Biancaneve e il Cacciatore, la storia non finisce qui

di barboncina85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** voglio difendere il mio popolo ***
Capitolo 3: *** se una regola c'è ***
Capitolo 4: *** caccia ***
Capitolo 5: *** il male non muore mai ***
Capitolo 6: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Questo è il prologo della storia come vorrei che continuasse.
Per chi non avesse ancora visto il film Biancaneve e il cacciatore, non continui a leggere, non ci capirebbe niente probabilmente.
Alla prossima!

 
“Viva la Regina!”
“Viva la Regina!”
Eppure io ti vedo come una donna, una magnifica donna.
Mentre il popolo ti acclama, mentre io esco dal castello e dalla tua vita. Ho la speranza, che un giorno tu possa scegliere me, nonostante la tua posizione, nonostante la tua lealtà verso il popolo, nonostante tutte le cose che ho amato di te: la forza, la tenacia, la testardaggine.
E forse proprio sulla tua testardaggine, ho la speranza che tu scelga me.
Ora vado via, apro la pesante porta e non mi volto indietro.
Neve, se e quando avrai bisogno di me, saprai dove trovarmi!
 

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Capitolo 2
*** voglio difendere il mio popolo ***


1. VOGLIO DIFENDERE IL MIO POPOLO!


I festeggiamenti durarono altri tre giorni, nei quali chi dai villaggi vicini, chi da quelli molto più lontani, venivano a rendere omaggio alla nuova regina.
Di nuovo, in realtà, non mi sentivo niente, sono vissuta nell'inerzia per tanti anni, ho combattuto per la mia sopravvivenza.
Quando sono morta, ho veramente aperto gli occhi, su quello che dovevo fare, su ciò che ero in realtà. Ravenna stessa prima di colpirmi, o almeno provarci, mi disse "dal sangue della più bella é stato creato, dal sangue della più bella sarà spezzato" chiunque fosse riuscito a colpire Ravenna non l'avrebbe uccisa, solo io lo potevo fare e grazie agli insegnamenti di Eric ci sono riuscita.
Pensando a lui sollevai lo sguardo cercandolo, seduta sul trono, intorno a me così tante persone a far festa che c'erano momenti in cui non avvertivo neanche i miei pensieri.
Eric non c'era.
Mi alzo e con me lo fanno William alla mia destra, il duca subito dopo e Cesare alla mia sinistra.
-Che succede mia regina?- Cesare che più di tutti vedeva pur non vedendo, capiva subito i miei stati d'animo.
-Voi vedete Eric?- domandai non preoccupandomi in realtà di quello che la mia domanda potesse suscitare.
-Neve... - comincia William alla mia destra - mia regina - si corresse - Il cacciatore è tornato nelle sue terre il giorno dell'incoronazione.-
Mi siedo nuovamente sul trono. E così fanno gli altri.
Che stupida a pensare che sarebbe rimasto al mio fianco, come sono rimasti i nani, non dico per sempre almeno il tempo necessario per avere un giusto addestramento, se devo essere una regina, devo essere forte per il mio popolo non ripararsi dietro di esso, ma combattere eventuali minacce con loro.
Eric era il perfetto candidato per questo ruolo.
Ma non è voluto restare, forse aveva da chi tornare, amici parenti, forse ritornerà, forse.
Lentamente l'alba del quarto giorno illumina la vallata, e nuovi calici si riempiono nel nome di un nuovo giorno.
Mi alzo nuovamente, e con me come prima si alzano tutti, nani compresi.
- Con questo nuovo giorno - sollevai il calice - dono al mio popolo il buon giorno che merita!-
- buon giorno regina!- si sente il coro.
- vi lascio continuare i festeggiamenti. Io mi ritiro nelle mie stanze.- appoggio il bicchiere e qualcuno mi sposta la sedia per farmi passare, non guardo chi è, so solo che vorrei stendermi.
Il palazzo è tornato come lo ricordavo la mobilia, i tendaggi, le candele. Tutto s’illuminata al sorgere del sole.
-Tu, Biancaneve, sei la luce del giorno... - mia madre me lo ripeteva ogni mattina, ed io immensamente felice la abbracciavo di slancio.
Mentre camminavo, raggiunsi la stanza che era di mio padre, vi entrai, ma era vuota.
Il massiccio letto di legno non era più in mezzo alla stanza, le pesanti tende non coprivano più i fastidiosi raggi solari del mattino, il suo sorriso non mi accolse come faceva quando la mamma ci lasciò.
Le lacrime mi coprirono la vista e dovetti sfregarmi gli occhi per riacquistarla.
Due mani si poggiarono sulle mie spalle. - Se piangi tu Neve, il mondo piange con te - la voce calma di William mi tranquillizzò, lentamente mi girai nella sua direzione.
- piango per mio padre, piango per non aver potuto fare niente per lui... -
-Neve, Neve eri una bambina, come avresti potuto?- le sue parole non sapevo se mi consolarono o alimentarono la mia colpa.
Ero una bambina, vero, ora non lo sono più!
- Voglio imparare William, voglio imparare a battermi, a tirar di scherma, a tirar con l'arco. Voglio imparare e tu mi devi addestrare!
Lo vedo arretrare di qualche passo.
- Non puoi chiedermi questo-. Sposta il viso guardando il pavimento.
- Perché? - Non ha senso essere una regina se non posso difendere il mio popolo.
- Insegnanti significherebbe attaccarti... non puoi chiedermi questo.
Prendo coscienza delle sue parole e so per certo che da lui non avrò nessun aiuto.
- Bene - sentenzio - da sola me la sono cavata fin ora e da sola continuerò a cavarmela. -
Mi volto per tornare nella mia stanza, ma il braccio mi viene afferrato appena prima di compiere un passo.
- posso insegnarti a tirar con l'arco se lo desideri- il suo sorriso, è timido e timoroso, come quando da piccoli mi faceva cadere e mi aiutava ad alzarmi, era il suo modo di scusarsi.
- appena mi sarò riposta cominciamo.
Così dicendo arrivai alla mia stanza e mi buttai sul letto troppo stanca per stare ancora in piedi, troppo eccitata per chiudere occhio.
Il sonno mi colse dopo poco riportandomi al rifugio delle fate.

mezzo angolo:
e corto lo so ma è solo un capitolo di introduzione a qualcosa di incredibile :D
alla prossima!

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Capitolo 3
*** se una regola c'è ***


Questo è un capitolo un po particolare, praticamente i protagonisti parlano tramite una canzone, forse è più indicato ascoltarla nel mentre, così almeno afferrare il concetto, è tipo musical, ovviamente non mi aspetto che sia efficace come musical, ma dopo la puntata cantata di grace anatomy passatemelo dai!
la canzone è 
Nek - Se Una Regola C'è



"Mi dici cosa c'è che non va?" Muir sedette accanto a me sul tronco dove avevo appoggiato la schiena, sospirai soltanto, non mi andava di parlarne.

"Pensi ancora a quella storia là?"
Mi girai a guardarlo, non era possibile che lui sapesse!
"lo so, già!" Il suo viso era una maschera di serenità, nonostante lui non vedesse.

Eppure aveva sempre avuto gli occhi per guardarti dentro.
Spostai lo sguardo sulla tartaruga che brucava il muschio nel rifugio delle fate, la loro melodia mi rilassava, o meglio, prima, mi rilassava.
"Si fatica a stare soli, sai che rimango qua finché vuoi" mi appoggiò una mano sulla spalla, per poi darmi due pacche, non so che dirgli, parlare significherebbe ammettere una sofferenza radicata negli anni.

Ho perso una persona amata e ora ne avevo persa un altra per il dovere, si, il dovere, dovevo lasciare che seguisse la sua strada, il suo destino di regina.
"Io capisco come stai, fossi in te reagirei"
Mi alzai di scatto.
"Reagire? Reagire, sto reagendo, devo lasciarla al suo popolo, non devo essere egoista, devo..."

"Che consigli vuoi da me, se poi fai quel che vuoi te!" si alza dal tronco e con il bastone si trascinò verso gli altri, comodamente sdraiati a sonnecchiare.
"Che consigli? Quali consigli potrei seguire? Ci sono delle etichette, delle regole da seguire!" sono come una barca alla deriva, non so come tornare a riva mi faccio trasportare dagli eventi.
Lui si ferma e lentamente si gira.
"Sai che mai ti direi 'vai da lei'!" poi lentamente mi venne in contro puntandomi il bastone addosso.

"Ma... Se una regola c'è non la chiedere a me, te ne devi fregare se lo vuoi, se l'umore va giù se non ce la fai più, guarda che non esiste solo lei! Devi muoverti un po! C'è chi non dice no!"
"Chi non dice no!" gli urlai contro. il figlio si svegliò richiamato dalle mie urla.
"Mi stai dicendo di cercare altrove? Scegliere altro? Magari qualcuno del mio rango!?" oramai il nervosismo mi faceva straparlare.
Quert spostava lo sguardo dal padre al sottoscritto poi di nuovo al padre, aveva non so come, capito di cosa stessimo parlando.
"Ti dò una mano io, ma già so, quando capita un momento no. Dentro hai un'angoscia che ti rompe" le sue parole mi colpirono nel profondo, in fin dei conti non era cosi diverso dal padre.
Rimasi a guardarlo per interminabili secondi "Cosa potrei fare? Lei non ha idea di quello che provo, non ha idea che dal primo momento in lei ho rivisto lo spirito che ho amato in mia moglie"
Appesantito dalle mie stesse parole mi sedetti sul muschio, la tartaruga si era avvicinata cosi tanto da darmi una spinta alla schiena. Persino la natura si prendeva gioco di me!


"Ti capisco.., ti apriresti il petto e poi, per mostrarle in quale posto è lei, non sai più cosa fai, ma sai che la vuoi!" si avvicinò come aveva fatto prima il padre dandomi due pacche sulle spalle.
Gli altri nani avevano assistito al discorso in silenzio e cominciarono a commentare all'unisono.
"Se una regola c'è, non la chiedere a noi, te ne devi fregare se lo vuoi. Se l'umore va giù, se non ce la fai più guarda che non esiste solo lei, devi muoverti un po! C'è chi non dice no!"
Muir si avvicinò. Si chinò sulle gambe, abbassarsi non sarebbe servito a molto, arrivava alla mia altezza anche in piedi.
"Se ti ha lasciato addosso un male fisico, qua ci vuole solo un po di senso pratico, eh!" poi sospirò "Una strada non c'è mai, c'è soltanto quella che tu fai, troverai, una che non ti da guai guai!" si sollevo per allontanarsi e darmi cosi spazio per riflettere mentre gli altri continuavano a commentare a bassa voce.
"Se una ragola c'è, non la chiedere a noi, te ne devi fregare se lo vuoi, se l'umore va giù se non ce la fai più, guarda che non esiste solo lei..."
Non li ascoltai più, le parole di Muir mi scendevano come lava nelle vene, dal cervello alle braccia fino ad arrivare al cuore.
Guai...guai...guai...
"Io adoro i guai..." mi trovai a sussurrare abbandonandomi sul muschio con il sorriso sul volto e una nuova speranza nel cuore.

Intanto...

"Devi tenderlo più forte!" William mi incalzava senza tregua, ma con il sorriso sul volto.
Mi aveva spronato a imparare e a non arrendermi alla prima difficoltà, da quella mattina continuava a insegnarmi la postura, la mira, il bersaglio, l'istinto che caratterizzava un arciere, che più della forza dovevo usare quest'ultimo. La cosa sembrava semplice a parole, a parole...
"Se lo tendo più forte la punta della freccia supera le dita e si sbilancìa,finisce a terra come le ultime tre volte!" mi lagnai ricordando la pratica effettuata dopo la teoria cosi semplice da apprendere.
"Puoi tenderlo ancora più forte, non far superare la punta è una cosa che viene dopo, se allunghi le dita sentendone la consistenza, il lancio, potresti anche direzzionarlo meglio!" mi si avvicinò, abbracciandomi quasi, prendendo l'arco sopra alle mie mani per farmi capire come potevo risolvere quell'insormontabile problema.
La sua vicinanza mi tolse il respiro per un attimo, non sapevo come reagire al suo tocco, lo conoscevo da anni, ma per anni non siamo mai stati insieme, lui dice che non sapeva se fossi viva o morta e nel dubbio continuava a prendersela con i guerrieri di Ravenna che trasportavano scorte al castello.
La colpa a quanto pare era anche del padre, che negli anni gli aveva istigato il senso di dovere verso le persone bisognose e non verso un suo mero egoismo.
"Vedi... "mi sussurrò all'orecchio "La vedi quella mela, non è a portata di tiro, ma se tu lo tensessi ancora di più e sollevassi un po' il tuo angolo di tiratura esattamente perpendicolare alla mira appena prima presa..." accompagnò le parole ai gesti facendomi sollevare le braccia e quindi la mira della freccia.
"Lascia!" lasciai la freccia che con un sibilo fendette l'aria arrivando appena sopra la mela, dritta contro il tronco che la teneva.
"Hai fatto tutto tu!" lo rimproverai.
"Assolutamente no!" si difese allontanandosi.
Mi porse un'altra freccia "Fai ciò che dico e vedi che ci riesci anche da sola, anzi, senza il mio aiuto probabilmente riesci a prendere anche la mela" si allontana di qualche passo e mi lascia la spazio per concentrarmi.
Sistemai la freccia, tesi l'arco, presi la mira sulla mela ed fu come se si avvicinasse, e me la porgesse Ravenna trasformata in un incosciente Willian. 
La rabbia comandò i miei movimenti che si fecero più decisi e meno incerti, sollevai la mira perpendicolare alla mela e scagliai la freccia, che fendette nel cielo provocando il medesimo fischio di poco prima arrivando dritto sulla mela che si spaccò il due.
Mi voltai con un sorriso euforico, ma William era serio e guardava il punto in cui c'era la mela. Poi ridestato da non so quale pensiero mi guardò e sorrise.
"Ottimo lancio!"
"A che pensavi?" gli chiesi scrutandogli il volto.
"Alla mela" mi sussurrò tornando serio e spostando lo sguardo dove lo aveva prima.
"Perchè?" che gli evocasse lo stesso ricordo.
"Ravenna te ne diede una avvelenata?"
"Si" confermai.
"Non sono mai riuscito a capire come ti salvassi in quel frangente. Per carità sono estremamente contento che tu sia viva e in salute, ma... eri morta... io lo so, ti spegnesti tra le mie braccia" tornò a fissarmi e non seppi se sul suo viso vi passò un ombra di inquietitudine o di consapevolezza.
"Non posso risponderti, non lo so neanche io. Mi ricordo di aver chiuso gli occhi e non ho visto più niente ne sentito alcun chè, finchè non ho ricominciato a respirare nella sala del tuo castello" quello era quello che sapevo io, il prima, il dopo o il durante quel frangente, mi era completamente oscuro.
"Già, eppure avevi una carica, un carisma, una bellezza... eri bellissima regina" mi guardò con degli occhi che mi sciolsero per quanto erano carichi di ardore.
"Sapevo solo una cosa, quello che Ravenna mi aveva fatto capire, che dal suo sangue era stata creata una maledizione e dal suo sangue poteva essere spezzata. Le parole per incitare il popolo... non sapevo neanche io che cosa dicevo!"
"Eppure ha funzionato"
"Già"
Il discorso cadde cosi, e nel silenzio ripresi a lanciare trovando via via diversi bersagli.
Ai primi non ci andai neanche vicina, non calcolavo l'angolazione della traiettoria, e William mi rimproverava dicendo mi che non avrei dovuto calcolare niente, dovevo sentire la freccia e il bersaglio.
Quando poi sentii la freccia, come la intendeva lui, cominciai ad arrivare al bersaglio, o almeno sfiorarlo.
Stremata ma contenta tornai nelle mie stanze scortata da un raggiante William che continuava a farmi complimenti per il buon lavoro.
"Domani voglio i bersagli in movimento, non credo che eventuali nemici restino immobili a farsi colpire!" dichiarai prima di entrare nelle mie stanze.
"Magari pensa a colpire prima quelli che non si muovono no?" mi prese in giro.
Sorrisi, in fin dei conti aveva ragione lui.
"Ok, miglioriamo questa mira"
Si avvicinò pericolosamente al mio viso e passando oltre mi diede un bacio sulla guancia, appena sotto lo zigomo.
"Buona notte Neve!" mi sussurro sfiorandomi le spalle.
"Buona notte William..." non sapevo se essere contenta o meno che mi abbia baciata solo sulla guancia.
Mentre si allontanava mi chiesi quello che volevo davvero, essere baciata da William mi riportava alle mente quell'unico episodio in cui fui tanto audace da darglielo, ma si è rivelato essere una mera illusione.
Adesso, voglio lo stesso?
Appoggiai la mano sulla maniglia della mia porta e la aprii lentamente, quando vi entrai trovai sul letto una rosa rossa. 

*SI NASCONDE SOTTO IL LETTO*
CLEMENZAAAAAAAAAA!!!


 



 

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Capitolo 4
*** caccia ***


«Okay, basta!» William sbuffa togliendomi dalle mani l'arco.
«Che ho fatto?»
Oramai erano giorni che mi allenavo, la mira migliorava, la velocità anche. Cosa vevo sbagliato ora?
«Siediti» mi ordinò.
Sbuffai e mi lasciai cadere sul terreno, l'erba era alta e la primavera oramai stava lasciando spazio alla calda estate, il sudore sulla mia fronte ne era la prova tangibile, nonostante la camiciola leggera, al quale avevo sollevato le maniche oltre i gomiti.
Come se nulla fosse, con un movimento secco del braccio destro, William conficcò nel terreno il mio arco, si sbottonò le asole del gilet di pelle e lo tolse appoggiandolo alla punta opposta dell'arco per poi sedersi davanti a me. 
«Comincia a fare caldo, eh?» commenta sorridento. Si gratta la barbetta incolta con una smorfia.
Che gli prendeva?
«Che hai William?» gli chiesi guardandolo meglio, non sembrava tranquillo, qualcosa lo turbava.
«Ho parlato con mio padre» cominciò non guardandomi, sollevò le ginocchia e vi appoggiò le braccia sopra abbassando la testa.
«Quindi?» continuavo a non capire
Sollevò la testa e la spostò di lato guardandomi, per poi sorridere.
«Mi ha detto che questo regno ha bisogno di un Re, che io avrei tranquillamente saputo gestire un regno e le sue spese e il catasto dei suoi terreni. Sono cresciuto con queste conoscenze - sorride abbassa lo sguardo e continua - questo regno ha bisogno di luce, dell'estate che dopo dieci anni ritorna, di coltivare i propri campi di vivere di nuovo. Ecco di cosa ha bisogno questo regno - solleva di nuovo lo sguardo su di me che lo guardo senza quasi respirare - questo regno ha solo bisogno della sua Regina, la regina che merita.»
il mio cuore galoppò a quelle parole.
Ravenna parlava di mondo corrotto, e che lei sarebbe stata la ragina perfetta, ma non calcolava che il mondo era corrotto dalla sua presenza, non dallo spirito di chi vi viveva.
«Io posso imparare» non seppi che altro dire.
«Si, tu devi imparate» William era serio, poi si alzo con un movimento fluido e mi porse la mano, dovetti piantare bene i piedi per sollevarmi senza barcollare. «Ora però devi far finta che non ti ho mai detto niente»
«Sul discorso di tuo padre?»
«No, sull'arco» si allontanò lasciandomi la mano che ancora teneva tra le sue. Prese il gilet ed estrasse l'arco dal terreno «Ora prendi quest'arco come meglio credi e lancia come meglio credi. Una volta avute le fondamenta un arciere ha un suo metodo un suo respiro un suo ascendente sulla freccia. Quindi dimentica tutto o tieni a mente solo quello che veramente ti serve e cerca di cacciare la cena. Io torno a castello!» cosi dicendo si allontano strappando dei fili d'erba e sollevando la mano li lasciò andare senza voltarsi, questi gli passarono davanti spinti dal vento.
«Resta sotto vento altrimenti digiuniamo» lo sentii gridare a molti metri di distanza. Sorrisi, mi aveva mostrato un altro segreto della caccia. Feci lo stesso strappai delle punte d'erba e le lasciai a mezz'aria, queste fecero una parabola da sinistra a destra passandomi davanti.
Dovevo restare sotto vento.
Mi infilai in spalla la custodia delle frecce, e presi l'arco pronta a portare al castello qualcosa da mangiare. Forse non avevo fatto i conti con la natura.
Mi innoltrai nel bosco, ero calma, almeno credevo di esserlo. Cominciai a vagare, non avevo una meta precisa, anzi non sapevo neanche dove mi stessi dirigendo, il verde e l'umidità del sotto bosco erano quasi soffocanti.
Continuai a camminare per quelle che sembravano ore, anche se il sole non siera mosso più di tanto. Mi fermai di colpo quando sentii dell'acqua scorrere, mi avvicinai a quel rumore superando cespugli e rami.
Quello che mi ritrovai davanti fu una visione.
Rimasi nascosta ad osservarlo, mentre il lago lo accoglieva e la cascata lo bagnava, il suo corpo coperto dalle braghe era qualcosa di spettacolare bellezza.
Quando salì sulle rocce per farsi bagnare dalla cascata il suo fisico era come scolpito, il chiarore della sua pelle, il biondo dei suoi capelli, la sua barba incolta.
Si accorse della mia presenza probabilmente, ma sapevo di poterlo guardare senza essere vista, eppure i suoi occhi puntarono nella mia direzione.
«Chi è la?» gridò spostandosi dal getto dell'acqua.
Si arrampicò su degli scogli per poi arrivare alla riva e alla sua ascia. La sollevò e chiese di nuovo «Chi è la?»
Indietreggiai lentamente, tenendolo d'occhio, non volevo mi vedesse, non volevo mi scoprisse, non seppi perchè ma ero talmente felice di vederlo che non avevo idea di cosa potergli dire.
"Come stai?; Dove sei stato?; Cosa hai fatto?" domanda fatte, senza nervo, non da Regina, Quello che volevo chiedergli realmente era "Perchè sei andato via?; Perchè mi hai lasciato da sola?" ma preferii evitare anche un contatto. 
Lui aveva la sua vita, io la mia. Era giusto cosi.

Lasciandolo alle spalle continuai a cacciare, salii il pendio che portava al ruscello che finiva nella cascata dove vi avevo trovato Eric. Li mentre salivo vi vidi due cervi a lappare l'acqua che gli passava dinnanzi.
rimasi sotto vento, il tempo di prendere la freccia dal contenitore e sistemarla sull'arco, non avevo lo spazio necessario per poter mantenere l'arco il verticale cosi lo spostai il orizontale, trovandomi infinitamente più comoda.
Tesi l'arco e lasciai, la freccia si conficcò nel collo del primo animale nel'esatto momento in cui un'ascia si conficcava nel cranio del secondo.
I due cervi caddero il un tonfo sordo al suolo e dai cespugli a destra usci Eric, con una camicia marrone allentata addosso e le braghe ancora bagnate. Si guardò in torno cercando un ipotetico arciere che aveva colpito il secondo cervo. Fermandosi un attimo a riflettere calcolò la direzione e si voltò a guadare nella mia direzione, mi abbassai per evitare che mi vedesse.
Lo sentii prendere fiato «Non te lo rubo» nel momento che lo sentii parlare il mio cuore accelerò i battiti «Prendo il mio e vado via» continuò senza sapere chi fosse il suo interlocutore.
Sarebbe rimasto a guardare chi fosse? Aveva già capito con gli parlava?
«Ottimo tiro comunque» disse dopo aver fatto un verso strano, forse si era accollato il cervo addosso e ora stava andando via.
Sorrisi «Grazie...» sussurai.
Non sentii nient'altro mi affacciai un attimo, e non lo vidi. Avevo il timore di vederlo sbucare, non so perche ma non volevo sapesse o mi vedesse o capisse che ero io, non mi seppi spiegare il perchè.
Sapevo solo una cosa, io quel cervo non avrei potuto mai tirarlo su.«Accidenti!»
Presi dal contenitore delle freccie un cappello che William usava per ripararsi il viso dal sole, sistemai i capelli all'interno e mi accovacciai sulla bestia cercando di capire come l'avrei presa.
«Hai bisogno di aiuto?» la sua voce alle mie spalle mi fece scattare in piedi, non avevo il coraggio di voltarmi.
Maledizione!
«Posso tagliartelo a pezzi, se vuoi, sarebbe più facile trasportarlo dopo»
Non mi mossi, non parlai, non volevo che capisse chi fossi, sapevo che non l'aveva capito altrimenti me l'avrebbe fatto capire in qualche maniera.
«Hai capito cosa intendo?» lo sentii spostarsi, ne avvertivo la presenza molto vicina.
Annuii e lui sembrò capire 
«Bene, mi vuoi aiutare?» mi sorpassò ed entro nel mio campo visivo, prima che potesse guardarmi mi girai di nuovo dandogli le spalle.
«Non ti mangio» lo sentii soridere e sorrisi a mia volta, mossi un paio di passi, dovevo andare via.
Raccolsi l'arco e il contenitore delle freccie.
«Quell'arco lo conosco» disse e si sollevò, sentii il movimento delle rocce della riva spostarsi.
Cominciai a correre, corsi via da lui e non seppi neanche perchè.
Non volevo che mi vedesse, non volevo che sapesse che stessi facento non volevo che credesse che l'avessi cercato. 
Lui era andato via!
Mi ritrovai a piangere mentre continuavo a correre, il cappello mi volò via dalla testa facendo ricadere i miei capelli sulle spalle poi al vento.

PERDONATEMI E PROPRIO CORTO.
SONO DUE PARTI SE RIESCO LO POSTO DOMATTINA ORA DEVO PROPRIO SCAPPARE.


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Capitolo 5
*** il male non muore mai ***


Quell’arco, lo riconoscerei tra mille.
L’arco di William, ma non era William, assolutamente no.
Rimasi a pensare per pochi secondi il tempo di rendermi conto dell’unica persona al quale William possa dare il suo arco.
«Neve» sussurrai più per rendermi conto della veridicità della cosa.
Cominciai a correre nella sua direzione, non può essere più veloce di me.
I rami mi sferzavano le gambe e le braccia, il sotto bosco cercava di fermarmi, ma il bisogno di rivedere quel viso, quegli occhi … quelle labbra.
«Neve!» gridai pur non vedendola, speravo mi sentisse, speravo si fermasse e continuai a correre finché non la vidi, i suoi capelli, il suo modo cosi goffo di correre, rallentai a quella visione, rallentai fino a fermarmi.
«Neve … arriverà il giorno che sarò alla tua altezza». 
 
«E quindi?» mi chiese Duard
«Niente, cerca il modo di consegnare il cervo a palazzo». 
Ero ritornato nel rifugio delle fate insieme ai nani, non ho un posto oltre a questo, dove mi sento realmente a casa. La prima volta che la guardai con occhi nuovi fu proprio qui.
«La rosa?» mi domandò, sapevo che era il gesto di un folle ma sapere che in qualche modo lei possa avvertire la mia presenza, anche se indiretta mi rincuorava.
«Le altre dove le tiene?» non l’avevo ancora chiesto, non sapevo che fine facessero, so che per “aiutarmi” come lo intendono loro hanno trovato questo stratagemma, sanno come entrare a palazzo, sanno come intrufolarsi senza farsi vedere e Miul sa che la regina, madre di Biancaneve, adorava le rose rosse.
«Sono tutte sistemate in un vaso accanto al suo letto, persino quelle che stanno appassendo, sono dodici oramai, quando ti deciderai?».
«A cosa?»
«A tornare da lei»
«Non ne sono all’altezza, lo sapete»
«Al cuore non si comanda amico mio, e quando alche lei aprirà gli occhi, forse, sarà lei a cercarti».
«Quel giorno lo accoglierò come l’aria nei polmoni».
Bevemmo finche l’idromele non finì e il fuoco si affievolì, vidi due di loro che si allontanavano furtivamente, e non vi badai, chiusi gli occhi accogliendo il sonno e sperando di essere con lei almeno nel mondo dei sogni.
 
«Sveglia, cacciatore!» quella voce, probabilmente un sogno.
«Svegliati!»
Aprii di scatto gli occhi e Ravenna mi sovrastava con i suoi capelli fluenti, mi sollevai in fretta cercando l’elsa della mia ascia che non trovai come non trovai niente intorno a me se non bianco, lunghe distese di bianco, bianco come il suo vestito, bianco come la sua pelle.
«Tu, tu sei morta» non riuscivo a credere ai miei occhi, stavo di sicuro sognando.
«Sì, il mio corpo è morto, la tua Neve mi ha ucciso ricordi?».
«Non la nominare!» cercai di colpirla con un pugno ma la mia mano le trapasso il corpo come se fosse fumo.
«Non ti scaldare cacciatore, sei nel mio mondo, se ne vuoi uscire devi fare ciò che ti ordino» sentivo la sua voce ma la sua immagine era sparita con la nuvola di fumo che avevo colpito.
Mi senti delle mani poggiarsi sulle spalle e mi voltai ritrovandola a pochi centimetri dal mio viso.
«Hai un cuore forte cacciatore – mi poggiò la mano sul petto, mi scansai a quel tocco gelido – non batte più per te, te ne sei accorto?» continuo.
«Si» mi trovai a sussurrare, il mio cuore oramai apparteneva a lei.
«Hai un compito cacciatore, trovami un cuore, fammi tornare alla vita e riavrai la tua anima» la sua immagine scomparve con le sue parole e rimasi solo in quella distesa di bianco. Mi voltai più e più volte alla ricerca di Ravenna, non mi poteva lasciare li, dove lo trovavo un cuore li. E poi lo volevo davvero trovare un cuore, riportarla alla vita, significava ricominciare una lotta continua.
«Maledizione! – mi trovai a gridare – Ravenna? Come lo trovo un cuore qui?» stiamo al suo gioco, non glielo concedo, ma devo ritornare almeno.
«Svegliati cacciatore!» la voce era mutata, sembrava Bith.
Con un calcio in pieno stomaco mi ridestai.
«Bith, con più delicatezza magari» mi ritrovai a tossire.
«E tu svegliati quando ti chiamo cosi non ti devo prendere a calci».
Mi sollevai trovandomi ancora nel rifugio delle fate, era un sogno! Sorrisi, speravo di sognare lei e ho sognato quel mostro. Ma una morsa al petto mi fece mancare l’aria e annebbiare i sensi, sentii distintamente delle dita che mi contraevano il cuore e prima di perdere nuovamente i sensi la sentii «Trovami un cuore o mi prenderò il tuo!».
La morsa si dissolse e il sogno divenne realtà, o le trovavo un cuore o ci rimettevo il mio, ma il mio a quanto pare era toppo compromesso per i suoi gusti, l’aveva detto, avevo un cuore forte, ma non mi apparteneva.
«Tutto bene cacciatore?» mi domando Miul.
Presi due profondi respiri e mi sollevai reggendomi una mano al petto «Sì, tutto bene».
Dovevo trovarle un cuore, ma quale?

*SI NASCONDE DIETRO LA TASTIERA*
NON MI PICCHIATE!

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Capitolo 6
*** AVVISO ***


OK, SCUSATE IL RITARDO, SONO STATA DISCONNESSA PER TROPPO TEMPO, E LE STORIE A MOMENTI NON LE RICORDO, ORA SONO RITORNATA IN LINEA, MI DOVETE DARE GIUSTO QUALCHE GIORNO PER RECUPERARE LE IDEE, SCUSATE A CHI MI SEGUIVA E SCUSATE PER CHI ORAMAI SI è ARRESO!
UN BACIONE GRANDE
!

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