Cambiare il destino

di La Kurapikina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Doppia personalità ***
Capitolo 3: *** Cosa mi sta succedendo? ***
Capitolo 4: *** Dormi, amore mio. ***
Capitolo 5: *** OH MIO DIO, COSA HO FATTO?? però è stato bello... ***
Capitolo 6: *** Benvenuto a Ftia signore di Smirne e mio padrone ***
Capitolo 7: *** Ti prego, dimmi che non mi stai mentendo... ***
Capitolo 8: *** Dimmi semplicemente la verità, piccolo. ***
Capitolo 9: *** Resta con me. Fidati di me, perchè ti amo. ***
Capitolo 10: *** Odisseo, sai che ho paura? ***
Capitolo 11: *** Via uno dentro l'altro! ***
Capitolo 12: *** Esiliati ***
Capitolo 13: *** Cambiare il destino ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“No… ancora cinque minuti!”

“Alzatevi, vostro zio vi attende!”

Aprii gli occhi di mala voglia dando una leggera spinta al servo che era venuto a svegliarmi, quindi mi alzai sbuffando: mi chiamo Achille, ho diciannove anni e sono un semidio invulnerabile figlio di Peleo e Teti.

Si, può sembrare una figata, ma credetemi, non è altro che una grandissima rottura di scatole, almeno per me.

Tutti mi vedono come un grande guerriero destinato a grandi imprese, un soldato senza macchia e senza paura, così non si accorgono della strizza tremenda che ho all’idea di affrontare il mio futuro… certo, come ogni Acheo desidero la gloria, ma questo non significa che la mia massima aspirazione sia quella di crepare su un campo di battaglia fra un paio d’anni!

Sfortunatamente, questo non lo posso dire a nessuno o verrei considerato un traviato, un eretico, una femminuccia e chissà che altro!

Come se non bastasse mio padre è morto quando io ero ancora un bambino in fasce e mia madre, in quanto ninfa dei mari, è sempre all’olimpo, quindi sono cresciuto sotto il controllo di mio zio, re di Ftia, che è giusto un tantino pazzo… minchia che sfiga!

Ecco, ora che mi sono presentato, sarà bene che mi muova a raggiungere mio zio prima che decida di farmi giustiziare per una mezz’oretta di ritardo… chissà poi perché pretenda che faccia sempre colazione con lui!

Uscii dalla mia stanza e mi avviai sbadigliando poco elegantemente verso la sala del trono, dove trovai mio zio, un omone burbero con occhietti infossati e cattivi, che stava mollemente adagiato sulla sua persona personale, grasso da far schifo.

“Achille! Finalmente!” esclamò quando mi vide entrare lanciandomi un’occhiata annoiata e io mi sforzai di sorridere rispettosamente, anche se credo mi venì più che altro una smorfia schifata.

“Siediti, svelto!”

Annuii e presi posto nella mia solita poltrona di fronte a lui, pronto a magiare il più velocemente possibile per andarmene da lì quando il portone alle mie spalle si aprì: un guerriero grosso quanto una montagna entrò e si avvicinò a mio zio annunciando orgoglioso: “Torniamo ora da Smirne, dove abbiamo acciuffato il criminale.”

Oh già, il criminale: mi ricordai benissimo di quel povero disgraziato, nobile di  Smirne che, in visita a Ftia, aveva osato dire che il suo servo era migliore dei nostri…

“Abbiamo provveduto a prelevare il suo schiavo e ve lo abbiamo portato, come volevate.”

Mio zio sorrise trionfante e io mi voltai verso il portone: un secondo guerriero, tale e quale al primo, solo che più vecchio, stava entrando trascinando con sé un ragazzo.

Doveva  avere qualche anno meno di me e mi ritrovai a fissarlo come un cretino: aveva lucidi capelli corvini, occhi grigi e dolci, ora spaventati, un nasino perfetto e rosee labbra sottili.

Il fisico magro era coperto a stento dai pochi stracci freddi che indossava e non potei a meno di notare che collo, braccia e gambe erano segnati da scuri lividi violacei.

Il guerriero lo fece inginocchiare ai piedi del re e per un attimo incrociai il suo sguardo, come quello di un cerbiatto spaventato, mentre mio zio gli parlava languidamente: “Ora capisco perché il tuo padrone ti teneva nascosto… devi essere figlio di Afrodite per portarti dietro tanta bellezza! Come ti chiami ragazzo?”

Lui abbassò lo sguardo, nascondendo gli occhi dietr0 una fitta cortina di capelli scuri, rispondendo in un sussurro: “Patroclo.”

E quel nome volò sulle ali del vento fino a me, insieme alla strana consapevolezza che quel ragazzo sarebbe stato al mio fianco molto più tempo di quello che credevo.

“E no…” ripreso con tono leggermente più deciso: “Non so chi siano i miei genitori, ma posso esser sicuro che non sono figlio di Afrodite.”

“Bene Patroclo.” Mio zio si alzò fermandosi in piedi davanti al ragazzo, una mano unta sulla sua testa: “Diamo pure inizio alla tua permanenza a Ftia.”

 

 

 

 

Ciao a tutti! E’ la prima ff che scrivo su questa coppia e spero vi piaccia… in ogni caso fatemi sapere cosa pensate di questo prologo^^

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Capitolo 2
*** Doppia personalità ***


Non sapevo cosa volesse fare, ma avevo una bruttissima sensazione: mio zio è… è…

Ancora prima di darmi il tempo di trovare l’aggettivo adatto per descriverlo vidi mio zio ghignare e far scivolare la mano sulla nuca del ragazzo, che si irrigidì, come se avesse già capito tutto; ormai aveva capito anch’io.

Bastò fare due conti sulle altezze di mio zio in piedi e del ragazzo in ginocchio e tenere in conto che il primo faceva schifo in tutto per tutto e il secondo era bellissimo.

Ancora prima di pensare mi alzai dalla sedia e corsi verso di loro, afferrando Patroclo per un braccio e tirandolo bruscamente indietro, fino a farlo scontrare con le mie gambe.

“Vattene subito.” Mi ringhiò mio zio, evidentemente seccato dal fatto che gli avessi tolto il suo giochino ancora prima che avesse iniziato ad usarlo; d’altro canto, io non avevo la minima intenzione di lasciargli fare certe cose, quindi ribattei d’istinto: “Lui viene con me.”

Assottigliò gli occhi e mi squadrò dall’alto in basso, soffiandomi contro un autorevole: “Non lascerò che te lo tenga tutto per te…”

Oh, dei! Ma cosa aveva capito quella cosa che si spacciava per persona! IO, al contrario SUO, ho ancora una reputazione da difendere e non sfrutterei mai un povero ragazzo per certi “bisogni” anatomici! E che cavolo, va bene tutto ma sono pur sempre un eroe (il migliore, ahimè!) greco!! Dovremmo difendere i più deboli, non farci…

Dovevo avere una faccia semi sconvolta perché sul viso flaccido di mio zio si allargò un sorrisetto malefico, uno di quello che lasciava intravedere i suo indimenticabili denti gialli e marci: “Non fare quella faccia da innocentino, nipote caro… chi non vorrebbe farsi un ragazzo simile? Tu non sei da meno, ovviamente…”

Sentii il servo, già nervosissimo, irrigidirsi maggiormente contro la mie gambe e, nonostante non mi conoscesse, sembrava fidarsi di me, tanto che non aveva lasciato il mio braccio, anzi, ci stava aggrappato con forza.

Eppure le parole di mio zio avrebbero dovuto spaventarlo, fargli dubitare di me… che ragazzo intelligente! Non era tipo da farsi fregare facilmente! SIIIIII!!!!!!!!!

Mi imposi mentalmente di smettere di fare il cretino, dopotutto non eravamo in una situazione propriamente “piacevole”, ma cosa ci posso fare se sono scemo fino al midollo? Mi hanno fatto così…

Ok, era venuta l’ora di riprendermi, quindi allontanai la parte isterica di me e tornai serio, preparandomi ad affrontare mio zio, che era tornato a guardare il ragazzo in preda ad uno sbavo improvviso… santi numi! Se non ce ne fossimo andati presto da lì gli sarebbe saltato addosso senza mezzi termini!

Alzai di peso il ragazzo e lo trascinai poco gentilmente verso la porta, deciso a portarlo via da lì, ma, come avevo immaginato, mio zio non sembrava molto contento di ciò: “Fermati subito!”

Non volevo farlo, ma fu più forte di me e mi fermai senza però voltarmi verso mio zio, che riprese: “Non metterti contro di me, ragazzo, non ti conviene.”

“Non…” dovetti fermarmi perché mi tremava la voce: “Non voglio che…” ero terrorizzato: sarò anche un semi immortale invulnerabile, ma la rabbia di mio zio aveva sempre avuto la strana capacita di farmi tremare la ginocchia; sapeva essere terribile, a volte, molto peggio di chiunque altro.

All’improvvisi mi sentii osservato ed alzai lentamente la testa, incontrando due dolci occhi grigi che mi osservavano con un misto di rassegnazione e malinconia, ma anche un po’ di comprensione.

Il ragazzo stava sorridendo leggermente, quindi strinse un attimo il mio braccio e si voltò verso mio zio: “Accetto di venire con voi ad una condizione: voglio che dopo non mi teniate nelle vostre stanze come soprammobile, ma che mi concediate il permesso di visitare la città in cui resterò.”

Mio zio lo studiò un attimo, come se pensasse, e annuì: evidentemente era disposto a dargli un po’ di libertà pur di averlo.

Io, invece, sgranai gli occhi come un cretino e fissai il ragazzo, che senza più guardarmi, lasciò il mio braccio e seguì docile il re, lasciandomi lì.

Era folle! Era completamente pazzo! Eppure una vocina insistente continuava a ripetere che lo aveva fatto solo per me… cosa che accresceva il mio senso di colpa. E che cavolo!

In ogni caso, era inutile star lì ad aspettare: conoscevo mio zio e sapevo che per certe cose si prendeva tutto il tempo necessario e anche più, quindi mi misi a vagare per Ftia, salutando tutti quelli che incontravo, nella speranza che il tempo passasse velocemente.

 

 

***

 

Ero seduto su un prato isolato, all’ombra di una pianta a me sconosciuta e di cui sinceramente non me ne fregava un bel niente quando lo vidi, finalmente, dopo più di ore, tanto che da colazione era quasi arrivata l’ora di pranzo.

Camminava a testa bassa cercando di nascondere gli occhi arrossati e il viso pallido e continuava a passarsi nervosamente una mano fra i capelli spettinati, mentre l’altro braccio era stretto sul corpo magro, cercando di ripararlo dal freddo.

Mi alzai chiamandolo per nome, ma quando mi vide si voltò e fece per andarsene, rapido; fortunatamente, i centinaia di allenamenti che avevo sostenuto fin da quando ero poco più di un bambino, mi permisero di essere più veloce di lui e riuscii a raggiungerlo, afferrandolo per un braccio.

Lui gemette per il dolore e, vedendolo più da vicino, vidi lividi verdini sulle sue spalle, braccia e collo che si aggiungevano e quelli che aveva già, senza contare il livido che gli cerchiava l’occhi sinistro: si vedevano che erano nuovi perché non erano ancora viola-neri come gli altri, ma presto lo sarebbero diventati.

Lasciai immediatamente il suo braccio fissando i miei occhi nei suoi, lucidi, e parlai a fatica: “Io… io… mi… non ci credo… lui… tu…”

Dovetti sembrargli un pazzo furioso, ma mi sorrise con dolcezza: “Voi non avete fatto proprio niente, è stata una mia scelta e, nonostante tutto, sono contento di averla presa. Almeno, uno di noi due ne è uscito incolume.”

Rimasi un attimo spiazzato dalla sua dolcezza, ma non feci in tempo a rispondere che lui riprese: “In ogni caso, vostro zio è uno schifoso porco maiale. Se solo non fossi un servo non se la sarebbe cavata così facilmente!” I suoi occhi ora brillavano di rabbia e indignazione mentre mimava il gesto di sbattere qualcosa (la testa di mio zio) contro un piano immaginario (il tavolo nella sala da pranzo).

La mia bocca si spalancò mentre osservavo quel ragazzo tanto dolce e timido gesticolare e infuriarsi e mimare di impiccare, infilzare, bruciare, congelare mio zio.

Beh ragazzi, che dire… wow! Quel ragazzo doveva avere una doppia personalità! Di sicuro era MOLTO vendicativo e per un attimo ringraziai gli dei che la sua posizione di servo gli impedisse di far a brandelli qualcuno, anche se mio zio se lo sarebbe proprio meritato.

“Comunqueeee!” Patroclo finì il suo sproloquio di torture con un sospiro e un sorriso rivolti esclusivamente a me: “Bene, voi siete Achille vero? Non vedo l’ora che diventiate re!!! Di sicuro sarete migliore di Lui! Altro che Ftia città di eroi, questo è un porto di cani e porci! Senza offesa, ovviamente.” Aggiunse portandosi una mano alla bocca.

Ero senza parole: fino a poche ore prima su quella dannata isola io ero l’unico e pensare che nella vita non esistesse solo la gloria e la morte in guerra, mentre in quel momento stavo parlando con il ragazzo più strano e simpatico che avessi mai incontrato: lui era diverso.

Lui non viveva in un mondo di eroi. Lui non temeva il giudizio degli altri. Lui non mi vedeva come un guerriero invincibile, nonostante avevo capito che la mia fama era arrivata fino alle sue orecchie.

Lui era…

“In caso non ve lo ricordiate, mi chiamo Patroclo.”

 


Ringrazio tutti quelli che leggo e recensiscono questa ff, soprattutto Iri:  sei riuscita a capire proprio qual'era il mio scopo! Scritti in stile epico i personaggi mi sembravano troppo freddi così ho cercato di riadattarli come ragazzi più moderni senza però cambiare la collocazione temporale, per questo ho messo OOC, anche perchè i miei personaggi sono molto diversi dagli originali!! Nonostante tutto spero che questa ff piaccia, anche se è fuori dal comune genere epico^^ Baci a tutti bella gente!

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Capitolo 3
*** Cosa mi sta succedendo? ***


Passeggiavamo silenziosi nelle viuzze più buie di Ftia, ognuno di nei perso nei propri pensieri, o almeno così credevo fin quando non sentii la risatina di Patroclo al mio fianco: “Voi parlate molto, vero?”

Lo guardai e capii dai suoi occhi furbi che mi stava fissando già da un po’, ma io non me ne ero accorto… finirò mai di fare la figura del cretino con lui?

“Qualcosa non va?” mi chiese con una nota preoccupata nella voce; ero stato io a chiedergli di fare una passeggiata con me perché avevo bisogno di schiarirmi le idee dopo quella mattina terribile passata in attesa e soprattutto perché non potevo supportare il pensiero che alcuni dei lividi scuri che gli chiazzavano il viso erano in parte colpa mia che non ero stato in grado di proteggerlo da mio zio.

“No, tranquillo, ma non darmi del voi per favore.”

“Come volete.” Stavo per dirgli che mi aveva dato ancora del voi, quando il corpicino esile di Patroclo fu scosso da un violento attacco di tosse, concluso con un elegante starnuto.

“Merda.” Commentò lui sfregandosi gli occhi, stanco: “Fa un freddo del diavolo… o santi numi! Speriamo che Ade non se la prenda con me!”

Lo fissai un attimo sbigottito, quindi scossi la testa e gli proposi di tornare al castello e trovare un modo per scaldarlo.

I suoi occhi si spensero all’improvviso e divennero di un grigio vuoto e triste, cosa che mi fece capire che dovevo aver detto qualcosa di sbagliato: “Non voglio tornare il castello. Vostro zio mi vuole nelle sue stanze fra un paio d’ore, come se non gli avessi già dato abbastanza…” tremò e si strinse le braccio intorno al corpo: era coperto solo da lividi e stracci, eppure era bellissimo in quelle condizioni; mi chiesi come doveva essere vestito decentemente e senza macchie violacee a scurire la sua pelle chiara e i suoi lineamenti sottili.

“Non ti lascerò tornare da lui.” Affermai deciso, ma sapevo già che avrei fallito nel mio intento: era così, non riuscivo a frenare il tremito che mi scuoteva al solo pensiero di contrariare mio zio.

Patroclo sorrise dolcemente come solo lui sapeva fare e sussurrò in modo che nessun altro potesse sentirci: “E’ normale avere paura… tutti abbiamo paura, tu non sei da meno. Ti sembrerò insolente, ma nonostante la tua reputazione non credo che tu sia perfetto ed invincibile… non preoccuparti per me, io me la cavo.”

Lo fissai, lo fissai a lungo con gli occhi sgranati non sapendo come reagire, come rispondere a quelle parole gentili: di solito tutti mi urlano di non fare la femminuccia, di combattere e di comportarmi da eroe, da guerriero mentre ora lui… mi stava proteggendo.

Mi stava difendendo da mio zio e dal mio panico… sembrava che il mondo si fosse capovolto e che Patroclo avesse assunto il mio ruolo, ma non mi sfuggì la piccola luce spaventata e triste che colorava i suoi grandi occhi grigi; reagii d’istinto e lo attirai a me, abbracciandolo stando attento a non stringerlo troppo (con tutti quei lividi non si sa mai) e mi limitai a bisbigliare al suo orecchio: “Mi hai dato del tu…”

“Non succederà più…”

“Io voglio che succeda…”

Patroclo ridacchiò appena e si strinse a me in cerca di calore, chiudendo gli occhi.

Rimanemmo così qualche istante, stretti l’uno all’altro, chiedendoci entrambi cosa ci stesse succedendo: ci conoscevamo da poco eppure facevamo già di tutto per stare il più vicini possibile.

Non mi ero mai sentito così… scombussolato: la pelle di Patroclo, i suoi neri capelli spettinati, le labbra sottili e gli occhi grandi grigi (parliamoci chiaro, tutto di lui) risvegliavano in me sensazioni che non credevo nemmeno di saper provare.

Ma questa volta non avevo intenzione di lasciare che quella cosa grassa e unta conosciuta anche come il re di Pella, alias mio zio, gli faccia di nuovo del male.

Nessuno dovrà più fargli del male. Perché lui è MIO.

Io per primo rimasi sorpreso da quei pensieri, ma nello stesso istante in cui il mio cervello collego la parola Patroclo e mio il cuore prese a battermi all’impazzata e Patroclo lo notò, tanto che disse: “Ti batte forte il cuore…”

Sussultai cercando inutilmente di non darlo a vedere, quindi mi allontanai di qualche centimetro da lui per poterlo guardare negli occhi e vidi così che stava sorridendo piano, timidamente e il ragazzo vendicativo era completamente scomparso, lasciando solo quello estremamente dolce e tenero.

“Dico sul serio Patroclo. Oggi tu non vai da mio zio, resti con me. Devi darti una ripulita e vestirsi decentemente e morirai di freddo. Poi ti porterò dal medico e ci assicuriamo che tu stia bene.” Sollevai una mano e la avvicinai al suo viso lentamente per dargli il tempo, se avesse voluto, di spostarsi, ma lui non lo fece, così gli spostai una ciocca scura e ribelle dagli occhi e gli carezzai la guancia.

Lui chiuse gli occhi e sospirò appoggiandosi maggiormente a me, lasciandosi abbracciare e cullare come un bambino spaventato.

“Ne sei sicuro?” mi chiede in fine, abbandonando definitivamente il voi ed io annuisco convinto, dicendo che mio zio nemmeno lo vedrà, che avrei pensato io a lui.

Non sapevo come, ma lo avrei fatto e non avrei lasciato quello schifoso maiale si avvicinasse ancora al mio piccolo Patroclo… dovevo affrontare la mia paura più grande, ma per lui avrei fatto questo ed altro.

Cercai di allontanare quei brutti pensieri per dedicarmi, ameno per due ore, solamente a Patroclo; lo presi per mano incurante di tutti quelli che ci stavano fissando confusi e sconcertati, portandolo con me a palazzo e nelle mie stanze.

Quando mi chiusi la porta alle spalle riuscivo a pensare una sola cosa: che mi sta succedendo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ringrazio tutti quelli che seguono questa ff e in special modo Iri… GRAZIEE!!!!! Spero di non deluderti^^.  Recensioni sono sempre gradite^^.       

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Capitolo 4
*** Dormi, amore mio. ***


“Belle stanze.” Commentò Patroclo una volta che la porta si chiuse alle nostre spalle: si guardava intorno con occhi sgranati, come se non si fosse mai trovato in un luogo simile. Almeno non da ospite.

“Le uniche volte in cui sono entrato in stanze simili…” cominciò infatti, ma io lo bloccai subito, con voce strozzata: “Non dirlo!”

Si voltò lentamente e mi fissò con espressione impassibile: non riuscivo a leggere nulla sul suo viso, così mi rimase solo sperare che non stesse prendendo per pazzo; non lo avrei sopportato.

In quel momento mi importava solo del suo parere e ciò che pensava di me doveva essere assolutamente positivo altrimenti… altrimenti cosa?

Cosa sarebbe successo altrimenti? Certo non sarei morto ma… se lui non mi avrebbe apprezzato una parte del mio cuore si che sarebbe morto.

Era così strano ma lui era l’unica cosa importante in quel momento. Mi sentii per un attimo stupido e debole: quello che provava per quel ragazzo mi stava rendendo vulnerabile, proprio come mi aveva ripetuto più volte mio zio.

“Non innamorarti mai, Achille! L’amore ci rende fragile e vulnerabili, l’amore ci confonde e ci rende schiavi! Tu non puoi essere fragile! Sei invulnerabile fisicamente, il mio compito è quello di renderti tale anche moralmente! Distruggerò i tuoi sentimenti e ti renderò invincibile, quindi non ti permetterò di innamorarti mai!”

Proprio così diceva e per diciannove anni ha veramente cercato di distruggere i miei sentimenti, ma con il tempo ho imparato un modo per resistere alle sue insistenze: quando mi allenavo svuotavo la mente, cancellavo tutto, così da sembrare veramente senza sentimenti perché in quei momenti ero solo un corpo vuoto in movimento, ma appena mi allontanavo tornavo ad essere me stesso, con le mie paure, le mie gioie e il mio amore.

Aveva funzionato, grazie al cielo…

Aspettate fermi tutti! Perché ho tirato fuori in discorso “amore” pensando a Patroclo????

Mi ritrovai a guardarlo e così scoprii che lui mi stava ancora fissando impassibile; arrossii come un cretino, ma non abbassai lo sguardo, deciso a conservare almeno un po’ della mia dignità guerriera: sono un sempre un Acheo, santi numi!

Finalmente il viso del ragazzo si addolcì: sorrise e mi si avvicinò lentamente, abbracciandomi e sussurrando un delicato grazie che mi fece sciogliere: potevo negare quanto volevo, ma si ero dannatamente innamorato di quell’angelo dalla doppia personalità che non conoscevo da nemmeno un giorno!

Come poteva essere successa a me una cosa simile? Io, invulnerabile soldato greco, innamorato di un servo che nemmeno conosco! Come ci si può innamorare di un ragazzo che si conosce da poche ore?

Eppure non riuscivo a dare altro nome se non “amore” al sentimento che mi faceva battere forte il cuore ogni volta che i nostri occhi si incrociavano o al calore che mi avvolgeva quando eravamo vicini, quando ci abbracciavamo… oh cielo, ero proprio cotto di lui!

“Il cuore ti batte di nuovo forte…” sussurrò Patroclo senza allontanarsi da me e io lo strinsi, affondando il viso nei suoi capelli scuri: profumavano di ciliegia.

“Come fai ad avere dei capelli così belli nonostante la tua condizione?”

“Sono un servo, come possono i miei capelli essere belli?” ridacchiò lui stringendosi maggiormente a me e quando gli dissi che profumavo di ciliegie lui rise maggiormente; aveva una risata gentile e cristallina, delicata proprio come la sua voce calda.

Ero messo proprio male, ma ogni istante che passava mi sentivo sempre più attratto da lui.

“Sei proprio bello.” Dissi infine senza riflettere e lo sentii rilassarsi fra le mie braccia.

“Quasi quanto te…” mi sussurrò facendomi arrossire nuovamente e dopo qualche altro secondo si allontanò stiracchiandosi come un gatto: “Ho un sonno che nemmeno ti immagini!”

“Dormi!” dissi io semplicemente indicandogli con il mento il mio letto: “Intanto io cercherò un modo per… beh, lo sai.”

I suoi occhi chiari si spalancarono e rispose immediatamente, come se quelle parole gli fossero state inculcate fin da bambino: “Sono un servo, non ho il diritto di dormire in un letto nobile!”

Schifosi bastardi razzisti! Perché tormentavano le menti dei servi con queste stronzate? Sapevo che mio zio contribuiva e far sentire i ceti sociali meno nobili e ricchi delle merde, quindi mi sentii in dovere di cercare di aiutare almeno Patroclo, come esponente della classe della servitù, a liberarsi la mente da quelle cazzate.

Lo spinsi con forza verso il mio letto, facendocelo sedere senza dargli il tempo di reagire: “Tu puoi dormire dove e quando vuoi, dimentica quelle stronzate! Non posso aiutare tutti i servi a smettere di sentirsi delle merde, ma posso aiutare te, almeno te, e lo farò. Quindi, dormi.” Lo spinsi nuovamente facendolo sdraiare, lo coprii con la mia coperta e mi chinai a baciargli una guancia; lui sospirò ringraziandomi e raggomitolandosi nel mio letto in cerca di calore e l’unica cosa che riuscii a fare fu ripetergli di dormire.

Avevo due ore per trovare un modo per liberare Patroclo da mio zio, ma avevo già un idea e per una volta i lividi di quell’angelo mi sarebbero tornati utili. Lo guardai dormire con un sorriso cretino stampato in faccia, perfezionando mentalmente il mio piano: doveva funzionare a tutti i costi, per il mio amore.

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! Ringrazio Pakometallaro e Lyla Osaki per le recensioni, siete molto gentili!!! Ringrazio anche chi segue in silenzio, ma ricordate tutti che un commentino è sempre gradito! ;) Ciaooooooo!!!!

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Capitolo 5
*** OH MIO DIO, COSA HO FATTO?? però è stato bello... ***


Lasciai Patroclo che dormiva e mi diressi velocemente verso le stanze di Antivo, il medico di Ftia: lo trovai intento a studiare dei fogli ingialliti e appena mi vide entrare si alzò: “Buongiorno principe… come mai siete qui? State male forse?” sembrava un po’ preoccupato, quindi mi affrettai a rassicurarlo.

“ E’ un mio… amico, si un mio amico, che è nei guai. Lui… lui sta male.” Non sapevo cosa dire ed ero in imbarazzo. Molto.

“Bene, portatemi da lui.” Fece pronto il medico e decisi che quello era sicuramente un buon metodo per affrontare la situazione: andare dritto al sodo. Solo sarebbe stato difficile spiegargli perché un servo dormiva nella mia stanza e perché lo consideravo mio amico.

Attraversammo in silenzio i corridoi fino ad arrivare davanti alla mia stanza, quindi presi un respiro profondo ed entrai, facendo segno ed Antivo di seguirmi.

Si bloccò di colpo vedendo il ragazzo esile e pallido steso sul mio letto che dormiva profondamente: “Oh signore, cosa gli è successo?” esclamò precipitandosi verso di lui ed inginocchiandosi ai piedi del letto.

“Mio zio gli è saltato addosso, come il suo vecchio padrone: è ricoperto di lividi e beh… sta male. Molto.” Mi avvicinai a mia volta al letto e mi chinai su Patroclo, scostandogli con delicatezza i capelli scuri dal viso e rimasi un attimo ad osservarlo incantato, quindi lo scossi con leggerezza per svegliarlo e lui sussultò violentemente, mettendosi seduto di scatto e guardandosi intorno preoccupato, con gli occhi ancora appannati dal sonno.

“Cosa succede? Dove sono?” sussurrò cercando i miei occhi con i suoi e quando li incrociammo sentii il cuore battere al’impazzata: avrei potuto star lì a fissarlo per ore, ma ora non potevo: prima di tutto dovevo tirarlo fuori dalla brutta situazione con mio zio, poi avrei fatto ciò che volevo. OH MIO DIO non pensate male! Volevo bene a Patroclo non avrei mai fatto qualcosa che potesse ferirlo. E nemmeno lo conoscevo.

“Sei un servo ragazzo?” chiese Antivo e lui annuì solo quando gli feci cenno che poteva fidarsi: “Non ho nemmeno bisogno di visitarti. Tu stai male e il re non si avvicinerà a te per almeno un mese… sei evidentemente sfinito, sia fisicamente che moralmente; parlerò io con il re e sono sicuro che riuscirò a convincerlo.”

Sorrisi e guardai riconoscente Antivo: sapevo del forte ascendente che aveva su mio zio e sapevo anche che se diceva una cosa la portava a termine; non gli interessava se fosse il re sarebbe stato capace di inventarsi di tutto pur di riuscire nel suo intento, infatti aggiunse: “Anzi, mi è venuta un’idea: che ne diceste se dicessi al re… che so… che il ragazzo è stato male in città e visitandolo ho scoperto che affetto da una malattia altamente contagiosa che potrebbe portarlo alla morte da un momento all’altro?”

Patroclo spalancò gli occhi non credendo alle sue orecchie: “Lo fareste veramente?

“Ragazzo, quando dico una cosa la faccio, quindi ora vado a parlare con il re. Cerca di riposare… a presto principe.” Detto ciò Antivo uscì silenzioso dalla mia stanza e si diresse a passo sicuro verso le stanze di mio zio: non si sarebbe tirato indietro per nulla al mondo. Lui si che era coraggioso, non io. Altro che eroe invulnerabile e semi divino!

“Sai, ho l’impressione che mio zio ti starà lontano per ben oltre un mese!” dissi con un sorriso idiota e il mio cuore rischiò di scoppiare quando Patroclo scoppiò a ridere lasciandosi cadere nuovamente sul mio letto: “Ho passato anni cercando un modo per tirarmi fuori da questo schifo di vita e poi arrivate tu e quel medico e in due ore scarse risolvete tutto! Oh mio dio è stato tutto così veloce che non ci ho capito niente! No, davvero, cos’è successo? Devo essermi perso un pezzo!” rise, rise a lungo, nascondendo il viso fra le mani, rise e pianse contemporaneamente, sommerso da quella gioia tanto improvvisa quanto inaspettata. Non so quanto tempo rise, ma so per certo che ad un certo punto si rimise a sedere e mi fissò con espressione strana. Strana, si, strana.

“Io sono un servo.” Sussurrò con voce stranamente bassa alzandosi e venendo verso di me; per un attimo fui tentato di indietreggiare, spaventato dal bruciore che invadeva il mio copro ogni volta che Patroclo mi era vicino, ma rimasi immobile deglutendo a vuoto.

“Devo avere sempre un padrone.” Riprese abbassando maggiormente la voce e fermandosi; eravamo vicinissimi… troppo: “Questo significa… che io sono tuo.”

Sussurrò le ultime parole direttamente al mio orecchio, quindi poggiò con delicatezza le labbra calde sul mio collo e si appiccicò completamente a me; davvero non riuscii a resistere: gli misi due dita sotto il mento e lo costrinsi a voltarsi verso di me, baciandolo con forza eppure stando sempre attento a non fargli male.

Patroclo rispose al mio bacio e si lasciò spingere verso il letto, dove lo feci sdraiare.

“Non ti farò male…”

“Lo so…”

 

*******

Quando mi svegliai fuori era buio e capii subito che doveva essere notte; la prima cosa che sentii fu una gamba nuda di Patroclo infilata fra le mie e il delicato peso della sua testa corvina sul mio petto.

Oh cazzo. Io nemmeno lo conosce decentemente quel servo! Perché ero così attratto da lui? Perché ero completamente cotto di un ragazzo che avevo incontrato solo quella mattina? Oh dei cosa mi era successo, COSA?????

Patroclo si mosse lentamente, spostandosi di poco sul mio petto e di nuovo il cuore cominciò a battermi all’impazzata, correndo tanto che avrebbe potuto vincere la Maratona. Inutile farsi domande non avevo la minima fottuta idea di come avessi fatto ad innamorarmi di quel ragazzo, ma era successo… semplicemente era successo e lui aveva ricambiato… beh, ragazzi, WOW!!!

Era la prima persona per cui mi sentivo così agitato, la prima che mi faceva andare in cuore a mille e che accendeva ogni cellula del mio corpo.

In quel momento Patroclo sbadiglio e si stiracchiò come un gatto e la sua fottuta gamba si mosse fra le mie… cazzo! Dovevo ricordarmi di respirare… respira, Achille, respira.

“E’ notte?” mi chiese e la sua voce, dio, la sua voce…

“Tutto bene?” chiese nuovamente sollevandosi un poco per potermi guardare in faccia e io gli sorrisi istintivamente: “Si, sto bene… e si, è notte.”

Patroclo si lasciò ricadere al mio fianco affondando nel cuscino e sbadigliò di nuovo: “Io di solito non faccio così…” aggiunse poi: “Non faccio la troia e non mi porto a letto uno che conosco da meno di un giorno… ma con te è diverso… cazzo, è tutto diverso: la tua pelle, i tuoi occhi… tutto di te mi fa impazzire… sono come ossessionato, ma non voglio che ti faccia un’idea sbagliata di me, capisci? Tu credi nei colpi di fulmine?”

“Ora si.” Risposi istintivamente sorridendo come un ebete e mi ritrovai a pensare che forse ora avrei potuto stare bene, finalmente. Ero libero.

Non avevo più paura per lui era con me. Perché lui era come me.

“Dormi ora.” Gli dissi circondandogli le spalle con un braccio e lui affondo il viso nel mio petto lasciandosi abbracciare e respirando a fondo: “Domani ti presento Ftia…”

Proprio non sapevo cosa ci aspettava. Godiamoci il momento e, tra parentesi, sono riuscito a rimanere serio per tutto questo tempo; devo stare proprio male! Oh santi numi che Antivo abbia portato sfiga??? Ci mancava solo quella per concludere in bellezza il circolo schifosamente sfigato della mia vita… bello. Mi presento: mi chiamo Achille, ho diciannove e sono un semi dio invulnerabile figlio di una ninfa del mare e di un eroe ormai morto, quindi vivo sotto il controllo di mio zio, pazzo, grasso, puzzolente, unto e beh… mio zio. Una vita terribile, direte voi, e invece vi sbagliate, perché ora c’è Patroclo. È una figata. Bella… mi piace ripresentarmi!! Dicevamo del rimanere serio?

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao… allora come vi sembra questo capitolo? Ringrazio Lyla Osaki per le suo bellissime recensioni e un grazie anche ai lettori silenziosi^^ J J nel prossimo capitolo si avrà una svolta e tornerà a farsi vedere il dolce Patroclo vendicativo e anche l’Achille un po’ folle che mi piace tanto, visto che ora sono stati tutti e due molto seri… le condizioni lo hanno reso obbligatorio ;) J Comunque nel prossimo capitolo ci sarà un po’ di movimento visto che gli ultimi due sono stati un po’… ORIZZONTALI! Ahahahah, ma cosa avete pensato, intendevo piatti!! Alla prossima, ciaooooooooo.  

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Capitolo 6
*** Benvenuto a Ftia signore di Smirne e mio padrone ***


“Svegliati!!!!”

“Porca troia!” mi misi a sedere di scatto, ma, essendo io sdraiato sul bordo del letto, caddi miseramente a terra trascinandomi dietro il lenzuolo di pregiata seta bianca, quindi mi guardai nervosamente intorno cercando di individuare il pazzo che aveva urlato in quel modo svegliandomi all’improvviso e i miei occhi si posarono niente meno che su Patroclo ancora a petto nudo, che si sbellicava dalle risate, sdraiato a terra: si teneva la pancia piatta con entrambe le mani ed aveva gli occhi chiusi; i capelli erano ancora bagnati e capii che doveva essersi lavato prima di svegliarmi. Problemi con il mio intuito? È solo un po’ scarso…

“Io ti uccido Patroclo!” gli urlai contro cercando invano di avere un tono duro, ma era tutto inutile: vederlo ridere era per me la più grande soddisfazione e gioia in quel momento, chi se ne importa se aveva appena pestato il culo a terra? È una questione di priorità!

“E’ stato bellissimo… oddio, sto per morire!” fece lui fra una risata e l’altra cercando di calmarsi e mettendosi e sedere: “Davvero Achille, fai morir dal ridere. Oddio, sto male…” aggiunse passandosi una mano sugli occhi lacrimanti, quindi si rialzò e fece per indossare la sua maglia, o straccio che dir si voglia, che ormai era più buchi che stoffa , ma lo fermai subito dicendogli che se foss4e uscito così si sarebbe sicuramente ammalato e nonostante lui cercasse di rassicurarmi dicendo che era abituato a combattere il freddo fin da quando era un bambino, non sentii ragioni, impuntandomi.

“E cosa faccio allora, vado in giro nudo?” sbottò non sapendo più cosa dire e mi lanciò un’occhiataccia quando i miei occhi brillarono di malizia.

“Nonostante trovi la tua idea interessante…” comincia alzandomi finalmente da terra e non riuscii e trattenere un sorriso sentendo Patroclo sbuffare alle mie spalle: “Credo che questi saranno più adatti.” Conclusi porgendogli una delle mie tuniche più calde e belle.

Ovviamente, Patroclo indietreggiò abbassando lo sguardo. Aspettate un po’, da dove viene questo “ovviamente”?? quand’è che è ovvio un comportamento simile? Va bene che non sono proprio il massimo dell’intelligenza, ma quel ragazzo proprio non lo capisco.

“Non posso.” Sussurrò imbarazzato, senza guardarmi e torcendosi le mani esili e pallide: “Davvero, non posso.”

Oh ecco, mo’ capisco! Si torna sempre alla convinzione di tutti i servi di essere le merde delle merde… non è giusto. Sono o non sono un guerriero Acheo? Ecco, è venuto il momento di mandare al diavolo la mentalità aristocratica che mio zio cerca di insegnarmi fin da quando sono bambino e fare qualcosa di veramente coraggioso: andare contro le convinzioni di tutti i potenti per aiutare i più deboli. Questo è essere veri eroi… caspiterina come sono saggio!!

Ok, lasciamo stare il mio sclero momentaneo e torniamo a concentrarci su Patroclo, che con quella faccina triste mi fa tanta di quella tenerezza…

Mi avvicinai a lui lentamente, incatenando i nostri sguardi e cercando di fargli capire con gli occhi tutto ciò che speravo di riuscirgli a dire anche a parole, quindi gli circondai la vita con un braccio, stringendolo delicatamente mentre con l’altro mano gli carezzavo il viso, indugiando appena qualche secondo in più sui lividi violacei: mi dispiaceva da morire per lui…

“Patroclo, guardami attentamente.” Sussurrai il più dolcemente possibile e lui obbedì istintivamente, sempre pronto a concedere il suo corpo, la sua anima… la sua vita a coloro che gli avevano insegnato a chiamare “padroni”. Bastardi.

“Io non sono il tuo signore: sono solo Achille. Sono tuo amico. Sono tuo più che amico e tu sei la persona che maggiormente amo in questo memento nonostante ci conosciamo solo da un giorno. Come devo fare per spiegarti che non sei mio servo? Non ho intenzione di sfruttarti in nessun modo, voglio solo poter stare con te… non sei inferiore a nessuno piccolo, anzi, sei di gran lunga migliore di tutti quelli che ti hanno detto il contrario.”

“Sono migliore di tutte le persone che conosco allora.” Sussurrò timidamente Patroclo con le lacrime agli occhi: “Tranne te, ovviamente.” Aggiunse quindi con un sorriso spento.

“Sono serio. Non lasciarti influenzare da tutte quelle stronzate che inculcano a quelli come te i bastardi come mio zio: gli uomini sono tutti uguali e solo gli dei ci sono superiori. La vita ha la stessa importanza, in ogni caso, sia che sia quella di un uomo aristocratico, di un servo, di un bambino di una donna… di una pianta! Sempre vita è. Mi hai capito bene? Ieri hai detto che devi sempre avere un padrone, quindi io sarò il tuo migliore padrone-amico-fidanzato…”

“Hai detto fidanzato?” Patroclo mi interruppe e mi fissò con occhi brillanti di gioia e speranza: aveva la stessa espressione di un bambino a cui si regala un nuovo giocattolo… o di uno schiavo liberato. O di un ragazzo solo che ha appena scoperto di avere un amico.

“Certo… non vado a letto con le persone a cui non tengo… che non amo.” Lo strinsi maggiormente e lo baciai con forza, dolcemente; lui mi lasciò fare con un sorriso stampato in faccia e si rilassò completamente fra le mie braccia.

“Achille…” sussurrò sulle mie labbra quando ci separammo senza allontanarci: “A parte il fatto che ovviamente ti amo anch’io, sono belli i tuoi vestiti?”

“Dei migliori, come te. Comunque, che dichiarazione sentita!”

Scoppiamo entrambi a ridere, divertiti. Forse stavo riuscendo ad aiutare almeno lui…

 

***

Pomodori. Tanti pomodori. Troppi pomodori… AIUTO!!!! E’ UN INVASIONE!

Ok, non pensate male, dopotutto sono stato serio fin troppo tempo! Ho bisogno di un sclero quotidiano o non sto bene!

In ogni caso, affinché voi poveri mortali capiate, è bene che vi dica che dopo aver gentilmente aiutato Patroclo a vestirsi e non pensate male perché ho detto GENTILMENTE, lo ho portato fuori dal castello per mostrargli Ftia, come gli avevo promesso ed ora siamo al mercato, dove ci sono TROPPI mercanti che cercano venderci pomodori!!!

Ammetto che in un primo momento tutti ci lanciavano occhiate incuriosite senza capire cosa ci facesse quello che fino ad un giorno prima credevano uno schiavo in mia compagnia a ridere e scherzare e soprattutto vestito con i miei abiti.

Patroclo era bellissimo, persino più di prima… peccato solo per quei lividi violacei che gli tappezzavano il viso e li avevo visti bene anche se tutto il suo corpo. Bastardi. Non vedevo l’ora che scomparissero… per non rivederli mai più. Comunque, mi ero ripromesso di farlo divertire, quindi ignoravo tutto e tutti per concentrarmi esclusivamente su di lui.

“Wow, non pensavo che Ftia fosse così… enorme!” esclamò in quel momento Patroclo ridendo e guardandosi intorno come un bambino che vede per la prima volta il mondo… ma quant’è tenero!!!!!!!!!!!!!!

“Ehi ragazzino!” lo chiamò un mercante e lui gli si avvicinò subito: “Non vuoi un bel pomodoro?”

Lui rise sotto lo sguardo attento dell’uomo, poi declinò gentilmente l’offerta, ma il mercante non si diede per vinto, dicendo che, forse, se la avesse mangiato insieme a lui in casa sua sarebbe stato migliore.

A quel punto tutta la gioiosa innocenza svanì immediatamente dagli occhi di Patroclo, che, dopo aver guardato intensamente male il mercante gli ringhiò contro: “Reprimi i tuoi istinti vecchio o ti soffoco con quel cazzo di pomodoro.”

L’uomo assottigliò gli occhi sbiancando per la frustrazione, quindi io afferrai subito Patroclo per un braccio trascinandolo in un luogo più appartato: “Lascia perdere certa gente, fa schifo.” Gli dissi subito, studiandolo preoccupato.

Quindi successe: il Patroclo vendicativo che avevo visto solo una volta tornò alla carica: “Vorrei tanto poterli castrare tutti quei bastardi! Nemmeno immagini quanto mi divertirei ad appendere tutti i loro fottutissimi cazzi uno in fila all’altro, farsi essiccare e poi farglieli mangiare. Sarebbe una vera e propria rivincita per me e per tutti i servi che sono nelle mie condizioni.” Ringhiò furioso, ma quando vide i miei occhi spalancati abbassò subito la testa, scusandosi timidamente.

“Davvero, tu hai una doppia personalità!” feci io abbracciandolo: “Ma questo tuo carattere forte ti ha permesso di sopravvivere fino a qui… solo, chi ti ha insegnato a parlare in questo modo a soli… quanti anni hai?”

“Diciassette.”

“Due anni più piccolino di me!”

“E comunque sono cose che impari quando vivi come me: gli schiavi sono sempre soggetti a prepotenze anche da chi non potrebbe permetterselo, quindi si impara presto a parlare così… ti devi difendere e spesso questo è l’unico modo per farlo.”

Lo baciai. Lo baciai senza un motivo evidente, ma sentivo che dovevo farlo e qualcosa mi diceva che anche lui lo voleva, infatti rispose subito al mio bacio.

“Ma guarda un po’.” Disse una voce dura e a me sconosciuta alle mie spalle, ma sentii Patroclo irrigidirsi subito fra le mie braccia, così lo strinsi, protettivo.

“Manchi da solo un giorno è già fai la troietta con gli altri. Proprio come mi aspettavo.”

Patroclo si voltò nel mio abbracciò per fronteggiare il nuovo venuto, incappucciato e nascosto nell’ombra: “Benvenuto a Ftia, signore di Smirne e mio padrone.” Disse quindi con voce fredda ed atona.

Ah, cavolo!

 

 

 

 

 

Ringrazio tutti e soprattutto Lyla Osaki e SexyAlien. Un bacio^^ JJ  

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Capitolo 7
*** Ti prego, dimmi che non mi stai mentendo... ***


“Benvenuto a Ftia, signore di Smirne e mio padrone.”

Dopo quella frase rimanemmo tutti in silenzio per qualche istante, circondati solo dalla penombra e dalla voce del mercato che giungeva ovattata in quel vicolo appartato; continuavo a stringere con forza Patroclo temendo che il nuovo venuto potesse portarmelo via. Non lo avrei mai permesso.

“Cosa fate qui?” riprese Patroclo freddo, come se di colpo non fosse più in grado di provare emozioni: “Da quello che ho capito, il re non vi gradisce.”

“E nemmeno il principe.” dissi io automaticamente e giuro che sentii il sorriso delicato del ragazzo moro e delicato che tenevo fra le braccia come se fosse una bambola di porcellana.

“Sei mio. Mi appartieni. Sono solo venuto a riprendere ciò che mi spetta di diritto.” mentre parlava l’uomo, ancora incappucciato per non farsi riconoscere da sguardi indiscreti, aveva iniziato ad avanzare verso di noi e mi irrigidii: che fare? Avrei voluto cacciare quello stronzo a calci nel sedere, ma la verità era semplicemente che non potevo: lui era un re, potente ed autonomo, mentre io non sono altro che un principino sottomesso allo zio. Decisamente poco glorioso, lo so, ma è così.

“Non appartengo a nessuno all’infuori di me stesso e degli dei.” ribatté secco Patroclo risvegliandomi dal mio monologo mentale e, nonostante cercasse di non farlo vedere, capii subito che era spaventato: si era stretto al mio petto fino quasi a diventare inscindibile di esso e stringeva entrambe le mie braccia come se fossero le uniche cose in grado di sorreggerlo. Tenero…

“Da quando sei diventato così arrogante ragazzino?”

Quando lui non rispose l’uomo ghignò e con un mossa rapida afferrò il MIO fidanzato-migliore amico (si, lo so che ci conosciamo solo da un giorno!) per un braccio e lo strattono con tanta forza da riuscire ad allontanarlo da me, quindi lo spinse a terra, ai suoi piedi, e lo costrinse a guardarlo afferrandolo violentemente per i capelli corvini: “Mi sembrava che avessi già chiarito la questione: sei un servo. Smetti da fare la principessina e comportati come tale.”

A quel punto scattai: quello rischiava di mandare a farsi fottere il mio lavoro per convincere Patroclo di valere qualcosa come persona!

Afferrai il mio angioletto per un braccio e lo feci rialzare attento a non fargli male, quindi affrontati quel re prepotente e grasso cercando di ignorare il fatto che mi ricordasse mio zio in modo inquietante: “Ti credi davvero così migliore di lui? a me sembra il contrario visto che per tirare avanti sei stato costretto a cercare LUI; hai bisogno dalla balia che ti canti la ninna nanna? Non ce la fai da solo?”

ancora prima che riuscissi a finire le frase il re di Smirne mi aveva già afferrato per le tunica e mi sbatté contro il muro talmente forte da stordirmi: “Attento a come parli ragazzo, non sfidare chi ti è superiore. E comunque non so quanto ti convenga fidarti di quella troietta: ti sta attaccato al culo fin quando gli serve, poi sparisce. Lo conosco, quello stronzetto. Ora, devo portare a termine un compito, ma tornerò a prendermelo e non sarai certo tu ad impedirmelo. Ogni cosa a suo tempo; goditelo finché puoi, Achille.” mi soffiò direttamente ad un orecchio, sibilando come un vero e proprio serpente velenoso, quindi, dopo avermi colpito con un pugno al viso, si allontano sparendo subito nella folla.

Merda, nonostante tutti i miei allenamenti fa sempre male quando cercano di spaccarti il naso a pugni! Sentii il sapore ferroso del sangue esplodermi in bocca e nello stesso momento Patroclo si inginocchiò tremendo a fianco a me, che mi ero lasciato scivolare lungo il muro umido e freddo, improvvisamente stanco.

“Oddio mi dispiace…” sussurrò lui: “Però sembri ancora tutto intero.” singhiozzò.

Aprii di scatto gli occhi e mi trovai davanti al suo viso dolce ricoperto di lividi ed ora rigato di lacrime: “Vieni qui.” Lo abbracciai stringendolo delicatamente: “Faceva così con te, vero? Non devi avere paura, abbiamo sistemato mio zio, non permetterò a quello stronzo di farti ancora del male… mi chiedo solo cosa debba fare prima di cercare di portarti via…”

“A te, ora, che ha fatto male.” fece lui in risposta con la testa poggiata alla mia spalla e non potei trattenere un sorriso.

“Piccolo scemo…” ridacchiai io annusando istintivamente i suoi capelli profumati di ciliegia: “Non devi preoccuparti per me: te l’ho detto, sono un semi dio invulnerabile, sopravvivrò ad un pugno! Sono io che devo essere preoccupato, amore bello, perché è te che quello vuole portare via.”

Patroclo alzò il viso e fissò i suoi occhi grigi nei miei e il tempo si fermò: i nostri sguardi erano incatenati, i nostri cuori battevano all’unisono e ogni minima cellula del nostro corpo fremeva per la vicinanza dell’altro.

Signore, era impossibile averlo così vicino senza sfasare completamente!

Dopo qualche secondo Patroclo alzò una mano sfiorandomi la guancia, cosa che mi fece chiudere istintivamente gli occhi senza un motivo apparente: piccoli brividi mi attrversarono la schiena mentre la sue dita delicate carezzavano la mia pelle come petali di rosa e fui costretto a respirare profondamente per schiarirmi la mente.

“Cosa c’è?” chiese lui in un sussurro talmente vicino da farmi sobbalzare: “Stai bene?” non aveva un tono preoccupato, ma consapevole: sapeva l’effetto che mi faceva.

“Patroclo.” dissi fissandolo con grande intensità: “Sei tutto ciò che amo.”

Non so perché dissi così, ma mi venne naturale; lui sorrise sporgendosi in avanti per baciarmi e nel momento stesso in cui la sua lingua si fece largo fra le mie labbra, calda, il sapore di sangue sparì immediatamente sostituita da piacere avvolgente.

Risposi subito al bacio cingendogli la vita con entrambe le braccia e facendo scontrare i nostri corpi con tanto impeto che per un attimo temetti di avergli fatto male, ma lui non sembrò risentirne baciandomi con più forza.

Non so quanto tempo rimanemmo così, stretti l’uno all’altro, ma quando ci separammo eravamo entrambi a corto di fiato e molto, MOLTO accaldati.

“Achille.” sussurrò lui sulle mie labbra: “Ho paura.”

“Di cosa?”

“Di amarti.”

“Perché?”

“Perché mi agita. E’ l’emozione più forte che io abbia mai provato. Mi stai cambiando la vita.”

“Tu la mia. E anch’io ho paura, ma ti amo.”

“Ti amo. E non temere, nessuno mi porterà via da te.”

 

 

***

Quando rientrammo al castello ci lasciammo cadere entrambi sul mio letto, sfiniti: forse per alcuni sarà una cavolata, ma quello che era successo quella mattina ci aveva terrorizzati entrambi. Il re di Smirne voleva portarsi via Patroclo e mi aveva preso a pugni. Ma ci amavamo, fan culo a tutte le nostre paure.

Appoggiò la testa sul mio petto raggomitolandosi come un gatto e io mi misi istintivamente a carezzargli i capelli color pece, quindi, senza un motivo preciso, dissi: “Sei importante piccolo. Molto. Nessuno deve mai riuscire a farti credere il contrario.”

“Sei stato bravo oggi. So che sei un semi dio invulnerabile, ma so anche che hai paura di tuo zio e so quanto il mio vecchio padrone te lo ricordi.”

Rimanemmo in silenzio e qualche minuto dopo eravamo già entrambi addormentati inconsapevoli del terribile destino che aleggiava sulle nostre giovani teste. Ci avvolgeva e lambiva e stringeva e soffocata ogni istante di più, ma noi non sapevamo nulla.

Almeno, non io.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scusate per questo capitolo corto e decisamente poco carino, ma questa scuola mi sta uccidendo e quando scrivo sono sempre molto stanca quindi non credo di farlo bene… fatemi sapere, perché se sono scritti male li tolgo e ci riprovo… Attendo le vacanza di Pasqua!!! Non vedo l’ora…

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Capitolo 8
*** Dimmi semplicemente la verità, piccolo. ***


Ero solo, in piedi in un prato di erba fresca e fissavo imbambolato come un cretino un mare di un blu talmente profondo da sembrare quasi nero. Ovviamente, sapevo di cosa si trattava: da quando sono un bambino mio madre, in quanto ninfa del mare, ogni volta che mi doveva dire qualcosa mi appariva in sogno sempre in quello stesso luogo.

Quando le notizie erano buone, il mare era di un azzurro limpido quasi più dei miei occhi ( si beh, un po’ di vanità non fa mai male), mentre quando le cose non andavano poi così tanto bene diventava quasi nero, come in quel momento.

“Madre?” chiamavo, avanzando di  qualche passo verso le riva ed ignorando la spiacevole sensazione che mi avvolgeva e lei, splendida, luminosa e nobile come sempre, si innalzava dalle acque scure per fermarsi proprio davanti a me, facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi mentre il sottile abito di seta bianca volteggiava per un’improvvisa brezza.

“Ben trovato, figlio.” sussurrava con un sorriso dolce: “Ciò che ti dirò ora non ti piacerà, ne sono sicuro.”

Ecco. Diretta come sempre, ma questa volta il suo sguardo era estremamente comprensivo e preoccupato, come se temesse che le brutte notizie di questa volta sarebbero state persino più brutte del solito per me.

“Non fermarti, madre. Parla con sincerità e tranquillità.” sentivo quelle parole scivolare dalle mie labbra con la solennità e la pacatezza che doveva dimostrare un guerriero del mio rango anche se in realtà la mia mente e il mio cuore, la mia anima, stava urlando a squarcia gola di scappare il prima possibile o di fare qualunque altra cosa pur di non continuare quel discorso. C’era qualcosa che non andava. Sentivo che quello sarebbe stato un duro colpo. Oh dei…

Il viso di mia madre si irrigidiva di colpo e la sua voce, prima dolce, diventava improvvisamente fredda e tagliente mentre sillabava quasi con cattiveria una sola parola,

un nome: “Patroclo.”

Il mio piccolo cuoricino da diciannovenne confuso perse un battito e giuro che sarei anche morire lì, così, se solo lei non avesse riprese con tono talmente antiapatico ed odioso da spingermi a stare attento: non era da mai madre, la dolce Teti, comportarsi così.

“Allontana da te quel ragazzo, subito, appena ti svegli. Dallo a tuo zio o lascia che il  re di Smirne lo porti via, non mi importa, ma non tenerlo con te. E’ pericoloso, molto più di quello che i suoi occhioni grigi lasciano vedere, e ti distruggerà. Per questo è qui, non c’è altra spiegazione. E’ SUO figlio, Achille, quindi le sue parole non sono altro che menzogne. Può fingere quanto vuole o negare o dire che lui è diverso… ma il male è troppo radicato nella sua anima per poterlo ignorare: ti sfrutterà, fingendo di amarti fino a quando gli farai comodo, poi ti tradirà spezzando il tuo cuore, infangando la tua gloria e portandosi via le ricchezze di Ftia, questo fanno quelli come lui. Ti ha già mentito, Achille, dicendo che non conosce i suoi genitori: lo sa fin troppo bene di chi è figlio, proprio come conosce il destino che aleggia sulla sua testa, tragica fine in cui sta egoisticamente coinvolgendo anche te rimanendoti vicino. Chiedilo a lui, se non mi credi!”

Prima ancora di trovare il tempo di rispondere, sempre se avessi ritrovato la capacità di parlare, il paesaggio intorno a me sfumò rapidamente e l’ultima cosa che vedevo in un nero troppo profondo fu il viso severo di mia madre che mi spronava ancora ad ubbidire alla sue parole. Poi, il nulla.

 

***

Mi sveglia di colpo, sudato e tremate come se avessi appena affrontato la battaglia più terribile della mia vita e solo dopo qualche istante di completo stordimento mi resi conto di due cose importanti: primo, stavo piangendo; secondo, ero solo.

Scattai subito in piedi scoprendo così di essere vestito e solo in quel momento le cose cominciarono a raggiungere il loro posto nella mia mente: dopo essere tornati dal mercato dove avevamo incontrato quel buon uomo del re di Smirne io e Patroclo ci eravamo addormentati e io avevo fatto quel brutto sogno. Era buio fuori, quindi doveva essere notte anche perché non sentivo nessuna voce. Dove diavolo era finito quel ragazzino irresponsabile? Dovevo assolutamente parlargli, almeno per farmi dire la verità e chiarire le parole di mia madre. Poi, cosa avrei fatto? Lo avrei cacciato? Ne avrei veramente avuto la forza? E soprattutto, quel dolce angioletto dagli occhi grigi se lo meritava? O forse mia madre aveva esagerato? Non potevo credere che lui mi avesse mentito… ma infondo, lo conoscevo solo da un giorno e non avevo esitato a cadere ai suo piedi…

Scuotendo la testa per allontanare tutte quelle domande mi affrettai verso la porta senza neanche sapere dove lo avrei cercato, quando lo sguardo mi cadde su un foglietto lasciato sul mio comodino e lo afferrai subito senza riflettere tornando alla finestra per poter leggere alle luce della luna: “ Achille, nemmeno immagini quanto mi costi questo gesto, ma non c’è altro che io possa fare per il bene di entrambi: io porto solo problemi e non voglio coinvolgerti in una storia che da troppo tempo cerca di opprimermi. Dove andrò, ciò che farò ancora mi è sconosciuto, ma non temere per me, sono uno che se la cava… Così questo è un addio. Non odiarmi per averti mentito, l’ho fatto per… non so perché l’ho fatto, ma d’ora in poi non sarò più un tuo problema. Sono stati i due giorni migliori della mia vita, non li scorderò mai, così come terrò sempre te nel mio cuore; grazie per tutto ciò che hai fatto. Grazie per esserci stato. Con amore,

Patroclo.”

Neanche a dirlo, calde lacrime ricominciarono subito a rigarmi le guancie, che in quel momento dovevano essere di un pallore spettrale; sfiorai con delicatezza le SUE parole e il messaggio sfumò: l’inchiostro era fresca, ma proprio MOLTO fresco… non poteva essere lontano, anzi, tenendo conto che era notte molto probabilmente non aveva ancora lasciato Ftia.

Mi fiondai fuori dalla mia stanza correndo come se da quello dipendesse la mia vita, cosa che da un lato era anche vera, e in meno di un secondo raggiunsi le scuderie: lui non c’era.

Ma certo che non c’era! Non aveva un cavallo da prendere e non era un ladro. Oddio, non era un ladro vero?

“Dove vorresti andare tutto solo ragazzino?” Quella voce mi bloccò di colpo: era il vecchio mercante di pomodori che aveva avvicinato Patroclo e a cui lui aveva risposto in modo non troppo gentile.

“Spostati.” Eccolo. Le loro voci erano subito fuori le scuderie, vicino alle mura di Ftia. Che fare? Agire, ovviamente.

Prima che il minimo di buon senso che mi era rimasto potesse suggerirmi di fermarmi almeno due secondi a riflettere, mi fiondai alle mura e trovai il mercante che bloccava il passaggio a Patroclo, che aveva di nuovo indossato i suoi “vestiti”. Se non ci avesse pensato l’uomo, sarebbe sicuramente morto di freddo.

“Sparisci.” il tono della mia voce sorprese me per primo per quanto fosse duro e pericoloso.

Il mercante sbiancò sussurrando il mio nome, ma non appena incrociò il mio sguardo furioso svanì manco fosse stato invisibile.

“Domani” pensai: “Domani lo caccio definitivamente da qui.”

Quindi mi volsi verso Patroclo che mi stava fissando con gli occhi spalancati e le labbra tremanti.

“Volevi andartene così?” Non volevo fare l’antipatico con lui ma ero proprio arrabbiato, soprattutto per la strizza che mi aveva messo il sogno con messaggio finale.

“Io…” tentò lui, ma abbassò subito dopo lo sguardo non sapendo cosa dire.

A quel punto, per un motivo a me ancora sconosciuto, mi incazzai proprio per davvero e scattai, raggiungendolo con due soli passi, quindi lo afferrai violentemente per un braccio, lo trascinai fino alle scuderie e lo sbattei violentemente contro la parete nascosta dagli alberi; nessuno lì ci avrebbe visto.

“Nemmeno riesci a giustificarti!?” sibilai minaccioso stringendo maggiormente il suo braccio e torcendoglielo: “Mostra almeno di sapere ciò che fai.”

Strinsi ancora, pentendomi subito dopo: lei sue ossa scricchiolarono in modo sinistro e terribile, mentre il bel ragazzo moro che avevo di fronte soffocò a stento un grido, piegandosi in avanti per il dolore; lo lasciai andare subito e lui cadde in ginocchio piangendo.

Cosa cazzo stavo facendo? Dopo tutto ciò che gli aveva detto sul fatto che lui era importante, che nessuno doveva permettersi di fargli del male, ero io il primo a picchiarlo?

Quel pensiero mi colpì e rimasi senza fiato, come quando ero bambino e mio zio mi prendeva a schiaffi: perché? Perché lo avevo trattato così?

Perché avevo avuto una paura terribile di perderlo.

Mi inginocchiai davanti a lui ignorando il fatto che stavo piangendo ANCORA e lo abbracciai a lungo lasciando che piangesse in silenzio.

“Ti prego, lasciami andare.” sussurrò dopo un’eternità Patroclo, allontanandosi quel che bastava per guardarmi in faccia: “Lo faccio anche per il tuo bene…”

“No.” risposi deciso e senza più alcuna rabbia, solo comprensione: “No piccolo: dimmi la verità. Qualunque sia. E’ l’unica cosa che ti chiedo.”

“Non voglio coinvolgerti…”

“Sono coinvolto dal momento in cui le guardi di hanno portato davanti a mio zio.”

“La verità può far male…”

“Non la temo.”

Con un sospiro e quattro semplici parole iniziò il discorso che mi avrebbe cambiato la vita. Che l’avrebbe fatto esplodere.

“Sono figlio di Ade.”

Ah, cavolo!

 

 

 

 

 

 

Un grazie a tutti quelli che seguono questa ff e soprattutto a Sick/ Lylia Osaki che con le sue recensioni riesce sempre a farmi sorridere. A presto!!!

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Capitolo 9
*** Resta con me. Fidati di me, perchè ti amo. ***


“Sono figlio di Ade.”

Ah, cavolo!

Non so ben dire l’effetto che mi fecero quelle parole, ma ricordo perfettamente che dovetti sforzarmi per reprimere l’istinto di allontanarmi da lui, sconvolto: allora era questo a cui si riferiva mia madre dicendo che il male era troppo radicato in lui per poterlo ignorare…

Cavolo, io sarò anche figlio di una ninfa del mare, ma lui era strettamente imparentato con il dio degli Inferì, dell’Aldilà! Quel dio era potente e nobile, ma… terribile! Diverse leggende narrano dei tentativi di Ade di impossessarsi anche del mondo dei vivi, sfidando sua sorella Atene e lo stesso Zeus, cercando di portare ovunque le tenebre.

Era malvagio, il male allo stato puro… come poteva quell’angioletto dagli occhi grigi essere figlio di Ade.

Ah, cavolo! ora che ci penso anche il suo adorabile paparino era rappresentato sempre con gli occhi grigi!

“So che ora mi odierai…” la voce di Patroclo mi risvegliò dal mio sproloquio e mi accorsi di essere riuscito veramente a non allontanarmi da lui anche se mi ero notevolmente irrigidito.

Cercai di rilassarmi, ripetendomi mentalmente che dovevo fidarmi di lui, quindi riuscii a sussurrare con un tono dolce che proprio non so che feci a trovare in quel momento: “Non ti odio, anzi… cavolo, Ade è un dio, me se lui è malvagio non significa che lo sia anche tu! Non devi preoccuparti, va’ avanti.”

Lui si strinse maggiormente a me e riprese con tono pieno di preoccupazione e gratitudine contemporaneamente: “Mia madre era…”

Si bloccò e lo strinsi per dargli coraggio, ma quando lui riprese, finalmente, dopo un attimo d’indecisione, sarebbe veramente servito a me qualcuno che mi desse coraggio: “Mia madre era una prostituta morta; Ade violentò la sua anima e la tenne parzialmente in una strana vita fino a quando non nacqui io. A quel punto uccise lei e diede vita a me con la sua perduta… in pratica, è come se l’ho uccisa io, nascendo. Sono un assassino fin da quando sono un neonato e mio padre non ha mai mancato di rinfacciarmelo tutte le volte  che per un motivo o per l’altro ci scontravamo o io cercavo di disobbedirgli: lui vorrebbe che io lo aiutassi ad ingrandire il suo regno, venendo sulla terra e uccidendo gli uomini. Ho sempre avuto libero accesso al mondo dei morti… forse perché parte del mio cuore è già morta… Ade vorrebbe anche che io sfruttassi i nobili come te, li usassi e prendessi poi le loro ricchezze, uccidendoli se ho voglia. Fino a quindici anni… l’ho fatto. Ho seguito la sua volontà; due anni fa, poi, mi sono ribellato perché proprio non ce la facevo più e lui, dopo qualche giorno passato a frustarmi e picchiarmi, mi ha lasciato andare senza un motivo evidente. L’unica cosa che mi ha urlato, prima che uscissi dal suo regno, è stata che ovunque io vada, qualunque cosa io faccia lui avrà sempre il controllo sulla mia vita e quando vorrà tornerà a prendermi.

Credo che in realtà stia aspettando che sia a tornare da lui, disperato, capendo che quello è l’unico modo in cui posso vivere… che sono come lui.

In ogni caso, nemmeno un mese dopo che me ne sono andato il re di Smirne mi a preso come suo schiavo e troietta… il resto della storia la sai. Mio padre sta ancora aspettando il mio ritorno perché è convinto che prima o poi lo farò… ma io sento sempre il suo fiato di morte pressante sul collo; per questo non voglio coinvolgerti nella mia vita: quando verrà a riprendermi ti ucciderà o forse sarò io stesso a farlo perdendo quel minimo di buon senso che mi rimane! Il re di Smirne non sa la mia storia, ma sente che intorno a me gravita qualcosa di sbagliato e nemmeno lui esita e rinfacciarmelo… sta’ lontano da ma Achille o troverai solo guai. So che sei forte, ma non mi fido di me stesso; Zeus solo sa cosa potrei fare se il male di mio padre si risvegliasse in me!”

“Ti fidi troppo poco di te stesso, ma io invece mi fido molto di te.” quelle parole, che sfuggirono dalle mie labbra munite di vita propria, sorpresero me per primo: cavolo, mi aveva appena raccontato una storia che mi aveva messo una strizza tremenda! Aveva ragione mia madre a dubitare di lui, Patroclo stesso sentiva il male nella sua anima. Anch’io avrei potuto sentirla, vederla, ma ciò che aveva attirato la mia attenzione era l’estrema bontà di cui era capace; certo, aveva una doppia personalità e sbalzi d’umore, ma anche se può sembrare non sono un cretino totale e ho fatto talmente tanti allenamenti che non sono proprio il tipo che li lascia fregare così facilmente.  Avrei badato io a lui, mi sarei assicurato che suo padre lo lasciasse stare, non sapevo come  ma lo avrei fatto.

Quando glielo dissi gli occhi di Patroclo brillarono, ma rimase in silenzio, quindi aggiunsi: “Io mi fido di te e di me; non mi lascerò fregare e se vedrò che in te si sveglierà qualcosa di sbagliato te lo dirò. Ti fermerò. Se il Patroclo dolce che amo sparirà del tutto ti fermerò, anche se soffrirò terribilmente, ma ora tu sei tu, sei il mio angioletto preferito! Te ne sei andato e non te ne sei pentito perché sei diverso da tuo padre! E’ un fottutissimo stronzo, e speriamo che non mi fulmini sul momento!”

Per quanto incredibile, riuscii a farlo ridere; sapevo che aveva bisogno di quello: essere rassicurato e sentirsi dire che se fosse impazzito lo avrei fermato. Non voleva fare male a nessuno e quella era la sua paura più grande.

“Non credo che mia madre volesse che facessi questo, ma se ne farà una ragione…”

“Cosa?”

Sorriso e iniziai a raccontargli del mio sogno e nel frattempo lo ricondussi al castello; ci ritrovammo pochi minuti dopo nella mi stanza e dall’occhiata che mi lanciò capii che quasi non se ne era accorto: “Non ti lascerò andare mai, non ti libererai tanto facilmente di me!” disse ridendo e abbracciandolo; all’improvviso mio zio mi sembrava un agnellino ed era diventato decisamente l’ultimo dei miei problemi.

“Domani caccerai quel mercante?”

Lo guardai male e lui spiegò con un sbuffo che aveva visto nei miei occhi quella decisione.

“Che cavolo, per un attimo ho creduto che mi leggessi nel pensiero!”

Rise di nuovo e si strinse a me come il più adorabile cucciolo che avessi mai visto: “Come fai ad essere così tenero?” chiesi d’istinto sentendomi arrossire subito dopo e ciò che lui rispose non contribuì affatto a rallentare il mio cuoricino pazzerello e a continuo rischio d’infarto:“Esattamente come fai tu.”

Quando tornammo a dormire (pochi minuti dopo, non pensate male, a quello ci penso già io!) non riuscii a prendere sonno, mentre lui si addormentò quasi prima di toccare il cuscino, sempre stretto a me come se fossi l’unica persona in grado di salvarlo. Forse perché in quel momento ERO l’unica persona in grado di salvarlo…

Passai il resto della notte a guardarlo con un sorriso ebete sulle labbra, sentendomi sempre più cretino e sempre più innamorato di lui… ero riuscito a farlo tornare e non lo avrei più lasciato andare, nonostante tutto ciò che aveva detto mia madre e che lui stesso aveva ammesso.

E pensare che fino a pochi giorni prima il mio problema più grande era la strizza che mi metteva mio zio… anche se quella non era ancora passata, in effetti…

E così mi ero VOLONTARIAMENTE messo contro Ade, mio zio, il re di Smirne, ADE!!!! Ok, sono pazzo del tutto non c’è altra spiegazione…

Rimasi fermo a fissarlo sfiorando poche volte i lividi violacei che rovinavano il suo bel viso desiderando nuovamente che sparissero il prima possibile e carezzando regolarmente i suo capelli color pece, studiando i suoi bei occhi grigi nascosti dalle palpebre chiare. Sarebbe sempre rimasto bellissimo.

Mandai mentalmente al diavolo mio zio, il re di Smirne, mia madre e persino Ade: volevo solo poter rimanere con lui, con il mio Patroclo, senza che tutta quella gente continuasse ad ostacolarci.

Attesi l’alba immerso in quei pensieri e scosso dalla paura che qualcuno riuscisse a separarci… temendo che lo stesso Patroclo perdesse veramente il controllo, come lui credeva, e si allontanasse da me. Ma ormai lo aveva detto e lo avrei fatto: se fosse successo lo avrei fermato.

Si, mi ero imbarco su una nave che sembrava destinata ad affondare, ma avrei fatto di tutto per evitare che accadesse nonostante tutto e tutti erano contro di noi. Al diavolo tutto e tutti, lui aveva me e io avevo lui, per ora questo ci bastava.

Lo strinsi maggiormente a me stando attento a non svegliarlo, quindi mi limitai ad attendere il giorno: per ora, non potevo fare nulla.

Ma la situazione non avrebbe tardato a cambiare dandomi un sacco di cose da fare. Troppe, forse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi! Spero che questo capitolo vi piaccia! Che ne pensate dell’adorabile famigliola di Patroclo?? Ringrazio soprattutto Sick e Cimotea per le vostre splendide recensioni, siete gentilissime! Grazie anche a tutti quelli che leggono silenziosamente! Un bacio, a presto…

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Capitolo 10
*** Odisseo, sai che ho paura? ***


Qualcuno stava bussando alla porta… e il sole era appena sorto.

Ma chi era quel pazzo che bussava alla mia porta all’alba?? Credevo fosse di dominio pubblico il fatto che dormo fino a mattino inoltrato!

In ogni caso ero sveglio (MIRACOLO!), ma solo perché non avevo chiuso occhio tutta notte pensando alla storia di Patroclo.

Patroclo.

Mi voltai e lo trovai, fortunatamente ancora lì, al mio fianco, sveglissimo che fissava con aria preoccupata la porta e, non appena la voce di un paggio urlò dall’esterno che avevo una visita importante, scattò in piedi e si fiondo giù dal mio letto sparendo subito dopo nel bagno.

Ok, era impazzito. Feci per richiamarlo, quando la porta si spalancò ed entrò niente meno che mio zio. Ok, aveva decisamente fatto bene a sparire o lui lo avrebbe, CI avrebbe uccisi sul colpo scoprendo che l’avevamo ingannato.

“Avevo chiesto di aspettare che fosse il ragazzo ad aprire.” disse una voce alle spalle di quella cosa conosciuta anche come attuale re di Ftia e io mi gelai sul posto: Odisseo. E la sua presenza in camera mia significava solo una cosa: guerra. E io, ovviamente, avrei dovuto combatterla anche se non c’entravo. Ho già detto che la mia più grande aspirazione non è morire infilzato su un campo di battaglia? Ecco, per Odisseo invece quello era il sogno di una vita. Ok, è bello avere gloria e onore, ma cosa te ne fai se sei nell’oltretomba? A quel pensiero rabbrividii: se fossi morto sarei finito nel regno del paparino di Patroclo… e lo aveva volontariamente sfidato. Ah, cavolo! Nemmeno la mia permanenza agli inferi sarebbe stata piacevole!

“Buongiorno, Odisseo.” dissi comunque, alzandomi velocemente dal letto e cercando di ragionare lucidamente: “A cosa devo il piacere di questa visita?” avevo un sorrisetto tirato e sapevo di avere la stessa espressione di uno che è appena stato preso a sberle.

“Sempre a dormire! Quante volte ti devo dire che non puoi buttare via la mattinata dormendo?” sbottò mio zio e io avrei tanto voluto rispondergli che non prendevo ordini da nessuno, figurarsi da un coglione come lui, ma, come al solito, le parole mi morirono in gola.

Perché? Non avevo paura di combattere ed avevo affrontato la morte fin  da quando era ancora un ragazzino che pesa meno della spada! Eppure lui… aveva uno strano potere su di me. Mi terrorizzava. Mi aveva in pugno e io ballavo il suo disgustoso ritmo come una stupida marionetta, questa è la verità.

“Credo che il ragazzo si meriti riposo, dopo tutti gli allenamenti a cui si sottopone…”

“Allenamenti a cui ieri non si è nemmeno presentato!”

Ah, cavolo! Ero talmente preso da Patroclo che me ne ero completamente dimenticato!

“Ho avuto da fare…” sussurrai cercando, invano, di non arrossire. Non era nemmeno una bugia!

“Ne sono sicuro.” intervenne Odisseo con un sorriso comprensivo ed infinitamente ingannatore, precedendo e bloccando così la sfilza di insulti che mio zio si stava preparando a lanciarmi contro: “Quanto anni hai, Achille?”

“Diciannove.” risposi subito, contento di poter escludere mio zio dal discorso.

“Sei giovane… e forte. Proprio ciò di cui abbiamo bisogno.” riprese il re di Itaca avvicinandosi a me di qualche passo e poggiandomi una mano sulla spalla: “Il principe troiano Paride ha rapido Elena, la bella sposa di Menelao: è giusto che i greci, uniti sotto la guida di Agamennone, vadano a Troia per vendicare quest’offesa e per farlo abbiamo bisogno dei migliori. E tu sei decisamente fra questi.” Sorrise ancora, più viscido di un serpente.

“Agamennone.” risposi io con tono duro allontanando bruscamente la sua mano: “Lo conosco e non credo proprio che faccia tutto questo per il fratello: vuole solo il potere. Non prendo ordini da uno stronzo simile.” Chissà perché ma quando lo dissi mi venne da guardare mio zio, che stava avvampando: “Non sei un uomo!” sbottò infatti: “Un troiano ci ha insultati.”

“Non ha offeso me il principe Paride. No  ho nulla a che fare con questa storia.” Ok, ora mi avrebbe ammazzato.

Fortunatamente Odisseo arrivò nuovamente in mio soccorso impedendo così a mio zio di fare il mio bel corpicino a pezzetti: “Hai carattere, giovane principe di Ftia!” rise: “Anche questa è una buona virtù! Questa guerra non sarà mai dimenticata, Achille. So che non desideri morire, ma sei un Acheo quindi è ovvio che la gloria fa presa anche sul tuo cuore: se verrai con noi a Troia il tuo nome vivrà per sempre.”

Per sempre… perché quelle parole mi piacevano così tanto?

“Nessuno ti dimenticherà mai e Achille vivrà all’infinito. Il tuo nome, la tua fama sarà immortale. Al pari degli dei… Fa’ la tua scelta, giovane principe di Ftia, ma ricorda questo: La guerra di Troia sarà ricordata da tutti, per sempre, e con essa anche coloro che la combatteranno.” Detto ciò, quel furfante astuto di Odisseo se ne andò con mio zio e io rimasi solo.

Conoscevo il re di Itaca e i suoi trucchi, ma anche questa volta era riuscito ad ingannarmi: aveva fatto presa sul mio cuore.

Non volevo morire, ma la gloria… quella si che la desideravo, e molto.

Le gambe mi cedettero improvvisamente e mi inginocchiai  a terra, sconvolto dai desideri contrastanti che infuriavano nel mio cuore e piansi: ero solo, chi poteva vedermi?

“Achille.” sobbalzai sentendo quella voce e quelle mani posarsi sulle mie braccia: “Stai bene?”

Che scemo ero stato! Io NON ero solo! LUI c’era.

Mi alzai, allontanandolo subito e cercando di metterlo a fuoco attraverso il velo di lacrime: lui era lì, di fronte a me, che mi fissava con i suoi occhi dolci ora preoccupati.

Perché lo avevo allontanato? Perché io dovrei esser un eroe, diavolo! Un Acheo invulnerabile e orgoglioso! Che diritto aveva lui di vedermi in quello stato?

“Non ti fidi di me?” quelle parole, sussurrate, mandarono in frantumi la mia rabbia crescente e non potei fare altro che abbassare lo sguardo e scusarmi.

Che cretino! Importava che fossi un guerriero in quel momento? No, certo che no: a lui non gliene fregava niente, perché Patroclo mi vedeva solo come un ragazzo. Solo come Achille. Lui mi amava per come ero, non per chi  ero.

Allungai le braccia in cerca del suo corpo da stringere e lui non tardò ad accontentarmi: lo abbraccia forte, tenendolo stretto a me come se temessi di vederlo sparire da un momento all’altro per la mia intelligenza in ripida diminuzione.

“Ho paura… desidero cose troppo contrastanti.” ammisi senza lasciarlo andare.

“E’ normale avere paura… tutti ne abbiamo! Anche questo ci rende uomini Achille, nonostante ciò che dice tuo zio. Phobos… non a caso è un dio: siamo PERSONO, mio Achille, e in quanto tali i nostri stessi sentimenti possono sconvolgerci.

Ciò che desideriamo non sempre è razionale…”

Rimasi qualche istante immobile, poi un sorriso si aprì sulle mia labbra bagnate di lacrime: “Non lasciarmi mai, mio Patroclo, perché temo che senza te non saprei più che fare.”

“Non lo farò.”

 

 

***

Camminavamo rapidi e silenziosi lungo le vie buie di Ftia: avevamo deciso di andare da mia madre per farla parlare con Patroclo e per chiederle anche se sapeva qualcosa della guerra di Troia.

Stavo meglio, ora: come sempre quell’angioletto dagli occhi grigi era riuscito a farmi stare meglio. Sempre… e lo conoscevo solo da due giorni!

“Hai paura?” chiesi quando arrivammo alla spiaggia del mare dove sapevo si sarebbe manifestata mia madre.

“Da morire… da quello che ho capito mi odia!”

Sorrisi e lo abbracciai, baciandolo dolcemente: “Andrà tutto bene, promesso.”

“E’ per questo vero? E’ anche per questo che nel tuo cuore ho letto il desiderio di non venire a Troia.”

Ci voltammo entrambi: Odisseo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buon giorno a tutti! Ecco il nuovo capitolo! Ho fretta, quindi mi dilungherò poco: GRAZIE A TUTTI!!!! E soprattutto a Sick e Cimotea, che adorò sempre di più per le loro bellissime recensioni! A presto!

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Capitolo 11
*** Via uno dentro l'altro! ***


Ci voltammo entrambi: Odisseo.

“Sapevo che un guerriero Acheo come te doveva avere un valido motivo per anche solo pensare di rinunciare ad una così grande gloria.” Continuò il re di Itaca con un sorrisetto accondiscende che mi fece andare su tutte le furie: lui pensava di poter fregare tutti con quei suoi stupidi trucchetti!

“Certo che ho un motivo validissimo: la mia vita! Sai, non è che sia proprio la mia massima aspirazione quella di lasciare la pelle sul campo di battaglia!” ribattei acido e sarei andato avanti con il mio sproloquio, che avrei sicuramente finito con una serie di insulti se solo Patroclo non mi avesse interrotto, stringendomi leggermente il braccio.

“Nemmeno tu vuoi questo, vero re di Itaca?” sussurrò dolcemente con un sorriso debole e vidi chiaramente Odisseo sobbalzare: che avesse trovato la verità negli ingannatori di quell’uomo?

“Ti nascondi dietro il desiderio di gloria,” riprese avanzando di un passo:“Ma in realtà sei costretti da legami di ospitalità ed amicizia con Agamennone, come tutti: perché altrimenti combattere? Certo, so quanto voi guerrieri teniate all’onore, ma tu ami tua moglie, la tua vita… il tuo desiderio di conoscere. Se morissi dove andrebbe a finire tutto ciò?”

Quel ragazzo era dannatamente intelligente e dolce… tenero! Nonostante io fossi arrabbiato con Odisseo, Patroclo aveva mantenuto la calma ed aveva saputo leggere la verità sotto la solida corazza che il re di Itaca si era costruito con il tempo e l’esperienza, con una semplicità disarmante. Era davvero la persona più speciale che avessi mai incontrato e forse il primo che riusciva a capire veramente Odisseo.

“Che carino…” commentò quest’ultimo facendomi accigliare: “Tranquillo Achille, non voglio portartelo via!” rise vedendo la mia espressione, ma io, anche a costo di sembrare stupido, volevo mettere in chiaro la questione e tirai Patroclo contro il mio petto, abbracciandolo da dietro; lui ridacchiò appena, quasi aggrappandosi alle mie braccia.

“Comunque, ora capisco perché lo ami e da come lo baci è evidente che lo ami.” riprese l’uomo portandosi una mano al viso e sedendosi su uno scoglio, come se all’improvviso fosse vecchio e stanco: “E’ davvero un ragazzo speciale: sa leggere nel cuore delle persone e gli viene anche molto bene. Nessuno, tranne mia moglie Penelope, aveva mai capito che in realtà odio andare in guerra e che lo faccio solo se costretto da legami di amicizia ed ospitalità: infondo, cosa te ne fai della gloria nell’oltretomba? Le anime dannate certo non ti loderanno per le tue vittorie terrene.”

Ecco su una cosa siamo d’accordo.

“Tieniti stretto quel ragazzo Achille, perché non esistono molte creature splendide come lui e quindi cercheranno più volte di portartelo via… io ho trovato il mio angelo in Penelope, tu in lui. Ad ognuno il suo… Ad ogni modo, anche tuo zio è legato ad Agamennone dall’ospitalità e, siccome in guerra sono i giovani che combattono, non esiterà a costringerti a combattere al suo fianco, anche se non lo vuoi. Poi, ovviamente, si prenderà lui il merito di aver addestrato un abile guerriero come te, sminuendo la tua gloria… Invulnerabile figlio di dea… nemmeno Zeus, forse sa il fato che grava sulla tua giovane bionda testa…” così dicendo Odisseo si alzò e, dopo averci rivolto un cenno di saluto si allontanò lentamente, mormorando qualcosa contro le ingiustizie e le costrizioni della guerra.

Quando il re di Itaca non fu che un ombra in lontananza, per un motivo a me sconosciuto strinsi maggiormente Patroclo, facendolo voltare nell’abbraccio per baciarlo e lui mi lasciò fare, docile, forse intuendo meglio di me perché avevo così bisogno di sentire il suo corpo fra le braccia, le sue labbra sulle mie.

Forse quella stupida guerra ci avrebbe divisi. Forse qualcuno me lo avrebbe portato via… non ero sicuro che sarei riuscito a sopportarlo, non dopo aver scoperto la sua piacevole compagnia.

Cavolo, avevo sfidato mio zio per lui ancora prima di conoscerlo solo perché il suo bel faccino mi aveva colpito! Senza contare che poi avevo mentito a mio zio ( e sarò eternamente grato ad Antivo per il suo aiuto in quella situazione) senza contare che mi ero messo in modo evidente contro Ade, giurando di difenderlo da suo padre… ah, cavolo! Mi ero cacciato in un bel casino!

“Non dimenticare che mi hai disubbidito, figlio.” la voce falsamente pacata e veramente furiosa di mia madre mi fece sobbalzare.

“Non farlo!” mi ritrovai ad urlare senza lasciar andare il mio piccolo angelo dagli occhi grigi: “Sai che odio quando leggi i miei pensieri!”

“Ti comporti come uno stupido, Achille.” riprese lei abbandonando la falsa calma: “Ora sai anche la sua storia, come fai a non capire che ti sta usando!”

“Non lo farei mai!” ribatté Patroclo, agitandosi nel mio abbraccio.

“Lo hai già fatto con altri!” giuro che in quel momento temetti che mia madre volesse scuoiarlo per assicurarsi di tenerlo lontano da me e pensavo che lui si sarebbe spaventato, cosa che invece non successe.

“Infatti, altri.” si limitò a dire con tono duro e secco, quasi cattivo.

Oh, mi ero quasi scordato della sua doppia personalità.

“La tua voce rende ancora più evidente il male che alberga nel tuo cuore.”

“Non mi sembra che tu sia molto più gentile!” Cavolo, avere Ade come padre lo aveva reso una tigre quando si trattava di affrontare divinità con le palle girate! Anzi mia madre doveva sembrargli un bambino viziato che fa i capricci in confronto al suo adorabile paparino!

Ah, cavolo, dovevo ricordarmi di non parlar troppo male di lui altrimenti correvo pure il rischio che mi fulminasse senza pensarci troppe volte.

Mia madre aprì la bocca per ribattere, ma io fui più rapido: “Ho preso la mia decisione e non la cambierò: Patroclo è sincero con me, ne sono sicuro, quindi smetti di voler controllare la mia vita e non protestare più, tanto non otterresti nulla. Dimmi invece, cosa sai della guerra di Troia?”

“Alla fine è successo!” di colpo sembrò sconvolta : “Sapevo fin da quando sei nato che sarebbero venuti a cercarti per questa guerra che ha come stupido pretesto il tradimento di una donna!” Indietreggiò trattenendo a stento le lacrime, ma non ero proprio in vena in quel momento di consolarla, visto anche quanto era stata antipatica con Patrolco, quindi mi limitai a chiederle nuovamente cosa sapeva senza preoccuparmi che il mio tono suonasse duro.

“Se vai in guerra il tuo nome sarà ricordato per sempre, ma la morte di attende sotto le mura di Troia; se non vai, vivrai, ma senza fama. Hai la possibilità di scelta, nessuno a parte te può decidere del proprio fato, Achille: mostrati saggio, almeno in  questo.” mi lanciò un’ occhiataccia, evidentemente arrabbiata per la mia freddezza nei suoi confronti, quindi:“ Salutami tuo padre, quando gli porterai il tuo bottino, figlio di Ade.” ringhiò e sparì rapida e silenziosa come era venuta.

“Il figlio di Ade ha un nome!” strillò Patroclo al vento e capii che in quel momento avrebbe volentieri preso a calci in culo mia madre. Beh, io lo avrei volentieri aiutato.

“Io non sono solo figlio suo… io sono Patrolco, sono diverso da lui. Devo essere diverso da lui…” con quelle parole tristi si lasciò scivolare a terra, portando entrambe le mani al viso e singhiozzando.

“Oh, piccolo!” sussurrai inginocchiandomi al suo fianco ed

abbracciandolo:“ Non lasciare che ti faccia piangere… è stata una stronza infernale… Oddio, no! Perché ho nominato l’inferno?”

Lo sentii ridacchiare fra le lacrime (si, la mia scemenza riuscirebbe a far sorridere anche i disperati): “Andrai a Troia?” chiese.

“Non lo so… anche se non penso di avere molta scelta…” gli scostai gentilmente la mani dal viso trovandomi così a fissare i suoi dolce occhi grigi ora velati; sorrisi e gli asciugai le lacrime con i pollice, carezzandolo delicatamente e lui, tenero come sempre (ok, quasi sempre) arrossì lasciandosi abbracciare nuovamente: “Non pensare a mia madre, se ne farà una ragione e le passerà…”

“A lei forse si, ma io non dimenticherò lei tua menzogne, ragazzo. Sai che me la pagherai cara, vero ragazzo?”

Ah, cavolo! Ma proprio non c’era un attimo di pace nella mia vita! Si, questo fu il primo pensiero decisamente poco razionale che passò nella mia menta malata quando mi resi conto che, si, alla fine mio zio ci aveva scoperti. Il secondo pensiero fu: “Ok adesso ci tira il collo e ci fa imbalsamare entrambi per tenerci sul comodino…”

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Capitolo 12
*** Esiliati ***


“Tu non stavi forse morendo?”  ringhiò mio zio con il viso bordeaux per la rabbia, indicando Patroclo con un gesto secco del mento.

E in quel capii che non avevo scelta: dovevo affrontare mio zio e questa volta non avrei dovuto lasciarmi prendere dal se tenevo alla vita di Patroclo.

Si, perché mio zio non avrebbe ucciso me, visto che ero troppo prezioso per la sua fama, ma verso Patroclo, che non era altro che un servo molto bello; prima lo avrebbe usato in tutti i modi possibili ed immaginabili ( e il solo immaginare mi faceva uno schifo immenso) e poi lo avrebbe ucciso dopo aver soddisfatto i suoi… interessi.

Non potevo proprio permetterlo, non sapendo che ciò che sarebbe successo a lui sarebbe stato persino peggio di ciò che poteva capitare a me… al diavolo la mia paura, era il momento di comportarsi veramente come un invulnerabile eroe acheo. Infondo, è da quando sono bambino che mi alleno per questo!

“Vattene!” urlai ancora prima di formulare una frase completa, o almeno sensata: “Lasciaci stare! Lui. Non. E’. Tuo. Non lascerò che te lo tenga per farci… Zeus solo sa cosa passa per quella tua testa vuota e malata!”

Vidi con una certezza snervante la furia montare in lui e crescere a dismisura, indomabile e terribile.

Era sempre stata quella furia animalesca e decisamente non frutto di qualche divinità a me favorevole che mi aveva terrorizzato; quando la vedevo, di solito, mi cominciavano a tremare le ginocchia la mente smetteva di funzionare, paralizzata come il corpo.

Ma non quella volta: “Urla, se vuoi. Picchiami, insultami, fa quello che vuoi! Non mi tirerò indietro!”

“Stupido, Achille, sei uno stupido! Pensi davvero di poterti mettere contro di me?!” ecco che cominciava la sua tortura: conosceva ogni mio punto debole e non aveva paura di ritorce meli contro: “Non saresti nulla senza di me!”

“Si, hai ragione.” risposi, mantenendo una freddezza che non credevo di avere: “Ma ormai sono ciò che sono e visto tutto ciò che mi hai fatto passare non credo di dover nulla a te: tutti i debiti che avevamo li ho già pagati sputando sangue nelle stupide guerre a cui tu mi hai costretto a partecipare! Quindi, non ho più nessun legame con te.” Sentii quelle parole rimbombarmi nella mente con una forza quasi sovrannaturale: era vero, quindi… potevo finalmente essere libero da mio zio. Perché più nulla mi teneva legato a lui.

“Rimani sempre mio nipote…” disse lui con un ghigno malefico, come leggendo i miei pensieri e, ovviamente, cercando di distruggermi con ogni appiglio possibile.

Rimasi un attimo in silenzio, senza parole, non sapendo cosa rispondere, ma nel momento stesso in cui la mano di Patroclo strinse maggiormente la mia, calda, tremante, vidi con chiarezza la via che dovevo seguire: la verità.

“Si, hai ragione.” dissi infatti con tranquillità: “E tu rimani mio zio. Ma, sai, conosco una persona che non ha avuto paura di affrontare il padre, con tutta la sua cattiveria. Il padre, capisci? Nemmeno lo zio! Questa persona… mi ha insegnato il vero coraggio: se qualcuno sbaglia, devi fermarlo; non importa se la ami… anzi, proprio perché la ami devi impedirgli di sbagliare maggiormente e cercare di non lasciare che si rovini la vita. Quindi, anche se sei mio zio, non è la parentela che seguo, ma l’onore e la giustizia. Come un vero guerriero. Come che sono veramente.”

Dopo quelle mie saggissime parole, che, ammetto, non credevo nemmeno sarei stato in grado di pensare, calò il silenzio più totale (nemmeno i grilli ebbero il coraggio di cantare).

Io stavo lì, fermo, e quasi non credevo essere veramente io il ragazzo che aveva finalmente reagito alle ingiustizie di un uomo che mi aveva sempre terrorizzato; mio zio, da parte sua, sembrava perfino più incredulo di me visto che era abituato ad avere sempre il controllo totale su di me.

“Sapevo che ci saresti riuscito; sapevo che eri forte…”

Patroclo: lui mi sorprendeva sempre. Lui credeva in me più di quanto io credessi in me stesso…

Spalancai gli occhi riconoscendo in quel pensiero una frase che gli avevo detto quella notte, mentre gli promettevo che lo avrei fermato se fosse impazzito e diventato come suo padre: “Io credo in te...”

Glielo avevo detto proprio mentre lui piangeva, ammettendo di non fidarsi di se stesso… eravamo molto più simili di quanto pensassi sotto certi aspetti, anche se in altri fronti eravamo diversissimi.

Sorrisi e, sotto lo sguardo truce e schifosamente geloso di mio zio, mi voltai verso il mio piccolo angelo dagli occhi grigi, stringendo fra le braccia, quasi possessivo, e baciandolo; lui non esitò, strusciandosi in modo quasi scandaloso e rispondendo con forza.

Beh, stronzo era stronzo e quello lo sapevo: non avrebbe mai perso un’occasione per far mangiare le mani a mio zio, soprattutto dopo quello che gli aveva fatto.

Quel pensiero mi fece agire istintivamente e sollevai una mano fino al suo viso sfiorando i lividi violacei che lo rovinavano, lentamente, per far capire a chi interessato che ci saremmo vendicati anche di quelli, in modo o nell’altro; e il modo migliore, in quel momento, era il nostro amore, così vero ed inteso da eliminare tutte le ingiustizie che si sforzavano di non essere cancellate colorando quel visino perfetto.

Sentii Patroclo sorridere sulle mie labbra, senza allontanarsi, anzi, ranicchiandosi maggiormente fra le mie braccia come un gattino in cerca di coccole.

Quando ci separammo eravamo entrambi accaldati ed a corto di fiato, ma sorridevamo entrambi, complici, quindi ci voltammo contemporaneamente verso mio zio con identiche espressioni di sfida.

“Vuoi due, stupidi ragazzini, non avete idea di ciò che avete scatenato: la mia furia vi inseguirà fino a quando i vostri corpi non verranno martoriato da mani vendicative!”

Rabbrividii: dopotutto, sapeva sempre essere minaccioso e la fifa non è che mi fosse proprio sparita, solo che ora sapevo affrontarla.

“Io vi esilio! Andatevene, seguendo la legge, ma sappiate che vi ucciderò entrambi!”

Afferrai Patroclo per un braccio, trascinandomelo dietro mentre cominciavo a correre alla velocità del vento, sfrecciando accanto a mio zio e raggiungendo a velocità lampo le stalle, dove afferrai un cavallo a caso e, dopo aver messo su di peso Patroclo, ci salii a mia volta spronandolo.

Non so bene come facemmo, ma in pochi minuti eravamo già nel bosco, oltre il confine di Ftia. Era stato tutto troppo veloce per essere capito bene e soprattutto per essere normale: inviai un ringraziamento mentale a mia madre, che, nonostante tutto, sapevo mi aveva aiutato anche quella volta, dotandomi di una velocità sovrannaturale, rendendomi il piè veloce. (EPITETO!! Ndme)

Aiutai Patroclo a scendere da cavallo, vedendo così che piangeva: “Cos’hai piccolo?” chiesi, stringendolo con dolcezza.

“Ti ho messo veramente nei guai alla fine, vedi? Avresti dovuto lasciarmi andare questa notte… ti ho detto che porto solo problemi!”

Cercò di allontanarsi da me, forse per scappare, ma io lo tenevo stretto e non avevo la minima intenzione di allentare la presa: “Sei mio, piccolo.” sussurrai: “E io tengo alle mie cose… io tengo a te. Tu non mi hai portato problemi, ma la gioia: non sapevo cosa fosse veramente l’amore e la felicità prima di conoscerti… Tu mi hai salvato, portando la pace in un mondo di guerra.”

Lui rimase in silenzio, quindi sussurrò un tenerissimo “Ti amo”, rilassando e lasciandosi abbracciare, finalmente.

Ero in esilio. Mio zio mi aveva cacciato. Il mio popolo molto probabilmente avrebbe creduto che fossi un criminale. Rischiavo di essere ucciso da un momento all’altro… bella sfiga!

Ma ero felice: Patroclo era ancora con me. Mi bastava quello per essere felice… per stare bene. Al diavolo tutto il resto, almeno per il momento.

Poi, avremmo affrontato tutto.

 

 

 

 

 

 

Ma ciaoooo!!! Allora, il precedente capitolo non ha avuto recensioni, ma non importaJ Spero che almeno in questo mi lasciate qualche commentino!!!! Mi sento solo se no!!!! In ogni caso spero che vi piaccia… in caso contrario fatemi sapere, accetto sempre sia consigli che critiche! Un bacio a tutti, a presto!

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Capitolo 13
*** Cambiare il destino ***


Ero fermo sulla riva di un lago dalle acque di un azzurro talmente intenso e luminoso che quasi faticavo a guardarlo: era bellissimo, splendente, e trasmetteva gioia, felicità, amore.

“Achille… dove siamo?”

Mi voltai sorpreso nel sentire quella voce dolce che mai mi sarei aspettato in un sogno evocato da mia madre, ma gli risposi comunque sorridendo: “A quanto pare mia madre vuole parlare anche con te, quindi ti attira nei mi sogni…”

“Gran donna, tua madre… solo non gli sto molto simpatico.” ribatté Patroclo con un sorrisetto teso, e io risi: “Guarda l’acqua.” dissi senza smettere di sorridere, mentre una strana sensazione che urlava “lieto fine” mi invadeva: “Vedi che è chiara? Questo è un buon segno…”

“Speriamo…” sussurrò lui avvicinandosi a me di qualche passo ed insieme attendemmo fino a quando Teti, ninfa dei mari, figlia di Poseidone non che mia madre, ci comparve davanti, nascendo dalle luminose acque lacustri:“Buongiorno a voi, ragazzi…” cominciò severa, ma il suo viso si sciolse quasi subito in un sorriso dolce: “Innanzi tutto volevo scusarmi con te, Patroclo, per come ti ho trattato: ho fatto una chiacchierata con Zeus Padre e ragionando insieme siamo stati costretti ad ammettere che il tuo amore verso Achille è sincero e che non sei come tua padre. In ogni caso, conosciamo entrambi la potenza di Ade e forse ti darà del filo da torcere, ma, in ogni caso, Zeus sta provvedendo anche a questo ad ha inviato Ermes a dirgli due paroline: ci sono speranze che Ade si rassegni alla tua scomparsa, ma non posso esserne sicura.”

Sentii chiaramente Patroclo trattenere a stento la tentazione di mettersi a saltare per la felicità, quindi mia madre riprese senza abbandonare la sua espressione serena: “Cerca di capirmi: il fatto che il figlio di Ade girasse intorno a mio figlio mi ha agitata, ecco tutto… ho avuto paura per lui, che già troppe sventure ha dovuto patire. Ma prima, quando avete affrontato il re di Ftia ho capito quanto il vostro amore sia sincero e puro, per questo vi ho aiutato a scappare: nessuno di malvagio avrebbe saputo tenere testa a quel modo al re. In ogni caso…” si bloccò facendosi improvvisamente seria, quindi riprese con espressione preoccupata: “la storia non è finita, purtroppo: forse riusciremo a tenere a bada Ade, ma tuo zio, Achille, non si darà pace. Ovviamente, se lo vorrai non farai la minima fatica a sfuggirgli perché tu sei molto più forte di lui. Il problema, invece, è questo: desideri più la gloria, o rimanere con Patroclo? Se è la prima, allora, torna indietro, unisciti ad Odisseo e combatti con lui, ma sai quale sarebbe il tuo destino: morirai, e prima di te cadrà Patroclo stesso per amor tua e degli uomini.”

Quelle parole mi fecero gelare il sangue: Patroclo sarebbe morto a causa mia e del mio desiderio di gloria? non me lo sarei mai perdonato, quello era sicuro…

“Se invece non è questo il tuo più grande desiderio, fuggi, chiedi aiuto a chi ti è amico fino a che giungerai lontano, in una terra sicura, in salvo. Torna a Ftia solo quando tuo zio sarà morto: sarai comunque un grande re, ma la tua gloria non sarà eterna. A te la scelta, figlio mio, e mostrati saggio almeno questa volta.”

Dettò ciò, mia madre sparì.

 

***

Mi sveglia di soprassalto e Patroclo con me, ma lui sembrava solo scosso mentre io… si, beh, piangevo.

Subito sentii le sue braccia stringermi mentre con una mano mi accarezzava i capelli, per calmarmi: “Va tutto bene…” sussurrò: “La scelta è tua e io ti seguirò qualunque essa sia.”

“Ma è proprio questo il problema: se io scelgo la gloria tu morirai sotto le mura di Troia a causa mia!”

Patrolco fece un sorriso stanco, inginocchiandosi davanti a me e prendendomi il viso fra le mani: “Non temo di ricongiungermi a mio padre, principe Acheo.”

C’era una tale decisione nella sua dolce voce che mi sentii morire al pensiero che si sarebbe potuta spegnere a causa mia: che diritto avevo, io, di strappare una simile creatura al mondo? Non sarei certo stato l’unico a soffrire della sua prematura dipartita senza possibilità di ritorno.

“Il mio cuore vuole cosa troppo contrastanti…” ammisi mentre lui si chinava a baciarmi la fronte.

“Segui quella che urla di più…”

Chiusi gli occhi: cosa volevo veramente? La gloria? Ma poi, cosa me ne sarei fatto della gloria dell’oltre tomba? E cosa importava se nel futuro il mio nome non sarebbe stato ricordato per sempre? Avrei vissuto io nel futuro? No.

“Voglio te, Patroclo.” sussurrai e lui sobbalzò: “Cosa?” chiese.

“Voglio te.” ripetei aprendo gli occhi: “Preferisco essere umile ed amato nel mondo dei vivi, che solo e glorioso nell’oltretomba, dove l’amore non vede mai la luce.”

Sorrise; sorrise come mai aveva fatto prima di allora: sembrava raggiante e talmente felice che avrebbe potuto anche morire così.

“Cosa me ne faccio della gloria se tu non sarai con me a condividerla?” continuai stringendo a me e a quel punto era lui che piangeva.

“Oh, Achille.” sussurrò fra le lacrime: “Oh, dolce principe Acheo, nient’altro potrebbe rendermi più felice di queste parole, nemmeno tutto l’oro del mondo.”

“Niente potrebbe rendermi più felice che saperti al mio fianco.”

“Ma Ftia è la tua casa…”

“E ci tornerò, non appena mi sarà possibile. Quando mio zio sarà morto. Per ora, casa mia è dove sei tu.”

Rise, rise a lungo, tenendomi stretto. Sapevo di aver appena cambiato il mio destino e non me pentivo. Perché avrei dovuto, infondo? Non avevo forse preso la decisione migliore? certo, lo avevo fatto.

Io, Achille, principe Acheo, principe di Ftia, figlio di Teti e Peleo avevo buttato una vita gloriosa per preferirne una da semplice uomo amato. Tutto grazie ad un ragazzetto di diciassette anni, schiavo, figlio del Dio degli Inferi, che nella vita aveva già sofferto fin troppo.

Io avevo cambiato il mio destino per lui. E non avrei potuto fare cosa migliore.

Ci rimettemmo in marcia all’alba per allontanarci il prima possibile da mio zio e dalla lunga mano della sua furia: eravamo soli contro un esercito di Mirmidoni perfettamente addestrati, con un re furioso e tradito che aveva giurato vendetta e un dio folle alle calcagna. Ma cosa importava? eravamo insieme e che solo ci provasse il fato a dividerci! Ci allontanammo verso una nuova vita, cambiando il destino.

Insieme, fino alla fine.

“Achille?”

“Cosa?”

“Non importa se non combatterai a Troia, si parlerà sempre di te come il ragazzo più coraggioso del mondo che non ha temuto di sfidare se stesso per amore. Sarai sempre il più grande guerriero di tutti i tempi.”

“E si parlerà sempre di te come il ragazzo che non ha temuto di affidarsi  ad un destino sconosciuto e pericoloso per amore della vita, sfidando il suo stesso padre. Sarai sempre il ragazzo più coraggioso di tutto i tempi.

 

***

Cinque anni dopo…

 

Due cavalli si fermarono davanti alle porte di Ftia, dove bandiere nere di lutto svettavano alte per la morte del re.

“Ben tornato a casa, Achille, mio guerriero Acheo.”

“Ben trovato alla tua nuova, vera, casa, Patroclo, mio dolce compagno.”

E non ci vuole molto a capire che, anche se non combatterono sotto le tristi mura di Troia, i loro nomi rimasero per sempre leggenda.

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