L'orgoglio di un Quincy

di Nata dalla Tempesta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova città. nuovo Uryuu Ishida ***
Capitolo 2: *** 2. Questione di feeling ***
Capitolo 3: *** Quello che comunemente noi chiamiamo amore ***
Capitolo 4: *** 4. Lo studio medico ***
Capitolo 5: *** 5. Buon compleanno, Desari-chan! ***
Capitolo 6: *** 6. Back to Japan/ I pensieri di Kisuke ***
Capitolo 7: *** 7. Gli amici di sempre, l'antidoto - Letter to my lover ***
Capitolo 8: *** 8. La gatta e il suo zampino, anzi, zampetta - I pensieri di Yoruichi ***
Capitolo 9: *** 9. Il gigante buono, baby on board ***
Capitolo 10: *** EXTRA: Intervista a Desari Savage ***
Capitolo 11: *** 11. Ti cercherò tra le stelle ***
Capitolo 12: *** 12. The final countdown ***
Capitolo 13: *** 13. Di nuovo io ***
Capitolo 14: *** 16. Riso e fiori d'arancio ***
Capitolo 15: *** 15. Promesse di matrimonio,mini shorts e istinti sopiti ***



Capitolo 1
*** Nuova città. nuovo Uryuu Ishida ***


Ero stanco.
Stanco di essere un Quincy.
Stanco di mio padre.
Stanco dei miei problemi.
Semplicemente stanco.
Fu così che decisi, di punto in bianco, di lasciare il Giappone quando terminai gli studi universitari. Mi laureai in medicina in breve tempo con il massimo dei voti, e l'anno successivo ero già un medico specializzato. Dopotutto, non mi aspettavo niente di meno. Lasciai Tokyo, lasciai gli amici di sempre, lasciai la mia casa per andare lontano, all'inizio nemmeno io sapevo dove. Decisi quando arrivai in aeroporto. Presi scrupolosamente nota di tutte le destinazioni che il tabellone proponeva, vagliando ogni possibilità. Poi vidi quel nome. Mi sembrò un ottimo posto dove ricominciare, quindi feci il biglietto e pochi minuti dopo ero già sull'aereo diretto a Bucarest. La Romania era abbastanza lontana da tutto quello che volevo lasciarmi alle spalle. Speravo che, in un modo o nell'altro, sarei riuscito a rifarmi una vita lontano dall'Ishida che ero prima. Seduto sullo scomodo sedile di tessuto, ripensai al giorno in cui avevo detto a Ichigo che sarei partito.
-Ichigo, io me ne vado.- gli dissi mentre lui si stava rilassando sul divano di casa mia.
-Cosa? Che vuol dire che te ne vai?- mi chiese mettendosi di colpo a sedere.
-Solo quello che ho detto.-
-E dove vuoi andartene, me lo spieghi?-
-Non lo so ancora. So solo che sarà un posto molto lontano da qui.-
-Quando hai intenzione di partire?-
-Domani mattina.-
-Così presto...ma perchè?-
Sospirai, mi sistemai gli occhiali e mi passai una mano tra i capelli.
-Ho bisogno di ricominciare, Ichigo. Tutto qui.-
-Capisco. Beh, ti auguro di trovare quello che cerchi dovunque andrai.-
Che cosa cerco? Me lo chiesi mentre regolavo l'inclinazione del sedile. Cercavo una nuova vita, un nuovo Ishida.
-Prende qualcosa?-
La voce di un'hostess dai tratti delicati mi distolse dai miei pensieri. Le feci cenno di no con il capo e lei passò oltre. Chiusi gli occhi e lasciai che l'aereo procedesse placido, mentre io scivolavo nella buia pace del sonno.
-Signore. Signore! Siamo arrivati!-
Misi pian piano a fuoco l'ambiente intorno a me, e mi ritrovai a fissare il viso dell'hostess di prima. Mi sistemai gli occhiali, cercando di ricompormi. Avevo davvero dormito per tutta la durata del viaggio?
-Signore, i passeggeri sono scesi quasi tutti.-
La ringraziai con un mezzo sorriso e sbadigliai quando lei si allontanò. Presi la giacca, la borsa ed uscii dal velivolo. Era pieno inverno in Romania, e tirava un vento a dir poco gelido che in Giappone non avevo mai sperimentato. Infilai il cappotto e mi diressi in fretta al chiuso. Attesi un'ora prima di poter ritirare i miei bagagli.
Solo allora mi resi conto che non sapevo dove andare. Comprai un libro sulla Romania nell'edicola dell'aeroporto e cercai un hotel o un residence dove alloggiare finchè non avessi preso una dimora fissa. Il denaro non era un problema. Mio padre si era finalmente deciso a passarmi un pò di soldi e grazie ai miei lavoretti part-time avevo messo da parte una cospicua somma di denaro che, appena possibile, avrei cambiato con la moneta locale, il Leu rumeno, e che mi avrebbe permesso fare ciò che volevo.
La mia attenzione fu attratta da una scritta al centro della pagina 53 che diceva "Cherryblossom Residence". Lessi attentamente, e scoprii che si trattava di un residence in un paesino tra i Carpazi non lontano da Bucarest. Bene, avrei cominciato da li. Composi il numero segnato in grassetto in fondo alla pagina. Mi rispose la voce di un uomo.
-Cherryblossom Residence, buongiorno.-
-Buongiorno, vorrei prendere un appartamento in affitto.-
-Un appartamento? Attenda in linea, per favore.-
Udii il ticchettio delle dita dell'uomo sulla tastiera di un computer.
-Bene, al momento ci sono due appartamenti disponibili. Uno si affaccia sul cortile interno del residence, l'altro sulla catena montuosa. Quale preferisce?-
-L'appartamento sui monti andrà benissimo.-
Altro ticchettio.
-Vuole fornirmi i suoi dati, per favore?-
-Certamente.-
-Nome?-
-Uryu Ishida.-
-Data di nascita?-
-6 Novembre...-
Continuammo finchè non ebbe scritto tutto ciò che c'era da sapere per il contratto.
-Quando pensa di arrivare, signor Ishida?-
-Quanto tempo mi ci vorrà per arrivare da Bucarest?-
-Mmm...sono due ore di macchina.-
-Allora sarò li tra due ore.-
-Perfetto. La aspettiamo, signor Ishida.-
Chiusi la comunicazione con il sorriso sulle labbra. Adesso si che avevo un posto dove andare. Presi i bagagli e mi misi alla ricerca dell'ufficio del cambiavalute. Lo trovai presto e cambiai i miei Yen in Lei rumeni. Poi, infilato bene il cappotto, affrontai il freddo dell'inverno rumeno. Fuori dall'aeroporto c'erano parecchi taxi, così ne scelsi uno. L'uomo alla guida mi aiutò a caricare le valigie nel portabagagli e quando ci fummo riparati all'interno dell'abitacolo mi chiese: -Dove la porto?-
-Al "Cherryblossom Residence".-
L'uomo digitò la destinazione sul suo GPS e qualche secondo dopo eravamo già in marcia. Dopo quarantacinque minuti di assoluto silenzio, l'uomo mi rivolse di nuovo la parola. -Da dove viene?- mi chiese.
-Giappone.-
-E cosa la porta qui, se posso chiedere?-
-Sono un medico.-
-Abbiamo bisogno di medici in questa zona. Lei è il benvenuto, signore!-
Gli rivolsi il sorriso più amichevole di cui ero capace e poi iniziai a guardare il paesaggio attraverso il finestrino. La neve iniziò a cadere poco dopo in piccoli fiocchi che, poco a poco, ricoprirono tutto.
Il resto del viaggio fu tanto silenzioso quanto monotono, ma alla fine arrivammo a destinazione. Pagai la corsa e scaricai i bagagli. Guardai l'entrata del residence. Una scritta dorata e molto elegante troneggiava su un magnifico portone ligneo finemente decorato. Una piccola scritta accanto ai battenti diceva "Cherryblossom Residence - Suonare". Obbedii e subito una voce maschile gracchiò fuori dal citofono.
-Cherryblossom Residence.-
-Sono il signor Ishida.-
Il portone fu aperto immediatamente. Fui accolto dal confortante calore dei termosifoni accesi, e dal magnifico profumo dei fiori di ciliegio. Era impossibile che ce ne fossero all'interno, e con quel clima difficilmente sarebbero potuti sopravvivere, per cui pensai subito ad un deodorante per ambienti. Mi recai alla reception, dove un uomo che indossava un'elegante divisa blu era intento a scrivere su un registro. Quando mi vide ripose la penna che stava usando e mi sorrise.
-Lei deve essere il signor...-
-Ishida, Uryu Ishida. Ci siamo parlati un paio d'ore fa.-
-Certo, certo! Prego, firmi qui...-
Mi porse il registro e mi indicò dove mettere la firma.
-Benissimo. Attenda un momento, per favore.-
Frugò per un attimo sotto il bancone e, poco dopo, uscì un mazzo di chiavi dal quale ne estrasse due che mise in un portachiavi a parte.
-Ecco le sue chiavi, signor Ishida. Quella rotonda è la chiave del suo appartamento, quella quadrata è la chiave del portone. Serve aiuto per portare i bagagli?-
-No, la ringrazio, faccio da solo.-
-Il suo appartamento è il 206, all'ultimo piano.-
Lo ringraziai con un cenno del capo e presi l'ascensore. Pigiai il pulsante che indicava il quinto ed ultimo piano del residence e attesi. Quando le porte dell'abitacolo si riaprirono presi la mia roba e cercai con lo sguardo il numero del mio appartamento. Evidentemente mi ero distratto parecchio, perchè non feci caso alla persona che stava correndo nel senso opposto al mio. Quando me ne accorsi ero già steso per terra e una massa di folti capelli neri mi occupava la visuale.
-Scusami, non ti ho proprio visto! Sono proprio sbadata certe volte.-
Alzai lo sguardo per replicare e mi trovai davanti un paio di bellissimi occhi grigi, che sembravano quasi due pozze argentate, incorniciati da folte ciglia scure. Mi sistemai gli occhiali per avere una visuale più completa. La persona che mi era venuta addosso era una ragazza dai lunghi capelli neri e dagli occhi bellissimi. Le sue labbra erano a forma di cuore, ed erano rosa come delicati petali di ciliegio. La aiutai a rimettersi in piedi. Indossava un cappotto bianco lungo fino alle ginocchia, jeans scuri, stivaletti chiari scamosciati, una sciarpa blu e in testa un basco dello stesso colore.
-Sei nuovo?- mi chiese sfoderando un magnifico sorriso.
-Si, sono arrivato oggi.-
-Ti piacerà stare qui, sul serio!-
Rimasi affascinato dai suoi occhi, che erano come potenti calamite per il mio sguardo.
-Che maleducata, non mi sono presentata nemmeno! Piacere, mi chiamo Desari Savage.-
Mi tese la mano, piccola e delicata. Gliela strinsi facendo attenzione a non farle male.
-Uryu Ishida, piacere di conoscerti.-
-Hai gli occhi azzurri! Ma gli occhi degli orientali non sono scuri?-
-Si, di solito si.-
Mentre lei osservava la mia "anomalia" genetica, sentii un poco familiare calore che saliva dallo stomaco per poi irradiarsi in tutto il corpo. Sentii quello strano calore anche sul viso. Di colpo non c'era altri che lei in quel corridoio, in quel residence, in tutta la Romania.
-Scusami Ishida, ma adesso devo proprio andare. Ci vediamo in giro!-
La sua voce mi riportò alla realtà, ed ebbi appena il tempo di sentire la scia del suo profumo prima di vederla sparire dentro l'ascensore. Sbigottito, raccolsi le mie valigie da terra e continuai a cercare il mio appartamento che trovai situato alla fine del corridoio. Infilai la chiave nella serratura ed aprii la porta. Fui subito investito dal profumo dei pavimenti appena lavati e delle lenzuola pulite. Mi chiusi la porta alle spalle e mi guardai intorno. Il soggiorno era arredato con mobili minimal. Al centro troneggiava un divano con penisola bianco, probabilmente in eco pelle. Proprio di fronte, un televisore al plasma, sempre bianco, era situato sopra un mobiletto nero sormontato da una libreria dello stesso colore. A destra un elegante camino era stato acceso e la legna scoppiettava allegramente creando ombre che danzavano sul fondo bianco leggermente annerito del focolare. Controllai la cucina, arredata nello stesso modo essenziale. Il bagno era decorato con piastrelle bianche e blu.
-Ottimo accostamento cromatico.- commentai.
Subito mi venne in mente la mia divisa da Quincy, bianca e blu. Scossi la testa per cacciare via quel pensiero. Tornai ad esaminare il bagno. C'erano una grande vasca da bagno bianca, un lavandino, un armadietto bianco, e uno specchio. Passai alla camera da letto. Una parete era interamente occupata da un armadio color panna. Completavano l'arredamento un letto matrimoniale, due comodini dello stesso colore dell'armadio e un lampadario a forma di fiori di ciliegio.
Beh, l'appartamento era sicuramente più grande di quello a cui ero abituato in Giappone. Mi ci sarei abituato. Disfeci lentamente le valigie, mettendo magliette, camicie, calze ed intimo nei cassetti, i pantaloni, le giacche e le cravatte appesi dentro l'armadio. Le scarpe, ovviamente, in basso. Posizionai il computer sul tavolo di legno chiaro della cucina e, senza perdere tempo, scrissi una mail ad Ichigo.
"Kurosaki,
sono appena arrivato nel mio nuovo appartamento. Fa un freddo terribile! Ho fatto male i miei calcoli, e sono capitato nel bel mezzo dell'inverno rumeno. Comunque, sto bene. "
Ero indeciso se raccontargli l'incontro con la ragazza. Alla fine, decisi di non dirgli niente.
"Tu come stai? Fammi sapere presto.
Ishida."
Rilessi la mail, poi premetti "invia". Collegai il computer all'alimentatore e lo lasciai acceso. Controllai l'ora. Accidenti, era davvero tardi! Secondo i miei standard l'ora di cena era passata da un pò! Controllai negli armadietti della cucina ma, come previsto, erano vuoti. Così presi il portafoglio e lo infilai nella tasca posteriore dei jeans, indossai il cappotto e chiusi la porta a chiave. Rifeci la strada a ritroso e, quando misi piede nell'atrio, sentii che l'uomo aveva una brutta tosse. Tossì parecchie volte prima di riprendere fiato.
-Oh, signor Ishida! Mi perdoni, non l'avevo sentita arrivare.- mi disse appena mi vide.
-Non si preoccupi. Piuttosto, lei sta bene? L'ho sentita tossire...-
-Era solo un pò di tosse, non si preoccupi.-
-Sono un medico, potrei visitarla se vuole. In cambio non le chiedo assolutamente niente.-
-Beh, in questo caso...- mi rivolse un mezzo sorriso.
Pochi minuti dopo eravamo nella camera da letto del suo piccolo appartamento al piano terra.
-E' soltanto una bronchite. Ma può peggiorare, se non va curata.- gli dissi dopo averlo visitato.
Gli prescrissi uno sciroppo e firmai la ricetta.
-La ringrazio, signor Ishida.- rispose sorridente.
-Nel frattempo, stia ben coperto ed eviti gli sbalzi di temperatura. Starà bene nel giro di qualche giorno.-
Riposi i miei strumenti nella valigetta blu e feci per uscire dall'appartamento quando mi ricordai che non avevo ancora cenato. Così feci un passo indietro e mi voltai verso l'uomo.
-Mi scusi, sa dirmi se posso trovare un supermercato aperto a quest'ora?-
-Si, ce n'è uno proprio qui, dietro l'angolo. E comunque il mio nome è Igor Dubrinsky.-
-Ma certo. Allora la ringrazio, signor Dubrinsky. E si copra bene!-
Uscii dalla porta silenziosamente e mi diressi verso l'uscita. Non posai nemmeno la valigetta nel mio appartamento. La neve aveva coperto tutto, alberi, case, strade ed automobili. Senza dubbio era uno spettacolo magnifico. Seguii le indicazioni del signor Dubrinsky e trovai il supermercato senza difficoltà. Comprai quello che, secondo i miei calcoli, mi sarebbe abbondantemente bastato per una settimana. Pagai il ragazzo che stava alla cassa ed uscii. La notte era illuminata soltanto dai lampioni ai lati delle strade, ma il cielo era limpido, le nuvole che minacciavano altra neve erano sparite, così ne approfittai per una passeggiata. Camminavo lentamente per le vie di quel pittoresco paese, quando all'improvviso udii delle voci maschili che sembravano abbastanza concitate e, a mio avviso, aggressive che cercavano di sovrastare una sottile voce femminile. Seguii le voci che mi portarono fino ad un vicolo cieco, dove un gruppetto di cinque ragazzi accerchiava una ragazza con il cappotto bianco. Sgranai gli occhi quando riuscii a scorgere il viso di lei e mi accorsi che si trattava di Desari!
-Per favore, lasciatemi andare!- li supplicava mentre cercava un varco per scappare.
-Su, non fare storie e vieni con noi!- diceva uno di loro.
-Si, ci divertiremo tanto insieme.- un altro rincarò la dose.
Non avevo mai sopportato i maltrattamenti, soprattutto sulle donne. Così lasciai le buste della spesa e la mia borsa vicino ad un lampione ed entrai anch'io nel vicolo.
-Avanti, muoviti!- disse un terzo mentre afferrava violentemente il braccio della ragazza.
Gli misi una mano sulla spalla e lo spinsi di lato.
-Non hai sentito la signorina? Andatevene e lasciatela in pace.-
I cinque si misero a ridere sguaiatamente.
-E tu chi sei, la fata madrina?- mi schernì uno di loro.
Sentii uno scatto metallico alle mie spalle e vidi i due ragazzi che mi erano sfuggiti che avevano immobilizzato Desari e le tenevano un coltellino puntato al collo. A quel punto la situazione era diventata insostenibile. Con uno scatto fulmineo colpii il ragazzo che teneva il coltello con un pugno sotto il mento e con un calcio feci cadere l'altro a terra, boccheggiante. Gli altri tre mi corsero incontro con i pugni alzati. Erano semplicemente ridicoli, non avevano mai affrontato un vero combattimento. Li stesi velocemente, lasciandoli accasciati nella neve con le labbra e il naso sanguinanti. Mi sistemai nuovamente gli occhiali che, nel frattempo, mi erano scivolati sul naso e mi volsi verso Desari che si era rifugiata in un angolo. Mi avvicinai lentamente a lei per non impaurirla ancora.
-Va tutto bene?- le chiesi.
Lei mi fece cenno di si con la testa. Aveva le lacrime agli occhi e tremava come un pulcino bagnato. Le tesi una mano e lei, dopo qualche istante di esitazione, la prese e uscì dall'ombra.
-Ti hanno fatto del male?-
-No, per fortuna sei arrivato tu.-
-Bene. Vieni, ti accompagno a casa.-
Istintivamente le cinsi le spalle con un braccio e lei si strinse a me. Recuperai le mie cose e tornammo al Cherryblossom. Quando entrammo insieme, il signor Dubrinsky non fece domande ma giurerei di averlo visto sorridere.
-A che piano stai?- le domandai.
-All'ultimo, stanza 205.-
-Siamo dirimpettai allora.- le sorrisi nel modo più convincente che potei.
Entrammo nell'ascensore che, all'improvviso, sembrava troppo piccolo e troppo caldo. La salita fino al quinto piano mi sembrò infinita eppure, quando le porte si riaprirono, mi sembrò che fosse durato troppo poco. Quando arrivammo di fronte ai nostri appartamenti, Desari ebbe un attimo di esitazione prima di aprire la porta.
-Ishida, ti va di prendere un tè?-
La sua proposta mi lasciò spiazzato, e lei se ne accorse perchè abbassò lo sguardo, mortificata. Ichigo aveva ragione, con le donne non ci sapevo proprio fare!
-Certo, è un'ottima idea.- risposi.
I suoi occhi si illuminarono e armeggiò qualche istante con la serratura prima di riuscire ad aprirla. Mi invitò ad entrate ed accese le luci del salotto. Si tolse il cappello, la sciarpa e il cappotto e mi invitò a fare lo stesso. Ripiegai con cura i miei indumenti e li poggiai in un angolo del divano color caffè che lei mi aveva indicato.
-Il tè verde va bene?- mi domandò dalla cucina.
-Si, va benissimo.-
Mi accomodai sul divano per qualche secondo, poi pensai che era scortese lasciare che lei, ancora visibilmente provata per il recente scontro, mi servisse. Per cui andai in cucina.
-Posso darti una mano?-
Evidentemente ero stato troppo silenzioso perchè lei sobbalzò.
-No, ho quasi finito. Perchè non torni di la?-
-Solitamente il tè lo prendo in cucina. Sempre se non ti dispiace.-
Desari mi sorrise.
-Anche io lo prendo sempre in cucina.-
Versò il liquido trasparente in due tazze color avorio e ci sedemmo l'uno di fronte all'altra.
-Vuoi lo zucchero?-
-No, grazie. Lo bevo così.-
Soffiai un paio di volte sulla bevanda calda e ne bevvi un sorso. Il tè mi riscaldò all'istante, e pensai che l'ultima volta che ne avevo bevuto uno così buono era stato qualche giorno prima che mio nonno...
-Ishida, va tutto bene?- mi sorprese con quella domanda.
Alzai lo sguardo dalla tazza e lo posai su di lei.
-Si, stavo solo pensando.-
Lei annuì.
-Da quanto tempo abiti qui?- le chiesi.
-Da circa tre mesi.- bevve un lungo sorso dalla sua tazza.
-E cosa fai nella vita?-
-Sono una studentessa di psicologia. Tu?-
-Io sono un medico.-
-Ma sei giovanissimo! Quanti anni hai?-
-Ventitrè. Ti farei la stessa domanda, ma il galateo impone di non chiedere l'età di una donna.-
Desari si sciolse in una risata che mi provocò un brivido lungo la schiena.
-Nessun problema! Io ho diciannove anni.-
Sentii a malapena la sua risposta, avevo ancora nelle orecchie l'esco bellissimo della sua risata. Non ero solito badare alle ragazze, ero sempre stato impegnato con lo studio e con il lavoro. Ma lei...lei aveva qualcosa di diverso che aveva catturato la mia attenzione. Non sapevo cosa fosse, sapevo solo che c'era e che ogni volta che l'avrei guardata quel qualcosa avrebbe provocato in me strane sensazioni. Strane, tuttavia piacevoli.
Ci trasferimmo sul divano del soggiorno e chiacchierammo tutta la notte fino ad addormentarci, sfiniti.
Sognai fiori di ciliegio e la sua risata.

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Capitolo 2
*** 2. Questione di feeling ***


Mi svegliali con la testa di Desari poggiata sulla mia spalla sinistra. Indugiai un attimo sul suo profumo che sapeva di fiori, poi la spostai delicatamente in modo da stenderla sul divano. La coprii con il cappotto, nel caso sentisse freddo. Pensai che forse le avrebbe fatto piacere trovare al suo risveglio una tazza di caffè, per cui andai in cucina e rovistai negli armadietti in cerca della caffettiera e, naturalmente della materia prima. Accesi il fornello e attesi. Dopo qualche minuto, il gorgoglio proveniente dalla caffettiera e l'inconfondibile profumo del caffè mi suggerirono che era pronto. Versai il liquido scuro in una tazza arancione, e stavo per prendere lo zucchero quando sentii un rumore leggero di passi dietro di me.
-Hai fatto il caffè?-
Mi voltai. Desari si stava stropicciando gli occhi ancora pieni di sonno, e aveva i capelli scompigliati in un modo buffo e tenero insieme. Era scalza, e il cardigan che indossava era innocentemente sbottonato. Lei se ne accorse perchè, non appena il mio sguardo si posò sul suo indumento, si ricompose subito.
-Si, pensavo che ti avrebbe fatto piacere.-
-Infatti.-
Mi sorrise e si avvicinò per prendere la tazza che le porgevo. Nel farlo, le sua dita sfiorarono le mie, e percepii un altro brivido.
-Zucchero?- chiesi, cercando di non pensare al velluto delle sue mani.
-Un cucchiaino, grazie.-
Le versai la quantità di zucchero che mi aveva chiesto e lasciai che lei mescolasse lentamente. Andò a sedersi sul divano con le gambe raccolte al petto e mi fece cenno di raggiungerla.
-Sei bravo a fare il caffè.- commentò dopo averne sorseggiato un pò.
-Per un pò fare il caffè è stato il mio lavoro, ho imparato così.- dissi scrollando le spalle.
Lei mi sorrise e svuotò la tazza. Su di noi scese un silenzio a dir poco imbarazzante interrotto ad un certo punto dall'altrettanto imbarazzante rumore del mio stomaco che protestava perchè non avevo ancora mangiato dal giorno prima.
-Non vorrei sbagliarmi, ma credo che tu abbia fame.-
-Si, in effetti è così.-
Perchè tutte le mie risposte erano così fredde? Che cosa volevo dimostrare? Mi ricordai di quello che mi disse Inoue quando ancora andavamo alle superiori: "Uryu, se tratti le persone in questo modo non avrai mai una ragazza!". Sospirai, e pensai che probabilmente aveva ragione. Ma cosa potevo farci? Certo, avrei potuto cercare di ammorbidire il mio carattere, ma fino a che punto avrei potuto?
Lei mi guardava dritto negli occhi, e io mi sentii così in imbarazzo! Così presi il coraggio a due mani. Se dovevo levigare la mia personalità, quello era un ottimo punto da cui iniziare.
-Desari, ti va di fare colazione insieme? Cucino io.-
Glielo dissi tutto d'un fiato, come si fa con una confessione che viene fuori dopo tanto tempo.
Vidi i suoi occhi illuminarsi e un sorriso magnifico che si faceva strada sulle sue labbra.
-Sai anche cucinare?-
-Ero presidente di un club di economia domestica.-
-Va bene, accetto l'invito. Vado solo a cambiarmi un attimo.-
La vidi sparire dietro la porta della camera da letto. "Che cosa sto facendo?" mi chiesi poggiando la testa sui cuscini del divano. Mi tolsi gli occhiali e mi massaggiai la fronte. Non era da me invitare le ragazze, non lo avevo mai fatto prima. Forse era l'influenza del territorio rumeno, chi lo sa. Mi ricomposi quando sentii la porta aprirsi.
-Sono pronta! Ah, e ti avverto che ho una fame terribile.-
Si affacciò da dietro le mie spalle, i lunghi capelli come una morbida tenda per separarci da tutto il resto. Mi sistemai gli occhiali nervosamente, e divenni ancora più irrequieto quando vidi il suo sorriso così vicino alla mia faccia.
-Certo, andiamo.-
Mi alzai quasi di scatto e aspettai che lei recuperasse le chiavi dell'appartamento. Presi la mia borsa blu e le buste che erano rimaste all'ingresso e le feci strada nella mia nuova casa.
-Hai scelto tu l'arredamento?- mi chiese quando entrò nel soggiorno.
-No, era già così quando sono arrivato. Ad essere sincero mi piace molto.-
-Vuoi una mano per scaricare la spesa?- domandò indicando le buste.
-Non disturbarti, faccio da solo. Mettiti comoda nel frattempo.-
-Sei sicuro?-
-Si, certo.-
Entrai in cucina e posai tutto il contenuto delle buste. Controllai il computer per vedere se Ichigo avesse risposto alla mia mail.
"Scommetto che te la stai spassando con qualche bella ragazza rumena! Maniaco che non sei altro. Io sto bene, ho trovato un lavoro part-time come cameriere in un ristorante italiano niente male e gli studi procedono tali e quali a prima.
Ah, Orihime mi ha detto di salutarti! Le manchi. Dovresti scrivere una mail anche a lei, giusto per farle sapere che non hai intenzione di abbandonarla. Non hai intenzioni di dimenticarti di noi, vero?
Ti teniamo d'occhio!"
Appena terminai di leggere la mail mi accorsi che stavo sorridendo. Avrei voluto rispondergli subito, ma nel salotto c'era qualcuno che mi stava aspettando e non potevo fare attendere ad oltranza la mia ospite, così rimandai. Presi la padella con il fondo antiaderente che si trovava nel mobile sotto il lavello e feci friggere due uova. Nel frattempo preparai altro caffè, sciacquai due tazze, due piatti e le posate. Quando le uova furono pronte le misi nei piatti, pulii la padella e, dato che il tostapane non c'era, fui costretto ad usarla per preparare qualche fetta di pane tostato. Spostai il computer su una sedia e stesi sul tavolo una tovaglia verde e azzurra che avevo trovato in uno dei cassetti e apparecchiai, cercando di sistemare piatti e posate in modo che sembrassero...carini. Ero così impegnato che mi accorsi della presenza di lei nella stanza solo quando sentii il suo profumo.
-Sapevo che gli orientali fossero perfezionisti, ma non immaginavo fino a questo punto!-
Mi prendeva in giro, e non mi dispiaceva per niente. Le sorrisi di rimando. Desari prese posto di fronte a me, mise un cucchiaino di zucchero nel caffè e iniziò a berlo lentamente. Io feci lo stesso. Mi sentivo strano, ero come ipnotizzato dai suoi occhi argentati, dalla sua pelle candida, dalle sue labbra che sembravano fatte della stessa sostanza delicata dei petali di ciliegio. La osservai mentre mangiava piano quello che avevo preparato.
-Di solito non mangio uova la mattina, ma queste sono proprio buone.-
Mi sorrise, ed io fui orgoglioso di me stesso come non lo ero mai stato prima. Sentivo che qualcosa in me stava cambiando. No, non ero spaventato. O meglio, lo ero solo perchè stava accadendo troppo in fretta. Abbassai gli occhi sul mio piatto e mi accorsi che non avevo toccato cibo. Sentivo caldo, avevo lo stomaco sottosopra, ma mi costrinsi lo stesso a mandare giù qualcosa. In conclusione, bevvi più caffè che altro.
-Dato che sei stato tanto carino con me, lascia che lavi almeno i piatti.-
-Ma no, non ce n'è bisogno.-
-Per favore, è il minimo che possa fare! Insisto.-
Senza lasciarmi neanche il tempo di rispondere, con una velocità impressionante sparecchiò la tavola, adibì una busta a contenitore della spazzatura e vi gettò dentro i resti della colazione. Subito dopo recuperò una spugna e il sapone per i piatti. Sorrisi e mi sedetti ad osservarla. Lei sembrava completamente a suo agio, come se conoscesse me e questo appartamento da sempre. Approfittai di quel momento di silenzio per rispondere alla mail di Kurosaki.
"Ichigo Kurosaki, sei scurrile come sempre! Sai benissimo che non sono venuto qui per le ragazze. Mi mancate anche voi, e sono qui soltanto da un giorno...mi auguro di potervi venire a trovare presto.
Mi fa piacere che tu abbia trovato un buon lavoro, ma stai attento a non trascurare lo studio. Che mi dici di Orihime? Non posso scriverle perchè non ho il suo indirizzo e-mail, ma se tu fossi così gentile da procurarmelo ne sarei lieto.
...d'accordo, sei mio amico e devo dirtelo. Una ragazza ci sarebbe. Si chiama Desari Savage, è una studentessa di psicologia ed abita nell'appartamento di fronte al mio. Sai che non ho molta dimestichezza con le donne, eppure abbiamo passato la notte insieme e adesso lei è nella mia cucina e sta lavando i piatti sporchi della colazione.
Ti ho dato un buon motivo per essere finalmente invidioso di me?
P.S. Quando ho detto che abbiamo passato la notte insieme, non intendevo in "quel" senso. Ci siamo soltanto addormentati insieme. "
Anche se eravamo lontani, il rapporto tra me ed Ichigo restava sempre uguale. Ci punzecchiavamo, ma ci volevano un gran bene. Gli inviai la risposta e raggiunsi Desari che aveva finito di lavare i piatti e li stava asciugando.
-Lascia, hai già fatto abbastanza.- le dissi con un sorriso sfilandole dolcemente dalle mani lo strofinaccio.
Lei prese il mio posto, sentivo il suo sguardo fisso sulla mia schiena mentre asciugavo le stoviglie e le rimettevo al loro posto.
-Allora, Ishida. Perchè sei venuto qui?-
-Per trovare lavoro.-
-Se non ricordo male tu sei laureato in medicina, e sei già un professionista. In Giappone ci sono troppi medici?-
-No, non è per questo. Avevo voglia di girare, di andare da un'altra parte ad esercitare la mia professione.-
-Hai già aperto uno studio medico?-
-No, ma lo farò appena possibile.-
-E non lavori?-
-Nel tempo ho accumulato denaro a sufficienza per poter stare bene finchè non avrò aperto uno studio.-
-Ci sono molti locali sfitti qui in paese, e il medico più vicino sta a Bucarest. Ci farebbe comodo averne uno qui.-
-Me l'hanno già detto.-
-Se vuoi, posso aiutarti a scegliere. Conosco abbastanza bene il posto.-
Mi asciugai le mani e riposi lo strofinaccio, piegandolo accuratamente. Sorrisi come un idiota. Una parte di me voleva rifiutare. Ero partito per tagliare i ponti, e non ero pronto per crearne di nuovi. Ma un'altra parte di me sentiva quasi il bisogno di accettare.
-Allora, che ne dici Ishida?-
La sua voce mi arrivò dritta al cuore. Volevo sentirla ancora, e ancora, e ancora. Finii per accettare l'invito. Ci saremmo visti nel pomeriggio e avremmo fatto una lunga passeggiata per il paese in cerca di un luogo che fosse adatto al mio scopo.
Mi sentii improvvisamente solo quando lei uscì dall'appartamento. Sapevo che l'avrei rivista poco dopo, ma...già mi mancava. Era una sensazione nuova per me che ero convinto che tutti prima o poi mi avrebbero spezzato il cuore, che le cose belle non duravano mai abbastanza da prolungare quei miseri attimi di felicità. Forse era per questo che non avevo mai osato affezionarmi davvero a qualcuno. Poi erano arrivati i miei amici. Dal nostro primo incontro erano passati ormai tanti anni, ma loro erano ancora li. Probabilmente la mia teoria sulle gioie della vita era soltanto un muro che avevo costruito dopo la morte di mio nonno per difendermi. Si, probabilmente le cose stavano così.
Pranzai velocemente e poi decisi che sarebbe stato meglio fare un bagno prima di uscire. Riempii la vasca di acqua bollente e mi immersi con un sospiro. La temperatura era perfetta. Mi immersi totalmente per qualche secondo, poi riemersi e mi sistemai i capelli all'indietro. Chiusi gli occhi e permisi ai miei pensieri di vagare liberamente. Se un attimo prima immaginavo di essere nel cortile della scuola con Ichigo e Inoue, l'attimo dopo questa immagine veniva sostituita dal sorriso e dalla risata di Desari. Allora immaginai come sarebbe stato rimanere tutta la notte sveglio mentre lei dormiva a passare le dita tra i suoi capelli, immaginai le sue labbra di un rosa inconfondibile sulle mie, le sue braccia intorno al mio collo e le mie mani sui suoi fianchi.
Non appena i miei pensieri si fecero decisamente più spinti mi decisi a riaprire gli occhi. Sciacquai lo shampoo che era rimasto sui capelli e nell'uscire dalla vasca mi accorsi che al mio corpo era successo qualcosa. Mi vergognai molto di quello che era accaduto e mi arrotolai in fretta e furia un asciugamano intorno alla vita. Non potevo presentarmi in quello stato! Desari avrebbe sicuramente pensato che ero un maniaco, un pervertito! Dovevo assolutamente calmarmi, così andai in cucina e bevvi a piccoli sorsi un'intera bottiglia d'acqua da un litro. Ad ogni sorso una di quelle immagini che la mia mente aveva creato sembrava scomparire, e quando finii l'acqua il mio corpo si era calmato. Tornai in camera da letto e, per la prima volta nella mia vita, pensai: "E adesso cosa mi metto?". Non volevo sembrare troppo elegante ma neanche sciatto. Rimasi almeno un quarto d'ora a passare in rassegna tutti i miei abiti, e alla fine scelsi un paio di jeans neri, un maglione beige con il collo alto e un paio di scarpe sportive nere. Indossai il mio fedele cappotto nero, presi le chiavi di casa e quando uscii dalla porta mi accorsi che ero pronto con mezz'ora di anticipo. Non avevo voglia di tornare dentro, per cui decisi di andare a vedere come stava il signor Dubrinsky. Sarei tornato indietro in tempo per l'appuntamento.
Come sempre, il signor Dubrinsky era seduto dietro il bancone della reception con la sua impeccabile divisa blu, intento a sfogliare il suo registro.
-Salve, signor Dubrinsky.- lo salutai non appena varcai la soglia dell'atrio.
-Oh, signor Ishida! Che piacere vederla. Come si trova nel suo appartamento?-
-Molto bene, è perfetto.-
-E...ha conosciuto i suoi vicini?- mi chiese cercando di nascondere un sorriso.
-Per adesso ho avuto modo di fare soltanto la conoscenza della signorina Savage.-
-Eh, si, una brava ragazza. Da quando lei è arrivata qui le cose sono migliorate a vista d'occhio!-
-Posso chiederle il motivo?-
-La signorina Savage appartiene a una delle famiglie più ricche e importanti della Romania. Si è trasferita qui per sfuggire al controllo maniacale della madre. Io l'ho conosciuta, sa? E' una donna affascinante, ma...beh, non vorrei essere suo figlio! Comunque, dicevo....ah, si. Il padre l'ha accontentata comprandole un appartamento qui per permetterle di seguire le lezioni alla facoltà di Psicologia, ed è lui che finanzia gran parte delle spese di questa struttura.-
-Capisco. Invece lei come sta? Ha preso lo sciroppo che le avevo prescritto?-
-Si, l'ho preso, e devo dire che il suo effetto è quasi immediato. Ho tossito pochissimo stamattina.-
-Bene, mi fa piacere. Tra qualche giorno la visiterò di nuovo, così vedremo de lo sciroppo ha risolto il suo problema.-
-La ringrazio di cuore, signor Ishida. E' davvero un uomo gentile.-
Gli rivolsi un sorriso. Quell'uomo mi aveva fatto simpatia dalla prima volta in cui l'avevo visto, e non me la sentivo proprio di chiedergli un pagamento. La sua buona salute e un sorriso mi sarebbero bastati. Controllai l'orologio e vidi che era quasi ora. Salutai il signor Dubrinsky e presi l'ascensore. Contemporaneamente mi prese una fitta allo stomaco che non voleva saperne di allentarsi. Ci pensai su un attimo, e realizzai che con molta probabilità si trattava di ansia. Uscii dall'abitacolo e non appena arrivai di fronte alla porta del mio appartamento sentii scattare la serratura del 205.
-Hei, ciao! Sono in ritardo?-
Desari indossava il cappotto bianco della sera prima, jeans chiari, stivali neri, un paio di guanti azzurri e un cappellino dello stesso colore.
-No, sei in perfetto orario.- mi accorsi di sorridere mentre le rispondevo.
Senza che io potessi prevederlo, lei mi si avvicinò e mi stampò due baci sulle guance. Mi sentii subito avvampare, poi ricordai che gli europei si salutavano in quel modo. Ricambiai, sentendomi davvero impacciato. Scoprii che la sua pelle, a contatto con le mie labbra, era davvero morbida. Dovetti usare tutto l'autocontrollo di cui disponevo per non ricominciare ad immaginare quelle cose di cui mi vergognavo tanto...
-Allora, vogliamo andare?- mi disse, distogliendomi dai miei pensieri.
-Si, andiamo.-
Ci infilammo di nuovo nell'ascensore e quando arrivammo all'ingresso del residence vidi con la coda dell'occhio il signor Dubrinsky che mi lanciava occhiatine piuttosto eloquenti. Rabbrividimmo per il freddo una volta usciti fuori, ma questo si attenuò quando iniziammo a muoverci .
-Parlami del Giappone.- mi disse dopo qualche istante di silenzio.
-Cosa vuoi sapere?-
-Tutto! Mi ha sempre affascinata, e chi meglio di te può parlarmene?-
-Beh...il Giappone è un paese affascinante, direi che è la perfetta unione di tradizione e modernità. Abbiamo molte feste nel corso dell'anno. Personalmente, le due che preferisco sono l' "Hanami" che si tiene durante il periodo della fioritura degli alberi di ciliegio e la cosiddetta "Hinomatsuri".-
-L' "Hanami" lo conosco, ma...l' "Hinomatsuri"?-
-E' una festa che si organizza per le bambine, affinchè crescano bene e siano felici. E' molto particolare, secondo me è una di quelle cose che bisogna vedere per poterle apprezzare fino in fondo. A volte i semplici racconti, per quanto siano accurati e dettagliati, non bastano a descrivere la bellezza di un evento.-
-Quando finirò gli studi andrò in Giappone. Voglio vedere tutto!-
-Se vuoi vedere tutto dovrai rimanerci per un bel pò.-
-Non mi dispiacerà. Ci sono altri giapponesi con gli occhi azzurri come i tuoi?-
-Beh, ci sono quelli che mettono le lenti a contatto colorate. E poi ci sono quelli che si tingono i capelli, che si fanno le lampade, quelli che si fanno le operazioni agli occhi per renderli più "orientali".-
-Il colore dei tuoi occhi è naturale, vero?-
-Assolutamente si.-
Mentre parlavamo notai un cartello con la scritta "VENDESI". Presi nota del numero di telefono indicato e dell'indirizzo e proseguimmo oltre. Durante la nostra passeggiata incontrammo diversi cartelli come quello, e ne memorizzai quattro.
-Mi piacciono tanto gli yukata che indossano le ragazze giapponesi. Sono così belli, tutti colorati! Ho sempre sognato di possederne uno.-
Mentre parlava i suoi occhi si illuminarono e vidi fiorire un bellissimo sorriso sulle sue labbra. Pensai che avrei dato qualsiasi cosa pur di vederla sorridere sempre in quel modo, pur di vedere sempre quella scintilla nei suoi occhi.
-Posso fartene uno io, se vuoi.-
-Sai cucire?- mi guardò con gli occhi sgranati.
-Il cucito e il ricamo sono due delle tre mie grandi passioni.-
-E quale sarebbe la terza?-
Un sorriso amaro si affacciò agli angoli della mia bocca.
-Il tiro con l'arco, ma è da un pò che non lo pratico.-
-Wow! Sei un uomo tuttofare!-
-Diciamo che me la cavo, si.-
Ebbi come l'impressione che mi stessi vantando delle mie capacità con lei.
-A te cosa piace fare?- le chiesi deviando l'attenzione da me a lei.
-Mi piace leggere, suonare il pianoforte e dipingere.-
-Qual'è il tuo compositore preferito?-
-Ludovico Einaudi, un italiano. Scusa, ma ti intendi anche di musica?-
-No, era solo per fare conversazione.- le dissi con un mezzo sorriso.
Per quella battuta mi beccai un pizzicotto nel fianco e una leggera spinta. Dopodiché lei scoppiò a ridere, e la sua risata contagiò anche me. Da quanto tempo non godevo della compagnia di qualcuno in questo modo?
-Si è fatto tardi, credo che sia meglio tornare indietro.- disse lei ad un certo punto guardando l'orologio.
-Ho visto un ristorante italiano vicino al residence. Ti fermi con me?-
Due inviti in un giorno solo. Stavo davvero facendo enormi progressi! Orihime sarebbe stata fiera di me.
-Solo se offri tu.-
-Sarebbe scortese far pagare una donna.-
Desari rise di nuovo e, inaspettatamente, mi prese sottobraccio. Ebbi l'impressione che l'incavo del mio gomito fosse stato creato apposta per combaciare con il suo perchè le nostre braccia si incastrarono perfettamente. Sentivo il suo corpo vicinissimo al mio, i suoi fianchi che ogni tanto sfioravano i miei. Dio, sarei potuto impazzire. Arrivammo al ristorante nel giro di un quarto d'ora. Ci sedemmo l'uno di fronte all'altra e subito dopo una cameriera ci raggiunse.
-Buonasera! Cosa volete ordinare?- ci chiese sorridente.
-Spaghetti al pomodoro.-
Rispondemmo all'unisono, e mi sembrò d'un tratto la cosa più bella del mondo. Desari mi sorrise, era arrossita leggermente, e dal calore che provavo sulle guance mi resi conto di essere arrossito un pò anch'io. Feci finta di tossire per scacciare via l'imbarazzo di quel momento. Mi accorsi che stavo tormentando nervosamente la manica sinistra del mio maglione, e lei si mordeva piano il labbro inferiore.
Quelle labbra, le sue labbra...

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Capitolo 3
*** Quello che comunemente noi chiamiamo amore ***


Ero in Romania già da dieci giorni, due dei quali li avevo passati in compagnia della creatura più splendida che Madre Natura avesse creato. I restanti otto...erano stati un Inferno.
-Devo tornare a casa per un pò, mio padre non sta bene.-
Questo fu tutto quello che mi disse il giorno dopo essere andati insieme in quel ristorante italiano. Prese le sue cose, chiamò un taxi e io rimasi a guardarla dalla finestra della mia camera da letto finchè non vidi più la macchina. Tutte le sere bussavo alla porta del suo appartamento, ma lei non tornava. Ero distrutto. Senza di lei il sole mi sembrava spento, mi mancava l'aria, e quella terra magnifica aveva perso di colpo tutta la sua bellezza. Che cosa mi stava succedendo? Perchè non mi andava di mangiare? Perchè la notte non riuscivo a dormire e rimanevo lì, nel letto, a rigirarmi fino all'alba? Mi sembrava di impazzire. Dimenticai anche di controllare la posta. Il settimo giorno accesi il computer solo perchè mi costrinsi ad andare in cucina per mangiare qualcosa.
"Lo sapevo che eri un predatore! Si, adesso sono stra stra stra stra invidioso di te! Mi raccomando, non combinare follie e non fartela scappare. Anche se con il tuo caratteraccio...
Ecco l'indirizzo mail di Inoue, come mi avevi chiesto: orihimechan@gmail.jp"
Ignorai la mail di Ichigo e scrissi di getto a Inoue.
"Inoue,
non so cosa mi stia succedendo. Ho conosciuto una ragazza, si chiama Desari Savage. Da quando la conosco qualcosa in me è cambiato, sento di non essere più l'Uryu che ero prima! Lei è partita da quattro giorni, e senza di lei tutto mi sembra così diverso. Che cos'ho? Quando sono con lei tutto mi sembra semplice, diverso, più bello. Penso sempre a lei, non riesco a togliermela dalla testa.
Tu sei l'esperta in materia! Per favore aiutami, non so che cosa fare.
Ishida."
Le spedii la mail in fretta, volevo una risposta al più presto. Allontanai da me il computer, poggiai i gomiti sul tavolo e mi presi la testa tra le mani. Cosa potevo fare? Cosa dovevo fare? Non avevo voglia di uscire, non avevo neanche telefonato ai proprietari dei locali che avevo visto quel pomeriggio insieme a Desari...
Ogni cosa mi ricordava di lei. Lei si era seduta sul mio divano, aveva pervaso con il suo profumo di fiori e caffè bollente la mia cucina, aveva iniziato a cambiarmi. Ed io volevo accettare quel cambiamento, si! Non volevo mai più sentirmi solo. Ma come avrei mai potuto senza di lei?
Non mi sentivo molto bene, per cui decisi di tornare a letto. La testa mi faceva male, gli occhi bruciavano e avevo male dappertutto. Alzai la cornetta del telefono poggiato sul comodino e composi il numero della reception.
-"Cherryblossom Residence".-
-Sono Ishida. La signorina Savage è tornata?-
-No, non ho notizie di lei.-
Sospirai.
-Signore, va tutto bene?- mi chiese.
Sentivo la preoccupazione nella sua voce.
-A dire il vero no.-
-Salgo immediatamente da lei.-
Non ebbi il tempo di rispondere perchè sentii la testa girare e poi il buio.
Quando riaprii gli occhi, il signor Dubrinsky era seduto accanto a me e mi stava poggiando qualcosa di fresco sulla fronte.
-Signor Dubrinsky...-
-Mi chiami Igor, per favore. A furia di sentire "signor Dubrinsky" ad ogni ora finirò per sentirmi vecchio.-
Gli sorrisi stancamente.
-Cosa è successo?- gli chiesi.
-Quando sono arrivato l'ho trovata svenuta, signor Ishida. Mi sono permesso di misurarle la febbre e di prendermi cura di lei per un pò.-
-Grazie Igor, grazie mille davvero.-
-Signore, non ho potuto fare a meno di notare che da quando la signorina Savage è partita lei è...diverso.-
-Igor...sono diverso dal giorno che l'ho incontrata. E adesso non so che cosa fare. Da quando lei se n'è andata è come se si fosse portata via qualcosa di importante.-
-Beh, è più grave di quanto immaginassi.-
-Davvero? Che cos'ho?-
-Uno dei mali più dolci, signor Ishida, il mal d'amore.-
Eccola, la risposta che temevo più di tutte.
-Ci sono persone che conosci da sempre e che, tuttavia, non portano con sè grandi cambiamenti. Poi ne incontri una che ti sconvolge completamente la vita, così tanto che non puoi più farne a meno. Se quello non è amore, diciamo che è la strada per arrivarci.-
-Dici che..sono innamorato?-
-Si. E dico anche che lei non mangia da un pò. Ha una pessima cera! Io l'ho sempre detto che i medici sono bravi a curare gli altri e mai loro stessi.-
Riuscì a strapparmi un sorriso, il primo da giorni. Mi feci convincere da Igor a mangiare qualcosa, anche se avevo ancora lo stomaco chiuso e nessuna voglia di cibo.
-Signore, vuole che rimanga? Non rientra nelle mie mansioni prendermi cura dei condomini, ma per lei credo di poter fare un'eccezione.-
Ero troppo debole anche solo per cambiare posizione nel letto, per cui gli feci cenno di si con la testa e mi addormentai. Sognai di essere circondato da nemici e Desari era dietro di me, impaurita. Non riuscivo ad usare l'arco, ero bloccato, e non potevo proteggerla.
Mi svegliai di colpo, ansimante e col fiatone. Mentre cercavo di togliermi di dosso le coperte, sentii qualcosa di morbido sotto le dita e mi accorsi di non essere solo nella stanza. Percepii un respiro lento e regolare, un respiro che avrei riconosciuto tra mille anche se l'avevo sentito così una volta sola. Girai piano la testa e lei era li, con la testa poggiata sulle mie gambe, e dormiva.
-Desari...- sussurrai.
Non so se riuscì a sentirmi, ma nel sonno cercò la mia mano e, quando la trovò, vi poggiò sopra la sua. Mi issai a sedere lentamente, per non svegliarla. Quando era tornata? E perchè era nel mio appartamento? Beh, poco importava. Adesso che era lì con me, sentivo che ogni cosa era ritornata al suo posto, che aveva ritrovato il mio equilibrio. Sorrisi, e fui preso dalla voglia di accarezzare i suoi bellissimi capelli neri. Con delicatezza e trepidazione immersi la dita in quella morbida massa nera, rabbrividendo di piacere a quel contatto. Sentii che si muova e ritrassi frettolosamente la mano. Desari aprì lentamente gli occhi.
-Ishida...- si mise a sedere.
-Quando sei tornata?-
-Sono tornata due giorni fa. Il signor Dubrinsky mi ha detto che si stava prendendo cura di te perchè stavi male, e allora io l'ho sostituito.-
-Vuoi dire che tu sei qui da due giorni?-
-Non mi sono mai mossa da questa stanza.-
Rimasi a dir poco stupito. Ci conoscevamo appena, eppure lei era rimasta al mio fianco per due giorni interi.
La presi per mano e la attirai a me, abbracciandola. La sentii sospirare e, dopo qualche attimo, ricambiare il mio abbraccio.
-Grazie.- le mormorai.
Desari alzò il viso, e notai che i suoi occhi erano lucidi di lacrime.
-Uryu...mi sei mancato.-
Una lacrima le rigò il volto ed io mi affrettai ad asciugarla con il pollice, sorprendendomi per la tenerezza di quel gesto. La strinsi ancora di più a me, affondando il viso nei suoi capelli. Sentii la sua bocca cercare il mio collo, poi le mie guance, fino a fermarsi a un soffio dalle mie labbra. La reazione del mio corpo fu istantanea. Credevo di impazzire, mi sentivo euforico e spaventato al tempo stesso.
-Desari, io...-
-No, non dire niente.- mi sussurrò poggiandomi un dito sulle labbra.
Eravamo vicinissimi, ed io avevo un'immensa voglia di baciarla. Spostai delicatamente la sua mano dalla mia bocca e le feci una carezza, lentamente. Le incorniciai il viso con le mani.
-Anche tu mi sei mancata, non sai neanche quanto.-
Lei mi sorrise dolcemente, e in un attimo i nostri visi furono così vicini che credetti di poter sentire sulla lingua il sapore del suo respiro. All'inizio le nostre labbra si toccarono così piano che mi sembrò di essere stato sfiorato dalle ali leggere e impalpabili di una farfalla, poi iniziarono a cercarsi con maggiore foga, voraci.
Quel bacio sapeva di passione e lacrime, una miscela così dolce che credetti di non potere più farne a meno. Desari mi circondò il collo con le braccia, il suo corpo e le sue forme aderivano perfettamente al mio. Sentivo i battiti accelerati dei nostri cuori, la reazione del mio corpo che ad un tratto non mi importava più di nascondere, i nostri respiri affannati, le nostre bocche che si cercavano, insaziabili. Con un movimento rapido e fluido la feci stendere sotto di me. Percorsi con le labbra il profilo del suo mento, poi le poggiai sul suo collo e la sentii sussultare. Mi tolsi gli occhiali e la guardai negli occhi, scoprendo di poterla vedere perfettamente.
-Ishida, va tutto bene?- mi chiese sottovoce.
-Si, è solo che...oh, niente. Lascia perdere.-
Lei mi sorrise, poi mi cinse i fianchi con le gambe e ricominciammo, io baciavo lei e lei baciava me. Continuammo fino a quando quel calore che sentivo all'altezza dell'inguine non si trasformò in una specie di piacevole dolore, e capii che dovevamo smettere subito prima di buttarci a capofitto in qualcos'altro. Però poi sentii le sue mani calde insinuarsi sotto la mia maglietta e accarezzarmi il torace. In un attimo, non avevo più la maglietta e mi accorsi che, nella foga del momento, le avevo sbottonato la camicetta. La sua stretta gabbia toracica metteva in risalto la pienezza dei seni. Li percorsi con lo sguardo, lentamente, per cogliere ogni minimo dettaglio. Lei mi prese delicatamente il viso tra le mani e notai che aveva gli occhi lucidi. Quei suoi occhi, di un colore simile all'argento, che sembravano leggermi l'anima e riempire il vuoto che mi portavo dentro da sempre. Non riuscii a sopportarne l'intensità e fui costretto a puntellarmi con i gomiti sul materasso.
-Desari...-
-Sono qui.-
La coprii per intero con il mio corpo, come se volessi trattenerla per paura di vederla andare via.
-Non andartene, Desari. Non so se potrei sopportarlo.-
Mi lasciai scivolare al suo fianco ad occhi chiusi e lei rimase distesa di schiena, con la camicetta sbottonata e il respiro irregolare. Poi si girò verso di me e mi poggiò una mano sul petto. Nessuno dei due parlò per qualche minuto, anche se a me sembrò molto di più. Senza aprire gli occhi cercai la sua mano e intrecciai le mie dita con le sue.
-Questi giorni senza te sono stati tremendi, Desari. Forse penserai che sono avventato, ma devo dirtelo altrimenti rischio seriamente di impazzire. Dal giorno che ti ho conosciuta io sono cambiato, non sono più quello che ero prima. E quando te ne sei andata ho creduto di morire senza te.-
-Ishida...-
-No, aspetta, devo dirti...-
-Mi piaci.-
Al suono di quelle due parole aprii gli occhi e mi ritrovai a specchiarmi nei suoi. Le cinsi un fianco con il braccio e lei si strinse a me. Sentivo il suo respiro caldo sul petto e il profumo che mi stordiva piacevolmente. Stavo bene, ero vivo.
-Anche tu mi piaci, Desari. Più di quanto tu possa immaginare e più di quanto io potessi mai pensare.-
Sentii le sue dita sottili accarezzarmi il petto, disegnare linee invisibili, e poi scendere fino al bordo dei miei jeans. Desari mi guardò, come per chiedermi il permesso di continuare. Il tocco delle sue dita aveva lasciato sulla mia pelle una scia infuocata, i suoi occhi erano così chiari...non seppi dirle di no. Si mise a cavalcioni su di me, i capelli che formavano morbide onde nere sui suoi fianchi sinuosi, e si abbassò per baciarmi, mentre le sue mani esploravano il mio corpo oltre la protezione dei boxer grigi che indossavo. Lei sembrava sapere cosa stesse facendo, mentre io no, quella parte di intimità tra due persone non la conoscevo.
-Stai bene?- mi chiese lei senza fermarsi.
-Io...non so che cosa devo fare...-
Desari si fermò, sorridendo. Mi fece segno di alzarmi e, con un gesto rapido, si mise sotto di me. La vidi sbottonarsi i jeans e sfilarseli. Adesso indossava soltanto la camicetta quasi del tutto apertae un paio di sottili mutandine di pizzo.
-Desari, io non l'ho mai fatto prima...- mi ritrovai a confessare con una punta d'imbarazzo.
-Nemmeno io. Per lo meno, non fino in fondo.-
Mentre parlava mi prese la mano e se la fece scivolare addosso fino all'orlo degli slip.
-Non posso insegnarti come fare, devi imparare da solo.- mi disse.
In un attimo le sue labbra erano di nuovo sulle mie, le nostre lingue che si cercavano impazienti. Lei divaricò le gambe ed io mi ci posizionai in mezzo.
"Uryu Ishida, laureato in medicina con il massimo dei voti, che non sa niente del sesso", pensai.
Poi decisi che era inutile aspettare, nessuno mi avrebbe mai detto cosa dovevo fare, come dovevo muovermi. Per cui andai alla scoperta del corpo femminile, del corpo di Desari. Mi insinuai lentamente dentro di lei con le dita, scoprendo che era piacevolmente calda e umida. La sentii sussultare e stringere le braccia intorno al mio collo, mentre poggiava la sua guancia contro la mia. Mi muovevo piano, temevo di farle male, ma sentivo che lei accompagnava con il bacino i movimenti delle mie dita e ad un certo punto la sentii gemere. Nel frattempo la sua mano destra era scivolata dentro i miei pantaloni. Era in corso uno scambio di piacere che non avevo mai provato, e che non pensavo fosse così...
-Ishida...-
Mormorava il mio nome, sentivo il suo alito caldo sul collo e credetti di impazzire.
Avevo tanto sentito parlare di quel mistero chiamato "sesso", avevo sentito parecchi racconti dei miei vecchi compagni di classe. Avrebbero potuto descrivere qualunque cosa, ma mai avrei potuto capire le sensazioni che si provano.
Spostai la sua mano e tolsi la mia. Desari aveva gli occhi lucidi, le labbra leggermente schiuse, il respiro affannato. Era maledettamente bella. Forse aveva capito ciò che avevo intenzione di chiederle, perchè mi sorrise e allargò le gambe, arrossendo un pò.
-Se...se ti faccio male dimmelo subito, per favore.- le dissi mentre scendevo piano su di lei.
Entrai appena e lei chiuse gli occhi, poggiando la testa sul cuscino. I suoi capelli sparsi sulle lenzuola bianche...uno spettacolo che difficilmente avrei potuto dimenticare. Mi insinuai un pò di più e incontrai l'ostacolo della sua verginità.
-Desari, ne sei sicura?- le chiesi, anche se fremevo dalla voglia di immergermi in lei e non ritornare mai più in superficie.
-Si.-
Il tono della sua voce non ammetteva repliche, quindi presi il coraggio a due mani e diedi una spinta ancora più forte. Sentii che Desari soffocava un gridolino, e mi vennero le lacrime agli occhi. Avevo sbagliato? Le avevo fatto male? Oddio, mi avrebbe odiato per tutta la vita. Feci per uscire da lei, ma mi fermò.
-Va tutto bene, Uryu. Va tutto bene.- mi poggiò una mano sul viso.
Annuii. Poggiai le mie labbra sulle sue iniziai a spingere, prima lentamente e poi aumentando il ritmo. Ad ogni affondo la sentivo fremere, gemere, e qualche volta emettere piccoli gridolini davvero...davvero eccitanti. Era come essere scomposto in un milione di piccoli pezzettini e poi essere ricomposto, con l'unica differenza che adesso c'era lei.
-Ishida, credo che dovresti fermarti prima di...- disse lei interrompendo i miei movimenti e i miei pensieri.
-Scusa?-
-Si, dovresti uscire...non siamo protetti...- notai che era arrossita e non mi guardava più negli occhi.
Poi capii a cosa si riferiva. Con un "oh" soffocato uscii da lei lentamente. Lei si infilò sotto le lenzuola, coprendosi fino al naso. Fui assalito da mille dubbi. Avevo sbagliato sicuramente qualcosa, ecco perchè non mi guardava.
-Desari...- mi avvicinai piano a lei sfiorandola con le dita.
Lei non si mosse. La chiamai un'altra volta, ma non mi rispose. Mi infilai di corsa i boxer, scesi dal letto e andai dalla sua parte. Mi ero preoccupato per niente, dormiva. Il suo viso era rilassato, gli angoli della bocca piegati in un sorriso.
-Cosa darei per sapere cosa stai sognando...- mi ritrovai a sussurrarle mentre le sistemavo il lenzuolo addosso.
Mi distesi accanto a lei, accarezzando i suoi capelli, ascoltando il suo respiro. Chiusi gli occhi. Tutto quello che avevo immaginato su di lei si era avverato, le mie fantasie erano diventate reali nel giro di pochissimi giorni. Come era possibile? Mi alzai, abbastanza frastornato, e mi diressi in cucina. Accesi il computer e, mentre aspettavo che i programmi caricassero, mi versai un bicchiere d'acqua. Mi sedetti e controllai la posta. Orihime mi aveva risposto!
"Caro il mio Ishida,
sei innamorato! Siamo felici per te, tutti quanti! Anche Kisuke è contento. Quando siamo andati al suo emporio per dargli la notizia e gli abbiamo detto il nome della ragazza però ha cominciato a comportarsi in modo strano. Mah, chi lo capisce quel Kisuke!
Comunque, mi manchi tantissimo. Adesso chi mi sistemerà i vestiti quando si strapperanno? Scherzo! Ti voglio bene!"
Inoue era arrivata alla conclusione davvero in fretta! Chissà se era davvero così. Ero innamorato? Non lo sapevo, mi ci sarebbe voluto un pò prima di capire. Avevo sempre saputo che Urahara era un tipo davvero strano, e il fatto che aveva iniziato a comportarsi in modo ancora più strano quando, a dire di Orihime, aveva saputo che la ragazza era Desari...beh, non mi convinceva molto. Forse si conoscevano? Per quello che ne sapevo, Desari non era mia uscita dalla Romania ed era impossibile che si fossero anche solo incontrati.
-Scusami, mi sono addormentata.-
Mi voltai e la vidi li, ferma sulla porta, avvolta solo dal lenzuolo bianco. Deglutii a fatica, non ero sicuro di riuscire a sopportare ancora una volta la vista del suo corpo.
-Non fa niente. Come...come stai?- forse era una domanda stupida, ma era l'unica cosa che mi veniva in mente.
-Mai stata meglio.- sorrise -E tu?-
-Bene, molto bene.-
-Lo sai che ore sono?-
-Ehm...le tre del pomeriggio.-
-Esatto. E' l'ora del caffè!-
Si annodò il lenzuolo per non farlo scivolare, si spostò i capelli da un lato e si mise ai fornelli. Fu allora che notai un dettaglio del suo corpo che mi era sfuggito. Dalla parte di schiena che il lenzuolo lasciava scoperta, spuntava la testa di un elegante drago blu.
-Non sapevo che avessi un tatuaggio.- le dissi.
-Oh, si.- si fece scivolare il lenzuolo fino alle natiche e vidi che si trattava di un drago marino. -Ti piace?-
-Si, è davvero bello.-
-L'ho fatto quando avevo sedici anni.-
-Ti ha fatto male?-
-Assolutamente no. E poi il tatuatore era così simpatico! Ricordo di aver riso per tutto il tempo. Da un lato per le sue battute, dall'altro per il suo buffo cappellino da pescatore a strisce bianche e verdi.-
-Come si chiamava?- chiesi con un nodo alla gola.
-Era un orientale, mi pare che si chiamasse...Kisuke, o qualcosa del genere.-
-Kisuke Urahara?-
-Si, si chiamava così. Per caso lo conosci?-
-Diciamo di si. E' il proprietario di un emporio nella mia città natale.-
-Si, ricordo che mi ha parlato della sua attività, anche se non è stato molto chiaro riguardo al tipo di merce che trattava.-
-Beh, Kisuke è una specie di inventore, mettiamola così.-
Che cosa era venuto a fare Urahara in Romania? Tre anni fa ci aveva detto che sarebbe partito ma perchè proprio la Romania? Decisi che se mai fossi tornato in Giappone, quella sarebbe stata la prima cosa che gli avrei chiesto.
Mentre ci pensavo mi arrivò il confortante odore del caffè. Desari lo versò in due tazze colorate che posizionò tra noi, e poi si accomodò sulla sedia che mi faceva piacere pensare che ormai fosse diventata "sua", in qualche modo. Portai la tazza alle labbra ma mi fermai quando vidi Desari abbassare lo sguardo e asciugare una lacrima.
-Desari, qualcosa non va?- le chiesi, quasi sottovoce
. -No, stavo solo ripensando a prima.- rispose asciugandosi con un lembo del lenzuolo.
-Ho fatto qualcosa di sbagliato? Se è così ti chiedo scusa, non era mia intenzione farti del male.-
Lei si alzò piano, altrettanto lentamente si mise di fronte a me e poi si sedette sulle mia gambe. Mi tolse la tazza dalle mani e la poggiò sul tavolo.
-Nessuno mi ha mai trattata con la gentilezza e il rispetto che tu mi hai dimostrato.-
Mi scostò gentilmente i capelli dalla fronte e mi sfiorò le labbra con un bacio. Le cinsi la vita con le braccia e poggiai la testa sul suo petto.
-Quando mi guardi, quando mi stai accanto, quando mi tocchi...è come se io non mi appartenessi più, non so se capisci cosa intendo.-
-E' come essere scomposti in miliardi di piccoli pezzettini e poi essere ricomposti. E' così che mi sento quando sono con te.-
La strinsi ancora più forte. No, non avrei permesso a niente e nessuno di portarmela via. L'avrei protetta con tutte le mie forze, avrei versato il mio sangue fino all'ultima goccia se fosse stato necessario. Avrei rischiato la vita, l'onore, l'orgoglio...tutto, solo per vederla sorridere.
-Se non sbaglio...- la voce di Desari interruppe il corso dei miei pensieri -...noi due non avevamo ancora finito.-
Sorrise maliziosa, ed io capii al volo dove voleva arrivare. Mi tolse gli occhiali e mi baciò, affondando le dita nei miei capelli.
Subito dopo eravamo di nuovo insieme, di nuovo uniti in quell'estasi di anima e corpo così meravigliosa, così perfetta da rimanere senza fiato.
"Desari, non so ancora se ti amo. Ma se questo non è amore, di sicuro è la strada per arrivarci."

Ciao a tutti! Sono Nata dalla Tempesta, e questa è la mia prima ff! In pochissimo tempo sono già arrivata al 3 cap! Beh, che dire, spero che continuiate a recensirmi e a seguire la mia storia! Un bacio :)
P.S. dato che adesso ancdrò in vacanza, non so quando potrò mettere il 4 capitolo. Perciò...portate pazienza per favore!

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Capitolo 4
*** 4. Lo studio medico ***


-Hei, dottore, svegliati.-
-Desari, ma è prestissimo!- protestai guardando l'orologio.
-Dai, devi aiutarmi a ripassare per l'esame!-
-Esame? Quale esame?- come sempre, la mattina appena sveglio non ero nel pieno delle mie facoltà mentali.
-Non dirmi che te lo sei dimenticato! Oggi devo dare "Psicologia dello sviluppo e della formazione", e tu avevi promesso di aiutarmi a ripassare.- mise un broncio carinissimo.
Inforcai gli occhiali e mi diedi una sistemata ai capelli, poi posai lo sguardo su di lei. Ci frequentavamo da circa un mese e dormivamo insieme tutte le notti, eppure non mi ero ancora abituato al miracolo della sua presenza. Trovarla accanto a me ogni mattina, rimanere a guardarla mentre dormiva, ascoltare il suo respiro. Mi ci sarei mai abituato?
-Va bene, va bene.- le dissi scompigliandole i capelli -Prendi i libri.-
Lei mi schioccò un bacio sulla guancia e corse nel soggiorno a prendere i libri. Per meglio dire, non erano proprio libri, ma fotocopie che io avevo diligentemente sistemato pagina per pagina. A volte era così disordinata! O forse io ero troppo ordinato. In ogni caso, con lei mi sentivo completo. Avevo sempre il sorriso sulle labbra, e un senso di pace interiore che raramente avevo provato prima di adesso.
Quando lei tornò in camera da letto io mi ero già infilato i vestiti, mentre lei indossava dei jeans chiari e la maglia del pigiama.
-Mi fai le domande?- mi chiese.
-Ma non saprei cosa chiederti!-
-Dai, qui c'è il libro. L'ho studiato da cima a fondo, per cui puoi scegliere l'argomento dall'indice.-
Erano soltanto le 07:30 del mattino, e lei era così piena di energia! Passammo l'ora seguente a ripassare l'argomento dell'esame, poi la esortai a vestirsi. Non c'era tempo per preparare la colazione, perciò avremmo mangiato qualcosa strada facendo.
-Sbrigati Uryu, che facciamo tardi!- disse balzando in piedi e infilandosi il cappotto.
-Ehm, Desari...-
-Si?-
-Hai ancora la maglia del pigiama addosso.-
Lei aprì il cappotto per controllare e poi scoppiò a ridere. Si cambiò velocemente e poi mi lanciò addosso il mio cappotto nero. Uscimmo in fretta e furia, e arrivammo all'università appena in tempo per l'esame di Desari.
-Tieni le dita incrociate!- mi disse prima di entrare.
-In bocca al lupo.-
Le diedi un leggero bacio sulla fronte e la lasciai entrare nell'aula, dove il professore la aspettava per interrogarla. Dato che era permesso assistere, rimasi a guardare. Mi diede fastidio il modo in cui quell'uomo guardava Desari, e non era difficile immaginare cosa stesse pensando. Praticamente non stava ascoltando una parola di quello che lei gli diceva! Aveva un'espressione completamente da ebete, con un sorriso tutt'altro che professionale stampato in faccia. Se non fosse stato il suo professore...
-Guardate, c'è Savage!-
Mi voltai, e vidi un gruppo di ragazzi più grandi di Desari che sbirciavano da dietro la porta.
-Oddio, guardate com'è bella!- diceva uno mentre gli altri annuivano.
-Ho sentito dire che sta con un medico.- diceva un altro a bassa voce.
-Beato lui!-
Continuarono a bisbigliare per un pò, poi se ne andarono. Che Desari fosse bellissima era un argomento indiscutibile, ma non avrei immaginato che avesse così tanti ammiratori. Mi resi conto di quanto fossi fortunato. Fra tutti lei aveva scelto di stare con me! Avrei fatto di tutto per esserne all'altezza, giurai a me stesso.
Parecchi minuti dopo, vidi il professore mettere la firma sul libretto di Desari. Poggiò per un attimo di troppo la sua mano su quella di lei, e dovetti trattenermi per non entrare e prenderlo a pugni. Desari scostò la mano, sembrava infastidita, e non riuscii a nascondere un sorriso soddisfatto. Lei prese le sue cose ed uscì a grandi passi dall'aula.
-Com'è andata?- le chiesi, ma lei non accennò a fermarsi.
Continuò a camminare a grandi passi per il lungo e largo corridoio dell'università.
-Hei, fermati Desari!- la rincorsi e la afferrai per un braccio. -Cosa ti prende?-
-Mi ha messo trenta.- disse, il suo volto era il ritratto della collera.
-E allora? Non è meraviglioso?-
-No, per niente! Sarebbe stato magnifico se mi avesse ascoltata! Ho commesso almeno quattro errori, e non mi ha corretta!-
-Dai, non te la prendere.- cercai di calmarla, ma non sapevo chi dei due fosse più adirato.
-La prossima volta pretendo di essere esaminata da un altro professore!-
-Tranquilla, Desari. Adesso andiamo a fare una passeggiata, ci stai?-
Lei annuì e si mise il suo cappello grigio ricamato. Di solito non camminavamo mano nella mano, ma quella volta gliela presi.
-Ti da fastidio?- le chiesi indicandole le nostre mani intrecciate.
-No, è bello che tu ti sia deciso finalmente. Voglio dire, facciamo l'amore tutte le sere e non vuoi mai prendermi per mano quando usciamo!- rise allegramente.
In effetti aveva ragione. Ma un conto era essere soltanto io e lei, consci della nostra intimità e del nostro rapporto, altro conto era manifestare il nostro affetto in mezzo alla gente. Insomma, io non ero certo un campione di manifestazioni pubbliche! Però per lei mi sarei sforzato.
-Andiamo a mangiare qualcosa? Sto morendo di fame.- disse mettendosi la mano libera sulla pancia.
-Certo!-
Andammo in un piccolo bar con le pareti e il pavimento di legno poco distante dall'università, e ordinai per tutti e due caffè e croissant. Una cameriera pienotta e sorridente ci portò le nostre ordinazioni e poggiò sul tavolo il conto.
-Devo dirti una cosa.- disse lei interrompendo il silenzio.
-Dimmi pure.-
Mi avevano sempre detto che quando una donna chiedeva ad un uomo di parlare non era mai un buon segno, per cui mi preparai psicologicamente al peggio.
-Domani faccio il compleanno, e lo festeggerò insieme ai miei genitori.-
-Uhm, capisco.- feci un sospiro di sollievo.
-E vorrei che mi accompagnassi.-
Il caffè mi andò di traverso e contemporaneamente mi caddero gli occhiali sul tavolo.
-Scusa, come hai detto?- chiesi tossendo.
-Ho detto che vorrei che tu mi accompagnassi domani a casa dei miei genitori. Sempre se non ti crea problemi.-
-Desari, non credo sia il caso...voglio dire, è troppo presto!-
-A mia madre farebbe piacere conoscerti! Per favore, è importante. E poi ti ho già detto che è giapponese?-
-Tua madre è giapponese?-
-Si, si chiama Toshiko Urahara.-
-Ha lo stesso cognome di Kisuke, l'uomo che ti ha fatto il tatuaggio.-
-Si, l'ho notato anch'io! Ma mia madre mi ha detto che è un cognome molto comune in Giappone.-
Annuii, in silenzio.
La madre di Desari era giapponese, aveva lo stesso cognome di Kisuke e voleva conoscermi. Non sapevo se fosse un bene o un male!
-Se tua madre è giapponese, perchè non sai niente della sua terra?- le chiesi.
-Lei non ne parla molto volentieri. Dice che parlarne le riporta alla mente brutti ricordi, per questo ho smesso di farle domande.-
-Oh, mi dispiace. Non credi che vedermi le ricorderà cose spiacevoli?-
-Beh...effettivamente non le ho detto che sei orientale.- mi rivolse un sorriso di scuse -Ma non importa, un conterraneo è sempre un conterraneo.- fece spallucce.
-Ho come l'impressione che non mi convenga rifiutare...- dissi accasciandomi sullo schienale della sedia.
-Sei un tesoro, Uryu!- mi disse soffiandomi un bacio.
Potevo dirle di no? Non potevo. Non mi restava altro che affrontare la madre. Sapevo già cos fare: l'avrei studiata e analizzata individuando ogni suo punto debole. Solo allora avrei colpito!
Mi resi conto che stavo paragonando la madre di Desari a uno shinigami, praticamente stavo facendo lo stesso ragionamento che facevo in battaglia. Mi passai una mano sulla fronte e mi aggiustai gli occhiali.
-Dalla tua espressione deduco che tu voglia dirmi di più su tua madre.- le dissi bevendo l'ultimo sorso di caffè.
-In effetti c'è giusto qualcosina che dovresti sapere su di lei.- disse vagamente mentre spezzettava il croissant con le dita.
-Quel tono non mi piace per niente, lo sai?-
-Vuoi che ti parli di lei oppure no?-
-Scusa, scusa. Allora, dicevi?-
-Mia madre è un tantino, come dire, apprensiva.-
-Un tantino?-
-Va bene, è insopportabile. Pretende di avere tutto sotto controllo, nessuno in casa può decidere qualcosa senza il suo consenso, o almeno così lei crede.-
-Desari, mi stai spaventando.-
-Cerco solo di prepararti, per l'amor del cielo!- sbuffò -Ma se sai come prenderla è un vero angelo, te lo assicuro.-
-Così va già meglio. E come bisogna comportarsi con lei?-
-Vige una sola regola, molto semplice: lei fa le domande e tu rispondi, mai il contrario.-
Mi sfuggì una risatina.
-Perdonami, ma sembra più un dittatore che una madre.-
-E' comprensibile, si. Credimi, meglio sottostare anche solo apparentemente alle sue regole che averla contro.-
-Non vedo l'ora di conoscerla.- dissi ironicamente.
Mi beccai una pioggia di molliche in testa e un pizzicotto sul naso. Poi Desari scoppiò a ridere e ben presto la seguii.
Pagai il conto e uscimmo dal bar.
-Sai cosa dovremmo fare adesso?- disse lei.
-Illuminami.-
-Dovremmo cercare uno studio per te. Ma stavolta sul serio! Allora? Che ne dici?-
-La settimana scorsa ho visto un locale davvero carino, ma volevo anche un tuo parere. Se non ricordo male non è molto lontano da dove siamo adesso.-
-Quando ti deciderai a comprare un'auto, eh?-
-Prima di investire in un mezzo di trasporto, che tra l'altro ha anche i suoi costi, devo fare i miei calcoli, signorina Savage. Quello che ho è per la maggior parte frutto del mio lavoro e anche se potrei tranquillamente acquistare un'auto, vorrei prima assicurarmi di non avere problemi economici in futuro.-
-Mi dispiace di aver uscito quel discorso.- disse abbassando lo sguardo.
Le avevo accennato dei problemi economici che avevo dovuto affrontare in passato, del fatto che dovevo mantenermi da solo con diversi lavoretti. Le avevo parlato di mio padre, che non aveva mai voluto aiutarmi se non quando finalmente mi ero laureato. Solo allora aveva deciso che meritavo qualcosa di più.
-Tieni, come regalo di laurea.- mi disse allungandomi un assegno che guardai appena.
-Credi di poterti rifare così del tempo e delle attenzioni che non mi hai dedicato?-
-Non intendo rifarmi di niente. Per quello che mi riguarda, sei cresciuto bene e senza troppi problemi. Ma se credi di potercela fare ancora da solo, posso benissimo riprendermi l'assegno.- mi rivolse un sorriso sghembo e privo di colore.
-Sei davvero subdolo.-
Scossi la testa per mandare via quel ricordo che mi disgustava non poco. Si, odiavo mio padre. Si, avevo accettato i suoi soldi. Si, me ne vergognavo un pò. Ma almeno potevo permettermi uno stile di vita migliore di quello che conducevo prima.
-Uryu, tutto bene?- fui scosso dalla voce di Desari.
-Si.- annuii -Eccoci, è questo il posto.-
Ci fermammo di fronte ad un palazzo di sei piani. Aprii la porta di vetro per far passare Desari e poi entrai anch'io.
-Allora, dove sarebbe questo locale candidato a studio?- mi chiese.
-E' un monolocale al piano terra. Per adesso ci sta un ragazzo davvero simpatico, ma vuole venderlo per prendere una casa più grande.-
-Fammi capire.- aggrottò le sopracciglia -Tu vuoi fare uno studio medico in un monolocale?-
-Si, non vedo dove sia il problema.-
-Se a te piace così, nessun problema. Avanti, andiamo a vedere.-
La guidai verso una porta laccata e bussai un paio di volte.
-Chi è?- chiese una voce maschile dall'interno.
-Uryu Ishida.-
La porta fu aperta immediatamente e fece capolino fuori Jorge, un simpatico ragazzo con i capelli rossi e le lentiggini.
-Uryu, che piacere rivederti! E vedo che stavolta non sei da solo. Prego, accomodatevi!- disse facendosi da parte per farci entrare.
L'appartamento era dotato di un ampio salone/cucina che fungeva anche da camera da letto, un bagno e un piccolo stanzino.
-Allora, hai pensato alla proposta che ti ho fatto la settimana scorsa?- mi chiese Jorge facendoci accomodare sul divano.
-Si, ci ho pensato e la trovo davvero interessante.-
-Scusate- si intromise Desari -posso sapere anch'io di quale proposta si tratta?-
-Beh, diciamo che io e Jorge siamo arrivati ad un compromesso. All'inizio io avrei dovuto pagare sia la quota del locale sia la quota della ristrutturazione, mentre adesso pago soltanto il locale.- le spiegai velocemente.
-Come mai?- chiese.
-Beh- disse Jorge -devo dire che Uryu mi sta davvero davvero simpatico, e poi mi ha anche visitato senza chiedere nulla in cambio. I soldi di certo non mi mancano, quindi non c'è problema se pago io i lavori di ristrutturazione.-
-Allora, Desari, ti piace questo posto? Immagina che a lavori ultimati sarà leggermente diverso.-
Lei ci pensò su un attimo, sicuramente stava valutando i pro e i contro di quell'affare.
-Si, è un'ottima idea.- sentenziò alla fine.
-Perfetto, allora ci vediamo domani mattina per il contratto!- disse allegro Jorge.
Ci salutammo e tornammo all'aria aperta. Mi sentivo leggero ed ero un pò più contento.
-Sei soddisfatto?- mi chiese Desari prendendomi per mano.
-Direi di si, il contratto è davvero conveniente.-
-Quindi adesso hai uno studio.-
-Immagino.-
Lei lasciò la mia mano all'improvviso e si mise di fronte a me con le mani poggiate sui fianchi. La guardai senza capire.
-Possibile che tu riesca a dimostrare un pò di calore soltanto quando hai l'uccello impegnato?- mi chiese con una punta di rabbia nella voce.
-Mi dispiace, non riesco ad essere più espansivo di così.- le dissi rivolgendole un sorriso di scuse, il più sincero di cui ero capace.
Lei sospirò, si sistemò il cappellino che era caduto leggermente di lato e mi piantò gli occhi addosso.
-Ripeterò la domanda. Sei soddisfatto del contratto?- me lo chiese ancora una volta.
Mi abbassai fino a sfiorare il suo naso con il mio, le insinuai una mano tra i capelli e la attirai a me, baciandola con tutta la passione di cui ero capace. Quando mi staccai da lei, Desari era lievemente arrossita e sembrava disorientata.
-Questo calore va bene adesso?- le domandai sfoderando un sorriso sghembo.
Lei, con molta classe, lisciò le pieghe sul suo cappotto e alzò gli occhi al cielo.
-Dovremo lavorarci, signor Ishida, e anche duramente. Nel frattempo, si goda il suo studio.-
Scoppiai in una fragorosa risata e rimasi incantato, come sempre del resto, quando lei si unì a me. Si, avevo uno studio e lo avrei aperto presto.
Ero felice.

Salve a tutti! Perdonate il ritardo con cui ho pubblicato il nuovo cap, ma per il momento non ho internet in modo stabile! Spero che vi piaccia e, beh...recensite! Un bacio,
Nata dalla Tempesta.

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Capitolo 5
*** 5. Buon compleanno, Desari-chan! ***


-Sono ridicolo.- dissi guardando la mia immagine allo specchio.
-Ma no, stai benissimo!- insistette Desari poggiandomi una mano sulla spalla.
Desari mi aveva costretto a comprare un abito elegante per la serata con i suoi genitori, e mi ci aveva mandato da solo. Avevo dato una rapida occhiata ai negozi ed avevo scelto un completo nero, senza neanche provarlo, a cui avevo abbinato una camicia bianca. Ma adesso che mi guardavo allo specchio, non vedevo un uomo elegantemente vestito ma un pinguino impacciato intento a destreggiarsi nel subdolo gioco dell'alta moda. Mi guardai e riguardai da ogni angolazione, ma non mi piacevo molto.
-Uryu, vuoi smetterla? Farai venire i complessi anche a me!- sbottò lei irritata.
-Secondo te dovrei mettere la cravatta?- chiesi per cambiare discorso.
-Guarda che non stai andando ad un party della regina Elisabetta.- mi disse lei cercando nel mio armadio un paio di scarpe da adattare all'abito.
-Vuoi darmi un consiglio si o no?-
Lei sbucò fuori con un paio di scarpe lucide, le poggiò per terra e si mise di fronte a me. Mi studiò per un attimo e alla fine, dopo un lungo momento di riflessione, mi tolse la cravatta e mi sbottonò un pò la camicia.
-Così sei sexy ed elegante.- disse, evidentemente soddisfatta del risultato.
In effetti non era male, ma non volevo sembrare sexy! Volevo soltanto dare l'impressione di un ragazzo serio, uno di quelli di cui le mamme possono fidarsi a prima vista. Guardai Desari, e dal suo sguardo capii che aveva già deciso per me. Così mi rassegnai.
-Tu cosa indosserai?- le chiesi.
-Oh, niente di che.- guardò l'orologio -Adesso vado a cambiarmi, ci vediamo tra mezz'ora alla reception!- mi diede un bacio e corse nel suo appartamento.
Mi sedetti sul bordo del letto ed aprii il primo cassetto del comodino. Tirai fuori il mio regalo per Desari, che non le avevo ancora dato, e una confezione di lenti a contatto graduate. Le avevo messe soltanto una volta, e mi era sembrato di star bene. Non mi andava di portare gli occhiali in quello che, nel mio mondo, mi sembrava un evento abbastanza formale.
Mi alzai con il pacchetto in mano e andai in bagno. Faticai un pò per metterle, non ero abituato, ma alla fine ci riuscii. Mi soffermai a guardare la mia immagine riflessa. Era passato un bel pò di tempo dall'ultima volta che mi ero guardato attentamente allo specchio. All'epoca ero soltanto un ragazzino occhialuto, mingherlino e preso in giro da tutti. Mi guardavo e vedevo una nullità che a stento, con l'aiuto del nonno, riusciva ad evocare un arco. Avevo dieci anni, e decisi che mi sarei guardato di nuovo quando sarei stato orgoglioso di me stesso.
Erano passati tredici anni da allora, ed ero fiero di quello che ero diventato. Nello specchio non c'era più il ragazzino debole e gracile, no. Adesso riflesso nello specchio c'era un uomo. Sorrisi, e la mia immagine mi rispose.
Mi pettinai i capelli all'indietro, Orihime mi diceva sempre che mi stavano bene, e tornai in camera da letto. Presi la scatolina foderata di velluto nero che conteneva il regalo di Desari e la aprii. Le avevo comprato una collana con la catenina sottile che aveva come ciondolo un diamante incastonato in una montatura di oro bianco. Avrei voluto comprarle un anello, ma poi avevo pensato che forse era troppo. Misi la scatolina nella tasca interna della giacca, presi dall'armadio il cappotto bianco che indossavo soltanto per le "grandi occasioni" e andai ad aspettare Desari nell'atrio.
-Signor Ishida, stasera è davvero elegante!- mi disse Igor sporgendosi dal bancone della reception.
-Stasera devo esserlo per forza, Igor.- risposi con un sorriso.
-Mi faccia indovinare. Va a conoscere la mamma?-
-Esatto. Sono troppo....troppo?-
-Non ha messo la cravatta.-
-Avrei dovuto?- chiesi con un leggero lamento.
-No, non sta andando mica a prendere il the con la regina Elisabetta!- disse ridacchiando.
-Me l'hanno già detto.-
-Scherzi a parte, sta davvero bene. E quella pettinatura le dona molto.-
Lo ringraziai con un cenno del capo e mi poggiai al bancone. Guardavo nervosamente l'orologio e battevo il piede per terra. Sobbalzavo ogni volta che sentivo l'ascensore aprirsi, ma rimanevo deluso perchè non era lei ad uscire. Igor mi lanciava occhiatine come per dire "Eh, le donne!" ed io rispondevo con sorrisi incerti. La mezz'ora era già passata e cominciai a pensare di tutto, ovviamente in negativo. Era svenuta? L'avevano rapita? Mi resi conto di essere mortalmente paranoico.
-Scusami, non riuscivo ad allacciare le scarpe!- la sua voce scacciò via tutti i brutti pensieri.
Alzai lo sguardo e...beh, era ancora più bella del solito. Indossava un abito viola monospalla a veli che faceva risaltare il candore della sua pelle e l'argento dei suoi occhi. Aveva i capelli raccolti in uno chignon elegantemente scomposto, calze trasparenti e scarpe nere con il cinturino decisamente alte. Quando si avvicinò, notai che normalmente con la sua altezza raggiungeva a stento le mie spalle mentre adesso, con l'ausilio dei tacchi, arrivava quasi a sfiorarmi il naso con la fronte.
-Desari, sei...sei bellissima.- non riuscii a dirle altro, ero rapito dalla sua bellezza.
Lei arrossì leggermente e si strinse nelle spalle.
-Stai benissimo senza occhiali, e i capelli pettinati in questo modo fanno risaltare i tuoi occhi.- mi rispose quasi sottovoce, come per impedire che qualcuno venisse a conoscenza di quello scambio di complimenti.
-Vogliamo andare?- la aiutai ad indossare il cappotto.
-Ci stanno aspettando fuori.- disse abbottonandoselo.
-Chi ci sta aspettando?-
-L'autista di mio padre.- rispose con nonchalance.
-Credevo che andassimo in taxi.- risposi, improvvisamente freddo.
-Mia madre ha insistito.- disse rivolgendomi uno sguardo di scuse.
Non le risposi, non perchè non avevo nulla da dirle ma perchè non volevo mostrarle il lato peggiore del mio carattere. Infilai il mio cappotto ed uscimmo nella notte. Nevicava lievemente, e davanti al portone c'era ad aspettarci una lucidissima limousine nera. Un uomo in uniforme ci salutò con un inchino e ci aprì lo sportello per farci entrare.
Per tutta la durata del viaggio non spiccicai una parola. Fu Desari a rompere il silenzio.
-Se credi che io lo stia facendo per metterti in imbarazzo ti stai sbagliando.- disse.
-Non è questo.-
-E allora che cos'hai? Se non volevi venire bastava dirlo.-
-Non...- deglutii -...non vado molto d'accordo con la ricchezza. E se vuoi saperlo, questa situazione mi imbarazza un pò.-
-Vuoi tornare indietro? Siamo ancora in tempo, diremo che ti sei sentito male o inventeremo un'altra scusa.-
-Ho detto che ti avrei accompagnata e lo farò, va bene? - le dissi un pò irritato.
Vidi che era in procinto di poggiare la sua mano sulla mia, ma dopo la mia ultima frase non lo fece. Si allontanò fino a raggiungere l'estremità opposta del sedile e iniziò a guardare fuori dal finestrino. Dal suo respiro, intuii che stava trattenendo le lacrime. Non volevo farla piangere, non era nelle mie intenzioni! Mi avvicinai piano a lei e le accarezzai una guancia con il dorso della mano.
-Desari, mi dispiace. Non avrei dovuto alzare la voce con te.- le sussurrai.
-No, va tutto bene.- si girò parzialmente -Forse hai ragione tu, è troppo presto.-
-Ormai ci siamo, e indietro non si torna. Vada come deve andare.-
Intrecciò le sue dita con le mie, e non mi lasciò la mano per il resto della corsa. Arrivammo di fronte ad un enorme cancello in ferro battuto che si aprì lentamente. L'autista percorse un vialetto illuminato e si posteggiò di fronte ad un magnifico portone color mogano.
-Siamo arrivati.- disse Desari accettando la mano che l'autista le offrì per scendere dalla vettura.
-Come sto?- le chiesi.
-Sei perfetto.- mi disse sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Mi prese per mano e ci fermammo di fronte al portone. Lei suonò il campanello e pochi secondi dopo un signore elegantemente vestito, doveva avere sicuramente meno di cinquant'anni, con i capelli neri brizzolati, gli stessi occhi grigi di Desari e un paio di baffi neri lucidissimi.
-Ciao papà!- Desari mi lasciò la mano per abbracciare il padre e mi sentii improvvisamente solo e spaesato.
-Piccola mia, buon compleanno!- disse lui baciandola sulla fronte. -E chi è questo giovanotto?- mi indicò con un dito.
-Papà, ti presento Uryu Ishida.- lei si fece da parte e mi fece cenno di avvicinarmi.
-Piacere di conoscerla, signor Savage.- gli dissi porgendogli la mano.
Lui rimase un attimo sulla soglia a fissarmi poi si sciolse in un sorriso baffuto, ignorò la mia mano e mi strinse in un poderoso abbraccio.
-Ma che piacere conoscerti! Su, non essere rigido e abbracciami figliolo!-
Non riuscivo a credere alle mie orecchie! Goffamente gli diedi una leggera pacca sulle spalle e passarono parecchi secondi prima che lui mi lasciasse andare.
-Fa un freddo terribile, entriamo in casa!- aggiunse spingendomi dentro.
Per poco non caddi inciampando in un tappeto. Desari trattenne una risata e si tolse il cappotto, invitandomi a fare lo stesso. Arrivò una cameriera in uniforme a prendere i soprabiti e si allontanò subito. Il padre di Desari mi teneva stretto per un braccio e non avevo grande libertà di movimento. Ci condusse in un grande salotto dove il colore predominante era il dorato. Intarsi dorati, poltrone dorate, tavolini dorati. Mi fece cenno di accomodarmi su un divano rosso con ricami, guarda caso, dorati. Desari prese posto al mio fianco.
-Allora, Uryu- disse versandosi del liquido ambrato in un bicchiere trasparente -cosa fai nella vita?- si sedette di fronte a noi.
-Sono laureato in medicina ed esercito la professione già da un anno.- dissi tutto d'un fiato.
-Quanti anni hai?-
-Ventitrè, signore.-
-Un medico piuttosto giovane!- mi rivolse un ampio sorriso che, se non fosse stato per i baffi, forse sarebbe potuto sembrare rassicurante.
-Papà- intervenne Desari -dov'è la mamma?-
-Sarà qui tra poco.- disse cercando di mantenersi serio. -Hai già uno studio tutto tuo?- mi chiese.
-Si, ho firmato il contratto stamattina.-
-Oh ,meraviglioso! Assolutamente meraviglioso!- sembrava piuttosto entusiasta.
Poi cadde un silenzio imbarazzante interrotto dal ticchettio di un orologio a pendolo situato in un angolo della stanza. Dopo qualche minuto, sentii un leggero rumore di passi oltre la porta.
-Buon compleanno, Desari-chan.-
Ci voltammo tutti e tre contemporaneamente verso la porta. Un'elegante signora giapponese venne verso di noi, il suo volto giovane e dai lineamenti aggraziati sembrava quasi senza espressione, ed ero certo di averla già vista da qualche parte. Si, ma dove?
-Ciao mamma.- disse Desari alzandosi dal divano.
Si scambiarono due baci senza calore, senza emozione, e ci raggiunsero.
-E così è lui il ragazzo di cui mi hai parlato.- disse senza far trapelare alcuna emozione -Sei giapponese, vero?- mi chiese, gelida.
-Si, signora. Il mio nome è Uryu Ishida.-
Non appena sentì il mio nome si irrigidì, vidi i tratti del suo volto contratti in una smorfia di disapprovazione. Durò un attimo, ma bastò a farmi capire che non le piacevo neanche un pò.
-Desari- disse rivolgendosi alla figlia -non mi avevi detto che il tuo ragazzo era un orientale.-
-Sarebbe cambiato qualcosa? A te non piace mai nessuno.-
La signora la prese per un braccio con uno scatto fulmineo e la costrinse ad alzarsi, trascinandola quasi di peso fuori dalla stanza.
-Ti prego di scusare i modi di mia moglie.- disse il signor Savage con un sospiro. -Vedi, ha una relazione abbastanza conflittuale con il suo paese d'origine.-
-Desari mi aveva accennato qualcosa, ma non credevo che avrebbe reagito così.-
-Vedi, neanche io conosco bene il passato di Toshiko. Lei non me ne ha mai voluto parlare. So che i suoi genitori sono morti quando era ancora piccola, ed ha un fratello gemello. Io l'ho visto soltanto una volta.-
-Posso chiederle che tipo è il fratello di sua moglie? Sa, ha lo stesso cognome di un mio conoscente e magari sono parenti.- chiesi con un nodo alla gola.
-Mia moglie me ne parlò poco, e a dire la verità neanche molto bene. Mi disse che era bizzarro, sempre chiuso in una specie di negozietto di sua proprietà, e che inventava oggetti strani per le persone strane come lui.-
-Era?-
-Purtroppo è morto a causa di un incidente.- disse con un velo di tristezza.
Poggiai la schiena sui cuscini del divano e iniziai a massaggiarmi le tempie. Trovavo già strano che la signora Toshiko avesse lo stesso cognome di Kisuke, e adesso scoprivo che aveva un fratello la cui descrizione corrispondeva perfettamente a lui. No, non poteva essere soltanto una coincidenza, mi rifiutavo di crederci! Ma come potevo avere la conferma dei miei sospetti?
Poi ricordai. Nel portafogli avevo una fotografia risalente all'ultimo anno di liceo in cui c'eravamo io, Ichigo, Inoue, Tatsuki, Chad, Rukia...e Kisuke Urahara! Orihime insistette tanto per convincerlo a farsi fotografare insieme a noi, e poi faticò per convincere me ad essere fotografato insieme a lui. Tastai alla ricerca del portafoglio ed eccolo, nella tasca destra della giacca.
-Signor Savage, avrei qui una foto.- dissi lentamente -Potrebbe dirmi se l'uomo che le indicherò è il fratello di sua moglie?-
-Si, certo.- disse lui aggrottando la fronte.
Estrassi la fotografia dal portafoglio e gliela porsi.
-Riconosce in quest'uomo il fratello di sua moglie?- chiesi indicando Kisuke con l'indice.
Lui studiò la fotografia per qualche istante, ogni secondo faceva crescere l'ansia che mi attanagliava lo stomaco come una morsa di ferro.
-Si, è lui! Quel cappello da pescatore, quel ventaglio...si, lo riconoscerei tra mille.- disse infine restituendomi la foto.
Fortunatamente ero seduto, perchè non sapevo se le mie gambe avrebbero retto. Perchè Toshiko Urahara aveva mentito? Sicuramente Kisuke sapeva di avere una nipote, ecco perchè era venuto in Romania e aveva inscenato la farsa del tatuatore!
-Uryu, ti senti bene?- mi chiese il signor Savage -Non hai una bella cera.-
-Sto bene, è stato solo un giramento di testa.- dissi raddrizzando la postura.
Contemporaneamente fecero il loro ingresso nella stanza Desari e la signora Savage.
-La cena è pronta.- annunciò la signora con freddezza assoluta.
Desari mi prese per mano e insieme ci recammo nell'enorme sala da pranzo, arredata in modo più semplice rispetto al salotto ma ugualmente d'effetto. La signora Savage prese posto di fronte a me e mi piantò gli occhi addosso. Mi fissava, sentivo il suo sguardo percorrere ogni centimetro del mio corpo. Ero sotto esame.
Desari mi stringeva la mano sotto il tavolo, e in quell'atmosfera era l'unica cosa rassicurante.
-Dammi del tu, Uryu Ishida.- mi disse infine dopo avermi osservato a lungo.
-Signore Savage, io non...- cercai di protestare.
-Insisto.- mi sorrise in modo gentile, ma i suoi occhi esprimevano tutt'altro.
-Come vuoi...Toshiko.-
Decisi che non l'avrei più guardata con soggezione, non mi sarei più fatto trattare con sufficienza. Quella donna aveva qualcosa di strano, sicuramente nascondeva qualcosa, ed io avrei scoperto cosa.
Due cameriere ci servirono la prima portata, una zuppa di qualcosa che non conoscevo, ma che era davvero buona, leggermente piccante.
-Cosa ti piace fare nel tempo libero?- mi chiese il signor Savage.
-Cucire, ricamare e tirare con l'arco.- risposi calmo, mi stavo adattando a quel clima.
-Cucire e ricamare?-
-Si, signore.-
-Ah.- disse finendo la sua zuppa -E tiri anche con l'arco.-
-Da quando ero piccolo, mio nonno è stato il mio maestro.-
-Ti piacerebbe darci una dimostrazione dopo cena? Nella mia armeria, al piano di sotto, ho un arco che proviene dalla Cina. Non l'ho mai usato, io sono esperto di armi da fuoco e non di archi.-
-Mi piacerebbe molto, signore.- risposi sorridendo.
Dopo tanto tempo, avrei impugnato di nuovo un arco! Guardai Desari, ma lei non ricambiò il mio sguardo. Le sfiorai la mano con le dita e lei alzò il viso. Aveva gli occhi rossi e lucidi, capii che stava trattenendo le lacrime. E capii anche il perchè. La stavamo ignorando, il giorno del suo compleanno.
Mi pulii le labbra con il fazzoletto e le presi la mano, saldamente.
-Avrei voluto aspettare la fine della cena per dartelo, ma...- dissi estraendo la scatolina dalla tasca interna della giacca -...non c'è ragione di aspettare oltre.- gliela porsi.
Vidi il viso di lei illuminarsi e lacrime scomparire pian piano. Prese la scatola tra le dita e la aprì lentamente.
-Uryu, è bellissima!- mi guardò sorridendo e una lacrima fece capolino dalle sue ciglia.
Mi affrettai ad asciugarla con la punta dell'indice e le chiesi il permesso silenzioso di metterle la collana. Lei annuì, togliendosi il ciondolo che portava in quel momento e poggiandolo sul tavolo. Tremavo un pò per l'emozione, e non riuscii ad agganciare la catenina al primo tentativo. Desari venne in mio aiuto e fece da sola.
Un colpo di tosse ci riportò alla realtà. Mi ero completamente dimenticato dei genitori che ci stavano guardando, sbigottiti. Evidentemente, non si aspettavano quella scenetta.
-Bene, allora direi che adesso è arrivato il momento del nostro regalo.- disse Toshiko, facendo un cenno al marito.
Il signor Savage batté due volte le mani e un maggiordomo entrò di corsa, con una scatola bianca chiusa da un fiocco rosso. Il coperchio della scatola si muoveva in modo strano, pensai. Il maggiordomo porse la scatola a Desari e, non appena lei se la poggiò sulle gambe, il coperchio saltò via definitivamente e fece capolino un grazioso cucciolo di maltese, una nuvola di pelo bianco e soffice.
-Ma è meraviglioso!- esclamò Desari sollevando il cucciolo e accarezzandolo mentre questo scodinzolava, felice. -Grazie mille!- disse sorridente verso i suoi genitori.
Quel momento di sorrisi e convenevoli venne bruscamente interrotto da un vocio concitato fuori dalla porta.
-Signore, lei non può stare qui!- diceva una voce di donna.
-Ah, no? E chi l'ha detto?- rispose una voce maschile.
Se nell'udire quella voce io trasalii, Toshiko per poco non svenne.
-La signora ha dato ordini precisi! Per favore, vada via!-
Adesso le voci erano appena dietro la porta.
-Per favore, si fermi!-
La porta si aprì di scatto, e ce lo ritrovammo davanti.
-Buon compleanno, Desari-chan!-
Kisuke Urahara entrò sventolandosi con il suo solito ventaglio e quel cappello che conoscevo bene ficcato in testa a coprire gli occhi. Il signor Savage era bianco come un lenzuolo, lo sguardo fisso sul cognato che credeva morto. Toshiko era scatta in piedi come una molla, furente. Desari era rimasta seduta, gli occhi fissi sull'uomo che credeva un semplice tatuatore e che invece era suo zio. Il cagnolino che teneva in grembo balzò per terra e corse fino ai piedi di Kisuke.
-Oh, ma quanto sei carino!- disse lui accarezzandolo e prendendolo in braccio. -Toshiko, sorella cara! Non sei felice di vedermi?- chiese rivolto alla sorella.
Ora che li vedevo insieme, erano praticamente identici. I capelli di quello strano color paglia, il naso sottile, i tratti del viso...non riuscivo a crederci. Kisuke non ci aveva mai parlato di una sorella, almeno non a me, e nessuno di noi ne aveva mai sospettato l'esistenza. Quei due insieme avevano più di duecento anni! E Toshiko ne dimostrava appena una trentina!
-Uryu Ishida, vecchio amico mio!- si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla -Conosci la mia nipotina, eh? Non puoi nemmeno immaginare quanto io sia felice!-
-Non toccarmi.- sibilai a denti stretti scostandomi dal tocco della sua mano.
-Gli anni passano eppure tu resti sempre un simpaticone, caro il mio Quincy!- rise allegramente, come se avesse appena sentito una battuta esilarante.
-Kisuke.- la voce di Toshiko interruppe la sua risata. -Cosa sei venuto a fare qui?-
-Ma come! Non lo immagini?- ridacchiò -Sono venuto a festeggiare il ventesimo compleanno di Desari-chan!-
Desari, che fino a quel momento era rimasta immobile e in silenzio, si alzò.
-Lei è il signore che mi ha tatuato il drago marino quattro anni fa.- disse rivolta verso lo zio.
-Cara, siamo parenti! Dammi pure del tu.- sorrise sornione e si accomodò sulla sedia dove poco prima era seduta Desari. -Su, piccolina, vieni a sederti qui!- si battè il palmo sinistro sulle gambe.
Desari rimase come ipnotizzata da lui per un istante, poi si sciolse in un sorriso. Si tolse le scarpe e andò a sedersi sulle ginocchia di Kisuke.
-Lo sapevo.- disse sorridente.
-Cosa, mia cara?- chiese lui dandole un buffetto sul naso.
-Sapevo di averti già visto da qualche parte! Ma non ricordavo dove.- gli cinse il collo con le braccia -Solo adesso mi sono ricordata delle fotografie di te e della mamma che avevo visto da bambina!-
Toshiko arrivò come un fulmine e colpì Kisuke in pieno viso con uno schiaffo, in maniera così violenta che la testa di lui si piegò da un lato.
-Mamma!- la rimproverò Desari. -Zio, ti sei fatto male?- gli chiese quasi con le lacrime.
-No, cara. Ho sopportato cose più dolorose del semplice schiaffo di una donna.- rispose, senza smettere di sorridere.
Desari che abbracciava Kisuke, lui che ricambiava...sentivo che il seme della gelosia aveva messo radici in me, tuttavia mi imposi di restare calmo. Come feci? Non lo so nemmeno io. Il padre di Desari era rimasto immobile sulla sedia, senza dire una parola. Guardava la scena con gli occhi sbarrati e i pugni così serrati che aveva le nocche quasi bianche.
-Voglio una spiegazione, Kisuke. E la voglio adesso!- gli ringhiai.
-Non vedo cosa ci sia di così complicato che il tuo cervello da secchione non riesca a comprendere! Io e Toshiko siamo gemelli e Desari è mia nipote.- rispose senza smettere di fissarla.
Desari non riusciva a non fissare Kisuke, continuava ad abbracciarlo, e sembrava essersi dimenticata di tutto.
Persino di me.


Salve a tutti! Ed eccoci arrivati al 5 capitolo! Scommetto che sarete rimasti abbastanza sconvolti, eh? Ma non finisce qui! Vi aspetto con il 6 cap che sarà pronto a breve :D
P.S. Man mano che leggete, mi farebbe davvero piacere ricevere le vostre recensioni!
Un bacio, Nata dalla Tempesta.

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Capitolo 6
*** 6. Back to Japan/ I pensieri di Kisuke ***


-Desari...- il suo nome mi uscì dalle labbra come un sussurro che lei non sentì.
Si guardavano negli occhi e più che zio e nipote sembravano...si, sembravano una coppia di amanti.
-Zio, perchè la mamma non mi ha mai parlato di te?- chiese Desari.
-Di solito non parlo male della gente, ma...tua madre è una stronza.- ridacchiò -E mi odia.-
Desari abbassò il capo, un sorrisetto divertito le piegava gli angoli della bocca. Avrei voluto strapparla dalle braccia di quell'uomo, avrei voluto picchiare Kisuke, ferirlo e non so cos'altro! Ma rimasi lì, a guardarli mentre chiacchieravano allegramente. All'improvviso sentii una mano sulla spalla, una presa delicata eppure decisa.
-Sei un Quincy, giusto? Devi riportarla da me.- era Toshiko.
-Lui potrebbe uccidermi con il solo movimento di un dito. E non dirmi che non sai di cosa è capace, perchè non ti credo.-
-Ti prego, devi ridarmi la mia bambina.- la sua stretta si fece più salda.
-Non lo faccio per te, sappilo.- le spinsi via la mano.
Non sopportavo quella donna. Aveva mentito a Desari per vent'anni e fino a prova contraria non meritava nemmeno un briciolo della mia fiducia. Si, l'avrei ripresa. Ma l'avrei fatto solo e soltanto per me. Notai un movimento con la coda dell'occhio e, quando spostai lo sguardo, vidi Kisuke in piedi che teneva Desari per mano. Lei mi guardava, ma sembrava non riconoscermi.
-Cosa sta succedendo? Desari, per favore torna in te!- le urlai, disperato.
Cercai di avvicinarmi ma Kisuke alzò una mano e io mi bloccai. Ero paralizzato, non riuscivo a muovermi.
-No, no, no. Dove credi di andare?- ridacchiò in quel suo modo strano e inquietante -Desari-chan adesso viene con me, vero tesorino?-
Desari squittì un "si" allegro e si strinse a lui ancora di più, intrecciando le dita con le sue.
Perchè non mi riconosceva?
Perchè mi stava facendo questo?
Kisuke schioccò tre volte le dita e la parete dietro di lui tremolò come se fosse fatta di acqua. Pian piano iniziò ad apparire, ogni secondo sempre più nitida, l'immagine del suo emporio. Che cosa aveva intenzione di fare quel pazzo?
-Con permesso, io e Desari-chan ce ne andiamo!- disse allegro.
Si tolse il cappello con fare teatrale e abbozzò un inchino. Cinse con un braccio i fianchi di Desari e la trascinò dentro la parete tremolante. Poi, l'immagine del negozio scomparve così come era apparsa. Sentii i miei arti sciogliersi dalla paralisi quasi contemporaneamente. Caddi per terra, con le lacrime che mi rigavano il viso.
-Toshiko, esigo una spiegazione.-
Il signor Savage aveva finalmente preso la parola e stava affrontando la moglie che, a quanto mi sembrava di sentire, era scoppiata in lacrime.
-Aidan, mi dispiace!- diceva tra i singhiozzi.
-Non abusare della mia pazienza, donna!- era furibondo -Dimmi dove quell'uomo ha portato mia figlia!-
Mi rialzai a fatica e mi massaggiai la fronte. Toshiko si era accasciata su una sedia e si teneva la testa con le mani, singhiozzando rumorosamente. Provai pena per lei. Le andai vicino e le misi una mano sulla spalla.
-Toshiko, tu sai perchè Kisuke ha preso Desari? Se lo sai, ti prego di dirmelo, altrimenti non posso aiutarti.- le dissi.
-E' tutta colpa mia.- singhiozzò -Avrei dovuto proteggerla, e invece guarda cosa ho fatto!-
Anche il marito le venne vicino e si sedette accanto a lei.
-Amore, spiegaci come stanno le cose.- le disse con un tono di voce basso e rassicurante.
Lei si soffiò piano il naso e attese qualche secondo, per calmarsi. Poi alzò lo sguardo verso me e il marito e incrociò le mani sul grembo.
-Un tempo, io e mio fratello eravamo davvero uniti. Lo amavo molto, e pensavo che non avrei mai potuto amare nessuno come lui o più di lui. Tutto ciò che desideravo era vederlo felice per sempre.- sospirò -Un giorno Kisuke conobbe una ragazza. Si chiamava Dara ed era bellissima. Aveva lunghi capelli neri, e i suoi occhi avevano il colore dell'argento.-
-Kisuke innamorato?- chiesi sbalordito.
-Si, per quanto possa sembrare strano. Lui la amava così tanto che le avrebbe chiesto di sposarla se...se lei...- deglutì -...sei lei non fosse morta prematuramente, poverina.-
-Oh.- aveva perso la sua donna, forse per quello era strano.
-Da quel giorno non lo vidi più sorridere. Si rinchiuse nella sua stanza e non ne uscì per settimane. Ogni tanto andavo a trovarlo, ma lui sembrava non vedermi nè sentire ciò che gli dicevo.- tirò su col naso -Dopo qualche tempo uscì con un sorriso che era la brutta copia di quello del Kisuke che era prima. Mi disse: "Dara rivivrà, sorellina".-
Rabbrividii.
Non riuscivo a cogliere il significato di quelle parole, ma Toshiko me lo spiegò immediatamente.
-In quelle settimane di prigionia volontaria aveva lavorato ad una specie di farmaco che conteneva il DNA di Dara, compresi frammenti di memoria. Non so come avesse fatto, io non mi sono mai interessata ai suoi esperimenti.- sorrise mestamente.
-E poi?- chiese il marito.
-Voleva a tutti i costi riavere Dara. Rintracciò i suoi parenti e mi fece trasferire in Romania.-
-Dara era rumena?- chiesi.
-Si, apparteneva a una delle famiglie più importanti di Bucarest. Come dicevo, fece di tutto per farmi sposare con un parente della ragazza però a me non piaceva nessuno. Finchè non incontrai quello che oggi è il mio attuale marito.-
-E adesso cosa c'entro io?- il signor Savage si battè le mani sulle ginocchia.
-Dara apparteneva alla famiglia Savage, tesoro. Ma tu non puoi ricordarla perchè quando lei morì tu non eri ancora nato.-
-Che cosa significa?-
-Sono molto più vecchia di quello che pensi, Aidan, ma non è questo il momento di parlarne.- si schiarì la voce -Dunque, incontrai Aidan e ci sposammo dopo tre anni di fidanzamento. Rimasi subito incinta, e allora Kisuke venne a trovarmi. Te lo ricordi, vero Aidan?- disse rivolta al marito -Mio fratello venne da me e finalmente mi spiegò a cosa serviva quel farmaco di sua invenzione. Io lo avrei preso e avrebbe modificato il codice genetico del bambino, annullando ogni traccia del mio DNA.- strinse i pugni.
-Che cosa?- scattai come una molla, non riuscivo a credere a quello che Toshiko mi stava raccontando.
-Intendo dire che quel farmaco avrebbe fatto si che la mia bambina fosse identica a Dara. E fu lui a decidere anche il nome! Dara è il diminutivo di Desari, per cui non c'è bisogno che aggiunga altro. Desari, "colei che appartiene al tenebroso", mi disse.- il suo sguardo si indurì -Non sapevo a cosa sarei andata incontro! Lo scoprii solo quando ormai era troppo tardi. Io avevo portato avanti la gravidanza solo per poi dargli mia figlia come compagna!-
Scattai come una molla.
Compagna?
Desari e Kisuke?
Zio e nipote?
-Toshiko, tu mi stai dicendo che Kisuke ha modificato il corso della gravidanza annullando ogni traccia di DNA orientale e ha fatto in modo che tua figlia fosse identica a Dara?- aggrottai le sopracciglia -Normalmente direi che è impossibile, ma se si tratta di tuo fratello non si può mai sapere.-
-Io non sapevo che cosa avesse in mente di fare! Solo quando mi resi conto che ero diventata complice di quel suo progetto perverso decisi che mia figlia non avrebbe mai dovuto sapere dell'esistenza di Kisuke, nè sarebbe dovuta tornare in Giappone o avere contatti con qualcuno che conoscesse mio fratello. Temevo che me l'avrebbe portata via, e così è stato.- si lasciò cadere sullo schienale della sedia.
Mi presi la testa fra le mani e cercai di mettere insieme tutte le informazioni che avevo appena ricevuto. L'avevo persa, avevo perso l'unica persona che avessi mai amato sinceramente.
Ed era tutta colpa di Kisuke Urahara. Si, sua e della sua ossessione per la ragazza morta chissà da quanti anni! Non gliel'avrei fatta passare liscia, no! Mettersi contro di lui significava sperare di non morire tra i tormenti, ma non mi spaventava più.
-Uryu, che hai intenzione di fare? Mi aiuterai?- mi chiese Toshiko.
-La riporterò indietro.- risposi sicuro.
-Non so come mai mia moglie abbia così tanta fiducia in te.- intervenne il padre di Desari -Ma se lei si fida di te, allora mi fido anch'io.- mi porse una mano.
Gliela strinsi forte, per fargli capire che sarei ritornato insieme a sua figlia. Già, ma come avrei fatto?
La soluzione era soltanto una: ritornare in Giappone.
Salutai i signori Savage con un cenno del capo e mi diressi verso l'uscita. Mi feci portare il cappotto da una cameriera ed uscii in fretta. L'autista non fece domande quando mi vide entrare in macchina da solo, ma mi rivolse uno sguardo molto eloquente. Mi accompagnò a casa in fretta, forse aveva capito che avevo qualcosa di molto importante da fare. Mi precipitai nel mio appartamento e, appena entrato, guardai l'orologio. Erano quasi le tre del mattino, anche se mi fossi impegnato non sarei riuscito a dormire. Così preparai in fretta i miei bagagli e poi accesi il computer per avvisare i miei amici che sarei tornato e che avrei avuto bisogno del loro aiuto.
"Ichigo,
adesso non ho tempo per spiegarti cosa è successo ma sto tornando in Giappone e ho bisogno del tuo aiuto e di quello di Orihime. Se potete, venite a prendermi all'aeroporto e lì vi dirò tutto.
Nel frattempo, state alla larga da quel folle di Urahara!"
Spensi il portatile e lo riposi nella valigetta. Andai in bagno e mi riappropriai degli occhiali e della mia solita pettinatura sentendomi subito a mio agio. Presi dal divano il mio cappotto e scesi in fretta nell'atrio. Lasciai sul bancone vuoto le chiavi dell'appartamento e un biglietto per Igor, dove avevo scritto che sarei andato in Giappone per un pò ma che avrei fatto ritorno il più presto possibile. Gli lasciai anche in una busta chiusa l'affitto che gli dovevo per il mese di Gennaio e per altri quattro mesi, nel caso fossi rimasto più a lungo.
Fuori c'era un taxi che mi aspettava. L'autista mi aiutò con i bagagli e, dai miei movimenti, capì che ero di fretta e che lui doveva sbrigarsi. Mise in moto e mi accompagnò all'aeroporto il più velocemente possibile. Il primo aereo per il Giappone sarebbe partito fra un'ora, per cui non mi rimase altro da fare che aspettare. Estrassi il cellulare dalla tasca destra dei pantaloni e guardai la foto che Desari aveva impostato come sfondo. C'eravamo io e lei abbracciati sulla neve, Desari sorrideva e io la imitavo timidamente.
-Desari...- il suo nome mi venne fuori come una specie di lamento.
Rimasi a fissare quella foto fino a quando una voce gracchiante che usciva dagli altoparlanti annunciò il mio volo. Mentre mi avvicinavo all'hostess per ritirare il mio biglietto sentivo l'ansia crescermi dentro, prendere forma e trasformarsi in rabbia. Quel tipo di rabbia che, se tenuta dentro troppo a lungo, ti divora e ti annienta.
-Buon viaggio, signore!- mi salutò l'hostess con un sorriso.
Le risposi con un cenno del capo davvero poco convincente e oltrepassai il gate. Appena presi posto chiusi gli occhi. Non volevo pensare, mi rifiutavo di farlo. Ma ecco che la mia testa mi disobbediva ancora una volta. Desari stava bene? Kisuke le stava facendo del male? Stava approfittando di lei sapendo di ferirmi? Era in grado di comprendere che quello che stava facendo era orribile, perverso, maniacale? Mi presi la testa tra le mani.
-Non pensarci...non pensarci...non pensarci...- me lo ripetevo come un mantra, cercando di rimanere calmo.
La sua risata, i suoi occhi, le sue labbra...tutto di lei mi mancava. La sua assenza mi faceva stare male. Era come avere un enorme voragine nel petto, un buco nero che per quanto ci si sforzi non verrà mai riempito se non da lei. Dicono che ci si rende conto dell'importanza di qualcosa solo quando l'abbiamo persa. E in quel momento realizzai che era proprio così. Lei era stata sempre con me, ogni giorno, non mi aveva mai lasciato solo dal giorno in cui avevamo fatto l'amore per la prima volta. E adesso che non c'era mi mancava quasi l'aria...

[I pensieri di Kisuke]
-Adesso che siamo di nuovo insieme non ci lasceremo mai più, vero amore?-
-Si! Staremo insieme per sempre, Kisuke!-
Le sue mani sul mio viso, il suo profumo, i suoi occhi. Di nuovo qui, di nuovo insieme.
-Ti ricordi, Desari?- la presi per la mano conducendola al bancone del mio negozio -Qui è dove ci siamo dati il nostro primo bacio! Allora, te lo ricordi?- le chiesi entusiasmato.
Lei piegò leggermente la testa di lato, mordicchiandosi innocentemente il labbro inferiore.
-Ho un vago ricordo...-
Le presi il volto tra le mani attirandola a me.
-E' normale, tesoro mio, sei ancora tanto scossa!- la baciai sulla fronte -Ma ti prometto che col tempo ricorderai tutto.-
Lei mi cinse la vita con le braccia stringendomi forte e affondando il viso nei miei vestiti. Che gioia riaverla con me! E che piacere che provavo nel sentire la seta dei suoi capelli tra le dita, il velluto della sua pelle! Mai era esistita creatura più bella e più perfetta di lei! Adesso che era di nuovo mia, vent'anni di attesa all'improvviso non sembravano più così tanti.
-Kisuke...- la sua voce melodiosa e cristallina mi riportò alla realtà.
-Cosa c'è, piccola mia?-
-Chi era quel ragazzo in quella stanza? Sembrava così triste, come se soffrisse molto.-
Sospirai. Che cosa potevo dirle? Ovviamente, lei non ricordava. Avevo dovuto ipnotizzarla affinchè lei non opponesse resistenza e venisse con me, riconoscendomi come suo compagno.
-Quelle persone ti hanno tenuta lontano da me per tanto tempo, amore mio. Non sono cattive, sono soltanto molto egoiste. Volevano separarci, ma io ti ho riportata indietro.- sospirai -Per quanto riguarda quel ragazzo...lui è come gli altri.-
-Devo stargli lontana?-
-Si, assolutamente. Se mai dovesse riuscire a trovarti, tu non dargli retta. E' disposto a tutto pur di tenerti lontana da qui, e tu non devi ascoltarlo. Hai capito?- le diedi un buffetto sul naso e lei tornò a sorridere.
-Si, ho capito.-
-Brava bambina!-
La condussi nel retro del negozio, oltre un paio di porte, dove avevo allestito una stanza per noi due. Un letto matrimoniale dai colori chiari, candele profumate che emanavano una piacevole luce soffusa e, per terra, tutti i petali che ero riuscito a procurarmi. Lasciai entrare Desari per prima e poi chiusi la porta alle nostre spalle.
-Hai fatto tutto tu?- mi chiese girandosi verso di me, gli occhi spalancati e un sorriso meraviglioso a piegarle gli angoli della bocca.
-Si, per te.- ricambiai il suo sorriso -Volevo che il tuo ritorno fosse speciale.- mi sentii emozionato e nervoso di colpo.
Desari corse incontro al letto e iniziò a saltellare. Rideva come una bambina, riuscivo a percepire la sua gioia autentica. La raggiunsi con un solo ed unico movimento, bloccandola contro il materasso. Senza smettere di ridere lei mi tolse il cappello e iniziò ad accarezzarmi i capelli.
-A cosa pensi, Kisuke?- mi chiese.
-Sono felice che tu sia di nuovo qui, amore.- iniziai a tempestarle il collo di piccoli bacini -Non ti lascerò andare via mai più.- le diedi un bacio dapprima innocente, poi sempre più appassionato.
Desari mi cinse il collo con le braccia e intrecciò le gambe intorno ai miei fianchi. La mia lingua cercava la sua, la mia bocca le sue labbra, le mie mani erano impazienti di riscoprire ogni centimetro del suo corpo. Lentamente, le sfilai il vestito e le sciolsi i capelli, che si sparsero sensualmente sulle lenzuola chiare. Lei mi tolse la casacca e i pantaloni. e iniziò a percorrere lentamente il mio petto.
-Ti voglio, Desari. E ti amo. Ti ho sempre amata, e sempre ti amerò.- le sussurrai all'orecchio, mordicchiandole il lobo.
Lei si strinse a me con più forza e sentii la sua mano scivolare tra le mie gambe e accarezzare la mia eccitazione. Mi ritrovai subito ansimante e con la fronte imperlata di sudore. Da quanto tempo non sperimentavo questo genere di emozioni?
-Ti amo anch'io, Kisuke.- la sua bocca era a pochi millimetri dal mio collo, e il suo fiato caldo mi eccitava ancora di più.
Insinuai un ginocchio tra le sue gambe per fargliele aprire e controllai con le dita che tutto fosse perfetto. Quando lei fu pronta, bagnata e ansimante, mi chinai su di lei ed esercitai una lieve pressione, penetrandola lievemente. Desari aveva gli occhi lucidi, le labbra piegate in un sorriso sensuale e accattivante. Fece un lieve cenno con la testa come per dirmi che era pronta e, quasi contemporaneamente, affondai dentro di lei. Era semplicemente meraviglioso, come essere circondato da un caldo guanto di velluto. Presi a muovermi prima lentamente, poi sempre più impetuosamente. Desari rispondeva ai miei movimenti, e insieme raggiungemmo presto le più alte vette del piacere.
Stanco e soddisfatto, ma ancora dentro di lei, mi lasciai cadere lievemente sul suo corpo. Entrambi avevamo il fiatone ed eravamo scossi dai postumi dell'orgasmo. Presi a baciarla sul collo, percorrendo il profilo del mento e poi delle labbra. Le sue mani percorrevano la mia schiena in una carezza dolcissima e intima che mi fece quasi venire le lacrime agli occhi.
Di nuovo uniti, di nuovo insieme.
-Vuoi sposarmi, Desari?-


Ciao a tutti! Perdonate il ritardo con cui ho pubblicato questo cap, ma come ho già detto qualche capitolo più indietro...sono in vacanza ^^ Allora, che ne pensate? Siete sorpresi? Beh, recensite e fatemi sapere! Un bacio,
Nata dalla Tempesta.

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Capitolo 7
*** 7. Gli amici di sempre, l'antidoto - Letter to my lover ***


-E questo è tutto.- dissi poggiando i gomiti sul tavolo della cucina di Inoue.
-Uryu, ma è orribile!- esclamò lei con un'espressione triste da far tenerezza.
-Senti, ma sei proprio sicuro che non sia uno degli stupidi scherzi di Cappello da Pescatore?- intervenne Ichigo.
-Lo scherzo è bello quando dura poco, Kurosaki, e questo lo sa anche Kisuke. No, è tutto vero...purtroppo.- sospirai.
-Però da un lato è anche tremendamente romantico.- disse Orihime con un sospiro.
Io e Ichigo ci voltammo contemporaneamente verso di lei, con la bocca aperta e gli occhi spalancati.
-Intendevo dire che trovo romantico il fatto che tu stia facendo tutto questo per la persona che ami.- aggiunse Orihime alzando le mani in segno di scuse.
Mi alzai di scatto e andai alla finestra. Il sole splendeva alto nel cielo, non c'era una nuvola, eppure non riuscivo a cogliere la bellezza del mio paese. Sospirai e cercai di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di affacciarsi.
-La ritroveremo.- disse Ichigo mettendomi una mano sulla spalla -Faremo tutto il possibile per aiutarti.-
Gli sorrisi, riconoscente.
-Allora, qual è il piano? Vuoi entrare al negozio e portarla via con la forza?- riprese lui.
-Ichigo Kurosaki, sei sempre il solito!- lo rimproverò Inoue.
-No, non posso.- scossi la testa -Secondo le mie teorie, il farmaco che si trova all'interno del corpo di Desari è stato attivato da una specie di comando ipnotico. Detto in questi termini sembra assurdo, ne sono consapevole, ma non c'è altra spiegazione.- mi sedetti sul davanzale.
Ichigo guardò pensieroso l'orologio argentato che portava al polso. -Beh, io dovrei andare.- disse ad un certo punto. -Sai, il lavoro chiama...- mi rivolse un sorriso di scuse.
-Certo, vai.- lo salutai con una pacca sulle spalle.
Orihime si alzò dalla sedia per salutarlo e, quando Kurosaki uscì dall'appartamento, mi raggiunse alla finestra. Restammo in silenzio per un pò, lei si mordicchiava nervosamente il labbro inferiore.
-Orihime, c'è qualcosa che devi dirmi?- le chiesi, quasi esasperato dal suo nervosismo.
-Perchè?-
-Quando fai così significa che o hai qualcosa di importante da dire, oppure ti stai arrovellando per risolvere un problema.-
-Mi conosci fin troppo bene, Ishida-kun.- mi rivolse un sorriso mesto.
-Allora?-
-E allora...mentre tu e Kurosaki-kun parlavate ho cercato di trovare una soluzione.-
-Avanti, ti ascolto.- mi poggiai al muro e incrociai le braccia.
-Premetto che io non so praticamente nulla di chimica o di medicina, per cui potrei anche dire qualcosa di sbagliato. Anzi, probabilmente è così.-
-Ti dispiace arrivare al punto?- mi accorsi di averlo detto con troppa durezza -Scusami, sono solo un pò nervoso. Beh, non preoccuparti di dire sciocchezze. I consigli degli amici sono sempre ben accetti, lo sai.-
-Come dicevo, non sono un'esperta nè di chimica nè di medicina. Però pensavo che se Kisuke ha creato un farmaco per farla "ammalare", allora forse sarebbe possibile crearne un altro per farla guarire.-
Le sue parole arrivarono come un fulmine a ciel sereno.
-Scusa, potresti ripetere?- le chiesi prendendola per le spalle.
-Lo sapevo, ho detto una sciocchezza.- la sua espressione si fece triste.
-Invece forse hai intuito tutto!- sorrisi per la prima volta da quando avevo lasciato la Romania.
-Davvero?- chiese lei sbalordita.
-Ma certo! Se Kisuke l'ha fatta "ammalare", come dici tu, allora basta solo trovare la formula chimica per invertire il processo!- la abbracciai senza pensarci -Sei un genio, 'Hime!-
-E io che pensavo di aver detto una sciocchezza!- ridacchiò lei.
Inoue, nella sua tenera ingenuità, mi aveva fornito la soluzione, mi aveva restituito la speranza. Il momento di gloria però durò molto poco. Anche se avevo conseguito la laurea, e avevo seguito vari corsi di ricerca, non ero capace di "creare". E non avevo nemmeno un campione del farmaco di Kisuke.
-'Hime, mi sa che abbiamo preso un abbaglio.- le dissi con la voce tremante.
-Perchè?- mi chiese con la voce piccola piccola.
-Perchè non ho niente su cui lavorare. E poi, anche se ce l'avessi non saprei cosa fare.-
-Non puoi chiedere aiuto a qualcuno?-
-Non conosco nessuno che sia così bravo. Nessuno, tranne...- deglutii a vuoto.
-Tranne?- chiese Inoue incalzante.
-Nessuno tranne...mio padre.-
-Oh! Oh...- anche 'Hime perse di colpo il suo entusiasmo. -Beh, dovresti provarci lo stesso.- disse dopo un attimo di silenzio.
-No.- dissi secco.
-Uryu! Non puoi continuare ad odiare tuo padre per sempre!-
-E invece posso, eccome se posso! Lui per primo mi ha voltato le spalle, e certe cose non si dimenticano.- mi stavo chiudendo di nuovo a riccio, come uno stupido ragazzino che sa di avere torto ma non vuole ammetterlo.
-Hai bisogno di lui, sai che è così. Non potresti mettere da parte quello stupido orgoglio da Quincy che ti porti sempre dietro e smetterla di comportarti come un bambino viziato?- 'Hime si era messa in piedi di fronte a me, con le mani poggiate sui fianchi e un'espressione quasi arrabbiata dipinta in volto.
Il mio "stupido orgoglio da Quincy che mi porto sempre dietro"...beh, probabilmente aveva ragione lei. Ma non ci riuscivo, saprei che non avrei mai potuto far finta di niente. Sapevo che avrei sempre pensato a mio padre con disprezzo, che l'avrei sempre guardato con odio e che gli avrei sempre risposto in modo sgarbato.
-Ishida-kun, devi risolvere i problemi che hai con tuo padre o altrimenti puoi dire addio a Desari.- disse facendomi alzare e conducendomi verso la porta -E dato che non ho voglia di diventare malinconica per osmosi, ti consiglio di toglierti dalle scatole.- aprì la porta.
Era davvero buffa, tutta concentrata per fare la parte della dura, e per poco rischiai di scoppiare a ridere. Repressi tutto come al solito e, dopo averla salutata, uscii dal suo appartamento. Mi diressi lentamente verso casa mia, ripercorrendo le strade che conoscevo e che erano stati scenari di incontri e scontri. Senza farci caso, mi ritrovai a passare per quel marciapiede. Si, quel marciapiede dove cercai di difendere Rukia dal luogotenente Renji Abarai e dal capitano Byakuya Kuchiki. Passai la mano nel punto in cui lo shinigami dai capelli rossi mi aveva colpito.
Scossi la testa e andai oltre, stavolta dritto a casa mia. Estrassi le chiavi e feci per aprire la porta ma, quando mi avvicinai, notai che era aperta. Non c'erano segni di effrazione e la serratura era intatta. Chiunque fosse entrato, doveva essere in possesso di una copia delle mie chiavi. Spalancai la porta e lo trovai li, seduto sul mio divano, con il suo impeccabile completo bianco di alta moda, gli occhiali leggermente scivolati sul naso, con quell'aria di superiorità che non lo abbandonava mai. Si girò lentamente per guardarmi.
Una rapida occhiata, nulla più.
-Hai cambiato taglio di capelli.- mi disse voltandosi dall'altra parte.
-E' tutto quello che sai dirmi...papà?- chiesi ironicamente chiudendo la porta e posando le chiavi su un mobiletto.
-No, in effetti no.- disse lui passandosi una mano tra i capelli. -Perchè non mi hai detto che hai la ragazza?-
Per la prima volta nella mia vita, vidi nella sua espressione ciò che non avrei mai pensato di poter vedere.
Era ferito.
-Beh...- risposi con un lieve imbarazzo -...non mi sembra che ti sia mai importato delle mie cose, no?-
-Hai fatto sesso con lei?-
-Si, ma...che ti importa?-
-Sei stato attento o devo aspettarmi un nipote da un momento all'altro?-
-Papà!- ero certo di essere arrossito -Se proprio ci tieni a saperlo, sono stato molto attento e dato che ho buone probabilità di diventare acido come te, non ho intenzione di fare bambini.-
Lui scoppiò a ridere, così tanto che alla fine aveva le lacrime, e per qualche istante mi sembrò una persona normale. Mentre cercava di ricomporsi si alzò in piedi e mi venne incontro.
-Un uccellino mi ha detto che hai bisogno di me.- mi disse mettendosi le mani in tasca.
-Gli uccellini non parlano, e di sicuro non vengono a parlare con persone come te.-
-Vedi di fare poco lo spiritoso.- mi prese per il colletto della camicia e mi bloccò contro il muro -Inoue stava quasi per piangere al telefono quando mi ha chiamato in ospedale per spiegarmi la situazione e pregarmi di raggiungerti al più presto. E non nascondo che avrei voluto saperlo da mio figlio, invece che da una ragazzina.- mi lasciò di colpo.
-Mi dispiace, va bene?- sbottai irritato -Non mi sembrava il caso di disturbare l'egregio dottor Ryuken Ishida per i problemi del suo figlio disadattato!-
Mi ero spinto troppo in là, e mi beccai un sonoro schiaffo sulla guancia. Non so cosa mi fece più male, se lo schiaffo fisico o quello morale.
-Sono sempre tuo padre, Uryu.- mi disse, gli occhi ridotti a due fessure -E pretendo che tu non ti rivolga mai più a me così.- si sedette passandosi una mano tra i capelli.
Io rimasi in piedi come paralizzato. Mio padre mi aveva appena schiaffeggiato, ed iniziavo pure a sentirmi in colpa!
-Io...- mormorai -...ti chiedo scusa.-
-Scuse accettate. Adesso vieni qui e parliamo del motivo per cui sono qui.-
Sospirai, ed andai a sedermi accanto a mio padre. Non proprio vicino, ma neanche troppo lontano. Insomma, cercai di mantenere una certa distanza di sicurezza.
-Perchè vuoi il mio aiuto?- tagliò corto lui.
-Devo preparare un farmaco.-
-E per cosa ti serve?-
-Urahara ha somministrato qualcosa alla madre di Desari, che tra l'altro è anche sua sorella, e che ora è dentro di lei. Questo farmaco l'ha resa identica alla sua ex fidanzata. Poi lui l'ha ipnotizzata e l'ha portata via...- non dovevo essere debole di fronte a mio padre, non avrei pianto.
-Quell'uomo è una vera carogna.- disse con un'espressione di disgusto dipinta in volto -Lo scopo della medicina non è farsi la donna di un altro!- battè il pugno sul bracciolo del divano.
-Puoi aiutarmi?- chiesi con la voce tremante.
-Certo che posso. E' anche una questione di onore, Uryu.- si sistemò gli occhiali con la punta delle dita -Per quanto il nostro rapporto possa essere conflittuale, non permetterò a nessuno di farti soffrire. Realizzerò il farmaco che mi hai chiesto, ma se tu hai ragione e quella roba è in circolo dentro di lei credo che avrò bisogno di un campione di DNA.-
-Ma come faccio? Non posso avvicinarmi all'emporio!- protestai.
-Dovrai procurarti il materiale che ti ho chiesto se vuoi riaverla. Altrimenti quell'idiota col cappello se la porterà a letto per il resto dei suoi giorni. E chissà che non l'abbia già fatto?- ghignò.
-E va bene, troverò il modo di procurarti un campione.-

[Letter to my lover]

Scrivere, dovevo scrivere. Presto, prima di perdere la lucidità! Sentivo il respiro di Kisuke che dormiva profondamente. Speravo che non si svegliasse, o non avrei potuto fare niente. Presi un foglio di carta ed una penna e scrissi tutto, tutto quello che mi veniva in mente.

"Amore mio,
ti scrivo in questo attimo di lucidità che mi è stato concesso per dirti come stanno le cose. Quanto tempo è passato da quando mio zio mi ha presa con sè? Due giorni, due settimane, o forse soltanto due minuti...non lo so. So solo che adesso sono io, la tua Desari, e non il fantoccio che ha creato lui. Capisci, vero? Ma certo che capisci. Sei così intelligente, così buono...non potresti non comprendere. Ho poco tempo e vorrei dirti tante di quelle cose! Purtroppo dovrò essere breve, e spero mi perdonerai. Ho imparato che quando Kisuke è sveglio io sono completamente sotto il suo controllo, ma quando si addormenta io posso sfuggire alla sua ipnosi. Credo che non sappia il difetto del suo "incantesimo", altrimenti mi avrebbe tenuta sicuramente più al sicuro. Ho fatto una cosa orribile, amore mio, così terribile che vorrei morire per il dolore che provo! Ma è meglio che tu lo sappia da me. Sono andata a letto con lui, ma non ero io! Era il mio corpo che desiderava il suo, che lo ha accolto dentro di sè, ma dentro di me ero cosciente di quello che stava succedendo. E' strano e contorto, me ne rendo conto, ma so come altro spiegartelo. Quando mi tiene sotto ipnosi faccio tutto quello che vuole lui, sento anche emozioni che non mi appartengono e dico di amarlo. Ho persino accettato di sposarlo! Ma in una parte della mia mente sono cosciente della situazione, so che non è lui che amo, so che non è lui che voglio. E mi odio, non riesco a ribellarmi al suo potere. Adesso non posso più trattenermi, ma se tu lo vorrai ti scriverò non appena mi sarà possibile.
Ti amo."

Rilessi in fretta e piegai il foglio. Cercando di non fare rumore uscii dall'emporio, dove mi aspettava il mio messaggero.
-Sai dove portarla. Assicurati che sia lui in persona a riceverla.- dissi porgendo il foglio piegato.
Il tempo di uno sguardo ed era già corso via. Sospirai e tornai in camera da letto, mettendomi sotto le coperte insieme a lui. Trattenni a stento le lacrime e chiusi gli occhi.
"Vieni e salvami, Uryu." pensai mentre scivolavo tra le braccia rassicuranti del sonno.


Ciao a tutti! Ommiodio, sto aggiornando davvero tardi! Gomen ç_ç Tra scuola e impegni vari non ho avuto proprio tempo! Il capitolo forse è un pò cortino, ma l'ho finito proprio adesso...non vi nascondo che sono un pochino a corto di idee, ma farò del mio meglio per non deludervi!
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito fino ad ora, soprattutto Ail e Faf, ringrazio tutti quelli che hanno letto e quelli che lo faranno! Un bacio, Nata dalla Tempesta.

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Capitolo 8
*** 8. La gatta e il suo zampino, anzi, zampetta - I pensieri di Yoruichi ***


-Meow...meow!-
Mi chiesi quando mi sarei deciso ad aprire la porta. Erano almeno due ore che quel gattino miagolava! Con un ENORME sforzo di volontà mi alzai dal divano.
-Meow!-
Mi ritrovai a guardarmi negli occhi con un gatto tutto nero che iniziò a strusciarsi tra le mie gambe. "In fondo è solo un gatto!" pensai mentre lo prendevo in braccio e richiudevo la porta. Il batuffolo peloso inizò a fare le fusa e mi sciolsi. Avevo sempre amato le cose carine, e quel gatto lo era decisamente. Tornai a sedermi sui morbidi cuscini del divano e mi misi addosso il felino che si acciambellò sulle mie gambe, scodinzolante e con le orecchie basse. Iniziai a fargli distrattamente dei grattini dietro le orecchie e fui investito da un'altra ondata di piacevolissime fusa.
-Si, un pò più sotto!- disse il gatto.
-Oh, certo, come vu...eh?- mi bloccai a bocca aperta come un idiota.
Il gatto mi aveva chiesto di grattarlo un pò più sotto. E io gli avevo pure risposto.
-Cucciolo di Quincy, non mi riconosci più?- chiese lui balzando per terra e guardandomi con quegli occhi che...si, mi sembrava proprio...
-Yo...Yoruichi?- domandai incerto.
-Hai fatto centro, ragazzo!- ridacchiò e si sedette di nuovo sulle mie ginocchia.
-Che diavolo fai qui?- chiesi sconcertato.
-Devo fare un favore ad una persona.- il suo corpo peloso iniziò a perdere consistenza e a coprirsi di nuvolette.
-No! Ma...aspetta!- balbettai.
Quando le nuvolette si diradarono mi ritrovai con Yoruichi seduta proprio "li" sopra che mi sbatteva in faccia il suo prosperoso davanzale. Iniziai a balbettare come un disperato e mi si appannarono gli occhiali per l'imbarazzo.
-Po...po...potresti scendere per fa..faaa...favore?- le chiesi, mezzo stordito dalle sue enormi, gigantesche...insomma, capito no?
-Ma come! Io sono così comoda qui sopra!- rise lei muovendo leggermente il bacino.
-E spostati! Per piacere!- quasi la supplicavo.
-Aaaaah, caro vecchio amico mio! Da quanto tempo non fai certe cose, eh? Se ti viene su così...- disse con un sorrisone.
-Non...non mi viene in nessun modo, va bene?-
-Come vuoi...- mi disse passandomi una mano tra le gambe -...ma consentimi di dire che ti viene su proprio bene!-
-Ma vuoi smetterla?-
Lei rimase a guardarmi con uno sguardo a metà tra lo stupore e il divertito.
-Che hai da guardare, gatta pervertita?- le chiesi premendomi contro i cuscini del divano.
-Hai sangue che ti cola dal naso e dici pervertita a me! - si sciolse in una violenta risata.
Controllai con le dita e, in effetti, c'era sangue. Ma poco, lo giuro! Indispettito e offeso per la sua mancanza di tatto e rispetto nei miei confronti la spinsi via, confidando nella sua agilità felina. Cadde perfettamente in piedi, come si confà a un gatto.
-Adesso mi dici che cosa ci fai qui?- chiesi irritato mentre mi asciugavo il sangue con un fazzoletto.
-Sono venuta qui per portarti un messaggio.- disse sbottonandosi leggermente la camicetta bianca che indossava.
Si mise una mano "la" in mezzo e tirò fuori un foglio piegato in quattro che mi sventolò davanti, con l'espressione di chi sta facendo un grosso favore a qualcuno.
-E' per me?- chiesi abbassando il braccio che teneva il fazzoletto.
Lei fece cenno di si con la testa, scuotendo i lunghi capelli viola raccolti in una coda di cavallo. Allungai la mano e preso il foglio.
-Chi è il mittente?- chiesi turbato.
-Una persona importante che adesso ha bisogno del nostro aiuto.- incrociò le braccia al petto -E ti conviene sederti, secondo me.-
Seppur riluttante, seguii il suo consiglio e mi sedetti. Con le mani tremanti aprii il messaggio e il mio cuore cessò di battere per un attimo. Avrei riconosciuto tra mille quella scrittura rotonda e leggermente svolazzante.
-Come hai fatto?- chiesi a Yoruichi -E' originale? O è lo stupido scherzo di qualcuno?-
-Ti assicuro che l'ha scritte lei, e me l'ha consegnata personalmente.- era seria -Mettiti a leggere, dai.- disse sedendosi accanto a me.
"Amore mio,
ti scrivo in questo attimo di lucidità che mi è stato concesso per dirti come stanno le cose. Quanto tempo è passato da quando mio zio mi ha presa con sè? Due giorni, due settimane, o forse soltanto due minuti...non lo so. So solo che adesso sono io, la tua Desari, e non il fantoccio che ha creato lui. Capisci, vero? Ma certo che capisci. Sei così intelligente, così buono...non potresti non comprendere...


Ma certo che capivo! Dentro di me sapevo che non poteva avermi dimenticato, non era possibile.

... Ho poco tempo e vorrei dirti tante di quelle cose! Purtroppo dovrò essere breve, e spero mi perdonerai. Ho imparato che quando Kisuke è sveglio io sono completamente sotto il suo controllo, ma quando si addormenta io posso sfuggire alla sua ipnosi. Credo che non sappia il difetto del suo "incantesimo", altrimenti mi avrebbe tenuta sicuramente più al sicuro...

Aveva rischiato per darmi informazioni, per spiegarmi come funzionava il meccanismo! No, non mi aveva dimenticato.

...Ho fatto una cosa orribile, amore mio, così terribile che vorrei morire per il dolore che provo! Ma è meglio che tu lo sappia da me. Sono andata a letto con lui, ma non ero io! Era il mio corpo che desiderava il suo, che lo ha accolto dentro di sè, ma dentro di me ero cosciente di quello che stava succedendo. E' strano e contorto, me ne rendo conto, ma so come altro spiegartelo. Quando mi tiene sotto ipnosi faccio tutto quello che vuole lui, sento anche emozioni che non mi appartengono e dico di amarlo. Ho persino accettato di sposarlo! Ma in una parte della mia mente sono cosciente della situazione, so che non è lui che amo, so che non è lui che voglio. E mi odio, non riesco a ribellarmi al suo potere. Adesso non posso più trattenermi, ma se tu lo vorrai ti scriverò non appena mi sarà possibile.
Ti amo."


-Data la tua espressione sconvolta e la rigidità del tuo corpo presumo che tu abbia letto "quella" parte.- disse Yoruichi accavallando le gambe.
-Non è vero, non può averlo fatto.- dissi, sicuro che qualcuno mi avesse tirato un pessimo scherzo.
-Cucciolo di Quincy...-
Sentii le braccia di Yoruichi tirarmi e sè e stringermi in un tenero abraccio. Non c'era malizia, solo una dolcezza che non avrei mai creduto che la gatta potesse comunicare. Mi aggrappai a lei con tutta la forza che mi restava e scoppiando a piangere come un bambino. Come poteva andare a letto con un altro e dirmi che mi amava? Era solo una bugiarda, un'ipocrita!
-La odio!- gridai tra i singhiozzi.
-Non è vero.- disse Yoruichi carezzandomi i capelli -Sei sconvolto e lo capisco, ma so che non la odi. Frequentando il negozio di Urahara ho avuto modo di conoscerla, e credimi quando ti dico che non ho mai incontrato nessuno in grado di provare sentimenti così puri e sinceri come lei.-
-Intanto è andata a letto con Kisuke!-
-Ma allora non hai capito niente, vero? Quello fa parte dell'incantesimo, idiota! Se non vuoi ascoltarmi, tanto peggio per te. Io ero venuta qui per fare un favore a quella povera ragazza, e mi sa che tra i due l'ipocrita sei tu.- si alzò di scatto -Se tu la amassi come continui a dire, avresti già indossato la tua bella divisa da Quincy e saresti andato a fare il culo a quello scellerato di Urahara!- le si leggeva negli occhi che era furibonda.
E capii subito perchè.
-Non è che per caso sei innamorata di Kisuke, vero?- le chiesi asciugandomi le guance e sistemandomi gli occhiali.
-Non vedo come i miei sentimenti possano riguardarti.-
Yoruichi andò a sedersi sul davanzale della finestra, lo sguardo rivolto chissà dove.
-Vedi di sbrigarti a salvarla finchè può ancora ragionare con la sua testa.- disse dopo un lungo attimo di silenzio.
Poi prese di nuovo la sua forma animale e saltò giù.

[I pensieri di Yoruichi]
Quanto ti ho amato, mio Kisuke,
e quanto ti amo!
Non te l'ho mai detto,
ma i miei gesti non erano abbastanza eloquenti, forse?
Il mio amore per te è come un fiume in piena
che non riesco a contenere.
Ma devo, capisci? Devo.
Tu adesso hai ritrovato il sorriso,
ed io non posso fare a meno di gioire con te
anche se il mio cuore piange.
Eppure non capisco...come puoi essere così cieco?
E' un'illusione che hai creato!
Io sarei stata il fiume che ti avrebbe condotto al mare,
la luce che avrebbe illuminato il tuo cammino,
la calda coltre che ti avrebbe protetto,
la mano che avrebbe carezzato il tuo viso,
il corpo che ti avrebbe accolto.
Ah, quanto ti ho amato, mio Kisuke,
e quanto ti amo!


Ciao a tutti! Ho cercato di aggiornare il più velocemente possibile, e il capitolo è risultato un pò cortino in effetti ^^" Ma non temete, ho in serbo per voi mirabolanti sorprese! Beh, giusti all'ottavo capitolo mi sembra giusto fare dei ringraziamenti ai miei recensori più assidui...un grazie di cuore a Saeko_san e Rakegy! Siete fantastiche <3
Alla prossima,
Nata dalla Tempesta.

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Capitolo 9
*** 9. Il gigante buono, baby on board ***


Se la mia espressione non era mai stata molto rilassata, dopo la visita di Yoruichi era peggiorata e il mio umore era più nero della pece. Avevo lasciato gli occhiali da qualche parte, così mi muovevo quasi alla cieca, andando a tentoni per la casa. Il cellulare continuava a squillare, ed io continuavo ad ignorarlo. Non volevo sentire nessuno, non volevo vedere nessuno.
Volevo stare da solo.
E ci si era messo pure qualcuno che bussava alla porta! Ma possibile che il messaggio non fosse abbastanza chiaro? Mi alzai infuriato ed aprii la porta di scatto.
-Se non rispondo vuol dire che non voglio essere disturbato!- sbottai, senza nemmeno guardare chi fosse.
-E' così che accogli gli amici?-
Lo riconobbi dalla stazza.
-Allora, mi fai entrare o devo rimanere qui fuori?-
-No.- risposi -Entra pure.-
Non avevo bisogno degli occhiali per riconoscere la mole imponente di Chad e il suo vocione.
-Mi sa che hai bisogno di questi.- mi disse porgendomi qualcosa.
Erano i miei occhiali.
-Molto meglio, ti ringrazio.- me li aggiustai sul naso col mio solito movimento dell'indice e del medio.
-Allora, ho saputo che hai ricevuto una lettera.- si sedette sul divano con le gambe accavallate.
-Chi te l'ha detto?-
-Un gattino che passava per caso.- si stiracchiò -Ma non è questo il punto. Siamo tutti molto preoccupati per te, Uryu. Sono giorni che non esci di casa! Non hai dato tue notizie nemmeno ad Orihime che ti è tanto affezionata.-
-Non mi andava di parlare con nessuno, pensavo fosse chiaro.- misi il broncio e mi sedetti di fronte a lui.
-Senti, capisco che tu ti senta tradito, ma non puoi concentrarti solo sui tuoi problemi e mettere da parte il resto del mondo. E' un atteggiamento assolutamente sbagliato.-
-Cosa dovrei fare? Mettermi a ballare la macarena anche se dentro ho il vuoto?- il sarcasmo era diventato il mio migliore amico.
-Mi stupisco di te! Sei sempre stato serio e giudizioso, che ti succede?-
-Vuoi un resoconto dettagliato? Va bene, eccolo qui. L'unica ragazza che io abbia mai avuto è scappata con un altro uomo, che per la precisione è suo zio, passano le notti allegramente e si sposeranno presto! Ti piace come spiegazione?- la rabbia e la frustrazione che avevo cercato di sopprimere erano venute fuori tutte in una volta, rovesciandosi su Chad che non aveva nessuna colpa tranne quella di essere venuto a casa mia per tirarmi su di morale.
Lui rimase in silenzio, abbassò la testa e si mise a fissare il pavimento. Mi sentii tremendamente in colpa per averlo trattato in quel modo.
-Hei...mi dispiace, davvero. Non ho saputo misurare le parole.- gli dissi a bassa voce.
-Non preoccuparti, comprendo lo stato del tuo animo tormentato. Però, se posso darti un consiglio, cerca di non pensarci troppo. Esci con noi, cambia aria! E poi è proprio questa la mia missione: portarti fuori da questo buco.- vidi affiorare sulle sue labbra un sorrisetto divertito -Non farmi uscire a mani vuote.-
-Non ho capito, cosa pensi di fare?-
Chad si alzò all'improvviso, sovrastandomi completamente.
-Penso di lavarti, vestirti e portarti a spasso come una brava mammina. Giù ci sono i tuoi compagnetti che ti stanno aspettando per fare merenda insieme, mi auguro che tu non voglia deluderli!-
-Cosa?-
-Affacciati dalla finestra e capirai.-
Mi alzai dal divano e andai alla finestra. Aprii le tende e i vetri e guardai di sotto.
-Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli che per salire mi servirò di quelli!-
Ichigo era inginocchiato in modo teatrale e ridicolo, e recitava le rime di una favola. Orihime era al suo fianco e rideva come una matta.
-Che ci fate qui?- chiesi sporgendomi.
-Non lo indovini?- fece 'Hime mettendo le mani dietro la schiena -Siamo venuti a prenderti, Ishida-kun!-
-Voi siete pazzi! Io non mi muovo da qui, non ne ho voglia!- richiusi le finestre.
Non l'avessi mai fatto!
Chad mi sovrastava con la sua stazza, le braccia scure e muscolose incrociate al petto e lo sguardo di chi non ammette repliche. Mi prese per il colletto della camicia e mi sollevò da terra, nemmeno pesassi come una foglia secca!
-Tu oggi uscirai da questa casa.- mi disse calmo -Verrai con noi, ti riempirai di gelato, the e pasticcini fino a quando non ti usciranno dalle orecchie e ti divertirai un sacco. Perchè...tu ti divertirai, vero?-
-Si! Certo! Moltissimo!- risposi in fretta -Adesso però lasciami, per favore! E' la mia camicia preferita, sai...-
Chad sospirò e mi rimise a terra. Con un movimento rapidissimo mi ritrovai avvolto nel mio cappotto nero di tessuto preferito, quello lungo fino ai polpacci. Senza che me ne accorgessi, il mio ipertricotico amico mi ficcò un cappello nero in testa e una sciarpa a righe al collo.
-Ma guardati, come sei bellino.- disse, soddisfatto del suo "lavoro".
-Chad...io non porto i cappelli.- cercai di protestare ma lui, con una singola occhiataccia, mi zittì -Ehm...va bene, andiamo!-
Mi lasciai trascinare fuori dalla mia sicura e comodissima tana. Si, trascinare, perchè non ero molto convinto di voler avere contatti sociali più del solito. Era comunque troppo tardi per ripensarci, perchè ero già fuori e i miei amici mi stavano sommergendo di abbracci e pacche sulle spalle.
-Allora, trovi che qualcosa qui fuori sia cambiato durante la tua permanenza nel mondo dei kleenex, dei cioccolatini e delle confessioni tra donnicciole?- fece Ichigo ridacchiando.
-Kurosaki-kun!- intervenne Hime -Sii più delicato con lui!-
-Bambini, smettete di litigare o niente gelato.- disse Chad mettendosi tra i due.
-Ma...io lo voglio il gelato!- piagnucolò Orihime.
-Allora fai la brava bambina.- la punzecchiò Ichigo.
-Chad, digli di smetterla!- lo implorò Inoue.
Vederli punzecchiarsi così, come quando eravamo al liceo, mi tirò su di morale e quando Chad prese i due per il bavero e li sollevò leggermente da terra promettendo di negare loro il gelato se non avessero smesso di litigare non seppi resistere, scoppiando a ridere fino alle lacrime. Il gigante rimise i due per terra e, solo allora, notai un particolare che mi era completamente sfuggito. Le movenze di Orihime, gli sguardi di Ichigo, il cappotto di lei decisamente troppo largo...
Si accorsero della mia espressione sconvolta perchè vidi Hime arrossire e Ichigo abbassare lo sguardo con aria colpevole.
-Quando pensavate di dirmelo?- chiesi .
-Perdonaci, Ishida-kun, ma pensavamo che questo non fosse il momento più adatto per parlarne con te.- rispose Hime sottovoce.
-Quanto?- domandai.
-Due mesi.- fece Ichigo passando un braccio intorno alle spalle di Inoue -Uryu, cerca di capire. Non volevamo nascondertelo, eh! Volevamo solo evitare di uscire argomenti di questo genere data la tua condizione.-
-Davvero pensavi che mi sarei arrabbiato o intristito se mi aveste detto che Orihime è incinta?-
-Perchè, non lo sei?- chiese lei, sgranando gli occhi.
-Certo che no! Anzi, sono felice per voi due, sul serio.- sorrisi -Avete deciso di tenerlo?-
-Hime ha insistito tanto, per cui tra qualche mese vi ritroverete un marmocchio in più tra i piedi!- Ichigo sorrise.
-Non dire così, Kurosaki-kun! Si chiama Momo, e devi trattarla bene.- disse lei carezzandosi il ventre con una mano.
-Come fai a sapere se è una femmina?- le chiesi.
-In realtà non lo so.- sorrise imbarazzata -Ma mi piace pensare che lo sia.-
-E se invece nasce un maschio?-
-In quel caso lo chiameremo Isshin.-
-Beh, congratulazioni!- dissi dando una pazza sulla spalla ad Ichigo che arrossì immediatamente -Beh, dobbiamo festeggiare assolutamente, per cui oggi offro io.-
Si elevò una standing ovation da Orihime e Ichigo, Chad rise ed io lo imitai.
Cambiammo idea e, al posto del gelato, ci avviammo verso la pasticceria più vicina. Hime e Ichigo camminavamo mano nella mano, Chad stava dietro di loro con fare da guardia del corpo ed io ero l'ultimo del gruppo. Nonostante l'atmosfera rilassata e allegra, io non ero allegro per nulla. Pensavo a Desari e alla sua lettera, alle braccia di quell'uomo che la stringevano. Non potevo farci niente, il pensiero di lei che si muoveva nel letto di un altro e gli diceva quelle parole d'amore che fino a poco tempo fa mi riempivano il cuore di gioia, mi lacerava l'anima, mi distruggeva lentamente, come un veleno che entra in circolo e per il quale non esiste una cura. Anche se conservavo la mia solita espressione fredda e distaccata, il mio cuore portava i segni di una ferita che continuava a sanguinare, che mi faceva male.

E io non ero abbastanza forte per superare il dolore.

**** Non ve la aspettavate la gravidanza di Orihime, vero? A dire il vero nemmeno io, dato che ho modificato completamente il capitolo (ho finito di scrivere alle 16:42 di oggi!). Beh...sorpresa!
Ishida: Quando smetterai di farmi soffrire così? Sei proprio crudele!
Autrice: Ma smettila, che ti ho anche graziato fin troppo! Invece di crogiolarti nella montagna di kleenex che hai usato per asciugarti il naso, muovi quel culo da Quincy che ti ritrovi e vai a salvare la tua ragazza, scellerato! *prende a colpi di mattarello in testa*

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Capitolo 10
*** EXTRA: Intervista a Desari Savage ***


INTERVISTA A DESARI SAVAGE

Mentre scrivevo il capitolo 10, mi è venuto in mente che non si sa molto sulla nostra adorabile co-protagonista! Per cui ecco in esclusiva per voi un'intervista senza veli (?), grazie alla quale scopriremo i segreti più reconditi di Desari Savage!


Autrice: Bene, iniziamo con una domanda facile facile! Nome?
Desari: Desari Savage
A: Età?
D: Sei una donna anche tu, dovresti saperlo che non si chiede!
A: Va bene, prossima domanda. Colore preferito?
D: Facile! Blu, come gli occhi di Uryuu.
A: *vomita arcobaleni* ...sei la parte romantica che non ho mai avuto! Andiamo oltre. Data di nascita?
D: 26 Gennaio *anno*
A: Perchè hai deciso di tatuarti tutta, ma proprio tutta la schiena?
D: Beh...una volta stavo con un ragazzo di nome Iago e diciamo che era tutto l'opposto di Uryuu. Fumava molto e spesso era ubriaco. Una sera che dovevamo uscire mi ha portata in un posto isolato perchè voleva fare sesso. Io non volevo, così lui si è arrabbiato. Mi ha spogliata e mi ha spento tre sigarette sulla schiena.
A: Oh...e poi cosa è successo?
D: Mi ha riaccompagnata a casa come se niente fosse. Ovviamente l'ho denunciato subito ed è finito in prigione. Ma avevo quei tre brutti segni, e ogni volta che li vedevo allo specchio sentivo la puzza di carne bruciata e il rumore della cicca che si spegneva. Così decisi di coprirli. Beh, la storia del tatuaggio la sai.
A: Il tuo passato di certo non è roseo. Uryuu come l'ha presa?
D: Lui non lo sa.
A: COME???
D: Ssh, abbassa la voce! Vuoi svegliare tutto il vicinato? *tossisce* Uryuu non lo sa, e non deve saperlo. Ti giuro che se mai verrà a prendermi e dovessi scoprire che sa qualcosa, vengo a casa tua e ti faccio cadere i denti a suon di sprangate!
A: Va bene, va bene, ho la bocca cucita ^^"
D: Ci sono altre domande? Sai, devo adare a farmi la ceretta e poi devo ancora preparare la cena.
A: Beh, io direi di lasciare spazio alle domande dei recensori! Sicuramente avranno qualcosa da chiederti.
D: Oh, d'accordo! Su con le domande, signore e signori!

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Capitolo 11
*** 11. Ti cercherò tra le stelle ***


Da due giorni bazzicavo nei pressi del negozio di Urahara nella speranza di vederla, di poterle parlare, o semplicemente di prendere quel farabutto a calci nel suddetto. Ma ogni volta che tentavo di avvicinarmi alla porta mi fermavo e tornavo indietro con la coda tra le gambe, sentendomi un vigliacco. E poi, qualora fossi riuscito ad entrare, che avrei fatto? La Benihime di Urahara era più potente delle mie frecce di reiatsu che, comunque, non potevo scagliare a distanza ravvicinata. E senza quelle che cosa avevo?
Niente. Assolutamente niente.
Persino nel corpo a corpo ero più debole. Ero inferiore a lui, che aveva centinaia di anni di esperienza alle spalle. Cosa potevo sperare di ottenere irrompendo da solo nel negozio? Gli avventori mi avrebbero preso per pazzo e Kisuke non ci avrebbe messo molto a darmele di santa ragione.
Così, ancora una volta, tornai sui miei passi. Prima che potessi dare del tutto le spalle al locale, scorsi un movimento con la coda dell'occhio. Mi girai di scatto e lei era li, bella come il sole. Indossava un kimono bianco che portava ricamati deliziosi petali di ciliegio, e aveva i capelli raccolti in una morbida treccia. Poggiò per terra un sacco nero, uno di quelli che si usano per raccogliere l'immondizia, e si accorse che la stavo guardando. Ricambiò il mio sguardo e rimase immobile come una statua. Non riuscivo a spiccicare una parola, e poi cosa avrei potuto dirle?
Desari piegò leggermente la testa di lato e aggrottò le sopracciglia, e stava per dire qualcosa quando fu interrotta da una mano che le si posava sulla spalla.
-Dara, torna dentro o prenderai freddo.-
Quel viscido verme la stava toccando. Di proposito. Certamente mi aveva visto, e aveva mandato fuori Desari per farmi un dispetto. Ma io non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi crollare, no.
Lei annuì e rientrò, non senza prima lanciarmi uno sguardo incuriosito.
-Allooooora, che ci fai qui?- mi chiese lui -Sei venuto a comprare delle caramelle?-
-Togliti quel sorriso dalla faccia, idiota.- risposi sistemandomi gli occhiali. -Io ti odio.-
-Uuuuuuuuh, hai ferito i miei sentimenti!- scoppiò in una fragorosa risata. -Io credo che dovresti andartene prima che mi venga voglia di sfoderare Benihime.-
-Ricorri subito alla violenza. Forse perchè non riesci a sostenere un dibattito?-
-Te lo ripeto, le tue frecciatine non mi scalfiscono.- si fece improvvisamente serio. -Sono stato fin troppo buono permettendoti di avvicinarti tanto, ma la prossima volta sarai fortunato se riuscirai anche solo a guardare l'insegna del mio negozio.- aprì quel suo odioso ventaglio e tornò dentro.
Digrignai i denti fino a farli stridere, e mi accorsi di aver stretto i pugni così tanto che mi si erano conficcate le unghie nei palmi delle mani. Allentai la presa poco a poco e, con un enorme peso sulle spalle, tornai verso casa. Il sole che tramontava sembrava accompagnare i miei passi.
Camminavo a testa bassa, con le mani in tasca e nessuna voglia di sorridere. Fu allora che le sentii. Due reiatsu potenti e familiari, per niente ostili. Tuttavia non mi andava di incontrare nemmeno loro, per cui li ignorai.
-Non ci saluti nemmeno? E dire che siamo venuti qui apposta per te!-
Una cascata di capelli rossi mi oscurò la visuale, facendomi il solletico al naso. Il possessore di quella chioma si beccò una gomitata che lo centrò in pieno.
-Ahia!- si lamentò.
-Così impari ad importunare la gente.- dissi sistemandomi gli occhiali sul naso -Vedo che sei rozzo come sempre, Renji.-
-Hai ragione, certe abitudini sono dure a morire.- mi fece eco quella simpatica nanerottola di Rukia sbucando da dietro le spalle del rosso.
Sapevo già da diverso tempo che si erano fidanzati (quella parola, anche solo pensata, mi dava un senso di solitudine indecente), per cui non mi stupii nel vederli mano nella mano.
-Che ci fate voi due qui?- chiesi -No, fatemi indovinare. Vi ha chiamati Ichigo.-
Renji sorrise a mo di conferma.
Mi sistemai gli occhiali, stizzito. Possibile che tutti mi trattassero come un bambino? Avevo già compiuto i miei buoni ventitrè anni, ero adulto e sapevo badare a me stesso.
-A titolo informativo, sono grande e vaccinato, e non ho bisogno della baby sitter.- dissi incrociando le braccia al petto.
-Su, non fare i capricci!- fece Rukia mettendosi le mani sui fianchi -Lo facciamo per risollevarti il morale.-
-Siamo persone magnanime, dovresti esserci grato.- annuì Renji.
Realizzai che non avevo vie di fuga, così accettai la compagnia di quella bizzarra coppia e li invitai a stare a casa mia. Preparai loro il divano letto in salotto sperando che, se fosse venuta loro in mente l'idea di passare delle notti infuocate, almeno non mi avrebbero distrutto la casa.
-Sai, non mi aspettavo che Urahara-san agisse così.- disse Rukia sedendosi sul bordo del letto -Lo conosco da così tanto tempo...lo credevo una persona buona e gentile, anche se un pò strano.-
-Credimi, ne sono rimasto stupito anch'io.- risposi poggiandomi allo stipite della porta.
-Potrà sembrarti una domanda sciocca, però...come ti senti? Probabilmente te l'avranno già chiesto mille volte...-
-Cosa posso dire...tu come ti sentiresti se una persona di cui ti fidavi ti portasse via tutto ciò che ami?-
Rukia ci pensò su per un attimo, poi si voltò a guardare Renji.
-Devastata.- fu la sua risposta.
Io annuii. Era così che mi sentivo: devastato, col cuore in frantumi e l'anima straziata, come se la felicità se ne fosse andata via con Desari. E ne ero fermamente convinto, senza di lei non sarei mai più potuto essere felice. Tutta la luce e la bellezza che aveva portato nella mia vita erano sparite di botto, proprio quando stavo iniziando ad abituarmici, quando cominciavo a credere che ci fosse altro nella vita oltre l'odio, la freddezza e la solitudine. Forse, in fondo, me lo meritavo. Chi ero io per meritare la felicità? Chi ero io per sperare che l'amore avesse progetti anche per me? Probabilmente era quello il mio destino, stare da solo.
-Ishida-kun...- Rukia mi raggiunse e mi poggiò una mano sulla spalla -Ti aiuteremo, lotteremo con te. Faremo nostra la tua battaglia e la vinceremo.-
Le sorrisi, riconoscente.
I miei amici erano tutti dalla mia parte. Avremmo lottato insieme, avremmo vinto, avremmo riportato indietro il mio amore.
-Buonanotte ragazzi.- li salutai con un mezzo sorriso e andai in camera mia.
Chiusi la porta a chiave e mi buttai sul letto. Non avevo la forza di muovermi, ero sopraffatto dalle emozioni negative e mi sembrava di soffocare, di sprofondare in un abisso senza fine.

{Qualche ora dopo}

Mi svegliai con qualcosa di morbido sulla faccia e, quando capii di cosa si trattava e soprattutto a chi apparteneva, per poco non mi misi ad urlare.
-Che ci fai qui a quest'ora della notte?-
-Sono venuta per portarti un regalino!- rispose Yoruichi, con l'espressione più soddisfatta che io avessi mai visto.
-Un regalo?- chiesi -Che genere di regalo?-
-Oh, ti piacerà moltissimo!- esclamò, eccitatissima.
-Cos'è?-
-Non cos'è.- sorrise -Piuttosto, chi è.-
Impietosita dalla mia espressione scioccata, Yoruichi mi fece cenno di avvicinarmi alla finestra. Mi alzai, incuriosito, e scostai le tende.
-Guarda giù.- mi disse, sparendo poi con uno shumpo.
Abbassai lo sguardo e credetti di morire. Lei era li, vestita di bianco, i capelli sciolti e sembrava un angelo disceso dal Paradiso. Mi sorrise timida e rimase ferma li. Deglutii a fatica e mi precipitai fuori dalla stanza, nel corridoio, nel salotto e poi fuori, fino alla strada. E lei era ancora li, bella come solo poche cose al mondo potevano permettersi di essere. Mi avvicinai lentamente, quasi impaurito dalla sua presenza. Le sfiorai il viso con la punta delle dita, temendo che potesse sparire all'improvviso. Invece era reale, calda e morbida come l'ultima volta che avevo accarezzato la sua pelle. Lei sorrise debolmente e alzò una mano per ricambiare la mia carezza. A quel contatto mi sciolsi e l'abbracciai forte, stringendola così tanto che avrei voluto nasconderla dentro di me per sempre.
-Mi fai male...non respiro...- balbettò lei.
-Oh, scusa.- allentai la presa e la guardai negli occhi -Mi...mi sei mancata...-
Le passai le dita tra i suoi setosi capelli neri e la attirai a me, baciandola con delicatezza. Lei mi passò le braccia attorno al collo e mi mordicchiò leggermente il labbro inferiore.
-Posso entrare?- mi chiese -Fa freddo fuori, e ho solo questo addosso.-
Feci cenno di si con la testa e la condussi fino alla mia stanza, attento a non fare rumore.
-Chi sono quei due nel soggiorno?- mi chiese sedendosi sul mio letto.
-Oh, amici. Sono venuti qui per...per te.-
-Me?-
-Si, per riportarti indietro.-
Desari mi prese una mano tra le sue, piccole e delicate, e la strinse gentilmente.
-Come fai ad essere qui?- le chiesi -E Kisuke?-
-La signorina Yoruichi ha fatto ubriacare mio zio, così lui si è addormentato e adesso sono qui.-
-Per quanto?- chiesi.
-Non molto, purtroppo.- disse con lo sguardo triste e le lacrime agli occhi. -Volevo tanto rivederti, Uryu. Mi mancava parlare con te, abbracciarti, baciarti...mi manchi da morire...-
Senza pensarci nemmeno, la presi tra le braccia e la strinsi. Aveva corso un grande rischio per venire da me, e promisi a me stesso che non sarebbe stato vano.
-Fai l'amore con me...- sussurrò contro il mio petto -Fammi dimenticare tutti i giorni bui, tutti i momenti in cui mi sono sentita sola, tutte le notte in cui ho cercato il tuo nome nelle stelle.-
-Ti amo.- le dissi, sicuro ormai dei miei sentimenti.
Facendo appello a tutta la mia sicurezza, la presi per i fianchi e la aiutai a mettersi a cavalcioni su di me. Oh, i suoi fianchi! Morbidi e femminili anche se leggermente pronunciati, fatti apposta per essere accarezzati dalle mani di un uomo. Rimasi ad accarezzarla per qualche minuto, poi le sfilai il vestito dalla testa. Dio, se era bella! La vita sottile e la gabbia toracica stretta mettevano in risalto i suoi seni pieni e sodi, morbidi e profumati come petali di ciliegio. Li baciai con timore reverenziali, carezzandoli piano attraverso la stoffa sottile del reggiseno. La sentii sospirare e passare le dita tra i miei capelli. Mi chinai per baciarle il ventre per poi risalire verso il collo.
Quando la sentii gemere, mi resi conto di non essere più il ragazzino inesperto di un tempo. Ero cresciuto, avevo incontrato l'amore, e avrei fatto di tutto per tenerlo con me.
-Ti amo anch'io...- ansimò vicino il mio orecchio, cosa che mi fece rabbrividire di piacere.
Le aprii il reggiseno e accolsi i suoi seni tra le mani, carezzandoli lentamente. I suoi capezzoli si inturgidirono subito, e ricordai quanto era bella l'intimità con lei. Desari, dopo avermi sbottonati la camicia, me la sfilò e la gettò sul pavimento. Inutile dire che i miei pantaloni e i miei boxer fecero la medesima fine. Lei si posizionò su di me sorridendo, radiosa come l'alba.
-Ti amerò per sempre.- mi disse prima di accogliermi dentro di lei.
Ciò che successe, fu pura meraviglia. I nostri respiri si mescolarono, diventammo una cosa soltanto e, alle prime luci dell'alba, mi facevano male posti che non pensavo potessero fare male. Desari aveva la testa poggiata sul mio petto, i capelli sparsi sulle lenzuola. La carezzai piano per non svegliarla, desiderando che quel momento durasse per sempre.
Purtroppo, Yoruichi venne a bussare alla mia finestra e così dovetti alzarmi per farla entrare. Lei andò subito a svegliare Desari che, appena la vide, si mise a tremare.
-Non voglio tornare, Yoruichi...- la sentii sussurrare.
Sentii il mio cuore come stretto in una morsa, e mi vennero le lacrime agli occhi nel vederla in quello stato.
-Tesoro, mi dispiace.- le rispose la gatta aiutandola a rivestirsi -Purtroppo devi tornare a casa. Ma ti porteremo presto fuori da li, te lo prometto.- le fece una carezza gentile -Ti aspetto fuori.- si diresse verso la finestra e, dopo avermi dato una pacca amichevole sulle spalle, saltò giù.
Desari mi guardava con gli occhi pieni di lacrime che minacciavano di rigare il suo splendido viso. La abbracciai forte, cullandola.
-Verrò a prenderti, amore mio, te lo prometto.- le sussurrai.
-Ed io ti aspetterò.- mi baciò delicatamente -E quando mi sentirò sola ti cercherò tra le stelle.-
-Lo farò anch'io. Guarderemo lo stesso cielo e ci sentiremo di nuovo vicini.-
Ci baciammo un'ultima volta e poi la accompagnai da Yoruichi.
-A presto, Uryu.- mi disse prima che la gatta la prendesse in braccio e sparisse con uno shumpo.
Alzai lo sguardo verso il cielo. L'alba stava prendendo il sopravvento sulla notte, ma si vedevano ancora delle stelle. Allungai una mano come per toccarle, e mi sentii meno solo.


Genteee!! Perdonatemi per il ritardo, ma sono stata poco bene e non me la sentivo di scrivere. Ad aggravare la situazione, poi, è sopraggiunto un terribile calo di ispirazione! Però tutto si è risolto e, come vedete, anche questo capitolo è completo! I miei ringraziamenti vanno, come al solito, a fafnir, Rakegy e Saeko_san. Questa volta, voglio ringraziare anche unholy spirit e mrs black. Siete favolose <3
Al prossimo capitolo!
NdT.

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Capitolo 12
*** 12. The final countdown ***


-Uryu, smettila di agitarti o mi farai venire il mal di mare.-
La voce di mio padre mi ricordò che erano ore che facevo avanti e indietro da un capo all'altro del suo laboratorio.
-Sono nervoso, non posso farci niente.- mi costrinsi a sedermi su una scomoda sedia bianca.
Mio padre, con tutta calma, esaminava uno dei capelli che Desari aveva lasciato sul mio cuscino. Ogni tanto commentava con un "mhn" ma, a parte quello, non mi parlò per tutto il tempo dell'analisi.
-Ho capito.- disse alla fine togliendosi gli occhiali e massaggiandosi le tempie.
-Cosa hai capito? No, perchè io non ci ho capito proprio niente.- lo incalzai.
-E' una sostanza notevole, non avevo mai visto niente di simile prima d'ora.- disse rimettendosi gli occhiali -Si tratta di un miscuglio di tracce genetiche, sono sorpreso che quella ragazza non sia ancora impazzita! La quantità di DNA è tale che confonderebbe anche un elefante sulla sua identità.-
-Possiamo scomporre le molecole e creare un antidoto? Perchè è questo quello che mi interessa sapere, se possiamo salvare la mia ragazza prima che sposi quel pazzo o che...- rabbrividii solo al pensiero -...o che rimanga incinta di lui.-
-Non potrebbe già esserlo?- chiese mio padre con una poker face da professionista -Se aspettasse un figlio, cosa faresti?-
-Voi un parere medico o da uomo in crisi?-
-Entrambi.-
-Da medico non posso interrompere una gravidanza se la paziente non lo esplicita.- mi passai una mano tra i capelli, sospirando -Da uomo in crisi ti dico che darei seriamente di matto.-
-Allora rallegrati, perchè non lo è.- vidi l'ombra di un sorriso sul suo volto -L'esame del DNA serve anche a questo. E per rispondere alla tua domanda...si, possiamo creare un antidoto.-
-In quanto tempo può essere pronto?- chiesi trattenendo il respiro per l'emozione.
-E' molto complesso, Uryu.- si fece improvvisamente serio -Kisuke ha impiegato più di vent'anni per mettere a punto la formula, come minimo dovresti darmi...circa tre mesi di tempo.-
-Tre mesi?- mi avvicinai di scatto al tavolo -Io non ce li ho tre mesi, papà!- diedi un pugno al tavolo -Proprio non ce li ho! In tre mesi, quello li avrà tutto il tempo di sposarsela e farci un figlio!-
-Sto cercando di fare del mio meglio.- disse semplicemente, con una sincerità che mi disarmò all'istante.
Tre mesi erano decisamente tanti, troppi. Non potevo permettere che passasse così tanto tempo, ed ero sempre più nervoso.
-Ti do tre settimane.- sibilai, al limite tra il pianto isterico e la risata da psicolabile -Voglio che quell'antidoto sia pronto fra tre settimane a partire da adesso.-
-The final countdown, eh?- fece mio padre canticchiando quella famosa canzone degli Europe.
-Non sei spiritoso.- dissi glaciale.
-Tre settimane? E sia, accetto la sfida.- si alzò con calma dalla sedia e, con fare da vero gentleman, mi invitò a spostare la mia negatività altrove.
In parole povere, mi aveva mandato a quel paese.
Uscii dall'ospedale con il cuore un poco più leggero, covando la speranza di poterla davvero riavere indietro. Era una magnifica giornata di sole, così ne approfittai per una lunga passeggiata. I miei nuovi coinquilini mi avevano fatto capire che sarebbero stati impegnati in attività ginniche alternative per tutta la mattina, per cui non avevo troppa fretta di tornare a casa. Speravo solo che non rompessero qualcosa, o mi sarebbe toccato ricomprare tutto. Presi l'i-Pod dalla tasca interna del giubbotto, infilai le cuffie nelle orecchie e scelsi "riproduzione casuale".

The sun is sleeping quietly
once upon a century
wistful oceans calm and red...


Non poteva capitare canzone migliore della mia preferita. La canticchiai distrattamente mentre passeggiavo per le strade di Karakura, emozionandomi al ritornello.

I wish for this night time to last for a lifetime
the darkness around me shores of a solar sea.
Oh how I wish to go down with the sun
sleeping, weeping with you...


Con la mente tornai in Romania, ripensando a tutto quello che avevo lasciato li. Mi chiesi come il signor Dubrinsky avesse preso la mia partenza improvvisa, se ci fosse rimasto male perchè non lo avevo salutato. E ripensai ai genitori di Desari, che dovevano essere a pezzi quanto me. Presi un profondo respiro e continuai a camminare, pensando che avrei dovuto avvertire i ragazzi della novità. Imboccai la strada che portava a casa di Ichigo e, sorprendentemente, trovai li fuori anche Renji e Rukia.
-Che ci fate voi due qui?- chiesi mentre mi avvicinavo.
Notai che Rukia aveva gli occhi rossi e tremava. Renji la teneva su con un braccio, sfregandole le braccia come per darle calore.
-Kuchiki-san, ti è successo qualcosa?-
Lei scosse la testa e iniziò a singhiozzare, nascondendosi nell'abbraccio del suo compagno. Guardai Renji, che mi fece cenno di andare dentro. Aprii piano la porta e la prima cosa che notai fu il silenzio. Casa Kurosaki era sempre molto rumorosa per via del padre di Ichigo, ma quel giorno c'era un silenzio quasi tombale. Trovai Ichigo seduto sul divano che teneva la mano ad una Orihime pallida e in lacrime. Non appena mi vide, lui si alzò dal divano e mi venne incontro. Aveva delle profonde occhiaie che gli segnavano il volto e sembrava parecchio stanco.
-Che succede?- chiesi -Come mai piangono tutti?-
Mi rispose così piano che credetti di aver sentito male, e invece avevo capito benissimo. Sentii un nodo alla gola, e l'impellente desiderio di piangere. Mi avvicinai ad Orihime e mi sedetti al suo fianco. Non trovavo le parole per dirle quanto mi dispiacesse, e non provai nemmeno a cercarle perchè sapevo che sarebbero state comunque sbagliate.
-Mi ci ero affezionata...- la sentii sussurrare -Io...io credevo davvero che avrei potuto farcela...-
Le passai un braccio attorno alle spalle e la abbracciai, incapace di risponderle. Tremava come una foglia e continuava a ripetere sempre la stessa frase.
-Ne arriveranno altri, Hime-chan, ne sono sicuro.- le mormorai -E saranno tutti bellissimi, sai? Avranno degli splendidi capelli rossi, i tuoi occhi grandi, il tuo buon cuore e la forza di Ichigo. Non è la fine, non lo è per niente. Sei più forte di quello che credi, sei una donna coraggiosa e supererai anche questa.-
Nel frattempo Ichigo si era lasciato cadere per terra con il volto tra le mani, scosso dai singhiozzi anche lui. Non sapevo decisamente cos'altro fare e non mi sembrava proprio il momento adatto per dare la mia buona notizia. Così feci quello che mi riusciva meglio: rimasi in silenzio e aspettai.
Aspettai per ore seduto in quel divano con la ragazza del mio migliore amico tra le braccia, immobile, sussurrando due o tre parole ogni tanto. Non bevvi, non mangiai, non mi alzai nemmeno una volta. Aspettai finchè il cielo si fece rosso, viola e poi nero. Non c'era neanche una stella a portare un barlume di speranza a quel cielo d'oblio, e quella sera la Luna non fece capolino tra le nuvole. Tutto intorno a me era nero, e non potevo farci niente. Ero impotente davanti a quella situazione, e odiavo profondamente non riuscire a trovare la forza per dire qualcosa, per agire.
-Ishida-kun, dovresti andare a casa.-
Fui scosso dalla voce timida e incrinata di Orihime.
-Rukia e Renji non possono tornare, non hanno le chiavi di casa tua.- mi disse con un sorriso che mal celava la sua tristezza.
Annuii con poca convinzione e la lasciai nelle mani di Ichigo. Una volta fuori, inspirai a pieni polmoni l'aria gelida di quella notte e feci cenno a Renji e Rukia di andare. Camminammo senza dirci niente, eravamo tutti e tre troppo giù per poter parlare di qualsiasi cosa. Arrivati a casa preparai del the per me e Rukia, e del caffè nero per Renji.
-Dannazione, non ci voleva!- sbottò lui rigirandosi la tazza tra le mani -Quella ragazza è già fragile di suo, questa cosa la ucciderà!-
Per quell'affermazione si beccò un pugno da parte della sua fidanzata, accompagnato da un "idiota" appena sussurrato. Quella fu l'unica cosa che ci dicemmo prima di andare a dormire, anche se in realtà nessuno di noi chiuse occhio.

{Urahara Shop - stessa notte}

L'ansimare leggero di Desari era sovrastato dai mugolii eccitati di Kisuke, che quella sera aveva deciso di impegnarsi fino in fondo.
-Kisuke-san...- ansimò lei -...basta, non ce la faccio più...-
-Abbiamo quasi finito, amore.- fece lui sorridendo -Manca...poco.-
-Io non voglio che ti liberi dentro di me.- disse secca.
Per poco a Kisuke non cadde la mascella dalla sorpresa. Smontò da lei quel tanto che permetteva a Desari di coprirsi alla meglio con il lenzuolo.
-Scusa, potresti ripetere quello che hai detto?- chiese incredulo il caramellaio.
-Hai sentito perfettamente, Kisuke. Non voglio.- lei si alzò, infilò una vestaglia e si chiuse in bagno.
Ma cos'era andato storto? Il farmaco aveva fatto effetto, Kisuke ne era sicuro. Eppure perchè lei trovava ancora la forza di ribellarsi? Perchè riusciva ancora a pensare con la sua testa? Perchè non riusciva ad accettare le cose per com'erano? I piani di Kisuke erano semplici: voleva un figlio da lei e sposarla, così non se ne sarebbe più andata. Lui l'avrebbe resa felice, le avrebbe dato tutto quello che aveva fino all'ultima goccia di sangue, l'avrebbe trattata come una regina e amata per il resto della vita che aveva scelto per loro. Ma lei gli rendeva le cose difficili, perchè si ostinava a voler pensare.
Kisuke sospirò e andò ad accendersi una sigaretta, la prima dopo tantissimi anni. Prese qualche boccata e si sentì subito meglio. Sicuramente sarebbe andato tutto bene, lei avrebbe ceduto e sarebbero stati una famiglia perfetta. A quel pensiero sorrise e tornò a distendersi, tutto contento.
Dietro la porta del bagno, Desari piangeva senza fare rumore. Sapeva che c'era qualcosa di sbagliato nella sua relazione con Kisuke, ma proprio non riusciva a ricordare cosa fosse. Se solo fosse riuscita a ricordare, ad afferrare quel dettaglio che le sfuggiva, forse avrebbe capito e si sarebbe sentita meglio.
Se solo avesse potuto ricordare quel nome che aveva tanto cercato tra le stelle...


Note dell'autrice:
*la canzone che Uryu ascolta mentre va a casa di Ichigo è "Sleeping sun" dei Nightwish (fafnir, te la dedico)
**anche se credo sia abbastanza ovvio, mi sento in dovere di specificare che Orihime ha perso il bambino
***...si, lo so, Uryu non è tipo da Nightwish, ma quella canzone mi ha ispirata e dovevo usarla.

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Capitolo 13
*** 13. Di nuovo io ***


La uscii dal cassetto una mattina che pioveva. Era ben piegata e morbida così come l'avevo lasciata anni fa, e sorrisi nel vederla ordinata.

-Mi sei mancata, vecchia amica mia.- dissi lisciando il tessuto bianco della mia divisa da Quincy.

Fui colto dalla nostalgia dei tempi in cui mi dilettavo nell'eliminare gli Hollow con l'eleganza che solo un arco può dare. E pensai che, si, in fondo potevo provarla ancora una volta. Insomma, solo per vedere se mi entrava ancora. Non che fossi cresciuto molto in altezza dall'ultima volta che l'avevo indossata, eh. Comunque, mi tolsi la felpa e i jeans, e infilai pantaloni, giacca e mantellina. Presi un respiro profondo e andai a guardarmi allo specchio.
Oh, quanto mi ero mancato! Sembrava che non fosse passato nemmeno un giorno da quando avevo ucciso l'ultimo Hollow, da quando ancora andavo al liceo e credevo che tutti gli shinigami fossero miei nemici. Ero di nuovo me stesso, di nuovo io.
Ero talmente perso nei ricordi, che mi sembrò quasi di sentire la presenza di un Hollow. Pensai che mi stavo immedesimando troppo, per cui non ci feci caso e continuai a guardarmi allo specchio.

-Se hai finito di fare la signorina, fuori c'è un Hollow da eliminare.-

Un'ansiosa Rukia in veste da shinigami era seduta sul davanzale della mia finestra.

-Un Hollow? Ma quando...?- feci per chiedere, ma fui subito zittito da un urlo agghiacciante che avevo mille volte sperato di non sentire mai più.

-Sembra anche bello grande, eh?- disse Rukia sfoderando la sua zanpakuto -Sei ancora li? Muoviti!- mi sorrise e saltò giù.

Scossi la testa per darmi una svegliata, presi la rincorsa e saltai anch'io giù dalla finestra. Ad spettarci c'era un pimpante Renji, smanioso come al solito di darle di santa ragione al primo Hollow di turno.

-Oh, finalmente!- sbottò lui, sghignazzando -Bel completino, complimenti!-

Sospirai, pensando che niente al mondo avrebbe mai potuto cambiarlo. Però andava bene così, non avrei scambiato i miei amici con nient'altro. Secondo il radar di Rukia, l'Hollow in questione si trovava vicino al parco. Così ci mettemmo a correre a perdifiato, saltando sui tetti e sui balconi, fino al luogo designato. Santo cielo! Non era soltanto un Hollow, ma un Menos Grande!

-Per la miseria!- esclamò Renji -Erano anni che non vedevo un Menos!- rilasciò la sua zanpakuto, seguito a ruota da Rukia.

Dal canto mio, evocai lo splendido arco di reiatsu che avevo snobbato per tanto tempo, felice come non mai di poterlo usare di nuovo. Adesso che lo avevo tra le mani, mi reputai uno sciocco. Avevo cercato di negare la mia natura di Quincy per anni, e poi perchè? Scossi la testa. Stavo per caso diventando come mio padre? Rabbrividii solo al pensiero.
I miei pensieri furono bruscamente interrotti dall'urlo di guerra di Renji che si lanciava contro il Menos, seguito a ruota da Rukia. L'Hollow cercò di colpirci con un Cero, ma facemmo in tempo a scansarci.

-Ban...kai!- gridò Renji, avventandosi subito sul Menos.

Bankai e frecce fecero disintegrare il Menos con un urlo agghiacciante e, prima che potessi prenderne coscienza, era tutto finito. Il brivido della battaglia, l'adrenalina, il sapore della vittoria sulla lingua...tutte sensazioni che avevo dimenticato, e che adesso mi provocavano piacevoli brividi lungo la schiena.

-Beh, è andata bene!- fece Renji, tutto contento.

-Adesso cosa facciamo?- chiese Rukia rinfoderando la spada e rientrando nel suo corpo.

-Scusate se non mi unisco a voi, ma devo andare da mio padre.- dissi - Voglio vedere se ha fatto progressi con l'antidoto.-

-Oh, d'accordo!- fece Rukia con un sorriso - Facci sapere se ci sono novità.-

Sorrisi ai miei amici e decisi di passare da casa per cambiarmi. Infilai la chiave nella toppa, feci scattare la serratura e, non appena aprii la porta, fui colto da un'ondata di un profumo esotico che ben conoscevo.

-Ciao Yoruichi.- dissi salutando la gatta che si stiracchiava sul mio tappeto.

-Yo, Uryu!- rispose lei riprendendo forma umana. La sua espressione mi fece intendere che non era portatrice di buone notizie.

-Non giriamoci intorno, per favore.- richiusi la porta e sospirai -Cosa devo sapere?-

-Desari e Kisuke si sposano.- disse lei senza mezzi termini, proprio come avevo chiesto.

Nonostante sapessi già della proposta di matrimonio, fu come un pugno nello stomaco. Avevo perso, dunque? Tutti i miei sforzi erano stati inutili?

-Quando?- chiesi.

Lo sguardo di Yoruichi si rabbuiò più di quanto già non fosse, e la vidi serrare i pugni. Evidentemente era difficile anche per lei accettare che l'uomo che amava sposasse un'altra, e nessuno meglio di me poteva capirla in quel momento difficile.

-Kisuke ha voluto affrettare le cose, non abbiamo molto tempo.- rispose infine, dopo interminabili attimi di silenzio.

-Cosa intendi dire, Yoruichi?-

-Si sposano domani, al tramonto.- disse guardandomi negli occhi.

Era ferita, e lo ero anch'io. Un colpo al cuore, un altro ancora. Proprio quando avevo trovato qualcuno da amare, qualcuno a cui dedicare tutto me stesso, il fato me lo portava via! La sorte si prendeva gioco di me senza dubbio, mi aveva dato l'illusione di poter essere felice e poi mi aveva strappato tutto dalle mani un attimo prima che io potessi richiudere i pugni.

-Cosa vuoi fare, Yoruichi?- le chiesi avvicinandomi a lei -Vuoi arrenderti allo stato delle cose? Oppure vuoi combattere al mio fianco per far rinsavire quel folle?-

Lei rimase in silenzio per un pò, con lo sguardo fisso sulle punte delle scarpe e le guance rigate dalle lacrime.

-No che non ci arrendiamo, cucciolo di Quincy.- rispose infine sollevando il capo - Sono con te.-



*****


Perchè non dovrei amare Kisuke? E' sempre gentile con me, non mi fa mancare mai nulla. E' un brav'uomo, dovrei amarlo.

E invece non capisco perchè non lo amo. C'è qualcosa di sbagliato, qualcosa che non funziona. Ma perchè non riesco a capire cosa? Perchè ogni volta che cerco di ricordare cosa c'è al di fuori di questa casa sento la testa che mi scoppia, come se venisse trafitta da mille e mille coltelli?

Le stelle, devo guardare le stelle.

Le stelle...se solo potessi essere come loro! Sarei libera, avrei il mio posto nel firmamento, e brillerei. Anche qui, nella casa di Kisuke, ho il mio posto, ma non riesco a brillare. Faccio le pulizie, aiuto Ururu a preparare i pasti, e ogni sera faccio l'amore col mio uomo.
Eppure è tutto così sbagliato...

Devo cercare tra le stelle.

Non so perchè, ma quando guardo il cielo e i suoi puntini luminosi mi sento meno sola. Qualcun'altro sta guardando il mio stesso cielo in questo istante, si starà facendo le mie stesse domande.
Chi sono io?
Da dove vengo?
E' davvero questo il mio posto?
Sono certa che, in fondo al nostro cuore, abbiamo già le risposte, ma la nostra mente è talmente offuscata che non riusciamo a vederle, a comprenderle. E così finiamo per guardare il firmamento.
Il cielo non fa differenze, sta sulla testa di tutti e non nega a nessuno le sue bellezze. Ed io mi sento talmente piccola di fronte a quell'immensità!
Tu, che come me stai guardando le stelle, sappi che ti sono vicina, che nemmeno io so le risposte, ma che continuerò a cercarle a tutti i costi. E spero che anche tu continuerai a farlo.



*********************

Buonasera a tutti!!
Lo so, ormai non ci speravate più, ma...ecco il capitolo! Da quanto tempo non aggiorno? Da...Gennaio, forse? Mi scuso tremendamente per il ritardo, ma tra scuola e nuovi progetti, ho (purtroppo) trascurato questa storia. MA, dato che ho un pò di tempo libero in più in questi giorni, mi darò da fare per recuperare il tempo perduto e scrivere, scrivere, scrivere!!
Ah, per chi non avesse capito, la seconda parte del capitolo è dedicata ai pensieri di Desari.
P.S. Scusa, Desari. [cit. Sasuke + NdT]

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Capitolo 14
*** 16. Riso e fiori d'arancio ***


Ero sicuro di aver chiuso la porta della mia stanza a chiave, mortalmente sicuro. Eppure, mentre mi stavo infilando i pantaloni, Yoruichi la aprì con nonchalance ed entrò.

-Mi aiuti a tirare su la zip?- chiese la gatta.

Aveva i capelli raccolti in un elegante chignon e il suo corpo abbronzato e snello era coperto a malapena da un tubino nero che lasciava ben poco all'immaginazione.

-Yoruichi-san!- esclamai tirandomi su i pantaloni in fretta e furia, imbarazzato come una verginella -Ti sembra questo il modo di entrare nella camera da letto di qualcuno? E per di più la porta era chiusa!-

-Oh, davvero?- fece lei con un sorrisetto furbo stampato in faccia -Non me ne ero proprio accorta!- fece un gesto con la mano come a scacciare via qualcosa -Comunque sia, puoi chiudere la cerniera? L'avrei chiesto a Renji, ma lui era in bagno con Rukia.-

Sospirai, decisamente esasperato. La gatta era in casa mia nemmeno da ventiquattro ore e già ne avevo abbastanza! Era rumorosa, non stava mai ferma ed era incredibilmente abile nel far sparire il cibo dal frigorifero e dalla dispensa.
Nonostante tutto ero contento che fosse rimasta con me. Ci tiravamo su di morale a vicenda e cercavamo di escogitare qualcosa per mandare all'aria i piani di Urahara. Nonostante una notte passata in bianco, non eravamo arrivati a nulla. Qualsiasi progetto sembrava troppo stupido o troppo semplice, e comunque eravamo certi che Kisuke non avrebbe mai lasciato Desari priva di protezione. Al sorgere del sole eravamo sfiniti e totalmente privi di idee, per cui decidemmo di puntare sull'improvvisazione.

-Allora, mi aiuti oppure vuoi che vada in giro nuda?- chiese di nuovo Yoruichi, sbuffando.

-Si, scusa, mi ero distratto.- risposi sistemandomi gli occhiali sul naso.

Mi misi dietro di lei e le alzai la cerniera, cercando di fare più in fretta che potevo. Non che Yoruichi non fosse una bella donna, il problema ero io. Non riuscivo a pensare a lei come qualcosa di più di una complice, tutto qui. Forse se non fossi stato innamorato di Desari...


[Desari]

Non ricordo di essermi mai sentita tanto sola.

Avvolta in una morbida vestaglia di seta, guardo il mio riflesso allo specchio. I miei capelli sono una cascata di boccoli morbidi e neri, e tra loro spicca un cerchietto di piccole perle bianche. Sulle palpebre hanno steso un ombretto chiaro color pesca e una linea sottile di eye-liner. Le gote sono rosa così come le labbra.

Ururu mi ha detto che sono molto bella, e io le ho sorriso. Quella ragazzina è sempre tanto gentile con me, mi tiene compagnia quando sono sola.

La cosa che mi fa più paura è l'abito bianco appeso fuori dall'armadio. Da quando Kisuke me l'ha portato non posso fare a meno di guardarlo con timore, come se fosse il mio peggior nemico.
E' un abito senza spalline, scollo retto, stile impero. Sotto il seno c'è una cintura sottile di brillanti, Kisuke dice che sono autentici Swarovski. Il velo è molto lungo e si sovrappone allo strascico del vestito.

Più lo guardo e più la nausea mi assale, inizio a sudare freddo e non so perchè.

Tremo, sono decisamente terrorizzata.

Kisuke mi ha detto che è una cosa normale, che tutte le spose si sentono così prima di andare all'altare. Ho deciso di credergli perchè non riesco a trovare un'altra spiegazione.

-Dara, sei pronta?-

La voce di Kisuke che proviene da dietro la porta mi fa sussultare.

-Quasi!- rispondo.

Lo sento allontanarsi, e quasi senza accorgermene tiro un sospiro di sollievo.

Guardando i rami di ciliegio che si stagliano contro il limpido cielo azzurro, prego solo che questa giornata finisca in fretta.



[Uryu]

Me lo ritrovai davanti non appena aprii la porta di casa per uscire. Indossava il suo migliore abito da cerimonia, sicuramente un Versace, e in mano teneva una scatolina rettangolare nera sormontata da un fiocco di raso bianco. I capelli erano leggermente spettinati, effetto sicuramente voluto, e non indossava gli occhiali.

-Che ci fai qui?- gli chiesi guardandolo dall'alto in basso.

-Ti ho portato un regalino.- mi rispose, senza espressione come al solito.

-Oh, dottore!- disse Yoruichi sbucando fuori praticamente dal nulla e prendendo mio padre sottobraccio -Complimenti per l'eleganza, questo abito le si addice!-

-Anche lei è molto elegante, signorina.- rispose lui, educato come sempre.

Era impossibile, ma rabbrividii al solo pensiero di Yoruichi e mio padre insieme.

Che schifo.

-Comunque...- dissi per cambiare discorso -...cosa c'è qua dentro?-

-La cura.- rispose lui senza mezzi termini.

-Que...quella cura?- chiesi sbalordito-

-A meno che io non abbia sbagliato provetta, ed è impossibile che sia successo, suppongo sia quella cura.-

Avevo dimenticato che "sarcasmo" era il secondo nome di Ryuuken Ishida.

-E funziona?- chiesi.

-Per quanto mi piacerebbe affermare il successo del farmaco, non ne ho la più pallida idea.-

-Beh, immagino che lo scopriremo solo provandolo.- dissi con un sospiro.

-Immagino di si.- concluse mio padre annuendo.

All'improvviso, un silenzio spaventoso calò su di noi insieme alla paura di non farcela.

Se avesse funzionato avrei riavuto Desari, ma se così non fosse stato...

-Yo, che succede?- chiese Renji che, per l'occasione, indossava un completo nero stranamente elegante e portava i capelli raccolti in una coda di cavallo bassa.

-Infatti, non è carino fare tardi ad un matrimonio.- gli fece eco Rukia, che invece indossava un tubino blu molto raffinato.

Non per niente era una Kuchiki.

-Hai ragione, andiamo.- annuii.

Misi la scatolina nella tasca interna della giacca e, non appena tutti furono usciti, chiusi la porta a chiave.

-E questa?- chiesi a mio padre quando, una volta fuori dal palazzo, ci ritrovammo davanti ad una lussuosissima Aston Martin nera.

-E' solo una macchina.- rispose lui aprendo le portiere col piccolo telecomando.

-Solo una macchina?- intervenne Yoruichi -Mio caro dottore, questa...- carezzò il tettuccio dell'auto -...è una splendida creatura. Fossi in lei, la tratterei come fosse la mia amante.-

Vidi mio padre avanzare verso la gatta e mettersi davanti a lei in tutta la sua statura. Si avvicinò al volto di lei, e per un attimo mi convinsi che l'avrebbe baciata, data la distanza quasi inesistente tra i loro visi.

-Non ho bisogno di lezioni su come trattare le auto.- sentii mio padre sussurrare -E ancora meno su come trattare un'amante.-

Yoruichi annuì e si fece da parte per farlo passare.

Mi lasciai sfuggire un sorrisino che mantenni per tutta la durata del viaggio in auto. Quando arrivammo a destinazione, l'emporio di Urahara era chiuso.

-Sei sicura che il matrimonio sia qui?- chiesi a Yoruichi.

-Certo che sono sicura!- rispose lei scendendo dall'auto -Ovviamente non dentro il negozio, sai anche tu quanto è piccolo quel posto.-

-C'è solo un luogo abbastanza grande per tutti dove Urahara-san avrebbe potuto organizzare la cerimonia.- disse Rukia.

Capii subito dove voleva arrivare.

-Mi sembra quasi di essere tornato ai vecchi tempi.- sospirai.

-E che tempi!- disse Renji -Quando le davamo ai Menos, e agli Arrancar poi! Ah, bei tempi andati!-

-Non credevo fossi un sentimentale.- commentò Rukia.

-Solo perchè le nostre notti sono tutte di fuoco non vuol dire che io non lo sia!-

Per quel dettaglio, Renji si conquistò un pugno nello stomaco da parte della fidanzata.

Abarai 0, Kuchiki 1.

Mio padre sospirò e, con Yoruichi sottobraccio, ci sorpassò per entrare nell'emporio. Feci per seguirlo quando sentii una voce familiare alle mie spalle.

-Non credevo che saresti venuto. A dire il vero, anch'io ho avuto i miei dubbi. Eppure non volevo perdermi lo scontro tra un caramellaio e un medico.-

Avvolta in un elegante abito di seta stile impero color porpora, c'era Toshiko Urahara. I capelli erano raccolti in un elegante chignon e sulle spalle portava una leggera stola nera.

-Non pensavo che l'avrei rivista.- le disse salutandola con un cenno del capo.

-Chi non muore si rivede, Uryu.- mi sorrise debolmente -Sempre.-

-Il signor Savage?- chiesi - Non è venuto?-

-Cielo, no!- disse con fare ovvio -Non sa nemmeno che sono qui.-

-Capisco.- sospirai -Beh, non ci resta altro da fare che andare dentro, no?-

-Suppongo che sia così.-

-Allora lasci che la accompagni.- dissi porgendole il braccio.

Lei lo prese e insieme entrammo nel negozio. Passammo per gli scaffali pieni di roba fino ad arrivare sul retro dove, spalancata in mezzo al pavimento, stava la botola.

-Prima le signore.- disse mio padre mentre Yoruichi si calava di sotto.

Rukia e Toshiko la seguirono a ruota. Poi fu il turno di Renji e, per ultimi, io e mio padre. Quando arrivammo, trovai che il paesaggio era ben diverso da come lo ricordavo. Invece di dune di sabbia e sole cocente, ci ritrovammo nel bel mezzo di un enorme parco. Fiori e piante di ogni tipo sfoggiavano le loro fioriture e colorazioni più belle, si sentiva lo scroscio di quella che doveva essere una fontana e gli uccelli cinguettavano allegri. Quello scenario idilliaco era incorniciato da un tramonto degno di un film hollywoodiano.

-Per quanto la situazione sia ambigua e per quanto questa sia una missione di salvataggio, devo dire che Urahara-san ha organizzato tutto in maniera impeccabile.- commentò Rukia con tono professionale.

-Peccato che la sposa sia la mia fidanzata.- aggiunsi con un sospiro.

-Non disperare.- disse Toshiko poggiandomi una mano sulla spalla -Faremo il possibile.-

La ringraziai con un sorriso e riprendemmo a camminare. Il sentiero acciottolato che percorrevamo era ricoperto da petali di rose rosse e bianche, ed era bordato di candele dello stesso colore. Alla fine del sentiero si apriva un giardino fiorito. Sedie bianche erano perfettamente allineate ai lati di un tappeto rosso, e al centro vi era un grazioso gazebo bianco. Le sottili colonne era avvolte da nastri rossi e tutto intorno ci erano roseti rossi e bianchi. Le sedie erano per la maggior parte occupate da persone che non conoscevo, fatta eccezione per Tessai, Ginta e Ururu.

E, ovviamente, Kisuke Urahara.

Non appena lo vidi vestito del suo abito nero da cerimonia, col fiore all'occhiello, i capelli pettinati e la barba rasata di fresco per l'occasione, per poco non andai li a riempirlo di pugni.

Quello non era il suo posto! Sarei dovuto esserci io all'altare ad aspettare Desari!

Come per schernirmi, Kisuke mi sorrise da lontano e mi fece cenno di accomodarmi. Prima che potessi fare qualsiasi cosa, Toshiko mi prese per un braccio e mi trascinò fino ad una fila vuota di sedie, dove tutto il gruppo prese posto.

-Ma guarda chi c'è!- disse una voce femminile alle nostre spalle.

Tutti ci voltammo e, seduta nella fila dietro di noi, c'era una ragazza che non poteva avere più di venticinque anni. Avevi lunghi boccoli biondi che le arrivavano alla vita e grandi occhi blu. Indossava un abito lungo blu di seta e aveva le spalle avvolte in uno scialle leggero argentato.

-Oh, Rain!- salutò Toshiko con un grande sorriso -Non immaginavo di trovarti qui.-

-Ho ricevuto una telefonata da parte di Desari qualche giorno fa.- rispose la bionda -Era molto agitata, così ho fatto le valige e sono partita subito.-

-Hai fatto bene, ci servirà il tuo aiuto.- rispose la signora con un sorriso.

-Non mi presenti ai tuoi amici?-

-Ma si, certo!- Toshiko si girà verso di noi -Lei è mia nipote, Rain Agrotera.-

-Piacere di conoscervi.- disse la ragazza, sfoderando un gran sorriso.

-Il tuo cognome non sembra rumeno né giapponese.- commentò Yoruichi.

-Infatti.- confermò lei -Mio padre è greco.-

-Kiryan Agrotera.- disse mio padre.

Tutti ci girammo verso di lui, incuriositi.

-Come fai a conoscere suo padre?- chiesi, allibito.

-Kiryan Agrotera è passato alla storia come uno dei più formidabili Quincy di tutti i tempi.- rispose lui -Ho avuto l'onore di combattere al suo fianco un paio di volte. Sono tutt'ora addolorato per la sua prematura dipartita.-

-Allora lei deve essere Ryuuken Ishida, avrei dovuto capirlo subito.- disse Rain, sorridente.

-Tu sai cos'è un Quincy?- le chiesi, ancora più confuso di prima.

-E ti dirò di più.- disse porgendomi la mano destra -Lo sono io stessa.-

Al centro del palmo di Rain era tatuata la stella dei Quincy.

-Come mai non ho percepito la tua reiatsu?- domandai.

-Quando mio padre si rese conto che i Quincy rimasti erano davvero pochi, mi insegnò questo trucchetto prima di morire.- rispose lei -Mi ha permesso di sfuggire a molti pericoli, e dovresti impararlo anche tu.-

-Quindi tu sai cosa è Kisuke e cosa ha fatto a Desari?-

-Proprio per questo sono qui, per aiutare te e lei.- sorrise.

Nonostante fosse poco più di un'estranea per me, le fui immensamente grato per il supporto. Kisuke da solo era molto forte, ma forse non quanto un gruppo.

O almeno era quello che speravo.

-Mancano Ichigo e Orihime.- fece notare Rukia.

-Sono certo che arriveranno.- disse sicuro Renji -Kurosaki non è il tipo di ragazzo che abbandona gli amici, e neanche Inoue.-

Tutti annuimmo convinti. Sicuramente sarebbero arrivati, magari avevano trovato solo un pò di confusione. Sospirai e mi poggiai contro lo schienale della sedia, guardandomi nervosamente intorno.

-Come si usa il farmaco che mi hai dato?- chiesi a mio padre per rompere il silenzio.

-Devi farglielo bere.- rispose lui semplicemente.

Certo, come no!

-La fai facile tu.- sbuffai.

-Tsk, tu non sai niente, Uryu Ishida.- disse con un sorrisetto -Dovresti andare in bagno.-

-Non sono un bambino!- risposi arrossendo un pò -E comunque l'ho fatta prima di uscire.-

-Invece credo proprio che dovresti.-

Lo guardai senza capire per almeno un paio di minuti, fino a quando non la sentii.

Era lieve, quasi impercettibile, ma c'era.

Mi alzai ed uscii frettolosamente dalla fila di sedie. Percorsi a ritroso, quasi correndo, il percorso che avevo fatto e sbucai nel corridoio dell'emporio. La traccia di reiatsu lì era più forte, così cercai di capire da dove proveniva. Aprii ogni porta, controllai ogni stanza.

E poi la trovai.

Bella come un angelo, stava in piedi al centro di una sontuosa stanza da letto. Nel suo abito bianco sembrava una principessa.

Quando alzò lo sguardo verso di me, capii subito che non mi riconosceva.

-Chi sei?-mi chiese inclinando leggermente la testa di lato -Kisuke ti ha mandato a chiamarmi? Devo scendere di sotto?-

Non sapevo come rispondere, ero bloccato. Volevo ridere, piangere, abbracciarla e portarla via, ma sapevo che dovevo agire con prudenza.

-Urahara-san mi ha detto di darti questo.- dissi porgendole la scatolina con dentro la cura.

-Un regalo?- chiese sorridente mentre prendeva il pacchetto tra le mani.

Io mi limitai ad annuire, incapace di aggiungere altro.

-E' una boccetta.- sentenziò, prendendo la provetta in mano -A cosa serve?-

-Urahara-san dice che è una pozione portafortuna.- mentii in fretta.

-Oh, beh.- fece spallucce -In questo caso...- tolse il tappo alla provetta e bevve il liquido tutto d'un fiato.

Mi aspettavo che avrebbe vomitato, che sarebbe svenuta, o che avrebbe subito ricordato tutto e mi avrebbe pregato di portarla via.

E invece non successe nulla, proprio nulla.




******************************************************

Yo! Eccomi tornata! Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto, ma tra esami, viaggi e altri impegni non ho proprio avuto tempo per scrivere!
Gomen >3<
Comunque, spero di farmi perdonare con questo capitolo, sicuramente più corposo dei quello precedente (se non sbaglio) !
Aspetto le vostre recensioni :)
Un bacio,
Nata dalla Tempesta,

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Capitolo 15
*** 15. Promesse di matrimonio,mini shorts e istinti sopiti ***


-Questa cosa…- fece Desari sollevando la boccetta -…fa davvero schifo! Ha un sapore orribile!-

Non riuscivo a credere a quello che stava succedendo.
Si stava lamentando del sapore e basta.
Inutile dire che il mio morale era drasticamente sceso sotto le suole più sporche delle scarpe del più basso dei nani.

-Grazie per avermi portato questo…regalo, ma adesso devo proprio andare!- disse Desari mentre prendeva in mano un bouquet di rose bianche e mughetto.

Mi spostai per farla passare, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. L’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che avevamo fallito, che tutto quello su cui mio padre aveva lavorato era inutile, che ci eravamo gettati da soli fumo negli occhi. Mi ero dato un’infinità di false speranze, avevo abbandonato il mio sacro mondo di razionalità a favore dei famosi castelli in aria.
E a cosa era servito?
Kisuke aveva vinto, e non c’era modo di tornare indietro. Così, con il sapore del fallimento sulla lingua, la guardai mentre usciva dalla stanza e spariva dalla mia vista e, con ogni probabilità, anche dalla mia vita. E stavolta sarebbe stato per sempre.

-Allora? Ha funzionato?- chiese Yoruichi entrando all’improvviso nella stanza.

Mi limitai a girare la testa verso di lei, e rimasi in silenzio. Anche solo respirare mi faceva male da morire.

-Povero cucciolo…- sospirò Yoruichi, incrociando le braccia al petto –Non è ancora tutto perduto. Possiamo lottare, spezzare con la forza quello che li lega.-

-E’ inutile, non lo capisci?- sbottai –Non c’è più niente da fare, è finita! Capito? Per sempre!-

Sentii lo schiaffo sulla guancia solo quando la mia pelle fu in fiamme.

-Non voglio mai più sentirti parlare in questo modo. Che fine ha fatto il Quincy orgoglioso? Quell’uomo forte e caparbio, che mai si sarebbe fermato davanti alle difficoltà? Se ti arrendi adesso sei solo un debole.- andò verso la porta –Ed io non voglio avere nulla a che fare con i deboli.-

Capii dal ticchettio dei tacchi che se ne stava andando, probabilmente si stava trattenendo dal pestarmi a sangue. Presi un lungo respiro per ossigenare il cervello, sciolsi i muscoli del collo e lentamente ritornai verso il luogo della cerimonia.
Una volta arrivato, tutti i presenti erano in piedi e un quartetto di violini suonava la marcia nuziale. Kisuke era in piedi davanti l’altare e sfoggiava un sorriso soddisfatto. La sua postura era rilassata, come quella di chi sa di avere tutto sotto controllo.
Che voglia di strappargli quel sorriso dalla faccia e calpestarlo fino a ridurlo in cenere!

Ebbi giusto il tempo di spostarmi di un passo, che sentii il velo di Desari sfiorarmi la mano. Mi passò accanto senza neanche guardarmi, in verità dubitavo che stesse guardando qualcosa in particolare. I suoi movimenti sembravano rigidi, era come se avesse voglia di finire tutto il prima possibile. Quando raggiunse l’altare, Kisuke le sollevò il velo dal viso e le carezzò una guancia col dorso della mano.
Solo lo sguardo fermo e lievemente minaccioso di mio padre mi impedì di scagliarmi contro quel maledetto per picchiarlo a sangue. Tornai a sedermi, stringendo i pugni fino a scalfirmi i palmi con le unghie.

Il prete che stava dietro l’altare, un uomo di mezz’età, iniziò con il rito nuziale. La sua voce era pacata e gentile, e in qualche modo mentre parlava di fede e speranza riuscì a calmarmi.
Fu allora che notai qualcosa stava cambiando.
Desari stringeva il bouquet un po’ troppo forte, il suo volto era incredibilmente pallido e tremava lievemente. Dal canto suo, Kisuke sembrava non farci minimamente caso e continuava a sorridere.

-Carissimi Kisuke e Desari, siete venuti davanti alla comunità perché la vostra decisione di unirvi in matrimonio sia simbolo della sorgente dell’amore fedele e inesauribile.- disse il sacerdote –Siete venuti a celebrare il matrimonio senza alcuna costrizione, in piena libertà e consapevoli del significato della vostra decisione?- chiese.

-Si.- rispose Kisuke.

Desari si limitò ad annuire.

-Siete disposti, seguendo la via del matrimonio, ad amarvi e onorari l’un l’altra per tutta la vita?-

Di nuovo risposero “si”.

-Siete disposti ad accogliere con amore i figli che concepirete ed educarli secondo le leggi della giustizia e della fede?-

Un altro “si”.

-Se dunque è vostra intenzione unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete di fronte alla comunità il vostro consenso e che l’amore che vi lega possa perdurare nel tempo.-

Kisuke porse la mano destra a Desari che, dopo un attimo di esitazione, la prese.

-Kisuke, vuoi tu accogliere Desari come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?- chiese ancora il sacerdote.

-Si, lo voglio.- rispose lui.

-Desari, vuoi tu accogliere Kisuke come tuo sposo, promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo per tutti i giorni della tua vita?-

Eccolo ,il momento che tutti stavamo aspettando. Dopo il suo consenso, Desari sarebbe appartenuta per sempre a lui. Non riuscivo a guardare e respiravo a fatica, così distolsi lo sguardo. Non volevo ricordarla come la moglie di Kisuke, no.
-Io…- disse lei -…io…-

-Non emozionarti cara, è quasi fatta.- la incoraggiò Kisuke.

Il “no” secco e quasi sconvolto riportò la mia attenzione su quello che stava succedendo sull’altare.
Desari aveva lasciato la mano di Kisuke e si guardava intorno, come se fosse spaesata.

-Dara, amore, che ti prende?- chiese Urahara allungando una mano verso di lei.

Lei indietreggiò, mettendo le mani avanti come per proteggersi –Stai lontano da me!- disse con voce tremante –Non toccarmi!-

Notai mio padre che, tra il brusìo incredulo dei presenti, sfoggiava un sorrisetto soddisfatto.
E allora fui certo che il suo farmaco aveva funzionato.
Mi alzai di scatto, uscii dalla fila di sedie e corsi sul tappeto rosso fino all’altare –Desari!- chiamai, allungando una mano nella sua direzione.

Lei si girò piano e, appena i suoi occhi incontrarono i miei, un meraviglioso sorriso si fece strada sulle sue labbra. Scese i gradini che ci separavano e prese la mia mano, portandosela al viso.

-Ci hai messo davvero un sacco di tempo, lo sai?- fu la prima cosa che mi disse.

-Sai com’è, adoro fare scena.- risposi attirandola a me e baciandola, suscitando mormorii concitati e il repentino aumento di reiatsu di Kisuke.

Desari sussultò e guardò verso l’altare con gli occhi sgranati. Anche se era umana, probabilmente aveva avvertito l’aura opprimente di Urahara e si era spaventata.

-Va bene, bei pupi, vediamo di farla finita!- disse Rain dal fondo della sala.

Ci girammo verso di lei e notai che non indossava più l’abito da sera, ma dei pantaloncini bianchi cortissimi che mettevano in bella mostra gambe sode e atletiche, una maglia smanicata a collo alto con la croce dei Quincy al centro e stivaletti bianchi e azzurri. Tra le mani stringeva un arco di reiatsu ed era pronta a scoccare una freccia.
Ma non era il suo abbigliamento quello che mi sconvolse.
Ciò che mi lasciò letteralmente a bocca aperta furono gli occhi di mio padre che percorrevano le gambe di Rain centimetro per centimetro, con una lentezza impressionante.

Sentii improvvisamente freddo al pensiero che mio padre potesse anche solo lontanamente provare attrazione sessuale per qualcuno, e non solo perché lei era la cugina di Desari.
Insomma, non era proprio un giovane uomo! Certo, le infermiere in ospedale lo idolatravano di nascosto come una specie di divinità, ma…insomma, che schifo!
La mia faccia fu certamente notata da Miss-Gambe-Lunghe che, con un sorriso tutt’altro che pudico, si girò verso mio padre e gli soffiò un bacio.

Non era per niente il momento per una scenetta del genere, ma dovetti ammettere che era proprio divertente!

Purtroppo quel momento di ilarità fu interrotto dalla presa di Desari sul mio braccio.
O meglio, dalla sua assenza.



***************************************************

Inizio col dire che sono TERRIBILMENTE spiacente per il ritardo e per la non-lunghezza di questo capitolo!
Purtroppo fra il trasloco a Roma causa università, lezioni dagli orari improponibili e stile di vita completamente rivoluzionato, ho avuto pochissimo tempo per scrivere e in generale per pensare a qualcosa di buono.
Mi dispiace se questo capitolo non è lungo, soddisfacente, ecc...mi dispiace davvero tanto. Purtroppo è un periodo di stress incredibile da cui spero di riprendermi al più presto.
Intanto sarò felice se vorrete recensire questo scempio xD
Grazie infinite a tutti voi che mi seguite, che mi supportate e aspettate con pazienza!
Siete fantastici <3
Un bacio e un abbraccio,
Nata dalla Tempesta.

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