I Guardiani di Ga'hoole - L'eredità degli Altri

di Kooskia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La grande scoperta ***
Capitolo 2: *** Notte di sangue ***
Capitolo 3: *** La decisione di una vecchia civetta ***
Capitolo 4: *** Per coloro che ci hanno amato. ***
Capitolo 5: *** Guardiani ***
Capitolo 6: *** L'udienza ***
Capitolo 7: *** Grinfie di sangue ***
Capitolo 8: *** Sulla riva del lago. ***
Capitolo 9: *** Lame e sangue ***
Capitolo 10: *** Il Sole Blu ***
Capitolo 11: *** Nel cavo di un albero ***



Capitolo 1
*** La grande scoperta ***


Capitolo 1  -  La grande scoperta
 
Le sue grandi ali solcavano il cielo e la brezza che scorreva sulle piume del suo volto bianco procurava un piacere che pochi altri potevano eguagliare.
Kharas chiuse gli occhi un istante e godette di quel piacevole venticello notturno: la notte era il dominio della sua specie e il giovane barbagianni non aveva nulla da temere.  Inclinò leggermente il capo effettuando una “triangolazione” come i suoi genitori gli avevano insegnato: era un abilità unica della sua specie, assente nelle altre razze dei gufi.  Grazie alla particolare posizione asimmetrica delle cavità auricolari, e piegando con precisione il capo,  il giovane maschio riuscì ad avvertire con precisione chirurgica il basso rumore di un arvicola tra i cespugli, intenta a rompere il guscio di un seme un po’ troppo grande per la sua stazza.
Quella preda non gli sarebbe sfuggita.
Kharas allargò le ali, rimanendo per un istante sospeso in cielo e sfruttando abilmente le correnti aeree sotto di lui: quindi le ripiegò, esibendosi in una precisa nonché silenziosa picchiata.
L’animaletto non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi di cosa stesse per incombere su di lui che gli artigli del barbagianni lo intrappolarono sul terreno: un rapido colpo di becco spense la vita del roditore.
Kharas sollevò il capo guardando la pallida luna bianca, distolse lo sguardo rammentando le voci delle civette delle tane riguardo gli effetti della luce lunare sulla mente dei rapaci notturni. Non era sicuro se si trattasse di verità scientifica o pura superstizione ma preferiva non accertarsene di persona.
Tornò a guardare il piccolo animale tra i suoi artigli ed un istintivo desiderio di mangiarlo sul momento lo travolse,  ma durò solo per un breve istante.
Fin da quando era piccolo i suoi genitori avevano insistito a nutrirlo con carne cotta, un abitudine acquisita dai loro viaggi in gioventù al nord, in terre lontane e sconosciute.
Il giovane barbagianni afferrò saldamente la preda e si librò in volo, senza emettere suoni grazie alla speciale conformazione delle piume alari che rendeva estremamente silenzioso il volo dei rapaci notturni come lui.
Fu solo quando egli si trovò in prossimità della montagna  che Kharas si concesse di poter esibirsi in un richiamo di saluto. Un paio di buffe teste sembrarono fuoriuscire dalla terra stessa e Kharas non trattenne un piccolo sorriso: le civette delle tane gli erano sempre sembrati rapaci alquanto curiosi con la loro scarsa passione per il volo e le lunghe zampe da corridori.
-Fatto buona caccia ragazzo?- chiese la civetta-capo del gruppo, sbucando fuori da un piccolo tunnel.
-Oh sì, è una bella nottata per cacciare- rispose educatamente il barbagianni.
La civetta delle tane dinanzi a se era un individuo più anziano degli altri, e questo richiedeva un certo rispetto quando ci si rivolgeva a lui.
-Ne sono contento. Ma dovresti andare dai tuoi genitori, sono assolutamente fuori di se! La Seconda Squadra di scavatori ha aperto un nuovo tunnel e si sono imbattuti in qualcosa di nuovo, non ho mai visto i tuoi genitori così eccitati! Sembravano un paio di archeologi alle prime armi e non la coppia di esperti studiosi qual essi sono!-
Incuriosito, Kharas salutò rispettosamente la civetta e quindi prese il volo sempre tenendo la sua arvicola tra gli artigli. Le civette delle tane tendevano ad esagerare la portata delle proprie scoperte e questo non facilitava il compito della sua famiglia, tuttavia Kharas dovette riconoscere che senza l’aiuto delle civette non si sarebbe mai ottenuto nulla di rilevante.
La famiglia del barbagianni aveva una lunga storia come archeologi e studiosi, fin dai tempi in qui vi era ancora un Re nella foresta dei Tyto.  Da due generazioni essi si erano stabiliti in quella montagna nell’estremità meridionale del regno, quasi al confine col deserto del Kuneer.
E proprio dal Kuneer provenivano le civette delle tane: esse contribuivano alle ricerche grazie alle loro incredibili doti di scavatori ed in cambio ottenevano di poter mangiare tutte le serpi delle caverne che capitava loro di incrociare nei tunnel. Inoltre la famiglia di Kharas forniva loro protezione negli inevitabili voli diurni dalla loro casa nel deserto fino alla montagna: le bande di corvi potevano essere pericolose per civette così piccole e i barbagianni si erano visti costretti ad ingaggiare dei Prestagrinfie di tanto in tanto.
Quando Kharas raggiunse l’ingresso del tunnel principale egli non rimase colpito dall’impressionante quantità di papiri e cianfrusaglie accatastate negli angoli, quanto nell’incontenibile euforia dei suoi genitori.
-Abbiamo fatto una scoperta incredibile, incredibile, figliolo! Oh quanto vorrei che il mio vecchio padre fosse qui con noi adesso, sarebbe stato il sogno della sua vita!. –
-Sì ma cosa è successo di preciso? – chiese cautamente il giovane gufo, venendo per tutta risposta spinto da suo padre verso le profondità del tunnel.
Piccole braci ardenti venivano tenute accese a certi intervalli per consentire di lavorare o leggere anche sotto terra nell’oscurità più fitta e quando sua madre gli si fece incontro, Kharas capì come avessero scoperto qualcosa di veramente eccezionale.
-Oh non ci crederai figliolo, quanto vorrei che tuo fratello e tua sorella fossero qui con noi ma beh.. hanno scelto la loro strada come comuni barbagianni e va bene anche così. –
Poi ella si mise a strigliare e accarezzare col becco le piume sul capo del giovane che si sentì un pochino imbarazzato: non era più un pulcino dopotutto! E sebbene a volte desiderava aver intrapreso la scelta dei suoi fratelli, doveva ammettere che il fascino dell’archeologia era stato troppo grande per lui: costringendolo a continui rimandi su quando lasciare i suoi genitori.
Quella notte tuttavia, l’eccitazione della coppia di gufi adulti era estremamente rapida a propagarsi e il giovane Kharas si sentì pian piano colto dal desiderio di venire a conoscenza della grande scoperta, mentre discendevano il tunnel.
Da tempo la sua famiglia era convinta che i meandri della montagna solitaria fossero un antico luogo abitato dagli “Altri”, razza misteriosissima ed ormai scomparsa da tempo che aveva lasciato un gran numero di cimeli, materiali e tecnologia alle loro spalle.
All’improvviso il tunnel si fece più grande  venendo ad aprirsi in quella che sembrava essere una piccola caverna. Essa era fiocamente illuminata da un braciere che i suoi genitori,  o qualcuna delle civette, avevano posizionato al centro.
Di fronte ad essi si innalzava una parete di un genere completamente sconosciuto a Kharas.
Era completamente liscia e grigia anche se coperta da uno spesso strato di polvere e terriccio già in parte venuto via a seguito della cauta opera di restauro già iniziata.
-E’ una porta mio caro! Guarda attentamente!- disse sua madre, Kharas non poté che constatare l’esattezza di tale intuizione  poiché la grande parete dava tutta l’impressione di nascondere una camera dietro di essa.
Kharas si avvicinò e poggiò una zampa artigliata contro la porta, avvertendo un brivido freddo.
-E’ metallica… - sussurrò…
Quindi lo sguardo del giovane si spostò in alto: appena sotto un incrostazione di terra, svettava un simbolo geometrico.
Il giovane gufo sbatte le palpebre dei grandi occhi neri e cercò di capirne il significato: era un piccolo cerchio nero attorniato da tre lunghi triangoli (anch’essi neri) la cui punta era stata tagliata e resa curva a circondare il cerchio interno, anche la base esterna dei triangoli seguiva un andamento circolare mentre una antica pittura gialla riempiva tutti gli spazi vuoti tra il cerchio e i triangoli stessi.
 

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Capitolo 2
*** Notte di sangue ***


Capitolo 2 – Notte di sangue

La palude era un luogo inconsueto per il giovane barbagianni: le terre intorno al luogo ove era nato possedevano ampie chiazze di foreste ma il clima rimaneva asciutto, diversamente da quel luogo.
Quando si posò su un tronco marcio di fronte allo specchio di acqua stagnante, poté quasi avvertire l’inconsueta umidità dell’aria penetrare fin dentro le penne. La piccola conca dove si trovava lo stagno contribuiva a trattenere l’umidità e alti canneti svettavano attorno alle sponde.
Non era il luogo adatto ad un barbagianni, ma era la casa ideale per un gufo di palude.
-Signore? E’ in casa? Sono qui per quell’ordinazione… -
Kharas allungò con circospezione il capo all’interno dell’intricato labirinto di canne ove sapeva esserci la tana del gufo solitario.
Rimase un istante affascinato ad osservare le sue opere, stese su di una roccia che svettava in mezzo al canneto: lunghi rotoli di papiri, accuratamente realizzati e arrotolati dal gufo di palude.
I servizi di un gufo esperto nell’arte di creare papiri non erano particolarmente richiesti, ma divenivano preziosi per quei pochi volatili (come i genitori di Kharas) che intraprendevano una vita ricca di esperienze letterarie e di scrittura.
-Eccomi ragazzo! Sì questi rotoli sono pronti, la tua famiglia è sempre stata una clientela costante ed affidabile e credimi se ti dico che materiale così non lo si trova nel raggio di miglia.-
Kharas lasciò il vecchio gufo di palude a bofonchiare sulla qualità dei propri prodotti per alcuni minuti: non era la prima volta che veniva da lui per conto dei suoi genitori.
-Sono sicuro che andranno benissimo, ecco qui il pagamento… - disse, allungando gentilmente una cordicella alla quale erano appese parecchie prede fresche catturate nel corso della nottata da Kharas stesso e dai suoi genitori.
Dopo aver afferrato i papiri, il giovane barbagianni spiccò il volo ma invece di dirigere verso casa egli fece rotta verso il cavo di un albero. Era stato scartato da suo fratello come possibile dimora perché troppo piccolo, ma il giovane Kharas lo aveva eletto come nascondiglio personale dove tenere conservati i suoi piccoli tesori. Kharas pose delicatamente i preziosi papiri all’interno del cavo, quindi recuperò con il becco il suo pezzo migliore.
Si trattava di una zanna di un lupo del Nord, appesa ad una cordicella a mo’ di ciondolo: un dono prezioso, datogli da suo padre quando egli dichiarò di voler restare con i suoi genitori ed aiutarli nella loro attività.
Il giovane barbagianni piegò il capo e infilò con destrezza il ciondolo finché la liscia zanna andò a posarsi sul petto piumato; passò quindi qualche minuto a lisciarsi e a pulirsi le piume perché voleva avere l’aspetto migliore possibile per l’incontro a venire.
Di lì a poco egli spiccò il volo e diresse verso la cima di un grande albero morto da tempo: sul ramo più alto lo stava aspettando lei.
Il piumaggio del volto della giovane femmina di barbagianni era candido come la luna e i suoi profondi occhi neri rilucevano di un barlume particolare.
-Ciao Elah, mi fa piacere vederti … - disse il giovane barbagianni con espressione ardita ma titubante allo stesso tempo: quanto gli sarebbe piaciuto chiedere a quella graziosa femmina di diventare la sua compagna. Una tale scelta avrebbe però significato dover abbandonare la sua famiglia: un gesto per il quale il giovane barbagianni non si sentiva ancora pronto.
-Ciao Kharas, allora… hai pensato a questa mia proposta? Ti andrebbe di incontrare i miei amici?-
Kharas avvertì una strana sensazione salirgli su dal ventriglio, non era la prima volta che succedeva quando Elah gli parlava insistentemente delle sue amicizie.
-Te l’ho detto… non mi interessa poi così tanto, a che scopo riunirsi solo tra Tyto? E per fare cosa? La mia famiglia lavora da anni con diverse civette delle tane: sono creature buffe ma molto simpatiche e sveglie e… -
Elah emise un sbuffo che poteva essere paragonato ad una risata, ma conteneva una tonalità diversa particolare… come se volesse sottintendere un qualche commento sgradevole.
-Quei… “cosi” non sono Tyto e francamente non saprei nemmeno dire se sono gufi. Dovresti smettere di pensare alla tua famiglia e alle sue discutibili frequentazioni e pensare un po’ di più a noi… -
La femmina zampettò più in alto, sulla cima esatta dell’albero.
-Forse non ti piaccio, Kharas? Forse non ti piacciono i tuoi fratelli e sorelle Tyto? Vieni con me e sarà la tua compagna, unisciti ai Puri ed io sarò tua… così come tu sarai mio.-
Il giovane maschio per poco non ebbe un capogiro, il suo cuore batteva forte per l’emozione di tale richiesta ma allo stesso tempo dal suo ventriglio proveniva una strana e spiacevole sensazione.
Una sensazione venuta alla luce dopo le ultime decise parole di Elah, se egli l’avesse seguita: Kharas sarebbe stato sua per sempre. Ma cosa intendeva esattamente con quel “sua”?
-Io… io non… -
Sì voltò e quel che vide lo avrebbe sicuramente mandato in stallo se in quel momento stesse volando.
Denso fumo nero si levava in cielo e l’origine era proprio la montagna ove viveva la sua famiglia.
Spiccò il volo senza perdere un istante, emozioni confuse si affollavano nella sua mente mentre una sensazione opprimente si fece strada in lui.
Avvertì come Elah stesse volando al suo fianco ma quando la montagna si fece più vicina, la femmina parlò di nuovo.
-Non c’è più nulla da fare Kharas, vieni con me… e i Puri sapranno vendicare quanto accaduto oggi. –
-Vendicare? E cosa dovrebbero vendicare?- pensò Kharas, con il cuore in gola.
Quindi li vide.
Giacevano sul terreno come dei pupazzi abbandonati: erano quattro civette delle tane, ormai ridotti a corpi senza vita, mentre il sangue macchiava il terreno dove essi erano caduti e tante piume vicino ai loro corpi si sollevano ad ogni sbuffo di vento.
Kharas atterrò vicino ad uno di essi e guardò per un istante con terrore l’espressione di dolore e stupore sul volto della civetta, come anche le strazianti ferite su quel piccolo corpo.
-Perché perdiamo tempo a guardare quegli insulsi gufi terricoli? Dovremo andarcene di qui piuttosto!-
Kharas stava per voltarsi e dirne quattro alla femmina di barbagianni quando il clangore di metallo che sbatteva sulla roccia fece sussultare entrambi.
Un grande masso si ergeva alla loro sinistra e sulla cima era ora in piena mostra un gufo terrificante.
Il clangore avvertito da Kharas era dato dalle lunghe e pesanti grinfie da battaglia indossate dal gufo, lo straniero indossava anche un pettorale metallico con disegnato su un intricato ideogramma blu mentre il capo era protetto da un elmo completo dal quale pendevano lunghe strisce di tessuto blu.
La stazza del gufo così come il suo piumaggio lo qualificavano come un gufo reale.
-Chi… chi sei? Cosa ne avete fatto della mia famiglia?- gridò Kharas.
Un fruscio d’ali distrasse il giovane barbagianni ed egli vide con stupore la bella Elah spiccare il volo.
Lo stava abbandonando dandosi alla fuga e non vi era traccia di paura o rimorso nel suo viso concentrato.
Il volo della barbagianni durò poco perché uno scintillio metallico baluginò sopra di lei ed un secondo gufo più piccolo si avventò sulla femmina.
Il nuovo arrivato indossava lo stesso elmo e lo stesso pettorale del gufo reale ed era anch’egli armato con grinfie di battaglia.
Elah emise solo un acuto grido prima che le grinfie del suo aggressore le squarciassero la spalla fino ad affondare nel petto: il corpo della barbagianni venne scaraventato contro il terreno mentre il suo assassino, un gufo comune, le ci si appollaiò sopra.
Kharas era paralizzato dal terrore, credette fosse arrivata la sua ora quando improvvisamente una confusa macchia brunastra si scagliò contro il gufo comune.
Era la civetta-capo: l’anziano maschio aveva uno sfregio sanguinante sul volto ma combatteva con una tenacia che sorprese non poco il giovane barbagianni.
-Presto, scappa ragazzo!- urlò la civetta e Kharas improvvisamente riacquistò il controllo sul proprio corpo.
Spiccò il volo e solo dopo alcuni istanti avvertì il rumoroso e frenetico volo della civetta al suo fianco che evidentemente era riuscito a seguirlo.
-Non rallentare! Continua a volare! Verso ovest, verso ovest!-

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Capitolo 3
*** La decisione di una vecchia civetta ***


Capitolo 3 – La decisione di una vecchia civetta.

Le stelle brillavano su di un cielo limpido ma quella notte la volta celeste appariva come morta per Kharas.
Col tempo forse avrebbe potuto abituarsi ad un cielo sgombro dalle fronde degli alberi, ma la verità era che il giovane barbagianni non riusciva a decidere cosa sarebbe stato della sua vita.
Cercò una posizione migliore sull’incavo tra due gonfi rami del grande cactus sul quale si trovava. Non gli importava nemmeno di stare scomodo, fino a pochi giorni fa non avrebbe mai nemmeno preso in considerazione l’idea di passare la notte su di un cactus.
-Forsa ragazzo, scendi giù! Ti sembrerà strano ma ti sentirai al caldo… le notti nel deserto sono spesso gelide.-
Il volto di Mùrin sbucò dall’ingresso della sua tana che si trovava esattamente sotto il cactus.
L’anziana civetta era stata molto gentile a dargli ospitalità.
Il bisogno di voler stare da solo andò a scontrarsi con il rispetto e la cortesia insegnata dai suoi genitori: ignorare qualcuno che ti aiutava, ti ospitava e ti nutriva in questo modo sarebbe stato più che scortese.
Kharas piegò il capo verso il lato del cactus opposto all'ingresso della tana e rigettò una borra: quel che rimaneva di un topolino del deserto catturato per lui da Mùrin, visto che nelle ore precedenti il giovane barbagianni non si era dedicato ad altro che a guardare l’orizzonte con fare sconsolato.
Egli spalancò le ali e si lasciò planare verso il suolo sabbioso: per quanto non gli piacesse l’idea di vivere sotto terra, Kharas era probabilmente più abituato di altri barbagianni a vivere nei cunicoli a causa dell’attività dei suoi genitori.
Lentamente egli zampettò all’interno del cunicolo sabbioso fino ad entrare in una camera interna. L’ambiente era decisamente più pulito ed ordinato di quanto Kharas si fosse aspettato, il terreno sabbioso e le pareti erano state rinforzate con dei pezzi di legno e corteccia mentre in diversi angoli erano conservati piccoli oggetti o rotoli di papiri.
Mùrin se ne stava appollaiato in mezzo ad un giaciglio al centro della tana e Kharas notò come un secondo giaciglio fresco fosse stato preparato per lui.
-I tuoi genitori non ti vorrebbero vedere così, lo sai… -
La menzione a suo padre e a sua madre lo frastornò nuovamente.
-Io… io non posso credere che… -
Il maschio di civetta delle tane lo incalzò con un tono di voce più duro del solito.
-Negare la realtà non ti condurrà a nulla giovanotto! I tuoi genitori sono stati assassinati, insieme a molti miei cari amici.. l’ho visto con i miei occhi.–
Il silenzio regnò nella tana mentre la verità si fece strada sempre più salda e irreparabile nella mente del giovane barbagianni: per quanto cercasse di sfuggirle egli oramai si trovava con le spalle al muro.
-Io…che cosa farò adesso?- si lasciò sfuggire con un gemito di sconforto.
Non era una domanda esplicita al gufo più anziano ma egli fu pronto a rispondere.
-E’ una tua scelta giovane Kharas, è la tua vita dopotutto. Ma per come la vedo io… -
Il barbagianni fu certo di notare un inconsueto luccichio negli occhi dell’anziano.
-… sarebbe giusto cercare vendetta e salvare l’eredità dei tuoi genitori. Essi sono stati uccisi per una ragione e non credo che i loro scrum possano trovare pace tanto facilmente. –
Kharas rabbrividì al pensiero degli scrum: avrebbe voluto rivedere i suoi genitori, ma gli spiriti dei gufi dopo la morte che sostavano nel mondo terreno erano un argomento adatto a spaventare pulcini o giovani gufi.
Qualcosa di inspiegabile e innaturale al tempo stesso.
All’improvviso Mùrin si alzò, dirigendosi verso il fondo della tana: vi era un alcova in legno che inizialmente il barbagianni non aveva notato, la civetta la aprì e Kharas emise un gemito per lo stupore.
-Tu forse credi che questa vecchia civetta delle tane abbia sempre vissuto una vita tranquilla, ti sbagli ragazzo: quando ero un giovane non mi interessavo a scavare buchi nella terra e nonostante la mia stazza bramavo l’avventura e l’azione. Insieme ad altri giovani mi unii ad una banda di Prestagrinfie: eravamo mercenari… soldati di ventura, pronti a buttarci in una danza alata di acciaio e sangue per questo o quest’altro regno chiedendo in cambio rifugio e cibo garantito. –
In bella mostra su di un masso prima celato dal legno, riluceva lo scintillio di un paio di grinfie da battaglia.
-Ho combattuto ed ucciso per anni, fino a rendermi conto che quella che era cominciata come un avventura eccitante si era tramutato in un incubo di sangue e passione. Mi ritirai a vita solitaria, solo in seguito ricevetti la richiesta di aiuto da parte dei tuoi genitori: avevano bisogno dell’aiuto di noi civette delle tane per scavare alla ricerca dei misteri del passato.
Dopo tanti anni di apatia e esilio auto-impostomi avevo di nuovo un compito… una missione. –
La civetta scalzò le grinfie dalla pietra col becco, facendole scivolare al suolo, quindi si volse.
Egli era piccolo ed il suo aspetto, reso ancora meno intimidatorio dall’età avanzata, a prima vista non rivelava nulla del passato focoso di Mùrin.
Ma la sue parole sembravano dargli nuova forza, unita ad una determinazione vibrante.
-Io calzerò le mie grinfie ancora una volta, forse per l’ultima volta. Volerò in battaglia contro gli assassini dei tuoi genitori, vendicando i miei amici passati a miglior vita. Forse il mio passato da Prestagrinfie potrà infine acquisire maggior valore … -
Kharas guardò la civetta sbalordito. Mùrin sembrava così piccolo, quasi goffo con le sue lunghe zampe e la scarsa capacità nel volo; questo insieme di apparenze e illusioni sembrava essersi infranto : solo in quel momento il barbagianni si rese conto che l’anziana civetta avrebbe potuto ucciderlo in un batter d’occhio, se fosse stato un suo nemico.
-Per favore… portami con te! Non so se sarò in grado di combattere o ferire un altro gufo. Ma i ricordi, le ricerche dei miei genitori… sono tutto quel che mi resta di loro e non voglio che siano perduti, abbandonati agli artigli dei loro assassini. –

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Capitolo 4
*** Per coloro che ci hanno amato. ***


Capitolo 4  - Per coloro che ci hanno amato.

Gli occhi di Khaldun si concentrarono sull’ingresso della caverna: e non solo quelli, tutti i sensi del suo corpo erano all’erta nel percepire ogni singolo movimento che avveniva davanti a lui. L’intero corpo del giovane gufo era scosso da fremiti, un misto di sensazioni sconosciute lo attanagliò e Kharas ebbe l’istinto di rigettare una borra non completamente formatasi.
-Calmati… respira a fondo, così.- disse il vecchio gufo al suo fianco, le piume delle sue ali accarezzarono il collo del barbagianni in un gesto di affetto e comprensione.
Quando Kharas si volse a guardarlo, rimase per l’ennesima volta sorpreso dal fuoco che ardeva negli occhi nella civetta delle tane.
-Devi imparare a trovare la lucidità quando affronti un pericolo. Ora torna a concentrarti sui tuoi sensi, cosa vedi? Cosa percepisci?-
La voce del  barbagianni si levò tremante.
-V…vedo, tre gufi davanti alla caverna. Hanno elmi, pettorali, grinfie da battaglia… sono tutti più grandi, più vecchi e più forti di me. –
-Eppure vedi qualcos’altro, giusto?-
Kharas annuì, e la visione di quel che accadeva dinanzi alla caverna gli causò un sussulto di rabbia.
I tre gufi ciarlavano tranquillamente, passandosi tra loro ed ammirando i cimeli di battaglia di suo padre.
Il barbagianni non aveva mai visto suo padre indossarli, ma li aveva ammirati a lungo nella loro caverna.
Ed ora erano nelle zampe dei suoi assassini.
-Sono sicuri di sé e noi abbiamo l’elemento della sorpresa, inoltre non farti scoraggiare dall’aspetto: questa vecchia civetta conosce ancora qualche trucchetto.-
Un poco più sicuro di sé  Kharas annuì e,  ad un cenno del suo più anziano amico, entrambi spiccarono il volo dai cespugli in cui si erano rifugiati.
Volarono bassi e silenziosamente fino ad appostarsi dietro ad alcune rocce che fornivano un ottima copertura e protezione nei confronti degli occhi dei tre gufi.
-Ricorda quanto ti ho detto: evita le loro grinfie e sfrutta le loro stesse dimensioni!-
Appena il barbagianni annuì con espressione un po’ più decisa, Murìn uscì fuori dal loro nascondiglio.
Gli istanti successivi furono tanto rapidi quanto brutali.
Kharas ebbe solo una fugace visione di Murìn che correva sulle sue lunghe zampe robuste verso i loro nemici, per poi scagliarsi con gli artigli da battaglia spiegati contro il volto di un gufo di palude.
Ma l’attenzione di Kharas venne presto distolta dal fatto di trovarsi faccia a faccia con uno dei tre gufi: un gufo comune il cui pettorale e l’elmo decorato da nastri blu scintillava al chiaro di luna.
Il caso aveva voluto che fosse stato quel gufo ad avere in quel momento tra le zampe la possente alabarda da guerra posseduta dal padre di Kharas ma la sorpresa era stata tale che egli era rimasto immobile per qualche secondo di troppo.
Kharas allungò un artiglio verso l’estremità dell’alabarda con l’intenzione di trascinarla a se, il suo nemico tuttavia si riprese in fretta e la strattonò con un colpo deciso per poi levarsi in volo con un grido: egli sollevò l’alabarda e la mulinò sopra il capo di Kharas.
L’arma tuttavia non era fatta per essere impiegata da un gufo che già indossava delle grinfie da battaglia e fu questo a far sì che il metallo dell’arma non decapitò il barbagianni: egli cadde all’indietro, in parte frastornato dalla furia del nemico ed in parte terrorizzato da lui. 
Il suo nemico sferrò un altro colpo ma un clangore metallico si diffuse quando l’arma andò a cozzare contro i bordi della roccia nella quale si era infilato Kharas senza nemmeno accorgersene. Il gufo comune stridette di rabbia e frustrazione quindi mulinò l’arma per infilzare il barbagianni ma questi si abbassò ed allungò l’artiglio afferrando un tratto dell’arma. Il gufo era forte e Kharas si lanciò in avanti gettandosi di peso contro l’asta dell’alabarda ed immobilizzandola così sotto il suo corpo.
Il gufo comune indietreggiò lasciando l’arma e sfoderò gli artigli pronto a colpire Kharas che oramai era esposto al di fuori del suo rifugio di pietra.
Tutto accadde nell’arco di pochi istanti:  come il gufo comune si scagliò su di lui ad artigli spiegati, Kharas chiuse gli occhi e afferrò saldamente l’alabarda. Egli non aveva avuto né il tempo né la prontezza di riflessi di ruotarla ma l’arma era dotato di un puntale metallico dal lato opposto della lama principale.
Kharas aprì gli occhi quando udì un rumore strozzato e non avvertì alcun dolore in lui.
Il gufo comune non aveva potuto evitare la punta di metallo che si era parata dinanzi a lui un istante prima che potesse scagliarsi su Kharas: l’arma aveva penetrato carne ed ossa sotto il collo appena sopra il pettorale metallico, uccidendolo sul colpo.
Kharas ebbe un sobbalzo quando qualcosa si avventò su di lui da dietro.
-Stai bene ragazzo?!-  chiese la voce concitata di Murìn.
Il giovane barbagianni si voltò lentamente, osservando la vecchia civetta delle tane un po’ arruffata ma illesa: i suoi artigli da battaglia erano macchiati di sangue e più in là giacevano i corpi inerti degli altri due gufi di guardia all’entrata.
-Abbiamo pochissimo tempo! Tieni, questo era l’elmo di tuo padre. Prendilo e prendi la sua arma, vola su quella collina laggiù e restaci finché non farò ritorno. –
-Ma… ma io voglio aiutarti, non posso lasciarti entrare da solo!-
-Non protestare! Hai fatto già abbastanza, presto saranno qui a cercarci dopo aver udito tutto questo frastuono. Io entrerò da un tunnel secondario che stavamo finendo di scavare, tuo padre sarebbe orgoglioso di te ma ora vi è un compito che posso svolgere da solo. –
Lentamente Kharas annuì.
Egli pose lo sguardo sull’elmo del padre: era antico e recava numerosi segni di battaglia mentre il pennacchio di crine rossa svettava dalla cima. Kharas lo indossò, inizialmente rabbrividì al contatto col freddo metallo ma ben presto si sentì protetto da quell’elmo.
-Lo indossava mio padre.- pensò con un pizzico di dolore e orgoglio.
Kharas afferrò l’alabarda con la stessa fierezza mentre strani sentimenti gli scuotevano il ventriglio: sentimenti che spaziavano dal cordoglio all’orgoglio, dalla nausea alla nostalgia.
Aveva ucciso un gufo:  per la prima volta in vita sua aveva tolto la vita ad un suo simile.
-No…non un mio simile. Uno degli assassini di mio padre.-
Pensò con uno espressione decisa mentre spiccava il volo.
 
La notte scorreva rapida  mentre Kharas attendeva al riparo sulla cima di un albero dove Murìn gli aveva detto di aspettare. Non si era tolto l’elmo e teneva un artiglio stretto sull’asta dell’alabarda.
Aveva cacciato e mangiato un topolino che si aggirava alle radici dell’albero, ma alcuni minuti dopo aveva rigettato quel poco che era riuscito a digerire quando aveva ripensato al gufo comune ucciso dinanzi a lui.
-Non puoi farci niente adesso… -
Cercò di convincersi  ma questo pensiero gli causò ulteriore rimorso perché i suoi sentimenti andarono all’anziana civetta delle tane che si era infiltrata da sola in mezzo a tanti nemici.
-Non avrei potuto fare niente neanche per lui! L’unica cosa che sarei riuscito a fare sarebbe stato farmi uccidere!- disse ad alta voce.
Una parte della sua mente prendeva per vera tale realtà, ma un'altra parte continuava ad instillare il dubbio della paura e della codardia.
-Io non volevo che accadesse tutto questo … -
Gli occhi gli si chiusero, era quasi l’alba e il giovane gufo risentiva della stanchezza di quella notte.
Cercò ad ogni costo di restare sveglio, anche arrivando a pizzicarsi una zampa col becco.
I suoi sensi si allertarono quando avvertirono una sagoma volare verso di lui dalla montagna.
-Un nemico? No non può essere … è uno solo.-
Quando realizzò che si trattava di Murìn, Kharas non trattenne un sospiro di sollievo ma all’atterraggio di quest’ultimo il barbagianni capì rapidamente che qualcosa non andava bene.
Le civette delle tane non erano grandi volatori, era una cosa ben nota. Ma Murìn volava peggio del solito e il suo atterraggio lasciò molto a desiderare.
-E’ tutto a posto Murìn? Cos’è successo!-
L’anziana civetta si appoggiò contro il tronco dell’albero, ansimando rapidamente.
Quindi allungò un artiglio mostrando un grosso rotolo di pergamene, fogli e documenti.
-Prendili Kharas. Sono il frutto delle ricerche dei tuoi genitori nonché il frutto del lavoro mio e dei miei compagni ormai morti. Ora ascoltami ragazzo: a Nord, lontano da qui si estende un mare e al centro di esso vi è un isola molto difficile da trovare a causa dei venti marini. Su quest’isola si erge il Grande Albero di Ga’hoole e tu dovrai recarti dal re che lì governa su coloro i quali sono noti come i Guardiani di Ga’hoole.
Sono gufi saggi e potenti e sono i soli in grado di fermare quei pazzi…  dovrai volare facendo appello a tutto il tuo coraggio e ai tuoi insegnamenti. E sarai da solo… -
Kharas si rivolse alla civetta con voce rattristata e premurosa..
-Ma… perché? Possiamo volare insieme all’Albero, appena tu ti sarai ripreso. Inoltre io non so nulla nel dettaglio della scoperta dei miei genitori. Soltanto tu potrai… -
-Io… non mi leverò più in volo da questo albero, Kharas.-
Come egli pronunciò quelle parole, Kharas rabbrividì quando qualcosa di umido gli toccò le zampe: abbassò lo sguardo e vide come il tronco dell’albero si stava impregnando del denso sangue che scaturiva da una profonda ferita sul fianco di Murìn.
-Abbi fede… nel tuo cuore e nel tuo ventriglio…. fidati dei Guardiani, essi sapranno cosa fare. Non… non dubitare mai del tuo coraggio … sei un giovane volenteroso e gentile ma puoi trovare una grande forza dentro di te. Però…  -
Murìn emise un rantolo e poi tossì, chiudendo gli occhi.
-Stai… stai attento a Nuba.-

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Capitolo 5
*** Guardiani ***


Capitolo 5 - Guardiani

La vastità della distesa d’acqua che si trovava dinanzi a lui lasciò Kharas spaesato e meravigliato allo stesso tempo: nessuno lo aveva preparato ad un tale spettacolo perché dopotutto egli aveva volato senza fermarsi ad avere contatti e parlare con altri gufi.
Il Regno dei Tyto, benché abitato dai suoi simili, era per lui un posto completamente ignoto ed egli non aveva dimenticato le lusinghe di Elah, la femmina di barbagianni al quale aveva inutilmente fatto la corte prima di quella fatidica notte.
Non si era capacitato della fredda rapidità con la quale quella femmina si era dimostrata pronta ad abbandonarlo in un momento di pericolo. Kharas era sicuro che non vi era paura negli occhi di lei, mentre fuggiva: aveva infranto in pochi istanti la maschera di falso interesse che aveva mostrato al giovane maschio.
Elah aveva parlato di altri loro simili noti come i “Puri” e se tutti i membri di tale gruppo agivano così come si era comportata quella femmina, Kharas si convinse della necessità di tenersene alla larga.
In quel viaggio aveva fatto ben attenzione ad evitare di incrociare la vista di altri barbagianni e si era mantenuto sul limitare del confine del Regno, sorvolando la riva occidentale del fiume Hoole.
L’ostacolo che si frapponeva adesso dinanzi a lui sembrava però insormontabile a confronto con le ambiguità degli altri barbagianni come lui, che non aveva mai avuto modo di conoscere approfonditamente all’infuori dei pochi membri della sua famiglia.
Le onde montavano imponenti, prima di infrangersi contro la scogliera e l’aria intorno a lui era carica di umidità.
-Non ho intenzione di infilarmi in quella che potrebbe trasformarsi in una tempesta!-
Disse Kharas, che da qualche tempo aveva cominciato ad esprimere ad alta voce i propri pensieri per contrastare la solitudine.
-I Guardiani vivranno pure in un isola in mezzo a questo mare ma prima o poi dovranno andare a pattugliare queste coste: che sia in cerca di nemici, cibo o informazioni.-
Si guardò intorno, poco propenso a restare a lungo in quel luogo, sentendosi vulnerabile ed osservato.
La costa su cui era arrivato era terra di nessuno, parte delle Lande, e racconti di presta-grinfie o gufi poco raccomandabili solitamente erano ambientati in posti del genere.
Strinse con maggior forza l’asta dell’alabarda di suo padre: aveva avvolto l’arma e l’elmo con dei vecchi stracci che aveva recuperato nel suo albero cavo. Allo stesso modo aveva protetto in un pacco i preziosi documenti dei suoi genitori; tutto quel materiale era pesante e Kharas aveva dovuto fermarsi più volte lungo il viaggio per riprendere fiato anche se dopotutto era sempre meglio fare un po’ di fatica piuttosto che attirare l’attenzione di tutti, indossando quell’elmo d’acciaio scintillante.
Spiccò il volo dirigendosi a nord: sapeva che in quella direzione si trovava il Regno di Velargento e sperava che se avesse atteso di incontrare qualche Guardiano sulle rive di quel Regno, le probabilità di incrociare gufi ostili sarebbero state minori.
-A Velargento vivono gufi di foresta e diverse altre razze, se solo ricordassi di più di quello che mi aveva detto mio padre! Dovrebbe essere un Regno ma non ricordo se abbia fatto menzione del nome di un re in particolare... – disse, poco prima di individuare un bell’albero cavo che faceva al caso suo.
Non era troppo distante dal mare e da lì poteva osservare con attenzione eventuali pattuglie di gufi provenienti dal mitico Regno di Ga’hoole che voleva raggiungere.
Nelle ultime ore prima dell’alba, Kharas si dedicò a procacciarsi la cena tra le radici degli alberi che crescevano lì attorno: scovò e uccise un topolino, mangiandolo rapidamente sul ramo di un albero.
Quando dopo alcuni minuti fece ritorno alla sua temporanea dimora, col ventriglio piacevolmente al lavoro, estrasse con delicatezza le carte di suo padre dal tessuto in cui le aveva avvolte.

-Eccoli!-
Disse esclamò eccitato Kharas, col cuore palpitante dalla trepidazione.
-Ma si tratta davvero dei famosi Guardiani? Sicuramente non indossano gli elmi che ho visto sugli assassini dei miei genitori e tra loro c’è anche un uccello troppo piccolo, per poter essere un barbagianni del Regno dei Tyto, un allocco di Ambala o uno dei gufi di Velargento – pensò il giovane barbagianni, ricordando le spiegazioni di suo padre sulla distribuzione delle varie razze di gufi.
-Sembrerebbe una civetta nana: quelli sono abitanti del deserto come le civette delle tane. Il fatto che si trovi tanto a nord in compagnia di altri gufi potrebbe indicare la loro appartenenza ai Guardiani di Ga’hoole! Mio padre mi aveva raccontato come essi accolgano tante razze di gufi tra i loro ranghi.-
Spiccò il volo e si diresse cautamente verso i gufi sconosciuti annunciando con uno stridio il suo arrivo.
Fece attenzione a non dimostrarsi aggressivo né a rendere troppo rapida la propria apparizione: il trio di gufi in pieno assetto da guerra lo individuò immediatamente e un grosso gufo cornuto gli intimò di fermarsi a mezz’aria.
Lo sforzo affaticò Kharas, che si guardò intorno sperando di potersi posare su un qualche albero.
-Chi sei? Identificati!- disse imperiosamente lo stesso gufo di prima, evidentemente il leader del gruppetto.
I suoi compagni erano un gufo comune e piccola civetta: quest’ultima era la meno intimidatoria del gruppo ma il cui sguardo recava lo stesso scintillio di energia degli altri due, pari solo al riflesso della luce lunare sulle sue piccole ma affilate grinfie da battaglia.
-Io… io mi chiamo Kharas. Abitavo a sud del Regno dei Tyto, in un una montagna non troppo distante dal Kuneer. Io ecco… mi è stato detto di trovare i Guardiani, i miei genitori sono stati assassinati e ho con me dei documenti che i vostri regnanti potrebbero… -
-Sarà una spia dei Puri?- chiese il gufo comune al compagno più grande.
Kharas colse al volo la parola e cercò di dare prova della propria sincerità con un tono deciso e convincente.
-Non sono una spia! Ho sentito parlare di questi Puri ma vivono più a Nord di dove abitavo con la mia famiglia, i miei erano archeologi e hanno fatto una scoperta importante e … -
-Che sia una spia o meno non possiamo lasciarlo qui, ed ucciderlo sarebbe sgarbato soprattutto nei confronti dei gufi di Velargento. Portiamolo con noi e che sia Re Boron a decidere cosa fare di lui!-
La piccola civetta aveva parlato con una voce acuta ma che non nascondeva un carattere estremamente affilato come una lama. Kharas avrebbe voluto rispondere a tono ma le parole gli morirono in gola di fronte al lampo di consapevolezza improvvisa: quel nome gli era familiare ed era stato il vecchio Murìn a parlargliene
-Beh … tutto sommato credo sia la cosa migliore da farsi. Accompagnalo a prendere la sua roba, sempre che sia vero, e quanto a te… se si tratta di una trappola e il mio compagno verrà ucciso, ti caverò personalmente gli occhi!-
Mentre il gufo comune si avvicinò a Kharas, quest’ultimo si volse e volò lentamente verso l’albero cavo.
-Certo che sei un po’ troppo nervosetto per essere una spia! Non preoccuparti ragazzo: Gronok è tipo sempre burbero e “diretto”, Seryan invece deve essere sempre lì a mostrare di essere forte e decisa per compensare la sua beh… altezza.- si volse per assicurarsi che la piccola civetta nana non lo sentisse.
-Ti sento da qui, Madaàr! Dopo faremo i conti!- giunse la risposta dell’orgogliosa civetta.
-Ecco… sono fregato. Dai su, sbrighiamoci a prendere le tue cose, a proposito… hai mai volato in una tempesta?- disse il Guardiano con un sorriso eccitato, mentre un brivido di timore corse lungo la spina dorsale del barbagianni.
-Non fare quella faccia! Non è poi così difficile! Beh… in effetti un po’ lo è se non sei del Regno di Ga’hoole, comunque basta che resti nel mezzo e ti fai aiutare dalla scia di uno di noi. I fenomeni atmosferici sul Mare di Hoolemere possono essere belli forti!-

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Capitolo 6
*** L'udienza ***


Capitolo 6 - L’udienza

La vista del Grande Albero di Ga’hoole era qualcosa a cui Kharas non poteva essere preparato.
L’immenso albero si stagliava su quell’isola che mai il giovane barbagianni avrebbe potuto trovare da solo.
In effetti egli era stato alquanto certo di andare incontro alla morte durante il tragitto stesso, quando i venti e le correnti tempestose sopra il mare turbinavano attorno a lui.
Ma il trio di Guardiani aveva aperto un varco in quel tempaccio e il giovane gufo si era accodato alla loro scia, riuscendo ad evitare di essere spazzato via a causa del minimo errore di manovra.
Quando i suoi artigli si posarono sul legno dell’albero, Kharas si rese conto che non era l’Albero stesso a costituire qualcosa di unico: i suoi stessi abitanti spiccavano per le grandi ed evidenti differenze tra loro e tutti gli altri gufi che Kharas aveva visto fino a quel momento.
Nonostante la presenza dei Regni a governarli, i gufi erano soliti vivere da soli o in coppia e se praticavano attività specifiche lo facevano per diletto personale o al massimo per baratto.
Il caos dell’Albero lasciò il giovane gufo frastornato, dozzine di gufi volavano da una parte all’altra recando con se ceste, pergamene o oggetti: gufi di razze e origini differenti che si mischiavano, parlavano e volavano insieme.
-Ti va di mangiare qualcosa? Sembri mezzo morto di fame- disse con voce cordiale Madaàr, ma nonostante tutta quella cordialità, Kharas percepì dopo alcuni istanti come il suo arrivo avesse suscitato una reazione di cautela mista ad una sorta di timore.
Alcuni gufi che volavano sopra di loro non si fecero tanti problemi a fissare Kharas con sguardo attento, per poi rischiare di sbattere in volo contro qualche altro gufo di passaggio.
Il giovane barbagianni intravide lo stesso Gronok accostarsi e parlottare con un paio di guardie che indossavano elmi scintillanti: benché l’udito di Kharas fosse acutissimo, non riuscì a percepire con precisione su cosa vertesse il parlottio ma egli sospettò che riguardasse la sua presenza.
Non ebbe tempo di indagare ulteriormente poiché venne sospinto da Madaàr.
-Forza ragazzo! Non so te, ma io ho fame e non intendo attendere oltre… chissà se è avanzato qualcosa di gustoso per un gruppetto di eroici Guardiani in missione- aggiunse con tono di voce speranzoso.
Kharas non seppe mai la reazione di Madaàr al cibo che gli venne offerto poiché era lui stesso intento a assaggiare quelle delizie.
Sospettava che i gufi di Ga’hoole cuocessero il loro cibo, ma non si era mai immaginato che i Guardiani fossero abituati anche a … condirlo! E in molti modi diversi per di più.
L’umore della sua cena venne tuttavia parzialmente guastato dalla voce dura e decisa della piccola Seryan.
-Quando avrai finito di ingozzarti il ventriglio, sappi che verrai portato in udienza ai nostri regnanti, l’intero Parlamento è curioso di parlare con te-

Kharas rimase in attesa, osservando i gufi dinanzi a lui.
Aveva raccontato loro tutto d’un fiato, ma senza lesinare sui dettagli, ed essere consapevole che il suo futuro era adesso nelle mani di quei gufi sconosciuti in qualche modo lo metteva in ansia.
Sapeva bene chi erano i nobili gufi dinanzi a lui, alcuni esprimevano saggezza… altri forza: alcuni di essi rilucevano di entrambe e la candida figura dei due regnanti stagliava in mezzo ai loro compagni.
-Cosa succederà adesso? Cosa faranno? E cosa dovrò fare io?-
Si domandò silenziosamente il giovane barbagianni, la voce salda di Re Boron lo colse di sorpresa.
-Ciò che hai raccontato è indubbiamente molto preoccupante e importante allo stesso tempo, se vuoi scusarci giovane Kharas, il Parlamento delibererà in privato ma non dovrai attendere molto.-
Il barbagianni avrebbe dovuto essere sorpreso della franca gentilezza di un re che chiedeva in maniera tanto cortese di lasciare il Parlamento invece di ordinarglielo senza tante storie.
Ma l’attenzione del giovane gufo era tutta per il membro più interessante e al contempo sorprendente del Parlamento.
Un anziano assiolo delle redini che non aveva mai smesso di tenere gli occhi fissi sul giovane barbagianni (benché un occhio fosse alquanto malandato in effetti).
-Forza ragazzo! Non vorrai star qui tutto il giorno… - disse Gronok, in un tentativo palesemente fallito di utilizzare un tono di voce basso e contenuto.
Il grande gufo cornuto spalleggiava Kharas un po’ come se fosse la sua guardia del corpo.
-…. o piuttosto il mio sorvegliante.- pensò il barbagianni, senza andare troppo lontano dalla verità.
-Cioè… quello che hai raccontato è proprio tutto vero?!- chiese con espressione a metà tra l’eccitato e il timoroso Madaàr.
-Un mucchio di cacca di pipistrello per quanto mi riguarda … - disse con voce tagliente la piccola civetta nana.
-Grazie per la comprensione…- pensò tra sé e sé il giovane barbagianni. Facendo ben attenzione a non lasciarsi sfuggire dal becco tale commento, per non ritrovarsi l’agguerrita civetta ad artigli spianati.
-Io ci andrei un po’ più leggero con le parole, giovane Seryan. Dubitare di ciò che non sappiamo solo perché ci fa paura è comportamento da sciocchi e dubito fortemente che tu sia una dei tanti sciocchi che parlano solo per riempirsi la bocca.-
Gracchiò una voce dietro di loro.
Kharas si volse, sorpreso di ritrovarsi dinanzi a quello stesso assiolo che faceva parte del Parlamento.
-Oh … Ezylryb, non… non dovreste partecipare alla scelta del Parlamento a riguardo…-
Balbettò Madaàr, come se volesse far intendere una sorta di desiderio celato.
-Boron e io condividiamo lo stesso parere e per quanto mi riguarda quale che sia la scelta il risultato sarà il medesimo…- egli si fermò, come se i pensieri gravassero sulle sue spalle, facendolo apparire ancora più vecchio.
-Purtroppo la nostra situazione non è delle migliori, giovane Kharas. Se hai già sentito parlare dei Puri allora saprai almeno in parte del conflitto in atto: lo stesso Albero è stato attaccato e siamo riusciti a respingere le loro forze solo pagando un caro prezzo. Purtroppo un folto gruppo dei nostri migliori giovani, gufi onesti e coraggiosi, sono attualmente al Nord in cerca di consiglio, aiuti ed alleati…-
Seryan aveva rapidamente abbandonato l’espressione di imbarazzo per essere stata rimproverata dall’anziano gufo.
-Ma… Ezylryb! Rivelare questi segreti di guerra così..-
-Mia cara Seryan, ricordo ancora oggi quando giungesti ancora piccola all’Albero, sei cresciuta e sei diventata una vera Guardiana così come i tuoi compagni ma vivere in un epoca di guerra e conflitti indurisce il cuore e la mente. Questo giovane barbagianni è un amico prezioso e deve essere consapevole del fatto che se intende proseguire sul cammino che ha percorso finora, la morte è un opzione tutt’altro che improbabile.-
Ottenuto nuovamente il silenzio dei presenzi, l’anziano gufo continuò.
-Con le perdite che abbiamo subito e con i gufi necessari a proteggere l’Albero, ci è impossibile inviare un gruppo numeroso di Guardiani che sia solo per proteggerti sulla via del ritorno o per combattere. Tuttavia se un piccolo gruppo di volontari insistesse per garantirti almeno un ritorno sicuro alla casa che sceglierai, il Parlamento potrebbe concedere loro il permesso di andare.-
-Cioè… un gruppo di gufi sarebbe così pazzo da offrirsi di attraversare giorni in volo di territorio potenzialmente ostile ? Col rischio poi di ritrovarsi da soli ad affrontare una setta di fanatici che scavano alla ricerca di segreti del passato in una montagna nel lontano sud ? –
Madaàr volse il capo da un lato all’altro per guardare i suoi compagni.
-A me quei disgraziati stanno poco simpatici, tanto loro quanto i Puri-
Espresse con fare burbero il grosso Gronok.
-E’ una pazzia… al di là dei rischi, chi dice che questo barbagianni non sia uno dei Puri che mira a prendere i segreti nascosti in quella montagna? Potremmo benissimo cadere in una trappola.-
Disse con fare tagliente Seryan.
-Oh andiamo! Sarebbe la prima volta che … beh… diciamo sembra quasi che tu abbia un po’ di pa..-
La piccola civetta sollevò a mezz’aria un artiglio con fare truce, rivolgendoli verso Madaàr.
-Se osi dire quella parola, scoprirai che posso essere molto più terribile dei Puri, Madaàr figlio di Barzhàn! Volerò al sud per riaccompagnare questo moccioso e chiunque osi sbarrarmi la strada dovrà vedersela con me!-
-Va bene va bene! Beh immagino quindi che debba venire anch’io a questo punto, se non altro per impedirti di dichiarare guerra a metà dei Regni del Sud!-
Kharas guardò con espressione confusa i tre gufi: erano così superbi! Indubbiamente gufi di natura guerriera ed orgogliosa ma anche leale e onesta.
Il grande e possente Gronok aveva manifestato senza troppi problemi il suo desiderio di combattere gli assassini dei genitori di Kharas.
Madaàr e Seryan sembravano essere spinti da ragioni diverse ma convergenti: il primo era forse onestamente interessato e incuriosito da quanto Kharas aveva rivelato al Parlamento e la seconda.
-Non ho mai visto un gufo più orgoglioso di lei… ha cambiato idea in pochi istanti al solo accenno di una presa in giro da parte di Madaàr.-
Il vecchio Ezylryb annuì con espressione meditabonda.
-Riferirò al Parlamento la vostra richiesta allora, dubito che si decida di affidarvi qualcosa di più che una missione di scorta. Ricordate: durante il viaggio cercate di captare ogni possibile segnale di movimento da parte dei Puri e quando avrete raggiunto il Kuneer o la montagna di Kharas, rammentate che raccogliere informazioni è di primaria importanza rispetto al prendere decisioni personali che possono condurre al disastro.-
-Fantastico! Un'altra missione da spia in pratica… - si lamentò un deluso Madaàr.
Il gufo comune si volse verso Kharas quando egli espresse uno sguardo interrogativo.
-Non preoccuparti ragazzo, è logico per chi non è un Guardiano o un guerriero non sapere queste cose. Conoscere il più possibile su di un potenziale nemico è un passo necessario prima di affrontarlo in battaglia, il tuo racconto ha svelato molte cose e ha posto molte domande, ma permettimi di dire che la tua descrizione mancava completamente nell’addentrarsi sul numero dei nemici, le loro difese e… -
L’anziano assiolo delle redini si schiarì la gola, zittendo in tal modo Madaàr.
-Come dicevo la vostra missione non deve prevedere rischi inutili. Intervenite solo se necessario e se vi è un pericolo immediato per altri gufi nei paraggi, per questo motivo privarsi temporaneamente di un piccolo gruppo di gufi è un rischio che possiamo permetterci. –
Kharas guardò gli altri gufi attorno a se, nonostante sospetti e dubbi iniziali questi Guardiani avevano accettato di prendere parte a questa rischiosa missione e questo solo e unicamente per soddisfare i principi ai quali i Guardiani stessi si ispiravano.
-A questo proposito… credo che il vostro gruppetto possa includere un altro elemento-
Da una cavità di uscita nel legno alle loro spalle atterrò silenziosamente un altro gufo.
Forse fin troppo silenziosamente, Kharas realizzò che solo barbagianni come lui potevano muoversi in quel modo: quando si volse e la vide ne ebbe la conferma.
Era una femmina di barbagianni, sembrava giovane quanto Kharas stesso ma il suo sguardo era temprato come l’acciaio.
-Mi avete fatto chiamare Ezylrib e accetto di prendere parte a questa missione.-
Il tono della sua voce era distante, come se ella stesse pensando ad altro e non degnò di uno sguardo gli altri gufi presenti prima di voltarsi e allontanarsi in volo.
Kharas non poté fare a meno di notare che la femmina aveva accettato senza nemmeno essere informata su cosa andavano a fare e mentre stava per spiccare il volo, i suoi occhi acuti notarono una profonda cicatrice sul petto, semi coperta dalle piume candide.

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Capitolo 7
*** Grinfie di sangue ***


Capitolo 7 – Grinfie di sangue

I corpi giacevano immobili al suolo, solo il vento sollevava raffiche di piume strappate e faceva increspare le pozze di sangue che si erano raccolte negli avvallamenti del terreno.
-Scendiamo- disse Madaàr con voce sicura di se.
La squadra di gufi sorvolò per alcuni istanti il terreno cosparso di cadaveri, quindi atterrò per ispezionare il luogo dello scontro.
Kharas si guardò intorno: i corpi e il sangue richiamavano alla sua memoria ricordi spiacevoli ma si sforzò di mantenere il controllo.
Quando la sua mente si schiarì, egli realizzò qualcosa che i suoi compagni avevano già capito al primo sguardo: tutti i gufi sul terreno erano dei barbagianni.
-Qui ce n’è uno ancora vivo!-
Gridò con voce squillante la piccola Seryan.
-Stai fermo dannato! O preferisci che ti faciliti il trapasso?- disse quindi con una nota di soddisfazione.
Kharas osservò la piccola civetta posata sul petto ferito di un barbagianni come lui, le piccole grinfie da battaglia indirizzate al collo scoperto del maschio.
-Levati… disgustosa piccola… -
Si zittì quando la piccola Seryan fece passare la punta scintillante giusto sotto il suo becco.
La civetta fece uscire la piccola lingua rosata, leccandosi il becco.
-Dammi una buona ragione, ti prego… - implorò.
-Basta Seryan! Dobbiamo sapere cosa è successo qui. – disse Gronok.
-Io non parlo con voi schifose creature inferiori!- urlò il barbagianni.
-Diamine… questo non aiuta.- Fece notare Madaàr.
-Lasciate che ci pensi io… forse parlerò con me. - propose Hava.
La femmina di barbagianni che si era unita alla squadra era stata una compagna silenziosa per il primo tratto di percorso: Kharas aveva appreso il suo nome solo parlando con Madaàr.
-Un bel nome tra l’altro… rammento che significa “Aria”, nel dialetto orientale che ogni tanto mia madre usava.-
-Tu … sei una traditrice, una Guardiana! Non voglio parlare con te, me ne andrò all’altro mondo senza dire nulla anche se mi torturaste…maledetti! . Il barbagianni sputò un rivolo di sangue.
Per qualche motivo Hava rimase interdetta, poi si allontanò senza dire una parola.
-Beh… io non sono un Guardiano.- disse Kharas con voce incerta.
L’altro barbagianni posò lo sguardo su di lui, anche se i suoi occhi sembravano velati da un ombra di dolore.
-Io… io ecco… in realtà mi hanno catturato loro stessi nelle foreste a nord. Sai… tu sei uno dei Puri giusto? Conoscevo una femmina di nome Elah che mi aveva chiesto di entrare a far parte di.. –
-Elah!! Oh Elah… - gridò il barbagianni ferito e per un istante Kharas si chiese se avesse fatto bene a menzionare quel nome.
-Oh… quando seppi che era stata uccisa! La bella Elah… entrai nei Puri grazie a lei! Avrei tanto voluto darle dei piccoli, che crescessero forti e Puri! Quando seppi che era stata uccisa… oh, mia bella Elah.-
Kharas non riuscì a credere al colpo di fortuna che avevano avuto: si spremette le meningi e cercò di formulare al meglio le sue prossime parole, conscio di quanto il barbagianni fosse vicino alla morte.
-Egli è stata uccisa dagli stessi Impuri che hanno sterminato la mia famiglia! Questi sciocchi Guardiani mi hanno preso ma non sanno che ero vicino ad unirmi ai Puri e adesso sono disposti a combattere gli assassini dei miei genitori e della bella Elah, per i loro stupidi sensi di giustizia! Per favore fratello, aiutami a vendicare Elah! Dimmi ciò che sai dei nostri comuni nemici.-
Il Puro guardò Kharas con occhi velati di dolore.
-Io… io mi chiamo Thorgos. Avevo… avevamo sentito dell’eliminazione di Elah e ho insistito per prendere parte alla spedizione punitiva. Non conosco i dettagli ma credo che ci fossero altri scopi alla nostra missione: credo… credo si trattasse di un arma. Quei maledetti ne sono entrati in qualche modo in possesso e si apprestavano a prepararsi ad usarla. Non… non c’era tempo da perdere ma siamo finiti dritti nella loro trappola. Ne abbiamo abbattuti molti ma… non è stato abbastanza.-
Kharas si volse, guardando i suoi compagni.
Madaàr aveva un espressione preoccupata mentre la piccola Seryan improvvisamente scattò in avanti.
-Bene bastardo… ci hai detto tutto quello che ci serviva. Adesso ti resta solo una cosa da fare.-
Prima che un esterrefatto Kharas potesse fare qualcosa, la civetta affondò le grinfie di battaglia nel collo di Thorgos, uccidendolo all’istante.
-Beh… cosa credevi di fare? Lasciarlo qui in modo che i suoi amichetti tornassero? Comunque era spacciato e gli ho risparmiato un bel po’ di sofferenze… -
-Tu… tu volevi ucciderlo fin dall’inizio, non è così?- disse Kharas con voce improvvisamente fredda.
-Senti un po’ moccioso… - Kharas avrebbe riso qualche giorno prima, a sentire una gufetta tanto piccola parlargli così, ma il sangue che colava dalle sue grinfie aveva solo confermato la spietata natura guerriera della femmina.
-Questi bastardi vogliono sterminarci tutti, hai capito? Tutte le razze di gufo che non siano barbagianni… vogliono epurare il mondo dalla nostra presenza, uccidendo anche piccoli e rompendo le uova. Se vuoi farti scrupoli morali per questa feccia, libero di farlo, ma non metterti mai più sulla mia strada.-
Kharas si scansò, furioso sia con Seryan che con se stesso.
Madaàr cercò di fermarlo.
-Ascolta ragazzo, devi cercare di … -
Kharas si alzò in volo, ignorando il gufo comune e sorvolando quello che era stato il campo di battaglia.
Si rese conto solo allora che gli assassini dei suoi genitori avevano portato via i corpi dei propri compagni caduti, lasciando solo i barbagianni sul terreno come macabro ricordo.
-Perché… perché deve essere così? Perché tanto odio?!-

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Capitolo 8
*** Sulla riva del lago. ***


Capitolo 8 – Sulla riva del lago.
Kharas non riusciva a dormire.
Stiracchiò le ali candide e le aprì, scendendo dal grosso cavo di un albero morto dentro il quale il gruppo si era rifugiato per la notte.
Nella sua mente ancora riecheggiavano le parole dei Guardiani: avevano scoperto solo una parte di quanto stava accadendo in quei luoghi ma qualcosa di pericoloso stava crescendo, se aveva una forza tale da sfidare i Puri.
Non ci sarebbe stato tempo per tornare al Grande Albero e i Guardiani erano intenzionati a proseguire fino alla montagna ove tutto era cominciato.
Se da un certo punto di vista le cose stessero andando come Kharas aveva sperato, d’altro canto egli non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di essere sul ciglio di un dirupo.
Vi era qualcosa di oscuro all’opera e né i Guardiani né Kharas potevano ancora coglierne i segreti o la sua reale pericolosità.
Kharas spiccò il volo silenziosamente, come solo i barbagianni riuscivano a fare, senza destare i suoi compagni.
Al di fuori del cavo dell’albero, il sole pomeridiano illuminava il panorama: non era l’ora dei gufi quella e Kharas era ben conscio che non avrebbe dovuto rimanere troppo a lungo in giro.
I corvi avevano la spiacevole abitudine di attaccare in gruppo i rapaci notturni che si levavano nelle ore di sole.
Tuttavia il barbagianni venne attratto da una figura solitaria, appollaiata su un tronco morto in riva ad uno specchio d’acqua.
La candida figura gli fece identificare subito il gufo solitario come Hava.
-Evidentemente non sono il solo a non prendere sonno.-
Piegò le ali e lasciò che un alito di vento caldo lo condusse nella giusta direzione, fino ad atterrare sul ramo a fianco della femmina.
-Non riesci a dormire nemmeno tu? –
Kharas annuì, guardando poi i cespugli che crescevano fitti sotto quell’albero.
-Non sei costretto a prendere parte a questo scontro, non sei un Guardiano dopotutto.-
-Non è così semplice!- protestò il giovane maschio. –Loro hanno ucciso i miei genitori e tutti coloro che mi erano vicini, anche se non fossi spinto dalla vendetta, merito di sapere perché la mia vita è stata sconvolta!-
Il giovane gufo quasi si sorprese delle stesse parole che aveva pronunciato.
-La vendetta non è la risposta ai mali che ci vengono fatti, tuttavia hai ragione… meriti di avere delle risposte. Ma benché tu porti con te l’arma e l’elmo di tuo padre, è chiaro come la luce del sole che tu non sia un guerriero… -
Le sue parole erano state dirette, come a voler sottolineare una semplice constatazione.
-Ma non devi preoccuparti comunque, altri moriranno domani. Tu dovrai vivere per mantenere il ricordo del perché moriremo.-
Kharas ebbe un groppo nel ventriglio a sentire tali parole.
-Perché… perché dici così… tu non morirai, io… -
La giovane femmina lo guardò con occhi scintillanti, occhi che trapelavano compassione e dolore.
-Io morirò Kharas, si potrebbe anzi dire che io stia inseguendo la morte: fin da quando chiesi di prendere parte a questa missione, mi stupisco che Ezylriyb me l’abbia concesso.-
Il giovane maschio rimase muto ed esterrefatto a quelle parole.
-Sei stupito Kharas? Forse non lo saresti, se sapessi un po’ di più della mia storia. La mia famiglia vive ai margini settentrionali del regno dei Tyto, tra tutti i Tyto siamo quello che hanno avuto più contatti stabili con i Guardiani, anziché considerarli una semplice leggenda.
Fin da piccola ero rimasta affascinata dai racconti sulle loro gesta e quando un gruppo di Guardiani in pattuglia fece visita al nido della mia famiglia, da quel momento in poi tormentai i miei genitori chiedendo loro di poter trasferirmi all’Albero e diventare una Guardiana. –
Sorrise, come a ricordare con amaro rimpianto l’ingenuità di quei giorni.
-Agli inizi fui un po’ spaesata, venni assegnata come Navigatrice ed imparai quella ed altre arti come ogni Guardiano che si rispetti. Non ce l’avrei fatta da sola ma Ezylryb mi diede preziosi consigli, anche se lui insegna un'altra materia, è un gufo talmente saggio … -
Sospirò.
-All’inizio non compresi perché delle volte sembrava volermi dire qualcosa, senza mai aprire becco. Fu la mia prima azione di combattimento che mi aprì gli occhi.-
Ebbe un brivido, le sue piume si afflosciarono un poco e il suo intero corpo sembrò farsi più piccolo e fragile.
-Da piccoli impariamo ad amare storie di eroi, guerra e battaglie. Quando mi ritrovai per la prima volta in una vera battaglia ebbi l’impulso di vomitare: gufi che si uccidono a vicenda tra fiotti di sangue ed arti menomati. Andai in stallo e venni attaccata e ferita, serbo ancora le cicatrici di quel giorno.-
Kharas avrebbe voluto dire qualcosa ma le parole morirono nel suo becco: anch’egli aveva visto la guerra non molto tempo prima e l’aveva trovata estremamente differente rispetto ai poemi epici.
-Cosa potevo fare Kharas? Rinnegare la mia scelta? Avrei deluso tantissimi gufi, avrei spezzato il cuore ai miei genitori perché benché potrebbero essere stati felici di rivedermi, in cuor loro non avrebbero potuto che pensare a me come una fallita, una sconfitta… e questo li avrebbe tormentati, perché si sarebbero addossati colpe non loro.-
Sospirò, guardando dritto la superficie del lago davanti a sé.
-Per questo ho deciso di prendere parte a questa missione, una missione ad alto rischio per Guardiani esperti: io non lo sono, trovando la morte in battaglia forse riuscirò ad essere ricordata per aver fatto qualcosa di buono.-
Kharas ebbe un fremito di indignazione… e di dolore.
-Ma sarebbe qualcosa di falso! Qualcosa di sbagliato… avresti gettato via la tua vita per dimostrare qualcosa che non sei!-
Lei lo fissò, con espressione triste.
-E se non lo faccio, passerò il resto della mia vita come una creatura compatita: una Guardiana incapace di fare la sua parte, oppure una impressionabile ragazzina viziata che si era dimostrata tanto sciocca da voler costringere tutti quanti ad accettare un capriccio d’infanzia.-
Kharas cercò di replicare, di trovare un’altra opzione per giovane femmina dal destino segnato.
-Dev’esserci un altro modo, deve!- sbottò lui, guardando il lago come se quello specchio di acqua limpida potesse rivelare una verità a lui ignota.
Fu in quel momento che avvertì il calore del corpo di lei toccargli il petto e il ventre.
-Sei un gufo giovane, poco più di me… e sei gentile, ma non dovresti disperarti tanto: è il percorso che ho scelto.-
Lui abbassò il capo fissandola, sconvolto dal fatto che una giovane femmina come lei stesse volontariamente scegliendo un cammino di morte.
La vicinanza del corpo di lei tuttavia gli mozzò il fiato, non era mai stato così vicino ad un gufo femmina (tranne sua madre ovviamente, quando era ancora un pulcino).
-E sei anche piuttosto carino ... – disse lei con un piccolo sorriso ed un sospiro.
-Se c’è qualcosa che potrei rimpiangere di non aver avuto in questo mondo è proprio… - fece per dire lei, venendo interrotto da uno schiocco di becco da parte di Kharas.
Il giovane maschio fissò gli occhi in quelli di Hava quindi, appellandosi solo i suoi istinti, si mosse un poco sul ramo dell’albero morto: il suo ventre sfregò contro l’ala destra di Hava quindi le tocco la schiena.
Lasciando andare un sospiro di trepidazione, la femmina di barbagianni si piegò in avanti accovacciandosi sul tronco ma tenne sollevato il capo.
Kharas si mosse su di lei e la prese rapidamente e con pochi gemiti di piacere.
Quando si scostò da Hava, anch’ella ebbe il fiato pesante.
-Io… io ti ringrazio, Kharas.-
Si voltò lentamente, con un espressione gentile.
-Porterò questo ricordo con me.-
Nonostante l’improvvisa stanchezza e l’istintiva soddisfazione del piacere consumato, Kharas si sentì nuovamente afferrare il ventriglio dal dolore.
-Perché… perché deve essere così!? Anche io ho sofferto… ma la vita, benché difficile, può continuare ed essere anche bella! Quello che abbiamo appena fatto non ne è forse la prova!?-
Lei si avvicinò a lui, sorridendo tristemente.
-Sei un gufo buono, Kharas. Ti prego, non pensare male di me, per questo… -
Accadde in un lampo, Hava benché più piccola, si slanciò in un attacco preciso e mirato.
La sua zampa anteriore destra colpì dritto il petto di Kharas, gli artigli non affondarono troppo nelle piume ma il giovane maschio venne spinto con forza all’indietro.
Egli sbatté il capo contro il tronco principale dell’albero.
I suoi sensi si fecero sfocati e vennero avvolti in una nube nera di dolore e di incoscienza, mentre un ultimo sguardo gli regalò la visione del triste volto di Hava.
-Perdonami Kharas, ma è meglio così per entrambi… -
Egli non sentì le ultime parole, perché in quel momento aveva già perso i sensi.

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Capitolo 9
*** Lame e sangue ***


Capitolo 9 – Lame e sangue.
Il sole stava oramai tramontando quando Kharas si svegliò.
E si rese conto di quanto era accaduto.
Si levò in cielo, fino a raggiungere l’albero cavo per poi trovarlo vuoto.
Lo avevano abbandonato, lo avevano lasciato lì da solo.
Il giovane barbagianni volò con decisione verso la montagna nella quale era nato, mentre nella mente si affollavano ricordi confusi della giornata appena trascorsa.
Si chiese come mai Hava lo avesse tradito e lo avesse colpito.
Che fosse una traditrice al servizio dei Puri?
Era una barbagianni anche lei dopotutto.
Ma la voce della femmina poco prima che lo colpisse non aveva lasciato trapelare malizia o odio.
-Voleva… proteggermi?- si chiese tra sé e sé ad alta voce.
E alla vista di cosa giaceva nel canyon sottostante, il giovane gufo si convinse che quella fosse la realtà.
Aveva già visto la morte ma osservare i cadaveri di tre gufi,  scomposti sul terreno, lo turbò.
Mano a mano che procedette, vide ogni tanto ciuffi di piume e qualche altro corpo: tutti gufi che indossavano quegli elmi elaborati, gli assassini di suo padre e sua madre.
Il barbagianni strinse meglio tra gli artigli l’alabarda di suo padre.
Non lo avrebbero lasciato indietro, no.
Non questa volta.
Alcuni istanti dopo li vide:  di fronte all’imboccatura principale della montagna.
I quattro Guardiani si battevano da soli contro un gruppo di nemici tre volte più numerosi ma che faticavano a tenerli a bada.
I Guardiani combattevano insieme, si coprivano a vicenda, con manovre eleganti e letali evitavano i loro nemici per poi affondare gli artigli o le lame nei corpi di questi ultimi.
L’attimo che Kharas si concesse per osservarli avrebbe potuto risultargli fatale, poiché tre di quei gufi assalitori si sganciarono dalla battaglia principale per venirgli incontro.
Questa volta Kharas non fuggì.
Non si nascose, né aspettò che qualcuno venisse ad aiutarlo.
Lasciò che i tre lo circondasse e cercò la quiete dentro di sé.
L’attimo di pace poco prima della tempesta.
Quando il più grosso dei nemici, una grande civetta bianca, fece per allungare un colpo, Kharas roteò la grande alabarda di suo padre  tranciando di netto l’ala destra della civetta prima che quest’ultima potesse guadagnare lo spazio necessario per affondare le grinfie nel petto del barbagianni.
La grande civetta bianca emise un grido di dolore e precipitò al suolo, insieme all’ala mozzata.

(Disegnato da me su deviantart)
(disegnato da me su Deviantart)

Kharas ebbe il tempo di cogliere solo un barlume degli occhi dorati della femmina attraverso il suo elmo, quando un secondo assalitore gli venne incontro dal fianco destro.
Kharas non era un combattente esperto ma anche quel poco di addestramento che aveva ricevuto o che aveva elaborato con un’arma inusuale come quella che aveva ereditato, bastarono a spiazzare i suoi nemici.
Estese le zampe e le grinfie del nemico vennero bloccate dall’asta dell’alabarda.
Il gufo cercò di strappargliela via ma le stesse grinfie metalliche, tanto temibili in battaglia, non consentivano al nemico una presa salda tanto quanto quella di Kharas.
Il barbagianni riuscì a liberare l’arma e ruotandola a sinistra, menò un fendente contro la schiena non protetta del gufo, abbattendolo.
Il terzo nemico si avvicinò più cauto, volando appena sopra il giovane gufo.
La morte dei suoi compagni gli aveva permesso di capire meglio come l’alabarda di Kharas colpiva.
Il giovane barbagianni si slanciò verso l’alto, ma i suoi primi fendenti venivano evitati dal nemico e allo stesso tempo veniva stancato da uno sforzo crescente.
Un terzo colpo toccò appena il pettorale corazzato del gufo, e la punta dell’alabarda venne deviata verso il basso.
Era il momento che il nemico aveva aspettato e si slanciò verso il basso con le grinfie aperte.
Kharas tuttavia sapeva ormai sfruttare al meglio la sua arma: non aveva il tempo di ruotarla, ma tenendola solo con l’artiglio sinistro, la allungò ed il puntale posto all’altro capo della alabarda si mosse dritto contro il collo esposto del gufo nemico, impalandolo.
Kharas chiuse gli occhi quando uno schizzo di sangue piovve sul suo volto.
Avvertì il peso del corpo del gufo ancora attaccato al puntale ma, quando la forza di gravità lo fece cadere, l’arma venne liberata dal cadavere.
Il giovane barbagianni si concessi alcuni istanti per prendere fiato, quindi volò in direzione dei Guardiani.
Giunse troppo tardi.
La figura di Hava stagliava nel mezzo dello scontro, benchè fosse di stazza inferiore alla maggior parte dei suoi nemici: un colpo laterale, rapido quanto improvviso interruppe il suo volo.
Con orrore, Kharas la vide fare un’ultima spirale aerea per poi calare bruscamente verso il suolo.
Mentre la osservava, il barbagianni non notò la grande figura che si si accostò a lui.
-Non pensare a lei ragazzo!- disse il possente Gronok.
-C’è un passaggio secondario per entrare nella caverna?- giunse il grido quasi supplichevole di Madaàr mentre stava ancora tenendo a bada un gufo di palude.
Kharas dovette fare appello ai suoi ricordi, per poi annuire.
Un lampo bruno-rossastro di fronte a Madaàr si rivelò essere la piccola Seryan: la civetta era calata dall’alto, quasi decapitando il nemico del suo compagno Guardiano.
-Dovrai andare da solo ragazzo! In tre siamo appena sufficienti per tenere a bada il grosso delle loro forze: vola verso l’interno ed affonda la tua arma nel cuore del loro leader!-
Prima ancora che Kharas potesse replicare o urlare al mondo quanto si sentiva estraneo a tale compito, gli altri tre Guardiani si buttarono nella mischia. Sordi ad eventuali parole del giovane barbagianni.
Con la testa ancora ricolma dell’immagine della povera Hava che cadeva al suolo, Kharas accettò il suo destino e volò basso fino a raggiungere l’ingresso di un piccolo tunnel nascosto,  del quale forse i loro nemici non erano ancora a conoscenza.

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Capitolo 10
*** Il Sole Blu ***


Capitolo 10 – Il Sole Blu

Molti gufi si sarebbero stretti il ventriglio al solo pensiero di passare troppo tempo lì sotto.
Ma Kharas si era abituato fin da piccolo alla profondità delle gallerie, alla polvere terrosa e al rimbombo dei rumori: cercò di appellarsi a questa consapevolezza quando avvertì del movimenti davanti a lui.
Il barbagianni si fece stretto contro una nicchia del tunnel e trattenne il fiato; la paura per una volta giocò a suo vantaggio perché come molti altri gufi il suo candido pelo appariva restringersi in quelle situazioni, facendolo sembrare più piccolo di quanto non fosse.
Il colore bruno terra delle piume del dorso dell’ala fecero il resto e la coppia di guerrieri lo oltrepassò senza notarlo.
Kharas si chiese se quei due fossero gli ultimi, poiché già parecchi dei loro compagni erano caduti all’esterno della montagna, sotto i colpi dell’acciaio dei Guardiani.
La speranza di avere ormai la strada libera non gli fece abbassare la guardia, specialmente quando uscì dal condotto che aveva imboccato per poi sfociare in una sala a lui già ben nota.
La grande porta di metallo, alla quale i suoi genitori avevano reagito con grande stupore e sorpresa, era stata aperta .
Kharas procedette un passo alla volta, anche perché teneva stretta nell’artiglio destro l’alabarda di suo padre.
Quel che vide lo lasciò senza parole.
Oltre la grande porta di metallo poteva vedere una caverna fatta di altro metallo e materiali di ancora più strana origine: tutto era ricoperto da uno spesso strato di polvere, ma qui e lì si notava come essa fosse stata spazzata via dai passi di gufi che erano passati di recente per quella sala.
Non ci fu nessuna sorpresa, nessun assalto, trappola o imboscata.
Kharas venne quasi tentato di chiedere ad alta voce se ci fosse qualcuno vivo là dentro ma si trattenne quando vide una sagoma muoversi.
Non l’aveva visto inizialmente, poiché gli dava le spalle: una grande civetta delle nevi si volse a guardarlo, portando sulle spalle un manto del colore della notte.
-E’ lui? E’ lui il responsabile della morte dei miei genitori?- si chiese Kharas tra sé e sé.
La civetta era grande, ma Kharas strinse forte l’alabarda con determinazione.
-Stai indietro, Sacrilego!- urlò la civetta.
-Guardie! Guardie! Venite a me!- continuò, con espressione sconvolta.
Ma nessuno venne in suo soccorso.
-E’… è troppo tardi, i Guardiani li staranno affrontando qui fuori.-
Disse Kharas, cercando di trovare un po’ di sicurezza nella voce.
-Ci siamo solo tu ed io… il figlio dei barbagianni che facesti ammazzare. Questa era la nostra casa… la nostra vita… e tu l’hai distrutta.-
Il giovane gufo si sorprese della calma nella sua stessa voce, ma si sentì ferito dallo sguardo folle della civetta.
-Sacrifici necessari! Per portare a compimento il destino di noi gufi e far conoscere al mondo la potenza e la bellezza del Sole Blu!-.
-E’ completamente pazzo… - pensò tra sé e sé il giovane Kharas.
In cuor suo provò amarezza e dolore… i suoi genitori erano morti per questo?
-Vedo che sei giovane e probabilmente farai fatica a capire, ma guarda! Guarda tu stesso!-
Si scostò, rivelando con l’ampia ala bianca qualcosa che il barbagianni non aveva notato.
Uno scheletro, grande… di un essere mai visto prima da Kharas.
-Sono i resti di uno degli Altri! Io provengo dai Regni del Nord e lì trovai un simile rifugio nascosto sotto neve e ghiaccio, mi ci sono voluti anni per riuscire a localizzare la posizione di questo secondo rifugio, che in effetti  è qualcosa di ben più importante, ma guarda tu stesso!-
La civetta si mosse su quello che sembrava essere uno strano ripiano di metallo, quindi armeggiò con gli artigli su di esso.
All’improvviso una luce si accese da quella che sembrava essere una piccola scatola di vetro incastonata nel ripiano.
-Stai per assistere all’ultimo messaggio di uno degli Altri… - disse con voce profetica la civetta.
Ed  in effetti Kharas lo vide: lo stupore di vedere quella strana creatura sul vetro era pari solo a quello di poter comprendere le sue parole.
-…  Non ho idea di quanto potrò resistere qui sotto. Il livello di radiazioni è sempre più elevato e immagino che presto ne subirò gli effetti. Almeno mi sono assicurato di impedire fughe dalla camera del reattore: nelle ultime settimane è arrivato uno di quei gufi messaggeri dalla base nord. Lì sembra che il livello delle radiazioni sia calato e i sopravvissuti stanno tentando di comunicare tramite gufi: a causa dell’effetto EMP tutte le comunicazioni esterne erano rimaste fuori uso ed è un miracolo che almeno le apparecchiature interne di questa base siano state schermate. Comunque i gufi si sono rivelati molto più affidabili di altri uccelli messaggeri e stando all’ultimo rapporto sia loro che altri animali nella zona hanno avuto dei radicali cambiamenti: sono più intelligenti e si adattano meglio ad ordini e comandi.
Ma al di là di questo ripristino delle comunicazioni credo che la colonia a nord non potrà sopravvivere ancora a lungo, stando al loro rapporto: benché lì le radiazioni stiano scemando, le risorse sono esaurite e tutti i sopravvissuti sono stati esposti per troppo tempo... –
La voce dell’uomo per qualche istante venne turbata da fruscii e rumori di natura innaturale.
-… ieri è successa una cosa incredibile!  Quel gufo messaggero ha parlato! Non ho idea se qualcuno vedrà mai questo mio messaggio, ma giuro su tutto ciò che è di più sacro che non sto impazzendo!
Anche se forse, potrebbe essere l’unica cosa che mi merito a parte la morte.
Il gufo stava morendo per le radiazioni assorbite durante il viaggio … mi ha guardato negli occhi e ha detto “Perché?” non ho saputo rispondergli in tempo.  Ora che è morto non ho più speranze di mandare un messaggio alla colonia settentrionale e non vedo il motivo per cui (ammesso che siano ancora vivi) dovrebbero mandare un secondo gufo per contattarmi… -
Altri fruscii e la voce dell’uomo cambiò nuovamente.
Sembrava resa roca da qualcosa… una qualche malattia.
-…  ho controllato e ricontrollato… il livello delle radiazioni esterne sta scendendo anche se molto lentamente. Ma sarà impossibile per me vivere ancora per poter ritornare a vedere la luce del sole.
Non ho ricevuto altri messaggi dalla colonia…  dubito che abbiano passato l’inverno.
Mi domando perché continui a restare al mio posto… potrei essere l’ultimo uomo ancora vivo sulla faccia della terra… -
L’ultimo messaggio era stato inciso tra rantoli e gemiti.
-… è giunta la fine…  forse è giusto così… abbiamo pagato per i nostri errori e le nostre follie.  Spero che chi verrà dopo di noi non commetta gli stessi errori… questo posto… è una maledizione! Se qualcuno ascolterà questo messaggio…    non utilizzate il potere che questo luogo  racchiude. E’ un potere di morte e distruzione… un potere di morte…  morte…  -
Kharas sollevò lo sguardo solo per trovare gli occhi trionfanti della civetta.
-Gli Altri perirono tutti perché erano indegni di servire il Potere del Sole Blu! Ma noi gufi siamo sopravvissuti, siamo diventati la razza dominante! E con questo potere io porterò i gufi ad uno stadio ancora più elevato!-.
Kharas afferrò saldamente l’alabarda e fece un affondo dal basso verso l’alto tentando di decapitare la civetta: il maschio però la evitò ed emise un urlo di oltraggio.
-Come osi! Come osi ora che hai visto la verità!-
Senza neanche rendersene conto, la civetta sbattendo le ali colpì i resti dello scheletro:  il teschio e le ossa caddero addosso Kharas.
-Tu non mi fermerai! I Guardiani e i Puri non mi fermeranno! Il Sole Blu saprà indicarmi la via!-
Approfittando del fatto che Kharas era ancora intrappolato dalle ossa dell’Altro, la Civetta spiccò il volo e si diresse verso un passaggio laterale: il barbagianni vide come la civetta armeggiò con gli artigli su quelli che sembravano essere bottoni colorati.
Una porta si aprì dal nulla e la civetta vi entrò.
Kharas finì di liberarsi dallo scheletro che nel frattempo andava in pezzi attorno a lui, ma non riuscì a raggiungere la porta in tempo: essa si chiuse proprio in faccia a Kharas.
La porta però sembrava fatta di vetro e il barbagianni poté vedere come la civetta stesse percorrendo un corridoio, per poi raggiungere ed aprire una seconda porta.
Il barbagianni fu tentato di sfondare il vetro a colpi di alabarda ma ripensando alle parole dell’Altro si trattenne.
Il giovane gufo fece un piccolo salto e salì dove prima si era appollaiata la civetta:  non lo aveva notato prima, ma vi era un grande vetro  a fare da muro alla stanza.
E dietro il vetro vi era una strana struttura di metallo e vetro, piena di simboli a lui sconosciuti.
Vide la civetta sostare vicino alla struttura e armeggiare su altri pannelli con i propri artigli.
La voce della civetta giunse distante attraverso il vetro, ma era udibile.
-Ora rilascerò il potere del Sole Blu! Verrete tutti distrutti!-
E il Sole Blu si accese.
La grande struttura di metallo sembrò animarsi di fredda vita, con tubi di vetro che acquisirono una strana fluorescenza bluastra.
Ma l’unico effetto che il Sole Blu fece, fu sulla stessa civetta.
Al di là dello spesso vetro, egli rise e rise… per poi spegnere il proprio sorriso con un colpo di tosse strozzato.
Kharas rimase a guardare: rapito dal terribile effetto che il Sole Blue aveva sulla civetta.
Nei minuti successivi, egli si accasciò al suolo gemendo frasi sconnesse:  bava usciva dal becco e le piume sembravano staccarsi dal corpo una dopo l’altra lasciando al loro posto la pelle nuda ricoperta di chiazze e eruzioni di sangue.
Il barbagianni indietreggiò, il cuore gonfio di tristezza e rassegnazione mentre la folle civetta si spense con un ultimo rantolo.
Kharas volse le spalle e si incamminò verso l’uscita, incrociando lo sguardo di Madaàr.
Non sapeva da quanto tempo i Guardiani  fossero arrivati ad osservare la scena.
-Usciamo da questo posto maledetto… - disse Kharas.
-Sì… è la cosa migliore da fare, faremo riempire questi tunnel di roccia e terra per poi dimenticare . Un lavoro da civette delle tane direi, dovremmo andare nel Kuneer a cercare dei volontari… -
Kharas non badò al resto delle parole del gufo comune, stava per allontanarsi da quel posto lasciandosi dietro sia i Guardiani sia la sua vita… deciso a rintanarsi in qualche buco sperduto fino alla fine dei suoi giorni.
Aveva perso tutto: la sua famiglia, la sua casa… persino la vendetta che trovò in effetti essere priva di significato.
-Lei è viva… - disse Seryan, la coraggiosa civetta nana.
-A stento, ma ce la farà… - aggiunse il tono di voce pesante di Gronok.
Gli occhi di Kharas riacquistarono luce.

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Capitolo 11
*** Nel cavo di un albero ***


Capitolo – 10  Nel cavo di un albero.
 
Kharas lasciò che fosse la brezza notturna a fargli prendere quota e godette per alcuni istanti del piacere di lasciarsi andare in un volo senza pensieri.
La notte era l’ora dei gufi ed è così che la loro vita dovrebbe essere.
Una vita di cacciatori:  senza preoccuparsi di potere, ricchezza, gloria e guerra.
Tutto quello che contava era poter volare in libertà e avere l’abilità di procurarsi del cibo.
O almeno questo sarebbe lo stile di vita di un giovane maschio solitario.
Kharas si riscosse dal piacevole intorpidimento del volo notturno e i suoi sensi acuti si concentrarono sul suolo finché riuscì a triangolare la posizione di un piccolo roditore.
Il barbagianni richiuse le ali e si gettò verso la sua preda senza causare il minimo rumore grazie alle piume tipiche della sua razza.
Il topo non si accorse di nulla fintanto che gli artigli di Kharas non si chiusero su di lui.
Il giovane maschio si librò in volo, portando con sé la sua preda: benché la fame gli suggerisse di riempirsi in quel momento il ventriglio, la mente gli imponeva un altro percorso.
Fece ritorno di lì a poco nel cavo di un albero e depose per lei la sua preda.
-Grazie Kharas…  - rispose la flebile voce di  Hava.
Lui borbottò una risposta imbarazzata che a mala pena uscì dal suo becco, suscitando il sorriso di lei.
-Lo so che tutto questo è ancora strano per te… e credimi, non era mia intenzione metterti in questa situazione. Tutto quello che volevo era andarmene con la coscienza di Guardiano, consapevole di aver fatto il mio dovere ai limiti delle mie possibilità e… -
Kharas la interruppe, lo sguardo improvvisamente ferito.
-Lo sai bene cosa hanno detto gli altri! Non rimpiangere di essere sopravvissuta, te ne prego… -
Lei annuì e si avvicinò debolmente a lui, sfregando il suo becco contro le piume del collo del maschio.
-Lo so, lo so… ma siamo entrambi molto giovani, troppo giovani forse. Non posso dire che sia stato uno sbaglio, perché sarebbe sia crudele che falso…  ma trovo ingiusto che tu dovrai farti carico di quasi tutto.-
Come a sottolineare le sue parole, Hava sollevò l’ala sinistra che recava ancora una vistosa cicatrice.
Dopo aver superato la fase più critica, era divenuto chiaro come la capacità di volare della femmina fosse stata irrimediabilmente danneggiata.
-Però qualche tempo fa avevi fatto un breve volo planato, ti ricordi? Vedrai che col tempo potrai prendere un po’ più di forza e potrai volare di nuovo… -
La risposta della femmina fu  gentile, ma non nascose un velo di schiettezza.
-Non ingannarmi Kharas… forse potrò fare qualche volo planato, ma non potrò mai più volare né cacciare come facevo prima. Mi chiedo se questa sia la punizione per i miei sbagli e la mia arroganza… non avrei mai dovuto unirmi ai Guardiani. Quando mi sono resa conto che non avrei mai più volato come prima, ho anche pensato di …  -
Kharas le rispose con un gemito rabbioso di dolore ma lei lo interruppe di nuovo.
-No… no, lo sai che questi sono solo pensieri che ebbi in preda alla disperazione. Sono grata di essere viva perché adesso la mia vita ha comunque un nuovo scopo… ma trovo ingiusto che tu dovrai portare sulle ali un peso maggiore di qualsiasi altro gufo maschio, cosa ne sarà dei tuoi desideri? Del voler seguire le orme dei tuoi genitori?-
Questa volta fu lui a interromperla.
-Ma io lo sto facendo e voglio farlo…  i miei genitori vivono attraverso me e non vorrebbero che io seguissi un cammino diverso da quello che il destino mi ha imposto. Lo accetto  e rinuncio con piacere ad una vita da eroe o da studioso. Qui, in questa nostra terra,  non dobbiamo preoccuparci di nulla se non che a noi e al nostro futuro.-
Sorrise, avvicinandosi un po’ di più alla femmina ed accovacciandosi al suo fianco.
Per alcuni istanti, egli semplicemente godette del calore dato dalla vicinanza del corpo della femmina: era sempre bellissima, che potesse volare come prima o meno.
-L’altro giorno era venuta in visita quella simpatica famiglia di civette delle tane. Pensavo che potrei provare a imparare da loro e cacciare prede sul suolo: ci sono parecchie lucertole tra alberi e rocce qui attorno. Una volta che si impara ad ignorare le squame, non sono poi così male…  -
Kharas cercò di mettere da parte il fatto che a lui non piacessero per niente ed annuì con approvazione: il cibo non sarebbe stato un problema da quelle parti, ma lui sapeva bene che Hava doveva trovare un modo per contribuire.
-Conoscendoti, non ci metterai molto ad imparare…  -
Abbassando lo sguardo il giovane maschio poté ammirare ancora una volta le tre candide uova che riposavano al caldo del nido.
Hava seguì il suo sguardo e non trattenne un sorriso di piacere nell’appoggiare il capo contro il petto di Kharas, per poi ammirare insieme cioè che avevano creato sulla riva di un lago ma che da quel momento in poi avrebbe dato un nuovo scopo alle loro vite.


-  FINE -

 

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