizzare.
Non era mai stato difficile come ora, parlare con Dean. Comunicare con lui.
Qualcosa si era incrinato tra loro. Rotto. Entrambi ne erano consapevoli, per questo faticavano a capirsi e a parlarsi, come se fossero spaventati dalle rispettive reazioni.
Se, da un lato, avevano accantonato tradimenti e dissapori per combattere fianco a fianco e vincere, dall’altro, il peso delle situazioni irrisolte limitava enormemente le loro capacità di interazione.
“Come fai a saperlo?” urlò Dean a quel punto esasperato, ma un nuovo attacco di tosse lo lasciò senza fiato.
“Lo … Lo sento …” Rispose l’angelo, titubante, ma fissandolo dritto negli occhi.
 
Dean sgranò i suoi, a quelle parole. Trattenersi dal gridare e sfogare tutta la sua rabbia e tutta l’ansia accumulata fin ad allora, divenne quasi impossibile.
Rivolse lo sguardo a quel cielo buio e per nulla confortante e allargò le braccia, in segno di sconforto e di resa.
“Come, Cass? Come sai che sta bene? E’ solo. E’ disarmato. Non sa cosa sia successo, come non lo sappiamo noi … Dannazione, come ne usciamo? I-Io … ho bisogno di saperlo!”
Sputò fuori tutto, senza più filtri in grado di fermare le parole, come rivolgendosi a sé stesso, come a cercare un senso, uno qualunque, al macello assurdo che era diventata questa storia.
Non poteva credere che fosse successo qualcosa a Sam. Dentro di lui voleva credere che, in qualche modo, anche suo fratello se la stesse cavando.
 
“Dean …”
La voce dell’angelo lo interruppe all’improvviso, quasi sussurrando.
Quando posò di nuovo gli occhi su di lui, si accorse che questi non lo guardava.
“Penso sia il momento di muoversi ora …” le iridi azzurre di Castiel erano spalancate a fissare un punto alle spalle del cacciatore. La postura rigida e la tensione che traspariva dalla sua espressione, suggerirono immediatamente a Dean il pericolo. Inconsciamente, mise la mano sul manico del pugnale che aveva assicurato alla cinta dei pantaloni.
“Che succede?” disse, voltandosi di scatto verso il punto che Castiel stava fissando.
 
L’angelo portò una gamba indietro, flettendo le ginocchia, infilando velocemente la mano nel trench per estrarre il pugnale angelico e mettendosi in posizione di difesa.
“Quell’essere ci sta puntando”.
 
 
**Nota per Thinias (che evidentemente soffre di incolmabili carenze in materia di favole X’D): Aurora è il nome della Bella Addormentata. Grazie a tutti. Ele106.
 
***Risposta alla nota di Ele106: U.U le mie incolmabili carenze sono ampiamente compensate dalla padronanza della materia horror/splatter….da piccola non guardavo la Bella Addormentata, ma Nightmares, ve ne accorgerete! Muahhaahahhaah!!!! Thinias.
 
 
N.d.A
 
Aaaaaaaaaaaallora dunque! Signore e Signori non sappiamo veramente come esprimervi la nostra gratitudine! Siamo profondamente ed immensamente felici che la storia sia stata accolta così bene, nonostante (E DICIAMOLO) non sia una slash, che tanto piacciono al pubblico di EFP. Ci seguite già in tanti (almeno crediamo … buah ah ah ah ah ah) e speriamo di catturare, sempre di più, il vostro interesse. Nel frattempo settembre si avvicina … e noi siamo ansiose di scoprire quanto di quel che abbiamo ipotizzato qui, potrebbe rivelarsi esatto. Ci farebbe tanta paura …. XD
Vi aspettiamo al prossimo capitolo, che a nostro parere sarà davvero intenso ;)
 
Ciauuuuuuuuz

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Mostri dal Passato ***


Capitolo IV - MOSTRI DAL PASSATO
 
Purgatorio
 
“Dean Winchester”
Il suono del suo nome, pronunciato alla stregua di uno stridio fastidioso e nauseabondo, accompagnò il ghigno agghiacciante dell’essere che li aveva colti ti sorpresa.
Il cacciatore fece una smorfia e si maledisse per essere stato così stupido.
Come avevano potuto farsi fregare in quella maniera?
L’essere che li fronteggiava non era che un’ombra nascosta tra la vegetazione. Si fece avanti, prendendo forma nella poca luce crepuscolare, rivelandosi come un qualcosa dalle sembianze decisamente umane.
Il lampo improvviso di uno di quei dannati fulmini, squarciò il cielo per un attimo, illuminando quella … cosa.
Dean si rese conto, con orrore, di riuscire a riconoscerla.
 
L’essere rideva ancora, avanzando un passo alla volta nella loro direzione.
Il cacciatore indietreggiò istintivamente, finendo per impattare contro Castiel, esattamente dietro di lui. Arretrò ulteriormente verso l’angelo, costringendolo, col proprio corpo, a fare lo stesso.
“Oh andiamo … non è possibile!” disse, incredulo “Gordon?... Figlio di …”.
Il solo dire quel nome ad alta voce, ricordò al ragazzo l’indegna e truce fine dell’ex cacciatore di vampiri, tramutato egli stesso in una delle creature che più odiava e che aveva cacciato per quasi tutta la sua vita, fino a che non aveva cercato di uccidere Sam e suo fratello lo aveva decapitato.
Dean non distolse lo sguardo da quella figura nemmeno per un attimo, mentre si muoveva, infida e melliflua, verso di loro, appena riconoscibile per quello che era in realtà.
Dannazione, proprio come temeva! Avevano finito per incontrare uno dei mostri che lui e suo fratello avevano spedito in quel luogo maledetto. Sapeva che non sarebbe stato così improbabile incappare in alcuni di loro, ma aveva sperato fino all’ultimo che non accadesse.
 
Gordon si avvicinò ancora, con passi lenti ma determinati, lo sguardo fisso su di lui.
Dean poté vedere nei suoi occhi una tale furia e fame, da farlo rabbrividire dalla testa ai piedi, ebbe paura. Avrebbe attaccato, era solo questione di attimi, ma il cacciatore non si sarebbe fatto trovare impreparato.
Sembrava ancora lui, il maggiore dei Winchester lo osservò meglio. Poteva riconoscerne alcuni tratti, in quella forma sfigurata, nonostante l’aspetto sfatto e trasandato, ma la cosa che percepiva maggiormente era l’aura malvagia che lo circondava.
“Sai, non ho mai creduto nel karma … fino ad oggi!” Disse, con scherno, quello che un tempo era stato Gordon Walker.
“…Ma sono proprio felice che il tuo fratellino mi abbia spedito in questo buco dimenticato da Dio …  a farmi mordere il culo dalle immonde bestie senza cervello, che popolano questi boschi … visto che questo ha portato ad averti qui, di fronte a me, adesso …” continuò.
 
A Dean sembrò di udire una specie di ringhio a sottolineare quelle parole, che distorse per un secondo il suono di quella voce a cui non rimaneva più nulla di umano.
Di che stupirsi, poi? Le uniche presenze umane, lì, erano lui e il ‘barattolo’ che conteneva Castiel.
 
Cercò di pensare velocemente ad un modo per uscire da quella situazione, poi un mezzo sorriso di scherno comparve sul suo volto.
“Si beh …” gli rispose, estraendo il pugnale di Ruby per portarselo davanti al volto.
Come aveva sperato, il movimento della lama attirò ulteriormente l’attenzione di Gordon su di lui e Dean ne approfittò per fare segno a Castiel di allontanarsi lentamente da loro.
“Lo sai, io e Sam siamo sempre pronti ad aiutare.”
                                                                                                                   
Dean pensò che forse, se fosse riuscito a distrarre Gordon, mantenendo l’attenzione del vampiro su di lui, poteva permettere a Castiel di coglierlo di sorpresa. Attaccare un nemico alle spalle era sempre la strategia migliore, quando ci si confrontava con avversari al di sopra delle proprie possibilità. Era uno dei primi insegnamenti di suo padre.
In quel momento l’istinto prese il sopravvento e, quando si rese conto che Castiel aveva cominciato a spostarsi alla sua sinistra, i suoi muscoli si tesero e cominciò a muoversi nella direzione opposta, accertandosi che quel mostro tenesse gli occhi su di lui.
 
Gordon rise di nuovo, un ghigno raggelante e crudele. Buttò la testa all’indietro, quasi ruggendo verso il cielo solcato da lampi, dando a Castiel quell’unico attimo di cui aveva bisogno, per consentirgli di portarsi fuori dal campo visivo del mostro, subito prima che quest’ultimo riportasse repentinamente lo sguardo in quello del cacciatore.
Gordon fece un altro passo verso Dean, i suoi occhi si erano fatti rossi e quel ghigno terrificante, sembrava essergli rimasto marchiato in faccia, deturpando ulteriormente i suoi lineamenti.
“Che pensi di fare con quello stuzzicadenti?” chiese, con voce tombale, ormai a pochi passi dalla sua preda.
“Non lo capisci che sei spacciato? Presuntuoso, piccolo, inutile, ragazzino! Non sei un eroe, Dean Winchester … sei solo uno a cui hanno ammazzato la mamma da piccolo!”.
 
A quelle parole, Dean percepì la rabbia montare velocemente, il suo sguardo si fece di pietra e sentì l’impulso di avventarsi su di lui all’istante, dando semplicemente sfogo alla furia del momento.
Solo la consapevolezza che avrebbe finito per farsi ammazzare prima del tempo, lo frenò dal muovere un muscolo.
Si irrigidì, ma si costrinse ad attendere, strinse i denti e il pugno intorno al manico del pugnale, preparandosi a contrastare l’attacco che, presto, Gordon avrebbe sferrato.
Con la coda dell’occhio, vide il movimento di Castiel e si concentrò sul fatto di essere riuscito a distrarre Gordon a sufficienza, da sviare la sua attenzione dall’angelo. Cass gli sarebbe stato addosso entro qualche secondo.
Dean era certo che il vampiro non considerasse l’angelo una vera minaccia, poiché non poteva sapere chi, o meglio, cosa fosse davvero Castiel e lui contava proprio su quello.
 
L’attacco fu veloce e improvviso, Dean non fece in tempo a difendersi, Gordon si avventò su di lui, afferrandolo per il collo con un braccio solo e alzandolo da terra, senza il minimo sforzo, come fosse un fragile uccellino.
Lo sbatté violentemente contro il tronco contorto di un albero, lasciandolo senza fiato e facendolo rantolare di dolore, la schiena in fiamme per l’impatto e i denti che stridevano per impedirsi di urlare.
Gordon strinse sempre di più le sue dita, scure ed insanguinate, intorno alla gola del ragazzo.
Avvicinò pericolosamente il viso a quello di Dean, che ne avvertì il fiato puzzolente, come di una bestia mangia carogne.
 
Una volta era stato un uomo, un ottimo cacciatore, che si era perso nella parte più losca della professione, che aveva smarrito definitivamente la sua mente, perdendo di vista il concetto di quello che era giusto e quello che era sbagliato. Paradossalmente, Dean provò pietà per Gordon, anche se non ebbe nessun rimorso per quello che lui e soprattutto Sam, avevano fatto per eliminarlo.
“Ti fa schifo quello che vedi?” chiese l’ex cacciatore, intuendo i pensieri del giovane, così chiari e trasparenti, dall’espressione disgustata e tirata del suo volto.
“Decisamente si …” rantolò Dean cercando di prendere fiato, mentre il mostro gli strappava di mano il pugnale e si preparava ad affondare i denti nelle sue carni.
 
Gordon si avvicinò al suo collo, lo annusava, come pregustandone il sapore. Il ragazzo sentì sulla pelle il fiato disgustoso di quella creatura, cercò di tirare indietro le testa per allontanarsi da lui, mentre un brivido di repulsione gli percorse il corpo.
“Oh si! Dimenticavo … perché tu e tuo fratello invece, siete anime pie, giusto? I salvatori dell’umanità …” continuò, abbassando ulteriormente il tono di quell’orribile voce.
“Mi piacerebbe proprio sapere a cosa vi ha portato tanta ipocrisia e finta integrità morale … cosa ci avete guadagnato? Tu … insignificante pezzettino di carne succulenta, sei finito in Purgatorio per chissà quale missione suicida finita male. E tuo fratello …”
 
A stento Dean riuscì a trattenere le lacrime, che bruciavano e premevano per uscire a causa della mancanza di ossigeno, aveva il respiro mozzato e la gola schiacciata nella morsa di Gordon, quest’ultimo era concentrato a far passare giusto quella piccola quantità di aria, sufficiente a mantenerlo vivo ancora per qualche secondo.
Il cacciatore artigliò il braccio del vampiro, cercando di liberarsi dalla sua presa, ma non riuscì a contrastare la forza soprannaturale del mostro. Lo spingeva contro quel tronco con una tale ferocia, da far sì che Dean sentisse la corteccia conficcarsi dolorosamente nella sua schiena.
 
Gordon rise, vedendo la smorfia di sofferenza sul viso del ragazzo.
“A proposito … dov’è tuo fratello, Dean? Ha finalmente avuto la fine che meritava?” continuò il suo monologo, sputando fiele ad ogni parola.
Il dolore e la costrizione, ormai insopportabili, neutralizzarono le capacità del Winchester di reagire, i suoi tentativi di liberarsi per riprendere a respirare, divennero sempre più deboli, le sue dita ormai non riuscivano più nemmeno a fare presa sulla morsa che gli schiacciava la gola.
 
Ma le sue parole … le parole che Gordon aveva pronunciato, lo ferirono in un modo che, a quel punto della sua vita e dopo tutto quello che aveva passato, Dean non credeva fosse ancora possibile.
Si sentì sopraffare e vincere dal peso delle responsabilità della quali si era sempre caricato. Dal suo sentirsi incapace di risolvere le situazioni e, soprattutto, dalla consapevolezza che, si, Gordon aveva ragione: lui e Sam erano due ragazzini che giocavano a fare gli eroi.
 
Era cosi.
 
Perché, se era vero che avevano impedito l’Apocalisse, era altrettanto vero che questo non aveva portato nulla di buono, a nessuno.
Il mondo non se n’era nemmeno accorto e continuava ad essere il letamaio ripieno di viscidi approfittatori, puttane e bastardi senza fede, che era sempre stato.
Il Paradiso e gli Angeli erano chiaramente incapaci di sostenere gli effetti del libero arbitrio e si erano bevuti il cervello, persi nel dolore per la mancanza del loro Dio Padre. I Demoni prolificavano e traevano profitti dagli eventi, come era nella loro natura fare.
E, ciliegina sulla torta,  i più antichi e spietati mostri del creato era sbucati fuori dal Purgatorio e si volevano letteralmente mangiare la fetta più grossa dei verdi e rigogliosi pascoli di Dio.
 
Con l’ultimo barlume di razionalità rimastagli, Dean cercò di rifuggire quel pensiero e lo schiacciante senso di colpa che stava provando, focalizzandosi sull’ultima frase che il mostro aveva pronunciato.
‘Dov’è tuo fratello?’
Se Gordon sapeva che Dean era in Purgatorio, perché a sua detta la voce si era sparsa velocemente, come mai non aveva idea di dove fosse Sam, né di che fine avesse fatto?
Quel pensiero lo colpì con tutta la sua forza. Quel figlio di puttana non sapeva dove si trovava Sam! Se fosse stato lì, lo avrebbero saputo tutti, così come sapevano di lui.
‘Sam non è in Purgatorio’.
Si attaccò a quella flebile speranza con tutto sé stesso.
Ma la sensazione momentanea di sollievo che lo attraversò nell’accogliere quella verità, fu spezzata dal nuovo aumento di pressione delle dita di Gordon intorno alla sua gola e alla mancanza d’aria che ormai si faceva insopportabile.
 
Dean sentì i sensi venir meno, i sui polmoni cercavano di risucchiare l’ossigeno che non potevano raggiungere contraendosi in spasmi dolorosi, le ginocchia gli cedettero e la vista iniziò ad offuscarsi.
Di contro, l’odore del fiato di Gordon era ancora nitido e riuscì a paralizzarlo, così come la pressione del suo corpo addosso.
Stava inesorabilmente soffocando.
In un ultimo gesto disperato, cercò di spingere via la faccia di Gordon per allontanarlo da sé, ma quest’ultimo rise di nuovo prendendosi gioco di lui. Prese ad agitargli il suo stesso coltello vicino alla faccia, appoggiandogli poi la fredda lama su una guancia e premendo piano, finché un sottile rivolo di sangue iniziò a scorrergli sulla pelle.
 
Dean sentì la stilettata di dolore arrivargli dritta al cervello e squarciare il velo nero che stava coprendo i suoi sensi, a causa della carenza di ossigeno. Ritornò in parte presente a sé stesso e fissò di nuovo il suo sguardo in quello di Gordon.
“Potrei scannarti come si fa con in maiali Winchester … raccogliere tutto il tuo sangue in una botte e scolarmelo mentre guardo il tuo corpo marcire. Sai, il bello di essere un vampiro morto, è che non ci si deve più preoccupare di cosa si mangia.” Sibilò di nuovo, vicino al volto del ragazzo, che cercò di girare di lato il viso, serrando gli occhi e sentendo tutto il suo corpo scosso da spasmi.
 
Gordon diminuì la pressione sulla gola lo stretto necessario a far prendere un respiro a Dean, fece scivolare il pugnale di Ruby sempre più in basso e terminò il suo viaggio sul fianco destro del cacciatore, premendo energicamente con la punta, finché il ragazzo la sentì penetrare nella sua carne.
Non riuscì a trattenere l’urlo di dolore, che alla fine si spezzò in un gemito strozzato senza che potesse controllarlo, si rese conto che Gordon lo aveva fatto respirare solo per sentirlo urlare.
“Cass …” riuscì a dire, quasi sussurrando, mentre Gordon continuava a ridere come una iena affamata e il dolore si faceva così intenso da rischiare di fargli perdere i sensi definitivamente.
 
Fu allora che Castiel comparve alle spalle del vampiro. Lo afferrò per il collo con un braccio, da dietro, strattonandolo lontano da Dean e scaraventandolo a terra, la lama angelica a pulsargli tra le scapole.
 
Non erano passati più di un paio di minuti da quando Gordon aveva attaccato il cacciatore.
 
Al primo segnale di Dean, l’Angelo aveva intuito immediatamente le sue intenzioni e si era allontanato da loro, cercando di farsi spazio e aggirare il nemico.
Era evidente che quel vampiro faceva parte della schiera di mostri che i Winchester avevano spedito in Purgatorio.
 
Quando Castiel lo aveva visto avventarsi sul cacciatore e sbatterlo con forza contro l’albero alle sue spalle, aveva cercato di reagire velocemente, senza riflettere, provando ad utilizzare i suoi poteri, per materializzarsi alle spalle del mostro e trafiggerlo, ma non ci era riuscito.
Era stato colto da una nuova ondata di nausea e si era piegato su un ginocchio, preda di vertigini che non riusciva a fermare. Un forte dolore al petto lo aveva trafitto con tutta la sua forza, strappandogli il respiro dai polmoni.
L’angelo aveva guardato verso Dean, che ormai era cianotico e stava soffocando.
Sentì di nuovo in bocca il sapore del proprio sangue, cercò di combattere contro il dolore al petto e di rimettersi in piedi.
 
Doveva aiutarlo, doveva salvarlo.
 
Per un breve istante, Castiel ebbe paura di non farcela. Il terrore di non riuscire ad arrivare in tempo e di assistere, impotente, alla morte di Dean, finì per sconvolgerlo e paralizzarlo.
I secondi passavano al rallentatore, il cacciatore non riusciva a liberarsi ed era sempre più debole, Gordon stava giocando con lui.
L’ondata di preoccupazione e di rabbia che l’angelo provò, lo travolse completamente, mentre usava tutta la forza residua per tentare di rialzarsi in piedi.
Chiuse gli occhi ed ebbe la fugace visione di un luogo che gli sembrò di riconoscere. Sentì una nuova ondata di angoscia, sommarsi a quella che già stava provando, come se venisse da ‘fuori’, come se non fosse sua. Ma così potente da lasciarlo sconcertato.
 
Un secondo dopo sentì Dean urlare e subito dopo chiamare il suo nome. La sua voce penetrò lo spettro di sentimenti che sembrava aver chiuso Castiel dentro ad una bolla e permise all’angelo di scacciarli con forza, riaprendo gli occhi di scatto e focalizzandosi di nuovo sul cacciatore.
Ci aveva messo più di un minuto a riprendersi a sufficienza da riuscire di nuovo a muoversi.
Li aveva raggiunti una frazione di secondo dopo che il maggiore dei Winchester aveva urlato di dolore, sfoderando contemporaneamente la sua lama angelica e affondandola senza esitare nelle carni di Gordon.
 
Quando la morsa intorno alla sua gola scomparve, Dean si accasciò a terra, piombando sulle ginocchia con un verso strozzato, inspirando a forza una prima ondata di ossigeno che gli bruciò i polmoni, seguita da ripetuti e frequenti respiri, spezzati da violenti colpi di tosse.
Si sostenne con un braccio, piegandosi su sé stesso sotto la forza delle fitte che provenivano dalla ferita al fianco. Portò l’altra mano a premere sulla coltellata, accorgendosi subito dell’abbondante quantità di sangue.
Alzò lo sguardo e vide Gordon ai piedi di Castiel, che lo osserva urlare e contorcersi mentre esalava gli ultimi respiri.
“Cass…” cercò di chiamarlo, ma la sua voce morì nell’ennesimo colpo di tosse.
 
L’angelo sentì il suo richiamo e si voltò di scatto verso di lui, accorgendosi immediatamente della sua mano sporca di sangue.
“Dean!” Esclamò preoccupato, precipitandosi al suo fianco.
Quando fu in ginocchio in parte a lui, allontanò la mano del cacciatore per controllare di persona le sue condizioni. L’uomo non riusciva ancora a respirare regolarmente, ma sembrava aver ripreso colore in viso.
“Meglio tardi che mai …” ironizzò il ragazzo, riuscendo a confezionare per l’angelo, un tono sarcastico, decisamente fuori luogo.
“Figlio di puttana! Mi ha quasi ammazzato …” gemette con voce roca a malapena comprensibile, cercando di riprendere fiato, tremando ancora mentre Castiel ispezionava attentamente la sua ferita.
 
Dean lasciò che Cass lo aiutasse a mettersi seduto, appoggiando la schiena allo stesso albero che, poco prima, aveva quasi visto la sua fine, quindi l’angelo gli scostò la giacca ed alzò la camicia zuppa di sangue per vedere l’entità del danno.
“Non sembra troppo grave … possiamo fasciarlo con un pezzo di stoffa.” Disse piano, per tranquillizzarlo.
Dean grugnì in risposta, rabbrividendo sotto il tocco gelido delle mani di Castiel e cercò di strappare un pezzo della propria camicia, per premerlo sulla ferita e tamponarla.
L’angelo si accorse che le mani dell’uomo tremavano, capì che aveva perso molto sangue e che era debole. Senza dire nulla, strappò lui stesso la stoffa e la appoggiò sulla ferita, cercando di fare attenzione.
Dean fece pressione sulla medicazione improvvisata, una smorfia di dolore gli comparve sul volto.
Quando vide che il cacciatore stava cedendo alla stanchezza, Castiel mise una mano sopra la sua, esercitando una maggiore pressione e aiutandolo a tamponarla meglio.
 
Rimasero immobili per qualche minuto, senza guardarsi ne parlare, assorti ciascuno nelle proprie riflessioni e personali paure. Eppure Castiel avrebbe voluto dire molte cose e per un attimo fu sul punto di farlo.
Aveva esitato.
Aveva perso il controllo di nuovo.
E Dean era quasi morto … di nuovo.
Non riuscì nemmeno ad alzare lo sguardo su di lui, terrorizzato dall’idea di poterci vedere biasimo o disprezzo.
“Dean …. Io …” provò a scusarsi, gli occhi puntati al fagotto inzuppato che insieme stringevano sul fianco del ragazzo. Quest’ultimo lo interruppe, scansando le sue mani e liberando la ferita che sembrava aver smesso di sanguinare.
“Il sangue si è fermato …” disse, facendo per alzarsi, ma accettando l’aiuto di Castiel quando si rese conto di non farcela da solo.
L’angelo sbuffò, arrendendosi al fatto che la conversazione fosse finita ancor prima di iniziare, ma gli parve di scorgere un sorriso, per un istante, spuntare da qualche parte, sul viso di Dean.
 
Insieme raggiunsero il corpo di Gordon, riverso a terra in una pozza di sangue scuro e denso.
Qualcosa non andava,  si muoveva ancora, come scosso da tremiti involontari.
“Avrebbe dovuto svanire nel nulla …” constatò Castiel.
“Povero imbecille …” sputò Gordon all’improvviso, con il sangue che gli fuoriusciva copioso dalla bocca. Evidentemente aveva ancora fiato per parlare.
“Non lo capisci Winchester?” chiese, ridendo di gusto.
“Tutti sanno che sei qui … Se non ti ammazza qualcuno di noi, morirai comunque! Te l’ho detto … non siamo che spiriti, ma tu sei umano! E questo non è un luogo dove un umano può sopravvivere. Morirai di fame …” terminò, beffandosi un’ultima volta di loro, prima che un altro violento spasmo, piegasse il suo corpo.
Un attimo dopo venne avvolto da fiamme scure e dense come liquame, che lo arsero fino a che di Gordon non rimase che cenere.
 
Dean fissò la macchia scura che era rimasta sul terreno, colpito al cuore dalle parole che il vampiro aveva appena pronunciato. Diede un nuovo colpo di tosse e cercò di soffocare il gemito dovuto alla fitta dolorosa, che lo spasmo gli causò alla ferita al fianco.
Castiel era vicino a lui, i due si guardarono, gelati dall’assoluta veridicità di quello che Gordon aveva appena detto.
Il cacciatore era arrivato in Purgatorio in carne ed ossa! Un essere vivo in un luogo privo di vita, l’ambiente stesso sembrava rigettarlo, rendendogli difficile perfino respirare.
Se non avessero trovato velocemente un modo per uscire da lì, Dean non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a sopravvivere.
Se non lo avesse ucciso una delle creature che popolavano quella landa desolata, probabilmente lo avrebbe fatto l’aria fetida che stava respirando o semplicemente sarebbe morto di fame o di sete.
Aveva ragione.
Gordon aveva ragione, in un modo o nell’altro, Dean capì che sarebbe morto in Purgatorio.
 
 
N.d.A.
 
Ok non abbiamo molto da dire questa volta, se non che ci siamo pericolosamente lasciate andare e che il povero Dean ne ha fatto le spese X’D
Non era nostra intenzione chiudere il capitolo senza nemmeno un accenno al povero Sam, ma ci siamo rese conto che questa parte … funzionava. Da sola era perfetta e ‘bella carica’ già per conto suo.
Speriamo di ritrovarvi ancora al prossimo capitolo, se siete sopravvissuti ;D
Baci e grazie a tutti quelli che stanno seguendo la storia.
 
Alla prossima Ciauuuuuuuuuuz

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Capitolo 5
*** Capitolo V - La Forza di Proseguire ***


Capitolo V – LA FORZA DI PROSEGUIRE
 
Rifugio Campbell
 
“Potrebbe essere in Purgatorio quindi …” suppose Sam, quando Jody gli si avvicinò a gli prese dalle mani il quaderno da cui aveva letto quel passo.
“In Purgatorio … sul serio? Ragazzi, ma esiste un qualche buco oscuro in cui tu e tuo fratello non vi siete ancora infilati?” mormorò lei, con sincera curiosità più che sarcasmo, prendendo a leggere quelle righe, senza capire bene cosa fossero.
“Cos’è questa roba?” chiese dopo un attimo.
“È la trascrizione della parola di Dio” Sam lo disse come se fosse la cosa più normale del mondo, ma lo sceriffo si bloccò e alzò lo sguardo da quegli scritti, fissandolo ad occhi sgranati.
“Ah si?” esclamò Jody, con finta naturalezza. La tentazione di lasciarsi andare ad una risata isterica era davvero molto forte, ma se lo avesse fatto sarebbe stata la conferma di aver definitivamente perso la sanità mentale.
 
Lei era al corrente di come funzionavano le cose, di cosa si nascondeva ‘negli armadi’, sapeva dei Demoni, degli Angeli e dell’Apocalisse, per cui, sentire quella frase dalla bocca di Sam, aveva un significato decisamente diverso, che non sentirla da un pastore che parlava dei passi della Bibbia, durante un sermone.
“Vuoi dire, tipo … le tavole di Mosè?” chiese titubante.
Sam  la guardò e non poté fare a meno di sorridere, perché lui aveva smesso da molto tempo di pensare a Dio e agli Angeli come alle creature superiori e magnifiche, dipinte nei quadri dei grandi pittori.
“No … voglio dire come una backdoor, dentro un cervello elettronico, che ti permette di rimettere a posto i file impazziti. Sembra che Dio abbia lasciato delle indicazioni su come rimettere a cuccia i suoi animaletti fuori controllo”.
 
Fu la volta di Jody di bloccarsi e cercare di continuare a respirare normalmente, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Capiva quello che intendeva Sam, ma per lei era ugualmente come avere tra le mani le vere tavole di Mosè. Cercò comunque di concentrarsi e leggere di nuovo, ma era difficile capirne il senso.
Sam continuò a raccontare, spiegandole come avevano fatto ad ottenerle e che era stato Kevin, il ragazzo Profeta, a tradurle. Le disse anche che sicuramente era quello il motivo per cui Crowley lo aveva preso.
 
Passarono ore intere discutendo di quello che poteva o non poteva essere successo a Dean, senza mai venirne a capo o trovare un qualche appiglio sul quale ragionare, per farli uscire da li. Anche Jody era distrutta, il lungo viaggio e la tensione continua che sentiva contrarre i muscoli indolenziti della schiena, cominciavano a chiedere il loro tributo.
 
Ormai da qualche minuto i due erano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Jody aveva ripreso a camminare su e giù per la stanza, si muoveva per cercare di combattere il sonno e la stanchezza. Sfinita, si risedette al tavolo e cominciò di nuovo a sfogliare le pagine del quaderno di Kevin, leggendo qua e là stralci del contenuto.
“Pensi che qui possa esserci qualcosa che ci aiuti a capire come ritrovare tuo fratello? Se davvero è finito in Purgatorio a causa di questo rituale, ci deve essere scritto anche come farlo tornare indietro”.
 
Sam si era appoggiato di nuovo al muro con la schiena, aveva gli occhi chiusi, la tensione lo stava logorando.
“L’ho già riletto decine di volte ... non c’è niente in quel maledetto quaderno!”. Diede un pugno dietro di sé, contro la parete, quasi ringhiando, “Dannazione! Non c’è scritto nulla, nulla che parli di come far uscire qualcuno dal Purgatorio”.
La lieve scintilla di speranza, accesa dall’aver compreso finalmente dove si trovasse suo fratello, si era lentamente affievolita e poi spenta nell’alito gelido della paura che, sapere dove fosse, non servisse assolutamente a nulla. Che non sarebbe mai riuscito a raggiungere Dean e salvarlo.
La paura era stata, ed era, sua compagna inseparabile da giorni. La sentiva sussurragli alle spalle e sentiva quei brividi freddi, ormai famigliari, risalirgli lungo la spina dorsale e prendere dimora nel suo cuore.
 
Piegò la testa in avanti, i capelli gli ricaddero sul viso, le spalle erano incurvate in una posa di sconfitta, come se ormai non fosse più in grado di sopportare il peso che stava portando e si stesse piegando sotto di esso.
Jody lo osservò e non poté fare a meno di sentire, riflesso dentro di lei, lo stesso senso di impotenza che provava Sam, perché sapeva quanto i due fratelli fossero legati e, vedere il ragazzo in quello stato, la faceva stare male.
“Vedrai che riusciremo a trovare Dean e a riportarlo indietro.” Nonostante ne dubitasse lei per prima, lo disse cercando di infondere nelle sue parole tutta la convinzione che riuscì a trovare.
Sam quasi non la sentì, il suo pensiero era tornato di nuovo a focalizzarsi su Dean, erano passati ormai tre giorni dalla sua scomparsa, tre giorni in Purgatorio o forse di più.
Non poté fare a meno di pensare a come, all’Inferno, il tempo fosse trascorso in modo diverso.
I quattro mesi in cui Dean era stato lì, si erano trasformati in quarant’anni. Suo fratello poteva essere in Purgatorio già da mesi, per quanto ne sapeva.
 
Il significato di quel ragionamento lo colpì come una scure, spezzando le sue fragili speranze.
Sentiva la disperazione crescere dentro di sé e rischiava di farsi trascinare via con essa. Cominciò a battere piano con la nuca contro il muro, gli occhi serrati, sotto lo sguardo vigile dello sceriffo, cercando di cacciare indietro la paura e di rimanere lucido. 
Di nuovo immagini, flash improvvisi, gli passarono davanti agli occhi, dietro le palpebre chiuse. Ancora quegli alberi spettrali e una radura isolata, il cielo scuro, solcato da lampi di tempesta. Questa volta non erano solo immagini … ma anche emozioni. Confuse, potenti e fuori controllo. Preoccupazione, paura per un pericolo imminente, ansia per qualcuno … per Dean.
Poi sollievo, seguito subito da una nuova stilettata di paura e … dolore. Dolore fisico. Una morsa al petto, il sapore del sangue in bocca.
Un unico pensiero, chiaro come il sole: salvare Dean.
 
Tutte queste sensazioni arrivarono così forti che quasi lo stordirono, le provò dentro di sé, ma era come se non fossero sue. Le gambe gli cedettero e Sam dovette appoggiarsi completamente al muro e lasciarsi scivolare verso il basso, fino a che non si ritrovò seduto per terra.
Un attacco di panico? Sam pensò di essere arrivato al capolinea.
 
Jody l’aveva visto barcollare e scivolare a terra, ed era corsa verso di lui.
“Sam!” si chinò sul ragazzo, respirava in brevi rantoli, gli occhi ancora chiusi, il petto che si alzava ed abbassava in un ritmo concitato.
Jody ricordò che erano passate diverse ore dall’attacco precedente e le fu ormai chiaro che il problema, qualunque esso fosse, era più grave del previsto.
“Sam!” lo chiamò di nuovo, quasi urlando.
Sembrava che il giovane Winchester non fosse completamente presente, esattamente come era capitato prima, ma molto peggio. Questa volta stava tremando, senza controllo. Jody si spaventò. Gli posò le mani sulle spalle e cercò di scuoterlo, per farlo rinvenire.
 
Sam lasciò andare un rantolo strozzato, poi si irrigidì per un secondo, prima di rilassarsi completamente e cominciare di nuovo a respirare regolarmente.
“Sam … Dio, ma che ti succede?” Jody cercava di restare calma, ma la situazione stava davvero cominciando a terrorizzarla. “Ti senti bene?”. Era una domanda stupida, lo sapeva, ma voleva accertarsi che Sam fosse di nuovo in sé.
 
Lui tirò su le ginocchia e ci appoggiò sopra i gomiti, prendendosi la testa tra le mani e premendo forte, gli sembrava che sarebbe potuta scoppiare da un momento all’altro.
Sentiva la presenza dello sceriffo vicina, la sua mano ferma sull’avambraccio. Cercò di calmarsi, inspirando piano, una boccata d’aria alla volta, focalizzando la mente su quell’unica funzione basilare.
Cos’era quello che aveva appena visto? Non erano allucinazioni … non erano così! Che diavolo gli stava succedendo?
Il dolore che aveva percepito era stato così forte … ma la preoccupazione che era seguita, lo era stata ancora di più e il centro di tutto era Dean. In tutto quel marasma di emozioni che aveva provato, il perno intorno a cui tutto ruotava era suo fratello.
Aveva ancora in bocca il sapore del sangue e, dentro di sé, l’eco di quelle emozioni, che sentiva estranee eppure affini alle sue .
 
Quando riaprì gli occhi, Jody era ancora accanto a lui.
“S-sono stanco … solo stanco …” era una cosa sciocca da dire, ma lo fece lo stesso, lo disse piano, con voce arrochita, cercando di concentrarsi su di lei, la vista appannata.
“Da quanto tempo non dormi?” Jody gli fece quella domanda pur sapendo perfettamente che il problema non era quello.
“Da quando Dean è scomparso.” rispose il ragazzo, sospirando e continuando a guardala negli occhi.
“Tre giorni?” si alzò in piedi e si mise le mani sui fianchi, guardandolo dall’alto verso il basso.
“Ok ora basta! Chiaramente non stai bene e altrettanto chiaramente non vuoi dirmi cosa ti sta succedendo.” La sua non era affatto una domanda e Sam iniziò a sospettare di non avere alcuna possibilità di replica.
“Non ti chiederò di spiegarmi nulla, per ora! Al momento credo sia più importante che tu vada a riposarti, quindi ne riparleremo più tardi”.
 
Sam ebbe immediatamente la sensazione di essere alla stregua di un bambino rimproverato dalla madre. Ricordò anche di avere avuto quella stessa impressione durante il tentativo di salvare Dean da Cronos. In quell’occasione pensò che Jody usufruisse, con pieno successo, dell’indiscussa autorità del suo ‘tono da mamma’.
“Io…” provò a risponderle, ma lei lo zittì, troncando sul nascere le sue rimostranze.
“Ci sarà una branda per dormire, da qualche parte in questo posto … va a letto, coraggio!”
 
Sam puntò le mani a terra per alzarsi, una volta in piedi, sovrastò lo sceriffo di parecchi centimetri.
Eppure gli bastò guardarla per un attimo, per arrendersi a lei e dirigersi verso una delle stanze, in cui sapeva avrebbe trovato delle brande.
Jody lo guardò mentre si allontanava traballante, dandole le spalle, ed imprecò tra sé e sé contro la cocciutaggine dei Winchester. Si chiese se Bobby non fosse stato contagioso, passando ai suoi ragazzi quel pessimo tratto del suo carattere.
Era sfinita anche lei, ma era intenzionata a saperne di più sulla parola di Dio.
Si sedette di nuovo al tavolo e si mise pazientemente a leggere quelle trascrizioni.
 
Le ci vollero più di due ore, sprofondata in blateri senza senso apparente, per venire a capo di qualcosa.
Ma alla fine trovò il passo in cui si parlava del sangue dei caduti e anche quello che, secondo Sam, doveva essere il riferimento all’espulsione del leviatano e al suo ritorno in Purgatorio.
Più lo rileggeva e più le sembrava che il ragionamento di Sam filasse: Dean e Castiel dovevano trovarsi lì.
Lo scritto si riferiva a quel luogo come all’Oblio, e lo definiva come un posto dove ‘le creature nate dall’abominio e morte nel Regno della Terra e dell’Acqua, si cacciano l’un l’altra per l’eternità’.
 
Jody cercò di fare mente locale. I Demoni andavano all’Inferno, gli Angeli andavano in Paradiso, le anime degli uomini si dividevano tra le due destinazioni e i mostri finivano nel mezzo.
Cercò di scacciare dalla mente i suoi ricordi scolastici sulla Divina Commedia, che evidentemente non avevano nulla a che fare con quello che il Purgatorio era in realtà: una prigione.
 
Continuò a leggere fino a che gli occhi non presero a bruciarle, ormai preda della stanchezza e di tutto quello che era successo dopo che era arrivata in quel maledetto capannone.
Tornò indietro con le pagine, sfogliandole distrattamente, mentre ripensava a tutto quell’enorme casino. Stava per chiudere la copertina, quando l’occhio le cadde sulle prime righe dello scritto.
Si fermò di botto, rileggendole con più attenzione: ‘Queste sono le parole di Metatron nel secondo Regno, dominato dalla Terra e delle Acque, tra il Regno del ghiaccio, lambito dal fuoco, e l’Oblio, in ascesa verso il Regno dei Cieli, casa delle creature ad immagine di Dio …’.
“Le parole di Metatron nel secondo Regno…” Jody accarezzò quella frase. Aveva la sensazione che fosse importante.
 
Ragionò, pensando che il secondo Regno doveva essere la Terra, mentre avevano appurato che l’Oblio era il Purgatorio. Ovviamente il regno dei Cieli era il Paradiso, quindi il Regno del ghiaccio era … l’Inferno? Ricordò che i ragazzi, tempo prima, le avevano accennato il particolare che Lucifero fosse freddo e non caldo, come tutti credono, per cui la descrizione del ghiaccio, lambito dal fuoco, calzava a pennello.
 
Jody si alzò dalla sedia con il quaderno in mano e ricominciò a camminare per la stanza. Era una cosa che la aiutava a concentrarsi, lo aveva fatto spesso, quando si era trovata bloccata in un caso che non riusciva a risolvere.
“Il secondo Regno …” ripeteva, come in preghiera. “Le parole nel secondo Regno …” quella frase continuava a suggerirle che ci fosse di più.
Si fermò di nuovo, in mezzo alla stanza e sorrise.
Forse non avevano tutte le informazioni di cui avevano bisogno, ma credeva di aver appena trovato una traccia che potevano seguire.
La tavola riportava le parole del Regno della Terra.
Poteva benissimo significare che la parola di Dio era scritta anche su altre tavole.
E se fosse esistita una tavola del regno dell'Oblio?
 
 
 
******
 
Purgatorio
 
Subito dopo l’attacco, Dean aveva deciso che dovevano continuare a muoversi, non aveva sentito ragioni, anche se era ferito e faticava a reggersi in piedi. Fermarsi in quel luogo era troppo pericoloso.
Castiel sapeva che aveva ragione, ma le condizioni dell’altro lo preoccupavano sempre di più.
Non aveva voluto aiuto, cocciuto e orgoglioso come sempre, il cacciatore aveva fatto il possibile per muoversi da solo, avanzando tra la vegetazione come poteva.
L’angelo lo seguiva da vicino, pronto a sorreggerlo se fosse stato necessario, si dirigevano verso quello che sembrava un crinale roccioso, alla ricerca di un rifugio dove potersi nascondere per qualche ora. Sembrava che anfratti e caverne come quello dove si erano già rifugiati in precedenza, fossero gli unici luoghi parzialmente sicuri.
 
Il cielo sopra di loro non aveva mai cambiato la sua sfumatura cupa, Castiel ora era certo che il tempo lì rimanesse immutato, un eterno crepuscolo che nascondeva la ferocia tra le sue ombre e mostrava la sua crudeltà, solo nei brevi lampi di luce che squarciavano la volta celeste.
Il senso di oppressione di quel luogo schiacciava perfino la sua stessa Grazia, l’angelo poteva sentirlo chiaramente, percepiva il proprio potere fluire da sé come sangue da una ferita aperta.
Ripensò a quello che era successo durante l’attacco.
Era stato uno stupido, preoccupato per l’incolumità di Dean, aveva finito per esporre entrambi ad un pericolo maggiore. A causa del suo errore, il cacciatore era quasi morto.
 
Castiel sentì una fitta di rimorso, lo stesso che lo accompagnava fin da quando si era reso conto per la prima volta di aver tradito Dean.
Di nuovo il maggiore dei Winchester era in pericolo e di nuovo quella situazione poteva imputarsi alle scelte che la creatura celeste aveva fatto. Era colpa sua se si trovavano in Purgatorio.
In un certo senso, per la prima volta, l’angelo poté relazionarsi con il senso di colpa che da sempre accompagnava Dean, quel sentimento subdolo che lo logorava tutte le volte che non era riuscito a salvare qualcuno o quando non era riuscito a rimediare ad una situazione.
 
Guardò il cacciatore di fronte a lui, camminava cercando appoggio di tanto in tanto contro gli alberi, andava avanti per pura forza di volontà, tenendosi il fianco ferito. Era evidente che stava soffrendo, ma stringeva i denti e andava avanti, un passo dopo l’altro, scosso da occasionali colpi di tosse.
L’aria malsana che stavano respirando, stava continuando a fare danni logorando i loro corpi.
Castiel si chiese, per l’ennesima volta, per quanto tempo Dean avrebbe potuto resistere alla violenza che quel luogo stava esercitando sul suo fisico.
 
L’angelo, come già aveva fatto diverse volte nell’arco della loro amicizia, non poté che provare una stima profonda, per quello che il ragazzo era in grado di fare.
Un momento dopo, Dean si piegò in avanti soffocando un eccesso di tosse più forte degli altri, ma restò in piedi appoggiandosi ad un ramo contorto. Dopo una manciata di secondi parve riprendersi e ricominciò a camminare.
Castiel era lì ad un passo da lui, ma no lo toccò, rimase in attesa, riprendo a seguirlo non appena Dean si rimise in movimento. In quel momento l’angelo avrebbe solo voluto portarlo fuori di lì, curare le sue ferite e fargli riabbracciare Sam, sperando con quel gesto, di trovare l’assoluzione di cui sentiva tanto il bisogno.
 
Sam.
I suoi pensieri tornarono di nuovo sul minore dei Winchester. Si domandò se anche Dean stesse pensando a lui, ma sapeva già la risposta. Era quella la forza che lo faceva arrancare e restare in piedi.
Chiuse gli occhi e richiamò alla memoria le immagini che lo avevano assalito durante lo scontro con Gordon, mentre stava lottando per riuscire a muoversi e salvare Dean.
Gli sembrò di aver riconosciuto un luogo famigliare, c’era stato solo una volta, ma era sicuro fosse il rifugio di Samuel Campbell, il nonno dei Winchester.
Aveva sentito un’ondata emotiva simile alla sua che lo invadeva, portando con sé la stessa frustrazione, paura e pena, che aveva provato anche lui nel non riuscire a raggiungere Dean.
Era Sam. Era sicuro che quello che aveva visto e quello che aveva provato, fossero sensazioni che provenivano dal minore dei Winchester.
Ebbe la certezza che fosse vivo e che fosse sulla Terra, ma che in qualche modo fosse anche lì con loro.
 
Con gli occhi fissi sulla schiena di Dean, in modo da non perdere di vista i suoi movimenti, cercò di concentrarsi su Sam e di richiamare a sé quelle immagini.
Si sforzò di raggiungerlo, protendendo la sua Grazia verso il ragazzo, ma sembrava non fosse in grado di spingersi fino a lui.
Era come una figura sfocata, appena al di fuori del suo capo visivo, lo percepiva, sapeva che era lì, ma non riusciva a vederlo con chiarezza. Non appena cercava di focalizzarsi su di lui, Sam o meglio la sua essenza, sembrava sfuggirgli, spostandosi di nuovo fuori dalla sua percezione cosciente.
Non riusciva a comprendere quale fosse il legame che li univa, ma aveva la sensazione che, in qualche modo, lui e il ragazzo condividessero gli stessi pensieri.
Castiel ipotizzò che fosse un effetto collaterale dell’aver deviato le allucinazioni dalla mente del ragazzo. Averle convogliate dentro di lui, probabilmente aveva aperto una sorta di canale di collegamento, che, nonostante fossero su due piani materiali differenti, gli permetteva di provare quello che provava l’altro.
 
Più spingeva e si protendeva verso di lui però, più quel contatto sembrava sfuggirgli.
Castiel chiuse gli occhi per un attimo cercando di concentrarsi, ma li riaprì subito quando sentì un tonfo.
Dean era caduto a terra e aveva emesso un gemito strozzato, quando aveva picchiato il fianco ferito contro il terreno.
Si piegò su sé stesso, mettendosi in posizione fetale, tossendo e tenendosi il fianco dolorante.
Castiel fu al suo fianco in un attimo, la paura che di nuovo risaliva lungo la schiena.
Lo vide sputare sangue.
 
In quel preciso momento, per una frazione di secondo, l’angelo sentì Sam, vicino come lo era stato in occasione dell’aggressione di Gordon.
Un fugace visione del rifugio Campbell e di una donna che lui non conosceva. Fu solo un attimo, poi un nuovo eccesso di tosse di Dean lo riportò al presente, facendolo concentrare di nuovo sul cacciatore.
Castiel rimase spiazzato da quello che aveva appena vissuto. Ebbe la certezza che a collegare entrambi fosse Dean. I sentimenti che avevano per lui erano affini, ora riusciva a sentirlo chiaramente.

Il cacciatore aveva gli occhi chiusi e continuava a tossire, ogni nuovo respiro bruciava nei polmoni, il corpo era attraversato da una serie di leggere convulsioni. Aveva cercato di andare avanti, muoversi per trovare un luogo sicuro dove rifugiarsi, era questo il pensiero che gli aveva consentito di mettere un passo davanti all’altro.
Alla fine però, aveva dovuto cedere, non era più riuscito a sorreggersi ed era rovinato a terra.
Sdraiato sul terreno, sentì l’angelo posargli una mano sulla schiena, ma non percepì il suo potere di guarigione, sembrava stesse solo cercando di confortarlo.
 
Dean sentì il calore trasmesso dal palmo della mano dell’altro attraversare i vari strati di stoffa, fino a raggiungere la muscolatura contratta. Si calmò poco a poco, lasciando che la tensione muscolare si sciogliesse.
L’aria gli sembrava sempre più difficile da inalare e il fianco gli bruciava maledettamente.
Respirò in brevi tratti, cercando di calmarsi.
Quando finalmente riuscì a riprendere il controllo, sentì Castiel che lo aiutava ad alzarsi o forse sarebbe stato più corretto dire che lo aveva praticamente sollevato di peso.
L’angelo si mise il braccio di Dean intorno al collo, tenendolo con una mano, mentre con l’altra gli circondava la vita per sorreggerlo meglio. Il cacciatore si tenne il fianco, premendo sulla stoffa che aveva usato per tamponare la ferita ricevuta, cercando di trattenere il gemito che gli era salito in gola.
Non protestò con Castiel quando ripresero a camminare, non ne ebbe la forza, l’angelo stava praticamente sostenendo gran parte del suo peso.
 
Quando finalmente trovarono un rifugio riparato, Dean era a malapena cosciente.
Castiel lo fece sdraiare a terra e controllò la sua ferita. Il pezzo di stoffa era sporco di sangue, ma sembrava che l’emorragia si fosse arrestata di nuovo.
“Dean devo cercare di curare la tua ferita”, guardò il cacciatore, rendendosi conto che l’altro si stava sforzando di rimanere cosciente, “questo probabilmente esaurirà le mie energie per un po’ … ” continuò quando ebbe la certezza che il ragazzo lo stesse comprendendo, “devi rimanere sveglio, perché dopo che ti avrò guarito, probabilmente io non lo sarò”.
Dean gemette, scuotendo la testa in senso di diniego “No! Cass no … è troppo pericoloso …” diede un altro colpo di tosse che fece tremare il suo corpo.
 
L’angelo non gli diede retta. “C’è un’altra cosa che devi sapere,  prima …”. Non aveva ancora finito di pronunciare quella frase, che le sue mani si erano già posate sul fianco ferito del cacciatore. Castiel chiuse gli occhi e si concentrò per dosare il suo potere, doveva stare attento a non esagerare o avrebbe potuto non riuscire più a riprendersi.
“Cosa? Cosa devo sapere?” chiese Dean, rilassandosi a quel tocco, lasciandosi andare all’indietro e trattenendo l’ennesimo gemito di sofferenza. Sentì il calore delle mani dell’angelo aumentare e il suo dolore diminuire. Gli sembrò che anche il senso di oppressione che sentiva sui polmoni scivolasse via, rendendogli più facile respirare.
Era già stato guarito altre volte da Castiel, ma non era mai accaduto in quel modo, sentì le forze tornare anche se non completamente, cominciava a sentirsi decisamente meglio.
“Sam sta bene … non è qui Dean. Ora ne sono certo …” Continuò l’angelo.
Dean riportò immediatamente l’attenzione sull’angelo, aveva ancora gli occhi chiusi ed era sempre più pallido, un rivolo di sangue cominciò a colargli dal naso.
“Che vuol dire? Basta! Maledizione … fermati Cass!” Dean era tornato completamente cosciente e non voleva che l’altro andasse oltre.
 
Richiamato da quella frase, Castiel aprì gli occhi e li fissò in quelli del ragazzo, un piccolo sorriso gli piegò gli angoli della bocca subito prima di perdere i sensi ed accasciarsi vicino a lui.
Dean si sporse sul corpo inerme dell’altro, constatando che era svenuto, “Dannazione Cass! Non dovevi farlo! Che volevi dire?”
‘Sam sta bene … non è qui’ Dean si aggrappò a quella frase cercando di calmarsi. Si guardò intorno, di nuovo conscio di dove si trovasse.
 
Il dolore al fianco era ancora presente, ma quando controllò la ferita, si rese conto che era chiusa, quasi come se fosse stata cicatrizzata. Il segno della pugnalata era ancora lì, Cass non lo aveva guarito del tutto, ma quanto bastava per permettergli di andare avanti.
Riusciva anche a respirare meglio, nonostante l’aria avesse sempre quel sentore di putrido e malsano.
Riportò l’attenzione sull’angelo, era pallido, ma respirava regolarmente, sperò che Cass non avesse fatto il passo più lungo della gamba e che fosse in grado di recuperare le energie che aveva usato per curarlo “maledizione” imprecò tra i denti.
Si tolse la giacca, la piegò fino a farne un fagotto e la mise sotto la testa di Castiel, “grazie …” sussurrò.
Si appoggio con la schiena alla roccia, rimanendo vicino all’angelo svenuto e si preparò a montare la guardia pregando che gli dessero un po’ di tregua.
Le ultime parole su Sam gli avevano alleggerito il cuore, ma oltre a quello, c’era un atro problema con cui presto sarebbe dovuto venire a patti, erano passate parecchie ore da quando si era svegliato in Purgatorio ed ora cominciava ad avere sete.
 
 
N.d.A.
Ringraziamo subitissimo tutti le personcine che ci stanno seguendo e commentando … anche solo seguendo … anche solo leggendo … anche solo …
*thinias da uno scoppellotto ad ele*
Thinias: ele cosa stai scrivendo?
Ele106: ma non lo so! Guarda thinny, lascia stare che sono completamente fusa!
Thinias: ce ne faremo una ragione! Ci penso io vah …
 
Allora, gente! In questo capitolo abbiamo puntato sullo sviluppo e l’evoluzione del legame che sta nascendo tra Sam e Jody *la amano*.
Speriamo di avervi accompagnati, senza fare troppa confusione, lungo quello che è stato uno dei passaggi più difficili da scrivere.  La parte delle parole di Metatron, che è completamente inventata, è stata in assoluto la più complicata, quindi speriamo sia risultata comunque credibile e comprensibile. In caso contrario … invochiamo clemenza XD
 
Ultima cosa, ma non meno importante: col prossimo giro il nostro angioletto custode la farà da padrone.
Speriamo di ritrovarvi nei commenti.
Ciauuuuuuz

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Capitolo 6
*** Capitolo VI - Un problema alla volta ***



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N.d.A. (della vergogna) *indossano l’elmetto, per evitare la furia della folla inferocita*:
 
or dunque eccoci qua! Per chi avesse temuto per le nostre vite, tranquilli! Siamo vive e vegete …
*coro dei lettori: disgraziate!!!!!!!!!! Cosa cacchio avete fatto fino ad ora????*
 
Come tutti voi probabilmente immaginate, la sola ed unica responsabile del ritardo è Ele106 *ma va?? Che strano*, mentre la povera Thinias è completamente innocente e scalpitava per scrivere! *Ele106: …e si sfogava di conseguenza, partorendo focose one-shot sul fandom del cast… che poi son diventate long, perché si sa il fuoco va estinto con calma*. *Thinias: dovevo pur tenermi occupata! u.u *
Comunque, in fondo al capitolo la colpevole vi chiederà perdono in ginocchio, mentre l’innocente punterà il dito dietro di lei *e la decapiterà con una katana giapponese …ah no! Quella è un’altra cosa XD*
Buona lettura ;D
 
 
Capitolo VI – UN PROBLEMA ALLA VOLTA


 
Rifugio Campbell

 
Sam si sdraiò su una delle brande del dormitorio, la testa gli faceva ancora male così come il petto. Non riusciva a darsi una spiegazione per quella sorta di visioni che aveva avuto e nemmeno per le sensazioni così forti che aveva provato.
Jody aveva ragione, aveva bisogno di dormire, ma si convinse che non sarebbe riuscito a prendere sonno.
A dispetto di quello che lo sceriffo gli aveva praticamente ordinato, seguitava a ripensare a quello che aveva visto, concentrandosi di nuovo sull’unico pensiero che aveva percepito nitidamente:
Dean.
Salvare Dean.
 
Un’idea fissa, un tormento continuo che lo assillava fin della scomparsa di suo fratello, avvenuta ormai più di tre giorni prima.
La frustrazione di non riuscire a trovare appigli che gli permettessero di trovare Dean, lo stava consumando, così come la disperazione e la paura che fosse tutto perduto.
Si rigirò nel letto cercando invano di dormire e, nonostante ogni fibra del suo corpo lo implorasse di riposare, lui non riusciva ad escludere quei pensieri dalla sua mente.
 
Si portò una mano sul petto, là dove aveva sentito distintamente la fitta di dolore qualche ora prima. Qualunque cosa fossero quelle strane percezioni, la preoccupazione per le sorti del fratello aveva surclassato tutto il resto. Aveva la sensazione che quelli che aveva provato, non fossero sentimenti suoi, o almeno, che non fossero ‘solo’ suoi.
Aveva ancora quelle immagini davanti agli occhi quando finalmente, quasi senza rendersene conto, scivolò nel sonno.
 
Fu presto preda dei sogni.
La figura di suo fratello cominciò a popolarli e le immagini che vedeva, erano le stesse che lo avevano perseguitato dopo che Dean era finito all’inferno.
Sam si agitò nel letto, gemendo.
Il susseguirsi di eventi cambiava velocemente, passava dai momenti peggiori che avevano vissuto assieme, agli attimi in cui Dean era quasi morto.
 
Una sola immagine ricorrente continuava a tornare, sempre vivida e devastante.
Rivedeva il momento in cui il petto di suo fratello veniva squarciato dagli artigli famelici del cerbero, come in un terrificante film dell’orrore.
Sentiva che il senso di vuoto che aveva provato quando Dean era morto, lo assaliva nuovamente, rendendo il dolore che aveva provato allora, ancora intenso e presente.
Il suo inconscio cercò di combattere contro quella sensazione, ma la visione del corpo martoriato di suo fratello seguitava a rimanere di fronte a lui.
 
Il sangue era dappertutto, usciva velocemente da quelle terribili ferite, raccogliendosi in una pozza scura sotto di lui.
Sam sentiva le lacrime bruciare e solcargli il viso in rivoli salati.
Niente di tutto quello era reale, in qualche modo il ragazzo era consapevole che si trattava di un sogno, se lo ripeteva di continuo, ma allo stesso tempo sembrava tutto così vero e così doloroso.
 
Non si rese conto immediatamente del cambiamento, serrò gli occhi nel tentativo di escludere quelle immagini così devastanti e quando li riaprì, si trovò per l'ennesima volta a percorrere con lo sguardo il corpo esanime di suo fratello e le ferite sul suo petto.
Fu un mutamento fluido, come l'effetto di una dissolvenza.
Il sangue sembrò sparire, come se non fosse mai esistito e con esso gli squarci sulla pelle.
Sam rimase attonito, apriva e chiudeva gli occhi, cercando di far andar via le lacrime che li riempivano e gli appannavano la vista.
 
Le ferite sparirono una dopo l’altra, fino a che non ne rimase una sola, sul fianco.
Sanguinava debolmente.
Guardò il volto di suo fratello, era pallido e aveva profonde occhiaie scure sotto gli occhi, ma  con sollievo, Sam si rese conto che aveva ripreso a respirare.
Seguendo l'istinto più che la razionalità, cadde in ginocchio a lato di Dean e premette le mani sulla ferita per arrestare l'emorragia.
Nell'istante in cui lo toccò, sentì delle altre mani sotto le sue.
 
I contorni dell'ambiente in cui si trovava, che fino a quel momento erano rimasti indistinti, presero forma e concretezza. Gli sembrava di trovarsi in una specie di grotta.
Suo fratello cominciò a gemere debolmente.
Quando alzò lo sguardo si trovò di fronte Castiel, aveva un lieve sorriso sul volto.
Erano le sue, le altre mani posate sulla ferita di Dean.
Sam sentì una sensazione di calore sui palmi e pur senza vedere, seppe che l'angelo lo stava curando.
Nel momento in cui il taglio si richiuse, il ragazzo vide Dean aprire gli occhi, un attimo dopo era scomparso e lui e Castiel erano rimasti soli.
"Ciao Sam".
 
****
 
Castiel aveva sentito la presenza del minore dei Winchester farsi più concreta, quando la preoccupazione per le condizioni di Dean era aumentata.
Aveva cercato di protendere la sua grazia verso Sam e nello stesso tempo, di dosare le sue energie per riuscire a curare Dean.
Il loro collegamento era più forte di quello che credeva, l'angelo era riuscito a percepire l'angoscia e il dolore che il ragazzo stava provando.
 
Aveva cercato di rassicurarlo, portando la coscienza di Sam vicino a quella del fratello. Voleva che il ragazzo percepisse che Dean era vivo.
Incredibilmente Sam, non solo era riuscito a percepirlo, ma era riuscito anche ad interagire con loro.
Castiel aveva sentito le mani del minore dei Winchester sopra le sue e il potere di quel contatto, aumentare la propria forza.
Forte di quell'aiuto aveva curato Dean, senza però perdere la connessione con Sam, ma concentrando le poche energie rimaste per mantenere il contatto con il minore dei Winchester. Solo quando fu sicuro che il legame onirico creatosi tra loro fosse abbastanza forte, Castiel permise al suo corpo fisico, spossato, di cedere alla mancanza di energie, ed accasciarsi vicino a Dean.
 
L’angelo e il ragazzo rimasero soli, in quello spazio senza tempo in cui le loro coscienze sembravano essersi fuse.
"Ciao Sam"
 
 
****
 
Purgatorio
 
Dean rimase a vegliare l’amico privo di sensi.
Si alzò e si avvicinò di nuovo a Castiel, posando due dita sotto il suo naso, per assicurarsi che il respiro fosse regolare. Restò in quella posizione per alcuni secondi, sentendo il ritmo della respirazione appena accennato, debole, ma regolare.
Il maggiore dei Winchester fece un involontario cenno di assenso con la testa, poi si tirò indietro e si rimise di nuovo a sedere, con le spalle appoggiate alla parete di roccia. Tirò le ginocchia vicino al petto e vi poggiò sopra i gomiti prima di prendersi la testa tra le mani.
Dopo che Cass lo aveva curato, Dean sentiva che era di nuovo in grado di respirare, aveva ancora fastidio al fianco dove era stato ferito, ma stava bene.
Non si faceva illusioni, sapeva che presto  la situazione sarebbe peggiorata nuovamente.
Era chiaro che quell’ambiente aggrediva il suo corpo come un virus. Pian piano avrebbe di nuovo fiaccato le sue resistenze.
 
Chiuse gli occhi e cercò di ripercorrere tutti gli eventi che lui e Castiel avevano vissuto da quando erano finiti in Purgatorio.
Da quando quel casino era cominciato, tutto era accaduto molto in fretta e l’unica cosa di cui era stato davvero cosciente fino a quel momento, era che fossero in fuga.
Si era portato dentro, per tutte quelle ore, la sensazione schiacciante di non sapere dove fosse Sam, se stesse bene, se fosse ancora vivo. Ora il peso che aveva sul cuore sembrava essersi alleggerito, le ultime parole di Cass avevano avuto il potere di fargli tirare un respiro di sollievo.
 
Non aveva dubbi della veridicità di quelle parole, soprattutto dopo che avevano affrontato Gordon.
Il destino, nel suo modo subdolo di far susseguire gli eventi, aveva fatto sì che in quel luogo dimenticato da Dio, incontrassero di nuovo l’ex cacciatore.
Come un fiume in piena, la notizia della sua presenza sembrava essere dilagata in lungo e in largo per il Purgatorio e le bestie che lo abitavano, avevano cominciato a dargli la caccia.
Nessuna di loro però sembrava sapere di Sam. Gordon non aveva idea di dove si trovasse suo fratello.
 
Dean non era riuscito ad elaborare subito quella notizia, perché oltre che con il coltello, quel maledetto bastardo aveva colpito dove faceva più male, con le sue parole.
Quello che gli aveva detto bruciava ancora sulla sua anima, quelle frasi erano come lingue roventi capaci di causare un dolore profondo che non poteva essere cancellato, soprattutto quando, nel punto più nascosto del suo cuore, Dean era convinto fossero vere.
Si era sempre sentito inadeguato e soprattutto colpevole, per le cose che non era riuscito ad aggiustare, per gli affetti che non era riuscito a salvare, per tutte quelle vite che non era riuscito a sottrarre alla morte.
La voce di suo fratello gli venne in soccorso, facendosi spazio tra le parole di Gordon, ‘non possiamo salvarli tutti Dean’, gli aveva ripetuto quella frase migliaia di volte, eppure lui si sentiva in colpa per ognuna delle vite che non aveva salvato.
 
Strinse gli occhi cercando di scacciare quelle sensazioni, ‘non è la colpa che ricade sulle tue spalle’ le parole di Castiel, dette tempo addietro, gli tornarono alla mente.
Nonostante tutto, nonostante quello che era successo, quello che lui e Sam avevano scatenato, aveva sempre cercato di fare del suo meglio.
Scacciò come meglio poté le parole di Gordon dalla sua mente, dopotutto, si disse, almeno di una cosa poteva andare fiero, lui e suo fratello avevano spedito in quel luogo una serie infinita di mostri, impedendogli di nuocere ad altre persone innocenti.
 
Si riscosse dal torpore che lo stava cogliendo, si passò le mani sul viso cercando di riprendersi.
Quando le ritrasse, rimase qualche attimo ad osservarle. Erano sporche del suo stesso sangue, di terra e sudore.
Si alzò con fatica, emettendo un gemito quando la schiena gli mandò delle fitte dolorose.
Non aveva bisogno di controllare, per sapere che sicuramente era coperta di lividi, se li era probabilmente procurati quando aveva impattato contro l’albero, durante la lotta con il vampiro.
Cerò di sciogliere un po’ i muscoli indolenziti e si diresse verso l’apertura dell’anfratto in cui si erano rifugiati.
Una pioggia sottile aveva preso a cadere, l’acqua scivolava sulle parete di roccia in piccoli rivoli, che si riversavano in minuscole pozze, dove la pietra creava dei leggeri avvallamenti.
 
Dean affondò le mani in una delle pozzanghere più ampie e cercò di lavare via la sporcizia dalle dita, assieme alla terra e al sangue rappreso. Subito dopo si lavò il viso, digrignando i denti quando passò la mano sulla ferita che Gordon gli aveva procurato sulla mascella.
L’odore di marcio proveniente dall’acqua che stava usando, gli riempì le narici, mischiato con il sentore di terra bagnata. Cercò di reprimere un conato e usò la camicia per asciugarsi.
Si trovò a fissare i rivoli d’acqua che scivolavano verso il basso. La sete che gli aveva tenuto compagnia nelle ultime ore, intensificò la sua morsa.
Si leccò le labbra, dove era rimasta traccia dell’acqua che aveva usato per sciacquarsi il viso.
 
Sentì la bocca arida e il desiderio di bere farsi irresistibile.
Rimase fermo per qualche istante ad osservare le gocce che scivolavano sulla pietra, “oh al diavolo!” disse e si sporse in avanti.
Avvicinò la bocca ad una delle scie e appoggiò le labbra alla roccia. Succhiò l’acqua cercando di scacciare l’odore di marcio che rischiava di fargli rivoltare lo stomaco e di non pensare a cosa stava inghiottendo insieme all’acqua.
La sete prese il sopravvento e si trovò a bere con avidità.
 
Chiuse gli occhi e bevve, cercando di placare la sensazione di arsura che provava.
Quando si staccò dalla roccia gli sembrò di stare meglio, ma la sensazione durò poco, bastarono una manciata di secondi perché si piegasse in due tenendosi lo stomaco.
Delle fitte lancinanti lo fecero ripiegare su sé stesso, tenendosi la pancia con un braccio, si puntellò con l’altra mano sulla parete di pietra. I conati arrivarono subito dopo, cominciò a sudare freddo e i muscoli del suo corpo, si contrassero in una morsa dolorosa subito prima di rigettare il contenuto dello stomaco ai suoi piedi.
Fu più che altro bile e quel poco di acqua che aveva bevuto.
 
Si lasciò cadere sulle ginocchia, cercando di rilassare i muscoli.
Ebbe alcuni altri conati, fino a che non ci fu più nulla nel suo stomaco di cui liberarsi. Gli occhi erano colmi di lacrime dovute allo sforzo di rigettare. Sputò in terra, cercando di togliersi il sapore acido dalla bocca.
Non andava bene per niente.
“Merda… quel figlio di puttana aveva ragione!” Le parole di Gordon riecheggiavano nuovamente nella sue orecchie. “Moriremo di sete…” Dean si strinse le braccia intorno al corpo, mentre cercava di rilassarsi.
Nella vita non si era mai arreso, non l’avrebbe fatto nemmeno stavolta, ma la situazione era disperata e le nozioni apprese in anni di duro addestramento, non gli davano molte speranze. Vedeva le loro possibilità di sopravvivenza ridursi sempre di più.
 
Fece un sorriso amaro, almeno sapeva che suo fratello stava bene… qualunque cosa fosse successa di lì a breve, almeno Sammy era al sicuro.
Cercò di farsi forza. Non era molto, ma quel pensiero era pur sempre qualcosa a cui aggrapparsi.
In qualche modo riuscì a rimettersi in piedi e, una volta ripreso l’equilibrio, portò lo sguardo in direzione della grotta. Pensò che fosse meglio tornare a stendersi sulla pietra, per cercare di conservare le energie.
Si incamminò lentamente, tenendosi un braccio intorno alla vita, mettendo un piede davanti all’altro.
Fece solo alcuni passi, prima di bloccarsi nel bel mezzo del movimento e voltarsi nuovamente verso l’acqua che scendeva lungo la parete rocciose.
 
Gli venne un’idea che per quanto assurda, avrebbe consentito loro di sopravvivere. Ed era assolutamente certo che suo padre sarebbe stato orgoglioso di lui.
Curvando le labbra in un sorrisetto appena accennato, Dean girò i tacchi e tornò barcollando alle pozzanghere di acqua putrida.
 
****
 
Quando Castiel riprese conoscenza, la prima sensazione che pervase il suo corpo, stanco e severamente provato dagli sforzi appena compiuti, fu un lieve e rassicurante tepore.
Si trovava al caldo? Com’era possibile?
Aveva ancora gli occhi chiusi, li sentiva bruciare dietro le palpebre abbassate.
Castiel ricordava alla perfezione la conversazione appena avuta con Sam. Quando si erano separati lui si era di nuovo ritirato nel suo involucro di carne, ma era come se il suo corpo fosse ancora addormentato e la sua essenza, ancora intrappolata nel ricordo di quel sogno, non fosse in grado di riprenderne completamente il controllo.
Sentì un lieve formicolio ai muscoli indolenziti e rumori confusi in sottofondo, gli arrivavano ovattati, come se si trovassero al di là di una porta chiusa.
Quel particolare stato di semicoscienza sembrò quasi rilassarlo, ritardando così il suo risveglio.
Lottò con quello stato di torpore, ancora intento nello sforzo di aprire gli occhi, aveva bisogno di verificare le sue effettive condizioni e quelle di Dean.
 
Dean.
 
Il pensiero del compagno lo fece scattare in posizione seduta ad una velocità sorprendente, tanto da far sobbalzare il cacciatore, che si trovava proprio accanto a lui, di spalle, intento a trafficare con qualcosa di non ben precisato.
 
Alzandosi così bruscamente, il logoro trench che lo ricopriva per tenerlo al caldo, gli scivolò in grembo, raccogliendosi sulle gambe.
 
“Ehi guarda un po’ che si è svegliato! Buon giorno Aurora!” la voce di Dean rimbombò all’interno della grotta,  attirando l’attenzione di Castiel, che subito spostò lo sguardo su di lui, guardandolo mentre si avvicinava e si inginocchiava al suo fianco. Nella mano destra, reggeva  una strana pietra.
L’angelo osservò i suoi movimenti, Dean era ancora visibilmente stanco, ma sembra tutt’altro che abbattuto. Un buffo sorrisetto, misto tra orgoglio e soddisfazione, gli incorniciava il viso, accentuandone le rughe in parte agli occhi.
 
“Stai bene?” gli chiese l’angelo. Sapeva di non averlo curato completamente e lui per primo era stupito dalle buone condizioni dell’uomo, che fino a poco prima rischiava di morire.
“Quello svenuto eri tu, mi pare…” rispose il cacciatore, sarcastico.
Castiel lo vide sporgersi verso di lui, porgendogli la particolare pietra che ora reggeva con entrambe le mani, “Tieni! Bevine un po’..” continuò il ragazzo.
Ancora confuso, l’angelo ebbe finalmente modo di guardarci dentro: era cava e al suo interno c’era …
 
Acqua.
 
Senza pensarci, come mosso da puro istinto di sopravvivenza, improvvisamente conscio della gola che gli bruciava come l’inferno e delle labbra secche e tagliate, Castiel afferrò la pietra e bevve velocemente, a grandi sorsate, finendo per tossire in modo incontrollato subito dopo, per la violenza con cui l’acqua era scesa nella sua gola provata.
“Piano tigre! Con calma…” disse Dean, afferrando al volo la pietra, prima che finisse a terra  con quel poco di acqua che ancora rimaneva.
 
Qualche altro colpo di tosse e l’angelo si riprese. Si passò il braccio sulla bocca, asciugandola con la stoffa del pigiama striminzito. Rimase spiazzato dalla sua stessa reazione, non aveva mai provato il desiderio di bere, non ne aveva mai avuto bisogno, non sapeva cosa fosse la sete. Eppure nonostante fosse ancora scosso da piccoli eccessi di tosse, pensò che la sensazione di sollievo che bere quell’acqua gli aveva dato, era una cosa piacevole e inaspettata, nonostante il sapore non fosse dei migliori.
“E’ disgustosa…” gracchiò Castiel, poi spalancò gli occhi preoccupato, se l’aria aveva il potere di indebolirli, l’acqua poteva addirittura essere letale per loro.
“Dean! Sei impazzito?? E se... se? Tu l’hai bevuta?!” Chiese, alzando il tono della voce, visibilmente turbato, cercò con fatica di rimettersi in piedi.
Sfortunatamente la grotta in cui erano rifugiati non era propriamente grande e confortevole. Era bassa e stretta.
Alzandosi, Castiel urtò il soffitto con la testa, emettendo uno sbuffo di dolore, ma prima che potesse ricadere nuovamente a terra, il cacciatore lo afferrò prontamente per le spalle.
 
Dean sorrideva ancora, soddisfatto e felice, come se, in poche ore avesse magicamente risolto tutti i loro problemi.
“Tranquillo, l’acqua è buona… beh, si fa per dire! L’ho bollita.” Gli disse ammiccando e accompagnando quelle poche parole, con un paio di sonore pacche sulle spalle. Prima di lasciarlo andare, si assicurò che l’angelo si reggesse in piedi da solo.
Nonostante la solita rigidità nei movimenti, Dean lo vide rilassarsi, evidentemente aveva accettato le sue rassicurazioni.
Castiel sembrava quasi imbarazzato per la reazione istintiva e troppo emotiva appena avuta, si guardò in giro come se non sapesse cosa fare di sé stesso, poi si sedette stancamente a terra, prendendo di nuovo la pietra cava dalle mani del cacciatore e bevendo le ultime sorsate d’acqua, stavolta con più calma.
 
Dean aveva ripreso ad armeggiare con qualcosa, dandogli le spalle e l’angelo poté osservarlo distrattamente, ripensando alle parole appena sentite, ma non riuscendo a darsi una spiegazione convincente. Non capiva…
“Dean come hai fatto a bollirla?” chiese, con sincera curiosità e, perché no, un pizzico di timore e diffidenza.
 
Il cacciatore si voltò verso di lui, il sorrisetto si era trasformato in un ampio sorriso ed era salito fino ad illuminargli gli occhi, che ora brillavano di fiera soddisfazione.
“Lo sai, moccioso… lo devo proprio dire! Ci sono dei vantaggi nell’avere come padre un ex marines degli Stati Uniti …” spiegò, spostandosi leggermente, così che Castiel vedesse cosa stava facendo.
“Uno di questi vantaggi, consiste nel doversi imparare a memoria il manuale di sopravvivenza del Corpo.” annunciò, mostrando all’angelo quello che era riuscito a fabbricare.
 
Castiel vide che Dean aveva approntato un piccolo falò. Una serie di pietre, addossate vicino alla parete dell’ingresso, trattenevano degli arbusti e dei piccoli legni che stavano bruciando. Dovevano essere legni nuovi, perché poté scorgere una brace già formata sotto di essi.
Appoggiata sulle pietre, in bilico sul fuoco, c’era una pietra piatta più grande e sottile delle altre, leggermente concava, tanto da riuscire a stento a contenere l’acqua al suo interno.
Da dove si trovava, Castiel poteva vederla bollire, evidentemente la pietra scaldandosi riusciva a trasmettere sufficiente calore per portare a termine tutta la procedure di purificazione dell’acqua.
Guardando quel sistema improvvisato, l’angelo si rese conto che Dean doveva averci lavorato parecchio, perché si poteva purificare solo una piccola quantità di liquido alla volta.
 
Castiel rise, colpito dall’inventiva del cacciatore e contagiato dalla sua euforia.
Dean guardandolo si lasciò andare in una risata lunga, liberatoria e completamente assurda, priva di qualsiasi senso logico.
Non c’era proprio un bel niente da ridere, lo sapevano entrambi. Questa trovata li avrebbe fatti andare avanti ancora, quanto? Un paio di giorni? Ammesso che i giorni passassero davvero in quel buco dimenticato da Dio.
Erano deboli, stanchi e affamati. Dean non si faceva illusioni, avrebbero resistito ancora per poco.
Ma erano vivi! Diavolo, un problema alla volta! Avrebbero ammazzato tutto quello che gli si parava di fronte e, dannazione, se fosse stato necessario, si sarebbero nutriti delle bestie che ammazzavano. Qualsiasi cosa fossero.
 
Quando l’euforia scemò pian piano, di pari passo con le risa, l’espressione di Dean tornò a farsi sempre più seria e preoccupata.
Pensava a Sam.
Castiel lo intuì immediatamente e fu il momento di ritornare alla realtà, di ricordarsi quel che gli era successo e di dargli spiegazioni.
“Dean…” disse piano, per distogliere il cacciatore dai suoi pensieri, cercando rapidamente di fare mente locale e trovare il modo giusto per dire all’uomo quel che era successo mentre era svenuto.
 
Il cacciatore lo fissò preoccupato, intuendo che si trattava di qualcosa di importante e sopportando a stendo, i pochi secondo d’attesa che l’angelo impiegò per mettere insieme le parole.
“Oh andiamo che c’è?” sbottò, alzando le braccia in aria, visibilmente frustrato.
L’espressione tirata di Castiel, tradiva tutta l’urgenza dell’argomento “Ho parlato con Sam, Dean… ci ho parlato in sogno.”
Il cacciatore rimase a fissarlo incredulo.

 
 
N.d.A. (del pentimento) ç_ç

 
Ele106: chiedo umilmente perdono a tutti per l’attesa! Ho avuto un’estate da incubo che lasciamo stare, e bla bla bla bla… beh! Insomma portate pazienza, vi prego!! Speriamo di procedere con più costanza da ora in poi, sappiate che non ho la minima intenzione di lasciare nulla di incompiuto! Un bacionissimo a tutti e scusate ancora ;DDD … ah! Ovvio che la cover è comparsa apposta per farci perdonare *paracule-mode-one*
 
Thinias: *era ora, sospira* dopo averla minacciata per tutta l’estate di continuare la fanfic da sola ed essermi sfogata scrivendo un paio di cosette alternative, sono riuscita a spingere ELE a rimettere mano a questa storia e alla fine abbiamo partorito il nuovo capitolo. Le scuse con chi aspettava di leggere il seguito sono d’obbligo e come dice ELE, da qui si dovrebbe riprendere a postare con un po’ più di costanza :)
 
Ora, speriamo che, nonostante l’abominevole ritardo, il tutto continui ad intrigarvi ed appassionarvi! Abbiamo appena avuto modo di vedere l’inizio dell’ottava e … siamo letteralmente impazzite! Ci piace tantissimo e siamo elettrizzate all’idea della stagione che ci aspetta. Dean è un mito!!! Lo amiamo sempre più, anche se nella nostra storia è succube del Purgatorio, l’idea di vederlo invece predatore, ci ha fatte andare fuori di testa! Non è detto che in qualche modo non finiremo per avvicinarci a questa versione più aggressiva ;)
Grazie ancora a tutti, con tutto il cuore!
 
Ps. e… PER DIO…qualcuno ci dica come cavolo si fa a bollire l’acqua senza un maledettissimo contenitore!?!?!?!?!?!? Salvateci :DDDD

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Capitolo 7
*** Capitolo VII - Legame ***



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Capitolo VII - LEGAME
 
 
Rifugio Campbell
 
Quando Sam si svegliò, stropicciandosi gli occhi, si sentì indolenzito e stanco, come se non avesse dormito un secondo.
Si tirò a sedere sul letto e si scrocchiò le ossa del collo, cercando di riprendere un minimo di mobilità.
Gli ci volle un attimo per schiarirsi la mente e rendersi conto di dove fosse.
Quell’attimo fu sufficiente per ricordargli quello che aveva appena sognato.
Si guardò le mani, aprendo e chiudendo i pugni, come per testare che fossero le sue, che fossero reali, le sentiva calde.
“Non era un sogno…” mormorò tra sé, prima di balzare fuori dalla branda, improvvisamente vigile e raggiungere velocemente la stanza accanto.
 
Jody era addormentata sul logoro divano della biblioteca, distesa su un fianco e coperta con la sua stessa giacca. Vicino al cuscino c’era ancora il quaderno scritto da Kevin.
Quando la vide, Sam rimase a fissarla per un attimo, mentre tutto quello che era successo nelle ultime ore tornava lentamente a galla. Cercò di mettere ordine nei suoi pensieri, non sarebbe stato facile spiegare quello che aveva appena vissuto.
Le si avvicinò, accucciandosi vicino al divano e, nel farlo, una ciocca ribelle di capelli gli ricadde sul viso. Lui la portò distrattamente dietro l’orecchio, chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro, cercando di calmare i nervi. Quando li riaprì, gli sembrò di sentirsi relativamente più calmo e risoluto.
 “Jody!” disse piano, con tono fermo, ma cercando di non spaventarla.
 
Un altro paio di tentativi a vuoto, finché lo sceriffo si decise a schiudere gli occhi, stancamente.
Mise a fuoco il volto di Sam e, appena le fu chiara l’espressione tirata ed ansiosa, scattò a sedere, quasi sbattendo la testa contro il naso del ragazzo, che si ritrasse appena in tempo.
“Che succede?” gli chiese improvvisamente allarmata, afferrandolo per un braccio.
“Stai bene Sam?” senza che se ne rendesse conto, si ritrovò ad utilizzare con lui, di nuovo lo stesso tono che era solita usare con suo figlio, ormai molto tempo prima.
Il minore dei Winchester sorrise per la prima volta negli ultimi tre giorni e lei rimase ancora più spiazzata.
 
Il sorriso era comparso sul volto di Sam, senza che avesse davvero buone notizie da darle.
Affiorato per il semplice fatto che, finalmente, da quando suo fratello era scomparso, aveva una certezza. La avvertiva farsi sempre più concreta, prendeva forma nella sua mente e metteva radici nel suo animo.
“Jody, è vivo…” le disse. “Dean è vivo!” il sorriso ancora sulle labbra, ad aggiungere confusione e domande sul volto interdetto della donna che lo stava guardando.
 
****
 
"Ciao Sam!" Castiel lo disse come se fosse la cosa più naturale del mondo, cercando di non allarmare il ragazzo. Mantenne il tono della voce tranquillo e conservò la tipica rigidità del proprio aspetto.
Soltanto il luccichio dei suoi occhi azzurri, tradiva l’urgenza dei suoi pensieri. Dovevano fare in fretta, lo sapeva, lo avvertiva. Quel contato poteva svanire da un momento all’altro.
"Cass…" la risposta del giovane fu titubante. "T-tutto questo è reale?" chiese, dopo un ulteriore attimo di esitazione.
"Si" lo rassicurò l'angelo, che ormai credeva di aver capito cosa stesse succedendo.
 
Quando Castiel aveva assorbito le allucinazioni di Sam, deviandole su sé stesso, in qualche modo era andato a toccare la sua anima. L’aveva vista, percepita e, non sapeva spiegarsi come, aveva finito con il portarsene via un frammento, quello danneggiato dal dolore, dai ricordi più bui della gabbia, sanando l’anima del ragazzo quel tanto che bastava da permettergli di continuare a vivere. Forse in quel modo si era venuto a creare tra loro una sorta di legame, un passaggio, una finestra aperta tra le loro due menti.
Era un legame di cui non si era reso conto, che era rimasto sopito, nascosto allo stesso angelo, fino a che non si era trovato in Purgatorio e Dean non era stato in pericolo. Sembrava che quello che entrambi provavano per Dean, fosse l’elemento che dava forza a quella connessione.
“Era reale?" Chiese di nuovo Sam, riportando l’attenzione dell’angelo su di lui. Il ragazzo guardava nel punto in cui, fino ad un attimo prima, giaceva suo fratello.
“È vivo?" dal tono della sua voce, traspariva la paura di conoscere la risposta.
"Si… Dean è ancora vivo." L’angelo piegò la testa di lato, continuando a fissare il giovane Winchester. Un lieve sorriso gli piegò gli angoli della bocca, quando vide il sollievo affiorare sul volto dell’altro.
 
Stordito e confuso, Sam non seppe cosa credere. Stava solo sognando? Oppure no? Quello di fronte a lui era davvero Castiel? Come poteva esserne certo?
Per un momento si disse che la sua mente stava solo cercando di rassicurarlo, che desiderava così tanto che Dean fosse vivo, da creare quella sorta di illusione onirica, con l’unico scopo di attenuare il suo dolore.
Eppure, aveva ancora le mani posate su quelle dell’angelo e le sentiva estremamente concrete sotto le proprie, calde. Non si azzardò a spostarle, preoccupato di perdere quel contatto.
 
Doveva essere vero! Se ne convinse, cercando di lasciarsi andare e fidarsi del suo istinto.
“Dean… dov’è ora? Perché è sparito? Posso parlare anche con lui?” la raffica di domande investi Castiel, che non fu sorpreso da tanta irruenza, ma si rammaricò di non avere risposte immediate da dargli… almeno non tutte.
“Non è possibile Sam. Questo passaggio… questo collegamento, a quanto sembra è possibile solo tra noi due.” Lo disse avvertendo un fastidioso senso di dispiacere, per il solo fatto di non poter accontentare quella semplice richiesta, lo smarrimento sul volto di Sam era fin troppo evidente.
“Cass…” il nome dell’amico uscì a stento dalle sue labbra. “Come è possibile? Come riesco a parlare con te, a vederti qui di fronte a me?” Sam lo fissò per un momento, poi parve intuire. “È perché hai… preso le mie allucinazioni? Quando sei entrato nella mia mente… ”
L’angelo sorrise, il giovane Winchester era sempre stato acuto.
“Penso che quella sia la causa, ma credo che il legame si sviluppi attraverso quello che entrambi proviamo per tuo fratello.”
 
Sam non riuscì a capire fino in fondo come fosse possibile, scelse semplicemente di non reputarla una priorità. Non in quel momento. Prima doveva essere certo delle condizioni di Dean.
“Siete davvero in Purgatorio? Cosa vi è successo?” la sua voce era poco più di un sussurro.
“E’ così! Tu e la donna che ho visto nelle visioni, lo avete già intuito, vedo.” L’angelo non distolse mai lo sguardo dal ragazzo, cercando di mantenere il collegamento tra di loro, traendo energia dal contatto tra le loro mani.
Girò i palmi verso l’alto e prese i polsi di Sam, stringendoli tra le dita. Voleva che il cacciatore sentisse che quello che stava succedendo era reale.
“Quando Dick è morto, io e Dean eravamo molto vicini… troppo vicini. Probabilmente la stessa forza che lo ha rispedito qui, ci ha trascinato giù con lui.”
Castiel si soffermò, per la prima volta, a pensare quale potesse essere la forza che li aveva portati in quel luogo. L’arma che avevano usato era impregnata del sangue di creature molto potenti, sapeva che Dick era in Purgatorio ora, poteva percepirlo. Evidentemente, quello stesso potere, era stato in grado trascinare lì anche loro.
 
Sam percepì la pressione delle dita dell’angelo che tenevano saldamente le sue braccia, sentì che era reale, che per quanto sembrasse impossibile, stava davvero parlando con Castiel.
La diga che aveva arginato le sue emozioni fino a quel momento, si frantumò in mille pezzi.
“State bene?” Una lacrima involontaria, frutto del sollievo provato, dopo tutti quei giorni di insicurezza sulla sorte di Dean e dell’angelo, rotolò lungo la sua guancia. Poi l’immagine del corpo di suo fratello, steso sul pavimento di quella grotta, tornò con ferocia a stagliarsi davanti ai suoi occhi.
“Dean è ferito? Dimmelo Castiel!”
 
Quest’ultimo, cercò le parole giuste per spiegare al giovane Winchester quel che stava accadendo loro in quel luogo.
“Questo posto è malato Sam. I suoi effetti sono tossici su chi è di carne e sangue. Le anime dei mostri che lo popolano sono come bestie fameliche, che si divorano l’un l’altra.”
Fece una pausa, prima di costringersi a continuare. Non voleva che Sam si agitasse, più di quanto già non stesse facendo, ma aveva bisogno che si rendesse conto della gravità della situazione. Restava poco tempo, dovevano fare in fretta, prima che per Dean fosse troppo tardi.
“Sanno che Dean è qui… siamo continuamente braccati. Non riusciremo a fuggire a lungo!” L’angelo abbassò lo sguardo, per la prima volta. “Lui è in pericolo e io non posso proteggerlo…” La sua voce si incrinò leggermente, sotto il peso di quelle ultime parole.
 
Sam cercò di assorbire il colpo. Dio, erano davvero in Purgatorio… era tutto così pazzesco, eppure così logico. Quindi lui e Jody avevano avuto ragione fin dall’inizio, a pensare che fossero finiti lì. Avevano intuito il giusto. Non poté fare a meno di ricordare la descrizione di quei luoghi, trovata nel libro dei draghi. Sentì la paura serpeggiare di nuovo dentro di lui, cancellando il sollievo appena provato nell’apprendere che Dean era ancora vivo.
Quello era il posto dove le anime dei mostri finivano, dopo essere stati uccisi sulla Terra.
Impallidì. Molti di quei mostri erano lì a causa loro… e Dean era là in mezzo.
Era praticamente un bersaglio.
Ripensò alla grotta che li circondava in quel momento. “Cass, siete nascosti?”
“Sam…” l’angelo sembrò incupirsi. “…Dean è debole. Perfino l’aria che respiriamo è putrida. Il poco potere che resta alla mia Grazia, riesce ancora a protegge il mio tramite, ma non c’è nulla che possa fare per proteggere tuo fratello. Non sarò in grado di tenerlo in vita a lungo, non posso salvare nemmeno me stesso.” La voce dell’angelo quasi si spense“…sto diventando umano.”
 
Sam faticò a capire il vero significato di quelle parole.
“Cosa vuoi dire? State male? Dean sta male?” si fece velocemente sopraffare dall’ansia.
Castiel riportò lo sguardo su di lui e Sam vide distintamente il senso di colpa nei suoi occhi, come una muta richiesta di perdono per non essere forte abbastanza.
 
L’angelo fece una smorfia di amarezza. “Ci stiamo indebolendo. Ogni respiro sembra portar via con sé un briciolo di forza dal corpo di Dean, come se stesse inalando dei fumi velenosi…” Continuò, lo sguardo ancora basso.“Sento la mia natura angelica diventare sempre più debole, non posso fare nulla per impedire questo processo.”
Castiel combatteva, anche in quel momento, contro il senso di inadeguatezza che provava per non essere in grado di proteggere Dean, per non essere all’altezza della situazione… di nuovo.
“Dobbiamo trovare un modo per uscire di qui, non abbiamo molto tempo. Presto non sarò più in grado di mettermi in contatto con te…” Disse alla fine. “E’ passato poco più di un giorno da quando siamo giunti qui, ma non resisteremo a lungo, questo ambiente ci sta consumando.”
 
Sam ascoltava senza fiatare, la sua preoccupazione era salita ulteriormente di livello, ma quello che Castiel aveva appena detto lo scosse, forzandolo a reagire.
Strinse a sua volta i polsi dell’angelo, per attirare la sua attenzione.
“Solo un giorno? Cass siete in Purgatorio solo da un giorno?” la sua mente cominciò a ragionare, frenetica.
“Si… poco più di un giorno.” Castiel lo guardò, non riuscendo a capire perché quel particolare fosse così importante. Sentiva quella sorta di connessione farsi velocemente sempre più fragile. Presto non sarebbe più riuscito a mantenere il contatto con Sam.
“Cass!” Quest’ultimo gli strinse ancora di più i polsi “Il tempo scorre in modo differente qui. Sono passati quattro giorni, da quando siete scomparsi!”
L’altro lo guardò per un momento, assorbendo quell’informazione.
“Dean non resisterà a lungo, Sam” lo ripeté di nuovo e di nuovo nel suo tono era leggibile il senso di impotenza che provava. “Dobbiamo riportarlo indietro o morirà.”
“Lo troverò Cass, troverò il modo di far uscire entrambi!” Il ragazzo deglutì con forza. Voleva disperatamente mantenere il controllo. “Cass, digli solo... dì a Dean dinon farsi ammazzare, ok? Non fatevi ammazzare, vi prego! Dovete darmi un po' di tempo!” Terminò, cercando di trovare la forza di credere alle sue stesse parole.
Non aveva idea di come avrebbe fatto, ma non poteva lasciarli soli al loro destino. Ora che sapeva che Dean e Cass erano vivi, avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per salvarli.
 
Sentì come se la consistenza fisica dell’angelo stesse diminuendo, Sam avvertì la presa sull’altro diventare difficile, si fece quasi prendere dal panico.
“Come faccio a rimettermi in contatto con voi?” chiese velocemente.
L’angelo stava scomparendo, ormai il ragazzo non sentiva più la solidità dei polsi che stava stringendo tra le dita. 
“Non puoi” L’angelo rispose perentorio. “Lo farò io, il prima possibile. Posso spingere la mia Grazia attraverso il collegamento che si è creato tra di noi… ” Castiel fissò il suo sguardo in quello dell’altro, con lucida decisione. “Un’arma, creata da un rituale, ci ha trascinato in Purgatorio. Potrebbe esserci un rituale anche per uscirne...”
La figura di Castiel prese a sbiadire sotto i suoi occhi, la sua presenza scivolava via lentamente, mentre il suono della sua voce era ancora forte.
“Sam!” sentì il suo nome, come un suono debole e lontano, poi non ci fu più nulla.
Prima che il cacciatore riuscisse a rispondere, le sue dita non stringevano che aria. Sam si sentì trascinare all’indietro e tutto intorno a lui perse consistenza, fino a che non fu inghiottito dall’oscurità.
 
****
 
“Diavolo, voi altri si che la sapete movimentare la vita di una donna!” Esclamò lo sceriffo, rivolgendosi ad un Sam ancora visibilmente scosso ed ansimante.
Il ragazzo si guardava le mani, le teneva come se ancora stessero stringendo i polsi dell’angelo.
Jody era seduta sul divano su cui aveva dormito e guardava il minore dei Winchester, indecisa se chiamare l’ospedale per farlo rinchiudere o chiamarlo per fare rinchiudere sé stessa.
 
Sam sospirò al termine del suo racconto. Si sentiva spossato, svuotato. Le parole erano uscite d’un fiato, furibonde, come l’esondazione di un fiume in piena, senza riuscire a frenarsi, finendo per fare ordine anche nella sua mente.
Ci fu un momento di silenzio. Sam era seduto su una sedia di fronte al divano. L’aveva girata e ci si era seduto a cavalcioni, appoggiando i gomiti sullo schienale che gli si parava davanti al petto.
Dopo un momento distolse gli occhi dalle mani vuote e se le passò tra i capelli, tirandoli all’indietro.
Si guardarono per un momento, incapaci anche solo di sperare nella quanto mai remota possibilità di riuscire a risolvere una situazione del genere.
 
Jody spezzò il contatto visivo e lo sguardo le cadde sul quaderno, ancora poggiato vicino al cuscino. Le sue pupille si dilatarono, quando focalizzò l’oggetto. I suoi processi mentali lavorarono veloci, ricollegando le scoperte fatte alcune ore prima, con quello che Sam le aveva appena raccontato.
“Cazzo!” Imprecò, afferrando il quaderno di Kevin e cominciando a sfogliarlo. Dopo un attimo lo porse al ragazzo, aperto su una pagina in particolare. “Sam, forse ho capito! Il vostro angelo ti ha parlato di un rituale, io penso che abbia ragione. Leggi qui… ”
Jody prese a riassumere brevemente, ad alta voce, quel che aveva letto prima di addormentarsi, spiegando a Sam la sua teoria, in base alla quale avrebbero potuto esistere altre Tavole, oltre a quella tradotta da Kevin.
 
“E se le Tavole fossero collegate tra loro?” si chiese infine la donna.
Sam era ancora chino sul quaderno, completamente assorto nella rilettura minuziosa di parole già lette e rilette mille volte, ma che ora assumevano un nuovo significato.
Alzò lo sguardo su di lei. “Come dici?” Le chiese distrattamente, mentre il contenuto di quelle frasi maturava nella sua mente.
“Sam!” Esclamò lo sceriffo, strappandogli di mano gli scritti, per destarlo da quella specie di torpore. “E se ci fosse un rituale che collega le Tavole? Se trovassimo una Tavoletta sul Purgatorio? Se esistesse un modo, attraverso di esse, per aprire un passaggio? Forse potremmo farli uscire… ”
Lui la fissò, mentre la sua mente elaborava le informazioni, facendo combaciare tutti i pezzi di quell’assurdo puzzle. Se, nella Tavoletta che avevano avuto per le mani, c’era un rituale per rispedire qualcuno in Purgatorio, forse su una delle altre poteva esserci scritto un modo per tirarlo fuori.
Aveva un senso. I pezzi sembravano incastrarsi perfettamente.
“Si… forse potremmo farli uscire.” Disse. “Ma dobbiamo trovare le altre Tavole e soprattutto… ci serve Kevin!”
 
****
 
L’urgenza trasmessagli da Castiel, durante il loro breve incontro onirico, sembrò essersi cementata nella mente di Sam. Doveva fare in fretta! In un modo o nell’altro, doveva riuscire a trovare Kevin. Era l’unica certezza a cui era arrivato. Se davvero esistevano altre Tavolette, il Profeta era l’unico che poteva leggerle e l’unico a poter dire loro se esisteva un modo per riportare indietro Dean.
Lui e lo sceriffo discussero parecchio sul da farsi, mentre raccoglieva le sue cose e preparava le armi da caricare nel bagagliaio dell’Impala.
Per trovare Kevin, avrebbe prima dovuto trovare Crowley e non poteva permettersi di perdere altro tempo.
Secondo Castiel, Dean non sarebbe sopravvissuto a lungo in Purgatorio, quindi doveva muoversi e doveva farlo in fretta. Non avrebbe lasciato suo fratello e l’angelo, a morire in quel luogo dimenticato da Dio.
 
“Sam, aspetta! Non puoi andare da solo!” Jody lo raggiunse alla macchina, gli arrivò alle spalle e lo afferrò per un braccio, per portare l’attenzione del ragazzo su di lei. Cercava di farlo ragionare già da qualche minuto, ma lui sembrava non volerla ascoltare.
Non poteva mettersi contro il Re dell’Inferno senza avere un piano e, soprattutto, non poteva lanciarsi contro di lui, come un maledetto kamikaze suicida.
“Non puoi affrontare Crowley da solo! Se davvero è potente come mi hai detto, non hai speranze di riuscire a sopravvivere.” Gli disse, esasperata.
Sam si voltò verso di lei. “Non ti preoccupare! Non ho intenzione di affrontarlo direttamente. Quello che voglio fare è scoprire dove tiene Kevin.” Le sorrise, cercando di rassicurarla.
“E come diavolo pensi di fare?” chiese lei, scettica.
“Devo solo trovare qualcuno dei suoi tirapiedi. Mi farò dire quello che ho bisogno di sapere, cercando di rimanere nascosto a Crowley il più a lungo possibile…”
 
Sam sapeva che era pericoloso. Senza contare il fatto che non era più in possesso del coltello di Ruby, il ché significava solo una cosa: uccidere demoni, sarebbe stato ancora più difficile.
Allo stesso tempo, non poté fare a meno di ringraziare il cielo, per il fatto che Dean lo avesse con sé, nel momento in cui era scomparso. Almeno aveva un’arma valida con cui difendersi in Purgatorio.
Jody gli strinse più forte il braccio, costringendolo a rifocalizzare l’attenzione su di lei.
“Ok… mi sembra una stronzata, ma non te la lascerò fare da solo!” La donna lo guardò con risolutezza, non sembrava voler mollare la presa.
“No, non se ne parla!” Sam sciolse il braccio dalla presa dello sceriffo, con quanta più gentilezza poté. “Tu non sei una cacciatrice… e io non voglio mettere la tua vita in pericolo.”
“Non sono una donnetta indifesa da dover proteggere Sam! So come si usa un’arma da fuoco.”
Sam ammirò la sua tenacia, ma non aveva nessuna intenzione di portarla con sé. Non avrebbe mai permesso che le succedesse qualcosa e non poteva rischiare di mandare tutto a puttane per salvarla, mentre un demone cercava di ucciderla. Aveva bisogno di focalizzare l’attenzione solo su sé stesso e quello che stava facendo, senza doversi preoccupare dell’incolumità di un’altra persona.
 
“Sam…” La donna ricominciò a parlare per convincerlo.
“Mi aiuterai di più rimanendo qui, Jody.” La interruppe subito il ragazzo. “Ho bisogno che tu scopra tutto quello che puoi sul Purgatorio e sulle Tavole. Forse ci è sfuggito qualcosa e forse, tra i libri della biblioteca di mio nonno, c’è qualcosa che ci può essere d’aiuto.”
Jody non voleva che andasse da solo e nessuno le toglieva dalla testa che, in quel momento, la stabilità emotiva di Sam, fosse appesa ad un filo. Credeva fermamente che le capacità di giudizio del ragazzo fossero decisamente alterate… come farsi un giro della morte, sulle montagne russe.
 “Sam… posso esserti d’aiuto se me lo permetti. Non puoi farlo da solo, mi capisci? Ti farai ammazzare…”
Lo guardò negli occhi, cercando di persuaderlo in un ultimo disperato tentativo.
Sam sostenne il suo sguardo. “Mi dispiace Jody, ma… non posso mettere in pericolo la vita di altri, per salvare quella di mio fratello. E’ una cosa che devo fare io.”
Lei si rese conto di quale fosse la reale preoccupazione del ragazzo e, paradossalmente, capì di riuscire perfettamente a comprendere le sue ragioni.
Alla fine cedette, consapevole che non avrebbe potuto convincerlo a cambiare idea.
Quest’ultimo sorrise, quando si accorse di averla spuntata. “E poi, ne ho una sola di queste!” Disse, voltandosi verso la sacca che stava preparando ed estraendo una Colt.
Jody osservò l’arma, incuriosita. Conosceva quel tipo di pistola, ma non ne aveva mai vista una con decorazioni e scritte come quelle.
 
“Con questa posso uccidere qualsiasi demone, perfino Crowley.” Sam carezzò la canna, passando le dita sulla scritta che vi era incisa sopra. Non c’era bisogno di leggerla, conosceva le parole a memoria.
‘Non Timebo Mala’, non temerai alcun male. Sorrise di nuovo, con maggior sicurezza.
Quella pistola era legata alla sua famiglia da molto tempo ormai ed era l’unica cosa, a parte il coltello di Ruby, in grado di uccidere qualsiasi demone su cui fosse riuscito a mettere le mani, prima che questi potessero avvisare Crowley, che stava cercando il Profeta.
 
“È una pistola diversa dalle altre quindi?” Lo sceriffo la guardò affascinata.
“Si decisamente. Con questa sarò in grado di proteggermi e di ottenere le informazioni di cui abbiamo bisogno.”
Lei parve scettica, ma poi sembrò convincersi. “Ok, quindi questo significa che io dovrò aspettare qui…” Si mise le mani sui fianchi e si guardò intorno, indecisa su cosa fare. Non le piaceva… non le piaceva per niente.
“Puoi darmi una mano facendo quelle ricerche… ” La incoraggiò lui, titubante.
“Ho il sospetto di non avere molta scelta, vero Winchester?” Fece una mezza smorfia, sospirando e si voltò di nuovo verso Sam. “Vedi di fare in fretta! E magari di non farti ammazzare!”
Sam sorrise, sembrava che quella fosse diventata una frase ricorrente nelle ultime ore.
“Mi farò vivo presto.”
 
“Sam?” Jody lo trattenne per un braccio, proprio mentre stava aprendo lo sportello dell’auto.
“Come lo sapevi?” Gli chiese, decisa. “Come sapevi che Dean era ancora vivo?”
Lo guardò negli occhi, come in attesa di una risposta, che probabilmente già intuiva da sola.
“Insomma... quando mi hai chiamata e mi hai raccontato cosa vi era successo, devo confessarti che... personalmente… credevo fossero morti entrambi, Sam. Ma tu non ti davi per vinto, non dormivi, non mangiavi, cercavi e cercavi, dando per scontato che fosse vivo... Come facevi ad esserne sicuro?”
“Non lo ero...” rispose lui, incerto.
‘Solo che non poteva... non poteva essere morto.’ Avrebbe voluto aggiungere, ma non lo disse, non avrebbe saputo come spiegarle che semplicemente non poteva sopportare di pensare il contrario.
 
Distolse lo sguardo, fissandolo nuovamente sulla pistola che aveva in mano.
Ricordò quel dolore, che sentiva bruciare e schiacciargli il cuore, da quando Dean era scomparso. E lo percepì affievolirsi gradualmente, schermato dalla nuova speranza, regalatagli dall’incontro con Castiel.
Questa volta avrebbe salvato suo fratello o sarebbe morto provandoci.
Perché se avesse fallito, il suo cuore avrebbe smesso di battere assieme a quello di Dean.
 
“Lo sentivo, Jody...” continuò, tornando a guardare lo sceriffo. La luce, che lei vide accendersi nei suoi occhi, in quel momento, sembrò rassicurarla un poco. Si rese conto di non vederla da tanto tempo e questo la rese improvvisamente più serena, anche se preoccupata da morire.
Sam aprì la portiera e salì in macchina, accendendo il motore e salutandola un’ultima volta, con un sorriso sicuro, dipinto sul volto.
“Sai, forse... forse era Castiel a dirmelo.”
 
Mentre lo osservava allontanarsi e sentiva il rombo dell’Impala farsi sempre più lontano, Jody sperò che questo angelo Castiel, potesse parlare anche a lei... per assicurarle che Sam e Dean, sarebbero tornati sani e salvi.
 
 
N.d.A.
 
Ele106: va beh, non lo dico neanche più...
Thinias: no, no, dillo Ele! Fa sempre bene essere precisi. Su, su!
Ele106 *guarda male thinny*: scusate il ritardo, come sempre colpa mia... XD *arrossisce e si porta la Colt al petto, sul cuore*
Thinias: ma vaff....
Ele106 *fugge*
Thinias: *la riacchiappa al volo* dove scappi abbiamo delle note da scrivere…
 
Ringraziamo davvero di cuore tutti voi che avete la pazienza di seguire la nostra storia. Sappiamo che l’attesa è sempre snervante, ma siamo in due (una delle quali, cronicamente lenta) e cerchiamo il più possibile di non farci prendere dalla fretta e dall’ansia di pubblicare. Piuttosto di continuare a mantenerci fedeli e sviluppare al meglio quello che abbiamo in mente. La passione per quello che stiamo costruendo è sempre tanta e abbiamo pure in mente... incontri inaspettati!
 
Un abraccio forte a tutti e a presto... speriamo!
Thinias: vero, Ele?
Ele106: *è fuggita*
Thinias: *sbuffa* vabbè vi aspettiamo alla prossima ;)

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