Tu mi ami. Vero o falso? Vero. Ma ormai non basta più

di vero_91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 - parte I ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 - parte II ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 8 (II) ***
Capitolo 10: *** capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Non posso continuare così.
Appena apro gli occhi è questo il pensiero che mi attraversa la mente. Sono ancora avvolta tra le braccia di Peeta e sento il suo respiro sulla mia fronte e questa cosa mi terrorizza. Di solito è sempre stato il contrario. Dormire con lui era l'unica cosa che mi facesse sentire al sicuro, protetta e ogni mattina riuscivo a trovare la forza di alzarmi solo grazie a questo. Ora però non è più così. Le mie notti sono inquiete e le braccia di Peeta più che una caldo rifugio mi sembrano una morsa d'acciaio che mi soffoca.


Mentre scendo dal letto cerco di trovare una scusa per questo mio comportamento, mi consolo dicendomi "sarà solo un momento, passerà" ma so che non è vero, sono solo menzogne che mi racconto per cercare di calmare l'attacco d'ansia che mi sta stringendo lo stomaco e facendo sudare le mani. Aria. Ho bisogno d'aria. Almeno gli esercizi di respirazione che mi ha insegnato il dottore Aurelius servono a qualcosa. 
Essendo passati quasi 7 anni ormai dal mio ritorno al distretto 12 ci sentiamo molto meno per fortuna, ma forse in questo momento uno qualche sua perla di saggezza mi servirebbe. Anche se continuo a negarlo, in realtà so benissimo da quando è iniziata questa situazione, da quella maledetta sera.
 
Io e Peeta avevamo invitato Haymitch a cena. Quando se ne fu andato Peeta mi disse:" Lo trovo un po' meglio in questo periodo vero? Forse sono le oche! magari hanno un effetto terapeutico su di lui!"
Mi sembra davvero convinto e la cosa mi fa sorridere "Scusa ma ne dubito fortemente"
-"Allora magari ha incontrato qualcuna!"
-"Direi che l'idea delle oche era più probabile Peeta!"  gli rispondo ridendo.  Ma quando lo guardo vedo il suo sguardo intenso su di me, con un' espressione seria sul volto: "E' solo che lui non ha avuto te" mi dice.
Subito non capisco se è ironico dato che, per quanto mi riguarda, avermi intorno non è stata una fortuna per nessuno. Poi però Peeta mi si avvicina e mi stringe tra le sue braccia muscolose, e mi rendo conto che forse qualcosa di buono l'ho fatto, salvare lui è stata l'unica cosa di cui non mi pentirò mai. Ricambio il suo abbraccio e cerco le sue labbra. Sono come la prima volta, morbide e dolci. E anche le sensazioni sono le stesse, di nuovo quello strano senso di fame, che solo lui può soddisfare. Sento la sua mano sotto la mia maglietta, su un mio seno, e a quel punto io sto armeggiando con la sua cintura quando la sua mano mi blocca. La sua bocca vicino al mio orecchio "Aspetta Kat, devo dirti una cosa". Ahia, detto così non suona bene. Lo guardo con riluttanza, ma quando incontro i suoi occhi azzurri non c'è niente di quello che mi aspetti, solo un po' di imbarazzo. Lui mi fa un enorme respiro e riprende: "E' da un po' che volevo dirtelo, e stasera mi ero ripromesso che l'avrei fatto, quindi Katniss vuoi sposarmi?" 

 
Vuoto, nella mia mente c'è il vuoto. Continuo a fissarlo, e una parte di me si rende conto che una ragazza normale a questo punto si butterebbe tra le sue braccia gridando "Siiiii" e piangendo per la gioia mentre lui la prende e la fa roteare felice. Ma io non sono mai stata una ragazza normale. E mai lo sarò. Se si trattasse di firmare solo un pezzo di carta allora potrei anche accettare. Sarei disposta a mettermi carina e a vestirmi di bianco se questo rendesse felice Peeta. Non è il matrimonio a terrorizzarmi, è quello che ne consegue. Quindi anche se so che Peeta sta aspettando una risposta l'unica cosa che il nodo in gola mi permette di ripetere è "sposarti?" Proprio come una vera ghiandaia imitatrice non c'è che dire. 
Peeta non si accorge, o probabilmente fa finta di non accorgersene, del mio stato di confusione e continua: "Si Katniss, io non desidero altro. Voglio che tu diventi mia moglie e desidero costruire una famiglia con te..."
Peeta sta continuando a parlare ma io non lo ascolto più.
Eccola la parola che temevo più di qualsiasi altra:famiglia. Peeta vuole dei bambini e dato che gli Hunger Games sono stati aboliti pensa che io non abbia più nessuna remora al riguardo. Si sbaglia di grosso. La sola idea di avere dei bambini mi paralizza.
La stanza comincia a girare e un brivido freddo mi percorre tutta la spina dorsale. Delle macchie nere cominciano a comparire sul viso di Peeta e l'ultima cosa che vedo è una bambina con dei capelli biondi che prende fuoco. Penso a Prim, o forse è solo la fine che aspetterebbe a mia figlia proprio come è successo a  tutte le persone che ho amato. Poi il buio.

 
Quando mi svegliai trovai due occhi azzurri che mi fissavano spaventati. "Katniss, mi senti??? L'attimo prima ti stavo parlando e l'attimo dopo eri accasciata sul pavimento! Come stai adesso?"
L'ultima volta che sono stata così è stato quando vidi l'ultima intervista di Peeta con il presidente Snow. Quella che terminava con una chiazza del suo sangue sul pavimento. La paura era stata così forte che non avevo retto. E' stato dopo quella volta che decisero di riportare Peeta da me. Ma questo lui non può saperlo.
Cosi decido di mentire nel modo più convincente possibile: "Sto meglio grazie. E' stato solo un capogiro niente di cui preoccuparsi." Peeta non sembra affatto convinto:"Sei sicura? Sei ancora molto pallida e continui a sudare! Aspetta vado a prenderti dell'acqua" prima però che possa andarsene mi aggrappo disperatamente al suo braccio e dico:"Aspetta Peeta... tu...è giusto che tu sappia." Ora tocca a me fare un respiro profondo e trovare il coraggio:"Io non voglio avere bambini".
Peeta mi guarda disorientato. Quando finalmente realizza quello che sto cercando di dirgli cerca di ricomporsi e mi chiede: "Ma perchè? Ormai gli Hunger Games sono finiti e non c'è più niente da..." io lo interrompo con foga "Ti sbagli Peeta io temo qualsiasi cosa. E la cosa che temo più di tutte è proprio di avere dei bambini. Ho perso troppe persone e tutte sono morte per causa mia. Non posso permettere che questo succeda anche ai miei figli. Se dovesse capitare loro qualcosa io non riuscirei a sopportarlo. So badare a malapena a me stessa. Non sono fatta per essere madre. Mi dispiace."
Ecco l'ho detto. così velocemente che temo che Peeta non abbia capito. Ma quando vedo la sua espressione mi accorgo che non è così. Tristezza. Avrei sopportato la rabbia, il disprezzo e l'odio, ma vedere dolore nei suoi occhi mi uccide. Ne ha dovuto sopportare fin troppo. D'istinto lo abbraccio e mi aggrappo al suo collo. Non voglio vederlo così. Non per colpa mia. Lui alla fine ricambia esitante il mio abbraccio e in un sussurro mi chiede: "Ci sono possibilità che tu cambi idea?" No. questa risposta mi appare così limpida e prepotente nella mia testa che devo mordermi la lingua per non dirla ad alta voce. Se lo facessi sarei costretta a vedere di nuovo quell'espressione e Peeta non sarebbe più tra le mie braccia. Non potrei sopportarlo. Sono troppo egoista. E così decido di fare l'unica cosa che posso fare. Mentire:"Ho bisogno di un po' di tempo. Ti prometto che ci penserò su". Peeta si scosta da me per guardarmi. Ha un'espressione così sollevata che il senso di colpa mi colpisce in pieno petto, facendomi mancare il respiro. Sento gli occhi pungere e devo buttarmi sulle sue labbra per far si che lui non se ne accorga. Lui ricambia con altrettanta passione.
O disperazione, dipende dai punti di vista. 




----Autrice---
Salve! Ho scritto questa fanfiction di getto per non farmi prendere dall'ansia pre-esame ma era da un po' che mi chiedevo come una ragazza forte e determinata come Katniss avesse deciso di avere dei figli pur essendo sempre stata molto categorica sulla cosa. Non credo che l'amore di Peeta possa servire in questo caso se non è lei la prima a volerlo...Da qui il titolo.
Se vi fa schifo, è pesa, troppo lunga o qualsiasi altra cosa non fatevi problemi a dirmelo! La stessa cosa vale per i suggerimenti! 
Ok basta, spero di ritrovarvi anche nel prossimo capitolo (se mai ci sarà ahahahahahah)
bye bye

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Da quella sera sono passate due settimane. Le nostre giornate scorrono come sempre, Peeta lavora al forno dei suoi genitori ed io vado a caccia, ma più passa il tempo più la situazione fra noi si fa tesa. Anche se Peeta cerca di nascondermelo è sempre più nervoso e anche quei gesti che prima ci venivano tanto naturali, come baciarci o accoccolarci davanti al camino, ora sembrano tutti meccanici, programmati, come se non volessimo far vedere che in realtà c'è qualcosa non funziona. Mi sembra di essere tornata ai tempi degli Hunger games, in cui dovevamo fingere di essere gli Innamorati sventurati del distretto 12. Ora invece dobbiamo fingere di essere gli innamorati felici del distretto 12.

Non voglio perdere Peeta. Non voglio avere figli. Due parti di me che non riesco a far combaciare. Mi guardo intorno ma non vedo nessuna via d'uscita. Rassegnata, decido di tornare a casa prima del solito con un solo misero scoiattolo. Peeta è ancora al forno così decido di coricarmi. Chiudo gli occhi e sogno. Sono su una spiaggia, Peeta è di fronte a me che sta parlando, ma io lo interrompo e lo bacio. Non è un sogno, è un ricordo. Sono i 75° Hunger Games e quello fu un bacio che non feci per le telecamere ma per me stessa. L'immagine svanisce e il ricordo è sostituito con un altro della mattina dopo, ricordo una me stessa felice, che sogna un mondo in cui i bambini di Peeta possano vivere felici e in cui lui sarà sicuramente un buon padre.

Quando mi sveglio calde lacrime mi scorrono sulle guance. "Non piangere Katniss. Adesso sai cosa devi fare." Si lo so. Io non voglio avere figli. Questo però non significa che nemmeno Peeta non possa averne. Non appena realizzo cosa questo significhi, sento la porta dell'entrata aprirsi, e mi precipito giù dalle scale prima che i sentimenti s'impossessino di me e mi facciano cambiare idea.

"Peeta devo parlarti" gli dico appena arrivo in salotto. Lui si sta ancora togliendo la giacca e mi si avvicina preoccupato. "No non avvicinarti. Non posso dirti la verità se mi sei troppo vicino." Peeta abbassa le braccia e mi guarda serio : "Ok ti ascolto". Ora che so cosa devo fare, è come se un grande peso se ne fosse andato dal mio petto. Adesso c'è solo vuoto. Un enorme vuoto in cui io precipiterò, ma almeno non porterò anche Peeta con me. "Peeta io ti ho mentito. Non ci sono possibilità che io voglia avere dei figli. Ne ora ne mai." Quando dico questo sto bene attenta a non guardare Peeta negli occhi. So cosa vedrei, e già questo mi ha fatto vacillare una volta, non posso permettermelo di nuovo. Peeta rimane in silenzio per un attimo che sembra interminabile, poi mi da l’unica risposta che mi aspettavo e che più temevo: "Va bene katniss. Non voglio obbligarti. Non posso dire che la cosa mi faccia piacere, ma se te non vuoi avere figli, allora non li avremo". Lo sapevo. E' disposto a sacrificare la cosa che più desidera solo per me, una ragazza egoista. Ma dopotutto è sempre stato così. Lui che fa la parte dell'innamorato sventurato mentre io penso solo a salvarmi la pelle durante gli Hunger Games, lui che viene catturato e torturato per colpa mia mentre io fomento rivolte e divento la ghiandaia imitatrice.

Mi prendo qualche minuto per erigere una barriera davanti a me. Mi svuoto di sentimenti e ricordi e quando finalmente alzo lo sguardo dico: "Non posso farlo Peeta. Non posso privarti della felicità e del desiderio di essere padre. Andrebbe bene subito forse, ma con il passare degli anni comincerai a provare rancore verso di me, per averti privato di questa possibilità e comincerai a odiare te stesso perchè sei troppo buono per poter odiare me. Dal canto mio invece ogni giorno il senso di colpa aumenterebbe, e sono troppo debole per  sopportare di aver rovinato anche la tua di vita. Meriti di essere felice Peeta, anche se questo significa non essere con me."

Peeta mi guarda come se fossi ubriaca o impazzita. E' strano ma io mi sento completamente lucida, come non lo ero da molto tempo. "Stai scherzando vero Katniss? Dimmi che ho capito male ti prego..." Mi prende per le spalle, cerco di divincolarmi ma è troppo forte.
Questo è il momento più importante. Devo essere convincente, se sentirà anche un minimo cenno di esitazione nella mia voce, non mi lascerà mai andare. Ed io non riuscirò a reggere questa maschera di indifferenza ancora per molto. Dentro di me comincio già ad andare a pezzi. "Peeta lasciami!" urlo " Non capisci che andando avanti così presto ci distruggeremo a vicenda? Già in queste settimane ti sarai accorto che le cose non erano più come prima! E' inutile che cerchi di nasconderlo!"
Lo vedo. Un minimo di dubbio compare nei suoi occhi. Una piccola parte di lui sa che ho ragione. " Io non posso più continuare così! Devi lasciarmi andare Peeta, cosi come io devo lasciare te." Peeta mi guarda senza parole. Ha capito che niente di quello che dirà potrà farmi cambiare idea. Mi guarda disperato e lascia cadere le sue braccia, come se tutt'a un tratto non avesse più energie. Solo una sua mano rimane sul mio polso, stringendolo, come se si aggrappasse all'ultima speranza di salvezza. Poi in un sussurro mi chiede: "Tu mi ami. Vero o falso?"

Ecco lo sento. Il mio muro sta andando in pezzi e anch'io. Sa che non posso mentirgli. Non a queste parole. Penso a che cosa rispondere ma le orecchie mi fischiano e la testa mi batte. Sto per crollare. Ma stavolta sarò da sola. Sollevo il braccio e appoggio la mia mano su quella di Peeta. "Vero." poi meccanicamente sciolgo la sua presa dal mio polso e dico "ma non basta più".

Peeta mi guarda e capisce. Capisce che è finita. Senza dire nulla si avvia verso la porta, e quando ormai è sulla soglia, mi dice "Io ti amo Katniss. ti amerò sempre" poi se ne va.

Vorrei gridargli che anche per me è cosi, ma i singhiozzi mi permettono a malapena di respirare. Mi accascio a terra e mi stringo le braccia al petto, mentre ondate di dolore puro mi travolgono.
Devo andarmene. Non posso continuare a stare nel distretto 12. Non con Peeta che abita nella casa di fianco. Penso disperatamente a un posto in cui posso scappare, ma conosco già la risposta: il distretto 2.
 
 
 
-----angolo autrice----
Scusate se ci ho messo un po' ad aggiungere questo capitolo, ma è stato difficile da scrivere. Probabilmente dopo averlo letto mi odierete e smettere di seguirmi per come ho fatto andare le cose, ma mi sembrava l'unica soluzione possibile per il momento. Ora come ora Katniss e Peeta hanno visioni del futuro troppo diverse per continuare a stare insieme. E il distretto 2, be immagino sappiate già chi c'è... (e fu così che persi anche l'ultimo lettore rimasto). 
Volevo ringraziare le persone che hanno commentato e quelle che hanno aggiunto la storia tra le seguite, siete stati carinissimi! Mi raccomando commentate anche questo, accetterò tutto, anche gli insulti... :D

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Il telefono sta squillando. Mi alzo di scatto e vado a rispondere, sapendo già chi c’è dall’altra parte. “Ehi dolcezza, come stai?”
“Haimitch quale parte di -fammi sapere ogni settimana come va- ti è sfuggita? E’ da più di dieci giorni che non ti fai sentire!” gli dico stizzita.
“Se sei tanto preoccupata perché non chiami direttamente lui allora?” mi risponde tranquillo.
“Sai che non posso, non insistere. Forza renditi utile e dimmi come sta andando.” E’ incredibile come riesca sempre a farmi innervosire.
“Meglio. Non mi sono fatto sentire perché ormai direi che la situazione è sotto controllo. Al mattino si alza, va al forno, ceniamo insieme, giochiamo a carte e ci ubriachiamo come veri uomini.” Sto per insultarlo quando lui m'interrompe “Dai dolcezza scherzo. Ti giuro che da quando sei venuta a casa mia quella notte non ho più toccato una goccia d’alcool. E comunque anche se volessi non potrei, Sae la Zozza controlla me e Peeta come un segugio.”
Non sono molto convinta ma voglio fidarmi di lui. Anzi devo. Lui è il mio unico legame con Peeta rimasto. “Sarà meglio per te Haimitich. Per il resto lui come sta?” chiedo cercando di nascondere il nervosismo.
“Si sta riprendendo abbastanza bene. Ha ripreso a dipingere, paesaggi specialmente, parla, scherza, mi racconta la sua giornata, sembriamo due sposini novelli.”
Se fosse qui di fronte a me penso lo prenderei a pugni. “E ti sembra tranquillo? Ti sembra… sì insomma… felice?”
Lo sento dall’altro capo del telefono sospirare “Dolcezza queste domande devi farle al dottor Aurelius non a me. Comunque felice direi proprio di no dopotutto quello che ha passato, ma molto più tranquillo sì. Sembra stia accettando la cosa.”
In realtà non so se esserne contenta o meno. Sto per fargli un’altra domanda quando Haimitch m'interrompe: “Ah e comunque un mese fa è arrivata anche un’altra persona che mi sembra possa essergli d’aiuto. Lui mi è sembrato piuttosto felice all’idea….” Non faccio in tempo a chiedergli chi è che un’altra voce m'interrompe “Haimitch sono tornato”. Peeta. Erano sei mesi che non sentivo la sua voce. “Scusa dolcezza devo andare. Ti telefono la prossima settimana.” Mi riprendo dallo stato di trans in cui ero caduta e grido: “No aspetta chi…” Niente sto parlando al vuoto ormai.
Frustrata appoggio la cornetta e cerco di mettere ordine nei miei pensieri.

Prima di andarmene dal Distretto 12 ricordo di essere passata da Haimitch. Non gli ho neanche dato il tempo di chiedermi cosa diavolo stessi facendo che stavo già svuotando le sue bottiglie d’alcool in bagno, proprio come Peeta aveva fatto per l’edizione della memoria, mentre gli urlavo: “Ascolta Haimitch, ti ricordi che per i 75° Hunger Games mi avevi promesso che avresti cercato di salvare Peeta ma alla fine hai preferito salvare ancora me abbandonandolo? Bene adesso è arrivato il momento di ripagare quel debito. Io me ne sto andando, ma tu devi badare a lui, controllalo, aiutalo, vai a vivere con lui se è necessario. Ogni settimana mi telefonerai e mi aggiornerai sulle sue condizioni e ovviamente lui non dovrà mai venirlo a sapere. Per fare tutto questo dovrai essere sobrio sono stata chiara? Per una volta nella vita Haimitch cerca di essere un mentore degno di questo nome.”
Dopo avergli detto questo mi asciugai le lacrime con la manica, cercando di riacquistare un minimo di dignità, poi gli chiesi: “Lo farai? Me lo prometti?” Dovevo sembrare sconvolta perché Haimitch non mi fece domande e dopo un po’ disse: “Si lo farò. Dove posso telefonarti?” tirai un sospiro di sollievo e raccolsi le mie poche cose “Sae la Zozza ti darà il numero di Gale.” Haimitch si limitò a guardarmi in modo indecifrabile e mi chiese: “ Vuoi che Peeta lo sappia? Che te vai da Gale intendo.” Mi girai verso la porta come per andarmene ma alla fine dissi: “ Sì, se mi odia sarà più facile per lui dimenticarmi.” Mentre uscivo scorsi con la coda dell’occhio Haimitch che annuiva e mi guardava con uno sguardo pieno di compassione.

Da quel giorno sono passati sei mesi e Haimitch mantenne la promessa. Cominciò a telefonarmi ogni settimana anche se all’inizio le notizie erano sempre le stesse purtroppo: “Peeta mangia solo se siamo noi a obbligarlo, si rifiuta di andare al forno. Rimane tutto il tempo chiuso in camera sua a fissare il soffitto. Non sappiamo cosa fare per aiutarlo”. Quando Haimitch mi diceva queste cose, dovevo mordermi il labbro fino a farlo sanguinare per non rispondergli che sarei tornata a casa, mentre in testa mi ripetevo come un mantra i motivi per cui non potevo farlo.
Dopo qualche mese però, quando ormai mi convinsi che l’unico modo per salvare Peeta fosse il mio ritorno, Haimitch mi disse che c’era stato qualche piccolo miglioramento. Con il passare delle settimane, Peeta aveva cominciato a uscire, a mangiare regolarmente e infine riaprì il forno, dove passava quasi tutte le giornate per tenersi occupato.

Dal canto mio invece, passo i giorni in una totale apatia. La scelta è fra quello o un dolore sordo, che si presenta puntualmente ogni notte insieme agli incubi. Agli inizi era così lacerante che alcune notti prendevo le mie cose e correvo fuori per andare verso la stazione, per tornare a casa, poi però mi ricordavo il motivo per cui l’avevo lasciata; così mi accasciavo a terra fino a quando Gale non veniva a cercarmi e dolcemente mi riportava a casa.
Gale, l’ultima persona da cui forse sarei dovuta venire ma la prima cui ho pensato. Dopo la morte di Prim credevo che non sarei mai riuscita a perdonarlo, ero troppo accecata dalla rabbia e dal dolore per farlo. Con il passare del tempo però, mi sono resa conto che lui continuava a rimanere un capitolo aperto dentro di me, e se avevo intenzione di far sul serio con Peeta, allora dovevo chiudere con lui definitivamente. Così venni al Distretto 2 e parlammo di tutto quello che era successo. Lo perdonai, perché c’era già troppo odio in me, volevo far spazio a qualcos’altro, all’amore per Peeta ad esempio. Gale capii che era stato solo grazie a Peeta se ero riuscita a fare questo passo; così mi disse che lui, allo stesso modo, avrebbe cercato di liberarsi del suo amore per me per lasciare il posto a un’altra ragazza. Da quel giorno cominciammo a sentirci ogni tanto, tenendoci aggiornati sulla vita dell’altro.
Forse è questo il motivo per cui ho deciso di venire qui, lui alla fine è l’unico amico che mi è rimasto.

Il bussare alla porta mi risveglia dai miei pensieri. Appare una donna con i capelli castani che mi chiede: “Ohi Kat hai finito di parlare con Haimitch? Posso entrare?” Devo ancora darle una risposta che Johanna si è già accomodata nella poltrona di fronte alla mia e mi guarda con un’espressione interrogativa: “Allora cosa ti ha detto? Come sta Peeta?”
Esito un po’ prima di rispondere “Sta…bene. Haimitch mi ha detto che si è ripreso e che sta bene anche senza di me.”
“Non era quello che volevi?” mi chiede continuando a fissarmi.
“Si certo… sono sollevata che Peeta che stia meglio.” E lo penso davvero, so che è giusto così, ma allora perché sento questa stretta al petto? E’ stato da quando… “Inoltre Haimitch mi ha detto che è arrivata una persona che gli è molto d’aiuto…” aggiungo, fingendomi indifferente e ignorando quella vocina nella mia testa che mi dice che c’è qualcosa che non va.
Johanna si agita sulla poltrona “Una persona? E chi è?”
“Non lo so, Haimitch ha messo giù prima che io potessi chiederglielo.”
Johanna ci riflette un po’ su e poi dice: “A Peeta non è rimasto più nessun parente vero? Pensi che possa essere una ragazza?”
Ecco, potrò anche soffocare la voce nella mia testa, ma di certo non posso soffocare Johanna, che riesce a dar vita a pensieri che preferirei ignorare. “Be Haimitch ha detto –tornata- quindi immagino che Peeta la conosca già questa persona.” Dico cercando di eludere la domanda, ma lei non si fa fregare così facilmente, si protende verso di me e mi chiede: “E non pensi che possa essere una ragazza con cui stava prima dell’inizio degli Hunger Games? Un suo vecchio amore? Dopotutto non mi sembrerebbe così strano… Per caso con Peeta ne avete mai parlato?”
“No io e Peeta non abbiamo mai parlato di niente del genere!” rispondo un po’ alterata. Anche perché di cosa avremmo dovuto parlare? Da parte mia non c’era proprio niente da dire, a parte qualche bacio con Gale di cui lui era già a conoscenza.Sì ma da parte sua?
Ho sempre dato per scontato che non ci fosse stata nessuna a parte me, visto che mi ha confessato di essere stata il suo primo amore, però ripensandoci quando eravamo nella grotta ha anche detto che si era interessato ad altre ragazze…E in effetti, anche se fosse stato così, cosa ci sarebbe di strano? Peeta è sempre stato un bel ragazzo, veniva da una buona famiglia e probabilmente a scuola era cosi gentile e sorridente che la maggior parte delle sue compagne di classe sarà stata innamorata di lui.
Sono troppo assorta dai miei pensieri e dalla mia gelosia per accorgermi che Johanna mi sta fissando con un sorriso ironico sul volto. “Che c’è?” chiedo, esasperata. “Niente, stavo pensando che la tua reazione è un po’ strana, considerando che sei stata te a lasciare campo libero a questa presunta ragazza e a desiderare che Peeta avesse dei figli con lei”.
La verità mi cade addosso così violentemente che perderei l’equilibrio se non fossi seduta sulla poltrona.
Johanna se ne accorge e mi appoggia un braccio sulla spalla guardandomi preoccupata: “Katniss scusami, io dicevo così per dire. Le mie sono solo supposizioni. Probabilmente è solo un vecchio amico di scuola vedrai.” Johanna mi è sempre stata vicina in questi mesi, ma allo stesso tempo non ha mai nascosto di essere contraria alla mia decisione. Dice che se ami veramente una persona sei disposto a fare qualsiasi cosa per lei, e non c’è modo di farle capire che è proprio perché amo Peeta così tanto che l’ho fatto.
Ma stavolta ha ragione. Sono io che ho voluto tutto questo e ora ne subisco le conseguenze.

Che cosa ho fatto?





---angolo autrice---
 Adesso vi starete chiedendo: "Ma in tutto ciò che fine ha fatto il povero Gale?" Purtroppo se inserivo anche la sua parte il capitolo rischiava di diventare troppo lungo e pesante ma nel prossimo comparirà sicuramente! La stessa cosa vale per Johanna (quante cose volevo mettere???) ma immagino che forse alcune di voi avranno già capito perchè lei è lì...
Per quanto riguarda la misteriosa persona io ho già in mente chi è però se avete idee o suggerimenti ditemeli mi raccomando! (probabilmente saranno idee migliori della mia :D)
Volevo ringraziare inoltre tutti quelli che hanno messo questa storia tra le preferite e le ricordate, e soprattutto volevo ringraziare le persone che hanno commentato perchè è sempre un piacere per me leggerle! Continuate per favore! Anche le critiche ovviamente! :D
A presto spero :)

p.s: mentre scrivevo delle compagne di classe innamorate di Peeta, ho pensato che anch'io probabilmente sarei stata una di loro! :D ok fine del mio viaggio mentale

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


“Saluta tesoro, lei è Katniss, una vecchia amica di papà.”
Mi sveglio di colpo, senza emettere un suono, con un leggero sudore freddo che mi copre la fronte, immobile. Devo fare uno sforzo per mettermi seduta, e mentre mi prendo la testa fra le mani, le immagini dell’incubo mi scorrono davanti. Niente ibridi stanotte, né persone che prendono fuoco, solo una bambina dai capelli biondo cenere e occhi azzurri così innocenti che non può essere altro che la figlia di Peeta. E lui è lì, che la tiene per mano, mentre mi sorride e mi presenta come “una vecchia amica”; vorrei urlare, dirgli che noi non siamo mai stati nulla del genere, ma la voce mi muore in gola, e sento in bocca il sapore della bile. Mi alzo di scatto e corro in bagno, mentre ficco la testa sotto l’acqua fredda e mi ripeto “non è reale, non è reale, non è reale.” No ma potrebbe esserlo.
 
“Ti sei fatta una doccia?” mi giro di scatto e vedo Johanna seduta in veranda, che mi fissa perplessa. Non ricordo neanche di essere uscita da casa. “Più o meno” dico, sedendomi vicino a lei.
“Incubi?” chiede guardando i miei capelli gocciolanti.
“Già.” rispondo, e lei capisce che non voglio parlarne perché non fa altre domande. Rimaniamo in silenzio per un po’ quando mi rendo conto che è piena notte e che non è molto normale che lei sia qui. “Anche te incubi?” chiedo.
“No solo un po’ di nausea.”
 “Stai male? Forse è stato il coniglio a cena…”
 Johanna scuote la testa sorridendo “No non credo proprio…” poi comincia a fissare un punto indefinito davanti a se. Io continuo a guardarla mentre un’idea affiora pian piano nella mia testa, ma non faccio in tempo a formulare la domanda che Johanna mi precede: “Sono incinta.”
 
Per un attimo mi riappare l’immagine della bambina dai profondi occhi azzurri, mentre penso rassegnata che non posso più scappare ormai, perché dovunque vada la mia paura continuerà a raggiungermi. In tutte le sue forme. Johanna mi guarda sconsolata “So che non è il momento buono per parlare con te di certe cose, ma ho bisogno che qualcuno lo sappia.”
Queste parole mi fanno riprendere dal mio torpore “Gale non lo sa?” chiedo stupita. Non ho bisogno di chiedere chi sia il padre. So per certo che è lui.
“No, non ancora.” Johanna ha un’espressione così seria che non riesco a capire cosa stia pensando.
“Perché? Hai paura della sua reazione?” dico cercando di sondare il terreno.
“No, non so proprio se dirglielo.” risponde continuando a fissare il vuoto.
Devo essere ancora stordita per tutto quello che sta succedendo perché ci metto un po’ a capire quello che Johanna sta cercando di dirmi “Non dirmi che… Vuoi abortire? E’ così?” le chiedo afferrandola per un braccio. Lei abbassa gli occhi, colpevole. “Ma perché Johanna? Non lo vuoi questo bambino?”
“Certo che lo voglio!” mi risponde urlando, gli occhi pieni di lacrime. Non credo di averla mai vista piangere.
 
La mia testa è nel pallone. Continuo a vedere la bambina del mio sogno. Desidero conoscerla, voglio che quegli occhi azzurri mi guardino nello stesso modo in cui mi guardavano gli occhi di suo padre, pieni d’amore. La sola idea di perderla è inaccettabile. Il che è assurdo, perché dubito fortemente che il figlio di Gale e Johanna possa assomigliare a Peeta. In questo momento la definizione “mentalmente confusa” mi sembra un eufemismo.
Cerco di riprendermi, mentre Johanna prova a nascondere le lacrime “Johanna io non capisco. Se lo vuoi perché devi abortire? E’ per Gale? Guarda che lui ha sempre voluto una famiglia…”
“Si con te Katniss!” m’interrompe Johanna tagliente, con un misto di disperazione e aggressività.
Poi ricomponendosi continua, ma sembra che ogni parola gli costi un grande sforzo. “Io l’ho sempre saputo Kat, dal primo momento che l’ho visto al Distretto 13, che Gale non aveva occhi che per te. Ho sempre pensato che alla fine avresti scelto lui, che avresti aperto gli occhi e ti saresti resa conto di quanto fossi fortunata. Ero invidiosa di te Katniss. Del modo in cui ti guardava, come se al mondo non ci fosse nessun’altra donna, del modo in cui ti toccava, così sicuro e protettivo, e del modo in cui ti seguiva con lo sguardo non appena ti allontanavi da lui, come a voler dire che tu eri solo sua.
D’altra parte però credo di essermi innamorata di lui proprio per questo; il suo modo di amarti, così passionale e senza freni, mi ha attirata a lui come una calamita. Per la prima volta nella mia vita ho sentito il desiderio di voler essere amata da qualcuno proprio come tu eri amata da Gale.
Poi però Prim è morta. E da quel giorno Gale è cambiato. Schiacciato dalla tua perdita e dal senso di colpa, è diventato l’ombra di se stesso. Non potevo sopportarlo. Così ogni giorno trovavo una scusa qualunque per venirlo a trovare. Ovviamente all’inizio non fu facile, Gale mi fece capire in modo neanche tanto implicito che non ero la benvenuta; ma non mi arresi, ero troppo determinata e disperata per farlo. Così con il passare dei mesi, divenni una presenza costante nella sua casa.
Gale è troppo fiero e orgoglioso per ammettere che io sono solo una tua sostituta, ma so che è così, e la cosa incredibile è che mi va bene lo stesso, se il suo amore è anche solo una pallida fiamma in confronto a quello che provava per te allora mi basta… Patetico vero?”
 
Non so cosa dire. Non credo che Johanna voglia una risposta, e comunque in questo momento non riuscirei a dire niente di sensato. Ho troppe cose da elaborare. Io non sapevo nulla. Certo sapevo che Gale e Johanna passati alcuni anni dalla rivolta avevano iniziato a convivere, e ammetto di essere rimasta di stucco quando Gale me lo disse, ma poi mi accorsi che lui non voleva approfondire l’argomento, così non gli feci altre domande.
Ma non mi ero mai accorta dei sentimenti di Johanna. Mai nemmeno una volta, probabilmente ero troppo presa da me stessa per accorgermene. Ora che lo so mi sento malissimo.
“Scusa, devo averti sconvolta.” dice Johanna con un’ombra di sorriso sul volto. Mi sembra di aver perso l’uso della parola, sento che qualsiasi cosa io dica in questo momento sarà vuota e patetica. Johanna se ne accorge perché continua “Comunque ti ho detto tutto questo perché voglio che tu sappia che, se deciderò di abortire, sarà solo perché non voglio che mio figlio cresca in una famiglia nata dalla disperazione e dalla solitudine, non perché non ami Gale con tutta me stessa.”
“Lo so.” Dico ancora prima di rendermene conto. Stringo le sue mani in quello che dovrebbe essere un gesto rassicurante mentre cerco le parole giuste “Johanna lui è il padre di questo bambino, ha il diritto di saperlo, prima che tu faccia qualcosa d’irrimediabile. Tutte queste cose che mi hai detto Gale deve saperle, non lasciare che le paure e le insicurezze rovinino il vostro rapporto. Fidati di lui e risolvetele insieme. Ora non sei più sola. Amare significa anche questo.”
Per un attimo mi chiedo se queste parole non siano dirette più a me stessa che a Johanna, ma evidentemente fanno effetto anche su di lei perché dopo poco annuisce e dice “Si hai ragione. Gliene parlerò il prima possibile” e per fortuna rivedo riaffiorare la vecchia Johanna, forte e sicura di se.
“Domani dirò a Gale che tarderò per cena perché voglio esercitarmi con l’arco, così avrai tutta la sera a disposizione. Va bene?” la mia presenza durante una discussione del genere è fuori questione.
Johanna mi sorride, e questo adesso vale molto più di un ringraziamento.
 
Sono quasi le undici ormai, e dopo aver passato le ultime due ore a girare per il distretto 2 senza una meta, mi decido a ritornare a casa. Ovviamente l’idea di tirare con l’arco era una scusa, anche perché col buio è praticamente impossibile, e infatti Gale non sembrava molto convinto della cosa. Alla fine l’ho cacciato in malo modo dicendogli che volevo stare un po’ da sola, così quando lo vedo seduto fuori sui gradini di casa intento a guardare le stelle, mi chiedo se ora non sia il tuo turno di voler stare da solo.
E’ troppo buio perché veda la sua espressione, ma non appena mi scorge Gale dice “Ehi Catnip.”
 “Ehi Gale. Posso sedermi?” chiedo indicando il posto libero al suo fianco.
“Certo.” Per un po’ nessuno dei due dice nulla, ma poi è Gale a rompere il silenzio: “All’inizio era una vera scocciatura, Johanna intendo. Non sopportavo che ogni giorno venisse un’estranea a casa mia per controllarmi, come se fossi un bambino, o un animaletto ferito. Ma più la mandavo via in malo modo, più lei continuava imperterrita. Così alla fine mi arresi. Ero troppo stanco di tutto e di tutti per litigare con lei ogni giorno. Senza accorgermene, con il passare del tempo mi abituai alla sua presenza, e la cosa cominciò anche a piacermi. A un certo punto mi sono reso conto che la casa era vuota senza di lei. E la cosa mi sembrava impossibile perché lei è cosi testarda, impulsiva, e vuole sempre avere l’ultima parola su tutto e…” Gale si passa una mano tra i capelli, come se stesse cercando le parole adatte. Lui non è mai stato bravo in queste cose, come me del resto.
“La ami?” dico, venendogli in aiuto.
Gale mi guarda con i suoi occhi grigi, poi sospira, come se si fosse arreso all’idea e dice: “Si è così.”
“E Johanna lo sa?” chiedo continuando a sostenere il suo sguardo.
“Si lo sa, ma credo di averglielo detto più volte stasera che in tutti questi anni. Sai che non sono bravo a esprimere i miei sentimenti.” Sì lo so, ed io lo capisco meglio di chiunque altro. Forse se fossi riuscita a esprimere meglio i miei sentimenti adesso io e Peeta…
Gale per fortuna interrompe i miei pensieri: “Credo che una parte di lei, quella debole e insicura che cerca di nascondere a ogni costo, pensi di essere ancora la tua sostituta. Ma non importa, ho tutta una vita per dimostrarle che non è così. So essere abbastanza convincente quando voglio.” Dice con uno dei suoi rari sorrisi sul volto.
Questo fa sorridere anche me e capisco in un secondo momento il significato delle sue parole “Hai deciso allora? Terrete il bambino?” chiedo evidentemente agitata.
“Sì, diventerò padre.” E il sorriso di Gale si allarga sul suo viso come mai gli ho visto fare prima.
Una parte di me si chiede se anche Peeta avrebbe sorriso in questo modo se io avessi acconsentito ad avere dei figli. Sarei pronta a fare qualsiasi cosa per vedere un sorriso del genere sul volto di Peeta. Qualsiasi cosa. Prima ancora di rendermi conto di cosa questo significhi, mi accorgo che Gale sta studiando la mia reazione, cosi dico: “E’ fantastico Gale! Sono contenta per voi! Ricordo che te hai sempre voluto avere dei figli...”
Gale sorride di nuovo al ricordo “Ah è vero! Credo che quello fosse un modo molto implicito per dirti che avrei voluto avere dei figli con te.”
“Allora avresti dovuto essere un po’ più diretto, io ero troppo presa a sopravvivere per cogliere i tuoi messaggi tra le righe.” Replico io, pensando a quanto tutto questo sembri assurdo ora.
“Me ne sono accorto!” dice Gale con un sorriso complice. “Mi piacevi proprio Catnip.” Lo guardo per un po’ negli occhi finché non rispondo: “Anche tu Gale.” E so che è la verità.
 
Per un po’ rimaniamo a fissare le stelle in silenzio mentre l’immagine di Gale e Johanna felici con un bel bambino dai folti capelli castani mi appare davanti agli occhi; e una punta d’invidia mi colpisce in pieno petto. Perché? Non ho motivo di esserlo, se solo avessi voluto con Peeta avrei potuto avere tutto questo, sono stata io ad andarmene, io a lasciarlo. Per un attimo immagino che quella bella bambina dai capelli biondi del sogno potrebbe essere mia figlia... E’ questo che voglio? Non lo so, non so più niente.
Nella mia testa rimbombano solo frasi sconnesse: voglio sentire la tua voce. Voglio vederti. Voglio vederti. Voglio vederti.
 Per il momento mi rendo conto che questa è l’unica conclusione cui posso giungere. Ed io non posso fare altro che accettarla.
Così alla fine dico: “Ho deciso di tornare al Distretto 12.”




----angolo autrice----
Si lo so scusatemi in questo capitolo si parla solo di Gale/Johanna praticamente, ma ci tenevo molto a scrivere questa parte, un po' perchè mi serviva per far prendere consapevolezza a Katniss,e un po' perchè secondo me Gale e Johanna sono carinissimi insieme! (mi piacerebbe scrivere una one-shot su di loro, magari di raiting rosso...:D). Spero di non avervi annoiato e che ci sia qualcun'altro oltre me a sostenere questa coppia, anche se nel libro non se ne parla mai.
Ammetto di non essere mai stata una grande fan di Gale mentre leggevo i libri, ma dopo aver letto il finale ci sono rimasta così male per lui, che ho deciso di riconsiderare il suo personaggio. Lui che credeva così tanto nella rivolta, si trova alla fine solo con cenere e con le mani sporche di sangue di innocenti, proprio quelli per cui lui ha combattuto. E non gli rimane più nulla. La Collins non gli ha concesso neanche un finale dolce-amaro come ai protagonisti, così ho provato a immaginarmelo io... Spero non faccia così schifo! :D
Comunque dal prossimo capitolo sarà solo Katniss/Peeta promesso! (se dopo questo avrete ancora voglia di leggerlo :D)
Grazie, grazie e ancora grazie a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite, seguite, ricordate e a chi si ferma a lasciarmi una recensione! E' molto importante per me quindi continuate per favore! :) Sisi accetto anche gli insulti tranquilli! :D


 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 - parte I ***


Solo quando mi trovo da sola sulla banchina della stazione del Distretto 12, mi rendo conto che adesso che sono tornata non so cosa fare.
Mi sono precipitata qua presa dal desiderio di vedere Peeta ma ora mi chiedo: lui vuole vedere me? Ne dubito fortemente. Dopo tutto quello che è successo è già tanto se riuscirà a tollerare la mia vista. All'idea di Peeta che mi volta le spalle, un brivido mi corre lungo la schiena. Scuoto la testa come per cacciare questi pensieri e decido di fare una cosa per volta. Non ho il coraggio di andare direttamente a casa di Peeta così mi convinco che per il momento posso avvertire Haymitch del mio ritorno, sperando che nel frattempo mi venga in mente qualcosa d’intelligente da dirgli.

Nonostante i miei buoni propositi, mi trovo comunque a fissare inebetita la sua panetteria. D'altra parte anche da qui si arriva al villaggio dei vincitori, quindi la mia è solo una piccola deviazione.
Nel forno c'è un gran via vai di gente, quindi nessun nota la mia presenza, ma anche se ci fossero mille clienti, riuscirei a trovarlo. Anche a questa distanza riesco a vedere le sue spalle larghe, i suoi intensi occhi azzurri e il suo sorriso gentile che rivolge a ogni cliente. Se pensavo di trovare un Peeta depresso, distrutto dal dolore mi sbagliavo di grosso. Mi sembra addirittura più bello ma questo credo sia solo un effetto del lungo tempo passato senza vederlo. Solo il suo viso mi appare un po' più smagrito e stanco.
In questo momento sta portando fuori una teglia di pane appena sfornato, e ride scherzosamente con... Delly??? Chiudo gli occhi pensando che sia solo frutto della mia immaginazione, ma quando li riapro la scena è sempre la stessa: Delly dietro il bancone aiuta Peeta a servire il pane, mentre ridono di gusto di qualcosa a me ignoto. Un crampo mi stringe lo stomaco e un brutto presentimento mi attorciglia le viscere.
Ordino ai miei piedi di allontanarsi da lì mentre le parole di Haymitch mi tornano in mente: allora è lei la persona di cui parlava? Perché Delly è tornata dal Distretto 13? Non gli è rimasto più nessuno qui tranne... Peeta. Be e se anche fosse? Dopotutto sono amici d'infanzia, non c'è niente di male a voler aiutare un vecchio amico in difficoltà. Sì non c'è motivo per cui devo preoccuparmi. Va tutto bene. Tutto bene.
 
Batto nervosamente i pugni sulla porta fino a quando il proprietario non si decide ad aprirmi: "Quanto ci hai messo Haymitch? E' mezz'ora che sto bussando accidenti!" sbotto mentre il mio mentore mi guarda perplesso "Anch'io sono felice di rivederti dolcezza, prego accomodati." dice mentre io sono già entrata frettolosamente in cucina. Mi rendo conto che più passano gli anni più sto diventando come lui: intrattabile.
Mi prendo qualche minuto per calmarmi mentre guardo la stanza stupita: sembra un'altra casa dall'ultima volta che sono venuta. Ovunque posso vedere la presenza di Peeta. Mi siedo su una sedia mentre guardo ammirata un cestino sul tavolo pieno dei suoi biscotti "Peeta si è traferito da te quindi?" chiedo.
"All'inizio sì. Diciamo che l'ho obbligato. Poi con il tempo è diventata un’abitudine. Nell'ultimo periodo però è ritornato a casa sua, ci vediamo per cena e la domenica." Haymitch si siede di fronte a me studiandomi: "E te invece? Sei di passaggio o sei tornata per rimanere?"
"Rimanere, credo. Pensi avrei dovuto avvisarti prima? Per Peeta dico..."
"Be diciamo dolcezza che un minimo di preavviso sarebbe stato gradito. Ma ormai non importa, gli dirò io che sei tornata se vuoi. Poi deciderà lui come comportarsi."
"Ok grazie." dico mentre prendo un biscotto perfetto dal cesto "comunque ho già visto Peeta prima giù al forno. Lui non mi ha visto ovviamente. Mi è sembrato... piuttosto in forma, ecco."
"E lo è, infatti. Sei te che non ti fidi mai di quello che ti dico." mi risponde Haymitch sbuffando.
"Chissà perché." e mentre mangiucchio il biscotto, fingendo tutta l'indifferenza di cui sono capace, aggiungo "c'era anche Delly con lui, non sapevo lavorasse al forno."
La reazione di Haymitch è così chiara che vorrei dargli uno schiaffo. O vorrei darlo a me stessa. Devo ancora decidere. Abbassa gli occhi e si passa una mano fra i capelli, mentre borbotta qualcosa d’incomprensibile. Mi nasconde qualcosa, e sembra sia indeciso se dirmela o no. Ma so per certo che non mi piacerà. Alla fine si decide e dice: "Si è lei la persona di cui ti parlavo al telefono. E' stata molto vicina a Peeta in quest'ultimo mese e lui mi è sembrato più sollevato."
"Molto vicina quanto?" chiedo mentre fisso il biscotto di Peeta sgretolarsi nella mia stretta. Peccato era davvero bello.
Haymitch capisce cosa intendo e sospirando dice: "Non lo so. Da parte di Delly abbastanza credo. Ceniamo sempre insieme con lei e Sae la Zozza, ma quando io e Sae ce ne andiamo, Delly qualche volta rimane ancora un po' a casa di Peeta con una scusa. Da soli." Il mio mentore sottolinea quest'ultima parte per assicurarsi che io abbia capito quello che sta cercando di dirmi. Le questioni d'amore non sono mai state il forte, ma persino una principiante come me può immaginare cosa facciano un ragazzo e una ragazza da soli in casa. Come in un flash, nella mia mente appare l'immagine di Peeta e Delly avvinghiati, nudi, mentre le loro bocche si cercano avidamente.
Guarda Delly come guardava me? La bacia prima delicatamente e poi sempre più in profondità, come se perdesse il controllo, come baciava me? Le sposta dolcemente i capelli dalla fronte mentre fanno l'amore come faceva con me? La tocca come toccava me?
Mi viene da vomitare. Mi alzo di scatto e corro fuori prima che Haymitch mi veda in questo stato. Mentre butto fuori ormai gli ultimi residui del mio pranzo, sento delle mani impacciate che cercano di tenermi indietro i capelli. Negli occhi di Haymitch vedo tristezza e... pietà. Era quello che volevo evitare. Per suscitare pietà in Haymitch devo essere messa proprio male. Anche le sue oche che mi fissano starnazzanti sembrano provare compassione per me.
Appoggio la schiena al muro inspirando ed espirando profondamente mentre il mio mentore mi dà qualche pacca sulla spalla. "Tu non tornavi dolcezza. Tu gli hai detto..." Si lo so. So cosa gli ho detto. Sono io ad averlo buttato fra le braccia di Delly. Se io non l'avessi lasciato, Peeta non avrebbe mai neppure immaginato una cosa del genere. La colpa è mia. Solo mia. Questo è quello che mi fa più male. E adesso è troppo tardi.




---angolo autrice---
Scusatemi! So che vi avevo detto che in questo capitolo Katniss e Peeta si sarebbero finalmente rincontrati, ma una volta scritto mi sono accorta che era davvero troooooppo lungo, così ho provato a tagliare delle cose ma non ero soddisfatta, quindi alla fine ho deciso di dividerlo in due parti! Chiedo venia!
La cosa positiva è che, visto che l'altra parte è già pronta, tra un paio di giorni la pubblicherò se ci sarà ancora qualche lettore che vorrà leggerla dopo questa parte! :D Vi prego di prenderla così com'è, rispetto agli altri capitoli è più corta e insignificante, ma volevo che la seconda parte, quella con tutto l'incontro di Peeta e Katniss, rimanesse compatta. Spero che anche così da sola non faccia così schifo! :D Chiedo ancora perdono! 
Un grazie enorme a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate, e a tutti quelli che mi spronano ad andare avanti! Sono commossa! :')

p.s: Ah giusto Delly! Si è lei la famosa ragazza alla fine! A dir la verità ero un po' indecisa se usare lei o un nuovo personaggio, ma poi avrei dovuto raccontarne la storia, e così l'incontro tra Peeta e Katniss sarebbe avvenuto nell'anno del mai! :D Nel caso non si fosse capito Delly non mi è molto simpatica, sarà perchè non amo le persone che sorridono sempre a tutto e a tutti, quindi visto che è anche un'amica d'infanzia di Peeta, mi sembrava adatta come "terzo incomodo".... Spero convinca anche voi! :)
Fatemi sapere mi raccomando!

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Capitolo 6
*** capitolo 5 - parte II ***


Tutto intorno a me è un paesaggio familiare. Anche se sono passati sei mesi dall'ultima volta che sono stata qui, il bosco è sempre lo stesso. Come se niente fosse cambiato.
Non ricordo quasi nulla di cosa è successo dopo la mia conversazione con Haymitch. So solo che, dopo quello che mi ha detto, non ho nessuna intenzione di vedere Peeta per il momento.
Così per evitare di incontrarlo mi sono rinchiusa in casa mia per giorni, fino a quando Haymitch non è entrato sbattendo la porta e puntandomi il mio arco in faccia: "Pensi di restare chiusa in casa per sempre? Se il tuo scopo è deprimerti potevi anche rimanertene nel Distretto 2!" Forse era meglio, penso, mentre il mio mentore mi caccia fuori da casa mia con l'arco in mano dicendomi di non tornare finché non avrò preso qualcosa di commestibile. Devo ammettere però che la sua non è stata una cattiva idea, cacciare distrae la mia mente, anche se per poco, dal pensiero che mi ossessiona in questi giorni.
Dopo aver preso due conigli e uno scoiattolo decido di tornare a casa, ma mentre imbocco il viale dei vincitori, vedo due figure allontanarsi dal vialetto di casa mia. Non faccio in tempo a tornare sui miei passi che una voce mi chiama. No ti prego.
Delly mi abbraccia come se fossimo grandi amiche, mentre Sae la Zozza mi rimprovera: "Si può sapere quando pensavi di farti viva? Haymitch ci ha detto del tuo ritorno alcuni giorni fa!"
Deve averlo detto a tutti una sera a cena. Quindi Peeta sa che sono tornata. Ma nonostante questo non è venuto a salutarmi. Non che me l'aspettassi comunque. Anche se ci speravo.
"Per questo siamo passate da casa tua, volevamo vederti" mi spiega Delly sorridente come sempre.
"Si scusatemi, è che in questi giorni... sono andata a caccia." invento, mostrando il coniglio che ho in mano.
Delly sta per farmi un'altra domanda quando una voce la interrompe: "Ehi, cosa state facendo?" anche se Sae la Zozza mi copre la visuale, non ho bisogno di vederlo per riconoscere la sua voce. Prima che io possa scappare, Peeta e Haymitch compaiono al suo fianco. Per un attimo Peeta mi sembra turbato, ma poi si nasconde subito dietro un'espressione che dovrebbe essere amichevole: "Ciao, bentornata" dice in tono calmo, quasi piatto. "Sei stata a caccia?" chiede indicando il coniglio.
La domanda è semplice ma io sono confusa. Pur avendo immaginato in questi giorni la sua reazione al nostro incontro un centinaio di volte, in tutti i modi possibili, questo non l'avevo proprio considerato. Indifferenza. Peeta mi sta parlando come se fossimo vecchi amici che si rivedono dopo un po' di tempo, con fare amichevole ma un po' distaccato. Il mio incubo è diventato realtà.
"Già." farfuglio mentre cerco nei suoi occhi qualcosa cui aggrapparmi. Amore, odio, rabbia, qualsiasi cosa mi dica che io non sono un capitolo chiuso della sua vita.
"Pensi di fermarti al Distretto 12 per molto?" chiede.
Non capisco se è un modo carino per dirmi che non sono la benvenuta, o se la sua domanda sottintenda qualcos'altro. Forse Peeta pensa che io viva al Distretto 2 ormai... con Gale.
Mentre maledico me stessa dico: "No io non..." ma un urletto di Delly mi interrompe e prima che me ne accorga si fionda su di me stringendo tra le mani qualcosa.
"Che bella! Dove l'hai presa Katniss? Deve esserti costata una fortuna!" dice mostrandomi cos'ha in mano. La mia perla. Sono talmente abituata ormai che mi ero scordata di averla al collo. Ho cominciato a portarla come collana da quel giorno di molti anni fa.
 
Peeta si era trasferito da poco a casa mia e una volta, mentre stavo guardando la perla, mi chiamò in cucina per aiutarlo. Così io la posai di fretta sul comodino e scesi. Quando tornai dopo cena, trovai Ranuncolo coricato tranquillamente sul comodino, ma della perla non c'era traccia. Mi trattenni dall'ucciderlo solo perché era un ricordo di Prim.
La cercai per ore, impedendo a Peeta di aiutarmi perché non volevo sapesse cosa stavo cercando. E' stupido lo so, ma per qualche assurdo motivo mi vergognavo a dirgli che era la sua perla che volevo così disperatamente. Forse perché così avrebbe capito quanto tenevo a lui.
Ma quando ormai ero sull'orlo di una crisi isterica, Peeta mi si avvicinò preoccupato: "Kat per favore puoi dirmi cosa stai cercando? Ti prometto che se è possibile cercherò di comprartene una uguale..."
"No! Io voglio quella, non può essere sostituita!" gridai con le lacrime agli occhi. Poi rendendomi conto che avevo scaricato tutta la mia frustrazione su Peeta, aggiunsi più sommessamente: "E' un regalo...".
Peeta mi guardò un po' poi disse: "Ok, allora ti aiuto." E prima che io potessi obiettare, cominciò a cercare senza sapere cosa stesse cercando.
Stavo per arrendermi quando in piena notte Peeta la trovò incastrata sotto l'armadio in un angolo. "E' questa?" disse posandomela sulla mano.
Io annui sollevata, studiando la reazione di Peeta.
"E' una perla. Mi ricorda..." poi una lampo passò per i suoi occhi azzurri. Aveva capito. "E' quella che ti ho dato sulla spiaggia? Durante l'Edizione della memoria?" chiese sorpreso.
Io annui ancora abbassando gli occhi per l'imbarazzo.
"Non pensavo l'avessi ancora... ma perché continui a tenerla scusa?"
Che domanda stupida. Secondo lui perché? E' vero che sono la donna meno romantica di questo pianeta ma anch'io ho un cuore, anch'io ho dei ricordi. Così sbottai: "Per te Peeta. Perché quando sei stato preso da Capitol City mi sembrava di impazzire per la tua assenza. Questa era l'unico ricordo che avevo di te. Di noi." aggiunsi mentre un lieve rossore s’impadroniva delle mie guance.
Peeta continuava a fissarmi come se non credesse alle sue orecchie. " E l'hai tenuta dopo tutto quello che è successo? Dopo tutto questo tempo?" chiese incredulo.
"Sempre." risposi perdendomi nei suoi occhi azzurri.
A quel punto pensai che Peeta mi avrebbe travolto di domande, invece mi prese e mi baciò con foga, come se si fosse trattenuto fino a quel momento. Quella fu la prima volta che io e Peeta facemmo l'amore.
Il giorno dopo comunque, per evitare di perdere la perla un'altra volta, decisi di farci dei piccoli buchi e di passarla con una semplice corda, la stessa che usava Finnick per fare i nodi. Poi feci due piccoli nodi all'estremità per essere sicura che non si muovesse e la legai intorno al collo. Era un modo per sentire entrambi vicini, anche se in modi diversi.
 
Il tossire poco naturale di Haymitch mi riporta alla realtà. Mi rendo conto che tutti mi stanno fissando come se stessero aspettando una risposta, anche se io non ricordo più qual' era la domanda.
Guardo Peeta e mi rendo conto che anche lui si è ricordato di quella notte. Nei suoi occhi c'è lo stesso sguardo incredulo di quella volta. "Ce l'hai ancora? Pensavo l'avessi buttata." dice guardando prima la perla e poi me.
"Mai." rispondo stringendo la perla nel pugno, come se volessi proteggerla.
Peeta continua a guardarmi, disorientato, e capisco che non sa più a cosa pensare. Sto per aggiungere un'altra cosa quando Delly m’interrompe. Di nuovo. "Be Katniss è stato bello rivederti" dice con un sorriso, mentre afferra Peeta per braccio stringendoglielo contro il suo seno prosperoso. "Ora sarà meglio andare però. Dobbiamo ancora preparare la cena, vero Peeta?".
Devo usare tutto il mio autocontrollo per evitare di afferrare la mano di Delly e urlarle che nessuno può toccare Peeta tranne me, così mi limito a stringere il coniglio che ho in mano, immaginando sia il braccio flaccido di Delly.
Peeta la guarda come se si ricordasse solo ora della sua presenza e annuisce, mentre lei lo trascina verso casa sua. Sae la Zozza mi saluta facendomi promettere che andrò a trovarla, e Haymitch se ne va guardandomi un po' scuotendo la testa e un po' sogghignando, mentre io gli lancio addosso quel che resta del povero coniglio.
 
Un disastro. Immaginavo sarebbe andata male, ma non voglio credere che questo sia stato davvero il mio primo incontro con Peeta dopo sei mesi. L'unico argomento con un po' di spessore è stato la perla, che io ho rovinato rispondendo a monosillabi. E' tutta colpa di Haymitch, se solo me ne fossi stata in casa tutto questo non sarebbe mai successo. Non sarei stata costretta a scontrarmi con la freddezza di Peeta e a vedere Delly avvinghiata a lui.
Presa dalla rabbia mangio un po’ di coniglio mezzo bruciato e poi mi butto su divano, pregando che le mie palpebre si chiudano il prima possibile. Ma quando succede davanti a me appare il viso di Peeta, i suoi bellissimi occhi azzurri, la sua bocca morbida, i suoi capelli biondi; vorrei toccarli, vorrei accarezzare i suoi lineamenti, per soffermarmi poi sulla bocca, adoro il tocco caldo della sue labbra. Tendo le braccia ma davanti a me c’è solo il vuoto e una consapevolezza m’investe: non potrò più farlo, dopo oggi mi rendo conto che è davvero finita per lui.
Gli occhi cominciano a pungermi, mi alzo e corro fuori dove una calda brezza mi scompiglia i capelli. Alzo lo sguardo e vedo che sta per arrivare un temporale estivo. Non importa, in casa mi sento soffocare. Mi avvio verso il bosco e quando arrivo ai margini, mi accorgo che presto ci sarà troppo buio per camminare. Al ritorno rischio di rompermi una gamba dopo dieci passi. Così mi accascio contro un albero, e rimango lì, immobile, fissando l’oscurità di fronte a me, in attesa che il temporale mi obblighi a ritornare alla cruda realtà.
Ma non è il temporale a farlo, perché, non saprei dire dopo quanto, sento dei passi incerti dietro di me. C’è solo una persona che riesce a muoversi così poco silenziosamente.
“Che cosa ci fai qui? E’ pericoloso per chi non conosce il posto.” Dico mentre mi alzo. Quando mi giro, vedo Peeta in piedi di fronte a me. Il mio battito accelera.
“Ero alla finestra e ti ho vista venire verso il bosco. Poi non tornavi e… sta arrivando un temporale.” Dice indicando un punto indefinito del cielo.
Non voglio. Se la sua gentilezza è l’unica cosa che può darmi, non la voglio. Voglio tutto di lui o niente. Altrimenti non riuscirò mai a rassegnarmi.
“Scusa se ti ho disturbato. Sarà meglio che rientri comunque.” Aggiunge vedendo che io non dico nulla. Poi si gira per andarsene.
“Peeta aspetta!” urlo mentre cerco di mettere ordine nei miei pensieri.
Peeta si ferma e quando si gira, riesco a scorgere nei suoi occhi dolore e rabbia. “Perché sei tornata?” chiede cercando di tenere salda la voce.
Capisco che questa è la mia ultima possibilità. Non sono mai stata brava né con le parole né a esprimere i miei sentimenti. Se voglio che Peeta capisca mi rimane un’ultima arma: la sincerità.
Così faccio un bel respiro e dico: “Per te.”
“Perché?” chiede fissandomi.
Sincera. “Volevo vederti.”
“Sei stata te a lasciarmi.” La sua non è una domanda.
“Lo so.” Dico sostenendo il suo sguardo.
“Sei stata te a dirmi di farmi una famiglia con un’altra donna.” La sua voce si alza di un tono.
“Lo so.” Dico mordendomi il labbro.
“ Sei qui per dirmi che hai cambiato idea riguardo ai figli?” chiede scettico.
Sincera. Sincera. Sincera. “Non lo so.” Rispondo in un sussurro.
Peeta annuisce. “Capisco” dice infine con un sorriso rassegnato.
Un tuono scoppia sopra di noi e quando Peeta alza gli occhi, vedo una determinazione che non c’era prima.
So cosa sta per dirmi. E’ finita. Ha trovato una donna che è ben felice di dargli tutto quello che lui ha sempre sognato, e che gli dimostra il suo amore più di quanto abbia mai fatto io. Qualsiasi cosa io dica ora apparirà vuota e senza senso.
“Katniss, io…” No. Non voglio. Non Voglio sentirlo. Non potrei sopportarlo.
Prima di rendermene conto il mio corpo si è già mosso verso di lui, le mie labbra premute sulle sue.
Lo sento irrigidirsi al mio tocco, e passano trenta secondi interminabili prima che io possa capire se Peeta ricambierà il mio bacio o no.
 




---angolo autrice---
Ok sono così nervosa per questa parte che non so da dove cominciare! XD dunque, sinceramente, fa cagare? Vi avevo montato così tanto per l'atteso incontro fra Katniss e Peeta che ora sono temo di avervi deluso brutalmente! :'D mea culpa
Per quanto riguarda la storia della perla invece non avevo programmato di metterla, ma poi scrivendo mi è venuta in mente, e lo ammetto l'ho fatto anche perchè volevo trovare un modo per onorare la memoria di uno dei miei personaggi preferiti, cioè Finnick. Certo è solo un accenno, ma io sono ancora traumatizzata per la brutta fine che fa nel libro e mi piace l'idea che Katniss abbia qualcosa sempre vicino che glielo ricordi.
Ah e ritornando alla storia della perla, quando Katniss dice "sempre" volevo che fosse una specie di risposta a una delle mie parti preferite del libro, quando Peeta, alla richiesta di Katniss di stare con lei, risponde "sempre", ma lei se lo ricorda troppo tardi. Però non so se si è capito il riferimento, probabilmente no! XD
Ovviamente ringrazio tutti quelli che continuano a seguire questa storia, e che la commentano, non sapete quanto mi faccia piacere! :)
Ok ora mi ritiro così potete iniziare a insultarmi! :D

p.s: So che non centra niente, ma l'altra sera sono andata a un cinema all'aperto a rivedere Hunger Games, e sono rimasta sconvolta quando ho sentito che chiamano Peeta Piita! Piita!!! La prima volta che ho visto il film non ci ho fatto caso perchè non avevo ancora letto il libro, per questo stavolta ero curiosa di rivederlo per notare le differenze, ma Piita mi è rimasto impresso (insieme al finale che mi ha deluso enormamente ma questo è un altro discorso)! Quindi mi chiedo, solo io sono l'unica deficiente che l'ha sempre chiamato Peeta??? Comunque per me sarà sempre e solo Peeta. :')

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Capitolo 7
*** capitolo 6 ***


Peeta’s POV
Non posso farlo. Non devo. Sento le labbra di Katniss sulle mie, un po’ screpolate ma irresistibili come sempre. No non posso farlo. Le sue mani si aggrappano alle mie spalle, mentre sento il suo corpo caldo premere contro il mio. Non devo. Stringo i pugni. Devo resistere alla tentazione di toccarla. So che se lo farò non riuscirò più a fermarmi. Non posso farlo. Stringo talmente forte che le unghie mi si conficcano nel palmo della mano. Meglio così. Se sento dolore non potrò perdermi nel mare di emozioni che mi sta travolgendo. Rabbia. Amore. Dolore. Desiderio. Odio. Nostalgia. Amore. Amore. Amore. No non posso farlo. Con tutte le mie forze mi obbligo a non ricambiare questo bacio che desidero con tutto me stesso. Devo resistere. Ora conterò fino a tre e poi mi libererò dalla sua stretta. Uno. Ho sofferto troppo. Se lei mi lasciasse di nuovo non reggerei stavolta. Due. Ora io ho Delly. Non la amo, ma a lei non importa. Sa che non posso amare nessun’altra oltre Katniss. Tre. E poi Katniss non vuole avere figli mentre io li desidero. Più di quanto desidero lei?
No impossibile. Non c’è niente che desideri più di lei.
 
Katniss
 
Più i secondi passano più sento Peeta irrigidirsi. Stringo le sue spalle forti, e le sue braccia si contraggono. Premo di più la mia bocca sulla sua, e le sue labbra morbide tremano, ma non danno segni di cedimento. Ma anch’io non cederò, dovrà essere lui ad allontanarmi se vuole, io non lo farò mai più. Non ho il coraggio di staccarmi e di aprire gli occhi. Ho paura per quello che vedrò.  Vedrò di nuovo rabbia, disprezzo, e indifferenza? E’ per questo che non ricambia il mio bacio? O è perché ora sono le labbra di Delly che desidera? Sta pensando a lei in questo momento?  
Sento Peeta afferrarmi le spalle, e quando penso che ormai tutto stia per finire, affonda le mani nei miei capelli mentre apre le sua bocca per farsi spazio nella mia. Mi aggrappo al suo collo, e sento il suo petto premere sempre di più contro il mio.
Vorrei parlargli. Spiegargli che non avrei mai voluto lasciarlo. Dirgli che lo amo. Ma le nostre bocche non riescono a staccarsi, e non appena uno di noi si ferma per prendere fiato, l’altro va subito a cercarlo. Nella mia testa si è formata una specie di nebbia che non mi permette di ragionare.
Ad un tratto mi accorgo di essere stretta tra il tronco di un albero e il corpo di Peeta, la corteccia ruvida a contatto con la mia schiena, ma è un dolore piacevole, e io non ho nessuna intenzione di muovermi.
Sento Peeta baciarmi il collo, e a ogni suo tocco, ondate di calore s’irradiano per tutto il mio corpo.
Voglio di più. Sempre di più. Porto le mie mani sotto la sua maglietta, dove posso accarezzare i suoi muscoli ben delineati. Sto perdendo il controllo. E la cosa strana è che non m’importa. In questo momento non desidero altro che lui. “Katniss!” E’ Peeta a riportarmi alla realtà. Mi sta guardando mentre mi sposta una ciocca di capelli... bagnati: “Ha iniziato a piovere.” E’ vero. Non me n’ero nemmeno accorta. I capelli di Peeta sono umidi, schiacciati sulla fronte e anche lui sembra essersene accorto solo ora. “Sarà meglio andare a casa prima che inizi a diluviare.” Dice prendendomi la mano.
 
Casa. Quale casa? La mia? La sua? Quella dove c’è Delly ad attenderlo? Ora che è di nuovo con me non voglio lasciarlo andare. Stringo la sua mano così forte che temo di bloccargli la circolazione, ma Peeta non dice nulla, anzi ricambia la stretta stringendo ancora più forte.
Quando arriviamo alle case dei vincitori, tiro un sospiro di sollievo nel vedere che entra nella mia.
Mi siedo sul divano, mentre Peeta inizia a tamponarmi la testa con un asciugamano che ha preso in bagno. Senza dire nulla comincia a sciogliermi la treccia e questo piccolo gesto mi fa aumentare i battiti, non so perché ma gli è sempre piaciuto farlo.
“Peeta?” sussurro.
“Mmm?” dice continuando a scioglierla.
“Hai fatto l’amore con Delly?” So che sto rovinando tutto. E so che la sua risposta mi ucciderà. Ma devo saperlo. Non voglio vivere con questo dubbio per sempre.
Le mani di Peeta si bloccano, e quando incontro i suoi occhi il suo sguardo è indecifrabile. Poi ricomincia a sciogliermi la treccia e dice: “No non l’ho fatto.”
E’ come se un enorme peso se ne fosse andato dal mio cuore. Sono così sollevata che l’unica cosa che riesco a dire è: “Bene.” Bene non descrive neanche per un decimo come mi sento ora, ma come al solito le parole non sono il mio forte.
“E tu con Gale?” la voce di Peeta è calma, ma dai suoi occhi traspare paura.
“No. Io non sono andata da Gale per quello.” rispondo convinta.
“Ma Haymitch mi ha detto…”
“Si sono stata io a dirgli di dirtelo. Pensavo che così per te sarebbe stato più facile odiarmi.”
“Sei una stupida Katniss, io non potrei mai odiarti.” Peeta scioglie l’ultima parte della treccia e inizia a tamponarmi i capelli.
“Forse avrei preferito l’odio alla tua indifferenza. Quando ci siamo incontrati oggi, mi hai trattato come un’ estranea…” al ricordo la mia voce si spezza.
“Avevo deciso che se mai fossi tornata mi sarei comportato con un normale conoscente per te.  Credevo che tu stessi con Gale, ed io ormai mi ero rassegnato. Pensavo che per entrambi sarebbe stato più semplice così. Ma poi ho visto la perla… e in un attimo i miei buoni propositi sono svaniti nel nulla.” Dice con un lieve sorriso.
A questo punto, credo sia il mio turno di spiegargli per bene il motivo per cui sono tornata, di dirgli quante volte sono corsa verso la stazione perché la sua assenza era insopportabile, ma l’unica cosa che riesco a fare è prendergli l’asciugamano dalle mani e cominciare ad asciugare i suoi capelli biondi.
“Gale sta con Johanna adesso.” È la prima cosa che mi è venuta in mente per colmare questo strano silenzio che si è creato fra noi.
“Davvero? Da quando scusa?” Peeta sembra proprio sorpreso.
“Convivono da quasi cinque anni ormai. Stanno bene insieme.” Tralascio il fatto che stanno per avere un figlio. So che aprirebbe un argomento che entrambi stiamo cercando disperatamente di evitare.
“Wow, mi piacerebbe vederli insieme una volta. Devono essere buffi.” Dice Peeta ridendo.
Mi perdo nel suo sorriso. E’ lo stesso di dieci anni fa. Innocente e bellissimo.  Quando mi riprendo le parole escono da sole: “Mi sei mancato. Mi sembrava di impazzire senza di te. E quando sono tornata, ho visto te e Delly insieme al forno. Parlavate, scherzavate ed io stavo morendo di gelosia. Io… ho pensato fosse troppo tardi.”
Le frasi sono così sconnesse che dubito che Peeta abbia capito qualcosa. Le mie mani sono aggrappate all’asciugamano che gli è scivolato intorno al collo, e lui, con il viso di fronte al mio, continua a guardarmi in silenzio. Più passa il tempo più mi convinco che ovviamente non ha capito una parola. Poi ad un tratto dice: “Tu mi ami. Vero o falso?”
“Vero.” Rispondo senza esitazione.
Peeta mi guarda titubante, come se si aspettasse che io, da un momento all’altro, possa aggiungere qualcosa di distruttivo come l’ultima volta. Aspetto, sperando che capisca il significato del mio silenzio.
Dopo quella che mi sembra un’eternità, Peeta mi sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e posa la mano sulla mia guancia. Mi accorgo che sto trattenendo il respiro.  Poi lentamente avvicina il suo viso al mio e sulle mie labbra lo sento dire: “Anch’io ti amo, Katniss.”
 
 Questa è l’ultima cosa che il mio cervello riesce a connettere. Ci baciamo. Non come prima, divorati dalla passione, ma più lentamente, assaporandone il sapore. Sento nascere dentro di me ancora quel senso di fame, che me ne fa desiderare altri, ma chissà perché i baci di Peeta non mi saziano mai.
Circondo il suo viso con le mie mani, avvicinando i nostri visi, le nostre bocche, ma la mia fame aumenta sempre di più.  
Sento la sua mano scendere lungo la mia spina dorsale, su e giù, su e giù, lievi carezze che mi danno i brividi.
Cerco avidamente l’orlo della sua maglietta, voglio toccarlo, voglio sentire il calore della sua pelle, voglio renderlo di nuovo mio.
Anche Peeta poco dopo mi toglie la canotta e le sue mani intorno ai miei fianchi s’impossessano di me, mentre morde il mio labbro inferiore.
Trattengo un gemito, mi libero dalla sua stretta e comincio a baciargli il collo, fino a scendere più giù, all’incavo della gola. Con una mano gioco con i suoi capelli, mentre con l’altra faccio dei cerchi immaginari sul suo collo. Sento il suo battito accelerare, e stavolta tocca a lui trattenere un gemito.
Peeta armeggia con il mio reggiseno, e in un attimo me lo sfila. Mi aggrappo alle sue spalle larghe, mentre lui m’intrappola fra il suo corpo e il divano.
Cerca di nuovo la mia bocca, bramosa di lui, ma rimane per poco, troppo poco, e le sue labbra cominciano a seguire un percorso invisibile, che parte dal collo, poi scende piano sui miei seni, facendomi trattenere il respiro, fino ad arrivare alla pancia, il mio punto debole.
A ogni suo tocco il mio corpo freme di desiderio, mentre la mia pelle appena sfiorata brucia.
Lo sento sbottonare i miei pantaloncini, che vengono tolti senza tanti preamboli insieme alle mie mutande, seguiti a ruota dai suoi.
Dopo tanto tempo, sento di nuovo il peso familiare del suo corpo su di me. La mia schiena s’inarca, percossa da brividi di piacere, mentre le dita abili di Peeta si muovono dentro di me. Mi mordo il labbro inferiore, per cercare di trattenermi, ma Peeta con i denti lo libera dalla stretta, mentre con la lingua ne segna il contorno. Sto per impazzire. Afferro i suoi fianchi stretti portandoli verso di me, per fargli capire che lo voglio, che lo desidero, che sono pronta.
Mi specchio nei suoi occhi azzurri e vedo che anche lui desidera la stessa cosa.
Ad un tratto però, un pensiero mi colpisce come un fulmine a ciel sereno. E tutto si ferma.





----angolo autrice----
Allora, ammetto che non vedevo l'ora di scrivere questo capitolo, ma quando mi ci sono trovata in mezzo è stata una faticaccia! XD 
Ma andiamo con ordine:
-Il punto di vista di Peeta: l'ho inserito perchè volevo far capire il suo conflitto interiore; all'inizio non avevo programmato di metterlo, ma poi ho pensato che forse avrebbe reso questa parte più completa. Spero di non averla rovinata invece! :D 
-le scene d'amore: su queste sono stata molto combattuta. Volevo riuscire a trovare una giusta via di mezzo fra passione, amore e dolcezza. E' vero che Peeta è l'uomo più dolce di questo pianeta, e io sono la prima ad amarlo per questo, ma è anche vero che è un uomo e che, a mio modesto parere, lui e Katniss si amano davvero, quindi credo che una certa dose di passione ci sia nel loro rapporto, e mi sembrava giusto mostrarla. Senza andare nel volgare ovviamente, cosa che spero con tutta me stessa di non aver fatto.
- questo è il punto di svolta della storia quindi secondo i miei programmi il prossimo capitolo dovrebbe essere il penultimo. :') piango. 
-basta ho finito! XD Ovviamente ringrazio tutte le persone che leggono, seguono, preferiscono e recensiscono le mie storie. Davvero GRAZIE!!!
Anche se ho il presentimento che dopo questo capitolo diminuiranno brutalmente! :'D

Ah ecco ultima cosa! (poi basta giuro!) i figli di Peeta e Katniss. Ci tengo molto a inserirli, visto che la mia storia parla praticamente di questo, ma il dilemma dei nomi mi sta uccidendo! XD Ero quasi tentata a non metterli (per la disperazione) ma Miss Hutcherson mi ha fatto ricredere! :') grazie!
Quindi mi sono scervellata e alla fine credo di averli trovati: quello del maschio è quasi impronunciabile ma il suo significato mi piace molto, quindi sono molto indecisa!
Tutto questo comunque era per dirvi che, se avete delle idee, mi farebbe piacere sentirle! :)  
(l'unica cosa di cui sono sicura è che non voglio dare ai loro figli i nomi di persone morte. Non so, credo che Katniss e Peeta siano già perseguitati abbastanza dal loro passato, e non abbiano bisogno di nomi per ricordarselo.)

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


 
“Aspetta! Peeta fermati!” dico, prendendolo per le spalle.
Peeta si blocca, il suo fiato è corto, il suo sguardo sorpreso. “Che succede?”
“Hai… ecco… ce l’hai no? Il coso…sì…hai capito?” dico farfugliando.
Peeta continua a fissarmi, sempre più confuso.
“Ma si… hai capito… hai il contracettivo?” chiedo in un sussurro sollevandomi sui gomiti, mentre le mie guance si arrossano. Il che è assurdo, vista la situazione.
Peeta ora sembra davvero sconvolto. “Katniss, gli unici preservativi che ho credo siano scaduti sei anni fa.” Dice inarcando le sopracciglia. E’ chiaro che non riesce a capire il senso di questa conversazione. Poi però, ci arriva: “Hai smesso di prendere la pillola, vero?”
Annuisco. Non l’ho più presa da quando me ne sono andata da questa casa. In quel momento la pillola era proprio l’ultimo dei miei problemi. E poi pensavo che non ne avrei avuto più bisogno.
Peeta si mette seduto, cercando di riprendere il controllo di sé, e dice: “Che cosa vuoi fare Katniss?”
Non riesco a non pensare a quanto tutto questo sia ingiusto. Ero appena riuscita a riaverlo, finalmente ero di nuovo tra le sue braccia, e ora rischio di perderlo, di nuovo.
Quel discorso che stavamo cercando di ignorare con tutte le nostre forze, ci è caduto addosso come un macigno. Sapevo che sarebbe arrivato questo momento, ma speravo non fosse così presto. In realtà speravo non arrivasse mai.
Peeta continua a guardarmi, aspettando una risposta, ma il groppo che ho in gola non mi permette di parlare. E poi, cosa potrei dirgli? Non so neanch’io cosa voglio.
Così a un tratto Peeta dice: “Non preoccuparti Katniss, non voglio costringerti. Va tutto bene, tranquilla.” Mi sposta qualche capello ribelle dalla fronte e aggiunge: “ Dai non fare quella faccia, avremo un sacco di tempo per recuperare questa notte.” Il suo dovrebbe essere un sorriso rassicurante ma per me è un pugno nello stomaco. E’ come se qualcuno mi avesse tolto tutta l’aria nella stanza.  Sono ancora immobile, nella stessa posizione di prima quando sento il peso di Peeta svanire dal mio corpo. Si è allontanato definitivamente da me e sta cercando la sua maglietta. Un brivido mi percorre tutto il corpo. Non so se voglio avere figli. Non so più niente. Ma di una cosa sono certa: voglio Peeta. Voglio il suo calore, voglio sentire il suo corpo su di me per il resto della mia vita. Non voglio perderlo mai più.
Così scatto come una molla e riporto Peeta verso di me, baciandolo. Lui quasi perde l’equilibrio, mentre cerca maldestramente di liberarsi dalla mia stretta. “No Katniss, aspetta. Se continuiamo io non riuscirei poi a trattenermi. Scusa.”
Prendo di nuovo il suo viso tra le mani e avvicinandolo al mio dico: “Non preoccuparti. Hai ragione: va tutto bene. Andrà tutto bene. Quindi continua.” E lo penso davvero. Non so cosa succederà, ma se ci sarà Peeta con me andrà tutto bene.
Dalla sua espressione però, capisco che non è convinto. E’ come se dentro di lui ci fosse una battaglia interiore. Non contro le allucinazioni stavolta, ma contro se stesso. Quello che lui desidera contro quello che lui crede sia meglio per me. Così mi avvicino ancora di più fino a quando i nostri nasi si toccano e dico: “Resta con me.”
Peeta capisce. La sua bocca è di nuovo sulla mia prima di rispondere “Sempre.”
Stavolta niente potrà più separarmi da lui, né Capitol city, né Delly, e nemmeno le mie paure. Il calore di Peeta si diffonde per tutto il mio corpo, dai capelli fino alla punta dei piedi. Finalmente Peeta entra dentro di me e quando, affondando il suo viso nei miei capelli, lo sento pronunciare il mio nome, so che ho fatto la cosa giusta, so che non me ne pentirò, so che è questo il posto in cui devo essere, e in un attimo diventiamo una cosa sola.
 
Sono passati sei anni da quella notte. Pur non avendo usato nessun contracettivo, dopo quattro settimane il ciclo arrivò. Ne fui sollevata, ma una piccola parte di me era delusa. Pensai che questo fosse un buon segno. Ne parlai con Peeta e decidemmo che avrei continuato a prendere la pillola finché io non fossi completamente sicura. Il fatto che io avessi già acconsentito una volta per lui era abbastanza, significava che c’era ancora speranza. Gli promisi che io, nel frattempo, avrei cercato di immaginare la nostra vita con dei figli, una vita felice, in cui i sacrifici e le buone azioni contano molto di più dei dolori e delle perdite subite.
All’inizio fu difficile. Ogni volta che ci pensavo, ondate di terrore puro m’immobilizzavano, impedendomi quasi di respirare ma in quei momenti arrivava Peeta. Mi ripeteva come una formula magica che tutto andava bene, finché io non me ne convincevo.
 Ci sono voluti anni, ma un giorno mi resi conto che la vita che immaginavo cominciava a piacermi, anzi, cominciavo addirittura a desiderarla.
Così una sera ho smesso di prendere la pillola. Non dissi niente a Peeta, non volevo metterlo sotto pressione, tutto doveva essere naturale, com’era sempre stato.
Sono passati quattro mesi da quel giorno e stamattina è una terribile nausea a svegliarmi, con Peeta che mi corre dietro preoccupato.
“Come ti senti? Vuoi che ti chiami un dottore?”
“No, non preoccuparti. Vai al forno, o rischi di fare tardi.” Dico, cercando di tranquillizzarlo.
“Sei sicura? Te la senti di stare da sola? Vuoi che chiami Haymitch?”
No. Haymitch no. Posso ingannare Peeta ma lui capirebbe al volo che il mio non è un semplice mal di stomaco. Le sue battute acide sono l’ultima cosa di cui ho bisogno ora. Devo metabolizzare la cosa. Da sola.
“Peeta non sto morendo, per favore vai.” Dico con un tono più brusco del dovuto. Gli ormoni stanno già facendo effetto. Perfetto.
Almeno questo convince Peeta a uscire di casa, non prima però di avermi detto di chiamarlo se succede qualcosa. In effetti, tra nove mesi qualcosa succederà di certo, penso. Non ho bisogno di un test di gravidanza per saperlo. Ho un ritardo e i continui sbalzi d’umore di questi giorni più la nausea di stamattina hanno confermato i miei sospetti.
Sono incinta. Cerco di capire che cosa questo mi provoca. Ansia di certo; paura? Anche. Ma è una paura diversa, un misto di attesa e desiderio che non ho mai provato. Anche se il terrore mi stringe lo stomaco, non sento la necessità di correre nel bosco e scappare: voglio stare qui. Voglio vedere il figlio mio e di Peeta. Peeta. Devo dirglielo! Prima ero troppo confusa e sorpresa per parlargliene ma ora deve saperlo. Corro verso il telefono ma poi mi blocco. Peeta non sa che ho smesso di prendere la pillola. Non posso dirglielo così, per telefono, devo prepararmi un bel discorso per quando tornerà a casa e poi voglio vedere la sua espressione quando glielo dirò.
Passo il resto della mattina a cercare le parole giuste ma il risultato è così deludente da farmi innervosire.
Il pomeriggio è addirittura peggio: i minuti non passano mai e più volte sono tentata di andare da Haymitch perché ho un disperato bisogno di parlarne con qualcuno. Ma poi penso che dev’essere Peeta il primo a saperlo, così decido di aspettare e questo non fa altro che aumentare la mia ansia.
Quando Peeta finalmente torna a casa, sono così esausta e nervosa che non so da dove cominciare.
“Ti ho portato dei panini al formaggio, ti va di mangiarli?” chiede Peeta amorevolmente.
“Sì, grazie. Aspetta ti aiuto a cucinare.” Dico rilassandomi un poco. Prendo delle carote e comincio a tagliarle. Devo dirglielo. E se avesse cambiato idea? Se non lo volesse più? Dopotutto è da un anno che non ne parliamo. No, niente panico.
Peeta mi racconta un aneddoto divertente successo in panetteria, ma io non lo sto ascoltando. Diglielo. Diglielo. Diglielo. Com’è che iniziava quello stupido discorso?
“Ahi!” esclamo sorpresa. Il mio dito sanguinante mi riporta alla realtà. Mi ero scordata che stavo tagliando. Peeta in un attimo prende il mio dito e lo mette sotto l’acqua fredda facendo fluire via il sangue: “Ti fa male? Devi stare attenta.” Lo toglie dall’acqua e guarda la ferita pulita “Per fortuna non è profondo!” Prende un tovagliolo e comincia a tamponarlo. “Devi essere stanca. Va di là a riposarti, qui ci penso io.” Dice sorridendo mentre si porta il mio dito alle labbra baciandolo.
Un’ ondata di calore mi risveglia dal mio torpore, spazzando via tutte le mie paure.
“Sono incinta!” dico ancora prima di rendermene conto. E così addio al mio bel discorso.
“Cosa?” chiede Peeta accigliato.
“Sono incinta.” Ripeto, aspettando che un sorriso raggiante illumini il volto di Peeta. Lo intravedo solo per un attimo, perché poi è sostituito un’espressione preoccupata mista a tristezza che non capisco.
“So che non era programmato Katniss, quindi qualsiasi cosa tu decida io l’accetterò.” Dice stringendomi la mano.
Per un attimo sono confusa poi però capisco il senso delle sue parole. Scuoto la testa. “Peeta io me l’aspettavo. Ho smesso di prendere la pillola qualche mese fa; non te l’ho detto perché volevo che fosse naturale, che non cambiasse niente fra noi.” Ora che lo dico a voce alta mi rendo conto di quanto quest’idea possa sembrare ridicola, ma Peeta non se ne accorge, è troppo sconvolto dalla notizia per farlo.
“Quindi lo vuoi questo figlio?” chiede, come per assicurarsi di non aver capito male.
“Lo voglio.” e mi rendo conto che è vero. “Sei contento?” chiedo, visto che la reazione di Peeta non è proprio come me l’aspettavo.
“Certo che sono contento!” dice abbracciandomi. “Scusa, è che non me l’aspettavo! E tu sei contenta?” chiede con l’espressione raggiante che tanto desideravo. E questo basta per dissipare tutti i miei dubbi.
“Sì.” Dico appoggiando la testa sulla sua spalla.
Rimaniamo abbracciati per un po’, mentre Peeta dondola sul posto avanti e indietro come se trattenesse a stento l’entusiasmo.
“Quando potremo vederlo?” chiede a un tratto.
“Chi?” sono confusa.
“Come chi? Il bambino! Quando potremo vederlo per bene?”
“Più avanti, adesso è troppo piccolo credo.” Per quel che ne so, ora mio figlio dovrebbe assomigliare a una specie di fagiolo.
“Chissà se è maschio o femmina. A me piacerebbe una bambina.”
“Perché?” chiedo sorpresa. Io ovviamente non mi sono mai posta il problema.
“Perché assomiglierà a te, così potrò dirle ogni giorno quant’è carina.” Mi risponde Peeta sorridendo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Anche dopo molti anni, non sono ancora riuscita ad abituarmi alla genuina sincerità di Peeta. Ogni volta che dice cose come questa non posso fare a meno di imbarazzarmi. E lui ovviamente se ne accorge.
“E quando arrossisci sei ancora più carina.” Dice baciandomi la punta del naso.
“Smettila di prendermi in giro!” schivo un suo bacio fingendomi offesa.
Peeta sorride divertito dalla mia reazione mentre m’intrappola tra il suo corpo e il tavolo, riempiendomi la faccia di baci.
Cerco di fare la sostenuta, ma non mi riesce molto bene. Non voglio dargliela vinta però, non stavolta. Così dico: “Sai cosa sto pensando?”
“No, cosa?” chiede lui guardandomi.
“Che non ho più tanto appetito.”  Dico con il sorriso più malizioso che riesco a trovare. Guardo Peeta arrossire, orgogliosa del risultato.
“Sei sicura? Non è che farà male al bambino?” chiede un po’ impacciato con un’espressione irresistibile.
“Non preoccuparti, andrà tutto bene.” Dico prima di tappare con un bacio la sua bocca e tutti i nostri dubbi.
 




----spazio autrice----
scusatemi! So di essere in ritardo, ma tra la sessione di esami e le vacanze non ho avuto molto tempo! E poi scrivere questo capitolo mi ha messo un po' in difficoltà, infatti non sono molto soddisfatta... Mi sta venendo il dubbio di essere più portata a scrivere momenti tristi e sofferenti! :D 
Però ci tenevo molto a mettere questa parte, dopo tutto quello che hanno passato volevo scrivere qualche momento dolce tra Katniss e Peeta e hp pensato che l'annuncio dell'arrivo del bambino fosse una buona occasione, anche se non sono sicura di essere riuscita ad esprimermi bene! :'D
Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno consigliato per i nomi, siete stati gentilissimi e credo compariranno fra 2 capitoli, cioè nell'ultimo. (si questo non è il penultimo come avevo detto, ho fatto male i conti chiedo perdono! XD)
Nel prossimo capitolo mi piacerebbe inserire anche il piccolo di Gale e Johanna... vi sto martellando con questa coppia lo so! :D
Grazie mille a tutti quelli che leggono questa storia e la recensiscono, è sempre bellissimo per me! :)
Bene ora potete iniziare a insultarmi se volete! :D

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Capitolo 9
*** capitolo 8 (II) ***


Peeta’s POV
 
“No Gale ho già detto di no è inutile che insisti.”
“Katniss è tua madre! Ha il diritto di saperlo!”.
“Peccato che non si sia mai comportata come tale. Non voglio che mio figlio conosca sua nonna per poi vederla sparire un attimo dopo. Non passerà quello che ho passato io.”
Guardo Gale e mi rendo conto che sta pensando seriamente alle parole di Katniss. Credo che in fondo sappia che ha ragione ma alla fine dice: “Catnip, so che non l’hai ancora perdonata per quello che è successo, ma è comunque di suo nipote che si sta parlando. Non credi che un giorno tuo figlio vorrà conoscere sua nonna? Forse la nascita di questo bambino è l’opportunità che vi serve per rivedervi e chiarirvi definitivamente.”
Prendo la mano di Katniss e la stringo forte. So quanto parlare di quest’argomento la faccia soffrire. Lo so proprio perché non vuole mai parlarne. Mai. Le ricorda inevitabilmente Prim e tutto quello che ha passato dopo la sua morte. Quando era sull’orlo del baratro e sua madre non era accanto a lei ad aiutarla. E io so anche questo. So cosa vuol dire avere una madre che si comporta come se tu non esistessi; una madre che si ricorda di te solo quando sbagli. Per questo non sono mai riuscito a parlarne con Katniss. Evidentemente in casa nostra l’argomento “madre” è tabù.
Ma per Gale è diverso. Per lui sua madre è sempre stata un punto di riferimento, anche quando il mondo sembrava crollargli addosso. Per lui l’esclusione della madre di Katniss dalla nostra vita è inconcepibile.
Infatti dopo poco Katniss dice: “E’ inutile Gale, tu non potrai mai capire.”
Gale sta per ribattere, ma Johanna lo ferma, scuotendo la testa.
Un pesante silenzio cala fra noi ma per fortuna è ancora Johanna a salvare la situazione: “Katniss mi accompagni a fare una passeggiata per favore? Con questa pancia enorme stare seduti è impossibile.”
“D’accordo.” Katniss mi guarda, esitante, come se aspettasse il mio consenso.
Le sorrido. “Vai pure, io rimarrò qui con Gale per farmi dire cosa mi aspetta nei prossimi mesi di gravidanza.”
“Qualsiasi cosa dica non credergli Peeta. Gale non fa altro che lamentarsi dei miei sbalzi d’umore ma non è lui ad avere due gemelli nella pancia.” Dice Johanna ridendo mentre trascina Katniss fuori di casa.
Le sono riconoscente, ma ammetto di non essere molto a mio agio a rimanere solo con Gale.
“Ti va un caffe?” chiedo per spezzare il ghiaccio.
“Si grazie.” Gale mi segue in cucina silenzioso come un’ombra, mentre guarda tutto con fare circospetto. Si siede mentre io preparo la caffettiera, ma sento il suo sguardo penetrante sulla mia schiena.
“Puoi smetterla per favore?” dico esasperato.
“Di fare cosa?” chiede con la sua solita espressione.
“Questo. Di fare quello sguardo truce. Sei arrabbiato per quello che è successo con Katniss?”
“Credo che quello che tu definisci sguardo truce sia la mia normale espressione. E comunque no, non sono arrabbiato. Solo rassegnato. So che quando si mette in testa qualcosa è impossibile farle cambiare idea.”
In effetti ha ragione. Gli porgo la tazza di caffe e mi siedo di fronte a lui.
“Forse però a te da ascolto. Perché non provi a convincerla?” aggiunge.
“Forse.” ripeto, fissando il caffe fumante.
“Ma non hai intenzione di farlo.” Quella di Gale non è una domanda.
“Già. Non voglio obbligare Katniss a fare nulla. Voglio che lei sia felice, e se questo significa escludere determinate persone dalla nostra vita per me va bene.”
“Però per me l’hai convinta. Sei stato tu a suggerire a Katniss di venire a parlarmi per chiararci dopo la morte Prim vero?”
Mi chiedo come abbia fatto a capirlo. Forse mi conosce meglio di quanto pensassi. “Sì, speravo le servisse per fare luce sui suoi sentimenti. Sapevo che eri molto importante per lei, speravo che perdonando te sarebbe riuscita a perdonare anche se stessa.”
“Anche se sono stato io a uccidere Prim?” il dolore e il senso di colpa traspaiono dalla sua voce.
Scuoto la testa. “Non è stata colpa tua. Katniss lo sa. Dopo l’edizione della memoria lei è riuscita ad andare avanti perché c’eri tu al suo fianco.”
“Solo perché non c’eri tu.”
Incontro i suoi occhi pensando di trovare di nuovo quello sguardo truce, invece stupito noto l’ombra di quello che dovrebbe essere un sorriso. Mi tornano in mente le parole di Katniss…
Fu la prima volta un cui lo vidi sorridere. Lo trasformava da qualcosa di minaccioso in uno che avresti desiderato conoscere.”.
E, in effetti, aveva ragione. Questa è la prima volta che io e Gale parliamo noi due da soli e ammetto che la cosa non mi dispiace. Sto per chiedergli sul serio qualche dritta sulla paternità quando un’ombra entra all’improvviso dalla finestra facendomi sobbalzare.
Anche Gale se ne accorge ma non sembra per niente stupito. “Diana, quante volte ti ho detto che non devi entrare dalla finestra?”
“Avevi ragione papà, il bosco del Distretto 12 è molto più bello del nostro!” dice ignorando l’appunto del padre e posando sul tavolo il suo ricco bottino di erbe e frutti selvatici.
Diana, la primogenita di casa Hawthorne, ha i capelli e la carnagione scura tipica del giacimento, ma i grandi occhi marrone e il fisico snello sono senza dubbio della madre. Da Gale ha preso l’espressione sospettosa e diffidente, ma è anche la bambina più acuta e sveglia che abbia mai conosciuto.
Guardandola bene mi accorgo che il suo corpo è ricoperto di graffi e ferite. “Diana che cosa ti è successo? Ti fa male qualcosa?” chiedo allarmato.
“No sto bene, non preoccuparti. Piuttosto assaggia queste, sono buonissime!” mi allunga una bacca, che assomiglia terribilmente ai morsi della notte.
“Sei sicura che sia commestibile?” chiede Gale mentre cerca di togliere dei rametti secchi e delle foglie dai capelli arruffati della figlia.
“Certo! L’ho assaggiata.”
“Diana! Non devi mangiare le cose che trovi nel bosco se non ne sei sicura! E’ pericoloso!” sbotta Gale chiaramente preoccupato.
“E questi tagli come te li sei fatti invece?” intervengo apprensivo.
“Sono caduta da un albero.” Risponde tranquilla mentre si mette in bocca una fragola.
“E che cosa ci facevi su un albero?” le chiede suo padre mentre controlla attentamente le ferite.
“Stavo cercando di prendere uno scoiattolo.”
“Non riuscirai mai a prenderlo a mani nude. Se vuoi prendere uno scoiattolo devi usare le trappole, te l’ho già insegnato.” Le spiega Gale paziente.
“No! Non voglio ucciderlo! Non si uccidono gli animali papà! Voglio uno scoiattolo vivo!” urla Diana agitata.
“E poi cosa te ne fai di uno scoiattolo vivo scusa?” chiede Gale ormai rassegnato.
“Lo terrò in casa con me. La mamma ha detto che se riesco a prenderlo posso tenerlo.”
“Che cosa? Diana gli animali si cacciano per mangiarli non per tenerli come animali domestici!”.
“Vedremo.” Ribatte la bambina con aria di sfida.
Ho il presentimento che questa discussione andrà avanti per molto tempo. Il ritorno di Johanna e Katniss salva la situazione.
Diana si precipita in sala con un mucchio di more in mano, mentre Gale sospira esasperato.
“Ehi Gale, non credi di dovere delle scuse a qualcuno?” Johanna afferra il suo compagno per il braccio trascinandolo verso il salotto, poi si siede in cucina lasciando Katniss e Gale da soli.
“Scusalo. E’ un testardo e dice le cose in modo brusco, ma lo fa perché ci tiene.”
Scuoto la testa. “Non preoccuparti. Anzi io e Katniss cerchiamo sempre di evitare l’argomento, quindi è un bene che Gale abbia deciso di parlarne.”
Johanna sorride comprensiva. “E tu invece?” chiede puntando il suo dito indice “Gliel’hai chiesto?”
Abbasso lo sguardo. “Non ancora.” So a cosa si riferisce. E’ da quando le ho chiesto un consiglio che non fa che ricordarmelo.
“E quando pensi di farlo? Quando ci sarà un bambino urlante per casa?”
“No! Lo farò… presto.” Sussurro.
“Stasera?”
No. Stasera è troppo presto. Solo a pensarci la paura mi attorciglia lo stomaco.
“Stasera. Va bene.” Rispondo rassegnato.
“Bravo! Forza e coraggio!” dice Johanna dandomi una pacca sulla spalla. Poi esce dalla cucina urlando “Gale! Forza muoviti dobbiamo andare a trovare tua madre!”
Coraggio. Ne avrò bisogno.
 
Katniss
 
Le parole di Gale mi rimbombano ancora nella testa. Forse ha ragione, forse mi sto comportando da egoista, ma la verità è che non riuscirò mai a perdonare mia madre per quello che mi ha fatto. Come lei probabilmente non riuscirà mai a perdonare me per la morte di Prim.
Sono ancora seduta sotto il portico immersa nei miei pensieri quando sento un dolce calore sulle spalle. Alzo lo sguardo e vedo Peeta di fronte a me: “Fa freddo qui fuori. Ti va di rientrare?”
“Non ancora.” Dico sistemandomi il panno che mi ha portato.
“Stai pensando a quello che ti ha detto Gale?” chiede sedendosi di fianco a me.
Annuisco. “Ma non preoccuparti, sto bene. So che ha detto quelle cose perché è preoccupato, ma io ho già fatto la mia scelta.”
Peeta annuisce, abbracciandomi. Dopo poco dice: “Ho preparato del thè, te lo porto?”
“Si grazie.”
Peeta non fa in tempo a entrare in cucina che sento qualcosa infrangersi sul pavimento. “Peeta tutto bene?” chiedo preoccupata.
“Si si tranquilla, mi è solo caduta la tazza.” E’ la terza cosa che rompe stasera. Senza contare le bistecche che hanno preso fuoco mentre cucinava. Per un tipo scrupoloso e attento come lui tutto ciò non è normale.
“Va tutto bene?” gli chiedo non appena ricompare fuori.
“Sì, certo.” Dice fingendo un sorriso indifferente mentre mi passa la tazza.
Mi accorgo che la sua mano trema. “E’ successo qualcosa con Gale?” chiedo preoccupata mentre gli faccio spazio sotto il panno.
“No anzi è andata meglio di quanto pensassi. Perché?” sembra sorpreso.
“Non so mi sembri strano. Sicuro vada tutto bene?” chiedo dolcemente.
“Tutto bene. Sono solo un po’ stanco.” Dice passandomi un braccio intorno alle spalle.
A me più che stanco sembra teso come una corda di violino. Ho l’impressione di essere abbracciata a un albero tanto è rigido. Non voglio che ci siano segreti fra noi ma non posso neanche obbligarlo a parlarmene se non se la sente. Decido di rimanere in silenzio per un po’, sperando che Peeta cambi idea, ma l’unica cosa che fa è cominciare a battere il piede a terra nervosamente.
Così dopo poco sbotto. “Peeta si può sapere cos’hai?”
“Katniss, vuoi sposarmi?”
Ci vuole qualche secondo perché io capisca il significato delle sue parole. Quando lo guardo, incredula, è l’espressione terrorizzata di Peeta a sconvolgermi di più.
“L’idea di sposarmi ti spaventa così tanto?” chiedo confusa.
Peeta si lascia scappare un sorriso. “No. E’ la tua risposta a terrorizzarmi. L’ultima volta che te l’ho chiesto mi hai lasciato.”
Ora ho capito. “E’ per questo che prima eri così nervoso?”
“Esatto. E’ da qualche giorno che cerco disperatamente il modo giusto per dirtelo. Io so che sto pretendendo troppo. Non solo siamo insieme, ma stiamo anche per avere un figlio; credimi tutto questo va ben oltre le mie più rosee aspettative. Non m’importa della cerimonia, dell’abito bianco o degli invitati, voglio solo tostare il pane con te. Desidero sposarti, voglio che tu diventi mia moglie ed io tuo marito, perché io non potrò mai amare nessun’altra donna oltre a te per il resto della mia vita.”.
Abbraccio Peeta d’istinto, affondando le mani nei suoi capelli. I miei occhi pungono e devo fare un grande sforzo per trattenere le lacrime. “Lo voglio” sussurro al suo orecchio prima di baciarlo appassionatamente.
Lo sento sorridere sulle mie labbra, mentre cerca di aggiungere qualche altra parola strappalacrime, cosa che gli impedisco di fare.
Quando riprendo il controllo di me stessa mi alzo in piedi, tendendogli la mano. “Andiamo!”
“Dove?” Peeta è ancora seduto e mi guarda confuso.
“Alla tua panetteria. Ci serve del pane da tostare no?”




----angolo autrice--- 
Ok ho un sacco di cose da dire su questo capitolo! (ma non vi assicuro che siano interessanti :D)
-Questo capitolo l’avevo scritto in vacanza, sono tornata, l’ho riletto e l’ho cancellato! XD Non so perché ma non mi convinceva per nulla così l’ho riscritto cambiandolo completamente! (anche se non sono sicura di averlo migliorato, anzi… :’)) Soprattutto la prima parte, all’inizio era una conversazione telefonica tra Katniss e Gale, che si è trasformata in un dibattito a quattrocchi tra Peeta e Gale. Ho voluto cambiare anche il punto di vista perché ci tenevo che questi due personaggi avessero una specie di confronto, non dico che sono diventati amici, ma credo ci sia rispetto reciproco.
-Poi volevo inserire meglio il personaggio di Diana. Io me la immagino come una scimmietta selvatica, e dato che entrambi i suoi genitori sono persone forti e coraggiose, volevo far vedere in lei queste qualità, che sono al limite della pericolosità! XD
Per il nome ho deciso di seguire una delle mie fisse, cioè gli eroi e la mitologia, da qui Diana (o Artemide per la mitologia Greca) dea della caccia, armata di arco e frecce, signora delle selve, protettrice degli animali selvatici e custode delle fonti e dei torrenti. Altera e vendicativa, Diana non tralasciava mai di inferire su tutti coloro che le recavano offesa; amante della solitudine e nemica dei banchetti era solita aggirarsi in luoghi isolati.
Appena ho letto la descrizione ho pensato che combaciasse perfettamente con l’unione di Johanna e Gale. Spero convinca anche voi! (Secondo questa logica ho scelto anche i nomi dei baby Mellarck quindi ora potreste anche riuscire a indovinarli! :D) A differenza dei genitori però, Diana è il tipo di bambina che non riuscirebbe a uccidere nemmeno una formica. Da qui il dibattito con il padre, e mi fa ridere l’immagine di un Gale rassegnato che ha come animale domestico uno scoiattolo!
-Per la seconda parte invece, avevo già deciso che Peeta e Katniss si sarebbero sposati mentre lei era già incinta. Non so perché, ma nel mio immaginario è sempre stato così. :D
Ok basta perché ho parlato un sacco e molti di voi avranno già interrotto la lettura da un po’, volevo solo ringraziare tutti voi, per leggere, seguire, preferire e recensire questa storia. Grazie davvero!
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo, spero di non avervi deluso con questo (dubito) e di non deludervi con il prossimo!

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Capitolo 10
*** capitolo 9 ***


Piccola nota: questo capitolo è formato da 3 parti, divise dai trattini che vedete qui sotto e per sequenza temporale. Tutte le spiegazioni sono a fine del capitolo, se mai ci arriverete!
 
----*----
In silenzio, tenendoci per mano io e Peeta percorriamo la strada che collega la panetteria con la nostra casa. Peeta tiene il pane in una busta sotto braccio, e mentre camminiamo, posso sentirne ancora il profumo. A ogni passo sono sempre più nervosa, come se stessi compiendo sul serio una marcia nuziale. A un tratto un pensiero mi attraversa la mente.
“Peeta!” esclamo “Ci serve un testimone!”
Peeta mi guarda sorpreso, probabilmente anche lui se n’era scordato. Poi scuote la testa “Non preoccuparti Kat. Te l’ho detto: non voglio una cerimonia ufficiale, mi basta cuocere il pane con te.” Mi risponde sorridendo.
“Sì ma senza testimone al palazzo di giustizia non potranno riconoscere il nostro matrimonio come valido.” Ribatto.
Lui ci pensa su un attimo puoi alza le spalle. “A me basta questo.” Dice mostrandomi la busta con il pane. “Non m’importa, davvero.”
“A me sì però!” sbotto. “Io… voglio che il nostro matrimonio sia ritenuto ufficiale.” Dico con più calma, sperando che non si accorga del rossore delle mie guance.
Un lampo di divertimento passa per gli occhi di Peeta e dopo avermi dato un dolce bacio sulle labbra, dice: “Anch’io lo voglio Katniss.” Sto per avvicinare di nuovo le sue labbra alle mie ma lui mi ferma, inflessibile “Il nostro prossimo bacio sarà da marito e moglie.”
Sbuffo per questa sua stupida regola. “Sarà meglio trovare presto un testimone allora.” Dico sorridendo.
“Non credo sarà facile, è notte ormai, e dubito che ci sia qualcuno ancora sveglio a quest’ora…”
E invece sì. So che qualcuno c’è.
 
Quando Haymitch apre la porta, sono felice di notare che è ancora abbastanza lucido. Da quando non ha più dovuto prendersi cura di Peeta, ha ricominciato a bere purtroppo. Non più come un tempo, ma quando ha delle giornate no, io e Peeta rimaniamo con lui fino a quando non riprende conoscenza.
“Che diavolo succede?” chiede ringhiando. Poi abbassa gli occhi sulla mia pancia e aggiunge “Se ti servono dei consigli per la maternità non credo di poterti essere d’aiuto.”
Alzo gli occhi. “Devi farci da testimone per il nostro matrimonio.”
Haymitch guarda prima me e poi Peeta, sorpreso. “Oh congratulazioni.” Poi agita la mano irritato “E siete venuti a quest’ora solo per chiedermi questo? Si d’accordo lo farò se proprio devo…”
“No non hai capito.” Lo interrompe Peeta paziente. “Devi farci da testimone adesso.”
Haymitch lo fissa sconvolto. “Adesso?” ripete.
Annuiamo. “Durante la tostatura del pane”. Aggiungo indicando la busta.
Il nostro mentore continua a fissarci, e quando penso che ci stia per sbattere la porta in faccia Haymitch scuote la testa, rassegnato. “Voi due dovete essere impazziti.” Poi puntandoci il suo dito indice contro dice “Ma vi avverto niente coriandoli, pianti o lacrime. Sarà una cosa veloce e indolore sono stato chiaro?”
 
Afferro con mano tremante la fetta di pane che Peeta mi porge, e facendo molta attenzione la avvicino al fuoco del nostro camino. A questo punto la tradizione vorrebbe che i novelli sposi recitino le loro promesse mentre tostano il pane, il problema è che né io né Peeta ci siamo preparati nulla in precedenza, e non riesce a venirmi in mente niente di sensato con Haymitch che continua a fissarmi impaziente.
“Allora? Cos’è vi vergognate a leggere le vostre promesse adesso?” chiede sbuffando.
“Non le abbiamo. Credo dovremo farle sul momento…” gli risponde Peeta.
“Che cosa? Di questo passo rischiamo di fare mattina.” Si siede sulla poltrona di fronte a noi e con tono annoiato dice “Allora voi limitatevi a rispondere alle mie domande d’accordo?”
Peeta mi lancia uno sguardo interrogativo.  L’idea non mi convince molto, ma ora che siamo arrivati a questo punto non voglio aspettare un minuto di più per essere la moglie di Peeta. E Haymitch è la nostra unica alternativa. Annuisco.
“Bene. Allora vuoi tu Peeta prendere in sposa Katniss e blablabla per il resto della vostra vita?”
Peeta lancia un’occhiataccia al nostro mentore, mentre io penso rassegnata che forse siamo ancora in tempo per cacciarlo. Ma poi Peeta dice: “Sì, desidero prendere Katniss come mia sposa, per amarla e onorarla finché morte non ci separi.”
Haymitch borbotta qualcosa e dice: “Vuoi tu…”
“Sì lo voglio.” Dico interrompendolo prima che possa rovinare tutto. “Desidero prendere Peeta come mio sposo, per amarlo e onorarlo finché morte non ci separi.”
“Bene, un brindisi agli sposi!” dice alzando la boccetta di liquore che ha in mano prima di berne una lunga sorsata.
Guardiamo le nostre fette di pane, ormai completamente bruciate, e Peeta avvicinando la sua bocca alla mia chiede: “Ora posso baciare la sposa?” Lascio che le nostre labbra si trovino, dimenticandomi di non essere soli nella stanza. Sento Haymitch borbottare qualcosa, prima di chiudersi la porta di casa alle spalle. Sono quasi certa che Peeta gli abbia fatto un qualche cenno con la mano per fargli capire il messaggio.
Quando ci stacchiamo, Peeta prende il mio viso fra le mani e dice: “Tu mi ami. Vero o falso?”
“Vero.”
“Anch’io ti amo, signora Mellark.” Dice con un lieve rossore che gli colora le guance prima di darmi un bacio che non lascia spazio ad’ altre parole.
 
-----*-----
“Mamma è pronto il the?”
"Non ancora. Vieni a sederti intanto.”
Mia figlia salta sulla sedia di fronte a me con un balzo felino, e impaziente comincia a picchiettare il dito sul tavolo della cucina.
“Flora, allora hai pensato a un nome per il tuo fratellino?” le chiedo.
La bambina guarda prima me poi il gonfiore della mia pancia, e alla fine scuote la testa. “Non riesco a pensare niente che mi piace mamma.”
“Tesoro guarda che ormai manca poco.” Le ricorda Peeta scompigliandole i capelli scuri raccolti in due codini.
“Lo so.” Dice con un’aria corrucciata. Le sto per dire di non preoccuparsi quando un sorriso identico a quello di Peeta illumina il suo volto. “Ho trovato!” esclama “Possiamo chiamarlo Haymitch?”.
La guardo basita, e con la coda dell’occhio vedo che anche Peeta sembra piuttosto stupito. “Flora perché vuoi chiamare tuo fratello così?” chiede.
“Perché voglio bene a zio Haymitch.” Risponde felice.
Per me Haymitch è come un membro della famiglia ormai, e Flora lo adora, sembra che quando sia con lei non solo non beva, ma è anche meno intrattabile del solito. Ma il pensiero di avere un piccolo Haymitch che gira per casa non mi entusiasma molto. Uno ne basta e avanza.
Io e Peeta ci scambiamo uno sguardo complice e come se mi avesse letto nel pensiero, dice: “Tesoro anche Haymitch ti vuole bene ma non credi che se chiamassimo così anche il tuo fratellino faremmo confusione?”
Mia figlia pensare attentamente alle parole del padre e per un attimo temo che sia troppo sveglia per crederci. Per fortuna l’ingenuità dei suoi sette anni vince. “Hai ragione papà. Penserò a un altro nome.”
Tiro un sospiro di sollievo. “Non preoccuparti, se non riesci lo troveremo insieme d’accordo?” le dico stringendole la mano.
Mia figlia annuisce, mentre Peeta porta in tavola il the. Prendo la tazza e sorrido fra me e me immaginando la reazione di Haymitch quando glielo dirò. Anche se continua a sostenere di odiare i bambini, so che in fondo gongolerà per questa cosa.
“Vuoi una zolletta di zucchero?”
Come un secchio d’acqua gelida questa domanda mi riporta alla realtà. “Cosa?” chiedo paralizzata.
“Vuoi una zolletta di zucchero?” mi chiede di nuovo Flora porgendomi il barattolo.
Un’onda di ricordi mi travolge, così chiari e limpidi da togliermi il respiro.
 
"Vuoi una zolletta? Dovrebbero essere per i cavalli, ma chissenefrega. Hanno un sacco di anni per mangiare tutto lo zucchero che vogliono, mentre io e te... be', se vediamo qualcosa di dolce sarà meglio che lo prendiamo al volo."
 
Sento la mia tazza andare in mille pezzi sul pavimento, mentre delle lacrime cominciano a uscire senza controllo dai miei occhi. Peeta mi passa un braccio intorno alle spalle mentre dice: “Non preoccuparti Flora, va tutto bene. Vai un attimo in salotto d’accordo?”.
Mia figlia annuisce, preoccupata, e mi sento in colpa per averle fatto credere che tutto questo sia per colpa sua. Mi aggrappo a Peeta, cercando disperatamente di non andare in pezzi anch’io.
Mormoro un “Finnick” tra i singhiozzi, per fargli capire il motivo della mia crisi, e lui non mi fa domande, si limita ad abbracciarmi e ad accarezzarmi la testa dolcemente, finché non mi sono calmata. “Sarà meglio che vada da Flora adesso.” Dice dopo un po’ accennando un sorriso.
“Vengo anch’io.” E’ giusto che mia figlia sappia la causa del mio comportamento.
“Sei sicura?” chiede Peeta preoccupato.
Annuisco. Fino ad adesso abbiamo sempre evitato l’argomento Hunger Games. So che Flora sa cosa sono perché gliel’hanno spiegato a scuola, ma immagino che Peeta le abbia detto di non parlarne in casa, perché non ha mai fatto domande.
 
Prima di raggiungere mia figlia e Peeta seduti sul divano, vado verso la libreria e tiro fuori un vecchio libro polveroso, le pagine si sono ingiallite per gli anni trascorsi, ma le parole e i disegni sono rimasti intatti e indelebili.
Faccio un respiro profondo e mi siedo accanto a mia figlia, mentre cerco la pagina che m’interessa. Poi le porgo il libro facendole vedere il disegno di Peeta: Finnick seduto sulla spiaggia del distretto 4 sorride guardando il mare, accanto a lui c’è una rete da pesca, mentre con l’altra mano sorregge un tridente. E’ bellissimo. Flora lo guarda incantata e solo dopo alcuni minuti mi chiede: “Chi è?”
“Si chiama Finnick.” Le dico indicando la scritta di fianco alla foto. “Anche lui mi ha chiesto se volevo una zolletta tanti anni fa. E’ così che ci siamo conosciuti. Per questo mi è venuto da piangere prima ripensandoci.”
“Che cosa gli è successo?” chiede guardandomi con i suoi grandi occhi azzurri.
“E’ morto durante la ribellione a causa degli Hunger Games. Tutte queste persone sono morte per colpa di questi giochi. Il libro serve per non dimenticarle. Mai.”
Flora avrà preso da me anche l’aspetto fisico, ma per fortuna la sensibilità e la dolcezza sono di Peeta. Infatti, senza chiedermi altro comincia a sfogliare il libro in silenzio, mentre con la mano libera stringe la mia. Osserva attenta ogni disegno di Peeta, soffermandosi ogni tanto su qualche persona che la colpisce particolarmente: quando arriva a Prim, le lacrime hanno ricominciato a scendere sul mio volto, ma stavolta non ho intenzione di nasconderle, è giusto che mia figlia sappia il dolore che gli Hunger Games hanno causato, per fare in modo che non succeda più niente del genere.
Poco dopo mi accorgo che sta guardando il ritratto di un bambino che deve avere circa la sua età. Lo fisso attentamente ma, anche se mi ricorda qualcuno, non riesco a riconoscerlo.
“Atlas Abernathy” legge Peeta chiarendo le cose.
“Era il figlio di Haymitch?” chiede Flora spaventata.
Scuoto la testa. “Era il suo fratellino.” Ora ricordo. Dopo due settimane dalla sua vincita, il presidente Snow ha ucciso tutta la sua famiglia, compreso il suo fratellino e la sua ragazza.
“Atlas” ripete Flora, come ammaliata. Continua a fissare la sua immagine in silenzio, ed io inizio a chiedermi se ho sbagliato, se non è troppo piccola per sapere tutto questo. Sto per toglierle il libro dalle mani ma Flora mi ferma. “Possiamo chiamarlo Atlas?”
Per un attimo rimango in silenzio, mentre colgo il significato delle sue parole.
“Atlas Mellark, suona bene.” Dice Peeta con un sorriso dolce.
“Pensi che a zio Haymitch darà fastidio se lo chiamiamo così?” chiede mia figlia.
Scuoto la testa, cercando di trattenere ancora una volta le lacrime. “E’ un bellissimo nome tesoro. Sono sicura che ne sarà felice.” Dico accarezzandole il viso.
 
----*----
Dalla finestra, vedo Flora ballare in giardino, mentre mio figlio cerca di imitarla con passo incerto. Peeta, dietro di lui, lo aiuta a muovere i suoi primi passi. Mia figlia a un tratto s’interrompe bruscamente, e inizia a indicare a suo padre qualcosa a lato del giardino, entusiasta. Quando alza gli occhi e mi vede, corre verso la porta, incurante del fango che le ricopre le mani e i vestiti.
“Mamma vieni! Devi vedere una cosa!” dice tirandomi la manica e portandomi fuori di casa.
“Ok ok ho capito, che cosa succede?” chiedo sorridendo e prendendola per mano.
“Guarda!” dice indicando un piccolo cespuglio accanto al muro di casa.
“I fiori che hai piantato sono sbocciati finalmente.” Mi spiega Peeta mentre cerca, invano, di impedire ad Atlas di tirargli i capelli.
Osservo il cespuglio e le vedo, piccole campanelle bianche risaltano in uno sfondo verde.
“Te l’avevo detto mamma che sarebbero nate, mai perdere la speranza!” dice Flora fiera di se.
“Hai ragione tesoro.” Rispondo cercando di nascondere la commozione.
“Kat ma perché hai scelto proprio il mughetto? Ha un significato particolare?” mi chiede Peeta stringendo la mia mano libera con la sua.
Annuisco.  “Significa: La felicità ritornerà.”
 
 


 
---- angolo autrice ----
Se siete arrivati fin qui vuol dire che avete letto tutta la mia storia, e di questo già vi ringrazio, anche se dopo tutta questa assenza non so se mi è rimasto qualche lettore! :’)
E’ che mi sono trasferita per qualche settimana in Inghilterra per studio, quindi tra una cosa e l’altra non ho proprio avuto il tempo per aggiornare anche se tutto era già nella mia testa! Chiedo venia! Oggi però, grazie a un diluvio e a un indigestione (grazie cibo inglese) ce l’ho fatta finalmente!
Quindi, nel caso ci sia ancora qualcuno a leggere, vi spiego alcune cose su questo capitolo:
-prima di tutto il matrimonio: probabilmente non ve l’aspettavate così, e mi spiace di avervi deluso, ma la mia mente non riesce a concepire un vero matrimonio tra Katniss e Peeta, con chiesa e invitati; oddio in realtà un invitato c’è, cioè il povero Haymitch. L’idea del testimone e delle promesse me la sono inventata, perché nel libro non dice nulla del genere, solo volevo trovare un modo per inserire Haymitch alle nozze, perché ho pensato che lui DOVEVA esserci. (il mio amore per questo personaggio mi ha condizionato lo ammetto). Spero comunque di essere riuscita a trasmettere lo stesso la dolcezza del momento…

-la scelta del nome: come ho detto la volta scorsa, per i nomi dei piccoli Mellark ho scelto due divinità, e dopo essermi scervellata ecco i significati della mia scelta: (se non ve ne frega vi capisco :D)
Flora: “dea greca e romana della fioritura e della primavera.” Cercavo un nome che ricordasse un fiore, e al tempo stesso significasse rinascita, quindi questo mi è sembrato perfetto.
Atlas: è l’abbreviazione del nome originario che ho scelto, cioè Atlaua “dio azteca, divinità delle acque, protettore dei pescatori e degli arcieri.” Cercavo un nome per ricordare Finnik, e quando ho trovato questo mi è sembrato così azzeccato che non sono riuscita a cambiarlo, anche se è impronunciabile. (Da qui l’abbreviazione)
Ovviamente non so come si chiamasse il fratellino di Haymitch, ma visto che ho avuto quest’illuminazione ho deciso di usarla. :D

-l’ultima parte riprende l’epilogo della Collins, cioè la scena in cui Katniss guarda fuori dalla finestra e descrive i suoi figli. Ho scelto il mughetto perché adoro il suo significato e penso sia perfetto per la storia di Katniss e Peeta: “Questo fiore simboleggia la felicità che ritorna, perchè essendo un fiore che sboccia a maggio simboleggia la primavera che annuncia la fine dell'inverno e dunque di ogni pena con il ritorno della serenità.”
 
Bene, ho finito davvero stavolta. Sono molto triste all’idea di aver finito questa storia, e se sono riuscita a farlo è solo grazie a voi, che leggete, preferite, seguite, ricordate e recensite questa storia. Quindi grazie di cuore davvero.
Non credo me ne andrò da questa fandom, anzi ho già alcune idee per delle one-shot, quindi se qualcuno avrà ancora voglia di leggermi presto (?) ricomparirò!
Grazie di tutto. A presto, spero :’)
 

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